Arte barocca periodo barocco riassunto e sintesi

 

 

 

Arte barocca periodo barocco riassunto e sintesi

 

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Il Barocco

 

Si intende con questa denominazione il movimento artistico che seguì il Rinascimento e caratterizzò il sec. XVII, perdurando con qualche lieve modifica (es. lo stile rococò) fino al neo-classicismo. Soggetta fino a qualche tempo fa ad un giudizio negativo da parte della critica, l'arte barocca è stata oggi rivalutata ed inquadrata storicamente in una più giusta luce. Essa ci appare infatti come il naturale succedere alla statica solennità delle forme, che aveva avuto la sua massima espressione in Michelangelo e in Raffaello ed era poi decaduta nel manierismo, di un dinamico ed impulsivo empito di vitalità che, pur turbando l'ordine logico che il Rinascimento aveva voluto stabilire, non mancò di una propria e valida forma espressiva. Fu come se l'uomo del nuovo secolo si fosse reso conto improvvisamente delle forze contrastanti e irrazionali che si muovevano intorno a lui al di fuori di rigidi schemi e fosse stato colpito dalla rivelazione della molteplicità degli aspetti cosmici. Da questo il violento movimento impresso alle masse, il grandioso e talvolta eccessivo sviluppo delle proporzioni, l'accentrarsi di più motivi tesi a dare alla composizione un aspetto ricco e complesso. All'origine l'arte barocca sorse come reazione contro quella della seconda metà del '500, cristallizzata in forme manieristiche senza alcun soffio di vera originalità. Contribuì a questa reazione il nuovo spirito della chiesa cattolica, liberatasi con la vittoria della Montagna Bianca (1620) dalla castigatezza e austerità di costumi cui si era uniformata in seguito alle accuse di corruzione mosse dalla Riforma protestante. L'architettura espresse questo nuovo momento con l'accentuato rilievo delle masse e la drammatica incidenza chiaroscurale, ricollegandosi idealmente, attraverso l'arte michelangiolesca, a quella dell'impero romano. Le forme classiche subirono una interpretazione libera e vivace e vennero trasfigurate secondo il nuovo ideale estetico di natura essenzialmente prospettica, volto alla realizzazione di effetti scenografici e fastosi. L'architetto che diede l'impronta maggiore alle nuove forme barocche fu Gian Lorenzo Bernini.

  • La scultura fu considerata più che altro un complemento indispensabile dell'architettura e, traendo origine dalla vigorosa plastica michelangiolesca, accentuò il movimento e la torsione dei piani dando grande importanza a panneggi e ad elementi ornamentali. Si impose anche in quest'arte il gusto del Bernini, che reagì ai manieristi cinquecenteschi (Danti, Montorsoli, Ammannati, Bandinelli) con l'esuberante vitalità della sua statuaria ricca di movimento e di giochi di luce, a volte di una virtuosità stilistica eccezionale. I gruppi scultorei popolarono ed arricchirono l'esterno degli edifici dando loro una caratteristica fisionomia. Mai come nel secolo XVII la scultura ebbe tanta varietà di applicazioni e raggiunse effetti così grandiosi e pittoreschi.
  • Nel campo della pittura vi fu una reazione contro i vuoti epigoni di Michelangelo e Raffaello, reazione che diede luogo a due correnti: da una parte esplose con violenza il deciso realismo del Caravaggio; dall'altra il carattere decorativo e scenografico, proprio alla maggior parte delle espressioni artistiche del tempo, prevalse nell'eclettismo dei Carracci. La pittura fu intesa soprattutto nel suo valore decorativo e ricoprì volte e muri di figure animate da ritmici movimenti su sfondi prospettici dalla profonda spazialità. A questa pittura, che ebbe tra i più efficaci rappresentanti il Sacchi, il Maratta, Luca Giordano, Pietro da Cortona, si rimproverano eccessiva teatralità, superficialità e sfoggio di decorazioni, ma non le si possono negare grande vitalità e consumata abilità tecnica.

Tra le arti minori quella dell'arredamento si espresse in forme pompose, ricche di intagli e dorature; vi fu poi un miglioramento in senso tecnico ed una maggiore fastosità e varietà di motivi nell'arte dell'arazzo, del vetro, della ceramica, dei metalli. Fu creato il cosiddetto «ornato barocco», pieno di fogliami, volute, panneggi, festoni, che venne profuso dovunque e contribuì in notevole misura a determinare il profilo dello stile.

