Vegetariani e vegani

 

 

 

Vegetariani e vegani

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione)

 

LA SCELTA VEGANA E LA NUOVA IDEA DI RISPETTO DELLA BIOSFERA


 

CAPITOLO PRIMO: RIFLETTENDO SULLA BIOSFERA

 

1.1 Il (complesso) concetto di qualità della vita
Mi permetto un’introduzione atipica, invitando il lettore a non affrettarsi nel giungere a delle conclusioni. (Di seguito una sequenza apparentemente illogica di soli alcuni dei tasselli facenti parte il puzzle che ho in mente di analizzare).

  • «Quand’ero Gesù di Nazaret parlai a molti uomini della Legge della vita ed anche degli animali che percepiscono dolore, sofferenza e gioia, come gli uomini. Come l’uomo dovrebbe essere a favore del prossimo e non contro di lui, dovrebbe anche amare gli animali e portare responsabilità nei loro confronti, dato che essi servono l’uomo. Insegnai in continuazione agli uomini che anche gli animali sono creature di Dio che l’uomo non dovrebbe disprezzare, ma amare. Chi li picchia o li tormenta, sperimenterà un giorno cose simili o uguali sulla propria anima e sul proprio corpo. Infatti, ciò che l’uomo arreca ai propri simili ed alle creature, agli animali, lo arreca a se stesso».
  • «E’la cosa più terribile, la normalità. Toglie ogni speranza».
  • « […] l’obbedienza all’autorità è un pericolo per la nostra sopravvivenza, insito nella nostra struttura biologica, è la capacità dell’uomo di allontanarsi dalla propria umanità, ed in realtà è inevitabile che questo accada, quando egli fonde la sua personalità individuale in una più ampia struttura istituzionale. È una sorta di tendenza innata in noi che, alla lunga, dà alla nostra specie una modesta possibilità di sopravvivenza».
  • «Coraggio, bambino. Pensi che il seme di un albero non abbia bisogno di coraggio quando buca la terra e germoglia? Basta un colpo di vento a staccarlo, la zampina di un topo a schiacciarlo. Eppure lui germoglia e tiene duro e cresce gettando altri semi. E diventa un bosco. Se un giorno griderai “perché mi hai messo al mondo, perché?” io ti risponderò: “Ho fatto ciò che fanno e hanno fatto gli alberi, per milioni e milioni di anni prima di me, e credevo di fare bene”. L’importante è non cambiare idea ricordando che gli esseri umani non sono alberi, che la sofferenza di un essere umano è mille volte più grande della sofferenza di un albero perché è cosciente, che a nessuno di noi giova diventare bosco, che non tutti i semi degli alberi generano alberi: nella stragrande maggioranza vanno perduti… Un simile voltafaccia è possibile, bambino: la nostra logica è piena di contraddizioni. Appena affermi qualcosa, ne vedi il contrario. E magari ti accorgi che il contrario è valido quanto ciò che affermavi. Il mio ragionamento di oggi potrebbe essere rovesciato così, con uno schiocco di dita. Infatti ecco: mi sento già confusa, disorientata.»
  • «Tutti gli animali sono eguali, ma alcuni animali sono più eguali degli altri.»
  • « […] l’obiettivo è stato quello di individuare, tra le varie soluzioni possibili, quella capace di raccogliere il consenso più ampio e che, per il metodo col quale è stata individuata, potesse essere accettata anche da coloro che non la condividono: non la decisione più giusta […] ma solo quella più condivisa, sempre modificabile e perfezionabile alla luce dei fatti e del prosieguo del dibattito. Questo obiettivo può essere raggiunto a due condizioni. La prima è che tutte le concezioni morali e religiose abbiano modo di manifestare nel pubblico dibattito le proprie opinioni, di avanzare le proposte e di confrontarsi con le proposte degli altri. La seconda è che tutti i partecipanti al dibattito siano animati da una sincera disponibilità ad ascoltare le ragioni degli altri e, almeno in linea di principio, a evitare di presumere di essere gli unici depositari della verità. Questo non significa dover rinunciare alle proprie credenze morali e religiose. Significa soltanto accettare l’unico metodo per raggiungere decisioni pubbliche in materie moralmente controverse che sia compatibile con le società laiche, democratiche e pluralistiche nelle quali viviamo. Non c’è alternativa a questo metodo: non, almeno, finché desideriamo vivere in società rispettose delle differenti visioni morali e religiose».

Tessere il cui mosaico comunica un messaggio che l’etica non può permettersi d’ignorare: l’affannosa, confusa e utopica ricerca dell’etica stessa pare continuare a protrarsi lungo una strada paragonabile tanto ad un interminabile sentiero quanto ad un vicolo cieco. L’analisi storica conduce ogni singolo attento studioso a comprendere che per quanto si possa librarsi nel tempo e nello spazio, non v’è un solo contesto in cui si possa asserire ci sia stato un unanime parere relativo al proprio fabbisogno di benessere. Nota è, all’interno del vasto raggio delle scienze umane, l’irraggiungibilità d’una morale comune accettata universalmente, razionale o religiosa che essa sia.


La costante ricerca di valori morali condivisibili è sentore d’un disagio che non ha mai cessato di manifestarsi nel corso della storia. L’obiettivo dell’uomo (e degli enti di cui oggi l’essere umano immagina d’averne individuato lo scopo) sembra essere l’acquisizione ed il successivo perpetuo mantenimento d’un dignitoso stato di qualità della propria vita. Per “qualità della vita” intendo la condizione (psico-fisica) in cui si conduce la propria esistenza.
Alcuni individui si comportano in stretta correlazione ai valori che essi stessi attribuiscono al proprio dover essere. Fra costoro vi è poi chi trae appagamento verso la propria coscienza nel propendere ad un modus vivendi mirante ad elevare il livello di qualità dell’esistenza altrui. Queste persone sono spesso coloro che, coerentemente ai loro principi, nella loro quotidianità, agiscono miranti al proprio bene per mezzo del tentativo di soddisfare i bisogni altrui; gente la cui condotta ha come costante riferimento gli insegnamenti provenienti dalla più nobile fra le discipline: la bioetica.


«Poiché la bioetica è l’etica applicata al regno della vita, essa riguarda tutto ciò che è vivente, umano e non umano […]. Accanto alla bioetica medica e a quella ambientale vi è, dunque, una bioetica animale che si occupa degli aspetti morali delle relazioni dell’uomo con i non umani e, quindi, dei diritti degli animali». Non è semplice individuare i diritti altrui; arduo identificare quelli di esseri incapaci di comunicarceli a parole, visto che, per come va il mondo, bisogna supporre che o il linguaggio non verbale è alle volte completamente inutile, o del tutto nullo è il livello di considerazione che riponiamo nei riguardi di una moltitudine di esseri senzienti.
Proviamo a schematizzare quello che accade inevitabilmente oggi, nello sviluppo interiore d’un singolo individuo, ritrovatosi a nascere e ad esistere all’interno della nostra società. A farla da padrone sono, a quanto pare: predisposizione genetica, ambiente in cui si trascorre la propria esistenza e influenze provenienti dagli individui che ruotano attorno al soggetto in questione. Assodato tutto ciò, come può, un singolo, muovendosi controcorrente, intraprendere un proprio percorso e mirare a fare la differenza? Quanto, poi, può ritenersi all’altezza d’individuare il lecito distinguendolo dall’illecito, il morale scisso dall’immorale, e comportarsi in maniera rispettosa e giusta nei confronti dei coabitanti il nostro pianeta?


«La scelta non è sempre fra il bene assoluto e il male assoluto. Esiste anche l’idea che dal male può nascere qualche bene, e le leggi ben costruite sono pietre miliari di questo complicato e tormentato cammino.» E come comportarsi quando le leggi convenzionali o scritte del territorio in cui si abita, sono in netto contrasto con le direttive del proprio animo e della propria coscienza? Come bilanciare istinto e intelletto?
David Hume nel ‘700 sembrava convinto nel sostenere che: «Nessuna verità appare più evidente di questa: gli animali sono dotati di pensiero e di ragione come gli uomini […] Ci rendiamo conto che noi stessi, adattando i mezzi ai fini, siamo guidati dalla ragione e dall’intento, e che non nell’ignoranza né a caso compiamo quelle azioni che tendono alla nostra conservazione, a ottenere piacere e a evitare il dolore». Un osservatore imparziale del comportamento umano dovrebbe concludere che la maggior parte delle azioni non è conseguente alla teoria, sono piuttosto le teorie a conformarsi alle azioni che non abbiamo intenzione di modificare.

 

1.2 Esiste un responsabile?
Al pari di quanto risulti che “tutto scorre”, appare evidente non di meno che non tutto scorra correttamente. Chi ritenere responsabile della situazione di disagio vissuta su larga scala da un vastissimo numero di esseri viventi? Per indole personale, trovo più istintivo procedere ad un’introspezione, un’analisi personale, un’autocritica, piuttosto che puntare il dito contro qualcuno o qualcosa.
Il concetto di responsabilità attiene non solo all’immediatezza delle azioni dell’uomo, ma anche al lungo termine. Secondo Jonas, "la responsabilità non riguarda più semplicemente il soggetto singolo, ma l’umanità nel suo complesso". Si intende con ciò superare il limite generazionale. Si guarda ai rapporti tra noi e le future generazioni, ai rapporti tra noi e le altre specie viventi, cioè a un’etica che si dilata nel tempo e nello spazio. L’orizzonte dell’etica non sono più soltanto i rapporti interumani, ma l’intera cosiddetta biosfera, lo spazio universale in cui noi viviamo in questo pianeta. E del resto non in pochi auspicano che questa sia la base più solida da dare oggi alla bioetica.


In linea con quanto emerge dal testo “Diventare come balsami” della giornalista Marinella Correggia, se potessimo vedere nello stesso istante tutte le sofferenze fisiche, per non dire quelle dello spirito, provate dagli esseri viventi sul pianeta, oggi, nel passato e nel futuro, non potremmo forse più vivere. Ma non dobbiamo arenarci nella contemplazione sconsolata dei numerosissimi "epicentri del dolore": ci faremmo male di riflesso. Parecchio, invece, possiamo fare nella nostra vita quotidiana, guidati dall'empatia che ci può insegnare prima di tutto a non nuocere, prevenire e lenire.
Un tentativo, dunque, per limitare la componente negativa della nostra responsabilità in merito alla situazione globale e, in altre parole, per ridurre il proprio impatto ambientale può essere articolato nei seguenti punti: puntare a ridurre la sofferenza del mondo per mezzo di azioni etiche ed ecologiche da compiersi costantemente all’interno della propria vita quotidiana; non arrendersi all’ingiustizia, allo sfruttamento e alla prevaricazione; cercare un’armonia ed un equilibrio interiore tale da sentirsi nelle condizioni di poter cercare di fare qualcosa per migliorare la qualità della nostra vita e di quella altrui; proporsi ed imporsi un rigoroso e coerente rispetto verso gli altri esseri sensibili con i quali condividiamo il pianeta. Insomma, non solo buoni propositi, ma soprattutto azioni vere e proprie basate su un bagaglio culturale e cognitivo che funga da cassetta d’attrezzi funzionale a lenire il dolore del mondo assieme al nostro.


Supponiamo che un individuo, anche solo per minimizzare i propri sensi di colpa, decida di evitare quanto più possibile di contribuire al flusso di eventi ritenuti da egli stesso le cause della disastrosa situazione attuale. Costui dovrebbe muoversi in quale direzione? Mirante a massimizzare i benefici di chi? Diamo per assunto l’impossibilità di raggiungere una perfezione morale, ma proviamo comunque a tracciare delle ipotetiche linee guida che conducano all’obiettivo del minor male possibile. Definiamo gli ambiti ed alcune sfaccettature in cui tal singolo potrebbe/dovrebbe tentar di cimentarsi, quali: non mentire ed agire in maniera corretta verso gli elementi con cui ci si ritrova ad entrare in relazione; operare una scelta alimentare che sia seguito d’una riflessione di tipo etico, sociale, economico, salutistico ed ambientale; donare il sangue, riciclare i rifiuti, ridurre i consumi e gli sprechi, praticare forme d’assistenza e di volontariato; orientarsi verso prodotti d’agricoltura pacifica (come quella sinergica) piuttosto che biologica (o ancor peggio chimica e/o basata su organismi geneticamente modificati); sostenere la riconversione della zootecnia, non mangiare oltre il giusto fabbisogno, fornirsi da produttori e distributori del commercio equo e solidale, evitare prodotti surgelati, frutti esotici o fuori stagione; minimizzare l’utilizzo d’utensili in plastica, servirsi di detergenti biodegradabili (anziché ultraeconomici e iperchimici), far uso di carta riciclata, comperare abiti usati, impegnarsi nel pacifismo, orientarsi verso fonti d’energia rinnovabili… e non smetterla d’avere dubbi, perplessità e inclinazione al potersi migliorare.
Sicuramente ogni singolo proponimento fra quelli appena elencati è suscettibile di critiche, tenute presenti le svariate prospettive dalle quali ci si può porre prima di giudicare un comportamento o una situazione; in quanto al relativismo, poi, ne sono il primo sostenitore. Resta innegabile il dato di fatto che chiunque, nell’ambito dell’esercizio delle proprie facoltà, non possa prescindere dal compiere costantemente delle scelte e non è da escludere che ciascuna di queste ultime gravi quanto su sé stessi tanto sul contesto esistente. Stabilire insindacabilmente cosa porti un essere vivente ad agire in un modo anziché in un altro è un’impresa ardua. L’obiettivo della mia trattazione è provare a far luce su di una delle tante maniere in cui un umano può scegliere di trascorrere la propria esistenza terrena; un’alternativa al sopravvivere ignorando aspetti scomodi come il disagio, la povertà e la sofferenza; un modo di gestire il proprio io basato essenzialmente su un fondamentale concetto: il rispetto verso la qualità della vita, propria, altrui e dell’ambiente che ci ospita.

 

CAPITOLO SECONDO: IL MONDO VEGANO

 

2.1 Il movimento vegano e la sua evoluzione

 «It was a Sunday, with sunshine, and a blue sky, an auspicious day for the birth of an idealistic new movement». Con questa frase, a quasi vent’anni dal momento in cui una semplice ideologia assistette al concretizzarsi in un vero e proprio organo formale, Elsie Shrigley commentava la nascita della prima istituzione vegana al mondo: la Vegan Society. Fu fondata a Londra nel novembre del 1944 dallo stesso Shrigley assieme a Donald Watson; costui, l’anno successivo, pronunciava le seguenti parole: «Vegetariani e Fruttariani sono già associati in gruppi che permettono i frutti di mucche e galline, perciò […] dobbiamo creare un vocabolo nuovo ed appropriato […] Io ho usato il titolo “Notiziario Vegano”. Dovessimo adottare questo come termine, la nostra dieta verrà presto conosciuta come vegana e noi dovremmo aspirare a divenire vegani».
Tale evento fu preceduto da una lunga gestazione; tralasciando gli innumerevoli riferimenti al vegetarismo presenti nel corso della storia, nel ventesimo secolo il movimento vegetariano portò alla nascita di varie associazioni che s’impegnarono nella diffusione di questa peculiare pratica alimentare, accanto a gruppi religiosi (come gli Avventisti del Settimo Giorno) e a figure di spicco come George Bernard Shaw e Mohandas K. Gandhi. Nel 1908 fu fondata l'International Vegetarian Union, che unisce varie associazioni vegetariane di tutto il mondo.
Furono queste le premesse di un aspro dibattito che si accese in Inghilterra a partire dal 1909  in campo animalista sui temi della liceità del consumo alimentare di prodotti di derivazione animale quali sostanzialmente latte, latticini e uova.


Esplicativa di quanto fosse arduo e controcorrente rispetto alle più comuni e consolidate abitudini di vita proporre un nuovo atteggiamento, sentito e pubblicizzato dai suoi precursori come morale, è la dichiarazione dello stesso Watson pubblicata nell’edizione dell’estate 2003 del magazine “The Vegan”: «Ho sposato una ragazza gallese che mi ha insegnato un proverbio gallese: “Quando tutti corrono, resta fermo”; ed è ciò che ho fatto da allora. La risposta almeno in parte dev’essere questa, perchè c’è tanta gente che corre intorno a quello che per me è un suicidio, con abitudini che tutti sanno pericolose».
La parola “vegan”, coniata appunto da D. Watson (deceduto il 16 novembre 2005 all’età di 95 anni), è una contrazione del termine inglese “vegetarian” e già questo fornisce l'idea del suo significato; infatti, un vegan è da considerarsi un “vegetariano stretto” che estende i suoi principi etici ad altri aspetti della sua vita quotidiana. L’equivalente in lingua italiana è l’appellativo vegetaliano, oggi caduto in disuso. Mentre con il termine vegetariano s’intende normalmente chi non consuma carne, ma mangia latticini e uova (latto-ovo-vegetariano), vegan definisce chi rifiuta l'utilizzo di qualsiasi prodotto di derivazione animale ovvero carne, pesce, latte, formaggi e uova. Tale comportamento si estende poi anche al tentativo di non usare pelle, lana, cosmetici testati su cavie, al rifiutare di tenere gli animali in gabbia, comprarli, visitare zoo o acquari, andare al circo e assistere a palii e feste in cui si utilizzano animali. Si tratta di un vero e proprio stile di vita nel quale si cerca sostanzialmente di evitare qualsiasi tipo di prodotto che derivi dall’utilizzo di animali. Il principio base del veganismo può essere sintetizzato con la massima  “tendere al minor male possibile ed al maggior bene”; in altre parole una filosofia incentrata sul profondo rispetto per la vita, su un’alimentazione a base di cibi esclusivamente vegetali ed una quotidianità priva di legami con l’utilizzo di prodotti d’origine animale (diretta o indiretta che sia).
La ragione fondamentale della decisione di diventare vegan è quindi il rispetto per tutti gli animali; chi segue questo stile di vita li considera non semplici oggetti ma esseri sensibili con un loro valore intrinseco. Chi compie la scelta vegan rifiuta di essere partecipe al processo di trasformazione degli animali non umani in prodotti o servizi d’utilità umana.


Negli anni '60 e '70 del ventesimo secolo la diffusione del vegetarismo trovò nuovi stimoli grazie al convergere di varie influenze: una nuova sensibilità verso gli animali, una maggiore consapevolezza verso la nutrizione e la salute, un rinnovato interesse verso le religioni e le filosofie orientali, una diffusa preoccupazione per la questione ecologista, l’emergere del movimento pacifista e la consapevolezza delle responsabilità verso i Paesi del Sud del mondo.
Le sensazioni e la reazione suscitate dalla cognizione delle pratiche legate all’industria casearia e agli allevamenti intensivi del bestiame e del pollame in genere, sono probabilmente la sola ragione comune per adottare, come risposta non violenta, un comportamento vegano; molte persone hanno comunque seguito questa strada esclusivamente per motivi salutistici, ecologici, spirituali e altri ancora.
Il sentire vegano, vissuto, manifestatosi e percepito come nuova frontiera dell’animalismo, ben oltre il vegetarianismo, è diventato in Italia un fenomeno percepibile pubblicamente agli inizi del ventunesimo secolo (circa un cinquantennio dopo il quieto, graduale, ma progressivo diffondersi negli USA), quand’anche molti adepti all’interno della penisola lo fossero da più tempo.
Fioriscono numerose oggi, un po’ ovunque, iniziative a tema quali mostre, conferenze, raduni, feste e simili occasioni d’incontro; la più notevole delle iniziative italiane di divulgazione e propaganda del veganismo è probabilmente il Veg-festival di Torino, giunto nel giugno del 2005 alla sua terza edizione. Trattasi di un evento tipico, senza crudeltà, con stand informativi, relatori illustri, esperti di nutrizione in consulenza gratuita, ristorante a prezzi popolari, bar, negozi d’alimentazione naturale, abbigliamento e cosmesi cruelty-free, spettacoli e concerti. Il tutto presentato con un peculiare slogan ed il proponimento di far vedere, capire e provare quanto e come si possa vivere, mangiare e divertirsi senza il bisogno di uccidere o sfruttare gli altri animali. A proposito degli oramai numerosi appuntamenti a tema, la rivista internazionale di gusto e cultura Slow Food, nel numero di ottobre-dicembre 2004, precisa che sul territorio italiano la prima cena pubblica ufficialmente vegana si è tenuta a Milano il primo novembre 2003 (in occasione della ricorrenza mondiale del «vegan day») organizzata dalle associazioni Happy Vegan e Oltrelaspecie.
Assodato quanto il veganesimo sia oggettivamente riconosciuto come una scelta di carattere etico, essa comprende al suo interno anche altre motivazioni differenti. Le ragioni che possono essere alla base di tale inclinazione sono numerose e diverse e spaziano da questioni religiose, filosofiche a salutistiche ed ecologiche. Il rifiuto di cibarsi d’animali e derivati può dunque nascere da diversi fattori:

 

  • dalla volontà di riconoscere alla vita animale lo stesso valore, rispetto e dignità attribuibili agli animali umani;
  • dalla consapevolezza delle sofferenze inflitte agli animali allevati, macellati e commercializzati a scopo alimentare;
  • dalla cognizione dei danni provocati alla salute umana da un’alimentazione a base di carne e di grassi animali;
  • dalla presa di coscienza che rinunciare alla carne significa aiutare le popolazioni che muoiono di fame e di sete (sulla base del dato che il 50% dei cereali ed il 75% della soia prodotti nel mondo sono utilizzati per nutrire animali allevati anziché persone e che l’International Water Management Institute ha recentemente calcolato che per produrre un chilo di manzo è necessaria una quantità d’acqua oltre 13 volte superiore a quella necessaria a produrre lo stesso peso in cereali);
  •  dalla conoscenza che l’inquinamento dovuto ai nitrati contenuti negli escrementi animali compromette le falde acquifere e contribuisce ad aggravare il problema dell’eutrofizzazione di fiumi e mari;
  • da convinzioni religiose (per lo più orientali) che vedono nella rinuncia agli alimenti animali un’elevazione dello spirito;
  • da ragioni filosofiche che fanno del vegetarismo la forma più elevata d’umanesimo e la filosofia più alta di vita: una scelta che si oppone alla visione antropocentrica dell’esistenza, fondata sul dominio dell'uomo e della tecnica sulla natura fino alle forme estreme d’abuso e distruzione.

2.2 Motivazioni e finalità (punto di vista dei vegani)


- Motivi etici: gli animali sono esseri senzienti, capaci di provare sensazioni, emozioni, sentimenti, come ben sa chi ospita in casa un cane o un gatto. Da questo punto di vista una mucca o un maiale non sono molto diversi da un cane: sono   esseri intelligenti, affettuosi, curiosi. Questi animali sono invece trattati come cose: affinché l’attività di allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di distribuzione sia economicamente compatibile con i livelli produttivi richiesti dal mercato, è necessario che il prezzo di carne, latte e uova rimanga accessibile per il maggior numero possibile di consumatori. Per essere sostenibile, la zootecnia chimica e intensiva deve quindi massimizzare i profitti basandosi sul ribasso delle spese.
Ormai il 99% degli allevamenti è intensivo: gli animali sono allevati in spazi ristrettissimi, senza mai la possibilità di uscire alla luce del sole. Ogni tanto si vedono delle vacche al pascolo, ma si tratta della sola porzione dell’1% di animali più "fortunati", trattati in modo meno cruento. Anche a questi tocca, in ogni caso, la stessa fine degli altri: il macello. Lì sono ammazzati senza pietà, senza alcuna compassione, senza riflettere sul fatto che siano esseri senzienti, ma considerandoli solo "capi" da abbattere.
- Motivi di carattere salutistico: i pericoli per la salute umana che derivano dal consumo di alimenti d’origine animale (carne, pesce, uova, latte e latticini) sono molti, non tutti evidenti e conosciuti dalla maggior parte delle persone, anche se negli ultimi tempi si è iniziato a parlarne. Varie epidemie sono scoppiate, in tempi remoti e recenti, tra gli animali d'allevamento, portando con sé il serio pericolo (in alcuni casi diventato realtà) di contagio animale-uomo.
Gli animali negli allevamenti intensivi sono imbottiti di antibiotici e farmaci di vario genere e i pesci pescati nei mari sono un concentrato delle sostanze tossiche di cui le acque oggi sono "ricche".
Anche tralasciando tutti questi pericoli, rimane il fatto che una dieta a base di alimenti d’origine animale è inadatta all'organismo umano e porta a tutte quelle malattie degenerative che costituiscono le prime cause di morte nei paesi ricchi.
- Motivi ecologici: il mondo industrializzato minaccia l’ambiente naturale in più modi. Di queste minacce, e di come porvi rimedio, si discute con passione da anni in vari ambiti. Viene però sempre trascurato un fattore fondamentale: l’allevamento di bovini e altri animali per l’alimentazione umana.
L'allevamento su vasta scala, sia di tipo intensivo (in grosse stalle senza terra dove gli animali sono stipati, come accade in Italia), sia di tipo estensivo (i grandi ranch degli Stati Uniti o i pascoli nei paesi del Sud del mondo), è chiaramente insostenibile dal punto di vista ecologico. Lo è stato nel passato, ma ogni volta si sono scoperte nuove terre da sfruttare e puntualmente è ricominciata l’invasione dei bovini.
Ormai però, la metà delle terre fertili del pianeta è usata per coltivare cereali, semi oleosi, foraggi, proteaginose, destinati agli animali. Per far fronte a quest’immensa domanda (in continuo aumento, in quanto le popolazioni che tradizionalmente consumavano poca carne oggi iniziano a consumarne sempre di più) si distruggono ogni anno migliaia d’ettari di foresta pluviale, il polmone verde del pianeta, per far spazio a nuovi pascoli o a nuovi terreni da coltivare per gli animali, che in breve tempo si desertificano, e si fa un uso smodato di prodotti chimici per cercare di ricavare raccolti sempre più abbondanti.
Per consumo di risorse, latte e carne sono indiscutibilmente i "cibi" più dispendiosi, inefficienti e inquinanti che si possano concepire: oltre alla perdita di milioni di ettari di terra coltivabile (che potrebbero essere usati per coltivare vegetali per il consumo diretto degli umani), e oltre all'uso indiscriminato della chimica, vi è la questione dell'enorme consumo di acqua in un mondo irrimediabilmente assetato e del consumo di energia, il problema dello smaltimento delle deiezioni animali e dei prodotti di scarto, le ripercussioni sul clima, l'erosione del suolo e la desertificazione di vaste zone. Riguardo al metano (il secondo gas che contribuisce all’effetto serra), il bestiame ruminante ne produce 80.000 tonnellate ogni anno.


- Motivazioni di carattere sociale: circa 24.000 persone muoiono ogni giorno a causa della fame, della denutrizione e delle malattie ad essa correlate. Di queste circa 18.000 sono bambini. Ciò significa che ogni settimana muoiono circa 170.000 persone, ogni mese circa 700.000, ogni anno quasi 9 milioni. In totale, un miliardo d’individui non ha cibo a sufficienza, mentre un altro miliardo consuma carne in maniera smodata.
E' questo il problema fondamentale: lo squilibrio nella distribuzione delle risorse. L'attuale disponibilità di derrate alimentari potrebbe consentire a tutti gli abitanti del pianeta di assumere un numero sufficiente di calorie, proteine e altri nutrienti necessari. Le produzioni attuali di cereali e legumi sarebbero sufficienti infatti a sfamare tutti, occorrerebbe solo consumare direttamente i vegetali, anziché usarli per nutrire gli animali, con un grave spreco, e ridistribuire le risorse in modo equo.
Il problema della redistribuzione delle risorse non è causato soltanto dallo spreco dovuto allo smodato consumo di carne da parte dei paesi ricchi, che indubbiamente vi contribuiscono notevolmente, ma è correlato a un più ampio e complesso scenario.
Nei paesi poveri sono state incoraggiate le produzioni di cereali destinati all’esportazione e poi utilizzati come mangime per l'allevamento intensivo del bestiame, condannato a mutarsi in tonnellate di carne e a costituire la dieta squilibrata del Nord del mondo; l'emergenza sanitaria è qui costituita dall'obesità e da tutte le malattie connesse alla sovralimentazione e all'eccessivo consumo di prodotti animali, mentre il Sud del mondo si vede sottrarre le proteine vegetali con cui potrebbe garantire la sopravvivenza ai suoi figli.
- Motivazioni di tipo economico: nel mondo, in media, il 50% della forza lavoro è impiegata in agricoltura, con grandi variazioni significative da un paese all'altro: il 64% in Africa, il 61% in Asia, il 24% in America meridionale, il 15% nell’Europa orientale e negli stati ex URSS, il 7% in Europa occidentale e meno del 4% in Canada e USA.
Lo sviluppo tecnologico fa diminuire la forza lavoro necessaria ed il prezzo delle materie prime, ma solo per economie di scala. I piccoli proprietari infatti non possono permettersi i grossi investimenti richiesti da questo genere di agricoltura e si assiste quindi alla continua diminuzione delle aziende agricole a conduzione familiare e all’affermarsi di poche grandi imprese.
Mentre nel passato vi era una simbiosi tra la coltivazione della terra e l’allevamento, dagli anni '50-'60 si è sviluppata in Europa (sulla scia di quanto avveniva negli Stati Uniti) la zootecnia intensiva; questa politica prevede che gli animali vivano in grandi capannoni senza legami con la terra e che i mangimi siano acquistati dall’esterno, spesso anche da altri continenti.


Le tecnologie che hanno consentito questa trasformazione in allevamenti "senza terra" sono state l’introduzione dei mangimi complessi e integrati (un’unica miscela di sostanze nutritive e farmaci), la realizzazione di strutture più razionali ed igieniche e l’uso della chimica negli allevamenti sotto forma di farmaci, vaccini, antiparassitari, che sono somministrati agli animali non quando necessari, ma costantemente, come forma di prevenzione.
I prodotti della zootecnia costano poco sul mercato, ma se la produzione avvenisse in modo sostenibile (dal punto di vista ambientale, della salute del consumatore e del benessere degli animali), i costi sarebbero almeno triplicati. Va considerato che l’attuale sistema non sopravvivrebbe senza le sovvenzioni pubbliche: quello che il consumatore non spende al momento dell'acquisto, lo spende quando paga le tasse, in forma di sovvenzioni agli allevatori.
Gli obiettivi comuni dei vegani, in sintesi, non sono altro che l’eliminazione, alla radice, di tutte le cause delle realtà sopra citate. Forte è la convinzione, all’interno dell’ambiente vegano, che un singolo possa fare la differenza e che sia doveroso e opportuno che ognuno faccia la propria parte; per logica, è inevitabile che l’agire pratico di un vegano non possa prescindere dalla volontà di pubblicizzare e diffondere il proprio stile di vita. Del resto la massima aspirazione di un appartenente a tale ideologia non può che essere la realizzazione di un mondo a dimensione vegana: una società, in pratica, in cui non ci sia bisogno che alcuni debbano dedicare il proprio tempo e le proprie risorse a convincere altri dell’obiettività, verità e utilità delle proprie tesi; una civiltà in cui non si viva nel paradosso di pochi custodi del giusto, affannati nel districarsi fra acerrimi nemici quali abitudini consolidate, tradizioni, errate convinzioni, pigrizia, ignoranza, interessi economici, scarsa sensibilità e quant’altro risulti un ostacolo verso la tensione al non far soffrire nessun animale, umano e non umano, evitare la volontaria soppressione d’esseri viventi senzienti, eliminare le loro condizioni di disagio, proteggere e conservare l’ambiente, nutrire un numero maggiore di persone in tutto il mondo e migliorare il proprio stato di salute.

 

2.3 Quale l’attuale numero dei vegani?
La domanda su quante siano le persone che seguono coerentemente tale stile di vita non ha facile risposta soprattutto perché non esiste alcun sondaggio serio sul mondo vegetariano, né tantomeno su quello vegano; si tratta di un interrogativo impossibile sia perché nessuno concorda su cosa si stia calcolando e sia perché i buoni sondaggi sono costosi. Molti dati appaiono poco attendibili, in quanto non c'è assolutamente chiarezza su cosa voglia dire essere vegetariano, per questo i sondaggi che indicano ad esempio i vegetariani italiani in svariati milioni sono sfalsati dal fatto che sicuramente s’includono, nella cifra stimata, persone che non mangiano carne, ma ingeriscono pesce e casi affini. Questo verosimilmente perchè non c'è chiarezza da parte di chi fa i sondaggi e di conseguenza le domande sono mal poste. Ciò nega la validità dei valori statistici relativi al veganismo, al quale si somma anche la difficoltà dovuta al fatto che i vegani in Italia sono ancora relativamente pochi e questo rende tutt’oggi più difficile fare stime attendibili sul loro numero. Ad esempio, uno dei pochi sondaggi notoriamente divulgati che parli di veganismo nella nostra Nazione è stato redatto da AC Nielsen e sostiene che in Italia i vegetariani siano oltre il 9% (5,5 milioni) e i vegani siano circa l’1% della popolazione (580.000): questi dati, nell’ambiente animalista, sono considerati assolutamente sfalsati; oggettivamente i vegan italiani sono per certo di numero inferiore. D'altronde anche in altri Paesi i dati fluttuano molto. Ad esempio da vari studiemerge che i vegetariani in Inghilterra (terra sicuramente molto più evoluta su quest’aspetto rispetto alla nostra) sono fra il 7% e il 10% della popolazione; i vegani invece in un numero di 250.000. Simili percentuali sono indicate anche per gli Stati Uniti, dove (secondo un’intervista ad un esponente dell’Associazione Progetto Vivere Vegan) il numero di vegetariani è generalmente indicato, in proporzione, come minore paragonato agli inglesi, ma quello dei vegani addirittura poco sotto l’1% della popolazione.


V. UNIVERSALE, Gli animali soffrono: il profeta denuncia, 4a ed. febbraio 2005, Germania, p. 14.

M. BERATI, M. TETTAMANTI, Diventa vegan in 10 mosse, Sonda, Casale Monferrato, 2005, p. 22.

S. MILGRAM, Obedience to Authority: An Experimental View, Harper&Row, New York, 1974, p.96.

O. FALLACI, Lettera a un bambino mai nato, RCS Libri, Milano, 1997, p. 11.

G. ORWELL, La fattoria degli animali, Bibliotex, Barcellona, 2002, p. 108.

D. NERI, La bioetica in laboratorio, Laterza, Bari, 2001, p. 180.

L. BATTAGLIA, Etica e diritti degli animali, Laterza, Bari, 1997, p. XIII.

G. BERLINGUER, comunicato stampa apparso sul sito: http://www.g-berlinguer.it/notizia.php?id=36.

D. HUME, Della ragione degli animali in AA.VV., Diritti animali, obblighi umani, a cura di T. Regan – P. Singer, tr. It. di P. Garavelli, ediz. Gruppo Abele, Torino, 1987, p. 73.

http://www.emsf.rai.it/scripts/documento.asp?tabella=Trasmissioni&id=606#responsabilità.

M. CORREGGIA, Diventare come balsami, collana Benessere profondo, Sonda, Casale Monferrato, 2005.

Scrittrice e giornalista free-lance, impegnata da tempo nella sensibilizzazione su temi socio-ambientali, si occupa in particolar modo di vegetarismo, giustizia sociale ed ecologia.

La plastica contribuisce al consumo di combustibili fossili, al propagarsi dell’effetto serra e al generale danneggiamento dell’ecosistema.

Abbia concrete ripercussioni.

“The Vegan Magazine”, Spring, 1962.

http://www.ivu.org/articles/history.html.

http://www.vegansociety.com/html/about_us/history/.

La dieta dei nostri progenitori è stata semivegetariana per svariati milioni di anni. Alcuni antropologi hanno sostenuto lo stereotipo dell'“uomo cacciatore”, ma lo studio delle tribù oggi ancora esistenti basate sulla caccia-raccolta (aborigeni australiani, e alcune tribù del Sudafrica) suggerisce che i nostri progenitori siano vissuti di una dieta basata su cibi vegetali, come noci, semi, frutti e vegetali, con occasionali supplementi di carne, e che solo un quarto delle calorie assunte fossero di origine animale. L'idea di vegetarismo fu sviluppata nell'antica Grecia, in primo luogo da Pitagora e Porfirio, ma fu seguita anche da Diogene, Platone, Epicuro e Plutarco. Le ragioni erano per lo più di ordine etico o religioso, ma anche salutistico ed "ecologista": già Platone, nel suo "La Repubblica", sosteneva che una dieta basata su vegetali richiedeva meno terra di una basata su cibi animali. L'idea di vegetarismo si conservò anche tra i Romani: il poeta Ovidio e il filosofo Seneca sono esempi di Romani che diffusero lo stile di vita vegetariano tra i loro contemporanei. La caduta dell'impero romano e il diffondersi in Europa della Cristianità portarono ad un'epoca buia nel pensiero vegetariano. Sant'Agostino e San Tommaso d'Aquino fornirono ai contemporanei e alle generazioni a venire giustificazioni intellettuali all'uccisione e sfruttamento degli animali da parte degli umani, sulla base del libero arbitrio, dell'anima e della razionalità, presunti attributi degli esseri umani e non degli animali. Questo punto di vista è accettato ancor oggi dalla maggior parte dei cristiani. Ciononostante, diversi ordini monastici praticarono, per un certo periodo, il vegetarismo, come mezzo per elevarsi spiritualmente: i Benedettini, i Trappisti, i Cistercensi. Nel quindicesimo secolo, nonostante il rinascere delle arti e delle scienze, il vegetarismo non trovò il proprio "Rinascimento", anche se ebbe un testimone esemplare in Leonardo da Vinci. Il vero Rinascimento vegetariano ebbe luogo tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo, grazie alla teoria evoluzionista di Darwin, che dimostrò la continuità tra animali non umani e uomo. Apparvero in questo periodo i primi scritti sul vegetarismo in Europa: Lev Tolstoi e Percy Bysshe Shelley sono esempi di scrittori del diciannovesimo secolo che si impegnarono a diffondere una cultura vegetariana. La stessa parola "vegetariano" fu coniata nel diciannovesimo secolo, mentre prima si usava il termine "Pitagorico". Il termine "vegetariano" fu coniato dalla parola latina "vegetus", che significa "attivo, vigoroso", e non significa quindi "a base di vegetali". Diversi gruppi cristiani fecero propria la causa del vegetarismo, estendendo la compassione predicata da Cristo anche agli animali non umani. Nel 1847 venne fondata in Inghilterra la Società Vegetariana, la prima associazione di questo genere, proprio dalla Chiesa Cristiana della Bibbia, fondata a Manchester da William Cowherd. http://www.saicosamangi.info/starterkit/ sez2_approfondimenti/storia.html.