 

Fonte: http://scuola.otforum.it/download/barocco.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Arte barocca periodo barocco

BAROCCO

 

Alla fine del Cinquecento nell’arte italiana prevale ancora una sensibilità manierista, che fa uso di un linguaggio sofisticato e intellettualistico, ricco di simboli e allegorie spesso oscure, comprensibili a un pubblico ristretto e colto. Nel corso del Seicento si va diffondendo una nuova sensibilità figurativa in evoluzione rispetto al manierismo e da questo distinta per i caratteri meno elitari, caratterizzata dalla libera interpretazione del classicismo rinascimentale, definita dispregiativamente barocco dai teorici dell'arte. La Chiesa di Roma, appena uscita dalla Controriforma, appoggia questa nuova espressione artistica capace di rivolgersi ad un vasto pubblico, affidandole il compito di esprimere in forme grandiose e in toni trionfali i valori politici e religiosi che ne legittimano il potere, ed è quindi considerata una corrente fastosa e celebrativa. E’ dunque a Roma che si hanno le prime manifestazioni importanti di arte barocca, grazie all’attività di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona.Verso la fine del ‘600, il barocco si laicizza e  si diffonde in tutta Europa, e altri centri divengono importanti, soprattutto là dove principi, elettori e re vogliono rilanciare l’immagine della loro città-capitale, impegnandosi in attività di rinnovamento urbanistico-architettonico.
Uno dei temi fondamentali della poetica barocca è la rappresentazione dinamica e illusionistica dello spazio. Lo si coglie pienamente in architettura (colonnato di piazza San Pietro di Bernini, chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza di Borromini), in cui l’edificio appare sorprendentemente diverso a seconda del punto di osservazione scelto; un edificio dagli spazi illusionisticamente più ampi di quanto non siano, dalle linee dinamiche, in costante movimento di dilatazione e contrazione, mai uguale
Le premesse dello sviluppo della pittura barocca sono poste dagli italiani Caravaggio e Annibale Carracci. Entrambi contrari al manierismo, individuano il principio della loro arte nell’indagine diretta della realtà. Diverso è però l’esito della loro pittura. Caravaggio, approfondisce la sua analisi della realtà sino a rappresentarne gli aspetti crudi e drammatici (Martirio di San Matteo). Carracci invece è meno radicale nel suo realismo, che è punto di partenza per una raffigurazione equilibrata e razionale (Fuga in Egitto).

Nel primo Settecento si diffonde una nuova sensibilità del gusto nota sotto il nome di rococò. Lo stile rococò intende opporre, alla magniloquenza delle forme e al fasto del barocco, l’agile grazia e piacevolezza dell’ornamentazione. Principale centro di elaborazione e diffusione dello stile rococò è la Francia dove, su una sensibilità di fatto classicista, si era diffuso un barocco dai toni equilibrati. Lo stile rococò è dunque individuabile in molte delle manifestazioni architettoniche e artistiche del primo Settecento, anche se molte zone d’Europa e molti artisti continuarono a portare avanti le problematiche emerse dall’esperienza barocca, sino alle soglie del neoclassicismo.

Caravaggio, (Milano 1571 - Porto Ercole, Grosseto, 1610).
Dopo l'apprendistato compiuto a Milano presso il pittore bergamasco Simone Peterzano, Caravaggio si trasferisce a Roma intorno al 1593.  Qui inizia a lavorare nella bottega del cavalier d'Arpino dove dipinge quadri di fiori e frutta e crea alcune scene di genere con figure di come il Ragazzo  morso da un ramarro. L'anno successivo entra al servizio del suo primo potente protettore romano, il cardinale Francesco Maria del Monte che gli commissiona, tra il 1594 e il 1599, la decorazione del proprio palazzo (Casino Ludovisi) e alcuni dipinti  tra cui il probabilmente, il Bacco (Firenze, Uffizi) e la Canestra di frutta (Milano, Pinacoteca Ambrosiana). Tramite il suo mecenate, Caravaggio entra in contatto con prestigiose e influenti famiglie romane che gli commissionano altri importanti dipinti (ciclo di tele). In queste opere della maturità Caravaggio raggiunge una rappresentazione lucida e precisa della realtà naturale in scene monumentali plasmate e definite da un forte chiaroscuro. Tra le opere realizzate durante il soggiorno romano vanno menzionati il Riposo nella fuga in Egitto (Roma, Galleria Doria Pamphili) che rivela l'influsso della cultura lombardo-veneta nel cui ambito avviene la formazione di Caravaggio, la Deposizione  (1603 ca., Roma, Musei Vaticani) e La morte della Vergine (1605 ca., Parigi, Louvre). Costretto a fuggire da Roma, dopo aver ucciso un uomo in una rissa, giunge a Napoli nel 1607 dove esegue numerosi dipinti, tra cui le Sette Opere di Misericordia  (chiesa del Pio Monte della Misericordia). Nel 1608 si trasferisce a Malta e, dopo aver  dipinto San Gerolamo, la Decollazione di  San Giovanni Battista (La Valletta, duomo) e Amore dormiente (Firenze, Uffizi), fugge nuovamente.