Sito di riferimento: www.ivu.org

“Slow Food” – rivista internazionale di gusto e cultura, ottobre-dicembre 2004, p. 67.

Sito di riferimento: www.vegfestival.org.

“Vivere vegan si può - vivere vegan si deve! Spettacoli, concerti, buona cucina, ma anche conferenze e informazione. Tre giorni per mostrare a tutti cosa significa vivere vegan, con mostre fotografiche, filmati, cartelloni illustrati, materiali informativi e tante conferenze e presentazioni di libri. L'invito a tutti è quello di venire a 'curiosare' al festival: chi è già vegan o vegetariano per sentirsi 'a casa', chi 'ci sta facendo un pensierino' per trovare tanti spunti e buoni motivi, chi... non ci pensa per niente, per capire come sono questi 'strani vegan', così poco ascetici e tanto festaioli, cosa mangiano, cosa comprano, cosa pensano...”

Cfr. UNA VITA VEGETARIANA – LAV 2005, a  cura di Marco Francone, agosto 2005, p. 3.

Ibidem.

Cfr. PLUTARCO, Del mangiar carne, Adelphi, 2001, passim.

Cfr. P. CAVALIERI,  La questione animale, Bollati Boringhieri, 1999, passim.

Cfr. N. VALERIO, L'alimentazione naturale, Mondadori, 1992, passim.

CD ROM “Dalla fabbrica alla forchetta”, a cura di Marina Berati. Cfr.: http://www.saicosamangi.info.

Vegan la nuova scelta vegetariana… , Giunti editore, 2005, p. 13.

CD ROM “Dalla fabbrica alla forchetta”, a cura di Marina Berati. Cfr.: http://www.saicosamangi.info.

Cfr. J. RIFKIN, Ecocidio, Mondadori, 2001, passim.

Cfr. M. CORREGGIA, Addio alle carni, Supplemento alla rivista della LAV "Impronte", 2001, passim.

Comparazione fra dati Eurispes e cifre provenienti dalla The Vegetarian Society UK.

Sito di riferimento: http://www.viverevegan.org/.

 

Fra i lavori i cui risultati si mostrano più attendibili, una tesi di laurea in Sociologia sull'evoluzione delle abitudini alimentari degli italiani dell’ Università La Sapienza di Roma indaga in particolare sulle motivazioni che sono alla base della scelta vegetariana e delle differenti modalità di esserlo, con un’attenzione particolare alla dimensione etica e a quella dello sviluppo eco-compatibile.
 Di seguito due grafici esplicativi:

 


QUESITO - Sei vegetariano/a?

 

Frequenze

%

% valide

% cumulate

 

Si, vegetariano/a

228

58,3

58,8

58,8

Si, vegano/a

119

30,4

30,7

89,4

Parzialmente

30

7,7

7,7

97,2

No

11

2,8

2,8

100,0

Totale

388

99,2

100,0

 

Casi mancanti

3

0,8

 

 

Totale

 

391

100,0

 

 

 

 Composizione numerica del campione secondo lo stile alimentare praticato

 

Frequenze

% valide

Stile alimentare

Saltuariamente mangio carne e pesce

4

1,1

Mangio solo pesce, né carne, né uova, né latticini

2

0,5

Mangio tutto, esclusa la carne rossa

5

1,3

Mangio tutto, escluso ogni tipo di carne

30

8,0

Mangio tutto, escluso ogni tipo di carne e pesce (ovo-latto-vegetariano/a)

178

47,2

Mangio tutto, escluso ogni tipo di carne, di pesce e le uova (latto-vegetariano/a)

31

8,2

Mangio tutto, escluso ogni tipo di carne, di pesce e i latticini (ovo-vegetariano/a)

3

0,8

Mangio esclusivamente prodotti non derivati dagli animali  (vegan)

124

32,9

Totale

 

377

100,0

 

La ricerca ha avuto inizio nel giugno del 2004. E’ necessario specificare che l’utilizzo di internet (quale canale dello screening) potrebbe essere fonte di alcune distorsioni dovute alla “non casualità” del campione così rintracciato.
Di seguito è invece riportata una tabella contenente alcune statistiche sulla diffusione del vegetarismo in Europa e in India. I dati fanno riferimento al 2002 e sono stati raccolti dall'EVU (European Vegetarian Union) in occasione del 35ºCongresso Mondiale Vegetariano, intervistando le diverse associazioni vegetariane dei vari Stati europei; da questo censimento emerge che l’incidenza numerica di vegetariani e vegani inizia ad essere rilevante in diversi Paesi del mondo, tanto da trasformare il mercato dei prodotti a loro dedicati non più in un settore di nicchia, ma in un vero e proprio business per molte aziende.

 

 

Nazione

Numero abitanti

% di vegetariani

                Fonte

Austria

8,1 milioni

3-4%

Stima approssimativa

Belgio

10,2 milioni

2%

Indagine commissionata dall'associazione GAIA

Francia

58,6 milioni

meno del 2%

Association Alliance Végétarienne

Germania

82 milioni

8%

Vegetarier-Bund Deutschlands e.V.

India

997,5 milioni

15-20%

 

Irlanda

3,7 milioni

6%

Stima dell'associazione Vegetarian Society of Ireland

Italia

58 milioni

5%

Eurispes

Norvegia

4,5 milioni

2%-4%

Sondaggio eseguito da Dyrevernalliansen

Spagna

39,4 milioni

2%

Asociacion Vegana Espanola (AVE)

Svezia

8,8 milioni

    Almeno il 7% (in alcune scuole, 1/3 degli studenti sono vegetariani)

Swedish Vegan Society

Svizzera

7,1 milioni

4%

Swiss Union for Vegetarianism

Olanda

15,8 milioni

4-5%

Stima della Nederlandse Vegetariersbond

Regno Unito

59,5 milioni

7-10% (più alta tra i giovani)

The Vegetarian Society UK

 

 

Per avere un quadro complessivo quanto più ampio e critico possibile e una vasta ricchezza e diversità di fonti si può fare riferimento a un ulteriore dato: il numero d’utenti registratisi al sito www.veganhome.it (aggiornato al 30 novembre 2005)  specificando nel proprio profilo di essere vegan corrisponde a 235 su un totale di 793 iscritti, di cui 146 si dichiarano vegetariani e 13 ancora onnivori accanto ai restanti 399 membri della community che non hanno specificato la loro posizione.
Quello che è possibile sostenere con certezza è che si ha una crescita sempre maggiore di vegani all'interno del mondo vegetariano; in altre parole si registra una graduale e progressiva presa di coscienza fra tutti coloro che, per i più svariati motivi, smettono di mangiare carne, dell’inconfutabile dato di fatto che, ad oggi, tutta la produzione di alimenti animali significa privazione di libertà, violenza, sofferenza e sfruttamento.

 

 

CAPITOLO TERZO: UN’ICONA DELL’ANIMALISMO

        

3.1 L’ispiratore del movimento di Liberazione Animale:

 

 Peter Singer

 

Peter Singer è considerato il padre spirituale del movimento di liberazione animale. È nato a Melbourne nel 1946; ha insegnato nelle università di Oxford, New York, Colorado (Boulder), California (Irvine) e alla Trobe University di Melbourne. Ha diretto il Centre for Human Bioethics presso la Monash University di Melbourne ed è stato il fondatore dell’International Association of Bioethics. Dal 1999 è docente di filosofia morale all’università di Princeton. Il suo testo Animal Liberation, del 1975, tradotto in tredici lingue, ha venduto più di mezzo milione di copie ed è da molti considerato la bibbia dell’animalismo internazionale.
Singer assegna un valore fondamentale all'argomentazione razionale, costruisce la sua etica su basi rigorosamente laiche, ed è un convinto avversario del relativismo morale; ritiene, infatti, che altrimenti non esisterebbero valori condivisibili, ma solo gusti soggettivi. Se oggi la schiavitù non è più accettabile, sostiene Singer, non è solo perché i gusti o i tempi sono cambiati, bensì perché sappiamo che gli argomenti in difesa della schiavitù sono sbagliati. Pochi oggi affermerebbero che Aristotele avesse ragione a sostenere che non solo ci sono uomini meno razionali di altri ma, soprattutto, che essi sono nati per essere meri strumenti nelle mani degli altri. La visione di Singer del rapporto tra ragione e sentimenti morali emerge dalla posizione che egli adotta su una questione che da sempre è uno dei suoi principali cavalli di battaglia: la difesa dei diritti degli animali, basata sulla convinzione che ogni essere senziente, umano o non umano, ha diritto ad un’equa considerazione morale. Pur essendo uno dei fondatori del movimento mondiale in difesa degli animali, Singer esprime però più di una volta il suo dissenso rispetto a forme estreme di mobilitazione che ritiene dettate più da un’adesione irrazionale a certi ideali che da solidi argomenti. Singer ritiene in pratica che l'idea della "sacralità della vita" sia insostenibile, e che la nuova morale, che sta emergendo prepotentemente sulle ceneri della vecchia, sia piuttosto guidata dal principio della "qualità della vita", e dalla nostra capacità di ponderare e distinguere casi e sensazioni diverse. Ma è proprio il suo atteggiamento contro la "sacralità della vita", da cui discende ad esempio un atteggiamento favorevole all'eutanasia, che gli ha procurato una pessima fama. Egli stesso trova facilissimo far apparire le sue tesi come terribili e non è raro trovare chi si opponga ad esse strenuamente. Rimane verosimilmente innegabile il concetto che attribuire alla vita un valore non assoluto (cosa che i medici, i politici e anche la gente comune in realtà continuamente fanno) non significa non assegnargliene uno assai elevato. Togliere la vita ad un individuo è decisamente, per Singer, un fatto gravissimo. Ma egli ritiene che quando siamo costretti a farlo non dobbiamo guardare alla razza, al sesso o alla specie cui questo essere appartiene, ma solo alle caratteristiche dell'individuo che sarebbe ucciso: per esempio al suo desiderio di continuare a vivere o al genere di vita che è capace di condurre.
Singer non dubita che se un essere soffre non esiste alcuna giustificazione morale per rifiutare di prendere in considerazione tale sofferenza. Trova sia ingiusto causare dolore agli animali laddove la moderna industria alimentare è costretta, in nome dell'utile economico, ad usare metodi dolorosi d’allevamento. Vede questo come un punto a favore dei vegetariani. Tuttavia è consapevole non si  possa certo imporre il vegetarianesimo. Un'alternativa credibile che propone è quella di imporre agli allevatori  di crescere gli animali in libertà, prima di macellarli a scopi alimentari; malgrado non sia convinto questa possa definirsi una  soluzione umanitaria o pietosa, la ritiene di certo un miglioramento rispetto alle attuali condizioni.
Gli scritti di Peter Singer non sono sempre stati ben accolti. Le sue idee principali ed il modo non apologetico e diretto con cui le esprime sono frequentemente state considerate non solo una provocazione intellettuale e pratica, ma anche una minaccia. Scritti in una prosa chiara, libera dal gergo filosofico e da rassicuranti vaghezze, gli scritti di Singer minacciano valori e convinzioni familiari, inclusa la convinzione per cui avremmo diritto di disporre del nostro denaro come meglio crediamo e di mangiare quel che vogliamo. Mangiare carne, dice Singer ai suoi lettori, non è uno degli innocenti piaceri della vita, ma implica una complicità nell'infliggere gravi sofferenze agli animali allevati negli allevamenti industriali; comporta distruzione ambientale, inquinamento e degrado. 
Singer è stato il bersaglio di molti attacchi maligni e spesso anche offensivi, specialmente a causa delle sue provocazioni alla cosiddetta dottrina della sacralità della vita umana. Secondo Singer, quel che è importante non è se una vita è umana o non umana; piuttosto, da una prospettiva etica, ciò che è rilevante sono gli interessi e le capacità posseduti da un essere. Basandosi sul principio d’eguale considerazione degli interessi, Singer argomenta contro lo status privilegiato degl’uomini e la tradizionale assunzione secondo cui, semplicemente in virtù dell’essere umani, siamo giustificati a non tener conto degli interessi degli altri animali, quando entrano in conflitto con i nostri. Comportarsi così, sostiene, è "specismo", vale a dire un egoismo di specie affine al razzismo. Per Singer, come per il suo antenato intellettuale, l'utilitarista classico Jeremy Bentham, da una prospettiva etica, siamo tutti nella stessa posizione, tanto che ci stiamo su due piedi, o su quattro, o su nessuno. Oggi il razzismo è universalmente condannato e il giovane Singer era fiducioso che presto sarebbe accaduto lo stesso anche per lo specismo.
Il suo principio d’uguale considerazione degli interessi non implica che tutte le vite abbiano uguale valore o che la vita della lattuga abbia lo stesso valore della vita di un essere umano adulto normale. Piuttosto, sostiene Singer, quel che è importante è se un essere ha la capacità di sperimentare dolore e felicità ed i tipi di stato mentale che lo rendono una "persona" con un diritto alla vita. Come spiega Singer in "Killing Humans and Killing Animals", se la capacità di un essere di provare dolore lo rende degno di considerazione morale, è solo nel caso delle persone, cioè d’esseri con la capacità mentale necessaria a rappresentare se stessi come esistenti nel tempo, che l'uccisione è direttamente sbagliata: mentre tutti gli esseri umani normali e adulti e alcuni animali non umani, come le grandi scimmie, sono persone, molti animali e alcuni esseri umani, come i neonati e chi ha seri danni encefalici, non sono persone in senso morale; la loro capacità di provare dolore li rende degni di considerazione morale, ma ucciderli senza dolore, a detta dell’australiano, non è di per sé sbagliato.
Molti filosofi contemporanei considerano questo suo approccio metodologico e l'utilitarismo che lo sorregge, sorpassati e ispirati a principi sbagliati. Oggi si sostiene spesso che un approccio imparzialista, massimizzante e fermamente ancorato a principi, sia incapace di confrontarsi con le complessità della vita umana, che non può rendere conto in modo sufficiente delle emozioni, dell'integrità personale, che è "maschile", non prende in considerazione le esperienze morali delle donne e che è troppo austero ed esigente.


Peter Singer non teme di andare dove la sua teoria e i suoi assiomi morali lo hanno condotto, tanto in senso teorico quanto in senso pratico. In passato, questo ha significato un'azione politica e sovversiva. In Australia, utilizzando la sua autorevolezza per indirizzare l'attenzione della società su importanti questioni pratiche, Singer ha manifestato nelle strade di Melbourne, seduto in una gabbia per rendere evidente la condizione delle galline d'allevamento ed è stato arrestato in un allevamento intensivo di maiali, in parte di proprietà dell'allora primo ministro, Paul Keating. Come disse all'epoca ai mezzi d’informazione, l'allevamento non dava agli animali spazio per muoversi e camminare liberamente, non dava loro accesso ai pascoli e a giacigli confortevoli e i maiali erano sottoposti abitualmente a mutilazioni, inclusi l'amputazione della coda, il taglio delle orecchie e la limatura dei denti e dal momento che Paul Keating era l’allora leader australiano, la condizione dei suoi maiali non potè non essere per Singer un problema propriamente nazionale.
Questo è soltanto uno degli episodi che, assieme alle sue discutibili prese di posizione su diritti degli animali, aborto, eutanasia e trapianti, fanno sì che lo scrittore australiano possa essere senza alcun dubbio annoverato tra le personalità più originali della filosofia morale contemporanea, sia per il modo di affrontare le tematiche cruciali dell’esistenza, sotto qualsiasi forma questa si presenti, sia per gli interrogativi etici e filosofici che ne trae.

 

3.2 Analisi critica del suo pensiero
Personalmente non penso l’uomo sia in grado di distinguere, tra due esseri senzienti, chi di loro sia dotato d’autocoscienza e chi invece no. Per questo motivo, pur concordando con Singer che sia differente l’infliggere dolore rispetto al togliere la vita, trovo l’uomo sia costitutivamente impossibilitato a dare priorità all’esistenza d’un essere rispetto ad un altro in virtù dell’infondata presunzione di capire quale, fra i due, abbia maggiore desiderio di continuare a vivere. Insomma: per Singer dovremmo preservare di più la vita d’una scimmia intelligente piuttosto che quella d’una bimba malata di mente. Provando ad esemplificare il pensiero di Singer a tal proposito, credo di non errare nel proporre le seguenti equivalenze: persona = essere dotato d’autocoscienza = beneficiario di diritto alla vita; esseri senzienti = meritevoli del diritto a non soffrire.
Nel contesto della discussione etica contemporanea sul trattamento degli animali, un altro autorevole esponente è certamente Tom Regan.  Mentre Singer assume un ruolo centrale nell’ambito dell’etica di liberazione animale, egli è il massimo esponente della teoria dei diritti degli animali. Confronterò alcune delle loro tesi in maniera funzionale ad una maggiore chiarezza delle mie idee riguardo al pensiero di Singer.
Regan, con il termine animali, prende in considerazione «i mammiferi non umani mentalmente normali di almeno un anno» ed a loro attribuisce la titolarità di pazienti morali: categoria d’esseri viventi, in contrapposizione a quella degli agenti morali e comprendente «i membri della specie homo sapiens, con almeno un anno di vita, non affetti da ritardo mentale».
In merito alla teoria dell’utilitarismo delle preferenze, Singer ritiene che sottrarre la vita a chi ha progetti e speranze per il proprio futuro, in quanto consapevole di sé come una stessa identità nel tempo, sia certamente più grave che toglierla a chi ha sì interessi, come il fuggire dalla sofferenza, ma che sono soltanto momentanei o che in ogni caso emergono solo in certe circostanze. Mi chiedo come Singer possa, caso per caso, acquisire tali certezze.
Non quoto Singer nel suo asserire che i valori che scegliamo di difendere possano essere posti ad esame e critica razionale e non siano paragonabili a semplici questioni di gusto, né credo che la ragione critica sia in grado di condurci da un punto di vista personale ad uno inconfutabilmente universale.
Dinanzi all’ipotesi vi sia una scialuppa di salvataggio capace d’ospitare soli quattro elementi, con su però quattro uomini ed un cane (condizioni per le quali, se nessuno fosse buttato a mare, si verificherebbe la morte dell’intero equipaggio), Regan sostiene (e in questo mi trova scettico) che nessuna persona ragionevole penserebbe che il cane abbia diritto alla vita nella stessa misura in cui l’ha l’uomo, né d'altronde che si dovrebbero dare al quadrupede le stesse probabilità di successo per la sopravvivenza degli umani. Il tutto va a scontrarsi con l’assunto del filosofo che il possesso dei diritti morali non ammette gradi.
Difficilmente conciliabile con quello dei più ferrei vegani, il pensiero di Singer, nell’ambito della pratica della vivisezione, che «se un unico esperimento potesse curare una malattia come la leucemia, tale esperimento sarebbe giustificabile». La critica dello scrittore a consuetudini quali gli allevamenti intensivi e la sperimentazione animale, volutamente concreta, razionale e distante da posizioni estremiste, corre il rischio d’esser considerata troppo blanda dalle più rigide fazioni del movimento vegano.
Facente parte di questo mondo in cui troppi animali ed esseri umani soffrono, mi trovo in completa sintonia con l’invito di Singer a fare qualcosa adesso per migliorare le condizioni in cui i nostri coabitanti del globo vivono e muoiono ed a dover ripristinare l’idea di condurre una vita etica come realistica, vitale ed inevitabile risposta all’attuale predominio del tornaconto individuale e materialista.
Regan differisce da Singer giacché, pur ponendo in primo piano il tema della sofferenza, rileva come esso non sia il perno principale da affrontare; soltanto riconoscendo anche agli animali il diritto alla vita possiamo tutelarli concretamente, evitando che se ne faccia un uso strumentale e, quindi, sottraendoli altresì alla sofferenza. In quest’ottica, fatta appunto propria da Regan, è la morte, e non il dolore, a costituire il male peggiore perché priva l’individuo del bene più importante: la vita.
Elaboro di seguito un’analisi del testo di riferimento del movimento animalista internazionale, Animal Liberation, in cui Singer sostanzialmente ribadisce che qualunque discriminazione, verso altre razze o altre specie, sia una sfida ad un principio morale che riguarda tutti: l’uguaglianza.
Indubbia la constatazione che «quanto meno un gruppo è capace di ribellarsi e di organizzarsi contro l’oppressione, tanto più facilmente viene oppresso».
Il principio dell’eguaglianza degl’esseri umani è visto non come «la descrizione d’una pretesa eguaglianza reale», bensì «una prescrizione sul modo in cui gli esseri umani dovrebbero essere trattati». Mentre per Jeremy Bentham, fondatore della moderna scuola utilitarista di filosofia morale, «ciascuno deve contare per uno e nessuno per più di uno», Henry Sidgwick, un utilitarista posteriore, sostiene che «il bene di ciascun individuo non è di maggior importanza […] del bene d’ogni altro».
«Lo specismo è un pregiudizio o atteggiamento di prevenzione a favore degl’interessi dei membri della propria specie» e a scapito di quelli dei membri di altre specie. «La capacità di provare dolore o piacere è una condizione non solo necessaria ma anche sufficiente perché si possa dire che un essere ha interessi» (almeno a non soffrire).
Nell’asserire che «se un essere soffre, non può esistere nessuna giustificazione morale per rifiutarsi di prendere in considerazione tale sofferenza», Singer ignora del tutto piccole forme di vita (quali formiche o altri insetti) che uccidiamo quotidianamente calpestandole nello spostarci o come effetto collaterale delle più comuni attività agricole.
Non mi è chiaro come lo scrittore concili il resto della sua trattazione con il ritenere «una domanda alla quale non abbiamo bisogno di dare una risposta precisa», la questione «su quando sia sbagliato uccidere (in modo indolore) un animale».
Ispiratore di una concreta forma di boicottaggio di prodotti d’origine animale, Singer rileva che divenire vegetariani non sia un gesto meramente simbolico, né un tentativo d’isolarsi dalle sgradevoli realtà del mondo, mantenersi puri e senza responsabilità per la crudeltà e la carneficina che ci circondano, bensì il passo più concreto ed efficace che si possa compiere per porre fine tanto all’afflizione di sofferenze agli animali non umani quanto alla loro uccisione.
Curioso leggere che, data l’esistenza di piccoli villaggi costieri che vivono di sola pesca, dovremmo smettere di mangiar pesce nell’interesse sia dei pesci che degl’esseri umani.
A rigor di logica Singer non può essere considerato un vegano alla luce del suo non ritenersi, «in linea di massima, contrario alla produzione di uova di allevamento brado».
Egli considera i vegani come «la dimostrazione vivente di quanto sia praticabile ed efficace dal punto di vista nutritivo una dieta totalmente libera dallo sfruttamento degli altri animali» e allo stesso tempo non nasconde quanto, nel nostro attuale mondo specista, non sia facile attenersi così rigorosamente a ciò che è moralmente giusto.
A proposito del tema della longevità, Singer tranquillizza chi temesse il contrario, pubblicizzando che alcuni scienziati hanno scoperto in Ecuador persone, appartenenti ad una popolazione che mangia meno di trenta grammi di carne la settimana, che hanno raggiunto fino a 142 anni d’età.
Non manca la puntualizzazione di carattere nutrizionale che l’unica sostanza necessaria all’organismo umano normalmente non mutuabile da fonti vegetali è la vitamina B12 e il riporto d’una rassicurante indagine condotta su bambini di famiglie vegane rilevante che, «con una dieta integrata con vitamina B12 ma priva d’alcun alimento d’origine animale dopo lo svezzamento, essi si sviluppano normalmente».
Riguardo all’obiezione al vegetarianesimo che, poiché gli altri animali uccidono per mangiare, noi potremmo fare altrettanto, il libro mette in luce che «tale analogia era già superata nel 1785, quando William Paley la confutò sottolineando come, mentre gli umani siano in grado di vivere senza uccidere, gli altri animali non abbiano altra scelta» per poter sopravvivere.
Interessantissimo il chiedersi di Singer, laddove potessimo e qualora la quantità di sofferenza degli animali nel mondo fosse in tal modo ridotta, se dovremmo o no eliminare le specie carnivore dalla terra; la sua risposta è che nella vita degli animali non dovremmo interferire.
Il filosofo argomenta che «faremo abbastanza se elimineremo le uccisioni e le crudeltà inutili di cui noi siamo responsabili»; non si fa mai riferimento però alla perpetua quanto consueta prevaricazione umana nei confronti d’insetti e ambiente dalla quale pare la pur semplice sopravvivenza umana non possa prescindere.
Difficile crederlo quando afferma che «non c’è nessun serio conflitto fra gli animali umani e quelli non umani». Innegabile, in ultima analisi,  non vi sia «nessuna prova attendibile» (ad oggi) «che le piante siano capaci di provare piacere o dolore»; che non sia dimostrabile neanche il contrario resta una deduzione rimandata al lettore.

 

CAPITOLO QUARTO: L’IMPORTANZA DELLA SALUTE

        

4.1 Aspetto salutistico-nutrizionale delle alimentazioni vegetariane/vegan (veg)

In questo capitolo viene data la definizione delle varie possibili diete “veg”, e si risponde alla domanda “Una dieta vegetariana/vegana può essere nutrizionalmente equilibrata?”, facendo riferimento a testi scientifici sull’argomento.
L’interesse nei confronti del vegetarismo è in aumento; molti ristoranti e mense scolastiche propongono regolarmente menu vegetariani. Si è verificata una incisiva crescita nelle vendite di alimenti per i vegetariani e questi cibi sono reperibili in molti supermercati. Le motivazioni che stanno all’origine della scelta alimentare veg sono di varia natura (principalmente ragioni etiche, ambientaliste, economiche, salutistiche o religiose) e i modelli alimentari seguiti variano di conseguenza:
• Lacto-ovo-vegetariano
Esclude la carne e i suoi derivati, pesce, molluschi e crostacei. Permette il latte e i suoi derivati, uova, oltre a qualunque tipo di alimento vegetale.
• Lacto-vegetariano
Esclude la carne e i suoi derivati, pesce, molluschi e crostacei, uova.
Permette il latte e i suoi derivati, oltre a qualunque tipo di alimento vegetale.
• Vegan
Esclude tutti i prodotti di origine animale: carne e suoi derivati, pesce, molluschi e crostacei, uova, latte e suoi derivati, prodotti delle api (miele, propoli, ecc.). Permette qualunque tipo di alimento vegetale.
• Fruttariano
Prevede solo l’assunzione di frutta, semi e noci.

4.2 La posizione dell’American
Dietetic Association e dei Dietitians of Canada
Per rispondere alla domanda “Una dieta vegetariana/vegana può essere nutrizionalmente equilibrata?” si può fare riferimento alla “Posizione ufficiale” sull’argomento dell’American Dietetic Association e i Dietitians of Canada, due delle maggiori associazioni di professionisti della nutrizione nel mondo. Nel 2003, tali associazioni hanno pubblicato una versione aggiornata della propria opinione in tema di diete vegetariane e vegane: si tratta di un’ampia panoramica sulla nutrizione vegetariana stilata sulla base di più di 250 lavori scientifici, pubblicati su riviste mediche internazionali, che costituiscono quindi lo stato dell’arte sull’argomento.


CLAUDIA DE RITIS, La scelta vegetariana - Un’indagine esplorativa sui vegetariani e i vegani in Italia.

Sito di riferimento: www.european-vegetarian.org.

VEGAGENDA 2005, Savigliano, 2004, introduzione.

Sito di riferimento: www.veganhome.it.

Cfr. PETER SINGER, La vita come si dovrebbe. Le idee che hanno messo in discussione la nostra morale, Il Saggiatore, Milano, 2001, passim.

http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/020907g.htm.

Cfr. HELGA KHUSE, La più stretta collaboratrice del filosofo australiano ripercorre le tappe del suo pensiero e del suo impegno etico-politico, Bioetica - anno X n. 3, passim.

Ibidem.

Ibidem.

Ibidem.

Cfr. P. SINGER, Etica pratica, Liguori, 1989, pp. 86, 101, 104-106.

Professore emerito di Filosofia presso la North Carolina State University, è universalmente riconosciuto come il leader intellettuale del movimento per i diritti animali. Durante gli oltre 30 anni di attività accademica, ha pubblicato centinaia di articoli specialistici e più di 20 libri sull’argomento. Ha scritto molto sul tema della liberazione animale e sulla filosofia dei diritti degli animali. La pubblicazione del suo The Case for Animal Rights ha segnato un notevole passo avanti nel sostegno filosofico a favore del movimento antispecista, la cui discussione è stata portata da questo libro alla seria attenzione di numerosi gruppi di studiosi. In Italia è noto come autore del saggio fondamentale I diritti animali (pubblicato da Garzanti nel 1990). È fondatore dell’associazione The Culture & Animal Foundation (www.cultureandanimals.org).

T. REGAN, I diritti animali, Garzanti, Milano, 1990,p.66.

Ivi, p. 67.

Cfr. C. GIACCAGLINI, Liberazione animale e nuovi diritti: un confronto fra P. Singer e T. Regan, pp. 54-55,96 , www.swif.it/tfo.

Cfr. P. SINGER, La vita come si dovrebbe, op. cit. , p. 108.

Cfr. T. REGAN, I diritti animali, op. cit. ,p. 384.

P. SINGER, Liberazione animale, Net, Milano, 2003, p. 97.

P. SINGER, Etica pratica, op. cit. , pp. 163-164.

GIACCAGLINI, Liberazione animale.. , op. cit. , pp. 180-181.

P. SINGER, Liberazione animale, op. cit. , p. 13.

Ivi, p. 21.

Ibidem.

Ibidem.

Ibidem.

Ivi, p. 22.

Ivi, p. 23.

Ivi, p. 24.

Ivi, p. 37.

Ibidem.

Cfr. ivi, pp. 170-172.

Cfr. ivi, p. 185.

Ivi, p. 187.

Ivi, p. 189.

ibidem.

Cfr. ivi, p. 191.

Ivi, p. 194.

Ivi, p. 232.

Cfr. ivi, p. 234.

Ivi, p. 235.

Ivi, p. 241.

Ivi, p. 244.

Ibidem.

W. PEDROTTI, Il nuovo Cucchiaio Verde, Demetra, Verona, 1996.
L. DE LA BIGNE, A. AMANTE, L’alimentazione vegetariana, Ed. Tecniche Nuove, 1994.
M. & V. MESSINA, The Vegetarian Way, Three Rivers Press, NY, USA, 1996.
D. ORNISH, Dr. Dean Ornish’s Program for Reversing Heart Disease: The Only System Scientifically Proven to Reverse Heart Disease Without Drugs or Surgery, Ivy Books, 1996.
H. DIEHL, A. LUDINGTON, Health Power, Herald Publishing Association, 2000.
J. SABATE’, Vegetarian Nutrition, CRC Press, 2001.

American Dietetic Association. Position of the American Dietetic Association and the Canadian Dietetic Association: Nutrition for physical fitness and athletic performance for adults.

 

Nel testo è scritto testualmente che: L’American Dietetic Association ed i Dietitians of Canada affermano che le diete vegetariane correttamente bilanciate sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e che comportano benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie.
Il documento prende in rassegna i dati scientifici attuali concernenti i nutrienti chiave per i vegetariani, compresi le proteine, il ferro, lo zinco, il calcio, la vitamina D, la riboflavina, la vitamina B12, la vitamina A, gli acidi grassi omega-3 e lo iodio. Una dieta vegetariana, intesa sia come lacto-ovo-vegetariana che vegana, è in grado di soddisfare le raccomandazioni correnti per tutti questi nutrienti. In alcuni casi, l’uso di cibi fortificati o di supplementi può essere utile per il raggiungimento delle dosi consigliate per alcuni singoli nutrienti.
Secondo l’ADA e i Dietitians of Canada, le diete vegane ben bilanciate ed altri tipi di diete vegetariane risultano appropriate per tutti gli stadi del ciclo vitale, ivi inclusi gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia ed adolescenza. Non solo le diete vegetariane sono adeguate, ma offrono molteplici vantaggi sul piano nutrizionale, tra cui ridotti contenuti di acidi grassi saturi, colesterolo e proteine animali, a fronte di più elevati contenuti di carboidrati, fibre, magnesio, potassio, acido folico ed antiossidanti, quali ad esempio le vitamine C ed E e le sostanze fitochimiche.
I dati disponibili evidenziano come i vegetariani presentino un più basso indice di massa corporea dei non-vegetariani, come pure una ridotta incidenza di morte per cardiopatia ischemica; i vegetariani presentano inoltre più bassi livelli di colesterolo plasmatico e di pressione arteriosa, una ridotta incidenza di ipertensione, di diabete mellito tipo 2 e di tumore della prostata e del colon.
La risposta alla domanda iniziale proposta in questo capitolo risulta, quindi, un netto sì, secondo i professionisti della nutrizione aggiornati sull’argomento. Chiaramente, la dieta deve essere ben bilanciata, cioè variata, non costituita solo da una piccola porzione dei vegetali disponibili, ma questo vale per qualsiasi tipo di alimentazione.
Nella posizione ufficiale si aggiunge inoltre che i professionisti della nutrizione hanno la responsabilità di sostenere ed incoraggiare tutti coloro che si mostrino interessati ad indirizzarsi verso un regime vegetariano. Queste figure possono infatti giocare un ruolo chiave nel fornire informazioni ai clienti vegetariani sulle fonti alimentari dei nutrienti specifici, sull’acquisto e la preparazione dei cibi, e su ogni modificazione dietetica necessaria a soddisfare le richieste individuali.

4.3 I principi base della nutrizione vegetariana
I risultati delle ricerche sui vegetariani a cui questo capitolo fa riferimento sono stati pubblicati e sono disponibili nella letteratura medico-scientifica internazionale.    I dati relativi agli studi epidemiologici sui vegetariani dei Paesi occidentali, condotti negli ultimi 40 anni, hanno documentato un ridotto rischio di malattie croniche, un aumento della longevità, ridotti valori di peso corporeo e pressione arteriosa, ed un miglior stato generale di salute. Gli individui che consumano elevate quantità di cibi vegetali evidenziano un rischio ridotto per molte malattie croniche, mentre gli individui che consumano elevate quantità di carne e grassi animali presentano un rischio aumentato.
Sulla base di tali acquisizioni scientifiche, condotte da studiosi di tutto il mondo, le principali società scientifiche internazionali per la prevenzione dei tumori e dell’arteriosclerosi hanno prodotto delle linee guida per un sano stile di vita, atto a ridurre il rischio di queste malattie. L’alimentazione ideale per la prevenzione di queste malattie risulta ricca di fibre, povera di grassi (specialmente animali), con abbondanti porzioni di frutta e verdura. Vediamo in dettaglio i principali Nutrienti.
PROTEINE = Se l’assunzione di cibi vegetali è variata e congrua con il fabbisogno energetico individuale, le Proteine vegetali sono in grado di soddisfare il fabbisogno proteico giornaliero, fornendo da sole quantità adeguate di amminoacidi essenziali. Nell’alimentazione a base di cibi vegetali non è necessaria la simultanea assunzione di Proteine complementari, perché il consumo di diverse fonti di amminoacidi nel corso della giornata è in grado di assicurare l’assunzione di tutti gli amminoacidi essenziali in misura adeguata per le persone sane.
La dose di Proteine necessaria per un adulto medio con uno stile di vita sedentario è infatti di 0.8-1 g per kg di peso corporeo al dì, pari al 10-15% delle calorie totali. Questo valore presenta un largo margine di sicurezza, poiché il reale fabbisogno dell’organismo è persino inferiore. Infatti la WHO (World Health Organization) consiglia di non superare i 50 grammi al dì.
Nelle donne in gravidanza, od in allattamento, il fabbisogno proteico è più elevato e così anche nelle persone fisicamente attive. In questi casi è possibile soddisfare l’aumentato fabbisogno proteico semplicemente aumentando l’apporto energetico quotidiano, e mantenendo invariata la proporzione di Proteine rispetto alle calorie totali.
Nella dieta occidentale tradizionale si consuma circa il doppio delle Proteine necessarie e si tratta prevalentemente di Proteine di origine animale. I cibi animali contengono infatti circa il 30% di Proteine, contro il 10-15% dei cibi vegetali.
E’ stato dimostrato che diete ad elevato contenuto proteico, articolate sull’assunzione di carne, uova e derivati del latte, con ridotto apporto di frutta, verdura e cereali, sono dannose per la salute, in quanto aumentano il rischio di comparsa di alcuni tipi di tumore. L’assunzione di Proteine ricche di amminoacidi essenziali è infatti correlata con la presenza di elevati livelli di IGF-I, (Insulinlike Growth Factor I) un fattore mitogeno implicato nello sviluppo dei principali tipi di tumore.
Le Proteine animali, inevitabilmente accoppiate con i grassi saturi e il colesterolo, favoriscono la comparsa di arteriosclerosi e cardiopatia. Inoltre, producono scorie acide, che provocano la perdita di calcio dall’osso (osteoporosi).
GRASSI = I Grassi sono responsabili di molteplici effetti all’interno dell’organismo. Essi incrementano la produzione di ormoni, stimolano la produzione degli acidi biliari, aumentano i livelli dei Grassi circolanti, colesterolo e trigliceridi.
Molti studi indicano che le diete ad alta percentuale di Grassi aumentano il rischio individuale di sviluppare tumore (mammella, colon, prostata) e possono anche influenzare negativamente la sopravvivenza di coloro che hanno già contratto questa malattia. La quantità di Grassi nella dieta è correlata anche al rischio di sviluppare Arteriosclerosi, mentre una riduzione degli stessi è in grado di farla regredire.
Le linee guida per la prevenzione di tumori ed arteriosclerosi fissano al 30% delle calorie totali il massimo apporto di Grassi con la dieta. La dieta media negli Stati Uniti comprende circa il 37% di Grassi. I lacto-ovo-vegetariani seguono una dieta che contiene circa il 10% in meno di Grassi rispetto alla dieta non-vegetariana, mentre la dieta vegana contiene circa il 20% in meno di Grassi. Tuttavia anche molti vegetariani seguono diete ad elevato contenuto di Grassi, e alcuni studi concludono che, per ottenere un effetto positivo in questo senso, la percentuale di Grassi andrebbe abbattuta fino al 10-15%.
E’ poi accertato che i Grassi animali sono molto più dannosi dei Grassi vegetali. I Grassi animali contengono infatti colesterolo e acidi grassi saturi. Gli olii vegetali sono per contro ricchi di acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi, poveri (ad eccezione degli olii tropicali) di acidi grassi saturi, e totalmente privi di colesterolo. Sono i Grassi animali ad essere strettamente associati al cancro al colon, mammella, prostata ed ovaie, ed al rischio di arteriosclerosi.
Gli acidi grassi omega-3, contenuti elettivamente nell’olio di semi di lino (acido alfa-linolenico), secondo vari studi, ridurrebbero sensibilmente l’incidenza di tumori di mammella e colon. Sia gli acidi grassi monoinsaturi che gli acidi grassi omega-3 sono in grado di conferire protezione nei confronti delle cardiopatie, riducendo l’aggregabilità piastrinica ed elevando la soglia per la fibrillazione ventricolare.
Studi clinici sull’uso di diete a base di cibi vegetali, che includono olii vegetali ad elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi ed omega-3, mostrano una riduzione della mortalità del 50- 70%, contro il 15 ed il 30% degli studi clinici con l’uso di pesce ed olii di pesce.
Gli studi di popolazione hanno individuato una minor incidenza di morte per malattia cardiovascolare nei soggetti che presentavano elevati consumi di noci ed altra frutta secca: il consumo quotidiano può far guadagnare 2 anni di vita (anche di più per gli uomini). L’assunzione quotidiana di frutta secca e di olii vegetali, soprattutto olio di semi di lino, è in grado di fornire adeguate quantità di acidi grassi omega-3.
FERRO = Più di 500 milioni di individui nel mondo, indipendentemente dal tipo di dieta, sono affetti da anemia da carenza di Ferro. Le persone a rischio sono quelle in cui il fabbisogno è più elevato (bambini ed adolescenti, donne in età fertile, gravidanza ed allattamento).
I cibi vegetali sono ricchissimi di Ferro (legumi, cereali integrali, verdure verdi, frutta secca e semi), ma in questi alimenti il minerale è presente nella forma non-eme, una forma molto sensibile alle interferenze positive o negative sull’assorbimento da parte di altre sostanze assunte contemporaneamente.
L’anemia da carenza di Ferro non è più diffusa tra i vegetariani rispetto agli onnivori, anche se i vegetariani presentano riserve di Ferro più limitate. Ciò appare vantaggioso in termini salutistici, dal momento che un eccesso di Ferro può generare delle specie molto reattive di radicali liberi, ed elevati depositi di Ferro sono fattore di rischio per molte malattie croniche.
Alcuni piccoli accorgimenti sono sufficienti per assumere quantità adeguate di Ferro dai cibi vegetali: accoppiare i cibi ricchi di Ferro con Vitamina C (agrumi, kiwi), evitarne l’associazione con cibi ricchi di Calcio (latticini, acque Minerali), tannini (caffè, cioccolato, vino rosso), eliminare i fitati da legumi e cereali integrali (con accorgimenti quali l’ammollo preventivo seguito da abbondanti risciacqui).
CALCIO = Il fabbisogno di Calcio nella popolazione generale è di circa 1 g al dì, e questo quantitativo è generalmente garantito nei lacto-ovo-vegetariani. Nei vegani, l’assunzione di Calcio può essere inferiore, ma questi soggetti presentano un fabbisogno ridotto rispetto agli individui che assumono cibi animali, dal momento che il consumo esclusivo di proteine vegetali è in grado di ridurre le perdite di questo minerale, mantenendone positivo il bilancio all’interno dell’organismo, soprattutto se gli introiti di sodio sono anch’essi ridotti.
Il fabbisogno di Calcio dei vegani non è stato ancora stabilito, e la carenza di questo minerale può essere in rapporto variabile con il rischio di osteoporosi. Risulta tuttavia che l’incidenza di questa malattia è elevata proprio in quei Paesi dove è elevato anche il consumo di cibi ricchi di Calcio (latte e derivati). Se ne ricava che la densità ossea è in funzione più della composizione della dieta e dell’attività fisica svolta che non della semplice assunzione di Calcio. Infatti, sono gli elevati consumi di proteine animali, di sale, di caffeina e la mancanza di esercizio fisico i fattori che risultano principalmente correlati con l’osteoporosi.
Elevate assunzioni di Calcio sono anche correlate con una riduzione del rischio cardiovascolare, grazie alla riduzione della pressione arteriosa, dell’incidenza di cardiopatia ischemica e di ictus cerebrale, e con la riduzione del rischio per certi tipi di tumore.
Va quindi prestata particolare attenzione nell’inserire nella dieta fonti ottimali di Calcio (“greens and beans”, cioè legumi e verdure a foglia verde quali broccoli, cavoletti di Bruxell, cavoli, cavoli verdi, crucifere, bietole da coste, ed altre verdure verdi, eccetto gli spinaci). L’uso di acque minerali ricche di Calcio e povere di sodio può aiutare a raggiungere il fabbisogno giornaliero di Calcio.
La vitamina D (la cui presenza è scarsa/nulla nei cibi vegetali, ma che viene sintetizzata a livello cutaneo ad opera delle radiazioni UV) assicura la preservazione di adeguate quantità di Calcio all’interno dell’organismo (“bilancio positivo”), agendo sulle entrate e sulle uscite. E’ quindi buona regola passare una parte anche piccola della giornata all’aria aperta, esponendo almeno il viso e le mani alla luce solare (possono bastare 15-30 minuti al giorno). Nei Paesi nordici è in uso la pratica di esporre i bambini alle radiazioni UV artificiali. Mantenere un buon colorito della cute è garanzia di sufficiente disponibilità di vitamina D nell’organismo.
ALTRI MINERALI = Il contenuto degli altri minerali nei cibi vegetali appare non solo adeguato, ma responsabile di una parte dei vantaggi salutistici di questo tipo di Dieta.
Il Selenio, contenuto nei cereali integrali, è un potente antiossidante e favorisce la funzionalità della tiroide. Può essere rapidamente assunto ad esempio con una sola noce brasiliana al giorno.
Elevati apporti di Potassio, di cui sono ricche frutta e verdura, a fronte di ridotti apporti di Sodio, scarso nei cibi vegetali, sono responsabili di una riduzione della pressione arteriosa, del rischio vascolare e di osteoporosi.
Lo Iodio, indispensabile per il normale funzionamento della tiroide, va ricavato, piuttosto che dal sale da cucina jodato, dall’uso regolare di piccole quantità di alghe.
Rame, Fosforo, Magnesio e Zinco sono presenti in quantità più che adeguate in cereali integrali, legumi, semi e frutta secca. L’ammollo ed il risciacquo di legumi e cereali, e la germogliazione, migliorano l’assunzione dello zinco, la cui biodisponibilità a partire da cibi vegetali è ridotta. I cibi vegetali contengono poi Vitamine e Sostanze Fitochimiche che posseggono una provata azione antiossidante (Vitamine A, C ed E). Le uniche attenzioni per le Vitamine riguardano la Vitamina D (riportate nel paragrafo “Calcio”) e la Vitamina B12.
VITAMINA B12 = Questa importante Vitamina (alla quale dedicherò il prossimo capitolo) viene prodotta dai microrganismi che inquinano i cibi vegetali e che sono presenti nel lume intestinale dell’animale. Questa viene assorbita dall’intestino ed utilizzata dall’animale per le funzioni vitali, mentre la porzione in eccesso viene depositata nei tessuti (muscolo, fegato). I cibi vegetali non contengono quindi Vitamina B12 se non come frutto di inquinamento, mentre i cibi animali contengono la Vitamina B12 di deposito, frutto di sintesi batterica.
Il rischio di andare incontro a carenza di questa Vitamina è tanto più elevato quanto più vengono eliminati dalla dieta i cibi animali. Per i lacto-ovo-vegetariani, dipende dalla frequenza di assunzione di cibi animali indiretti, e va comunque tenuto in considerazione, mentre per i vegani è molto probabile. Quello che varia è il tempo necessario perché si sviluppi la carenza, dal momento che i depositi tissutali e la capacità di produrre questa Vitamina nell’intestino e di recuperarla dalle feci variano da individuo ad individuo.
Da ciò non si deve dedurre che la dieta vegetariana sia inadeguata, piuttosto che le attuali misure di igiene degli alimenti compromettono un’assunzione naturale di Vitamina B12, cosa che invece non succederebbe in una ipotetica vita “in natura”.
La carenza di Vitamina B12, a fronte di elevate assunzioni di folati, provoca danni al sistema nervoso, piuttosto che anemia. La Vitamina B12 è inoltre cruciale nei vegetariani per mantenere bassi livelli di omocisteina, che appare correlata alla comparsa di malattie cardiovascolari, tumori, demenza e depressione. E’ quindi imperativo integrare la B12 con opportuni preparati, facilmente reperibili in commercio, al fine di ottenere il massimo dei vantaggi dalla dieta vegetariana, annullando gli effetti dannosi della carenza di B12.
INTEGRATORI DI VITAMINA B12 = Nei vegani, per mantenere livelli ematici di B12 sopra i 300 pmol/l è necessaria una quantità assorbita di circa 1.5 mcg/die. Questa quantità è ottenibile con l’assunzione di:
3 mcg/die a partire da cibi fortificati assunti nel corso di parecchi pasti, oppure
• 10 mcg/die da un’unica dose giornaliera di integratore, altrimenti
• 2000 mcg/settimana da un supplemento in unica assunzione, probabilmente il metodo più comodo.
Gli integratori non sono tutti uguali, soprattutto non bisogna utilizzare alghe od altri preparati a base di componenti vegetali, perché non costituiscono una fonte affidabile di B12, dal momento che in natura sono presenti degli analoghi di questa vitamina che però non posseggono alcuna azione metabolica specifica.
Gli integratori utili devono dichiarare di contenere “cobalamina” o “cianocobalamina”, che è la vera vitamina B12. Vanno evitate le preparazioni multivitaminiche, nelle quali l’assorbimento della B12 potrebbe essere ostacolato dalla presenza di altri nutrienti.
Questi preparati sono reperibili nelle farmacie ed erboristerie, dove se non sono disponibili possono venir ordinati nell’arco di pochi giorni. Possono anche essere ordinati via internet.

4.4 Il vegetarismo come prevenzione e cura
Il miglioramento delle condizioni economiche ha portato con sé delle modificazioni dello stile di vita, con il passaggio da attività lavorative “di fatica” (che richiedono un costante esercizio fisico) ad attività lavorative sedentarie, e conseguente riduzione globale dell’attività fisica quotidiana. Si sono inoltre introdotte delle abitudini “voluttuarie”, quali fumo, alcool, caffè. In ultimo, ma non meno importante, i costumi alimentari si sono spostati dall’uso di prodotti prevalentemente agricoli e poco lavorati all’uso di prodotti di derivazione animale a lavorazione industriale. Le abitudini di vita dei Paesi industrializzati sono dannose, in quanto articolate su elevate assunzioni di calorie, grassi e proteine animali, di carne che contiene amine eterocicliche pericolose, di alimenti salati, e per contro troppo bassa assunzione di fibra alimentare, frutta, verdura e micronutrienti.
Anche se sembra banale, è proprio lo stile di vita con le sue abitudini (dieta, esercizio fisico, fumo, alcool) il più importante determinante della salute. Esso esercita i propri effetti già dai primi anni, con effetto cumulativo per tutta la durata dell’esistenza di un individuo.
In questo contesto, una dieta vegetariana equilibrata costituisce a tutti gli effetti una misura di prevenzione primaria dello stato di salute, dal momento che tutti i principali studi condotti sui vegetariani hanno concluso che i vegetariani vivono circa 5 anni più a lungo rispetto alla popolazione generale dello stesso Paese, e godono in genere di un buono stato di salute. Questi benefici sembrano riconducibili anche al controllo del fumo, al maggior esercizio fisico, ed alle caratteristiche della composizione della dieta piuttosto che alla semplice eliminazione della carne.
Poiché le radici delle principali malattie dell’adulto, quali obesità, arteriosclerosi, ipertensione e molti tumori si sviluppano già nell’infanzia, e sono in gran parte prevenibili con delle corrette abitudini di vita, è indispensabile che i genitori pongano particolare attenzione all’educazione alimentare dei propri figli, soprattutto in questo mondo in cui l’alimentazione è diventata la principale industria e veniamo continuamente bersagliati da propagande che inneggiano al consumo di cibi sempre più trasformati e come tali poveri di sostanze nutritive e ricchi di calorie (cosiddette “calorie vuote”). Se i nostri figli aderiremo a questo tipo di pressioni saranno ineluttabilmente i malati di domani.

4.5 L’alimentazione vegetariana nelle diverse fasi della vita
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO = La gravidanza è un periodo che comporta un aumento del fabbisogno nutrizionale, perciò la dose giornaliera raccomandata (RDA) di molte vitamine e minerali è superiore a quella raccomandata in precedenza. In questa fase, aumentano le richieste di calorie, proteine, vitamina D, B12, acido folico e minerali quali calcio, ferro e zinco, necessari per sostenere la crescita del bambino e permettere gli adattamenti dell’organismo della madre. Come già riportato, l’ADA sancisce che le diete vegetariane e vegane ben bilanciate sono adatte a tutti gli stadi del ciclo vitale, gravidanza ed allattamento inclusi. Le donne in gravidanza, in generale, necessitano di 300 Calorie in più al giorno, a partire dal secondo trimestre, anche se il fabbisogno soggettivo può variare a seconda del peso corporeo di partenza e dell’incremento ponderale, che deve rispettare i valori stabiliti. Il fabbisogno di Proteine sale di circa il 20%, e durante l’allattamento del 30-35%.
L’Acido Folico, è un elemento importante da subito per la prevenzione delle malformazioni fetali. Normalmente la dieta vegetariana risulta la più ricca di acido folico, e potrebbe permettere di raggiungere la RDA di 350-400 mcg anche senza l’uso di supplementi, che tuttavia sono consigliati. La verdura a foglie verde scuro, i cereali integrali ed i legumi costituiscono delle ricche fonti di acido folico. La RDA della Vitamina B12, normalmente di 2.0 mcg, aumenta a 2.2 mcg in gravidanza e 2.6 mcg durante l’allattamento. Poiché la vitamina B12 è importante per lo sviluppo del sistema nervoso e la sintesi dei tessuti, è importante che la donna ne assuma quantità adeguate per proteggere il neonato dal rischio di carenza.
L’anemia da carenza di Ferro è fisiologica in gravidanza, indipendentemente dalla dieta. Tutte le donne durante la gestazione necessitano di alimenti ricchi di ferro, come verdure con foglie verdi, fagioli e legumi secchi, e frutta secca. Associando tali cibi agli agrumi, si può aumentare l’assorbimento di questo minerale. La RDA del ferro, normalmente di 18 mg nella donna fertile, aumenta a 30 mg (solo in gravidanza). Per soddisfare questa richiesta, quasi sempre è necessaria l’assunzione di supplementi. Calcio e Vitamina D lavorano in sintonia per garantire lo sviluppo di denti ed ossa. L’assorbimento di calcio aumenta durante la gravidanza, compensando l’accresciuto fabbisogno, che è di 1200 mg al dì anche durante l’allattamento, mentre va garantita una adeguata esposizione alla luce solare o la supplementazione di 10 mcg di vitamina D.
La RDA dello Zinco aumenta durante l’allattamento (da 7 a 12 mg): buone fonti di zinco sono frutta secca, cereali integrali, pop corn e legumi. E’ inoltre importante che la donna utilizzi regolarmente, dall’inizio della gravidanza al termine dell’allattamento, una fonte di Omega-3, quale ad esempio 1 cucchiaio al dì di olio di semi di lino.
INFANZIA E ADOLESCENZA = Le diete vegetariane e vegane, pianificate in modo appropriato, sono in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali della prima e seconda infanzia e dell’adolescenza. L’ADA e la American Academy of Pediatrics affermano che le diete vegane permettono la normale crescita dei bambini.
L’alimento ideale per il neonato nel primo anno di vita è il latte materno. I benefici per il neonato includono lo sviluppo del sistema immunitario, la protezione dalle infezioni e dal rischio di allergie. I benefici per la madre includono una riduzione del rischio di cancro al seno prima della menopausa, ed il rilascio di ormoni anti-stress. Per i primi 4-6 mesi, il latte materno deve essere l’unico cibo, e la sola alternativa possibile sono le formulazioni per l’infanzia a base di soia. Il latte di soia usualmente in commercio non deve costituire l’alimento di prima scelta fino dopo l’anno di età. I bambini vegani allattati al seno possono richiedere supplementi di vitamina B12, se la dieta della madre è inadeguata; i più grandicelli possono richiedere supplementi di zinco e fonti affidabili di ferro e vitamine D e B12. Il calendario dell’introduzione di cibi solidi è simile a quello raccomandatoper i non-vegetariani. Tofu, legumi secchi ed analoghi della carne sono introdotti come fonti proteiche intorno ai 7-8 mesi d’età. Le diete vegane vanno pianificate per essere nutrizionalmente adeguate e sostenere la crescita dei bambini sino ad 1 anno di età.
Nella seconda infanzia e nell’adolescenza le diete dei bambini vegani soddisfano le RDA per molti nutrienti, a fronte di un introito più elevato di fibre e più ridotto di grassi totali, grassi saturi, e colesterolo rispetto ai bambini onnivori. Tuttavia particolare attenzione va posta nei confronti degli introiti di calcio, di zinco e ferro. Il fabbisogno proteico è lievemente più elevato per i bambini vegani, ma è facilmente soddisfatto con una dieta variata che fornisca adeguata energia. Inoltre va enfatizzata l’importanza di introdurre buone fonti di acidi grassi omega-3 e di vitamina B12. Se l’esposizione alla luce solare non è adeguata, va prevista una supplementazione di vitamina D. I bambini vegani possono presentare un ritmo di crescita più lento, ma comunque completo, mentre i bambini lacto-ovo-vegetariani presentano una crescita sovrapponibile a quella degli onnivori. Bambini sottoposti a diete più restrittive, quali quelle macrobiotiche, possono per contro presentare problemi di malnutrizione.
ETA’ ANZIANA = Nei Paesi industrializzati l’età media della popolazione sta aumentando, e gli anziani stanno gradualmente prendendo il sopravvento. I nostri figli avranno una maggior probabilità rispetto a noi genitori di vivere a lungo… ma vivere come? Il mantenimento di uno stato di salute ottimale è la carta vincente per vivere una vecchiaia felice, in salute, che può durare anche più di una ventina d’anni: è una fase della vita di ciascun individuo unica nei suoi aspetti piacevoli (saggezza maturata, possibilità di utilizzo del tempo libero, superamento di molti obblighi e responsabilità), e spiacevoli (solitudine, limitazioni fisiche, depressione). Vecchiaia non è sinonimo di malattia, ma il bilancio di questi due aspetti è governato dallo stato di salute, e con l’avanzare dell’età aumenta il rischio di malattia.
Le malattie più frequenti sono artrosi, arteriosclerosi ed ipertensione con relative complicanze (ictus cerebrale con emiplegia, infarto cardiaco, arteriopatia periferica), diabete, osteoporosi, parkinson e demenza. Altre frequenti malattie, i tumori, compromettono lo scorrere della vita in fasi differenti, impedendo all’individuo di invecchiare, o rendendo l’anziano vittima di enormi sofferenze. Queste patologie, come abbiamo già spiegato, sono prevenibili con una corretta alimentazione, in varia misura. La loro incidenza risulta infatti nettamente superiore nei Paesi dove la dieta è ricca di prodotti animali e povera di cibi semplici. Nei Paesi dove la dieta si basa soprattutto su alimenti vegetali queste malattie sono molto meno frequenti od addirittura sconosciute.
L’adozione tanto più precoce nella vita di una dieta vegetariana permette quindi di fare molto in questo senso, ed è in grado di esercitare effetti favorevoli fino in età avanzata. In questa fase della vita, l’elevata assunzione di antiossidanti può esercitare effetti positivi anche sul processo stesso di invecchiamento naturale. Il passaggio ad una dieta basata su alimenti vegetali si è dimostrato utile anche quando si siano già sviluppate malattie croniche quali ad esempio arteriosclerosi e tumori. L’adozione di un regime vegetariano si è rivelato una misura di prevenzione secondaria, in grado di rallentare od invertire il decorso di queste malattie, rappresentando una valida alternativa alla terapia medica e chirurgica. Ciò permette di incidere anche sull’utilizzo di farmaci, spesso responsabili di effetti collaterali e di vere e proprie malattie, denominate appunto “malattie jatrogene”.
In età anziana c’è più tempo per curare i vari aspetti dello stile di vita, e va posta particolare attenzione a mantenere variata la dieta, con l’uso di cibi crudi e poco lavorati, ricchi di fibre e di acqua. Il fabbisogno di tutti i nutrienti è sovrapponibile a quello dell’adulto, con l’eccezione del calcio, per il quale vi è indicazione (negli onnivori) ad un lieve aumento delle richieste. E’ importante poi, come in tutte le età, rispettare anche le altre variabili positive dello stile di vita, quali la pratica di regolare esercizio fisico, l’eliminazione del fumo e dell’alcool, e l’assunzione di abbondanti quantità di liquidi.

4.6 Vegetarismo e sport (o diversa intensa attività muscolare)
Per il supporto dell’attività fisica di allenamento e per l’agonismo è fondamentale la scelta di una dieta appropriata, che soddisfi l’elevato fabbisogno energetico e calorico e risponda alle esigenze necessarie per le funzioni vitali, per i processi di termoregolazione, la compensazione delle perdite (sudore, urina, ecc.) e il turnover dei tessuti.
Negli ultimi anni le diete ad elevato contenuto proteico sono state grandemente pubblicizzate per aumentare le prestazioni atletiche. A supporto di questo tipo di diete non esistono molti dati scientifici. Come già spiegato, tali diete favoriscono la comparsa di arteriosclerosi e cardiopatia, e per questo non sono raccomandate dall’American Heart Association.
Diete ad elevato contenuto di carboidrati, basso contenuto di grassi e moderato contenuto di proteine sono indicate per ottenere le migliori performances atletiche. I carboidrati costituiscono infatti la fonte energetica primaria utilizzata durante l’esercizio fisico intenso e prolungato. In assenza di un adeguato apporto calorico fornito dai carboidrati complessi, l’organismo è costretto a utilizzare i grassi di deposito e le proteine tissutali.
La durata dell’esercizio fisico, la sua intensità, il livello di allenamento e la quantità iniziale di carboidrati immagazzinati nel muscolo sotto forma di glicogeno, determinano il fabbisogno energetico dell’organismo dell’atleta. Nella sua dieta, i carboidrati complessi sono il carburante d’eccellenza, mentre le proteine sono necessarie per il rinnovo e l’accrescimento del tessuto muscolare. La presenza o meno di carne nella dieta appare irrilevante per il livello di prestazioni raggiunte dagli atleti. cereali integrali, frutta, verdura costituiscono fonti ideali di carboidrati e proteine, quindi un’alimentazione basata su una varietà di cereali, legumi e verdure è facilmente in grado di fornire tutti gli amminoacidi essenziali e il substrato energetico richiesto dall’organismo dell’atleta. L’elevata assunzione di Antiossidanti è poi in grado di proteggere i tessuti dai danni secondari allo stress ossidativo causato dal pesante esercizio fisico.
Considerato che il grande apporto di carboidrati, indispensabile per l’atleta, è più facilmente ottenibile con questo tipo di alimentazione, le diete vegetariane e vegane ben bilanciate risultano del tutto compatibili con attività sportive anche molto intense e sono addirittura consigliabili per chi pratichi sport di resistenza.
In particolare la dieta vegana è la scelta migliore, perché consente di ottenere il giusto apporto proteico senza lo svantaggio di introdurre grassi animali. Tale dieta è poi in grado di apportare vantaggi a breve e lungo termine per la salute (riduzione della pressione arteriosa, della dislipidemia, del grasso corporeo e degli altri fattori di rischio), garantendo all’individuo di poter continuare a lungo la propria pratica sportiva o lavorativa che essa sia.

4.7 Linee guida per pianificare una dieta vegetariana equilibrata
1. Consumare abbondanti quantità e varietà di cibi vegetali. I cibi vegetali devono essere consumati quotidianamente, in modo variato ed abbondante, ed includono: tutti i tipi di cereali integrali, legumi, verdura, frutta, noci, semi, olii vegetali, alimenti dolci naturali, erbe e spezie. Consumare regolarmente cibi appartenenti a tutti i gruppi di cibi vegetali, in quantità sufficienti a soddisfare il fabbisogno calorico, cotti e crudi, è garanzia di assunzione di tutti i nutrienti (ad eccezione della vitamina B12), fibre, antiossidanti e sostanze fitochimiche, necessari affinché la dieta possa definirsi equilibrata.
2. Privilegiare cibi vegetali non raffinati o poco trasformati. Vanno privilegiati questi cibi, poco lavorati e quindi ricchi di nutrienti essenziali (vitamine, minerali) e fibre, piuttosto che cibi raffinati e trasformati che molto spesso apportano molte calorie e pochi nutrienti. Possono fare eccezione alcuni alimenti di lavorazione industriale, che vengono “arricchiti” con vitamine e minerali (vitamina B12, calcio).
3. Il consumo di Latte ed uova è facoltativo Vale a dire che una dieta vegetariana deve limitare (od abolire) i cibi animali indiretti, che non solo non sono necessari per ottenere l’adeguatezza nutrizionale della dieta, ma possono condurre a situazioni di “eccesso” collocando i lacto-ovo-vegetariani nelle stesse fasce di rischio degli onnivori. In sostanza, il problema delle diete lacto-ovo-vegetariane può essere quello di essere poco variate (penalizzando l’assunzione di cibi vegetali), di comportare un’eccessiva assunzione di grassi e proteine animali e risultare quindi nutrizionalmente non adeguate. Per contro, l’adeguatezza Nutrizionale di una dieta vegana si realizza solo con l’integrazione della vitamina B12 e la regolare assunzione, tramite gli alimenti, di calcio, ed acido alfa-linolenico.


Informazioni reperibili sul sito della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana: www.scienzavegetariana.it.

«Il genitore di un bambino vegetariano deve prestare attenzione ad una adeguata assunzione di vitamina D che, essendo (al pari della B12) presente solo nei cibi di derivazione animale, può risultare carente soprattutto per i bambini vegan che, nei primi 2-3 anni di vita, possono coprire il fabbisogno con assunzioni frequenti di latte materno (a condizione che la madre assuma a sua volta quantità di vit. D adeguate) o adattato. La vit. D, la cui funzione è quella di favorire l’assorbimento del calcio, evitando il rischio del rachitismo, viene sintetizzata a livello cutaneo per azione dei raggi ultravioletti su un precursore del colesterolo; quindi il fabbisogno alimentare di vit. D dipende dalla quantità dell’esposizione alla luce solare. L’adeguata esposizione dei lattanti alla luce solare di pelle bianca è di 30 minuti alla settimana, se nudi, di 2-3 ore alla settimana, se vestiti col capo scoperto. L’attuale uso di somministrare vitamina D, quotidianamente, per tutto il primo anno di vita a tutti i lattanti allattati al seno può essere rischioso nel favorire l’insorgenza dell’ipercalcemia idiopatica nel lattante: infatti, la vit. D, insieme alla A, E, K, vitamine liposolubili, non vengono eliminate se assunte in eccesso, ma si accumulano creando possibili problemi di sovradosaggio. Pertanto la somministrazione di vit. D è indicata nei bambini di pelle scura allattati al seno, che vivono a latitudini nordiche o le cui mamme si espongono poco al sole, usando abiti lunghi fino ai piedi, lasciando esposto solo il volto (donne di religione islamica). Inoltre il lattosio assunto con il latte è un altro elemento favorente l’assorbimento intestinale di calcio. Pertanto nel bambino latto-ovo-vegetariano il rischio di carenza di tale vitamina è scarso. Il rischio di carenza deve essere preso in considerazione invece nel bambino vegan se allattato da una madre vegan, per cui è opportuna un’adeguata esposizione alla luce o un’integrazione “farmacologica”, per evitare la comparsa di rachitismo segnalato non di rado in letteratura.» L. PROIETTI, Alimentazione vegetariana in età pediatrica: dalla nascita all’adolescenza,p. 50,(in corso di pubblicazione).

Un elenco di integratori vegani è disponibile sul sito di SSNV all’URL www.scienzavegetariana.it/nutrizione/integraB12.html.

GLOSSARIO: Mg = milligrammi; Mcg = microgrammi; Die = al giorno; Pmol/l = picomoli per litro; Dl = decilitri.

Prodotte sulla scorta dei seguenti articoli:
• Posizione dell’American Dietetic Association: Diete vegetariane, “J Am Diet Assoc”, 1997;  www.scienzavegetariana.it/nutrizione/ADA_ital.htm.
• Ann Reed Mangels PHD, RD, FADA; Virginia Messina MPH, RD Considerazioni sulla pianificazione di diete Vegane: Infanti, “J Am Diet Assoc”, 2001; www.scienzavegetariana.it/nutrizione/ADA_infant.html.
• Ann Reed Mangels PHD, RD, FADA; Virginia Messina MPH, RD Considerazioni sulla pianificazione di diete Vegane: Bambini ed Adolescenti, “J Am Diet Assoc”, 2001;  www.scienzavegetariana.it/nutrizione/ADA_children.html.
• Jack Norris, Vitamina B12: ne stai assumendo? www.scienzavegetariana.it/medici/B12reduced.html.
• Brenda Davis, RD, Gli acidi grassi essenziali (EFA) nell’alimentazione vegetariana, Issues in “Vegetarian Dietetics”, 1998;  www.scienzavegetariana.it/medici/acidigrassi.html.

 

 4. Il consumo di una vasta gamma di Grassi Vegetali non è dannoso. I cibi animali indiretti sono ricchi di grassi saturi e colesterolo, mentre i grassi vegetali, provenienti da noci, semi oleaginosi, avocado, olive, soia ed olii vegetali sono ricchi di acidi grassi polinsaturi e monoinsaturi, poveri di grassi saturi e privi di colesterolo. Da quanto abbiamo detto sinora, è chiaro come vada privilegiato il consumo di questi grassi, che può raggiungere anche il 30% delle calorie totali, salvo indicazioni mediche particolari.
 5. Consumare generose quantità di acqua ed altri fluidi. Il consumo di acqua, succhi di frutta e verdura, tisane e tè più volte al giorno permette l’assunzione di vitamine, antiossidanti e sostanze fitochimiche. Il tè verde è presente nella dieta delle popolazioni asiatiche da oltre 5.000 anni, e risulta essere una ricca fonte di antiossidanti, soprattutto flavonoidi.
6. Ricordarsi di porre attenzione anche agli altri fattori responsabili di uno Stile di Vita sano. Come già sottolineato, la dieta costituisce uno dei fattori che determinano un sano stile di vita. Va posta attenzione anche alla pratica di regolare esercizio fisico, alla frequente esposizione alla luce solare, ad adeguato riposo, all’astensione da abitudini voluttuarie nocive quali fumo ed alcool, ed a limitare esposizioni prolungate a stress di qualunque natura.

 

 

 

Principali fonti vegetali di vitamine (le fonti migliori sono indicate per prime):

  • Vitamina A: carote, patate, pomodori, zucche, spinaci, mango, papaia.
  • Vitamina B1 (Tiamina): tutti i cereali specie se integrali, lievito alimentare, legumi, germe di grano, soia, arance, ananas, melone, semi di sesamo e di girasole.
  • Vitamina B2 (Riboflavina): tutti i cereali specie se integrali, alghe, spinaci, patate, funghi, mandorle, banane.
  • Vitamina B6 (Piridossina): tutti i cereali specie se integrali, patate, pomodori, spinaci, avocado, banane, meloni, arance
  • Vitamina B12 (Cianocobalamina): cereali, latte di soia e altri derivati della soia ma solo se arricchiti e alcuni lieviti alimentari specifici. Alcune alghe ne contengono piccole quantità naturalmente.
  • Vitamina C (Acido Ascorbico): papaia, tutti gli agrumi, fragole, broccoli, peperoni, cavolfiore.
  • Vitamina D: è prodotta naturalmente dalla pelle in quantità adeguate con una esposizione giornaliera al sole di braccia e volto per 10-15 minuti. Alcuni latti di soia sono arricchiti di questa vitamina.
  • Vitamina E: patate, mango, avocado, mandorle, nocciole, arachidi, semi di girasole, oli vegetali spremuti a freddo.
  • Vitamina K: presente in abbondanza in tutti i vegetali a foglia verde (in particolare nel cavolo e lattuga).
  • Acido Folico: presente in abbondanza tutti i vegetali (in particolare broccoli, asparagi, legumi, aranci)
  • Acido Pantotenico: presente in abbondanza tutti i vegetali.
  • Biotina: legumi (soia soprattutto), cereali, mandorle, spinaci, funghi.
  • Niacina: tutti i cereali (specie se integrali), funghi, patate, avocado, tempeh, noccioline.

Principali fonti vegetali di minerali (le fonti migliori sono indicate per prime):

  • Calcio: latte di soia fortificato, cavoli, tofu (se preparato con un sale di calcio), rapa, broccoli, acque minerali ad elevato contenuto di calcio, semi di sesamo tostati, fichi secchi, fagioli, ceci.
  • Cromo: tutti i cereali integrali, legumi, patate, peperoni, mele, banane, arance, mirtilli.
  • Ferro: legumi, alghe, tofu (e altri prodotti a base di soia meglio se fermentati), cereali integrali, cavolo e crocifere in genere.
  • Fosforo: tutti i vegetali, cereali, lievito, noci.
  • Iodio: alghe, tutti i vegetali, sale iodato (il sale iodato è la migliore fonte se le alghe non sono gradite e/o se i vegetali consumati sono coltivati in zone montane o altre zone i cui terreni sono poveri di iodio).
  • Magnesio: tofu, tutti i legumi, tutti i cereali, banane, arance, mele, cavolo, frutta secca.
  • Manganese: germe di grano, cereali (specie se integrali), spinaci, tempeh, noci.
  • Molibdeno: legumi e cereali (specie se integrali).
  • Potassio: asparagi, patate, agrumi, avocado, papaia, pomodoro, cavolo, melone, legumi, cereali integrali.
  • Rame: tutti i legumi, tempeh, tahini, noci e frutta secca, orzo.
  • Selenio: cereali (specie se integrali), legumi, funghi, broccoli, cavoli, aglio.
  • Sodio: è contenuto i tutti i vegetali e nel sale da cucina. La carenza è praticamente impossibile.
  • Zinco: germogli di legumi e semi, cereali integrali, legumi (specie i fagioli Azuki), tempeh, muesli, semi e noci.

CAPITOLO QUINTO: CIRCA LA VITAMINA B12

 

5.1 Ciò che ogni vegano dovrebbe sapere sulla vitamina B12
Per riuscire a vincere la dipendenza della nostra società dall'uso degli animali per scopi alimentari, attraverso l'adozione di diete vegane, è di fondamentale importanza che i vegani godano di una salute ottimale. È anche imperativo che i sostenitori del veganismo diano consigli dietetici estremamente responsabili. Secondo l’articolo di Jack Norris “Vitamina B12: ne stai assumendo?” che rappresenta una rassegna di tutta la letteratura scientifica degli ultimi vent’anni sulla Vitamina B12 in rapporto ad una dieta vegana, molti vegani ricominciano a mangiare cibi animali. Sebbene molti vegani affermino di sentirsi meglio, la lamentela più comune che pare provenire dagli ex-vegani è che non si sentivano in salute. È possibile che alcune delle persone che abbandonano il veganismo risentano degli effetti di una carenza di Vitamina B12. Una porzione considerevole di vegani non pensa che una mancanza di B12 nella dieta possa essere responsabile di alcuni dei loro malesseri, perché è stato detto loro che gli uomini necessitano di quantità minime di B12 e che l'organismo è in grado di utilizzarne i depositi per molti anni.
La carenza di vitamina B12 nei paesi industrializzati è rara. Tuttavia, considerando tutti i dati attualmente a disposizione, inclusi gli studi sui vegani, è ormai convinzione diffusa in ambito nutrizionistico che i cibi vegetali non forniscono quantità adeguate di B12. Eppure è ancora comune, da parte d’una frazione dei sostenitori del veganismo, affermare che i cibi vegetali forniscono tutti i nutrienti necessari per uno stato di salute ottimale. Poiché costoro ne sono convinti, molti non si sono mai preoccupati dell'assunzione di vitamina B12, né per se stessi né per le persone alle quali consigliano il veganismo. Di conseguenza alcuni vegani hanno sviluppato i classici sintomi neurologici secondari derivanti da carenza di B12.
L'affermazione comune secondo la quale i vegani che non integrino la loro dieta con vitamina B12 raramente possano svilupparne la carenza potrebbe non essere corretta. La buona notizia è che non solo i vegani possono prevenire questa carenza, ma che è anche possibile per loro mantenere livelli ottimali di B12 nell'organismo, riducendo così il rischio di sviluppare patologie cardiache e cancro, seguendo le raccomandazioni riportate in questo capitolo.