La canestra di frutta, del 1596, offre un importante esempio, tra i primi della storia dell'arte, di natura morta concepita come genere autonomo. Caravaggio dichiara che non vi è differenza tra il dipingere un quadro di fiori o un quadro di figure e, dunque, anche una banale canestra di frutta è un tema degno di essere dipinto. La ricerca del «vero naturale» condotta da Caravaggio si rivela nella riproduzione accuratamente realistica delle diverse qualità dei frutti, mele, uva, fichi, che, investiti da una luminosità diffusa, risaltano nitidamente contro il fondo chiaro. Nel dipinto sono registrati anche i segni della deperibilità delle cose naturali, visibili nella foglia accartocciata o nella mela bacata allusivi alla caducità della vita. Immagini analoghe, simboleggianti la transitorietà dei beni terreni, ricorrono nei cosiddetti quadri di Vanitas  che si diffondono in Europa durante il Seicento, principalmente per opera di pittori olandesi e fiamminghi.

Nel 1599,  Caravaggio è incaricato di dipingere, grazie all'appoggio del suo primo protettore romano, l'influente cardinale Francesco Maria Del Monte, un ciclo che narra tre episodi della vita dell'evangelista Matteo:  la Vocazione  e il Martirio e San Matteo e l'angelo. Caravaggio affronta questa impegnativa prova su temi di storia sacra, con soluzioni di assoluta novità:  le vicende del santo non appaiono idealizzate, al contrario si svolgono nella realtà di ambienti e uomini comuni, esprimendo una religiosità etico-sociale che riflette il messaggio di povertà evangelica. In questo ciclo è evidente il valore formale e simbolico che assume  la luce nell'opera di Caravaggio: una luce dura, abbagliante che, contrastando fortemente con profonde ombre, mette a fuoco e definisce le scene e i particolari. L'opposizione luce-tenebre ricorre nelle opere della maturità di Caravaggio.
Il Martirio raffigura il momento in cui sta per compiersi l'uccisione di Matteo. L'episodio è descritto come un fatto di cronaca, una scena d'omicidio cui assiste lo stesso Caravaggio che si autoritrae nello sfondo, alla sinistra del carnefice, lasciando emergere dalla fitta oscurità il proprio volto angosciato. Matteo è steso per terra ai piedi dell'altare, con il costato sanguinante appena trafitto dal carnefice che lo afferra per un braccio, mentre dall'alto scende un angelo su una nuvola e porge al santo la palma del martirio. Il dipinto rende con grande efficacia l'istantaneità e il carattere drammatico e tumultuoso dell'azione collocata in uno spazio profondo e buio, squarciato dalla luce che evidenzia i gesti e gli sguardi  impauriti dei presenti: a sinistra un gruppo di uomini con abiti contemporanei; in basso, ai due lati della scena, i catecumeni che attendevano di essere battezzati da Matteo; a destra, il chierichetto che fugge con il viso contratto in un urlo di paura. La luce investe il santo e il suo carnefice, simboleggiando la luce divina, ossia la possibilità di redenzione concessa anche al peccatore.

 

Decollazione del Battista

Eseguita a Malta per la Compagnia della Misericordia, la monumentale tela della Decollazione di San Giovanni, del 1608, rivela la tensione esistenziale degli anni estremi di Caravaggio. L'episodio sacro è colto nel momento di massima drammaticità: Giovanni è steso a terra con la gola sanguinante e le mani legate dietro la schiena, mentre il carnefice, dopo averlo ferito con la spada, si accinge ad estrarre il pugnale per compiere la decollazione. Il carceriere alza la mano con un gesto imperioso indicando alla giovane donna di avvicinare il vassoio per raccogliere la testa del santo, mentre la vecchia porta le mani al volto inorridita. La scena è ambientata nel buio cortile  della  prigione e dietro un'inferriata due reclusi spiano il supplizio. Rispetto alle opere degli anni precedenti, le figure sono meno imponenti e lo spazio della tela appare dominato dal vuoto e dalla penombra attraversata da lampi di luce che evidenziano drammaticamente i particolari della scena, i volti e i gesti dei personaggi.

 

Carracci Annibale (Bologna 1560 - Roma 1609).
Nell'intento di superare gli schemi della decadente cultura manierista, Annibale Carracci elabora una linea di rinnovamento della pittura fondata sul recupero e lo studio del «vero naturale» e dei modelli rinascimentali, da Raffaello a Correggio a Tiziano. Insieme al fratello Agostino e al cugino Ludovico, nel 1582, fonda a Bologna l'Accademia degli Incamminati ed esegue cicli affrescati di soggetto allegorico-mitologico in palazzi bolognesi. Annibale manifesta vivi interessi naturalistici nei suoi dipinti giovanili come la Macelleria  (1582-83, Oxford, Christchurch), il Mangiafagioli  (1583-84, Roma, Galleria Colonna. Nel 1599, Annibale è invitato a Roma da Odoardo Farnese che gli commissiona la decorazione  con soggetti mitologici del Camerino e poi della Galleria di Palazzo Farnese che riprende i modelli della Sistina di Michelangelo e pone le premesse per lo sviluppo della grande decorazione barocca. Tra le ultime opere eseguite da Annibale è particolarmente importante la lunetta con la Fuga in Egitto eseguita per la cappella del palazzo Aldobrandini (1603 ca., Roma, Galleria Doria Pamphili), che esprime una nuova concezione del paesaggio e della natura interpretata secondo un ideale di classica perfezione

Il mangiafagioli, dipinto giovanile di Annibale Carracci databile intorno al 1583, riproduce una scena "di genere", ossia un episodio tratto dalla vita quotidiana, che richiama i dipinti fiamminghi di nature morte con figure. La scena è ambientata in un interno illuminato da una luce che proviene dalla finestra a sinistra e che diffonde una tonalità grigio-azzurra. L'immagine popolaresca del contadino davanti a una mensa di cibi poveri, descritta realisticamente, rivela l'adesione di Annibale al «vero naturale», punto di partenza e fondamento della sua ricerca tesa al superamento degli schemi manieristici. Quest'iconografia è ripresa anche da van Gogh nei Mangiatori di patate.

Nella lunetta con la Fuga in Egitto, commissionata intorno al 1603 dal cardinale Aldobrandini per la cappella del suo palazzo romano, Annibale Carracci  raffigura un'ampia veduta che mostra evidenti richiami ai pittori veneti(Giorgione). Con questo dipinto, Carracci esprime una nuova visione del paesaggio ispirata alla poetica dell'«ideale classico»: il luogo attraversato dalla Sacra Famiglia in fuga è un ambiente naturale dove si vedono contadini serenamente intenti a lavorare; in lontananza si staglia una città fortificata dove spicca un edificio che ricorda il Pantheon di Roma. È una rappresentazione dove uomo, natura e architettura appaiono armonicamente uniti. I piani digradanti della collina su cui è posta la città, le linee disegnate dal fiume e l'intenso chiarore dello sfondo, contribuiscono a creare un effetto di profondità prospettica.

 

Bernini Gian Lorenzo (Napoli 1598 - Roma 1680).
Gian Lorenzo Bernini compie la sua formazione artistica nella bottega del padre, scultore tardomanierista, dedicandosi ad uno studio appassionato dei grandi maestri del Cinquecento e della statuaria antica, in particolare di modelli ellenistici che esercitano un evidente influsso sul suo linguaggio. Diviene personaggio di assoluto rilievo della scena artistica romana, acclamato e prediletto dagli ambienti nobiliari e, in particolare dai pontefici che gli affidano una lunga serie di lavori. La prima opera, per San Pietro, è il baldacchino bronzeo sulla tomba di San Pietro, una colossale struttura poggiante su colonne tortili  (cui collabora Francesco Borromini) innalzata al centro della crociera michelangiolesca. Infine, l'artista offre una efficace interpretazione della spiritualità barocca rappresentando i sentimenti di esaltazione e trasporto mistico in opere come l'Estasi di Santa Teresa (1647-52, Roma, Santa Maria della Vittoria, Cappella Cornaro).