5.2 Impariamo dalla storia
La vitamina B12 è una vitamina eccezionale; è necessaria in quantità inferiori rispetto ad ogni altra vitamina conosciuta, basti pensare che 10 mcg distribuiti lungo la giornata sembrano essere la quantità massima che l'organismo sia in grado di utilizzare. In assenza di ogni fonte alimentare nota, i sintomi della carenza generalmente necessitano di cinque o più anni per svilupparsi negli adulti, sebbene in alcune persone inizino a manifestarsi nel giro di un anno. Un numero molto piccolo di individui senza alcuna fonte alimentare affidabile nota pare non sviluppi i sintomi clinici della carenza prima di vent'anni o più. La B12 è l'unica vitamina che non è fornita in modo affidabile da una dieta variata basata su cibi vegetali con abbondante consumo di frutta e verdura, insieme all'esposizione al sole. Molti mammiferi erbivori, tra cui i bovini e le pecore, assorbono la vitamina B12 prodotta dai batteri a livello di tubo digerente. La vitamina B12 è presente in una certa quantità nel terreno e nelle piante. Questi fatti hanno indotto alcuni vegani a ritenere che la B12 fosse un problema che non richiedeva particolare attenzione, o addirittura una burla complessa. Altri hanno proposto alcuni specifici cibi tra cui la spirulina, l'alga nori, il tempeh, l'orzo, come fonti non animali adeguate di questa vitamina. Queste affermazioni non hanno resistito alla prova del tempo.
In oltre sessant’anni di sperimentazione vegana, solo i cibi fortificati con B12 e i supplementi di B12 si sono dimostrati fonti affidabili di questa vitamina, in grado di garantire condizioni di salute ottimali. E′ molto importante che tutti i vegani si assicurino di garantirsi una assunzione adeguata di B12, ottenendola da cibi fortificati od integratori. Questo è vantaggioso per la salute degli attenti vegetaliani ed aiuta ad attirare altre persone al veganismo attraverso il loro esempio.

 

5.3 Assumere una quantità adeguata di B12
Le quantità raccomandate di vitamina B12 variano notevolmente da paese a paese. In USA sono raccomandati da 2.4 mcg al giorno per gli adulti, fino a 2.8 mcg per le madri che allattano. In Germania sono raccomandati 3 mcg al giorno. Le quantità raccomandate sono generalmente basate su un assimilazione del 50%, come avviene per le piccole quantità ottenute dal cibo. Per raggiungere le dosi raccomandate tedesche è necessario assumere abbastanza B12 per assorbirne 1.5 mcg al giorno in media. Questa quantità dovrebbe essere sufficiente per evitare anche i primi sintomi di carenza di B12, come un modesto aumento dei livelli ematici di omocisteina e MMA (acido metilmalonico), nella maggior parte delle persone. Un aumento anche modesto di omocisteina è associato ad un aumento del rischio di patologie, in particolare di patologie cardiache negli adulti, di preeclampsia durante la gravidanza, e di difetti del tubo neurale nei bambini.
Ottenere un'assunzione adeguata di B12 è semplice e ci sono diversi metodi possibili a seconda delle proprie preferenze. L'assorbimento della B12 varia da circa il 50%, se viene consumato circa 1 mcg, fino a circa lo 0.5% per dosi pari o superiori ai 1000 mcg (1 mg). Di conseguenza, meno frequente è l'assunzione di B12, maggiore è l'apporto totale necessario per ottenere la quantità assorbita desiderata.
Un uso frequente di cibi fortificati con B12, che consenta un'assunzione di circa 1 mcg tre volte al giorno, a distanza di qualche ora, fornisce una quantità adeguata. La disponibilità di cibi fortificati varia a seconda dei paesi, e le quantità di B12 variano da prodotto a prodotto, perciò per assicurarsi una assunzione adeguata di B12 dai cibi fortificati è necessario leggere le etichette, e ragionare su quali e quanti cibi fortificati acquistare, compatibilmente con i propri gusti e con la disponibilità dei prodotti.
Prendere ogni giorno un supplemento di B12 che contenga almeno 10 mcg, consente di assimilare una quantità di questa vitamina analoga a quella assimilabile assumendone 1 mcg tre volte al giorno. Questo può essere il metodo più economico, poiché una singola pastiglia ad alto contenuto di B12 può essere consumata a pezzetti. 2000 mcg, assunti una volta alla settimana, forniscono anch'essi una quantità adeguata. Le pastiglie di B12 devono essere masticate o sciolte in bocca per massimizzarne l'assimilazione e devono essere conservate in un contenitore opaco. Come per ogni supplemento, è prudente non assumerne più di quanto è necessario per il massimo giovamento e si dovrebbe pertanto evitare di assumere più di 5000 mcg alla settimana, nonostante non vi siano prove di tossicità causata da quantità maggiori.
Tutte tre le opzioni sopra elencate dovrebbero soddisfare i bisogni della stragrande maggioranza delle persone con un metabolismo della vitamina B12 normale. Per gli individui con problemi di assimilazione, 2000 mcg alla settimana potrebbero essere più efficaci, dal momento che così facendo non ci si affida al normale  meccanismo di assimilazione dipendente dal “fattore intrinseco”. Ci sono altri problemi metabolici che, sebbene molto rari, richiedono approcci completamente diversi al problema dell'assunzione di B12. Chi ha ragione di sospettare uno di questi problemi dovrebbe richiedere un consiglio medico con sollecitudine.

5.4 L'omocisteina
Quanto detto fin qui non è tutto. La maggior parte dei vegani ha livelli di B12 sufficienti per evitare i sintomi clinici di carenza, tuttavia mostra una ridotta attività degli enzimi correlati con la B12, ciò che porta ad un aumento dei livelli di omocisteina. In tempi recenti sono state raccolte prove convincenti sul fatto che anche un modesto aumento dei livelli di omocisteina porta ad un aumento del rischio di patologie cardiovascolari, ictus e complicazioni durante la gravidanza. I livelli di omocisteina dipendono anche da altri nutrienti, tra cui soprattutto i folati. Le raccomandazioni generali per un aumento dell'assunzione di folati sono finalizzate a ridurre i livelli di omocisteina ed evitare questii rischi. L'assunzione di folati da parte dei vegani è generalmente buona, soprattutto se vengono consumati abbondanti quantità di vegetali verdi. Tuttavia, ripetute osservazioni di livelli elevati di omocisteina nei vegani e, in misura minore, nei vegetariani, dimostrano che l'assunzione di B12 deve essere adeguata, anche per non incorrere in questi rischi evitabili.

5.5 La misurazione dello status di B12
La misurazione dei livelli di B12 ematici è un test notevolmente inaffidabile per i vegani, specialmente per quelli che fanno uso di alghe in qualunque forma. Le alghe e alcuni altri cibi vegetali contengono degli analoghi della vitamina B12 (delle "false" B12), che possono imitare la vera B12 nei test ematici, benché essi interferiscano con il metabolismo della B12. Anche l'emocromo è un test non affidabile, perché alti livelli di folati evitano i sintomi di anemia tipici della carenza di B12, rilevabili tramite questo esame. La misura dell'omocisteinemia è più affidabile, e livelli sotto i 10 mmol/litro sono auspicabili. Il test più specifico per la verifica dello status di B12 è l'acido metilmalonico (MMA). Se questo è nei limiti della norma nel sangue (< 370 nmol/l) o nelle urine (< 4 ug/mg creatinina), l’organismo ha abbastanza B12. Molti medici si basano ancora sui livelli di B12 ematici e sull’emocromo. Questi test non sono sufficienti, specialmente per i vegani.

5.6 Esistono alternative alimentari vegane agli integratori
ed ai cibi fortificati?
Se per una qualunque ragione si sceglie di non usare cibi fortificati od integratori, bisogna prendere atto di avviarsi a compiere un pericoloso esperimento, che molti hanno già tentato con ben poca fortuna. Se si è degli adulti che non stanno allattando al seno, donne che non stanno portando avanti una gravidanza o non la stanno cercando, e si vuole provare delle possibili fonti di B12 che non siano già state dimostrate inefficaci, questo esperimento può essere ragionevole se compiuto con le appropriate precauzioni. In tal caso, per salvaguardare la propria salute, bisognerebbe testare lo status della B12 una volta all'anno. Se l'omocisteina o l'acido metilmalonico sono aumentati anche moderatamente e si intende andare avanti nell'esperimento, la propria salute è in pericolo.
Se si sta allattando al seno un bambino, se si è gravide o si sta cercando di diventarlo, o se si è un adulto che sta valutando la possibilità di compiere questo esperimento su un bambino, bisognerebbe valutare l’ipotesi di desistere: il rischio potrebbe non essere giustificabile.
Tra le supposte fonti di B12, che gli studi sui vegani hanno rivelato essere inadeguate, ci sono i batteri nell'intestino umano, la spirulina, l'alga Nori essiccata, l'orzo, e molte altre alghe. Diversi studi sui vegani crudisti hanno mostrato che questi ultimi non godono di particolare protezione nei confronti della carenza di B12.
Il fatto che talvolta venga rintracciata della B12 in alcuni cibi non è sufficiente per qualificare quel cibo come una fonte affidabile. E' difficile distinguere la vera B12 dai suoi analoghi che possono interferire con il suo metabolismo. Anche se della vera vitamina B12 è presente in un cibo, questa potrebbe essere resa inefficace se degli analoghi sono contemporaneamente presenti nel cibo in quantità comparabili. C'è un solo test affidabile per stabilire l'affidabilità di una fonte di B12: stabilire se essa è in grado di prevenire e correggere sistematicamente le carenze. A chiunque proponga un particolare cibo come fonte di B12, dovrebbe essere richiesto di portare questo tipo di prova.

5.7 Una dieta naturale, sana e nonviolenta
Per essere davvero salutare, una dieta deve essere ideale non solo per alcuni individui isolati, ma deve permettere a tutti i sei miliardi di persone di essere in salute e di convivere con le molte altre specie che vivono sulla Terra. Da questo punto di vista, il naturale adattamento per la maggior parte o forse tutti gli uomini nel mondo moderno è la dieta vegana. Non c'è nulla di naturale nell'orrore dei moderni allevamenti industriali e nel loro tentativo di ridurre soggetti vivi e senzienti a macchine. Scegliendo di usare cibi fortificati o integratori, i vegani assumono vitamina B12 dalla stessa fonte di tutti gli altri animali sul pianeta: i microrganismi, ma senza causare sofferenza a nessun essere senziente e senza causare danni ecologici.
I vegani che usano quantità adeguate di cibi fortificati od integratori hanno una probabilità molto minore di avere carenze di B12, rispetto al consumatore di carne. L'Institute of Medicine, nello stabilire l'assunzione raccomandata di B12, ha specificato in modo molto chiaro che "poiché tra il 10 e il 30 % delle persone anziane potrebbero non essere in grado di assorbire la vitamina B12 naturalmente presente nei cibi, oltre i 50 anni è consigliabile ottenere l'RDA principalmente consumando cibi fortificati od integratori contenenti vitamina B12". I vegani dovrebbero iniziare a seguire questo consiglio circa 50 anni prima, a beneficio di loro stessi e degli animali. La B12 non deve mai essere un problema per i vegani ben informati.

 

 

 

CAPITOLO SESTO:
LECITI QUESITI E RISPETTABILI PERPLESSITA’

 

6.1 Dubbi che possono sorgere ad aspiranti vegani
 o  semplici interessati al tema
Essendo il mondo vegano totalmente sconosciuto ai più, lontano dalle abitudini comuni consolidate in decenni di consumo di carne, e considerato spesso come "strano" o addirittura "ostile", certamente sono tante le domande che nascono nella mente su questo argomento.Possiamo provare a dividerle in 3 categorie:

  • le domande sincere, anche se a volte ingenue, che si pone l'aspirante vegano che intende cambiare il suo stile di vita per contribuire a risolvere i problemi derivanti dall'allevamento intensivo. Chiunque si accosti per la prima volta a tale ideologia riscontrerà molte similitudini fra le proprie curiosità e le questioni proposte: le perplessità iniziali sono comuni ai più.
  • Le domande “assurde”. Possono essere fatte in buona fede o meno, ma alle orecchie di chi è già vegano da tempo suonano così prive di senso da risultare disarmanti. Parere dei veterani del settore è che se sono fatte in cattiva fede, a volte non vale nemmeno la pena di rispondere, ma se fatte in buona fede, occorre fornire una risposta. Cercheremo qui di porne degli esempi.
  • Le domande provocatorie. Queste sono le domande che i vegani si sentono fare in continuazione. Anche in questo caso le domande sono sempre le stesse, anche se chi le pone pensa sempre di essere così originale da cogliere l’interlocutore del caso in fallo. Daremo qui delle risposte, per solidarietà verso la pazienza a cui ogni vegetaliano deve far ricorso  quando qualche carnivoro convinto avrà voglia di stuzzicarlo. Le domande fatte dagli onnivori più amichevoli, che non vogliono mettere in difficoltà ma sono animati da un reale desiderio di conoscere, sono esattamente le stesse che abbiamo definito “sincere”. In realtà, tra queste domande provocatorie potreste trovare anche dei dubbi di un aspirante vegetariano che cerca scuse per convincersi che smettere di mangiare carne è assurdo; per continuare insomma a svolgere la propria vita di sempre.

Il primo scopo di queste FAQ è quello di fornire delle risposte credibili e documentate alle più frequenti critiche che vengono rivolte al veganismo e al vegetarismo. La lettura attenta del testo dimostra che gran parte di queste critiche sono il frutto di convinzioni e opinioni prive di fondamento scientifico e che l'alimentazione vegan e vegetariana correttamente bilanciata è non solo possibile, ma anche consigliabile.
Il secondo obiettivo del capitolo è quello di fornire nel contempo e in maniera sintetica alcuni consigli fondamentali su come eventualmente organizzare un'alimentazione vegan o vegetariana, ovviamente senza alcuna pretesa di essere esaustivo.

6.2 Faq sull'alimentazione vegan e vegetariana
1) I vegan e i vegetariani sono a rischio di carenza di ferro e zinco?

Ferro e zinco sono due minerali comunemente ritenuti carenti nelle diete vegan e vegetariane. Questa diffusa convinzione è tuttavia in larga misura infondata: sebbene la carne sia una buona fonte di ferro eme, cioè del tipo di ferro meglio assimilabile (al contrario di latte, latticini e uova, che ne contengono poco o nulla) e zinco (presente anche nei latticini e nelle uova) le diete vegan e vegetariane correttamente bilanciate sono in grado di fornire quantità adeguate di questi minerali, come dimostrano numerosi studi. E' invece vero che i vegan e i vegetariani hanno generalmente riserve di ferro (cioè livelli di ferritina) inferiori agli onnivori sebbene i vegetariani non abbiano una maggiore probabilità dei non vegetariani di avere livelli di ferritina sotto i limiti della norma. Ci sono inoltre buone ragioni per ritenere che questo sia più che altro un vantaggio per vegan e vegetariani, o quantomeno che ciò non abbia conseguenze negative. Infatti livelli di ferritina ("riserve" di ferro) più bassi con una sideremia (ferro nel sangue) normale non hanno influenze negative sulla salute, mentre alcuni studi correlano livelli di ferritina elevati con l'aumento dell'incidenza di patologie cardiovascolari e tumori e anche l'elevata assunzione di ferro (e in particolare proprio di ferro eme), è correlata con l'aumento di patologie cardiovascolari e diabete.

V. & M. MESSINA, The Vegetarian Way, Three Rivers Press, NY, USA, 1996.

Ibidem.

La versione originale con tutte le referenze può essere trovata all'URL http://www.veganoutreach.org/health/b12.html oppure ordinata a Vegan Outreach, 211 Indian Drive, Pittsburgh, PA 15238 - USA (e-mail: vegan@veganoutreach.org).

CD ROM “Dalla fabbrica alla forchetta”, a cura di Marina Berati. Sezione “Domande e risposte” a cura di Marco Lorenzi.Cfr.: http://www.saicosamangi.info.

Frequently Asked Questions.

Bibliografia e sitografia usate per la compilazione di queste FAQ:
G. LANGLEY, Vegan Nutrition, , The Vegan Society, UK, 1995.
M & V. MESSINA, The Vegetarian Way, Three Rivers Press, NY, USA, 1996.
M & V. MESSINA, The Dietitian's Guide to Vegetarian Diets, Aspen Publ., USA, 1996.
J. SABATE’, Vegetarian Nutrition, CRC Press, 2001.
http://www.vrg.org; http://www.vegsoc.org; http://www.vegansociety.com; http://www.eatright.com.

 

L'adeguatezza della dieta vegan e vegetariana quanto all'apporto di ferro è dimostrata soprattutto dal fatto che l'incidenza di anemia non differisce tra vegan/vegetariani e onnivori. Il ferro contenuto nei vegetali è meno biodisponibile di quello contenuto nei cibi animali ma l'assunzione nello stesso pasto di cibi ricchi in vitamina C (peperoni, agrumi, kiwi, broccoli, ecc.) e acido citrico (agrumi) consente di rendere il ferro vegetale molto più assimilabile (un bicchiere di succo d'arancia quadruplica l'assimilabilità del ferro contenuto in un pasto).
Considerando che:

  • i vegetariani e in particolare i vegan assumono più ferro sebbene del tipo meno assimilabile, vitamina C e acido citrico rispetto ai non vegetariani;
  • solo il 40% del ferro contenuto nella carne è ferro eme, il resto è non eme come nei vegetali;
  • in caso di riduzione della sideremia l'apparato digerente aumenta la sua capacità di assimilare il ferro non-eme per compensare eventuali carenze,

è chiaro il perché sia facile evitare l'anemia da carenza di ferro nelle diete vegan e vegetariane. Vino rosso, cioccolato, caffè e tè, riducono l'assimilabilità del ferro non eme e pertanto è preferibile assumerli lontano dai pasti. Anche i latticini possono ridurre considerevolmente (tra il 30% e il 50%) l'assimilazione del ferro vegetale, per via del loro alto contenuto di calcio. Il ferro è presente in abbondanti quantità in tutti i legumi, nel cavolo, nei broccoli (e in generale in tutte le crocifere), nei cereali integrali e nella frutta secca. Quanto allo zinco, sebbene le diete vegan e vegetariane possano contenerne meno, esse non aumentano il rischio di carenze anche perché una diminuzione dell'assunzione di zinco fa sì che esso sia assorbito in modo più efficiente durante la digestione. Il calcio diminuisce l'assimilazione anche di questo minerale e pertanto una dieta ricca di latticini può facilitare la carenza di zinco. Buone fonti vegetali di zinco sono i legumi (ceci in particolare), i semi di zucca, il lievito alimentare, il muesli e i cereali integrali.
2) I vegan e i vegetariani sono a rischio di carenza di calcio?
E' essenziale che la propria alimentazione contenga quantità adeguate di calcio (sono generalmente consigliabili 800 mg al giorno) essendo questo minerale fondamentale per la formazione dello scheletro. Esso è abbondante nei latticini ed infatti i vegetariani ne assumono quantità pari o superiori rispetto agli onnivori, escludendo possibili carenze nutrizionali, come dimostra il fatto che i vegetariani hanno una densità ossea pari o superiore rispetto agli onnivori. Per i vegan la questione è più complessa: sebbene diversi studi non rivelino carenze alimentari, altri autori hanno constatato che l'assunzione di calcio nella dieta vegan è al di sotto della dose giornaliera raccomandata.
In realtà il problema non è solo quanto calcio si assume, ma anche quanto calcio viene escreto tramite le urine e le feci, dato che ciò che realmente conta è assumere il calcio necessario a compensare quello che viene eliminato dal corpo e quest'ultimo parametro è, ai fini della salute del proprio scheletro, molto più importante del primo. Infatti un recente studio conclude che, mentre l'attività fisica influenza positivamente la densità ossea, l'assunzione di calcio non la influenza, perfino in soggetti onnivori che consumano soltanto 500 mg di calcio al giorno, durante il periodo di massima importanza per la formazione dello scheletro (12-18 anni). Le proteine animali e i cibi che le contengono possono aumentare notevolmente la quantità di calcio eliminato dal proprio corpo, mentre le proteine vegetali (in particolare quelle dei legumi) contribuiscono notevolmente meno a questo fenomeno. Di conseguenza, sebbene i vegan possano assumere meno calcio degli onnivori, il loro bisogno di questo minerale è probabilmente minore a causa della minore quantità escreta dal loro corpo. Sebbene questa tesi non sia ancora stata definitivamente dimostrata e siano ancora necessari altri studi, diverse ricerche epidemiologiche mostrano che l'osteoporosi e le fratture ossee sono più comuni tra le popolazioni che consumano molti latticini e altri alimenti animali rispetto alle popolazioni che al contrario consumano pochi latticini (naturalmente questo non prova che i latticini siano causa dell'aumentata incidenza di osteoporosi). Altri studi rilevano che una alimentazione ricca di frutta e verdura è associata ad una maggiore densità ossea. Quanto alla biodisponibilità del calcio contenuto nei vegetali bisogna dire che essa è piuttosto variabile a seconda dei cibi ed è generalmente minore nei legumi e maggiore nelle crocifere (cavolo, cavolfiore, ecc.) il cui calcio è anche più assimilabile di quello del latte di vacca. Il calcio nel latte di soia fortificato ha una biodisponibilità inferiore del 25% rispetto a quello contenuto nel latte, ma questo tipo di latte vegetale rimane comunque un'ottima fonte di questo minerale. Il calcio è abbondantemente presente anche negli spinaci, bietole e rabarbaro, ma ha una biodisponibilità molto bassa. Un altro fattore che influenza notevolmente l'escrezione di calcio è il sodio. Più sodio si assume nei cibi, più calcio viene espulso dall'organismo ed è pertanto essenziale ridurre il sale da tavola (cloruro di sodio) e i cibi che contengono abbondanti quantità di questo minerale (in generale i cibi elaborati, specie di cibi animali e quelli serviti nei fast-food come gli hamburger). Un'alimentazione vegan e vegetariana basata su frutta e verdura fresca, con un ridotto consumo di prodotti confezionati (hamburger di soia, ecc.) e di sale aggiunto ai cibi, contiene sicuramente meno sodio rispetto l'alimentazione onnivora media.
Infine anche il fosforo ha una notevole importanza dato che esso dovrebbe essere presente nell'alimentazione in quantità pari al calcio e l’eccesso di fosforo può causare problemi allo scheletro anche se si assumono adeguate quantità di calcio. Sono ancora una volta i cibi animali (soprattutto la carne e il pesce), oltre che le bibite, a contenere la maggior parte del fosforo introdotto con l'alimentazione e quindi una dieta vegan e vegetariana sono preferibili anche da questo punto di vista. In definitiva i vegan dovrebbero semplicemente prestare attenzione a ottimizzare la propria assunzione di calcio, mangiando alimenti vegetali ricchi di questo minerale come tofu del tipo preparato con solfato di calcio, cavolfiore, cavolo, rapa, fagioli, fichi secchi, latte di soia fortificato, tahini, semi di sesamo tostati. Anche la scelta di un’acqua minerale ad alto contenuto di calcio potrebbe essere utile per aumentare l'apporto complessivo di questo minerale, dal momento che numerosi studi rilevano che il calcio dissolto nelle acque è biodisponibile tanto quanto quello presente nei latticini (o addirittura di più), sebbene sia considerevolmente meno concentrato.
3) I vegan e i vegetariani sono a rischio di carenza degli altri minerali?
Secondo numerosi studi epidemiologici le diete vegan e vegetariane non comportano rischi di carenze di minerali.

  • Lo iodio, necessario per il funzionamento della tiroide, è presente in quantità adeguate nei latticini; per i vegan vi possono essere carenze (a causa della variabilità del contenuto di iodio dei vegetali, in funzione del terreno su cui sono coltivati) che sono facilmente prevenibili usando sale iodato o introducendo nella propria dieta moderate quantità di alghe, ricchissime di questo minerale.
  • Il selenio è un antiossidante contenuto sia negli alimenti vegetali che in quelli animali. Negli alimenti vegetali, il contenuto di questo minerale è variabile come quello dello iodio e può essere carente nell'alimentazione dei vegan di alcuni paesi dell’Europa del nord. Diversi studi non hanno rilevato carenze per vegan e vegetariani.
  • Il rame è contenuto in molti vegetali e la sua carenza è molto rara. I vegetariani e soprattutto i vegan ne assumono quantità maggiori che gli onnivori.
  • Il magnesio è importante per il funzionamento di numerosi enzimi e per il tessuto osseo. I vegetariani e soprattutto i vegan ne assumono più degli onnivori essendo questo minerale presente soprattutto nei cereali integrali.
  • Il fosforo è essenziale per la formazione dello scheletro e deve essere presente nella dieta in quantità pari al calcio, ma i consumatori di carne e di bibite tendono ad assumerne troppo con conseguenze negative per le ossa. Vegan e vegetariani ne assumono quantità adeguate e non eccessive, diversamente da quanto spesso avviene per gli onnivori.
  • Il potassio è importante per mantenere bassa la pressione sanguigna e per la salute delle ossa. Frutta e verdura ne sono particolarmente ricchi e infatti i vegan e i vegetariani ne consumano quantità adeguate e superiori a quelle degli onnivori, ciò che spiega in parte la minore incidenza di ipertensione.
  • Cromo, manganese e molibdeno sono oligoelementi con diverse funzioni (non tutte note) nel nostro organismo. L’apporto di questi minerali nelle diete vegan e vegetariane è adeguato essendo contenuti abbondantemente nei cibi vegetali.

4) I vegan e i vegetariani sono a rischio di carenza di proteine? Le proteine animali sono indispensabili?
E' una credenza tanto diffusa quanto infondata che le proteine animali siano indispensabili o migliori di quelle vegetali e che quindi i vegan e i vegetariani siano a rischio di carenze proteiche.
Gli studi epidemiologici e sperimentali su esseri umani hanno ampiamente dimostrato che una dieta vegan e vegetariana è perfettamente in grado di coprire il fabbisogno proteico di qualunque persona, anche di chi pratica sport o compie lavori pesanti, come è dimostrato dalla popolazione rurale cinese che pur consumando quantità minime di carne o pesce (e quindi ricavando le proteine quasi esclusivamente dai vegetali) è tranquillamente in grado di svolgere i lavori agricoli (si tenga anche presente che l’agricoltura cinese è meno meccanizzata di quella dei paesi occidentali e dunque necessita maggiori sforzi fisici).
Spesso si sente affermare che le proteine animali sono proteine “nobili” diversamente da quelle contenute dei vegetali. In realtà, questa affermazione ha ben poca rilevanza. Infatti le proteine sono costituite da amminoacidi alcuni dei quali possono essere sintetizzati dall’organismo umano mentre quelli “essenziali” devono necessariamente essere introdotti con l'alimentazione. Le proteine contenute nei cibi animali contengono da sole tutti questi amminoacidi nelle giuste proporzioni (quindi per i vegetariani il problema non si pone neppure), mentre è necessario assumere diversi cibi vegetali per ottenere le giuste proporzioni di questi amminoacidi. Tuttavia, non bisogna affatto credere che la necessità di combinare diversi cibi vegetali sia uno svantaggio o che sia comunque più complicato, dato che in un'alimentazione vegan corretta ciò avviene automaticamente senza bisogno di particolari accorgimenti. Chiunque mangi nell’arco della giornata dei cereali (pane, pasta, riso, ecc.) e, nello stesso pasto o in pasti diversi, dei legumi (come i fagioli, le lenticchie, i ceci, ecc.) ottiene tutti gli amminoacidi necessari nelle giuste quantità e proporzioni. Infatti, i legumi sono carenti in metionina e cisteina, amminoacidi abbondanti invece nei cereali, mentre i cereali sono carenti in lisina e treonina, abbondanti invece nei legumi. Il consumo di legumi e cereali nell’arco della giornata e non necessariamente nello stesso pasto, consente di ottenere tutti gli amminoacidi indispensabili nelle giuste quantità. In sintesi è il corretto apporto di amminoacidi ad essere indispensabile, e l'alimentazione vegan soddisfa pienamente questa esigenza se l’apporto calorico complessivo è adeguato. La soia è l’unico legume in grado di fornire da solo, senza essere associato ai cereali, tutti gli amminoacidi necessari nelle giuste proporzioni. I vegetariani che mangiano latticini e uova assumono ovviamente le stesse proteine animali della carne.
Il vantaggio di ricavare le proteine dai vegetali anziché dai cibi animali è che, così facendo, si può soddisfare i propri bisogni alimentari senza introdurre colesterolo e grassi saturi, notoriamente deleteri per la salute e inevitabilmente presenti in tutti i cibi animali. Inoltre le proteine animali, a differenza di quelle vegetali, aumentano considerevolmente l'escrezione di calcio e di conseguenza il rischio di osteoporosi. Secondo alcuni studi il consumo di queste proteine aumenterebbe anche il rischio di contrarre patologie cardiovascolari e il diabete  anche per bambini .
Un adeguato apporto di proteine, specie di origine vegetale è però essenziale per la salute dello scheletro e le diete fortemente ipoproteiche, cioè a bassissimo contenuto di proteine, indipendentemente dalla loro origine, sono da sconsigliare anche per i loro effetti negativi sullo scheletro .
Val la pena di ricordare che la convinzione per cui le proteine vegetali sarebbero da sole inadeguate a soddisfare i bisogni proteici dell’uomo deriva dalle solite fuorvianti conclusioni delle ricerche sperimentali compiute su animali, ricerche che hanno ampiamente dimostrato di essere notevolmente inaffidabili oltre che prive di fondamento scientifico.
5) I vegan e i vegetariani sono a rischio di carenze vitaminiche?
La dieta vegetariana è in grado di fornire tutte le vitamine necessarie in quantità adeguate senza alcun problema; la dieta vegan è anch’essa tranquillamente in grado di soddisfare le esigenze nutrizionali per quanto concerne tutte le vitamine, tranne per la ormai nota B12.
La vitamina A è essenziale per la vista, la crescita ossea e il sistema immunitario. Essa è contenuta nei prodotti animali ed in forma di pro-vitamina A (cioè di carotenoidi) è soprattutto presente nella frutta e nella verdura, specie nelle varietà di colore giallo-arancione. I carotenoidi che costituiscono la pro-vitamina A vengono convertiti dall’organismo in vitamina A e pertanto i vegan e vegetariani ne assumono quantità adeguate. Inoltre il vantaggio di assumere la vitamina A in forma di carotenoidi è che questi ultimi hanno un importante effetto antiossidante e quindi protettivo, a differenza della vitamina A contenuta nei prodotti animali.
La vitamina B1 (tiamina) è essenziale per la conversione dei carboidrati in energia e le diete vegan e vegetariane ne contengono notevoli quantità essendo essenzialmente presente nei cereali integrali.
La vitamina B2 (riboflavina) ha numerose funzioni essendo connessa col funzionamento di molti enzimi del corpo umano. E' presente soprattutto nei cibi animali, ma anche in molti vegetali (cereali integrali, broccoli, funghi, piselli). I vegetariani ne assumono quantità analoghe agli onnivori; i vegan ne assumono quantità inferiori ma comunque sufficienti anche considerato che l’RDA (quantità giornaliera raccomandata) stabilita per questo nutriente appare troppo elevata.
La vitamina B3 (niacina) è necessaria per la prevenzione della pellagra ed è contenuta nei cereali, specie quelli integrali. I vegan e i vegetariani ne assumono quantità largamente sufficienti.
La vitamina B6 è importante il metabolismo delle proteine ed è contenuta soprattutto nei cereali specialmente se integrali. La sua carenza è rara e tanto i vegetariani  quanto i vegan (specie questi ultimi) non hanno problemi di carenze.
L’acido folico è necessario per il metabolismo delle proteine e per la divisione cellulare ed è abbondantemente contenuto nei vegetali (broccoli, asparagi, arance, legumi, ecc.). L’assunzione di acido folico nei vegetariani (e ancor più nei vegan) è perfettamente adeguata e superiore a quello degli onnivori.
La biotina è contenuta nei cereali, nella soia, nei pomodori, nelle arachidi e nel lievito di birra; è presente solo in piccole quantità nella carne. Vegan e vegetariani ne consumano quantità adeguate, probabilmente più degli onnivori.
La vitamina C è un potente antiossidante, è necessaria a mantenere un sistema immunitario efficiente e a prevenire lo scorbuto. E' contenuta quasi esclusivamente nei vegetali, in particolar modo nella frutta. Vegetariani e vegan ne assumono quantità largamente superiori rispetto agli onnivori.
La vitamina D ha numerose funzioni (soprattutto per i tessuti ossei) ed è sintetizzata dal nostro corpo in presenza di luce solare (basta una esposizione al sole della faccia e delle mani per 10-15 minuti 2-3 volte la settimana). In mancanza di un’adeguata esposizione al sole, che è di gran lunga il più importante fattore che determina la presenza di questa vitamina nel sangue,  i vegan devono introdurla nella dieta tramite alimenti vegetali fortificati (p.e. latte di soia o alcune margarine) mentre i vegetariani, per mezzo dei i latticini. Quanto al latte e ai suoi derivati, il loro contenuto di vitamina D dipende solo dall’aggiunta di questa vitamina in forma sintetica nei mangimi dati alle vacche  Senza questa integrazione i latticini conterrebbero quantità irrilevanti di vitamina D. Pertanto si può concludere che i prodotti vegetali (p.e. latte di soia) arricchiti non hanno nulla di meno “naturale” del latticini dal momento che in entrambi i casi la vitamina D3 è sintetica e aggiunta appositamente. La vitamina D viene accumulata nell’organismo e quindi quella prodotta durante i mesi estivi può essere sufficiente anche per il periodo invernale, sebbene sia possibile che anche chi vive in Italia o in paesi con latitudini e climi analoghi, durante i mesi invernali possa avere livelli ematici di questa vitamina non ottimali o insufficienti per minimizzare il rischio di osteoporosi. E' importante notare anche che le persone anziane e di colore sintetizzano meno efficacemente questa vitamina e che le creme solari ad alto livello di protezione, bloccando gli ultravioletti, impediscono la sintesi della vitamina D. Del resto anche gli onnivori che si espongono raramente alla luce solare (p.e. per ragioni climatiche) possono incorrere in carenze di questa vitamina.
La vitamina E è un potente antiossidante che previene l’azione dei radicali liberi e quindi l’invecchiamento ed è contenuta negli oli vegetali (ma non nei grassi animali), nelle patate dolci, nel cavolo, nelle nocciole e altri vegetali. I vegan e i vegetariani assumono più vitamina E degli onnivori e quindi non si pongono problemi di carenze.
La vitamina K ha diverse funzioni nel nostro organismo e la principale è la regolazione della sintesi di alcuni fattori della coagulazione del sangue. Le carenze (che aumentano il rischio di emorragie) sono molto improbabili sia per gli onnivori che per vegan e vegetariani essendo presente in notevoli quantità nei vegetali a foglia verde (una porzione di cavolo verde fornisce oltre 5 volte l'RDA)  ed è sintetizzata dai batteri dell'intestino.
La carnitina, talvolta chiamata vitamina BT, non deve necessariamente essere introdotta con la dieta dato che è prodotta in quantità adeguate dal nostro fegato. Non è contenuta nei vegetali, tuttavia sia i vegetariani sia i vegan hanno adeguati livelli ematici di questa sostanza.
La vitamina B12 nel nostro corpo ha diverse funzioni legate alla divisione cellulare ed è l’unica vitamina generalmente carente in una dieta vegan, pur essendone necessaria una quantità bassissima (1-2 microgrammi al giorno). Le fonti di questa vitamina sono solo animali (i vegetali ne possono contenere delle tracce, in genere non sufficienti) e pertanto i vegetariani che includono uova e/o latte e derivati non hanno problemi di carenza se assumono abbondanti quantità di prodotti animali, quantità che potrebbero però risultare dannose per quanto concerne la prevenzione delle patologie degenerative correlate al consumo di cibi animali. I sintomi di una carenza di questa vitamina sono, vertigini, difficoltà di concentrazione, formicolii, problemi della memoria, debolezza, anemia perniciosa (caratterizzata dalla formazione di globuli rossi di dimensioni anormali che tuttavia nei vegan si manifesta in genere solo dopo l’insorgere dei sintomi neurologici). Per via delle scorte che ha il nostro organismo, la carenza di questa vitamina può manifestarsi non prima di un anno (ma anche dopo 20 anni) di dieta del tutto priva di B12. I prodotti vegetali fermentati (p.e. il tempeh) che si ritenevano contenere abbondanti quantità di questa vitamina, in realtà contengono solo degli analoghi che non svolgono la loro funzione nel nostro organismo. Alcune alghe possono contenere piccole tracce di questa vitamina, ma non sono una fonte affidabile. La soluzione al problema è comunque assai semplice. Basta far uso di specifici lieviti alimentari contenenti B12 (difficilmente reperibili in Italia), di prodotti alimentari fortificati (come latte di soia, cereali, hamburger vegetariani, ecc.) oppure integratori alimentari che non siano di origine animale e non siano registrati come farmaci (che mi permetto di ricordare siano tutti sempre testati su animali per legge).

6) Il fatto che l'alimentazione vegan sia carente di vitamina B12 e, secondo i suoi detrattori, di altri nutrienti, significa che essa non è una dieta naturale?
Questa domanda (per nulla peregrina) necessita di una risposta su due piani diversi. Sul piano puramente fattuale, l'osservazione che attualmente la B12 sia praticamente assente in una dieta vegan non integrata non significa che tale alimentazione non sia naturale, ma piuttosto che i cibi che mangiamo oggi sono diversi (cioè hanno una composizione differente) rispetto agli stessi cibi che mangiavano i nostri antenati. Un tempo la B12 era molto più diffusa a causa della minore igiene delle acque e del cibo che contenevano maggiori residui microbici e per esempio in passato il Tempeh preparato artigianalmente era una buona fonte di questa vitamina. Perciò, in passato un'alimentazione vegan sarebbe stata probabilmente adeguata anche quanto alla B12. Inoltre lo studio dei mezzi che il nostro corpo usa per ottimizzare e conservare e le nostre riserve di questa vitamina dimostra che anche l'alimentazione dei nostri progenitori ne conteneva quantità piuttosto modeste .
Ad ogni modo, mangiare del lievito (contenente cobalamina) ogni tanto non è affatto "innaturale", non più di quanto lo sia mangiare del seitan o della pasta al pomodoro. Per quanto riguarda gli altri nutrienti, abbiamo già visto che una dieta vegan equilibrata non comporta particolari rischi carenziali.
Se può essere vero che con una dieta vegan siano più comuni alcuni errori nelle abitudini alimentari che portino a carenze di alcuni nutrienti, lo stesso si può dire per una alimentazione onnivora, ovviamente per quanto riguarda nutrienti diversi. Infatti, se un’alimentazione vegan non corretta può portare a carenze di alcuni minerali e vitamine, l’alimentazione onnivora spesso comporta carenze di folati, fibre e sostanze antiossidanti contenute solo nei vegetali. Secondo alcuni autori infatti, le patologie causate dall’alimentazione dei paesi industrializzati non sarebbero solo patologie causate dal eccessivo consumo di certe sostanze (p.e. colesterolo, grassi saturi, ecc.) contenuti nei cibi animali, ma sarebbero anche patologie carenziali, cioè dovute alla carenza di alcune sostanze presenti solo nei vegetali, alcune delle quali note, altre addirittura sconosciute almeno per quanto riguarda i loro effetti biologici nell’organismo umano.
Sul piano etico, la scelta vegan ha implicazioni molto importanti e sotto questo aspetto è del tutto irrilevante lo stabilire se un’azione sia o meno “naturale” (lo stupro, l'omicidio e la violenza, cioè le conseguenze della legge della giungla, sono quanto di più naturale e meno moralmente giustificabile esista). Rifiutare un comportamento apparentemente innaturale che gioverebbe agli animali non umani e accettare altri comportamenti più o meno innaturali che gioverebbero ai propri simili (p.e. trattenersi dall'uccidere per il proprio vantaggio) è specista e quindi arbitrariamente discriminatorio. Qualunque cosa si voglia pensare a proposito della naturalità della dieta vegan, è un fatto che mangiare prodotti animali significhi contribuire a causare un’immane quantità di sofferenza in miliardi di esseri senzienti (e non so fino a che punto tale afflizione possa essere giustificata dal semplice "vantaggio" di alcuni di non dover utilizzare prodotti fortificati o supplementi).
7) Se diventassimo tutti vegan ci sarebbe abbastanza terra per coltivare i vegetali necessari a soddisfare le esigenze alimentari dell'umanità?
Certamente sì. Anzi, ci sarebbe molta più terra a disposizione se i vegan e i vegetariani aumentassero di numero. La spiegazione di questo apparente paradosso sta nel fatto che la produzione di carne e altri prodotti animali necessita di quantità molto elevate di prodotti vegetali da destinare all'alimentazione degli animali allevati, mentre se tali prodotti vegetali fossero direttamente destinati al consumo umano, con la stessa quantità di derrate si potrebbero nutrire molte più persone di quelle che è possibile nutrire utilizzando la carne degli animali, ottenuta dalla trasformazione degli alimenti vegetali da parte degli animali stessi. La scelta di un'alimentazione vegetariana, o ancor meglio vegan, può quindi rappresentare un contributo alla soluzione del problema della fame nel mondo. In altre parole, per produrre una bistecca bisogna necessariamente alimentare con del cibo vegetale l’animale che la produrrà. L’animale trasformerà questo cibo in carne (o latte o uova) che poi verrà consumata dall’uomo. Tuttavia, durante questo processo di trasformazione si hanno notevoli perdite di proteine ed energia contenute nei vegetali, dato che parte dei nutrienti vegetali serviranno semplicemente a sostenere il metabolismo degli animali, a produrre tessuti non commestibili (ossa, cartilagini, frattaglie) e in parte andranno persi tramite gli escrementi. Il risultato è che se destinassimo un ettaro di terra all'allevamento bovino otterremmo in un anno 66 Kg di proteine. Destinando lo stesso terreno alla coltivazione della soia otterremmo nello stesso tempo 1848 Kg di proteine, cioè 28 volte di più .
Per quanto riguarda il rendimento energetico, un ettaro coltivato a patate permette di ottenere 102.080 Mj di energia, un ettaro coltivato a riso 87.768 Mj. Invece un ettaro di terreno destinato all'allevamento di manzo permette di ottenere 4.796 Mj di energia mentre lo stesso spazio adibito all'allevamento di pollame permette di ottenerne 7.056.
Questi dati parlano molto chiaro: a parità di ettari di terreno utilizzati la coltivazione di prodotti vegetali consente di alimentare molte più persone dell’allevamento di animali da carne e di conseguenza quante più persone seguono una dieta vegan o vegetariana tanto meno sono le terre necessarie a sfamare l’umanità.
8) E' più ecologicamente sostenibile la produzione di alimenti vegetali o quella di vettovaglie di origine animale?
Non ci sono dubbi: la produzione di vitti vegetali è molto più ecologicamente sostenibile della realizzazione di carne, latte o uova.
La prima ragione risulta evidente dalla lettura della risposta alla domanda precedente: se è necessaria meno terra per sfamare un vegan o un vegetariano rispetto ad un onnivoro, è chiaro che l’impatto ambientale di miliardi di esseri umani che mangiano carne sarà nettamente superiore rispetto ad un’umanità vegan o vegetariana, perché non dovranno essere abbattute le foreste per lasciare spazio ai pascoli e si dovrà utilizzare meno energia sotto forma di combustibili fossili per coltivare i campi (fattore che a sua volta ridurrà l’emissione di gas serra), meno pesticidi e meno fertilizzanti (entrambi prodotti estremamente inquinanti).
Alcuni dati possono confermare quanto sopra: nella foresta dell'Amazzonia l'88% dei terreni disboscati è adibito a pascolo , quasi il 70% delle zone disboscate del Costa Rica e del Panama sono state trasformate in pascoli , a partire dal 1960 oltre un quarto delle foreste del centro America sono state spazzate via per ottenere spazio per gli allevamenti; per ottenere un Kg di farina è necessario utilizzare circa 22 g di petrolio, per produrre un Kg di carne è necessario impiegare 193 g di petrolio: quasi 9 volte tanto, tant’è vero che secondo Ernst U. von Weizäcker del Wuppertal Institute for Climate, Environment and Energy, il contributo all'effetto serra dato dagli allevamenti è circa pari a quello dato dalla totalità del traffico degli autoveicoli nel mondo.


La maggior parte del tofu disponibile in Italia è prodotto con nigari, ma questi tipi di tofu sono una modesta fonte di calcio ed è bene cercare marche che usino come addensante il solfato di calcio.

Si tenga presente che solo la vitamina D2 (ergocalciferolo) addizionata ai cibi è sicuramente vegan. La vitamina D3 (colecalciferolo) può essere di derivazione animale.

Questa risposta e la successiva sono basate sull’articolo “Ecologia ed alimentazione vegetariana”, L’idea vegetariana n.114, 1998, pp. 12-16.

 

In Italia vengono prodotti annualmente circa cento milioni di quintali di deiezioni animali. Esse sono caratterizzate da un basso contenuto di sostanza secca e da un alto contenuto di metalli pesanti, quali zinco e rame, che sono somministrati artificialmente agli animali allevati e che possono raggiungere nel terreno concentrazioni notevoli, al limite della fitotossicità; inoltre sono causa di una vera e propria "fecalizzazione ambientale" con i conseguenti rischi di inquinamento microbiologico che una simile concentrazione di deiezioni comporta anche per le falde acquifere, sempre più contaminate da nitrati e nitriti.
Oltre al contenuto organico e al contenuto di metalli pesanti degli escrementi animali esiste il problema dei residui dei farmaci (soprattutto antibiotici ed ormoni).
Un altro grosso problema degli allevamenti e dei terreni coltivati a foraggio è il loro enorme bisogno di acqua. L'acqua potabile viene utilizzata non solo per irrigare le sempre maggiori estensioni di terreno richieste per soddisfare il bisogno di foraggi, ma anche per pulire continuamente le stalle ed i macelli dai residui della macellazione e dagli escrementi oltre che per abbeverare gli animali. Per produrre un grammo di proteine animali è necessario usare in media 15 volte la quantità d'acqua necessaria per produrre un grammo di proteine vegetali e del resto basta pensare che quasi la metà dell'acqua potabile utilizzata ogni anno negli USA è destinata agli allevamenti.
9) I bambini e i neonati devono mangiare carne, uova e latte?
Se correttamente bilanciata, un'alimentazione vegan o vegetariana è perfettamente in grado di coprire i bisogni nutrizionali dei bambini dopo lo svezzamento, fermo restando che prima dello svezzamento è fortemente consigliato l’allattamento al seno e che il latte delle madri vegan e vegetariane è completo dal punto di vista nutrizionale.
Le madri vegan, prima e durante l’allattamento devono prestare particolare attenzione ad assumere quantità adeguata di vitamina D (soprattutto tramite l’esposizione al sole o integratori), B12 (mediante cibi fortificati o integratori) e acidi grassi essenziali (gli omega-3 in particolare, mediante olio di lino), dato che una carenza alimentare nelle madri potrebbe modificare la composizione del loro latte e diminuirne il contenuto di nutrienti essenziali per il lattante.
Anche dopo lo svezzamento le alimentazioni vegan e vegetariana sono adeguate e infatti l’ADA (American Dietetic Association, la più importante associazione americana di specialisti in scienza dell’alimentazione) ha dichiarato nel suo “Position Statement” sulle diete vegetariane  che esse, inclusa la dieta vegan correttamente integrata, offrono tutti i principi nutritivi necessari alla crescita e allo sviluppo del bambino e diversi studi epidemiologici su bambini vegan e vegetariani non macrobiotici lo confermano.
Recentemente, sono stati pubblicati sulla rivista dell’ADA altri due articoli che confermano in pieno l’adeguatezza della dieta vegan correttamente bilanciata per i bambini e i neonati. L’apporto proteico è perfettamente adeguato: le proteine vegetali, contenute specialmente nei legumi, contengono tutti gli amminoacidi necessari  e nelle diete vegetariane che includono latticini e/o uova sono ampiamente presenti le stesse proteine animali contenute nella carne o nel pesce. L’apporto di ferro, zinco ed altri oligoelementi è adeguato in particolare se vengono inclusi nella dieta legumi in abbinamento a fonti di vitamina C (per massimizzare l’assimilazione del ferro), frutta secca e semi (noci, pistacchi, semi di zucca). L’apporto di calcio è adeguato anche nelle diete vegan purché si introducano abbondanti quantità di vegetali ricchi di questo minerale e/o latte di soia o altri prodotti fortificati con calcio. E' essenziale l’esposizione al sole del bambino per almeno 20-30 minuti 2-3 volte alla settimana al fine di garantire una sufficiente produzione di vitamina D. L’apporto di vitamina B12 è adeguato nelle diete vegetariane, ma nelle diete vegan è necessario introdurre degli specifici lieviti alimentari o degli integratori.
Infine, è consigliabile evitare di alimentare i bambini e i neonati con cibi ad alto contenuto di fibre (meglio usare cereali raffinati e semi-raffinati) che riempiono troppo velocemente i loro piccoli stomaci e favorire cibi a maggiore densità energetica e nutrizionale. In conclusione, appurata l’adeguatezza delle diete vegan e vegetariane correttamente bilanciate, vale la pena di sottolineare che un’alimentazione con un ridotto o nullo contenuto di cibi animali comporta numerosi vantaggi a lungo termine per la salute  in particolare in riferimento all’incidenza delle patologie più diffuse nei paesi industrializzati (quali cancro, patologie cardiovascolari, diabete, ecc.).
Per quanto concerne specificatamente l’alimentazione dei bambini, diversi studi rilevano che i neonati alimentati con latte di mucca hanno una maggiore probabilità di ammalarsi di diabete da adulti e che l’arteriosclerosi (e le patologie ad essa correlate) possono essere molto più efficacemente prevenute con una alimentazione a basso contenuto di grassi saturi (quindi essenzialmente animali) fin dall’infanzia. Non si deve credere che tali patologie siano solo proprie dell’individuo adulto: è infatti possibile rilevare la presenza di placche arteriosclerotiche (sviluppatesi in tenera età) anche in ragazzi di 15 anni che han sempre seguito una dieta ricca di prodotti animali; questo dimostra la necessità di iniziare la prevenzione delle patologie cardiovascolari fin dai primi anni di vita. Se consideriamo inoltre che la tipoòogia di sostentamento degli adulti è fortemente condizionata dall’alimentazione seguita nella puerizia, risulta chiara l’importanza della scelta vegetariana a partire dallo svezzamento.
Inoltre, una dieta a basso contenuto di cibi animali minimizza l’esposizione della madre e del bambino a contaminanti chimici sicuramente cancerogeni come la diossina e i PCB (policlorobifenili), molto più concentrati in latte, uova, carne e pesce che nei vegetali. In uno studio americano è risultato che nella maggior parte dei casi il latte delle madri onnivore conteneva 50-100 volte più PCB rispetto al latte delle madri vegetariane.
10) Come devono mangiare i vegan e i vegetariani per non incorrere in carenze? Quali sono le possibili carenze alimentari e come si possono compensare?
Fondamentalmente, tanto i vegan che i vegetariani dovrebbero basare la loro dieta su abbondanti quantità di frutta e verdura fresca (sia cotta che cruda), legumi e cereali integrali o semi-integrali. Seitan, tofu, latti vegetali, hamburger vegetali e comunque tutti i viveri elaborati e confezionati vanno consumati con moderazione limitando al massimo quelli ricchi di sodio e grassi saturi (biscotti, merendine, alcuni hamburger vegetali, ecc.).
I vegetariani non devono seguire particolari regole per avere una alimentazione correttamente bilanciata, ma alcuni consigli più specifici possono essere dati. Innanzi tutto è imperativo non sostituire la carne aumentando l’assunzione di altri cibi animali (latticini e uova): così facendo i benefici per la salute sarebbero scarsi visto che l’assunzione di grassi animali rimarrebbe sostanzialmente inalterata e non verrebbe aumentata significativamente l’assunzione di cibi vegetali, i cui benefici per la salute sono assodati. In secondo luogo è opportuno abbondare con i legumi che forniscono proteine e ferro, abbinandoli nello stesso pasto a cibi ad alto contenuto di vitamina C (come gli agrumi) per massimizzare l’assimilazione del ferro.
Per i vegan, è opportuno seguire qualche regola in più. Come per i vegetariani, è importante mangiare molti legumi abbinati a cibi ad alto contenuto di vitamina C (questo significa semplicemente mangiare frutta alla fine del pasto oppure bere durante o alla fine del pasto dei succhi di agrumi). E' consigliabile includere nella dieta moderate quantità di semi e frutta secca (pistacchi, mandorle, semi di zucca, noci) ricchi di zinco e ferro: in particolare le noci, secondo alcuni studi, sarebbero in grado di ridurre l’incidenza di malattie cardiovascolari. E' anche opportuno ridurre l’assunzione di zucchero e dolciumi. E' infine essenziale introdurre nella propria alimentazione una fonte affidabile di vitamina B12. Qualora la propria dieta non fosse bilanciata correttamente è possibile incorrere in qualche carenza alimentare. Vale la pena di sottolineare che queste carenze, se non trascurate o ignorate, sono facilmente curabili modificando la propria dieta o al limite con degli integratori, diversamente dalle patologie degenerative causate dalla alimentazione carnea, contro le quali la medicina moderna può ancora poco.
Per i vegetariani, l’unica carenza realisticamente ipotizzabile è quella di ferro. In tal caso è opportuno aumentare l’assunzione di legumi, broccoli, cavolo, verza, pane e altri farinacei integrali preferibilmente lievitati con lievito naturale e non chimico. Comunque, per aumentare l’assimilabilità del ferro è necessario consumare nello stesso pasto cibi contenenti questo minerale, cibi ricchi in vitamina C e altri acidi contenuti nella frutta (come l’acido citrico). E' inoltre preferibile evitare di mangiare nello stesso pasto i latticini il cui calcio limita l’assorbimento del ferro, caffè, tè, cioccolato e vino per via del tannino che contengono. Ovviamente sono tutte raccomandazioni da seguire con elasticità.
Per i vegan, le possibili ma infrequenti carenze sono, oltre al ferro, iodio, zinco, calcio, vitamina B12, vitamina D e acidi grassi della famiglia omega-3.
Iodio: Il contenuto di iodio dei vegetali varia molto in funzione della terra in cui sono coltivati ed in genere è sufficiente per le esigenze del nostro corpo. Nel caso vi fossero dubbi è sufficiente acquistare sale iodato al posto del sale normale. Anche le alghe, in particolare la laminaria digitata, la laminaria japonica, la alaria esculenta e la palmaria palmata contengono notevoli quantità di questo minerale: un solo grammo di laminaria digitata secca (comunemente definita “kombu”) ne contiene 3-11 mg, 10-70 volte l’RDA (che è di 150-300 mcg).
Zinco: è sufficiente aumentare l’assunzione di cibi che contengono più zinco (ceci, lenticchie, fagioli Azuki, germe di grano, nocciole, pistacchi, semi di zucca) e diminuire prodotti a base di soia non fermentata per via del loro alto contenuto in fitati che ne inibiscono l’assimilazione. Anche gli altri legumi contengono fitati ma se fatti germogliare essi diminuiscono notevolmente, rendendo i germogli delle ottime fonti di zinco altamente assorbibile. I cereali integrali contengono anch’essi acido fitico ma anche notevolmente più zinco dei cereali raffinati e nel complesso è meglio preferirli a questi ultimi. L’assimilazione dello zinco (e del ferro) nei cereali integrali è notevolmente facilitata se con tali cereali vengono confezionati prodotti lievitati con lievito naturale che riduce la presenza di acido fitico. Inoltre, specie nei casi di carenze e nei vegan da lungo tempo, è molto probabile che i cereali integrali siano preferibili ai cereali raffinati, dato che l’apparato digerente si adatta ad una alimentazione ricca di fitati.
Calcio: siccome la questione del calcio nell’alimentazione vegan non è del tutto chiarita, è opportuno prestare attenzione ad includere nella propria dieta abbondanti quantità di legumi, broccoli, rape, cavolo oppure usare alimenti arricchiti (p.e. alcuni tipi di latte di soia e di riso o alcuni succhi di frutta fortificati). I fichi secchi contengono molto calcio ma sono piuttosto calorici. Alcuni tipi di tofu, quelli preparati con solfato di calcio, sono un’ottima fonte. Un’altra buona fonte di questo minerale sono i semi di sesamo tostati (il calore riduce il loro contenuto di acido fitico che impedisce l’assorbimento del calcio) che possono essere aggiunti un po’ a tutti i piatti, o il tahini. Anche la scelta di un’acqua minerale ad alto contenuto di calcio (che è molto variabile in funzione delle diverse acque) può essere utile per raggiungere la dose consigliata. Per la salute dello scheletro è inoltre fortemente consigliabile ridurre il consumo di sale da cucina.
Vitamina B12: le carenze di B12 sono l’unico reale rischio di un’alimentazione vegan praticata per lungo tempo (non meno di un anno, in genere molto di più) senza integrazione di vitamina B12. Oltre che per gli integratori si può optare anche per i prodotti fortificati (cereali, succhi di frutta, hamburger vegetali).
Vitamina D: La vitamina D è generalmente assente nei prodotti vegetali non fortificati ed è presente in quantità relativamente modeste in alcuni alimenti animali. Latte e latticini contengono vitamina D in quanto essa è appositamente aggiunta ai mangimi delle vacche. Questa vitamina è anche sintetizzata dalla pelle in presenza di luce solare che, almeno durante i mesi estivi e alle nostre latitudini, è sufficiente per garantire una produzione adeguata di questa vitamina anche nei vegan. Durante i mesi invernali se l'esposizione al sole è molto limitata può essere consigliabile un uso moderato di prodotti fortificati o supplementi (un eccesso di assunzione di vitamina D è fortemente tossico).
Omega-3: sebbene alcuni studi  dimostrino che i vegetariani non siano carenti di acidi grassi essenziali, è opportuno che sia vegetariani che, soprattutto, i vegan introducano nella dieta una fonte di acidi grassi della famiglia omega-3. La migliore fonte vegetale di questi grassi è l’olio di lino di cui sono sufficienti un paio di cucchiaini al giorno (da usare rigorosamente crudo, p.e. sull’insalata, e da conservare in frigorifero) per ottenere una quantità più che adeguata di omega-3 (2-3 grammi). Anche i semi di lino ne sono una buona fonte. Noci e prodotti a base di soia non sgrassata (come il latte o il tofu) contengono quantità apprezzabili di questi acidi grassi, ma contengono anche elevate quantità di acidi grassi omega-6 che interferiscono con il loro metabolismo. Per ottimizzare l’utilizzo di questi grassi da parte dell’organismo è anche consigliabile:

  • minimizzare l’assunzione di grassi saturi (sia di origine vegetale che animale) e di grassi idrogenati (molto usati in margarine, dolci confezionati, merendine, gelati, ecc.);
  • limitare l’assunzione di oli ricchi di acidi grassi omega-6 (olio di semi di girasole e di cartamo);
  • preferire oli e cibi ricchi di acidi grassi monoinsaturi (in primis l’olio extravergine d’oliva e l’avocado);
  • limitare l’assunzione complessiva di tutti i grassi.

 

11) E' vero che secondo gli studi scientifici i vegan e i vegetariani hanno una salute migliore rispetto gli onnivori?
I dati epidemiologici ottenuti da una moltitudine di studi scientifici parlano chiaro: i vegetariani  e i vegan  godono di salute migliore rispetto agli onnivori. La dieta che minimizza o elimina completamente i cibi animali è in grado di ridurre considerevolmente l’incidenza di numerose patologie, in particolare delle patologie degenerative che sono le prime cause di morte nei paesi industrializzati e le più difficili da curare (ma anche le più semplici da prevenire minimizzando o escludendo i prodotti animali dalla propria dieta). I vegan e i vegetariani si ammalano considerevolmente meno di tumore, ipertensione, arteriosclerosi, infarto, ictus, diabete, obesità, calcoli e altre patologie.
Come abbiamo visto, questo tipo di alimentazione non comporta rischi di carenze se è seguita con cognizione di causa, ma anche ammesso e non concesso che le diete vegan siano più difficili da bilanciare in maniera corretta (per quelle vegetariane ciò è praticamente escluso) e che quindi sia maggiore il rischio di carenze di certi specifici nutrienti, rimarrebbero comunque ottimi motivi per preferire il veganismo rispetto l’onnivorismo.
Infatti, è evidente che le possibili ma rare carenze di una dieta vegan non correttamente bilanciata possono essere compensate con degli integratori in maniera molto semplice e senza rischi. Al contrario le patologie correlate con il consumo di alimenti animali e prevenibili in larga misura con una alimentazione vegan, sono difficilmente curabili e le terapie farmacologiche e chirurgiche comportano spese, rischi e conseguenze a lungo termine tali dal rendere indubbiamente preferibile l’eventuale (ma non certo necessario) ricorso ad integratori alimentari. In sintesi: meglio un’anemia transitoria curabile con del ferro da assumere per bocca, che un tumore maligno al colon, o un infarto del miocardio che sono tra le prime cause di mortalità nei paesi industrializzati.
Le conclusioni sono evidenti: se ben bilanciate la dieta vegan e vegetariana oltre a non comportare alcun particolare problema carenziale, sono in grado di prevenire molte di quelle malattie che mietono più vittime, causano più sofferenza e comportano maggiori spese sanitarie, nei paesi industrializzati. Sarebbe comunque auspicabile un aumento degli studi epidemiologici sulla salute dei vegan, essendo questi ultimi a tutt’oggi relativamente scarsi.
12) Il latte è un alimento sano, completo e previene l’osteoporosi? Eliminarlo dalla dieta è controproducente?
Si sente spesso ripetere il luogo comune secondo cui il latte sarebbe un alimento “completo” o addirittura indispensabile, sebbene questa sia una affermazione del tutto priva di basi scientifiche. Il latte è privo di numerosi nutrienti indispensabili per l’organismo umano (p.e. la vitamina C e il ferro) e contiene sostanze sconsigliabili in una corretta alimentazione. Volendo rimanere obiettivi non si può dire né che il latte di vacca sia necessario, né che sia da demonizzare come un veleno da evitare assolutamente. Lungi dall’essere indispensabile il latte è un alimento che tuttavia contiene alcuni nutrienti indubbiamente utili, ma che può avere anche effetti dannosi sulla nostra salute. Vediamo il perché: il latte contiene principalmente i seguenti nutrienti potenzialmente utili in una dieta vegan:

  • Calcio: è presente anche nei vegetali in quantità adeguate, se la dieta è correttamente bilanciata. Inoltre in una dieta vegan il fabbisogno di calcio è probabilmente minore rispetto alle diete concernenti proteine animali (confrontabile la domanda n.2).
  • Vitamina D: essa è prodotta in quantità adeguata dalla pelle, se l’esposizione al sole è sufficiente (come da domanda n.5). A proposito di questa vitamina bisogna dire che essa è contenuta in quantità modeste nel latte (circa 0.1 mcg per 100 ml a fronte di una RDA di 2,5 mcg) che certamente non potrebbe essere considerato una fonte sufficiente di vitamina D in assenza di una adeguata esposizione alla luce solare. Inoltre essa sarebbe praticamente assente nel latte di vacca se non venisse aggiunta (in forma sintetica o estratta da altre fonti animali) ai mangimi dati ai bovini che di conseguenza producono latte contenente questa sostanza. Ne si deduce obiettivamente che un latte vegetale addizionato con vitamina D non ha nulla di meno “naturale” del latte vaccino.
  • Vitamina B12: è generalmente assente in una dieta vegan, ma può essere facilmente integrata con supplementi o prodotti fortificati. Alcune marche di latte contengono molti altri nutrienti aggiunti (p.e. gli acidi grassi della serie Omega-3), ma lo stesso vale (o potrebbe valere) per i drink di soia, riso o avena arricchiti (al pari di molteplici altri prodotti vegetali addizionati agevolmente reperibili sul mercato).

Il latte, tuttavia, contiene anche:

  • Lipidi: molti dei grassi del latte sono saturi e, a meno che il latte non sia scremato, il contenuto lipidico è elevato;
  • Lattosio: è causa di problemi gastrointestinali per intolleranti e allergici;
  • Colesterolo: l’ipercolesterolemia è una delle principali cause di patologie cardiovascolari. Sebbene il colesterolo introdotto con la dieta abbia una minore importanza nell’insorgenza dell’ipercolesterolemia rispetto al consumo di grassi saturi, la quantità di colesterolo presente nel latte è comunque potenzialmente dannosa per la salute;
  • Proteine animali: aumentano l'escrezione di calcio con le urine  riducendo o annullando gli eventuali vantaggi d’una sua pur elevata assunzione (risposta n.2).

Non va inoltre dimenticato che:

  • sebbene non sia ancora definitivamente dimostrata, la tesi che il consumo di latte bovino nell’infanzia aumenti la probabilità di contrarre il diabete insulino-dipendente è confermata da diversi studi clinici;
  • come tutti i prodotti animali, il latte contiene una quantità di inquinanti chimici (soprattutto pesticidi, diossina e PCB) decisamente superiore ai prodotti vegetali, dato che gli animali, come degli "accumulatori biologici", concentrano gli inquinanti che assumono nei loro tessuti e quindi anche nel latte;
  • numerosi studi epidemiologici rilevano una chiara correlazione positiva tra il consumo di latticini e il cancro alla prostata, una delle più importati cause di morte per tumore nella popolazione maschile;
  • per quanto riguarda la prevenzione dell’osteoporosi, nonostante quello che viene generalmente creduto, i latticini non hanno un effetto protettivo dimostrato e diversi studi epidemiologici evidenziano che nei paesi in cui il consumo di latticini è maggiore, aumenta anche l’incidenza di osteoporosi  e delle fratture ossee correlate. Ciò può essere detto a maggior ragione per i formaggi, che, oltre ad essere più ricchi di grassi saturi e colesterolo del latte, contengono spesso molto sodio, minerale che aumenta l’escrezione di calcio tramite le urine. Una recente analisi di tutti gli studi ad oggi pubblicati sul rapporto tra il consumo di latticini e l’incidenza di osteoporosi  ha rilevato che nella maggior parte (il 59%) delle pubblicazioni con risultati statisticamente significativi, il consumo di latticini non ha effetti protettivi nei confronti di questa patologia e il 14% ha rilevato che i latticini aumenterebbero addirittura l’incidenza di osteoporosi. Solo per il 29% degli studi il latte e i suoi derivati avrebbe un effetto protettivo. L'abitudine invece di gran lunga più efficace nella prevenzione dell'osteoporosi (e di molte altre patologie) è quella di praticare regolarmente attività fisica. Probabilmente alcuni latticini possono essere preferibili dal punto di vista nutrizionale. Il latte scremato contiene meno grassi saturi e lo yogurt contiene poco lattosio. Ciò tuttavia non toglie che sebbene siano prodotti preferibili ai formaggi e al latte intero essi rimangono comunque quantomeno non necessari nell’alimentazione umana.