Commissionata  dal cardinale Scipione Borghese, appassionato estimatore e collezionista di antichità, l'opera, datata tra 1622 e 1625, illustra la storia di Apollo e Dafne, tratta dalle Metamorfosi  di Ovidio, nel suo momento di massima tensione. L'artista raffigura infatti l'istante in cui la ninfa Dafne in fuga viene raggiunta dal dio Apollo e si tramuta in pianta d'alloro. I due protagonisti sembrano immobilizzarsi d'improvviso e sul volto della ninfa, con le labbra dischiuse, appare un'espressione di stupore e panico. Gian Lorenzo Bernini rende con virtuosismo le diverse qualità della materia, la levigatezza dei corpi, il carattere frastagliato delle chiome e delle fronde. Sul basamento dell'opera è inciso un distico che invita a riflettere sulla mutevolezza dell'uomo e sulla vanità dei suoi desideri.

Gian Lorenzo Bernini riprende a occuparsi dei lavori per il nuovo San Pietro, realizzati nell'arco di oltre quaranta anni, durante il pontificato di Alessandro VII, attivo promotore di una politica di protezione delle arti.  La prima opera, per San Pietro, è il baldacchino bronzeo sulla tomba di San Pietro, una colossale struttura poggiante su colonne tortili  (cui collabora Francesco Borromini) innalzata al centro della crociera michelangiolesca. L'artista realizza, tra 1657 e 1665, una tra le più grandiose imprese della Roma barocca, ossia la sistemazione della vasta area antistante San Pietro, destinata ad accogliere i fedeli riuniti in occasione della Pasqua o di altre ricorrenze liturgiche per assistere alla cerimonia di benedizione impartita dal papa a tutto il mondo. Bernini elabora una soluzione funzionale e simbolica al tempo stesso che, per l'ampiezza e maestosità del luogo, crea effetti di grande spettacolarità. L'area è divisa in due differenti spazi: il primo di forma trapezoidale delimitato da due ali piene che partono dalla facciata di Carlo Maderno; il secondo di forma ellittica delimitato, lungo il perimetro dei due emicicli, da un colonnato di imponenti colonne doriche disposte in quadruplice fila, e segnato, sull'asse trasversale da due fontane e da un obelisco. Le due ali del colonnato, sormontate da statue di santi, simboleggiano le braccia materne della Chiesa, rifugio e protezione degli uomini. Lo spazio davanti alla basilica, concepito come uno scenario teatrale, sembra dilatarsi dinamicamente.

La tomba di Urbano VIII, collocata nella nicchia destra dell'abside della basilica di San Pietro, datata tra 1628 e 1647, richiama le tombe medicee di Michelangelo e rappresenta il modello della tomba monumentale barocca. Il papa benedicente appare seduto in trono, al di sopra di un alto basamento; ai suoi piedi, due figure allegoriche della Carità e della Giustizia affiancano il sarcofago sormontato da uno scheletro a grandezza naturale, immagine della Morte intenta a scrivere l'epitafio di Urbano VIII a lettere d'oro. Le statue del pontefice e della Morte sono fuse in bronzo scuro, il sarcofago è scolpito in marmo nero, mentre le Virtù in marmo bianco. Gian Lorenzo Bernini ottiene così un movimentato contrasto di colori ed effetti luministici e, nell'intreccio di valori plastici e pittorici, esprime la nuova concezione unitaria delle arti, peculiare del barocco.

Papa Innocenzo X invita Gian Lorenzo Bernini a partecipare ai progetti per piazza Navona, scelta quale luogo rappresentativo e celebrativo della famiglia del pontefice. A questi progetti interverrà anche, successivamente, l'architetto Francesco Borromini costruendo parte della chiesa di Sant'Agnese. La piazza, diviene uno dei centri più importanti della vita urbana nella Roma barocca. Lo spazio stretto e relativamente lungo della piazza è delimitato da una cortina omogenea di edifici, che sembrano conferire alla piazza il carattere di un raccolto cortile interno. Bernini progetta di collocarvi al centro la celebre e spettacolare Fontana dei  Fiumi. Sormontata da un obelisco, questa fontana è una ricca e fantasiosa composizione di rocce ammassate, da cui sgorga l'acqua attraverso grotte e anfratti; sopra le rocce sono collocate statue di leoni, cavalli, caimani e palme che sembrano mosse dal vento, e le figure allegoriche del Danubio, del Nilo, del Gange e del Rio della Plata, ossia i maggiori fiumi dei quattro continenti che alludono alla universalità del potere della Chiesa romana. Le fontane, i giochi d'acqua, simbolici della mutevolezza e instabilità della natura e dell'uomo, sono un tema ricorrente nell'arte e nella letteratura barocca.

Borromini Francesco ( Bissone, Canton Ticino, 1599 - Roma 1667).
Francesco Borromini inizia la sua attività come apprendista scalpellino a Milano. Intorno al 1619 si trasferisce a Roma dove compie uno studio appassionato dell'architettura di Michelangelo e prosegue il modesto lavoro di intagliatore di marmi al servizio di Carlo Maderno il quale, riconosciuto il talento del giovane Borromini, gli affida l'esecuzione di disegni di architettura per San Pietro e palazzo Barberini. Il grande successo di Gian Lorenzo Bernini (figura antitetica a Borromini per temperamento e concezioni artistiche) ostacola e ritarda l'affermazione di Borromini. A questa opera seguono l'incarico di costruire il convento e l'oratorio dei Filippini (1637-1649) e due prestigiose commissioni che rivelano lo straordinario genio innovatore di Borromini: la trasformazione interna della basilica di San Giovanni in Laterano (1646-49), affidatagli da Innocenzo X con il vincolo di conservare le antiche strutture e il soffitto ligneo cinquecentesco e, inoltre, la costruzione della chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza (dal 1642). L'architettura di Borromini è caratterizzata da un costante contrasto di forze, dall'alternanza e contrapposizione di concavità e convessità, di strutture rettilinee e curvilinee, di sporgenze e rientranze  che animano ritmicamente facciate e interni.

Il complesso di San Carlo alle Quattro Fontane, commissionato dall'Ordine dei Trinitari, è il primo progetto autonomo (1634-1641) di Francesco Borromini che mostra già compiutamente l'originalità delle sue invenzioni.
Nel piccolo terreno disponibile, l'architetto riesce a contenere la chiesa, gli ambienti conventuali e il chiostro, modellato su un perimetro ottogonale con raccordi angolari convessi. Per l'interno della chiesa Borromini progetta un vano ellittico su cui si aprono quattro nicchie e allinea l'ingresso e l'altare maggiore sull'asse principale. L'effetto di dilatazione e contrazione dello spazio dato dall'alternanza di superfici concave e convesse che seguono il sinuoso perimetro della pianta, ripreso e sottolineato anche dal robusto cornicione, è accentuato dalle colonne addossate alle pareti. La cupola ovale, in cui filtra una luminosità uniforme dalla lanterna, è collegata mediante pennacchi alle quattro arcate absidali e rivela la formazione artigianale di scalpellino, compiuta in gioventù da Borromini, nella raffinata e minuziosa decorazione a cassettoni ottogonali, esagonali e a croce che si riducono progressivamente verso l'alto, accentuando l'impressione di profondità. Tutto il complesso viene ultimato nel 1641, eccetto la facciata aggiunta, da Borromini, tra il 1665 e il 1667.

 

Reni Guido (Bologna 1575 - 1642) pittore italiano. Proveniente da una formazione manierista, si accosta ventenne all'Accademia dei Carracci, dove si dedica allo studio dell'antico e di Raffaello (Assunta di Pieve di Cento). Si avvicina in seguito al Caravaggio (Crocefissione di San Pietro, Pin. Vaticana).

Commissionata per la Cappella Berò nella chiesa di San Domenico di Bologna, la pala con la Strage degli Innocenti   rivela i caratteri fondamentali dello stile di Guido Reni fondato sulla conoscenza dell'antico, del rinascimento e dei contemporanei Annibale Carracci e Caravaggio. È una delle opere più famose e celebrate dell'artista per l'equilibrio e la purezza della composizione, per la preziosa qualità cromatica, per la resa psicologica dei personaggi. La scena della strage compiuta da due carnefici armati di pugnale, si svolge in primo piano, mentre sullo sfondo, costruito con  una prospettiva architettonica e un ritaglio di cielo, appaiono due angioletti che sostengono rami di palma, simbolo del martirio. La violenta tensione e drammaticità dell'episodio si riflette sui volti delle madri contratti in urla disperate; l'espressione della madre a destra richiama l'analoga espressione del bambino in fuga nel Martirio di San Matteo dipinto da Caravaggio. La disperazione appare placarsi, invece sul viso della madre in preghiera, seduta in primo piano, che volge lo sguardo verso l'alto, indicando in Dio, l'unica fonte di speranza e di conforto.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/mdams/Barocco_artisti.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Il Barocco

Le corti
Perdono importanza le corti italiane
L’uomo di cultura non è più il consigliere del re
Le funzioni del cortigiano vengono affidate ad intellettuali con competenze specifiche, giuristi, militari,amministratori,diplomatici, ma che sono esecutori della volontà del sovrano.
Il compito di diffondere e mostrare la magnificenza del principe è sempre più affidata ad altri artisti più che a letterati.
Sempre più stretta è la subordinazione del letterato al signore-produzione encomiastica per catturare la benevolenza del principe