In considerazione di quanto fin qui detto è chiaro che non si possa consigliare il consumo di latticini come mezzo di prevenzione dell’osteoporosi, dal momento che nel complesso i dati scientifici non confermano questa tesi. Se a questo aggiungiamo il fatto che il contenuto di grassi saturi, colesterolo ed inquinanti chimici dei latticini comporta indubbiamente dei rischi per la salute, l’unica conclusione che se ne può trarre è che il consumo di tali alimenti non è consigliabile. Il latte di soia addizionato con vitamina D2, calcio e vitamina B12 potrebbe essere un valido sostituto del latte di vacca, ma purtroppo in Italia non è disponibile, al contrario che in altri paesi in cui i vegan sono più numerosi (p.e. in Inghilterra). Esso infatti avrebbe un profilo lipidico notevolmente migliore, non conterrebbe colesterolo ed apporterebbe i nutrienti utili del latte animale oltre ad alcune sostanze in grado di ridurre la colesterolemia e proteggere dai tumori, come gli isoflavoni. E' interessante notare a questo proposito che il latte di soia ha un effetto protettivo specifico contro il cancro alla prostata, mentre il latte vaccino, come già detto, è fortemente sospettato di aumentare l'incidenza proprio di questo tipo di tumore. Infine va ricordato che le bevande vegane prive di supplementi vitaminici e di calcio non devono invece intendersi come un sostituto del latte vaccino, almeno dal punto di vista nutrizionale; dal punto di vista culinario, invece, i latti vegetali sostituiscono egregiamente il latte bovino.
13) L’uovo è un alimento sano e utile nell’alimentazione umana?
Anche nel caso delle uova dobbiamo ripetere in parte quanto detto per il latte: si tratta di un alimento che contiene alcuni nutrienti utili, ma non ne è nel complesso consigliabile il consumo da parte dell’uomo. L’unico nutriente utile nell’alimentazione vegan contenuto in quantità apprezzabili nell’uovo è essenzialmente la vitamina B12. Le uova possono anche contenere vitamina D, acidi grassi della serie omega-3 (se le galline vengono alimentate con mangimi specifici) zinco e ferro, ma questi micronutrienti non sono presenti in genere in quantità rilevanti, specie se consideriamo tali quantità in rapporto al contenuto di grassi, colesterolo, calorie e proteine animali delle uova. L’uovo contiene anche colesterolo e grassi saturi in notevoli quantità, che possono contribuire all’insorgere di patologie cardiovascolari, oltre che proteine animali che aumentano l’escrezione di calcio favorendo l’osteoporosi in mancanza di un elevato apporto di questo minerale. Risulta perciò chiaro che il consumo di uova non può essere consigliato semplicemente sulla base del suo contenuto di vitamina B12. Consumare due o tre uova al giorno garantirebbe l’apporto necessario di vitamina B12, ma comporterebbe l’introduzione di quantità notevoli di grassi saturi, colesterolo e proteine animali, sostanze per nulla salubri e comunque non necessarie. I prodotti fortificati possono fornire un apporto adeguato di questa vitamina, senza introdurre nella dieta grassi saturi o colesterolo. Si ricordi infine che le uova, in particolare crude e durante il periodo estivo, sono tra i principali veicoli di salmonella mentre i prodotti vegetali sono generalmente molto più sicuri dal punto di vista microbiologico.
14) Quanti ritengano che il peso della rinuncia a mangiare carne o altri prodotti animali non valga i benefici per la propria salute, perché dovrebbero diventare comunque vegan o vegetariani?
Esiste un’altra ottima ragione (probabilmente quella più importante di tutte) per essere vegetariani o ancor meglio vegan, a prescindere dai benefici per la propria salute e per l’ambiente. Forse non tutti si rendono conto che la produzione di carne, latte e uova significa per miliardi di animali una esistenza fatta solo di sofferenze che somiglia molto più ad una lunga morte che ad una seppur breve vita. La carne che gli uomini mangiano deriva da animali cresciuti in allevamenti, rinchiusi in ambienti incompatibili con le loro esigenze fisiologiche, privati di qualunque libertà di movimento, alimentati al solo fine di produrre il massimo nel più breve tempo possibile e infine uccisi sistematicamente e senza pietà in quelle macabre “catene di smontaggio” che sono i moderni macelli. Anche se in genere i consumatori di carne razionalizzano le loro abitudini alimentari adducendo vari pretesti per convincere sé e gli altri che ciò che fanno è giusto, essi si rendono conto che la carne nei propri piatti deriva dall’uccisione di animali. Pertanto il problema consiste semplicemente nel diventare consapevoli che uccidere è sbagliato, a prescindere dalla specie a cui appartiene la vittima.
Nel caso dei latticini e delle uova, invece il problema principale è che la maggior parte delle persone, inclusi moltissimi vegetariani, è convinta a torto che il consumo di questi prodotti non comporta né sofferenza, né tantomeno morte per gli animali allevati. In realtà il consumo di latticini è inevitabilmente la causa delle sofferenze e della morte di un enorme numero di animali che solo una scelta vegan può salvare. Il perché è lungi dall'essere intuitivo, ma è presto spiegato. Il latte viene prodotto da vacche allevate senza tenere conto dei loro minimi bisogni etologici, inseminate artificialmente e geneticamente selezionate per produrne quanto più possibile, sebbene questo induca negli animali delle tare genetiche che sono causa di sofferenze per tutta la loro vita. I vitelli vengono strappati dalla nascita alle loro madri, rinchiusi in stretti box nei quali vengono alimentati con una dieta innaturale per renderli anemici e far sì che la loro carne rimanga bianca e tenera come vogliono i consumatori e, infine, vengono mandati al macello. Se non fossero ingravidate e quindi non mettessero al mondo i vitelli destinati al macello, le vacche non produrrebbero latte, il cui consumo causa queste immani sofferenze che possiamo evitare solo diventando vegan. E' importante sottolineare che, oltre ai vitelli, anche le vacche da latte vengono sempre macellate per produrre carne al termine della loro vita produttiva (molto più breve della loro vita naturale). Basti pensare che oltre la metà della carne consumata in Italia deriva proprio da bovini da latte che vengono allevati in quanto ci sono consumatori di latticini. Purtroppo non ci sono soluzioni: nessuna vacca produce latte senza partorire i vitelli e questi ultimi, se maschi, sono redditizi solo se trasformati in carne, mentre se sono femmine oltre che in hamburger sono trasformate in macchine per la produzione di latte. Se una persona ritiene di doversi impegnare per minimizzare la sofferenza inferta agli animali per causa sua, deve rendersi conto della necessità morale del veganismo, fermo restando la possibilità e l'opportunità dal punto di vista nutrizionale di una alimentazione priva di prodotti animali.
Le uova sono prodotte in sterminati “lager di galline”: gli allevamenti intensivi nei quali, per massimizzare la produzione, le galline sono allevate per tutta la loro breve vita in gabbie che lasciano ad ogni animale uno spazio di 450 centimetri quadrati, cioè meno di un di un foglio di carta A4. Le galline “così fortunate” da non morire per le malattie, lo stress o per le mutilazioni, vengono macellate per diventare carne di seconda scelta, non appena la loro produttività diminuisce sotto un livello fissato dall’allevatore. A parte le condizioni infernali di allevamento delle galline, il vero problema del consumo di uova è a monte ed è ineliminabile. Vediamo il perché. Parte dei pulcini che nascono negli allevamenti, dopo aver tagliato loro il becco per evitare che da adulti si uccidano per lo stress indotto dal sovraffollamento delle gabbie, va a sostituire le galline improduttive che sono già state macellate. In parte vengono invece direttamente triturati vivi e smaltiti come rifiuti, mentre fino a poco tempo fa, prima dell’epidemia di BSE, erano usati come mangime per altri animali. Anche ammesso che un allevamento rifiutasse di macellare i pulcini maschi e le galline vecchie, prima o poi i pulcini maschi (praticamente privi di valore economico) fatti nascere insieme ai pulcini femmina necessari a sostituire le galline morte naturalmente, diventerebbero un numero ingestibile, dato che ci sarebbe circa un gallo (che richiederebbe nutrimento senza produrre alcunché) per ogni gallina produttiva, oltre che un numero enorme di galline poco o nulla produttive perché troppo vecchie. Perciò, mentre risulta in teoria ipotizzabile un processo produttivo in grado di rispettare la vita delle galline, di fatto questo rimane del tutto utopico per evidenti ragioni economiche e logistiche. Da questo si può facilmente dedurre che è praticamente impossibile garantire una produzione di uova eticamente accettabile per chi ritiene che tutti gli animali coscienti abbiano dei diritti e, soprattutto, che consumando uova si contribuisce di fatto a causare un'enorme quantità di sofferenza ad un enorme numero di animali senzienti.
A questo punto la domanda che dobbiamo porci è una sola e cioè, mettendo su un piatto della bilancia la propria abitudine di mangiare prodotti animali e sull’altro l’immensa quantità di sofferenza e morte che questa abitudine comporta per altri esseri senzienti, da che parte penderà l’ago della bilancia? L’olocausto di infinite vite coscienti nei macelli e negli allevamenti pesa più della nostra abitudine alimentare (che ne rappresenta la causa)?
Va comunque detto che descrivere e spiegare a parole la sorte degli animali da allevamento non è sufficiente per far capire alla gente cosa realmente avviene loro, sia che vengano allevati per produrre carne, sia che vengano allevati per produrre latte o uova. Ciò che davvero può far risvegliare le coscienze sono le fotografie o i filmati sulla realtà dei moderni allevamenti, documenti che descrivono meglio di qualunque tesi di laurea quello che gli animali devono subire.
Tutte le persone che si rifiutano di diventare vegan dovrebbero vedere con i propri occhi quello che il loro rifiuto comporta per moltissimi esseri coscienti.. Nascondersi dietro alla paura di vedere una realtà orribile non è un atteggiamento moralmente accettabile. Inoltre i filmati non servono solo a convincere sé stessi della necessità di un cambiamento nelle proprie abitudini alimentari, ma possono essere usati per informare e convincere anche le persone intorno a noi. Non accetto che chi abusa degli animali riesca nell’intento di nascondere le sue azioni alla gente.
15) Perché escludere anche il pesce dalla propria dieta? Non è forse vero che il pesce fa bene?
I nutrienti potenzialmente utili che il pesce fornisce a chi lo consuma sono essenzialmente proteine e ferro, contenuti entrambI in quantità adeguate in una dieta vegan e vegetariana  e non è pertanto necessario introdurne ulteriormente essendo l’eccesso di proteine e di ferro nell’alimentazione correlati con un aumento dell’incidenza di tumori e patologie cardiovascolari. Non va dimenticato, che il pesce contiene anche altri grassi saturi (molto ridotti nei cibi vegetali) e colesterolo (del tutto assente nei prodotti vegetali), sostanze che sicuramente aumentano l’incidenza di patologie cardiovascolari.
Secondo molti studi, alcuni acidi grassi della famiglia degli omega-3 (l’EPA e il DHA), contenuti soprattutto nel pesce, ridurrebbero l’incidenza di malattie cardiovascolari, ma altre ricerche cliniche hanno al contrario rilevato che chi mangia spesso pesce ha una maggiore incidenza di patologie cardiache o, comunque, che il pesce non ha effetti protettivi. Altri studi rilevano che il consumo di olio di pesce aumenta il colesterolo, diminuisce la tolleranza al glucosio, favorendo l’insorgere del diabete, oltre che i livelli di acido diomogammalinolenico (un acido grasso con effetti preventivi nei confronti delle patologie cardiovascolari e delle infiammazioni).
Infine EPA e DHA avrebbero effetti immunosoppressori, riducendo l’attività del sistema immunitario umano. Comunque i cibi vegetali (in particolare l’olio di lino, le noci, la soia e suoi derivati) contengono un tipo di acido grasso della famiglia degli omega-3 (l’acido alfa-linolenico) che l’organismo umano è in grado di convertire in DHA ed EPA. Perché questa conversione sia efficiente è essenziale ridurre al minimo il consumo di grassi saturi e idrogenati e moderare il consumo di acidi grassi polinsaturi della serie omega-6 (come da domanda n.10).
In ogni caso è ampiamente dimostrato che sia i vegetariani che, soprattutto, i vegan hanno già una bassa incidenza delle patologie che l’EPA e il DHA contenuti nel pesce dovrebbero prevenire  tanto che l’uso di oli vegetali ad alto contenuto di omega-3 è efficace nell’aumentare le concentrazioni di EPA e DHA nel sangue dei vegetariani, ma questo non riduce in maniera rilevante i parametri ematici rilevanti per la previsione del rischio di patologie cardiovascolari. Infine una dieta ricca di pesce è anche ricca di proteine animali che aumentano notevolmente l’escrezione di calcio e quindi il rischio di osteoporosi. Consumare abbondanti quantità di latticini per aumentare l’assunzione di calcio probabilmente non diminuirebbe il rischio di osteoporosi e sicuramente aumenterebbe ulteriormente i grassi animali e i rischi correlati. Un altro problema è l’elevato contenuto di inquinanti tossici dei cibi animali e in particolare del pesce che è tra le prime cause dell’esposizione umana alla diossina e al mercurio, sostanze che ne rendono sconsigliabile il consumo per via dei loro accertati effetti cancerogeni e neurotossici, specie per i bambini.
A conferma di ciò, uno studio giapponese ha dimostrato un aumento dell’incidenza di cancro e patologie neurologiche nei consumatori di pesce. La dieta migliore per limitare al massimo l’assunzione di queste sostanze tossiche è quella vegan. Questa è anche la ragione per la quale è sconsigliabile usare olio di pesce per aumentare il proprio consumo di grassi omega-3: la diossina e gli altri inquinanti presenti nei pesci si concentrano nelle parti grasse del loro corpo e quindi è possibile che le si ritrovino, concentrate, negli oli di pesce. Ci sono anche ottime ragioni ecologiche per non mangiare pesce. Infatti secondo i dati del 1994 forniti dal WWF inglese vi sono almeno 15 specie di pesci commercialmente fruibili il cui stock si è notevolmente ridotto, 12 specie il cui stock è sovrasfruttato e 3 specie già scomparse.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, almeno 17 delle maggiori aree di pesca nel mondo hanno raggiunto o superato il livello di sfruttamento massimo. Questo depauperamento eccessivo ha portato ad una rapida diminuzione del pescato ed è molto significativo che nel 1994, secondo la medesima fonte, i pescatori abbiano speso 124 miliardi di dollari per un pescato del valore di soli 70 miliardi di dollari. Il guadagno dei pescatori è stato pagato con le sovvenzioni che gli Stati hanno erogato usando il denaro di tutti i contribuenti. Inoltre è da rilevare il problema degli scarti della pesca che evidenzia chiaramente la rapacità con la quale l'uomo sfrutta i mari. Basti pensare che, secondo i dati della FAO, ogni anno vengono scaricati in mare tra i 17 e i 29 miliardi di tonnellate di pesce pescato (e quindi ormai già morto) in quanto non gradito dai consumatori dei paesi ricchi. Gli allevamenti di pesci non sarebbero una soluzione ecologicamente ed economicamente valida innanzitutto perché gran parte dei pesci allevati sono alimentati con farine proteiche spesso ottenute triturando altri pesci “di scarto” pescati a maggiori profondità. Questo non farebbe che aumentare l’isterilimento dei mari dato che il mercato dei pesci meno pregiati verrebbe favorito, contribuendo così a danneggiare gli ecosistemi marini anche a maggiori profondità. Inoltre gli allevamenti ittici sono altamente inquinanti (per via delle grosse quantità di liquami generati: fino a mille chilogrammi di rifiuti solidi per ogni tonnellata di pesce prodotto e dei farmaci utilizzati), necessitano di ampi spazi lungo le coste o di enormi quantità di acqua dolce (8 tonnellate d’acqua per una sola di pesce contro le 5 tonnellate per la carne di maiale)  e non sono in grado di competere con le fonti vegetali di proteine quanto ad efficienza: 5Kg di pesci oceanici ridotti in mangime per ogni Kg di pesce d’allevamento. Si ricordi infine che tutte le considerazioni di ordine etico fatte a proposito dell’allevamento e della macellazione degli animali terrestri, valgono altresì per gli animali acquatici.
16) Gli sportivi possono essere vegan o vegetariani?
Certamente sì. Le diete vegan e vegetariane sono del tutto compatibili con un’attività sportiva  anche molto intensa e sono addirittura consigliabili per chi pratica sport di resistenza, in virtù dell’elevato apporto di carboidrati che è fondamentale per l’atleta  e più facilmente ottenibile con questo tipo di alimentazione.
E' ormai noto da tempo che sono non tanto le proteine quanto proprio i carboidrati (e i grassi) a fornire le energie necessarie ad un atleta. E' infatti il glicogeno presente nei muscoli a determinare in gran parte la resistenza muscolare dell’atleta e la produzione del glicogeno è correlata con l’assunzione di carboidrati complessi.
Quanto alle proteine, va detto che non vi è un consenso generale sull’effettiva necessità di un aumento dell’assunzione per chi compie attività fisica anche intensa e alcuni studi concludono che tale aumento non sia necessario. Secondo altri studi invece il fabbisogno proteico giornaliero aumenta da 0,8g per ogni Kg di peso corporeo (fabbisogno normale), fino a 1,2g-1,8g per 1Kg di peso corporeo (fabbisogno di atleti professionisti). Comunque, solo una parte di questo aumento del fabbisogno proteico è dovuto all’aumento della massa muscolare e gran parte di esso è invece dovuto semplicemente all’aumento del fabbisogno energetico  che potrebbe essere soddisfatto anche con una maggiore assunzione di carboidrati complessi. A conferma di ciò, è dimostrato che negli sportivi un’alimentazione carente di carboidrati aumenta il fabbisogno proteico.
Anche dando per dimostrata l’opportunità per gli sportivi di assumere più proteine, va detto che vegan e vegetariani possono senza problemi soddisfare tale fabbisogno aumentando le calorie consumate: i vegetariani ottengono mediamente il 12,5% delle calorie dalle proteine e i vegan l’11%, il che significa che un atleta di 80 Kg che consumasse 3600 Kcal al giorno in una dieta vegetariana otterrebbe 1.41g di proteine per Kg di peso corporeo (più che a sufficienza per la stragrande maggioranza degli sportivi) e 1,2g di proteine per Kg di peso corporeo seguendo una dieta vegan (sufficienti per una gran parte degli sportivi). Aumentare, anche sensibilmente, tali valori in una dieta vegan e vegetariana mantenendo costanti le calorie introdotte è comunque fattibile semplicemente aumentando la quantità di legumi e diminuendo la quantità di cereali nei pasti.
Per quanto riguarda il ferro, va detto che specialmente le donne che praticano attività sportiva intensa sono a maggiore rischio di carenza di questo minerale e che bassi livelli di ferritina nel sangue possono compromettere le prestazioni atletiche. Vegan e vegetariani dovrebbero prestare particolare attenzione ai valori ematici di ferritina e, solo nel caso di effettiva carenza, ricorrere ad integratori (secondo alcuni studi, le concentrazioni di ferritina molto elevate aumentano l’incidenza di cancro e patologie cardiovascolari). Ad ogni modo, gli studi recenti compiuti sugli atleti vegetariani mostrano che i loro parametri fisici non hanno nulla da invidiare agli onnivori e un famoso studio dei primi del secolo  rileva una notevole prevalenza delle prestazioni fisiche di vegetariani sugli onnivori.
17) Se l'alimentazione vegan e vegetariana è preferibile, perché la stampa e la TV talvolta la sconsigliano?
Nonostante vi siano molte buone ragioni per divenire vegetariani o, ancora meglio, vegan, i media si rifiutano di affrontare seriamente questo argomento e spesso si schierano contro il vegetarismo sostenendo, con l’aiuto compiacente dell’ “esperto” nutrizionista di turno, che l’alimentazione vegetariana è inadeguata o addirittura pericolosa, rifiutandosi di prendere in considerazione i dati scientifici e le ragioni morali che stanno alla base della decisione di molti vegetariani. Le ragioni di ciò sono almeno di duplice ordine: economico e psicologico.
I mezzi di informazione vivono sulla pubblicità e l’industria alimentare, in particolare quella dei prodotti animali, è uno dei principali acquirenti di spazi pubblicitari nelle TV e sui giornali. E' evidente che se quella realtà che i produttori di alimenti animali vogliono nascondere in tutti i modi, la realtà degli allevamenti e dei macelli, arrivasse sulle pagine dei quotidiani e sugli schermi televisivi, il numero di vegetariani aumenterebbe e i produttori subirebbero gravissime perdite economiche con la conseguenza che non vorrebbero più continuare a pagare spazi pubblicitari sui media che hanno divulgato queste informazioni. Ciò sarebbe drammatico per questi ultimi, in quanto si vedrebbero privati di una considerevole parte dei loro guadagni.
Le ragioni di ordine psicologico sono invece più sottili e non riguardano solo i media e i giornalisti. Non dobbiamo dimenticare che il vegetarismo porta con sé delle conseguenze rivoluzionarie sul piano sociale e morale: gli animali sono esseri coscienti, in grado di soffrire quanto gli esseri umani, inoltre gli uomini possono vivere senza mangiare gli animali e quindi essi non hanno il diritto di ammazzarli per il banale scopo di procurarsi dei piaceri voluttuari.
Purtroppo la gente non ama sentirsi dire che il proprio comportamento è moralmente sbagliato anche perché il rendersi conto di questo significa rinunciare ad abitudini (come quella di mangiar carne) e a convinzioni consolidate (p.e. che gli animali siano esseri inferiori a nostra disposizione). insomma la gente preferisce razionalizzare i propri atti con delle argomentazioni pretestuose come l’inadeguatezza della dieta vegetariana, piuttosto che metterli in discussione accettando di ascoltare ciò che un vegano possa aver da dire. Questa è una delle ragioni per le quali il vegetarismo trova dei forti ostacoli psicologici a tutti i livelli dello status sociale.
Per quanto riguarda invece i medici, bisogna dire che spesso le loro conoscenze in campo nutrizionale non sono adeguate dato che le facoltà di medicina non danno a questo materia l’importanza che dovrebbe avere. Inoltre è solo di recente che i ricercatori si sono occupati di studiare la nutrizione vegetariana e i suoi praticanti e i medici che non hanno sistematicamente aggiornato le loro conoscenze in questi campi non sono venuti a conoscenza dei risultati degli studi clinici sui vegan e i vegetariani.
Infine, non si può escludere che la classe medica sia tendenzialmente sospettosa e prevenuta nei confronti dell’alimentazione vegetariana a causa delle sue implicazioni di tipo filosofico. Molti vegetariani fanno questa scelta per ragioni etiche e cioè perché pensano che gli animali abbiano dei diritti ed è ovvio che chi ha questa convinzione non può che considerare criminale la sperimentazione su animali (o vivisezione che dir si voglia), chi la pratica e chi la difende, cioè la maggior parte dei medici e dei ricercatori. La diffusione del vegetarismo potrebbe portare ad una presa di coscienza nelle persone sul problema del trattamento degli animali, non solo nei macelli, ma anche nei laboratori di ricerca e questo potrebbe a sua volta mettere in pericolo carriere e guadagni di chi ha fatto della vivisezione un business (cioè una gran parte del mondo della ricerca biomedica, ditte farmaceutiche incluse).
18) Gli uomini sono onnivori e devono mangiare anche carne?
La risposta a questa domanda è implicita (ma anche piuttosto evidente) nei dati  elencati nelle risposte precedenti a proposito dell’adeguatezza del veganismo e del vegetarismo.
Che l’uomo sia un animale onnivoro è senz’altro vero se si dà al termine onnivoro il significato giusto e cioè se si intende dire che l’uomo può mangiare sia cibi vegetali che animali. La possibilità di digerire una ampia varietà di cibi ha costituito nel passato un notevole vantaggio evolutivo per la specie umana dato che ha permesso ai primi uomini di sopravvivere anche in condizioni ambientali (e quindi di disponibilità alimentare) critiche.


Anche se i pesci non possono gridare il loro dolore come fanno molti mammiferi terrestri, questo non toglie che essi soffrano e siano animali coscienti. Questo è quanto concludeva nel settembre del 1996 il “Farm Animal Welfare Council Report on the Welfare of Farmed Fish” ("Rapporto sul benessere dei pesci d'allevamento a cura del Concilio per il benessere degli animali d'allevamento") su consultazione del Ministero dell’Agricoltura inglese: '' … l'evidenza scientifica (…) mostra chiaramente che il termine 'stress' è sicuramente rilevante per quanto riguarda i pesci e che le modalità secondo le quali lo stress si manifesta in essi sono estremamente simili a quelle dei mammiferi. Che il temine 'dolore' possa essere fondatamente utilizzato riferendosi ai pesci è dimostrato da studi anatomici, fisiologici e comportamentali, i cui risultati sono molto simili a quelli degli studi compiuti su uccelli e mammiferi. Il fatto che i pesci siano animali a sangue freddo non significa che essi non possiedano un sistema nervoso che permette di provare dolore e che questo sistema sia effettivamente preposto a preservare la vita e massimizzare l'idoneità biologica degli individui. Le cellule recettrici, i neuroni e le sostanze specializzate nella trasmissione presenti nel sistema nervoso dei pesci sono estremamente simili a quelli presenti nei mammiferi.''

La migliore conferma della validità delle diete vegan e vegetariane per gli sportivi è forse il fatto che atleti come Boris Becker, Martina Navratilova, Carl Lewis (campione olimpionico di salto in lungo e di velocità), Piero Venturato (due volte campione mondiale di tutte le categorie di culturismo, oltre che sette volte campione italiano e cinque volte campione europeo), Edwin Moses (Campione olimpionico 400 m), Paavo Nurmi, (venti volte campione mondiale di marcia su strada) Alex Rabassa, (32000 Km di marcia in 500 giorni circa) e molti altri, siano vegetariani.

 

Da questo non si può però dedurre che l’uomo, in quanto onnivoro, debba necessariamente mangiare sia cibi vegetali che animali. La prova migliore di questo fatto è che molti studi epidemiologici hanno dimostrato che quanti più cibi animali un uomo mangia, tanto maggiore è la probabilità che esso contragga patologie degenerative; ne possiamo dedurre che esistono cibi più adatti all’alimentazione umana (quelli vegetali) e altri cibi meno adatti (quelli animali). Ciò naturalmente non toglie che l’uomo sia un onnivoro e che possa mangiare anche cibi meno adatti alla sua fisiologia. Del resto, anche le mucche, animali sicuramente erbivori, vengono spesso alimentate con farine animali, e come gli uomini che mangiano spesso carne, contraggono patologie (p.e. la BSE) dopo un lungo periodo di tempo.
E' quindi chiaro che gli uomini possono mangiare cibi animali, ma questa non è una ragione per affermare che tali cibi debbano necessariamente essere consumati per ottimizzare la propria salute.
19) I vantaggi di una dieta vegan o vegetariana sono ottenibili semplicemente modificando una dieta onnivora o assumendo certi integratori? E' necessario essere vegan o vegetariani per minimizzare i rischi di patologie prevenibili con l’alimentazione? Tali diete aumentano l’incidenza di patologie carenziali?
Queste affermazioni sono spesso ripetute dai critici dell’alimentazione vegan e vegetariana nell’intento di dimostrare che il problema dell’alimentazione onnivora è l’eccessivo consumo di cibi animali, i quali, se prodotti rispettando le norme sanitarie e consumati nelle giuste quantità, sarebbero invece salutari o perfino necessari.
Ci sono buone ragioni per non condividere questa impostazione.

  1. Numerosi studi confermano la correlazione tra consumo di alimenti animali (specie la carne) e patologie degenerative (p.e. malattie cardiovascolari, tumori, ecc.). Non è un caso se tra i vegan e i vegetariani l’incidenza di tumore, di ipertensione, arteriosclerosi, infarto, ictus, diabete, obesità, osteoporosi, calcoli e altre patologie sia significativamente inferiore. I prodotti animali e in particolare le carni contengono necessariamente notevoli quantità di colesterolo e grassi saturi (sostanze note per aumentare l’incidenza di patologie cardiovascolari e diabete) oltre che tracce di nitrosamine e amine eterocicliche (sostanze cancerogene), che sono invece del tutto assenti o presenti in quantità drasticamente minore nell’alimentazione vegetariana. Ridurre significativamente ma non annullare il consumo di cibi carnei, sicuramente abbassa la probabilità di contrarre tali patologie, esattamente come ridurre il numero di sigarette fumate senza smettere di fumare riduce la probabilità di contrarre il cancro ai polmoni, ma ciò non toglie che alcuni studi mostrino come anche piccole quantità di carne aumentino in maniera significativa l’incidenza di alcune patologie. Un discorso in parte analogo, può essere fatto per il consumo di latticini e uova, come dimostrano alcuni studi e confronti dei fattori di rischio nei vegan e nei vegetariani. Pertanto, a meno di non individuare altri vantaggi per la salute, appare comunque sconsigliabile il consumo di cibi animali. Che esistano concreti vantaggi associati al consumo di tali prodotti è tuttavia assai improbabile, dato che tutti i nutrienti che abbiano un effetto di protezione rispetto alle più gravi e diffuse patologie sono presenti esclusivamente, principalmente o, quantomeno, anche nei cibi vegetali e dato che è ampiamente dimostrata l’adeguatezza nutrizionale del vegetarismo e del veganismo. Non si dimentichi inoltre un fatto banale ma importante: mangiare anche carne significa mangiare meno cibi vegetali a parità di apporto calorico e quindi ridurre inevitabilmente la quantità consumata di cibi sicuramente protettivi nei confronti delle patologie degenerative.
  2. Vero è che una parte delle patologie causate dai cibi animali non è dovuta ai cibi in sé, ma alle modalità di produzione (p.e. il morbo di Creutzfeldt-Jakob). Tuttavia rimane difficilmente contestabile che i cibi animali siano di per sé più facilmente contaminati da farmaci, pesticidi e organismi patogeni. Infatti:
    1. i farmaci vengono abitualmente ed inevitabilmente utilizzati negli allevamenti a scopi terapeutici o preventivi per evitare il diffondersi di epidemie devastanti. Talvolta i farmaci vengono usati anche con lo scopo di accelerare l’accrescimento degli animali. E' pertanto naturale che piccoli residui possano essere presenti nelle carni ed è difficile stabilire con certezza quali conseguenze possa avere l’esposizione a tali residui nel lungo periodo;
    2. i pesticidi largamente utilizzati in agricoltura ed altri contaminanti chimici sono invece spesso presenti nelle carni degli animali, in quanto essi fungono da “accumulatori biologici” di queste sostanze che sono inevitabilmente presenti, magari in piccole quantità, nei mangimi vegetali e animali ma che con il tempo si depositano e si concentrano nei tessuti degli animali che li mangiano. Non per nulla il 90% della diossina assorbita nel corso della vita da una persona deriva dal consumo di carne, pesce e latticini;
    3. carne e soprattutto pesce sono prodotti molto deperibili e facilmente contaminabili da organismi patogeni quali la salmonella. Questa caratteristica è intrinseca nei cibi animali e i metodi di produzione che forniscono questi prodotti non sono certo la soluzione del problema: sono stati proprio i metodi di produzione intensiva ad essere causa dell’epidemia del morbo della mucca pazza. Non è un caso se la stragrande maggioranza delle ospedalizzazioni dovute a contaminazioni alimentari sono causate da cibi animali.
  3. Naturalmente è possibile che esista una sorta di livello di soglia del consumo di cibi animali al di sotto del quale i rischi per la salute siano minimi e pertanto non statisticamente rilevabili, tuttavia:
    1. vale quanto detto a proposito del fumo: il fatto che una sigaretta al mese non aumenti il rischio di cancro ai polmoni in maniera rilevabile non significa che fumare non sia dannoso per la salute;
    2. introdurre piccole quantità di prodotti animali non apporta alcun vantaggio rilevante da un punto di vista della riduzione dei paventati (ma assai poco provati) rischi carenziali che le diete vegan o vegetariane comporterebbero secondo alcuni. Infatti se è vero che probabilmente mangiare una bistecca al mese non aumenti significativamente le probabilità di infarto o cancro al colon è anche vero che tale bistecca non fornirebbe un apporto di nutrienti di una qualche rilevanza nel complesso della propria alimentazione (una bistecca al mese non toglie la necessità di assumere da altre fonti la quasi totalità della vitamina B12, zinco, ferro e proteine).
  4. Gli studi fino ad oggi compiuti escludono che tutti benefici delle diete vegan e vegetariane siano da ricercare in alcuni specifici nutrienti, ma rilevano che è l’equilibrio complessivo di una corretta alimentazione vegetariana (o, ancor più, vegan) a fornire tali benefici. Da questo si deduce che non si può pensare di ottenere gli stessi vantaggi di una alimentazione basata su cibi vegetali, semplicemente assumendo integratori di fibre, vitamine o minerali: il vegetarismo offre i vantaggi che offre in virtù dell’abbondanza di certi tipi di alimenti e della assenza di altri. Inoltre è evidente che, dato un certo fabbisogno energetico giornaliero, le calorie necessarie possono essere fornite da vari tipi di cibi, ma scegliere di mangiare anche carne significa inevitabilmente ridurre il consumo di vegetali, e quindi degli alimenti maggiormente protettivi, per aumentare il consumo di cibi nocivi per la salute.
  5. Una delle ragioni per quali una dieta vegan potrebbe teoricamente essere a maggiore rischio di carenze è che la nostra società è diffusa una cultura carnivora e le abitudini, la cultura alimentare oltre che la stessa disponibilità di alimenti sono condizionati da questo fatto, rendendo meno facile la diffusione delle conoscenze (e degli alimenti) necessari per seguire un’alimentazione vegan bilanciata. Inoltre sono sempre delle ragioni storico-culturali (la costante carenza di cibo e quindi il prevalere di patologie carenziali in larghe fasce della popolazione fino al recente passato) a causare un timore ingiustificato di “non avere abbastanza da mangiare” e quindi a spingere la gente al consumo di cibi animali, un tempo rari e quindi considerati “più ricchi”. Una diffusione del veganismo, del vegetarismo e delle loro basi culturali e scientifiche, renderebbe più facile per la maggior parte della popolazione l’alimentarsi in maniera corretta, senza aumentare il rischio di carenze e diminuendo notevolmente l’incidenza delle patologie più gravi e comuni nei paesi occidentali.

Ovvio quanto queste righe non siano assolutamente da intendersi come sostitutive di un consulto medico. La scelta di diventare vegan o vegetariani deve essere ponderata ed è sempre consigliabile consultare un medico favorevole almeno al vegetarismo, in grado di fornire consigli specifici e adattati ad ogni persona. L’alimentazione vegan o vegetariana correttamente bilanciata comporta numerosi vantaggi, ma essa non è di per sé automaticamente bilanciata: eliminare sic et simpliciter dalla propria alimentazione i prodotti animali non è affatto sufficiente per alimentarsi in modo adeguato. Perciò è decisamente consigliabile farsi una cognizione di causa sulle basi della nutrizione e questa parte del mio elaborato può essere considerata come un’introduzione a questo argomento.

 

6.3 Quesiti e speculazioni rasentanti i limiti del reale

 

1) Se non alleviamo questi animali, si estingueranno.

A questa "obiezione" vi sono varie risposte. Innanzitutto, il problema che il vegetariano etico si pone non è certo un problema di estinzione della specie, ma di sofferenza dei singoli individui. Inoltre, questi animali vengono fatti nascere e allevati solo per essere uccisi, non sono animali che vivono in natura. Si tratta di specie inventate dall'uomo, che in natura non sussistono. Esistono delle specie selvatiche che somigliano loro (i cinghiali, i bufali, vari uccelli, le lepri, ecc.), e che continueranno a sopravvivere, se l'uomo non vi si opporrà. Infine, far nascere degli animali con il solo scopo di tenerli prigionieri e poi ammazzarli non può essere certo visto come un servigio reso loro o alla loro specie. Meglio probabilmente non farli nascere affatto.

2) Ma se non uccidiamo gli animali per mangiarli, non ci sarà più spazio per noi sulla Terra.

Questa obiezione è esattamente l'opposto della precedente, ma è basata su una incomprensione di fondo molto simile: questi animali non esistono in natura, siamo noi umani che li facciamo nascere. La questione non è che loro esistono e noi siam costretti a sottometterli affinché non arrivino a sopraffarci. Al contrario, siamo noi stessi che, facendoli nascere e allevandoli, rubiamo spazio alla nostra specie, e alle specie selvatiche, per far posto a questi animali: il 24% delle terre emerse del pianeta è occupato da bovini, e se contiamo anche il resto di animali d'allevamento la percentuale cresce considerevolmente.

3) Ma non fai del male alle mucche se non le mungi?

No. Le mucche, se lasciate vivere libere, non hanno alcun bisogno di essere munte. Le mucche generano latte quando danno alla luce un vitellino, come le donne umane producono latte quando partoriscono un figlio. Così come le figlie d'Eva non necessitano di essere munte (perché il loro latte serve da nutrimento per il loro figlio), lo stesso succede alle giovenche. Quel che accade negli allevamenti è che il vitello viene portato via alla madre appena nato e il latte della mucca viene munto e venduto. La mucca è costretta a produrre una quantità di latte pari a 10 volte quella che produrrebbe per nutrire suo figlio, con conseguente ingrossamento abnorme delle mammelle (la cosiddetta mastite) e quindi grande sofferenza.

4) Siamo carnivori… per questo abbiamo i denti canini.

Sul fatto che siamo carnivori non v'è dubbio: non lo siamo affatto. Siamo onnivori, nel senso che possiamo mangiare di tutto, non che dobbiamo nutrirci di tutto. Vi sono cibi che più si adattano al nostro organismo (la frutta ed i vegetali in generale), altri che vi si adattano di meno (la carne). Se l'argomento a favore del nostro presunto carnivorismo è solo quello dei denti canini, basti pensare che con essi difficilmente potremmo lacerare le carni di un animale ammazzato coi nostri "artigli". Confrontando i nostri canini con la dentatura dei veri carnivori, acquisiremmo una maggiore chiarezza in merito.

5) Ma se mangio le uova di gallina non fecondate, non va bene?

Il rifiuto di nutrirsi di uova non è dovuto al fatto che dall'uovo potrebbe nascere un pulcino, sia perché in realtà il pulcino non è nato affatto, e quindi non può essere ucciso, sia perché negli allevamenti di galline ovaiole non esistono galli, e quindi le uova non sono fecondate. Il rifiuto di consumare uova deriva dal fatto che, per produrle, le galline sono tenute prigioniere in condizioni atroci, che vengono ammazzate a "fine carriera" (cioè dopo 2 anni), e che per "produrre" una gallina ovaiola un pulcino maschio deve essere ucciso.

6) Gli animali sono stati allevati per fornirci cibo: "Sono allevati apposta".

Questa affermazione è veramente disarmante. Sembra sottintendere che, se ammazziamo degli animali che vivono in natura, compiamo un atto condannabile, mentre se ammazziamo animali che abbiamo fatto nascere noi stessi, abbiamo tutto il diritto di farlo. Come spiegare che questo punto di vista non è così scontato e universalmente riconosciuto, ma è del tutto antropocentrico? Quel che gli animalisti sostengono è che noi non siamo i padroni degli animali. Essi sono essere sensibili, non oggetti che possiamo usare a nostro piacimento. Non abbiamo il diritto di farli nascere, allevarli in prigionia tra mille sofferenze, e alla fine ammazzarli. Ne abbiamo il potere. Ma ciò non significa averne il diritto. Se noi non li facessimo nascere, non esisterebbero, certo. Ma questo non ci dà il diritto di ucciderli. Se li facciamo nascere per torturarli e ucciderli, abbiamo una responsabilità e una colpa non per certo minori rispetto al lasciare che tali specie si estinguano.

7) Gli animali trasformano i vegetali che non possiamo mangiare in carne che possiamo mangiare?

Questo può essere vero in teoria, e poteva esserlo secoli fa. Ora non è più così, ma avviene invece il contrario. Come premessa va detto comunque che, anche se fosse così, non sarebbe lo stesso lecito, da un punto di vista etico, ammazzare gli animali, perché non ne abbiamo bisogno, possiamo ricavare tutti gli elementi nutritivi necessari dai vegetali, non abbiamo bisogno che altri animali li trasformino in nostra vece. Tutti gli amminoacidi essenziali sono già presenti nei vegetali. Detto questo, oggi gli animali vengono nutriti per lo più a cereali e soia, alimenti che si potrebbero usare in maniera molto più efficace per il consumo diretto umano. Un ettaro coltivato a cereali produce cinque volte più proteine di un ettaro destinato alla produzione di carne; i legumi (fagioli, piselli, lenticchie) ne producono 10 volte di più. Anche i bovini allevati a pascolo non fanno altro che rubare terra all'agricoltura, o alle foreste, comprese quelle tropicali (nella foresta Amazzonica l'88% dei terreni disboscati è stato trasformato in pascolo), provocando desertificazione e cambiamenti climatici. Ad oggi gli occidentali si possono ancora permettere questo smodato consumo di carne perché sfruttano la terra dei paesi del Sud e dell'Est del mondo che hanno un consumo di carne di molto inferiore. Se tutti consumassero tanta carne quanta ne viene consumata dagli abitanti dei paesi ricchi, non basterebbero tutte le terre emerse per garantire pascoli e mangimi per tutti gli animali. Mentre con le terre coltivate già oggi disponibili, si potrebbe nutrire una popolazione vegana ben superiore all'attuale popolazione mondiale, senza alcun problema di fame nel mondo.

8) Ah, sei vegetariano, allora mangi solo pesce?

Vegetariano = chi esclude dalla sua alimentazione tutta la carne, di mammiferi, volatili, pesci, molluschi, crostacei e di ogni altra specie. Chi non mangia animali terresti ma si nutre di pesci NON è vegetariano.

9) Ma il tonno non lo mangi per via dei delfini?

A questa domanda risponde già la replica alla precedente, ma vale la pena di sottolineare che un vegetariano non fa distinzione di specie: un delfino non è più importante di un tonno, entrambi meritano di vivere la propria vita lontani dall'influenza umana.

10) Quella verdura lì l'hai tolta ad una mucca!

Anche per questa domanda l'ingenuità è disarmante. Innanzitutto, non è tanto il genere umano che toglie i vegetali di bocca alle mucche quanto piuttosto viceversa (come da domanda n. 7). Inoltre, quel che molti vegetaliani sostengono è che le mucche non si dovrebbero proprio allevare (confrontabili le domande n.1 e 2), sono animali indotti al mondo solo per poterli ammazzare (se non è gentile togliere la soia di bocca a una mucca, lo è forse ammazzarla?), quindi, se non perpetrandone la procreazione non vi sarà più il problema di rubar loro il mangiare di bocca.

11) Ma così i macellai rimarranno senza lavoro.

Il passaggio da un mondo smodatamente carnivoro a uno totalmente vegano, se mai avverrà, sarà graduale, e non avverrà certo nel giro di pochi anni. Perciò vi sarà tutto il tempo per le future generazioni di scegliere lavori diversi. Diminuiranno i macellai, e aumenteranno altri tipi di lavoratori: fruttivendoli, addetti alla preparazione di pasti vegani, ecc.

12) Ma i frutti di mare li posso magiare?

"Frutto di mare" è solo un modo di dire, non si tratta di vegetali, ma di animali, e il modo corretto di chiamarli è "molluschi". Ovviamente, no, se si è vegetariani non si possono mangiare, perché si tratta di animali e non di vegetali.

13) E' da pazzi far crescere un figlio vegan perchè è ingiusto non dargli il latte di suamadre.

E' chiaro che dire che un bambino è vegan non significa dire che non prende il latte dalla madre. Le femmine di ogni specie, compresa quella umana, producono un latte particolare per i propri figli, che è diverso, nella composizione, da quello di tutte le altre specie, e ogni cucciolo, per crescere sano, ha bisogno del latte di sua madre, non di quello della madre di un cucciolo di un'altra specie. In particolare, è consigliato per i bambini vegetariani e vegani, la continuazione dell'allattamento al seno almeno fino a un anno di età, meglio anche di più, ovviamente introducendo anche altri cibi (il latte materno deve costituire, dopo lo svezzamento, solo una parte dell'alimentazione del bambino).

6.4 Domande provocatorie

 

1) Mangiare carne è naturale.

Che sia o meno congenito, è da dimostrare. Che cosa significa concretamente,  l’inflazionato termine"naturale"? Può mai trascendere da contesto, tempo e luogo?
Può essere naturale per alcune tribù primitive, ma, anche in questo caso, solo una piccola parte della loro dieta sarà basata sulla carne, mentre la parte più consistente sarà basata su frutta, radici e  bacche, come è successo per i nostri progenitori.
Noi, però, stiamo parlando di qui e ora. Qui, nei paesi ricchi. Ora, nel mondo moderno. Cosa vi è di naturale nell'allevamento di animali e nei macelli? E cosa vi è di naturale nelle nostre vite?
Anche se l'uccisione di animali per cibarsi delle loro carni fosse naturale (ma non lo è, perché gli allevamenti intensivi e le catene di smontaggio sono quanto di meno naturale possa esistere sulla Terra), non vi sono ovunque le basi per aggrapparsi a questa "naturalità". Piuttosto sembra che molti tirino in ballo il naturale solo quando  fa loro comodo per giustificare le proprie abitudini. Possiamo anche farlo, ma non possiamo fingere che questo sia onesto e coerente.
Quella vegana è una scelta basata sull'etica, ma anche su ragioni ecologiste, sociali e salutiste. In sostanza, a questa domanda è possibile risspondere su tre piani:

  1.            non ha alcuna importanza che sia naturale o meno se la scelta effettuata è di carattere etico;
  2.            il mangiar carne, così come avviene oggi, non ha assolutamente niente di naturale;
  3.             le nostre vite hanno attualmente ben poco di naturale quindi perché insistere su questo aspetto solo per tentare di giustificare una scelta carnivora?