Chiesa:
Crescono tra gli intellettuali i chierici.
Sono inseriti in una struttura prestigiosa.
Si specializzano allo scopo di adeguare tutto il campo del sapere alle verità fondamentali dell’ortodossia.
Anche le espressioni letterarie e artistiche sono piegate alla difesa dell’ortodossia.
Editoria
Restrizioni imposte dalla Chiesa(imprimatur)
Produzione di opere religiose:libri di devozione, di preghiera,vite dei santi…
Crisi della produzione di opere storiche e filosofiche
Accademia
Luoghi di confronto di idee tra pari che si garantiscono onore e reputazione
Isolamento riguardo i problemi del tempo
Accademia degli Incogniti:a Venezia:Licenziosità ed edonismo, incuranti dell’ortodossia, liberi pensatori
Accademia della Crusca:Separare la lingua letteraria dalla contaminazione e dalle innovazioni
Accademia del Cimento:Continuare l’opera di Galileo

Barocco:
Il barocco è il termine utilizzato correntemente per indicare la civiltà letteraria, filosofica, artistica e musicale caratteristica del periodo che va dalla fine del XVI secolo alla metà del XVIII secolo. Per estensione, si indica quindi col nome «barocco» il gusto legato alle manifestazioni artistiche di questo periodo.
Il termine deriva da un'antica parola portoghese, barroco (barueco in spagnolo), usata per definire una perla scaramazza, ovvero una perla non coltivata, non simmetrica. Proprio per le particolarità del suo stile l'arte barocca si accosta alla perla scaramazza. Scoprire nell’ordine l’anomalia
Gusto del bizzarro, del particolare,di ciò che è strano.
Il termine indica anche un procedimento logico difettoso, all’apparenza corretto, ma in realtà falso. Indica la compiutezza formale che copre la nullità del contenuto.

 

La realtà è sempre diversa e mutevole, si perdono di vista i tradizionali punti di riferimento(Attraverso i viaggi  si scoprono continenti diversi, si incontrano popoli e razze sconosciute)

Ricerca e sperimentazione:Nelle arti figurative se la realtà è sempre diversa →si abbandona la riproduzione dell’oggetto

si privilegia la finzione e il teatro →volte affrescate danno l’illusione dello spazio,
illusioni   ottiche nell’architettura→prevale la forma, l’apparenza

Ogni aspetto della realtà è sottoposto all’esame della vista
Una rete di collegamenti e somiglianze ,stabilita attraverso metafore e simboli, traccia nuove coordinate del mondo.
Simbolismo:        La realtà è scritta in termini matematici. La matematica spiega la realtà,
metafore e allegorie tracciano somiglianze segrete che possono rivelare significati nascosti.
La lirica barocca
La rottura del canone classico e petrarchesco
La letteratura barocca scansa le regole che nel Cinquecento erano state elaborate attraverso le discussioni di poetica e di retorica, e rifiuta la convenzione classicistica che fa coincidere la bellezza con una rappresentazione idealizzata della realtà in forme composte ed equilibrate. Il barocco mira invece alla produzione di piacere attraverso l’effetto, la spettacolarità, la meraviglia, ottenuti anche con l’impiego di un linguaggio iperbolico.
Barocco letterario →rottura dell’equilibrio e dell’armonia (difficile applicarla ad una realtà in continua evoluzione)
Superamento della tradizione –liberarsi dalle norme troppo prescrittive.
Tassoni :diritto ad innovare e adeguare i modelli classici ai tempi moderni.
Marino rifiuta di subordinare l’utile al bello.(Privilegiato dai tradizionalisti e dalla Controriforma)
E’ del poeta il fin la meraviglia, chi non sa stupir vada alla striglia.
Il gusto del pubblico come criterio guida del poeta
Il poeta deve vincere la svogliatezza del lettore, deve stupire, meravigliare.(I miei libri che sono fatti contro le regole si vendono a dieci scudi il pezzo)
Il giudizio riguardo la validità di un’opera non deve essere espresso dai critici, ma dal pubblico.
PRODUZIONE LIRICA ITALIANA
Varietà di temi:nelle poesie d’amore la donna non è più una figura stilizzata(petrarchismo)
Essa viene rappresentata anche se brutta,vecchia,zoppa, sdentata,balbuziente.(Ricerca di ciò che è strano,è fuori norma,è eccentrico.)
Gli oggetti che usa la dama diventano particolari preziosi che il poeta trasforma in metafore.(Il pettine,la spazzola, il ventaglio,l’occhialetto)  p.25
La struttura dei canzonieri e del sonetto
La costruzione del sonetto sviluppa una metafora iniziale da cui si sviluppano altre metafore ed immagini in un gioco continuo volto a destare sorpresa e meraviglia.
Questa serie incalzante di immagini non arriva mai a una fine, a un compimento, una definizione stabile della realtà su cui basare una morale di vita.
EMANUELE TESAURO
Nel suo Cannocchiale aristotelico,assegna alla metafora una fondamentale funzione conoscitiva
LA POESIA CLASSICISTA
Vi sono autori che si ricollegano ai classici come fa Gabriello  Chiabrera e sostengono che la libertà poetica deve essere disciplinata, e subordinata a regole.
Chiabrera tuttavia introduce la metrica latina nelle sue opere poetiche e  quindi anche lui in qualche modo mette in discussione e rinnova la tradizione .
I temi delle poesie rispetto alla tradizione classica sono molto più vari,(Secondo le regole classiche non tutto del reale poteva essere oggetto di poesia)
Anche i classicisti inoltre sottolineano che anche se non come fine, come mezzo, la piacevolezza, la bellezza della poesia debbano prevalere. P.26
POEMI  EROICI
E’ presente in questo periodo l’esigenza di riportare la varietà e la creatività della poesia in un contesto che la nobilitasse e la legasse a valori morali.
Si producono poemi eroici sull’esempio della Gerusalemme Liberata di Tasso.
Tassoni ne “La secchia rapita” tratta in modo  solenne una materia irrilevante cioè una guerricciola tra Modena e Bologna,facendo un parodia dell’Iliade.(Contaminazione tra stile “alto” e contenuto “basso”)