 

2) Ma allora anche le carote soffrono!

Volendo rispondere in modo serio a una affermazione spesso palesemente disonesta, si può asserire che: innanzitutto, i vegetali non hanno un sistema nervoso, e quindi, anche se sicuramente sono in grado di reagire agli stimoli esterni, non possiamo catalogare queste reazioni come sentimenti.
Se anche così fosse, per alcuni vegani sarebbe un motivo in più per nutrirsi direttamente di vegetali anziché di cibi animali, perché per "produrre" carne la quantità di vegetali usata è decisamente maggiore di quella necessaria per il diretto consumo umano.
Inoltre, non sempre chi pone questa domanda ha davvero a cuore la sofferenza dei vegetali: si tratti d’un individuo tale da non aver problemi ad ammazzare (seppur indirettamente) animali per cibarsene, quando gli animali sono palesemente esseri senzienti che soffrono, perché dovrebbe farsi problemi ad addentare una carota? Una critica del genere, fatta a un vegano, acquisirebbe diverso valore se proveniente da un fruttariano: un individuo che si ciba solo di frutta e che così facendo non causa né morte né danno alle piante (perché la frutta si stacca dalla pianta in modo spontaneo).
Chi fosse veramente interessato alla sofferenza delle piante, dovrebbe fare questa scelta. Se l'obiezione è invece sollevata per "dimostrare" l’incoerenza di fondo della scelta vegana, non è da escludere un animalista possa trovare curioso quanto chi non si preoccupa minimamente di arrecare sofferenza agli altri possa star tranquillo e non essere accusato di incoerenza perché ogni cosa che fa è lecita (coerenza del menefreghismo) rispetto a chi invece, impegnandosi a causare il minor danno possibile, debba essere "perfetto", pena il venir tacciato di incoerenza.
Ipotizzo  che a molti vegani della coerenza importi ben poco rispetto al fare il più possibile per minimizzare la sofferenza che essi stessi arrecano; in più il fatto di non poter essere perfetti non è necessariamente una ragione per indurci a non fare nulla in proposito.

3) Anche gli animali si uccidono tra loro per mangiare.

Alcune specie animali ne uccidono altre per cibarsene, la maggior parte delle specie invece è erbivora (o onnivora, potendosi nutrire, quando capita, di cibo animale). Il punto è: perché prendere ad esempio i carnivori, e non gli erbivori (frugivori, nel nostro caso), a cui somigliamo di più per conformazione dell'intestino, della dentatura, degli arti? Inoltre, gli animali veramente carnivori non hanno scelta. Il leone non può nutrirsi di frutta perchè ne perirebbe e non ha la possibilità di coltivare cereali e legumi. Noi sì, ed abbiamo la possibilità di scegliere. Quindi la responsabilità è anche nostra, oltre che della "Natura".

4) Ma insomma, perché dai da mangiare la carne al tuo cane e al tuo gatto?

Laddove si fosse compiuta una scelta vegetariana o vegana per noi stessi, si porrebbe il problema di come nutrire i nostri animali domestici, cani e gatti, per lo più. Chi è vegetariano o vegano per ragioni etiche, chiaramente si rifiuta di uccidere animali, per qualsivoglia ragione. C'è però il problema che cani e gatti non sono animali vegetariani.
Dalla dentatura e dall'apparato digerente appare chiaro che il cane è un onnivoro e non un carnivoro puro. In origine si nutriva esclusivamente di carne, come oggi fanno i suoi parenti selvatici. Dopo 60.000 anni di adattamento alla vita con l'uomo, la sua dieta è diventata onnivora, e può facilmente essere trasformata in vegetariana senza alcun problema di salute. In tutti i casi, i cani non vengono mai alimentati esclusivamente con carne, per il costo elevato e i problemi di salute che ne derivano.
Il gatto, invece, rimane un carnivoro puro, con particolari esigenze nutritive. La taurina, per esempio. Questo aminoacido secondario è essenziale per la sua salute: la sua carenza provoca nei felini la cecità e gravi malattie cardiache. I cani riescono a produrla a partire da due amminoacidi essenziali: la metionina e la cistina. I gatti non ne hanno la capacità. I felini, inoltre, non sono in grado di "produrre" la vitamina A partendo dal beta-carotene (come invece riescono a fare i cani e gli esseri umani).
Detto questo, possono sorgere dei dubbi sul "forzare" questi animali a una dieta vegetariana con l'aggiunta di integratori: tutto questo suona poco "naturale". Ma i nostri cani e gatti non vivono in natura. Quanto "naturale" è nutrirli di scatolette e crocchette prodotte con carni di animali di cui mai, "in natura" si sarebbero potuti nutrire? I gatti selvatici non mangiano certo mucche, né tonni, e nemmeno conigli o galline. Mangiano piccoli roditori, uccellini e altri piccoli animali. Più o meno lo stesso si può dire per i cani. Possono predare conigli e uccelli più grandi, ma non certo mucche. E poi, quanto "naturale" è la vita di un cane in un appartamento, o anche in una casa con giardino? Ben poco. Perché dunque porsi il problema di quanto sia naturale una loro nutrizione vegetariana, quando la loro nutrizione è comunque del tutto innaturale?
L’archetipo rilevante è dar loro un cibo sano che non li privi di alcun elemento essenziale e che non li faccia ammalare. Questo non si può dire delle normali scatolette e crocchette oggi in commercio: prodotte con scarti di macellazione "non adatti all'alimentazione umana", con carni estremamente grasse e piene degli stessi composti chimici (antibiotici, ormoni, farmaci di ogni genere) che, come ben sappiamo, sono dannosi per ogni organismo, umano e animale, non sono certo il massimo per nutrire in modo sano gli animali domestici.
Molto meglio, dunque, scegliere per loro un cibo sano e contemporaneamente "senza crudeltà" verso altri quadrupedi. Non è detto che cani e gatti abbiano più diritto di vivere di una mucca o di un conigli. Non dar loro da mangiare cibi vegani e non testati su animali, ma continuare con le tradizionali crocchette di carne, può essere visto come una scelta "specista" di chi invece tale non vorrebbe essere; una scelta che può essere (temporaneamente) giustificata dal fatto di non trovare facilmente in commercio alimenti vegetariani per cani e gatti, o dal rifiuto degli stessi da parte degli animali.

5) Ebbene dovresti camminare sollevato da terra per evitare di pestare gli insettini!

È  ben diverso uccidere involontariamente degli insetti, durante il corso della nostra normale vita, e imprigionare, torturare e uccidere scientemente animali evidentemente capaci di sentimenti. Ciò non toglie che il rispetto dei principi del Jainismo possa considerarsi a tutti gli effetti un passo successivo verso la non violenza universale rispetto lo stile vegano considerato che: i monaci e le monache (“Svetambara” o “Saddhi”) possiedono solo un abito bianco, una ciotola per elemosinare il cibo e l’acqua, un bastone, una scopa per rimuovere gli insetti dal loro cammino e prima di sedersi e coricarsi, e una pezzuola sulla bocca per non nuocere ai batteri dell’aria; mentre gli asceti “Digambara” (sinonimo di “Vestito di cielo”), che sono generalmente i più anziani, i più eruditi sulle Scritture, i più compiuti sul piano della condotta, della fede e della conoscenza, non possiedono nulla: né abito, né dimora, né lavoro, né famiglia, né amici, né ciotola, ma solo la scopa, un contenitore per l'acqua con cui lavarsi i piedi prima di entrare nei templi, e la pezzuola sulla bocca (essi elemosinano il cibo e l’acqua da bere nell'incavo delle mani).

6) E' naturale difendere la propria specie.

Sì, è naturale difenderci quando siamo attaccati, o quando una risorsa ci è necessaria per vivere e non vogliamo dividerla con altri (magari è egoista, ma è naturale). Nessuno degli animali che noi alleviamo e uccidiamo, però, ci attacca, attenta alla nostra vita, o ci è necessario per vivere.
In quanto alle risorse, siamo proprio noi che le sprechiamo dandole in pasto agli animali d'allevamento. La semplice golosità, ingordigia, e inerzia al cambiamento non sono affatto reazione di difesa, e non è dignitoso mascherarle come tali.

 

 

 

 

CAPITOLO SETTIMO:
FACCIA A FACCIA CON L’ATTIVISMO

 

7.1 L’Associazione Vegetariana Italiana
I vegetariani in Italia secondo un sondaggio Eurispes che risale al 2002, sono circa due milioni e novecentomila. L'A.V.I. Associazione Vegetariana Italiana si occupa di difenderne i diritti, tenerli informati e di diffondere l'etica e i principi fondamentali del vegetarismo
L'Associazione Vegetariana Italiana è nata nel 1952 sulla spinta di poche personeche, guidate da Aldo Capitini, docente di Filosofia morale all'Università di Perugia, apostolo della non-violenza, hanno dato vita alla prima associazione vegetariana in Italia. Insieme, sorretti unicamente dalla forza dell'ideale vegetariano, pacifico e pacificatore, hanno deciso di dedicarsi alla diffusione di questo valore, consapevoli che l'uomo possa salvarsi dall'autodistruzione solo riportando la sua alimentazione al rispetto delle leggi naturali, cioè all'esclusione del cibo carneo, che comporta l'uccisione di animali pacifici e innocenti.
L'A.V.I., continuando oggi con la medesima filosofia dei suoi fondatori, ha tra gli scopi principali quello di incrementare il numero degli iscritti, affinché il vegetarismo acquisti una forza decisionale anche nell'attuale società italiana, con enorme vantaggio per tutta la popolazione.
L'Associazione non ha scopo di lucro e non riceve alcuna sovvenzione statale o privata: per questo il contributo dei singoli è assolutamente vitale. Ma un'associazione vive e cresce anche grazie agli scambi intellettuali: il direttivo, insieme al comitato medico scientifico e ai volontari si è spesso impegnato in questi anni in importanti campagne di sensibilizzazione, convegni, corsi.
L’Associazione ha deciso di accettare tra gli iscritti tutte le persone vicine alla filosofia vegetariana: è quindi prevista una tipologia d’adesione per chi è già vegetariano (socio effettivo) e una per chi, pur non essendolo ancora, sia incline all'etica o alla dieta vegetariana (socio aderente).
Fin dall'inizio del secolo scorso, il vegetarismo era praticato in Italia da molte persone per ragioni etiche e dietetiche, senza alcuna organizzazione o gruppo coordinato che ne divulgasse le tematiche. Così, nel 1952, Aldo Capitini, partendo dalla convinzione che il sostentamento umano non debba basarsi sulla morte di altri esseri viventi, cominciò a riflettere sul vegetarismo come scelta consequenziale al suo impegno nonviolento.
Da un articolo del 1963 di Aldo Capitini: «Persone isolate e gruppi vi sono tuttavia, per zoofilia o per ideologia (gandhiana e nonviolenta, teosofica, pitagorica, naturistica, ecc.). Non siamo ancora in grado di farne un quadro esatto. Per arrivare a questo, per divulgare l'ideale e la buona pratica del vegetarianesimo, per rafforzare i rapporti tra i vegetariani e praticanti, nel 1952 [...] abbiamo messo in moto, anche per impulso di Emma Thomas [...] la Società vegetariana italiana, costituita nel settembre a Perugia, al termine di un congresso dedicato, dal Centro per la nonviolenza, allo studio e alla pratica della nonviolenza verso il mondo animale e vegetale. Era presente il segretario della International Vegetarian Union che ha la centrale a Londra, e che ha accolto il gruppo italiano nella grande famiglia internazionale».
Dopo la morte di Capitini, nel 1968, la Società Vegetariana Italiana cambiò la sua sede da Perugia a Milano e nel 1970 il Dottor Ferdinando Delor cambiò il nome in Associazione Vegetariana Italiana, proseguendo sulla linea ideale tracciata da Capitini. Con alcuni collaboratori costituì un'organizzazione più capillare e iniziò la pubblicazione del trimestrale L'Idea Vegetariana, partecipò assiduamente a convegni e incontri a livello internazionale divulgando articoli e volumi sul vegetarismo come scelta etica, sulle proprietà degli alimenti e sulle considerazioni scientifiche. Da allora l'Associazione Vegetariana Italiana ha avuto una continua evoluzione, inserendosi a tutti gli effetti nel movimento vegetariano europeo e mondiale.

 

7.2 Colloquio con i vertici AVI
Il 25 febbraio 2005 ho conosciuto personalmente l’attuale presidente dell’Associazione Vegetariana Italiana, Carmen Somaschi. Riporto qui di seguito una sintesi della conversazione intercorsa durante il nostro incontro.

Alla luce del parallelo tra allevamento e successiva destinazione al macello dell’animale, perché secondo lei la maggior parte dei vegetariani non diventano vegani?
Indubbiamente si tratta di un dato storico. L’AVI - fondata nel 1952 da Aldo Capitini – nasce fondamentalmente con l’obiettivo della non-violenza e del pacifismo in quanto negli anni del dopoguerra non si parlava ancora di allevamenti intensivi né di tutto quello che avveniva nella produzione del latte. Tuttavia, negli Anni 60 si è verificato un boom del consumo di carne che ha trasformato questo alimento da cibo che si mangiava in occasione delle feste e comunque saltuariamente - in un’ottica di alimentazione bilanciata e “contadina” - in un pasto quotidiano. Purtroppo a partire dagli Anni 60 si è sviluppato un fenomeno di avvicinamento culturale tra il nostro paese e l’alimentazione americana che concepisce la carne come piatto principale e ciò ha portato alla nascita delle prime tecnologie mirate allo sfruttamento animale. L’associazione, cercando di adeguarsi al momento e ai cambiamenti storici, vedeva da un lato la figura di Capitini - concentrato sugli aspetti della non violenza/pacifismo - e dall’altro il dott. Ferdinando Delor - dal 1970 concentrato sull’aspetto più strettamente medico fino a quel momento non considerato; in quegli anni infatti in Italia non esistevano ancora studi medici che dimostrassero la fattibilità del vegetarismo, oggi invece una realtà (legumi e cereali costituiscono la base di una completa alimentazione e di un pasto completo come pasta e fagioli, pasta e ceci, riso e bisi, da sempre parte della tradizione mediterranea italiana).
Il Dott. Delor ha posto in tal modo le basi per una dieta vegetariana in Italia in termini scientifici, anche riprendendo studi anglosassoni. Negli anni 80, in seguito a un passamano da Capitini a Delor e da questi a me, sono subentrata nella gestione dell’associazione e mi sono resa conto che il problema principale di noi vegetariani era trovare un sistema per avere sulle nostre tavole prodotti adatti alle nostre esigenze; in effetti, purtroppo non c’era allora molta informazione su cosa ci fosse dietro alimenti apparentemente “normali” come  formaggio e latte. Proprio a partire da questo periodo si inizia a sviluppare il movimento animalista e l’AVI prende una nuova direzione: approfondire al meglio ciò che avveniva sulle nostre tavole e vagliare attentamente le sostanze contenute negli alimenti (coloranti, conservanti e lavorazioni prima inesistenti). Abbiamo puntato molto sul far prendere coscienza delle tematiche vegetariane ai mondi più vicini ai vegetariani come quello degli animalisti (“amate gli animali, ma ve li mangiate”) in quanto negli Anni 80 non c’erano gli strumenti di comunicazione e informazione di cui disponiamo oggi.


  Cfr. la FAQ pubblicata a pag. 18 del n.123 della rivista “L’idea Vegetariana”.

Chi difende il cibo animale dovrebbe costringersi a un esperimento decisivo per stabilirne la validità... lacerare le carni di un agnello vivo coi soli denti, e affondare la testa dentro i suoi intestini, estinguere la propria sete nel sangue fumante; quando, fresco di questa orribile azione ritornasse agli irresistibili istinti della natura che si ergerebbero in giudizio contro di essa, e dicesse, la Natura mi ha fatto per questo genere di lavoro. Allora, e solo allora, sarebbe coerente.” Citazione  dello scrittore Percy Shelley.

Religione orientale la cui spiritualità si basa sulla regola aurea dell’AHIMSA, il rispetto attivo nei confronti di ogni singola vita, animale o vegetale, che è divina e sacra e contiene un’anima individuale eterna, potenzialmente perfetta e santa, che aspira a liberarsi dai vincoli con la materia. Ne deriva che la condotta del Jaina sia estremamente rigorosa nell’osservanza del Vegetarismo, del pacifismo, della tolleranza, della protezione della creazione e delle creature, dell’altruismo. Il rispetto attivo per gli animali e per la natura è, quindi, il fondamento stesso dell’etica jainista.

Il professor Marcucci, la dottoressa Thomas, l'ingegner Freddi, il professor Capo, il dottor Ciaburri e il professor Hermann.

  http://www.vegetariani.it/vegetariani/articles/4.html.

 

Negli anni 50-60 era già difficile parlare di vegetarismo, figuriamoci di movimento vegano che sta invece nascendo adesso in seno al vegetarismo; in effetti ci si può domandare perché non si sia parlato già allora di veganismo, ma in fondo alla fine della guerra mangiare carne voleva dire essere usciti dalla fame e, anche se erroneo, nella mente dell’uomo poterne consumare era associato a benessere. Ricordiamo che il Vegetarismo nasce dal pitagorismo basato sull’idea di uomo legato alla civiltà contadina e all’animale: mangiare e sostentarsi insieme. Poche le “pubblicazioni” che si contavano, tra cui il “compendio” di Delor, primo libro pubblicato nel 1980 sul vegetarismo. Cambiare ovviamente non è semplice e ancora meno farlo repentinamente infatti un meccanismo comprensibile è di seguire un percorso graduale per arrivare ad essere vegano – lo stesso vale per i vegetariani - magari anche attraverso meccanismi tipici dell’uomo, per es. cominciare ad eliminare carni rosse o il coniglio (perché  fa tenerezza) e poi passare alle carni bianche, ecc. Tuttavia ci sono persone che come me, una volta presa coscienza della sofferenza animale, non accettano le mezze misure e diventano subito vegetariani, anche se si tratta di una questione soggettiva legata alle caratteristiche dei singoli. Fino a dieci anni fa si parlava pochissimo di veganismo; il nostro primo congresso europeo risale al 1985 a Cervia in cui però ad es. in tutta serenità non ci è venuto in mente di preparare un menù vegano: era un discorso molto lontano e sarebbe stato difficile in quanto non c’erano le strutture alberghiere pronte a preparare alimenti vegani. Il primo passaggio al veganismo è nato con la crescita del movimento animalista in cui veniva considerata anche la questione etica – rispetto per la vita degli animali.
Negli anni 90 la crescita del movimento biologico ha reso possibile un altro tipo di alimentazione, l’apertura verso nuovi orizzonti alimentari: proprio al congresso dell’85 si è visto per la prima volta il seitan ad opera di un artigiano locale. La crescita del consumo biologico ha permesso un’apertura anche all’alimentazione vegetariana: non più formaggio e insalata ma seitan e insalata. Così anche  chi aveva soltanto pensato di diventare vegano ha avuto la possibilità di farlo. Ho ad es. una socia di 90 anni vegana da una vita che dimostra che non si tratta di un’invenzione dell’ultima era, anche se effettivamente all’inizio essere vegani era un’iniziativa solitaria e difficile da attuare.

Qual è la sua opinione e come risponderebbe alla critica mossa all’alimentazione vegana considerata innaturale a causa della carenza di vitamina b12?
Non si può negare che la carenza della vitamina b12 è un vero problema, soprattutto per la crescita nei bambini, ma parlare di innaturalità quando da anni si effettuano manipolazioni sul cibo mi sembra assurdo; definire il vaganismo una scelta innaturale è a mio parere incoerente se paragonato al fatto che l’uomo negli anni ha completamente snaturato il nostro pianeta. Infatti, cent’anni fa lo stile di vita era molto più naturale di adesso, non esisteva il biologico perchè tutto era già biologico e probabilmente era possibile essere vegani naturalmente perché la vitamina b12 si poteva assumere ad esempio dalla buccia non lavata bene (addirittura c’è chi dice che per natura gli uomini sono fruttariani, perché hanno le mani per cogliere e non per ghermire). Purtroppo non esiste più la natura: in 60 anni alla faccia del progresso abbiamo distrutto tutto il nostro passato.

Da quando pensa l’uomo abbia cominciato a necessitare della b12?
Io penso che il corpo fabbrichi la b12. Dal momento che non sono un medico non posso dare una risposta scientifica ma andando per ipotesi e intuito posso dire che indubbiamente il nostro stile di vita sia decisamente cambiato; per farti un esempio ricordo che da piccola quando ero a Milano tutti i bambini avevano le guance rosse e ora invece noto che sono tutti pallidi. Nella realtà di oggi la vitamina b12 è indispensabile per l’uomo, ma probabilmente vivendo in condizioni migliori e in luoghi dove l’aria è più pulita – come in montagna – questo bisogno si sente meno; questo per dire che dal mio punto di vista non è l’assenza della vitamina b12 a creare l’innauralità, ma è il tipo di vita a determinarla. Il progresso degli ultimi 50 anni ha indubbiamente portato numerosi benefici ma anche problemi gravi come l’inquinamento.

Per quanto riguarda l’aspetto legale, è a conoscenza di precedenti di eventuali cause di figli verso genitori per aver ricevuto un’alimentazione vegetariana o vegana?
Mi risultano pochi casi di cause contro genitori – questo accade soprattutto quando un genitore è vegetariano e l’altro no e quindi il bambino ha la possibilità di una scelta. La legge non interviene perchè c’è la patria potestà, a meno che si dimostri che il bambino non è alimentato bene. I bambini piccoli spesso rifiutano carne o al contrario sono naturalmente carnivori. Riporto l’esempio di mia figlia che oggi ha 26 anni ed è vegetariana dalla nascita – rifiutava e detestava la carne – e sente naturale crescere vegetariana.  Trovo corretto ad esempio che nelle scuole oggi si stia legalizzando la scelta di un menù vegetariano (ed è una delle nostre battaglie in corso).

Esistono intolleranze alimentari o particolari condizioni di salute che impediscono di cibarsi di soli vegetali?
Indubbiamente è anche questa una domanda da medico. Molti parlano di carenza di ferro o pressione bassa e che per questo necessitano la carne; in realtà questo cibo non è necessario in quanto esistono integratori naturali  o con oligoalimenti e per agevolare l’assimilazione del ferro si può prendere tanto limone che contiene la vitamina C, sostanza che incrementa il suo assorbimento.

Cibare tutti con alimenti vegetali più integratori tipo b12, calcio e ferro sarebbe attuabile?
No. Solo i vegani hanno bisogno di b12; così come persone che hanno carenze particolari legate a malassorbimento, possono necessitare di  ferro o calcio. I vegetariani sani non hanno bisogno di integratori in quanto trovano ad esempio il calcio tranquillamente in frutta, verdure ecc. Nel 1997 in un convegno vegetariano europeo si prende atto del cambiamento e c’è un menù vegano in  rispetto a tale scelta futura di migliorare. La dieta vegetariana è adatta all’uomo, con un consumo limitatissimo di uova e latticini; unica carenza legata alla vita attuale è di b12.
In rapporto a donne e ciclo mestruale può essere che la carenza di ferro sia dovuta non alla perdita di sangue ma ad altri fattori come lo stress che in alcuni casi può far perdere più sangue col mestruo. Le malattie in generale andrebbero curate non superficialmente con la somministrazione di medicinali come a mio parere opera la medicina ufficiale, ma andando a fondo nella comprensione delle vere cause della malattia, spesso di origine più profonda. Purtroppo secondo me non siamo più abituati a scrutare dentro noi, rimaniamo sempre fermi sulla superficie, senza rinnovarci così come la medicina tradizionale che propone con le medicine solo tamponamenti momentanei e non cure vere.

Come si potrebbe gestire a suo parere  la nutrizione degli animali “domestici”?
La risposta è secondo me molto semplice, come diceva il Dott. Delor negli Anni 80: “Date a Cesare quel che è di Cesare”. Infatti se l’uomo è per sua natura automaticamente un “pensatore” in grado di decidere il suo destino, l’animale è un “quasi pensatore” in quanto su alcune cose agisce per deduzione, sviluppa una sua personalità, un suo modo di essere e, vivendo vicino all’uomo, si umanizza. Sulla base di questo concetto, anche l’alimentazione degli animali dovrebbe essere una scelta libera e non una prevaricazione dell’uomo perché più forte.  Dunque secondo me automaticamente bisogna riconoscere all’animale domestico il diritto a scegliere l’alimentazione; si può aiutarlo a diventare vegetariano ma se volesse la carne non si può negargliela.
Il movimento vegetariano non ha linee guida di comportamento, ognuno ha la sua scelta etica, non c’è giusto o sbagliato, tutto può essere messo in discussione in quanto la perfezione non esiste.

Cosa pensa della  critica mossa ai vegetariani: “come mai vi nutrite di vegetali che sono vivi come gli animali?”
I vegetariani non sono perfetti: l’uomo non ha ancora imparato ad alimentarsi di aria, di amore, ma si nutre di quello che provoca meno sofferenza. La differenza nella scelta tra un animale e un’insalata è lo stadio evolutivo: la pianta non ha un sistema nervoso da cui dipende l’avvertenza del dolore, mentre l’animale ce l’ha; l’animale inoltre è un essere più vicino a noi di cui conosciamo la sofferenza, a contrario della lattuga: la sofferenza della morte di una lattuga è molto minore della sofferenza animale. Molti vegani si sentono migliori dei vegetariani, ma si potrebbe dire che crudisti e fruttariani (che mangiano il frutto maturo che sta morendo e portano semi lontani dall’albero madre per far crescere nuovi frutti)  sono migliori dei vegani.

Un accenno al movimento jainista. Loro non mangiano nemmeno radici a differenza dei fruttariani.
Si tratta di movimenti ancora più rigidi e sempre più attenti alla vita. Io li ammiro se si arriva a fare questo per stare bene, ma non condivido che lo si faccia da frustrato, solo per mania di perfezione.

Cosa si potrebbe fare per  pesare il meno possibile sull’ecologia e sulla sofferenza altrui viste le tante  alternative?
Ognuno di noi deve cercare di trovare la strada migliore tra la sua coscienza e la capacità di attuarla; ad esempio io so che se ho fame un pezzo di formaggio lo mangio, la carne no perché non ho una forma di coscienza così radicata ed evolutasi in tal senso. Noi dobbiamo vivere con gli altri e dobbiamo essere persone gradevoli.

Come mai l’informazione da parte dei media è poca sul vegetarismo?
Assistiamo ad una grossa evoluzione, non solo da parte dei media, ma anche delle aziende. Prima i vegetariani erano in balia dei media, ora grazie a Internet non è più così in quanto la Rete aiuta a prendere coscienza (l’associazione conta oggi 15000 nuovi contatti mensili!).
L’Associazione contatta le aziende per facilitare la scelta vegetariana e ancor di più quella vegana. Esiste oggi infatti il panino vegano all’autogrill e obiettivamente se al vegetariano venisse proposta una vita vegana più facile la seguirebbe: avendo la possibilità sceglierebbe il panino vegano e non più quello “solo” vegetariano! Ciò che allontana i vegetariani dalla scelta vegana è la difficoltà dell’attuazione: penso che quando essa sarà più attuabile molti vegetariani diventeranno vegani. Bisogna far capire alle aziende di produrre prodotti per vegetariani e vegani e infatti lo scopo della nostra Associazione è rendere attuabili, per reperibilità sul mercato, tutte le scelte dal vegetarismo in su. Indubbiamente per i vegani è oggi più difficile stare fuori casa perché la società non produce ancora tutto, mentre i vegetariani - numericamente più forti dei vegani - hanno lavorato per rendere più semplice la vita anche ai vegani e anche affinché si espandesse il movimento vegano, un sistema più etico del vegetarismo.

In internet però è chi  naviga a scegliere cosa guardare, mentre  tv e giornali non permettono di scegliere rendendoci più passivi…
Negli anni 90 vi era completo disinteresse da parte di tutti e delle aziende verso il movimento vegetariano. Cito l’episodio della scelta storica e lungimirante della Barilla, azienda sana e forte, di fare non pubblicità ma informazione al lettore distinguendo i prodotti adatti ai vegetariani da quelli vegani e a loro volta dagli alimenti per onnivori. Questa pubblicità è stata molto innovativa nel marketing e ha cambiato il rapporto dell’associazione con le aziende.

In Inghilterra sono più avanti in questo, ad esempio esistono vari prodotti con simboli specifici.
Il simbolo è certamente un risparmio di tempo perché permette di non passare ore a leggere le etichette. L’aiuto monetario della vendita del simbolo vegetariano alle aziende è fondamentale, fermo restando che l’associazione si comporti come azienda etica dove l’aspetto prioritario sia la salvaguardia dei suoi principi. Il simbolo vegano è anche per noi differente da quello vegetariano.

L’associazione cura altri aspetti oltre quello alimentare?
L’associazione vegetariana ha lo scopo principale di diffondere il vegetarismo. Come in Inghilterra, ogni associazione ha il suo ruolo ad esempio l’AVI lascia ad altre associazioni come PETA (People for the Ethical Treatment of Animals) la difesa di altri diritti degli animali; in Italia c’è però purtroppo grande confusione di ruoli tra le associazioni mentre ognuno dovrebbe ritagliarsi il suo ruolo e collaborare con gli altri. Le associazioni si beccano tra loro e i vegani invece sono in disparte e accusano i vegetariani di non essere ancora vegani: non si può costringere gli altri ad essere vegani, bisogna avere rispetto per i diversi tempi di maturazione.

Se solo tutti i vegetariani fossero vegani…
Prima i vegetariani dicevano: “Se tutti gli animalisti fossero vegetariani!”, ma c’è modo e modo di farlo. Al vegfestival per assurdo non si accettava la collaborazione di vegetariani. Riconosco di essere polemica verso i vegani anche perché spesso loro non amano gli umani. Il vegetarismo prima o poi secondo me diventerà veganismo ma bisogna anche avere il coraggio di scendere per parlare con gli altri allo stesso livello in quanto non ci si può assumere la responsabilità delle scelte altrui.

Un regime vegano, se esteso all’intero globo, cosa comporterebbe per l’ecosistema?
Una lenta riconversione del sistema è auspicabile per tornare ad una realtà contadina, senza eliminare la tecnologia, anche perché gli allevamenti intensivi hanno modificato l’equilibrio naturale. questi sono dannosi per l’inquinamento, fame nel mondo, deforestazione. Peggio di così c’è solo la completa distruzione.
La riconversione è possibile attraverso la tecnologia, quindi non annullare la scienza, ma rifiutare ciò che è innaturale, come per esempio la manipolazione genetica. Se non ci saranno più macellai, ci saranno più fruttivendoli: non si rimarrà certamente senza lavoro. Occorre riprendere i valori di una volta con lo stile di vita di adesso: sarebbe meraviglioso, tranne che per le multinazionali. Il ricco non ha ragione d’essere: chi ha troppo lo ha tolto agli altri.

Vi sono per gli animali, rischi di estinzione o di soprannumero?
Non sarebbe un problema, perché l’evoluzione prevede cambiamenti di razze, oltre che  estinzioni. Non è un problema se si estinguono delle razze, se avviene naturalmente, e non per sterminio e sopraffazione come succede tra i popoli.

Quale il rapporto fra il movimento vegetariano e il fenomeno OGM?
Il movimento vegetariano italiano è assolutamente contrario al fenomeno dell’OGM perché dietro al sistema di manipolazione genetica (il dna è quanto di + intimo c’è), risiede la falsità di far passare come risoluzione della fame del mondo (la cui via d’uscita sarebbe semplicemente il vegetarismo) il controllo dell’attività del contadino non più libero di avere dei semi e costretto a comprarli dai padroni che hanno il brevetto (sfruttamento e grande giro di interessi). Inoltre i semi sono resi sterili perciò bisognerebbe comprarli ogni anno. Vi è sterilità troppo diffusa anche tra le donne rispetto a prima; non è naturale.. e una modificazione genetica non è mai naturale.

Nessuna forzatura o contrasto, quindi, nell’alimentare animali domestici con carne?
C’è equilibrio che nasce dal discernimento che a sua volta nasce da due cose: esatta realtà del punto in cui ti trovi ed esatta realtà delle tue capacità. Dobbiamo aiutare possibili vegetariani col dialogo e non con la condanna. Le armi vincenti per i vegetariani ed i  vegani devono essere  discernimento e dialogo.

Un suo parere sulla pratica della vivisezione?
Si può condannare una cosa come la vivisezione infatti l’associazione vegetariana la condanna senza però condannare le persone. Il discernimento si adatta alle circostanze e ai cambiamenti: prima non si eliminava formaggio perché non c’era alcun sostituto, ora anche i vegetariani evitano il formaggio perché c’è il seitan, il tofu ecc. E lo stesso discorso vale per le scarpe: prima si voleva evitare quelle in pelle ma quelle in plastica negli anni 50 ancora non esistevano in Italia mentre ora si può tranquillamente farne a meno. E se poi molte scarpe di plastica sono fatte sfruttando il lavoro minorile. Meglio bambino o mucca? Discernimento! Ora i vegetariani dicono: il formaggio non è più indispensabile, se proprio lo vuoi mangiane poco e usa quello fatto senza caglio animale.

Non ha il  timore che tollerare diventi “lasciar fare”?
Tollerare è indispensabile per comprendere e dialogare e convincere. Io uso mediazione per convincere la mia cagna a non mangiare carne. Comprendere non vuol dire accettare ma permettere di dialogare.
La mia è una guerra pianificata, un lavoro continuo e silenzioso, nonostante critiche e incomprensioni: in 20 anni i vegetariani sono diventati da 600mila a 6milioni, con il mio lavoro. La rabbia e le azioni “violente” invece sono facilmente strumentalizzate… e ricorda: la rabbia non ti rende lucido.

 

7.3 Il IX Congresso Vegetariano Europeo…
Permeato dallo slogan “Vegetarians do it Better!”, si è svolto in Italia (a Riccione), dal 1 al 7 ottobre 2005, Il IX Congresso Vegetariano Europeo. L’evento è stato promosso dall'EVU, European Vegetarian Union, organizzazione europea che si occupa della diffusione del vegetarismo. L'EVU promuove il dibattito e la ricerca, favorendo i contatti tra tutte le organizzazioni europee che si occupano di vegetarismo e sostenendo i vari gruppi e gli attivisti vegetariani per il raggiungimento dei loro obiettivi, per garantire una prospettiva europea favorevole al vegetarismo. L'EVU sponsorizza e organizza eventi e seminari che trattano di vegetarismo e i Congressi vegetariani, in sedi sempre diverse, che offrono opportunità per scambiare idee e conoscere alti esponenti dell’animalismo internazionale.
L'organizzazione del “9th European Vegetarian Congress”, come già per i congressi vegetariani europei di Cervia (1985) e di Bussolengo (1997), è stata affidata all'Associazione Vegetariana Italiana, puntualmente impegnata a promuovere e agevolare la scelta vegetariana attraverso un approccio moderato, secondo la filosofia della tolleranza, dei piccoli passi e della libertà dell'individuo.
Durante le 5 giornate dedicate ai lavori congressuali sono state affrontate tutte le tematiche riguardanti il vegetarismo: animalismo, sostenibilità, salute, pacifismo. La giornata di apertura è stata animata dalla presenza di Paola Maugeri (vj di MTV) e sono intervenute personalità di spicco, conosciute a livello internazionale come Tom Regan, Silvia Amodio, Marinella Correggia, Aris Latham, Tina Fox, Gianni Tamino, Gene Spiller, Ottavio Bosello, Leonardo Pinelli e  Red Ronnie.
Nelle 5 giornate (i cui menu offerti sono stati tutti vegan, con una ampia scelta anche per i crudisti) sono state registrate oltre 900 presenze di delegazioni arrivate da varie parti il mondo. Pur essendo un appuntamento europeo il congresso ha visto una variegata frequenza anche da paesi extra europei come Brasile, Ghana (la prima volta che una delegazione del Ghana partecipa a un congresso vegetariano), India, una delegazione Tibetana, Jamaica, Stati Uniti. Dall'Europa sono arrivati rappresentati di Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Olanda, Russia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Uk.

7.4 …un suo ospite memorabile quanto insolito…
L'enciclopedia Oxford 2004 sul Cibo e sulle Bevande in America cita: “Il movimento dell'alimentazione crudista deve molto a Aris LaTham, nativo di Panama, considerato il padre della cucina etica crudista in America. Ha debuttato con le sue creazioni crudiste nel 1979, quando ha dato vita al Sunfired Foods, una società alimentare di New York City. Negli anni ha formato migliaia di cuochi specializzati in crudismo e ha aggiunto una quantità innumerevole di ricette al suo repertorio”.
Aris Latham, vegetariano per 35 anni attualmente segue un'alimentazione crudista vegana. E' considerato dal Vegetarian Time Magazine uno dei più importanti grandi Chef vegetariani in America
Essence, Vegetarian Gourmet, Health Quest, Upscale, UK's Balance and Japan's Tarzan Fitness Magazine, così come il Washington post, Harlem's Amsterdam News, Jamaica'S Gleaner and Observer, sono solo alcune delle pubblicazioni dove è apparso. Aris è stato Chef presso Raw Food Masters Culinary Showcase allo Swept Away Resort. Ha lavorato come Consulente Esecutivo del servizio di ristorazione presso Island Outpost, alle Caves in Negrill e presso Strawberry Hill resort, ha effettuato il servizio di catering presso il Kingston Hilton Hotel.
Aris è nato a Panama, come discendente diretto di una familia Afrocaraibica con tradizione culinaria Griot che è diventata molto conosciuta a livello mondiale per l'interesse del cibo etico. Al momento è impegnato nella formazione di altri Chef vegani e crudisti in molti alberghi internazionali.
Ha completato i suoi studi laureandosi presso la California State University presso Fullerton. Grazie alla sua conoscenza delle lingue è stato un amministratore formativo nell'educazione bilingua e uno studente poliglotta nello studio dello swahili, sanscrito, ebonic, arabo e spagnolo. Aris che e' un autodidatta dell'arte culinaria, ha una sua collezione privata composta da 10 mila volumi sull'argomento, e' il fondatore di Sufire Cousine e del Paradise Pies.
Di seguito una sua intervista ottenuta durante il congresso al fianco della giornalista Marinella Correggia.
Intanto, cosa mangi e quando?
La mattina al risveglio lo stomaco è come tornato alla sua forma iniziale, perché è a digiuno. Ora, inserirvi cose solide significa forzarlo. Meglio, e così faccio da quando mi sveglio alle 4 (con il canto del gallo) sino alle 11, bere soltanto, latte di cocco o succhi di frutta. A pranzo poi combino proteine e vegetali, le proteine vengono dal latte di noci, soprattutto mandorle, girasole, castagne (li preparo a crudo mettendo a mollo la frutta per dodici ore e poi macino e mescolo l’acqua). Poi un’insalata vegetale e di seguito semi e frutta proteica, anche fatti come paté, con aglio, spezie, macinati e ridotti a paté. Per cena: germogli di due giorni fatti con miglio (non decorticato), kamut, quinoa… e dei legumi.
Digiuni?
Fanno parte della mia filosofia alimentare. Un giorno la settimana, cercando anche di resistere il più possibile senza bere liquidi. Alcune volte ho resistito anche 36 ore; ma normalmente in quelle 36 ore  (fra venerdì sera e domenica mattina, durata del “digiuno”) assumo latte di cocco e succhi di frutta. Tanto il corpo si riposa lo stesso, perché senza fibre (che non ci sono nei succhi) il corpo non deve digerire.
Perché solo cibi vegetali crudi?
La mia filosofia è che il corpo è l’unica cosa che abbiamo, dobbiamo trattarlo bene; dico agli animalisti che i diritti animali cominciano a casa, dall’animale che siamo noi. E poi se siamo in salute possiamo meglio aiutare gli altri. Ora, la cottura fa un cibo morto; distrugge gli enzimi e così per digerire il corpo li dovrà produrre; in tal modo gli enzimi che sarebbero necessari al fegato e agli altri organi sono tutti concentrati sulla digestione; si dorme, perché perfino il cervello funziona poco.
Ma non basta limitarsi, per ipotesi, al 75% di crudo, come suggeriscono alcuni testi di crudismo?
Eh no; perché il cotto è una droga; il corpo è una spugna e quando assumi di nuovo il tossico, il corpo la assorbe e torna dipendente. I cereali cotti creano dipendenza; e immaginiamo che poi dentro il corpo producono alcol, e da questo il lievito, che può dare infezioni.
Si possono fare eccezioni temporanee, pericolo della dipendenza a parte?
Una volta che il sistema è pulito, se si fanno eccezioni ci si ammala. Quindi ad esempio venendo qua in aereo, dodici ore, ho portato solo due bottiglie di acqua di cocco.

 

Perché chiami “cotto al sole” il cibo fresco vegetale?
Perché è un condensato dell’energia solare, energia vitale. La crescita è la maturazione sotto i raggi del sole, fino a quando il frutto è maturo e cade; se lo cuoci è morto, e ti aspetti che la morte promuova la vita?
Dunque anche i vegan mangiano cose morte…Ma fai differenza fra, un pane da chicchi germogliati, macinato in casa e cotto al forno rispetto ad un discutibile pane bianco industriale, o fra un vegetale cotto a casa e uno comprato surgelato, ecc.?
Diciamo che la prima soluzione è un po’ meno morta, ti ucciderà un po’ meno… Insomma invece del pane cotto occorrerebbe mangiare i germogli, come gli Esseni. E del resto lo stesso pane e i chicchi non sono così necessari; il mio corpo poi dall’amido deve ricavare gli zuccheri, ma io gli zuccheri li traggo dalla frutta direttamente! E del resto il pane può essere cotto al sole.
Perché non il latte, oltre che per considerazioni animaliste?
A parte che mangio il latte di semi oleosi e noci, quanto al latte di mucca, questo è adatto al vitello, e si sa che la mucca si deve sviluppare fisicamente una mole molto più grossa di noi, mentre il cervello rimane piccolo.
Ma come fai con l’annoso problema della carenza di B12 di chi mangia solo vegetali?
Si noti che quando si assume la B12 da fonti animali, il 95% di questa se ne va negli escrementi; solo il 5% è assorbita. Quando il tuo sistema corporeo è pulito grazie all’assunzione di solo cibo fresco, il tuo intestino basso è capace di sintetizzare da solo la B12 necessaria. Cosa dicono i medici riguardo agli effetti della carenza di B12? Dicono che incide sui nervi; ebbene ti sembra che abbia i nervi danneggiati, dopo 36 anni? Sfido un carnivoro a tenere la mano ferma così.
Parlavi degli Esseni; loro il latte lo bevevano.
Sì, se è per questo si sono anche estinti, il loro retaggio è andato… Direi che sono di un’altra epoca, non vanno presi pedissequamente. Adesso abbiamo più informazioni scientifiche; conviene prendere ciò che è giusto e pratico.
E quanto al bagno di sole? Non fa male alla pelle (alludo a cancro, eccetera)?
Il sole è la vita, senza sole non c’è nulla. Non è il sole a provocare il cancro, in Sudafrica c’è un fruttariano, Morris Krok, che mangia appunto solo frutta e sta sempre al sole; se lo facessero delle persone che mangiano cibi cotti svilupperebbero un cancro. Ma è perché il sole tira fuori sulla pelle le tossine che il cibo cotto accumula nel corpo; il problema non è il sole ma le tossine cotte che lui ti tira fuori e ti accumula sulla pelle se mangi cotto.
Perché dici che il fresh food, ovviamente vegetale, è karma-free?
Perché il cibo cotto è ucciso,  mentre del cibo vegetale fresco, ingerito crudo, noi estraiamo la forza vitale e lo restituiamo alla terra in grado ancora di vivere; i semi di un frutto possono rigermogliare; invece un cibo cotto non può farlo.
Certo il crudismo risparmia parecchia energia…
Risparmia legna  da ardere, o gas combustibile; e non solo: le feci sono pulite e adatte a concimare, in una reciproca sintesi di alimenti.
Però non è adatto a tutte le aree. Come si fa in Iraq?
Anche in Iraq c’è comunque la possibilità di avere cereali e  datteri. Poi, anche se il cibo locale è assolutamente meglio, meglio cibo fresco importato che cotto locale! Ci sono in effetti aree del mondo non così adatte alla vita umana come lo sono invece i Tropici e il Mediterraneo, e altre proprio inadatte, come l’Alaska; là gli umani non dovrebbero stare, e del resto muoiono giovani con la loro dieta.
Ma i bambini possono essere cresciuti così?
Sì, conosco almeno una decina di persone negli Usa i cui genitori, crudisti, li hanno allevati così (senza latte) e ora hanno sui 30 anni.
Hai scritto un libro sulla tua esperienza?
Magari fra un anno o due sarà pronto; dovrei trovare uno scrittore…ma ho tempo, nei prossimi cento anni lo farò!

7.5 …ed i relatori più illustri.
Ho personalmente redatto e distribuito un questionario concernente il vegan life-style a persone che ritengo fra i massimi esponenti del movimento vegano in Italia. Come scelta espositiva, opto per l’elencarli specificando le loro credenziali ed a seguire ogni mia domanda precederà le loro risposte con l’auspicio di facilitarne il confronto.
RELATORI CONGRESSO VEGETARIANO
Luciana Baroni
Medico chirurgo, specialista in Geriatria, Gerontologia e Neurologia, ha lavorato per molti anni in centri universitari di ricerca nel campo dello studio e della prevenzione dell'arteriosclerosi. Dirigente medico presso l'Ospedale Villa Salus, Venezia-Mestre, nell'Unità Operativa di Neuroriabilitazione, si occupa principalmente della diagnosi e del trattamento delle malattie neurodegenerative, in particolar modo della Malattia di Parkinson (a cui ha dedicato il libro: Malattia di Parkinson, non solo farmaci-l'importanza dello stile di vita, ed. Alcione 2003). Nel 2000 ha fondato Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana-SSNV, associazione che riunisce professionisti favorevoli alla nutrizione vegetariana e si prefigge di diffondere le conoscenze medico-scientifiche a sostegno di una scelta alimentare di tipo vegetariano, di cui è Presidente in carica. Ha scritto e curato la traduzione di numerosi articoli e pubblicazioni concernenti salute, alimentazione e stile di vita, con particolare riguardo all'alimentazione basata sui cibi vegetali (cosiddetta plant-based diet), che formano il corposo contenuto del sito dell'Associazione (www.scienzavegetariana.it). In collaborazione con il dr. Hans Diehl, fondatore e direttore del Lifestyle Medicine Institute Californiano e ideatore del notissimo CHIP (Coronary Health Improvement Project, un programma di educazione della popolazione per l'adozione di uno stile di vita più salutare, condotto con successo in oltre 150 città del Nordamerica, oltre che in India, Australia e Svizzera) ha scritto il libro “Decidi di Stare Bene-la salute è una scelta, non un destino”, recentemente edito da Sonda. Ha tenuto conferenze in molte città d'Italia sui temi dell'alimentazione vegetariana (adeguatezza nutrizionale e implicazioni salutistiche).

 

Marina Berati
Attivista per gli animali da oltre 10 anni. Sul tema della scelta vegan, è coordinatrice del progetto SaiCosaMangi.info (www.saicosamangi.info), co-promotrice di VIVO, Comitato per un consumo consapevole (www.consumoconsapevole.org) e del sito di community VeganHome (www.veganhome.it), è tra gli organizzatori del VegFestival di Torino, fa parte di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana, è autrice del libro "Diventa vegan in 10 mosse" (Ed. Sonda, 2005) e tiene conferenze pubbliche e nelle scuole sul tema dell'ecologia della nutrizione.
Marinella Correggia
Impegnata da anni nell'affrontare temi socioambientali, si è occupata di campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra. È stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia, Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi.
Collabora con diverse testate tra cui il Manifesto. Tra i suoi libri: Manuale pratico di ecologia quotidiana (Mondadori, 2000); Addio alle carni (LAV, 2001); Cucina vegetariana dal Sud del mondo (Sonda, 2002); Si ferma una bomba in volo (Terre di mezzo, 2003); Diventare come balsami (Sonda, 2004).
Riccardo Trespidi
Medico di medicina generale dal 1981. Esperto in Omeopatia, medicine naturali e alimentazione vegetariana, vegana. Ha pubblicato diversi studi sull'alimentazione vegetariana su riviste internazionali di alimentazione. Ha partecipato come relatore ai congressi internazionali sull'alimentazione vegetariana a Loma e Linda. Attualmente collabora con l'Istituto Superiore di Sanità e il Dipartimento di Fisiopatologia Medica dell'Università La Sapienza di Roma a uno studio sugli effetti dei regimi dietetici vegetariani sul metabolismo e su alcune malattie degenerative. Responsabile del comitato medico scientifico dell'A.V.I. e attivista politico del Movimento di Liberazione Animale.
Franco Libero Manco
Studioso di antropologia morale e presidente dell'Associazione Vegetariana Animalista. Presidente del Comitato Tecnico Etico-Scientifico sito in Via Cesena, n.14 a Roma (www.vegetariani-roma.it). Sua la citazione: “L'errore più grande che l'adulto possa compiere nei confronti dei bambini è limitare la loro sfera d'amore al solo essere umano. Abituando i bambini a non dare valore ad ogni forma di vita, a non curarsi della sofferenza e della morte degli altri esseri viventi, in essi non si sviluppa la sfera del sentimento, dell'amore, della condivisione e il loro animo resta incapace di rispetto, insensibile, egoista anche verso le necessità degli altri esseri umani. La realizzazione di un mondo migliore è possibile solo se migliore sarà la coscienza di coloro che lo compongono. Il male si alimenta non dalla violenza dei pochi, ma dalla tiepidezza dei molti”.
QUESITI E RISPETTIVE RISPOSTE

  • Da quale periodo in poi l’uomo non ha potuto fare più a meno di assumere cibi contenenti cianocobalamina?

Luciana Baroni: la cianocobalamina è sintetizzata dai batteri, come del resto molte altre vitamine, ma a differenza di tutte le altre vitamine non è sintetizzata anche dalle piante, delle quali è solo un inquinante. Finché l’uomo ha potuto utilizzare cibi vegetali non lavati e non trattati, egli è stato in grado di ricevere naturalmente la vitamina B12 dal cibo, come è tuttora per i nostri progenitori primati che vivono allo stato libero.
Marina Berati: la domanda non è chiara. La cianocobalamina, vit. B12, l'uomo la deve assumere da sempre, e l'ha sempre assunta attraverso il cibo, ma da quando è iniziata la "civilizzazione" (non posso fornire una data) non è più così.
Per spiegare la questione riprendo la risposta a una "domanda frequente" dal libro "Diventa vegan in 10 mosse", edizioni Sonda: “Se devi prendere l'integratore di B12, essere vegan non è naturale!” La vitamina B12, è l'unica sostanza nutritiva che manca nella dieta vegan, o in quella vegetariana con apporto basso di alimenti di origine animale.
Da un punto di vista etico - il non ammazzare animali - è facilmente comprensibile come sia preferibile mangiare una volta la settimana una pastiglia piena di B12 prodotta per sintesi batterica piuttosto che dover avere sulla coscienza la morte di esseri senzienti.
E questo è per un vegano il punto di vista più importante, gli altri non hanno quasi peso.
Da un punto di vista «salutistico», non è dannoso prendere questo tipo di integratore, non esistono rischi di sovradosaggio.
Da un punto di vista «naturalistico», ammesso che interessi, visto che comunque nessuno di noi vive in modo realmente «naturale», va detto che in una ipotetica vita «in natura», se ci cibassimo di verdure e radici che crescono spontanee, senza lavarle e disinfettarle né aggiungere alcuna sostanza chimica al terreno, la B12 la troveremmo proprio nelle radici, proveniente, appunto, dai batteri che vivono nel terreno. Non vivendo in natura, questi batteri li dobbiamo «coltivare» appositamente e poi inserire la B12 che producono in una pillolina «pulita-pulita».
Infine, va detto che i casi di carenza «patologica» di B12, che non si verifica  nei vegani più che nei carnivori, sono dovuti la quasi totalità delle volte non alla dieta, ma a una carenza di «fattore intrinseco», che è quel fattore che permette di assorbire la B12. Chi manca di questo fattore, qualsiasi cosa mangi (anche carne, ovviamente) non riesce a incamerare la B12 e quindi deve prendere grosse dosi di integratore, nei casi gravi sotto forma di iniezioni e non pillole. Ma questa, appunto, è una patologia che non dipende dall'alimentazione seguita.
Marinella Correggia: non capisco la domanda.
Riccardo Trespidi: non credo ci sia risposta a questa domanda.
Franco Libero Manco: non credo ci sia stato un inizio dal momento che la frutta che mangiavano i nostri progenitori conteneva percentuali anche se minime di Vit. B12.

  • Il processo evolutivo potrebbe portarci a fare a meno della vitamina B12? (nel frattempo, come comportarsi?)

Luciana Baroni: no, perché l’evoluzione dell’uomo è in realtà una involuzione rispetto alle fonti naturali di cibo. Questo vale anche per gli altri uomini, onnivori-carnivori al di sopra dei 50 anni, che in una certa percentuale perdono la capacità di assimilare la vitamina B12 dai cibi animali e necessitano quindi di assumere integratori. Il futuro è quello di sviluppare cibi addizionati con questa vitamina, almeno finché vivremo in una civiltà industriale.
Marina Berati: la questione della vitamina B12 è ancora controversa e non vi sono certezze scientifiche sull'argomento. Non credo che un processo evolutivo possa cambiare gli umani in modo così radicale da far loro sintetizzare da soli una vitamina che non hanno mai sintetizzato.
E' sufficiente, per star sicuri, prendere gli integratori, che non sono meno "naturali" che una qualsiasi gomma da masticare alla vitamina C prodotta in una fabbrica.
Marinella Correggia: non so. Domanda da fare a Luciana Baroni. Comunque Aris Latham, da molti anni vegan e crudista, non assume alcun prodotto animale e sta benissimo; egli ritiene che un corpo purificato riesca a sfruttare la pochissima B12 assunta con il  cibo. E’ consigliabile assumere pasticche di vitamina B12 di sintesi, come suggerito dal sito www.scienzavegetariana.it.
Riccardo Trespidi: non credo sia possibile fare a meno di un apporto alimentare di Vit. B 12. Conviene soprattutto ai vegani utilizzare cibi vegetali con aggiunta di Vit B12 come Kellogs o latti di soia con B12. Oppure utilizzare integratori con B12 derivata da fermentazione di vegetali.
Franco Libero Manco: sarà molto difficile. I nostri antenati pur essendo fruttariani per milioni di anni hanno ingerito microrganismi animali mangiando frutta e foglie allo stato naturale. Questo probabilmente ha portato a predisporre l'organismo all'esigenza di tale vitamina. In futuro, chissà, potrebbe succedere il processo inverso. Nel frattempo, a coloro che sono RIGOROSAMENTE VEGANI, basta prendere di tanto in tanto del lievito di birra.

  • Utilizzare  a vita un integratore alimentare di vitamina B12 può essere nocivo per l’organismo?

Luciana Baroni: non ci sono dati a sfavore di questa pratica. L’integrazione deve però riprodurre le richieste fisiologiche della vitamina, anche se comunque non sono noti effetti tossici legati ad un sovradosaggio.
Marina Berati: no.
Marinella Correggia: da chiedere a Luciana Baroni.
Riccardo Trespidi: assolutamnete no.
Franco Libero Manco: il nostro organismo ha necessità infinitesimali di vit. B12. Tale carenza non è mai stata registrata neppure nei vegani. Non c'è alcun motivo, anzi sarebbe nocivo, prendere sistematicamente questa vitamina. Solo di tanto in tanto, per qualche giorno al mese.

  • Da parte del movimento vegano, con che occhi sono visti il jainismo e i movimenti fruttariano e crudista?

Luciana Baroni: il veganismo non è un movimento, ma una scelta di vita che rispetta tutte le altre scelte di vita soprattutto quelle basate su motivazioni etiche, come il jainismo ed il fruttarismo, che portano all’estremo della coerenza il rispetto per la vita. Dal punto di vita medico-scientifico invece, se sull’adeguatezza nutrizionale della dieta vegana non ci sono ormai dubbi, gli studi su altri regimi alimentari più restrittivi hanno rivelato rischi di carenze.
Marina Berati: in generale con rispetto, ma dipende dai singoli individui. Qualsiasi scelta di vita che sia vegan è generalmente rispettata dai vegan, anche se non condivisa.
Marinella Correggia: il Jainismo è ricco di contraddizioni: ad esempio i jainisti rigorosi fanno attenzione anche ai microbi ed evitano le attività agricole per non uccidere i microrganismi del suolo; ma mangiano! Dunque delegano l’opera a qualcun altro, semplicemente. Loro si dedicano in particolare al commercio dell’oro, attività che oltre a far accumulare ricchezze poco compatibili con l’empatia e la solidarietà, sventra le montagne e crea disastri enormi, inquinando i fiumi e quindi uccidendo tutti i pesci. E’ del resto un vizietto comune a molti vegan e vegetariani, quello di perdere di vista le uccisioni di esseri vegetali e animali indirette, derivanti dalla distruzione ambientale non direttamente legata all’alimentazione. I crudisti possono essere vegan o non, il giudizio è diverso a seconda dei casi, dunque.
Sul movimento fruttariano, allego questo bell’intervento di Franco Libero Manco, animatore di un movimento vegetariano a Roma; sono d’accordo che occorre cercare anche di minimizzare il prelievo di vita vegetale e in questo senso nutrirsi di frutti (freschi, noci, frutta secca..) lascia in piedi l’albero, mentre certo cereali e ortaggi sono colture stagionali e poi muoiono.
ANCHE LA PIANTA SOFFRE di Franco Libero Manco 
Coloro che mangiano la carne, in un estremo tentativo di giustificarsi, usano spesso ribadire il concetto che anche la pianta soffre e quindi noi per essere coerenti non dovremmo mangiare neanche le piante. E’ vero che anche la pianta, come tutti gli esseri viventi che hanno vita propria, vuole vivere e non morire e il dolore è lo strumento offerto dalla natura per conservare se stessi altrimenti ci si lascerebbe uccidere, senza reagire. E’ stato sperimentalmente provato che le piante hanno sensazioni, memoria, paura, dolore e perfino di simpatia o avversione. Attraverso elettrodi, in particolare di un galvanometro, Franklin Lother ha registrato le alterazioni energetiche di molte piante quando stanno per essere violentate. Lother sorteggiò tra sei volontari quello che avrebbe dovuto danneggiare la pianta in presenza di un’altra, il testimone. Ognuna delle persone scelte sostò poi a turno nella stanza dove erano le due piante. Quando entrò il malfattore gli elettrodi tracciarono alterazioni anomale, come se la pianta fosse impazzita. Però non si può porre sulla stessa bilancia la vita del cavolfiore con quella della mucca: sarebbe come considerare uno schiaffo alla stessa stregua di una fucilata. Credo ci sia una differenza notevole tra la sofferenza di una lattuga, che viene recisa e quella di un cavallo, che viene ucciso: il cavallo, la mucca, il maiale ecc. hanno meccanismi fisici, chimici e neurologici simili ai nostri e soprattutto ricettori del dolore molto più sviluppati che nella pianta, per questo uccidere un animale è come uccidere un uomo, ed è per questo che Leonardo da Vinci disse “Verrà il tempo in cui l’uccisione di un animale sarà considerata alla stessa stregua dell’uccisione di un  uomo”. Ma nella inesorabile legge della vita, del dolore e della morte gli esseri umani hanno il privilegio di essere le sole creature a poter rinunciare alla violenza anche nei confronti delle piante. Questa è la filosofia dei fruttariani che dimostrano concretamente che si può vivere anche senza recidere le piante, che è poi il punto di arrivo di ogni vegetariano e vegano ed il ritorno alla vera e compatibile alimentazione dell’uomo sia sotto l’aspetto etico che salutistico.
Riccardo Trespidi: con molta attenzione e con la preoccupazione che non siano introdotti i  nutrienti necessari.
Franco Libero Manco: tutti e tre sono per noi i nostri punti finali di arrivo.

  • Esistono intolleranze alimentari o particolari condizioni di salute che impediscono di potersi cibare di soli vegetali?

Luciana Baroni: non ci sono controindicazioni, se non in alcune situazioni patologiche la necessità di scartare alcuni cibi vegetali. Per contro, le condizioni di salute della popolazione generale suggeriscono fortemente l’opportunità di costruire la propria dieta su cibi vegetali naturali per prevenire le più comuni e severe malattie legate all’alimentazione.
Marina Berati: non credo, anzi, molte patologie possono essere prevenute o curate col veganismo. Riguardo alle intolleranze, basta escludere i cibi problematici e includerne altri, il mondo vegetale è ricchissimo.
Marinella Correggia: non credo proprio, chiedere comunque a Luciana.
Riccardo Trespidi: che io conosca no.
Franco Libero Manco: qualunque malattia, e dico qualunque, è generata da un eccesso di tossine che il nostro organismo non riesce a smaltire. Le intolleranze alimentari sono tra queste. Bisogna andare alla causa dei problemi. Per ristabilire l'armonia dell'organismo occorre disintossicarlo da ogni veleno e cibarsi di cibi crudi, naturali, biologici. Dopo di che scomparirà molto probabilmente anche l'intolleranza.

  • Le donne, in relazione al ciclo mestruale, necessitano di una particolare alimentazione (o di integratori) rispetto agli uomini?

Luciana Baroni: le donne in età fertile hanno un fabbisogno di ferro più elevato, che comunque può essere soddisfatto con l’utilizzo delle fonti vegetali di ferro. In gravidanza invece, indipendentemente dal tipo di dieta, il fabbisogno è così elevato che non può quasi mai essere soddisfatto senza l’uso di integratori.
Marina Berati: no. Sicuramente le vegan non più delle carnivore, ma in generale le donne non hanno bisogno di integratori per vivere, essere donna non è né una malattia né una situazione di debolezza.
Marinella Correggia: no, il ferro e il calcio si trovano in alimenti vegetali, con alcuni accorgimenti (ma anche le donne carnivore rischiano l’anemia). Sottolineo l’utilità di bere l’acqua del rubinetto anche laddove sia calcarea (e per questo molti non la bevono), perché è un buon integratore di calcio!
Riccardo Trespidi: necessitano come i maschi di un’alimentazione varia e con l’aggiunta di integratori a base di Vit. B12, se sono vegane  e vit. D se prendono poco sole.
Franco Libero Manco: no. Se il pericolo è quello di anemia questa si combatte con l'attività fisica e con una buona alimentazione che escluda latticini, sale, caffè, zucchero e prodotti raffinati.

  • Nell’ipotesi di un mondo i cui umani fossero tutti vegani: gli attuali animali “domestici” carnivori, come potrebbero nutrirsi?

Luciana Baroni: gli attuali animali domestici carnivori sono solo i gatti, in quanto i cani sono onnivori. Per questi animali domestici sono disponibili anche in Italia prodotti nutrizionalmente bilanciati ottenuti a partire da ingredienti esclusivamente vegetali. A chi consideri innaturale questo tipo di soluzione, si fa presente che nutrire un predatore di scatolette di carne è altrettanto innaturale.
Marina Berati: gli animali carnivori possono essere nutriti in modo vegan con gli opportuni integratori. Mi auguro però che in un mondo vegan gli animali domestici non esistano, ma questo à un discorso lungo, ed essendo comunque utopico non ha molto valore.
Marinella Correggia: premessa: teniamo sempre a mente che l’essere umano può e deve impegnarsi per minimizzare le sofferenze (di umani, animali e vegetali) ma queste ci saranno sempre. Pensiamo ai parassiti naturali (la terribile larva del moscone della carne che tormenta gli ovini…), e alla predazione. Comunque, in un mondo vegano i domestici carnoviri potrebbero essere nutriti, come già avviene, con sostituti vegetali che hanno integratori. Ma secondo me, ancora meglio sarebbe convertire in rapporto di  compagnia il rapporto di sfruttamento che ora abbiamo con gli animali allevati. Dunque, invece di cani e gatti, tenere (chi può, chi ha spazio), un’oca, una gallina, un vitello, un asino, una pecora… Suggerisco la lettura del bellissimo “Il maiale che cantava alla luna”, sulla vita emotiva degli animali da allevamento, secondo me più ricca di quella di cani e gatti.
Riccardo Trespidi: esistono in commercio prodotti vegetali per cani e gatti  e un aumento della richiesta favorirebbe senz’altro lo sviluppo di questo settore ancora agli albori.
Franco Libero Manco: avere animali in casa è una violenza innaturale. Finché esisteranno coloro che mangiano la carne avremo anche i nostri amici domestici, dopo di ché o diventeranno vegetariani, il ché è possibilissimo, o dovranno tornare alla loro patria d’origine.

  • La perfetta attuazione di uno stile di vita vegano, da parte di tutti gli uomini, che impatto avrebbe sull’ecosistema?

Luciana Baroni: l’ecosistema non è in grado di far fronte all’enorme spreco di risorse dovuto all’alimentazione carnea su base industriale (di vegetali usati come mangime, di acqua e di terreno, nonché di inquinamento atmosferico). Uno studio recente stima che se nel 2050, quando la popolazione del Pianeta supererà i 10 miliardi di individui, se questi non adotteranno una dieta vegana e non vi saranno ulteriori sprechi di risorse, non ci sarà cibo per tutti. L’alimentazione vegana è quella a più basso impatto ambientale, come emerge da uno studio recentemente condotto e in via di pubblicazione.
Marina Berati: consentirebbe di liberare la Terra da una enorme pressione, servirebbero meno campi coltivati, zero pascoli, meno energia, meno acqua, meno sostanze chimiche.
Marinella Correggia: ottimo, dal punto di vista ecologico e sociale. ECOLOGICO: dovendo nutrire solo esseri umani e non animali allevati, le colture occuperebbero molto meno spazio (e ne darebbero di più alle foreste), occorrerebbero meno inputs (carburante, concimi ecc.), non ci sarebbe rapina di cereali ai danni del Sud del mondo, si eviterebbero l’inquinamento idrico, del suolo e atmosferico causato dagli allevamenti e dalle attività di macellazione e concia successive. SOCIALE: non solo ci sarebbero cereali e proteine vegetali per tutti nel mondo, ma  si deve notare che le occupazioni nel settore zootecnico (stalle, macelli, lavorazione carni, conce) sono nocive, pericolose e sgradevoli. Una riconversione sarebbe benedetta.
Riccardo Trespidi: ottimo. Meno inquinamento, meno buco nell’ozono, meno terreni da sfruttare, e più cibo per tutti.
Franco Libero Manco: assolutamente vivificante sotto tutti gli aspetti. Sono gli allevamenti di animali la massima causa della distruzione e dell'inquinamento dell'ambiente.

  • Per le attuali popolazioni in via di sviluppo, è attuabile un regime alimentare vegano?

Luciana Baroni: molte popolazioni povere stanno già basando la propria alimentazione su cibi vegetali, e il passaggio a cibi animali ha provocato anche in questi popoli la comparsa delle stesse malattie che flagellano i paesi ricchi. Pertanto è necessario fornire a queste culture le opportune conoscenze per poter raggiungere l’adeguatezza nutrizionale della dieta con i cibi vegetali che costituiscono la loro risorsa primaria, mettendoli al riparo dalle malattie della povertà, legate alla malnutrizione, e tutelandoli dall’adozione di abitudini alimentari che comporterebbero la comparsa delle malattie della ricchezza. Mangiando cibi vegetali in modo corretto, è possibile mettersi al riparo da entrambi questi tipi di malattie.
Marina Berati: le attuali popolazioni in via di sviluppo sono sempre state quasi vegan. Il problema è che la carne è uno status symbol, e quindi più ricche diventano, più carne mangiano, più danni fanno al pianeta come stanno facendo gli occidentali.
Marinella Correggia: sì, se si escludono alcune aree estreme (deserti, zone artiche, coste aride). In compenso nella maggior parte delle aree si eviterebbero così molti rischi legati all’allevamento. Si pensi all’aviaria.
Riccardo Trespidi: assolutamente si.
Franco Libero Manco: non solo è attuabile ma auspicabile. Quando l'uomo diventa vegano solo allora vive e si alimenta in modo conforme alle sue esigenze vitali e biologiche. Le difese immunitarie si alzano e si abbassa il livello delle malattie.

  1. Quali i limiti dello stile di vita vegano ed eventuali critiche ad esso?

Luciana Baroni: il retaggio culturale basato sull’ignoranza, la malafede e gli interessi economici a tutela dell’industria dei cibi animali è il maggior limite all’adozione da parte di larghe fasce di popolazione di questo stile di vita che, se fosse proposto nel modo corretto, potrebbe per esempio salvare  molte vite da malattie invalidanti e prive di cure mediche efficaci, come le malattie legate all’arteriosclerosi e i tumori.
Critiche personalmente non ne vedo, almeno nei confronti di chi lo vive con lo spirito giusto. Se invece viene vissuto come uno dei tanti stili “alternativi”, allora le critiche sono le stesse che possono venire poste nei confronti di chi si pone, volontariamente o inconsciamente, al di fuori della “normalità”. Il vegano è una persona normale, che ha le idee chiare su quelli che sono i propri principi etici e i propri ideali e si comporta in modo da essere coerente con essi.
Marina Berati: nessun limite. All'interno del veganismo si può migliorare in centomila modi, quindi non è diventando vegan che si è finito di migliorarsi, ma bisogna continuare (consumando meno, consumando cose locali, riciclando, ecc.). Nessuna critica, solo non illudersi che essere vegan significhi essere perfetti e avere un peso zero sul mondo e sugli animali: il peso c'è lo stesso, anche se inferiore rispetto allo stile di vita vegetariano e a quello onnivoro.
Marinella Correggia: due critiche fra le altre. Molti vegan non si fanno carico del resto dei problemi ambientali e sociali  e sono ripiegati sul piatto; ciò li induce anche a essere poco ecologisti, perfino nell’alimentazione (scelgono anche cibi esotici, o  largamente impacchettati, o pesanti per la catena del freddo che implicano). Inoltre, dovrebbero maggiormente interrogarsi sulle proprie incoerenze anche alimentari: magari fanno attenzione anche a non mngiare il miele, però mangiano cibi da agricoltura chimica, che uccide (oltre all’ambiente) un sacco di animali selvatici! E non si curano peraltro affatto  - invece dovrebbero, come fa Vita Universale in Germania - del problema del letame che l’agricoltura biologica invoca…
Riccardo Trespidi: i limiti sono l’eventuale bisogno di integratori Vedi B12, Vit. D, Omega 3 (limiti facilmente superabili). Critiche: Molti vegani pensano solo alla loro salute e poco a quella del mondo e degli animali umani e non umani che lo abitano. In altre parole seguono quel tipo di dieta solo per stare meglio fisicamente. La scelta vegana deve essere una scelta altruista e non egoista.
Franco Libero Manco: nessun limite, nessuna critica: l'adozione del veganismo è ciò che ridona la salute fisica, mentale e spirituale, ciò che fa cessare il massacro di animali innocenti, ciò che salva il pianeta dalla distruzione, ciò che farà cessare la fame nel mondo e soprattutto ciò che darà all'uomo una coscienza umana più giusta e sensibile.. unica e sola possibilità per realizzare un mondo migliore.

 

 

FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE
Opere di carattere generale

  • V. UNIVERSALE, Gli animali soffrono: il profeta denuncia, Germania, 4a ed. febbraio 2005.
  • M. BERATI, M. TETTAMANTI, Diventa vegan in 10 mosse, Sonda, Casale Monferrato, 2005.
  • S. MILGRAM, Obedience to Authority: An Experimental View, Harper&Row, New York, 1974.
  • O. FALLACI, Lettera a un bambino mai nato, RCS Libri, Milano, 1997.
  • G. ORWELL, La fattoria degli animali, Bibliotex, Barcellona, 2002.
  • D. NERI, La bioetica in laboratorio, Laterza, Bari, 2001.
  • L. BATTAGLIA, Etica e diritti degli animali, Laterza, Bari, 1997.
  • D. HUME, Della ragione degli animali in AA.VV. , Diritti animali, obblighi umani, a cura di T. Regan – P. Singer, tr. It. di P. Garavelli, ediz. Gruppo Abele, Torino, 1987.
  • PLUTARCO, Del mangiar carne, Adelphi, 2001.
  • P. CAVALIERI,  La questione animale, Bollati Boringhieri, 1999.
  • N. VALERIO, L'alimentazione naturale, Mondadori, 1992.
  • Vegan la nuova scelta vegetariana… , Giunti editore, 2005.
  • J. RIFKIN, Ecocidio, Mondadori, 2001.
  • M. CORREGGIA, Diventare come balsami, collana Benessere profondo, Sonda, 2005.
  • M. CORREGGIA, Addio alle carni, Supplemento alla rivista della LAV "Impronte", 2001.
  • P. SINGER, La vita come si dovrebbe. Le idee che hanno messo in discussione la nostra morale, Il Saggiatore, Milano, 2001.
  • P. SINGER, Etica pratica, Liguori, 1989.
  • P. SINGER, Liberazione animale, Net, Milano, 2003.
  • T. REGAN, I diritti animali, Garzanti, Milano, 1990.
  • C. GIACCAGLINI, Liberazione animale e nuovi diritti: un confronto fra P. Singer e T. Regan, www.swif.it/tfo.
  • L. BARONI,  H. DIEHL, Decidi di stare bene, Edizioni Sonda, Casale Monferrato, 2004.
  • W. PEDROTTI, Il nuovo Cucchiaio Verde, Demetra, Verona, 1996.
  •  L. DE LA BIGNE, A. AMANTE, L’alimentazione vegetariana, Ed. Tecniche Nuove, 1994.
  • D. ORNISH, Dr. Dean Ornish’s Program for Reversing Heart Disease: The Only System Scientifically Proven to Reverse Heart Disease Without Drugs or Surgery, Ivy Books, 1996.
  • H. DIEHL, A. LUDINGTON, Health Power, Herald Publishing Association, 2000.
  • J. SABATE’, Vegetarian Nutrition, CRC Press, 2001.
  • G. LANGLEY, Vegan Nutrition, The Vegan Society, UK, 1995.
  • M & V. MESSINA, The Vegetarian Way, Three Rivers Press (NY, USA), 1996.
  • M & V. MESSINA, The Dietitian's Guide to Vegetarian Diets, Aspen Publ., USA, 1996.
  • L. PROIETTI, Alimentazione vegetariana in età pediatrica: dalla nacita all’adolescenza,(in corso di pubblicazione).

Webgrafia di riferimento

www.veggiedate.org;  www.veganitalia.com; www.saicosamangi.info; www.viverevegan.org; www.scienzavegetariana.it; www.vegetariani.it; www.promiseland.it; www.happyvegan.org; www.mucca103.org; www.vegan3000.info; www.geeeing.com/muccola; www.ebasta.org; www.novivisezione.org;   www.infolav.org;    www.animalisti.it; www.centopercentoanimalisti.it;          www.ivu.org;                        www.veganhome.it;

 

Non ha partecipato al Congresso. È citato in una delle risposte di M. Correggia.

http://www.sardegnanimalista.org/pagine/citazioni/centro01.asp.

 

Fonte: www.viverevegan.org/media_frame/tesi_vegan.doc
link al sito : http://www.viverevegan.org/media.html

Autore del testo: Laureando Michelangelo MASTROSIMINI

Relatore

Professoressa Raffaella DE FRANCO

 


 


 

Vegetariani e vegani

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Vegetariani e vegani

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

Vegetariani e vegani