 

 

La “meraviglia”, concetto cardine della poetica barocca, viene perseguita operando sul linguaggio lungo due direttrici fondamentali. La prima è quella di conferire al linguaggio la forza di sollecitare i sensi e la fantasia attraverso l’impiego massiccio delle metafore, delle quali vengono teorizzati i percorsi: a partire da una metafora di tipo comune e di per sé poco sorprendente, come ad esempio “rosa, regina dei fiori”, si elencano le qualità e le caratteristiche della “rosa” e quelle della “regina”, per poi “trasferire” (la metafora è “trasferimento” del significato da un ambito proprio a uno non proprio) i dati di una serie nell’altra e viceversa. L’altra direttrice, strettamente connessa alla prima, è quella dell’impiego dei “concetti” per rendere prezioso e brillante il linguaggio.
Il “concetto” (vedi Concettismo), l’altro elemento cardine di questa letteratura, è un artificio retorico che consiste nel combinare immagini tra loro molto diverse e nell’accostare cose tra loro molto distanti, ma tra le quali il poeta, per una sorta di illuminazione mentale, coglie, con sottile intelligenza, analogie nascoste e mai osservate prima, anche se spesso bizzarre. Il “concetto” stesso e insieme la facoltà di produrre “concetti” vengono denominati con termini quali “ingegno”, “acutezza”, “arguzia”, “spirito
GIOVAN BATTISTA MARINO
Nasce a Napoli nel 1569
Abbandona gli studi legali per dedicarsi alla letteratura.
Don Matteo di Capua lo assume come segretario
Viene incarcerato per aver sedotto una ragazza del posto
1600 fugge dal carcere e raggiunge Roma al servizio del cardinale Aldobrandini
1608 passa alla corte torinese di Carlo Emanuele I
Entra in conflitto con Gaspare Murtola che è il poeta di corte.
Scrive le liriche de “La lira”
1615 Alla corte di Maria de Medici madre di Luigi XIII
Pubblica l’Adone tratto dalle “Metamorfosi di Ovidio
Ritorna in Italia e tutti lo invitano a pranzi e conferenze. Le due accademie napoletane degli Oziosi e degli Infuriati se lo contendono
Muore nel 1625.
Opere:La lira -L’Adone – Galeria - La Sampogna
Le ragioni del successo
Ambizione,uso accorto delle relazioni con esponenti della letteratura e con i potenti, uso della polemica e dello scandalo per attirare su di sé attenzione.
Rinnovamento stilistico e tematico
Il mondo della sua poesia è un mondo dove trionfa il lusso, la ricerca del piacere, la raffinatezza.
La Chiesa si accorse di queste caratteristiche dell’opera di Marino e nel 1627 l’Adone fu messo all’indice.
Le modalità operative:la variazione ingegnosa e l’arte di “Leggere col rampino”
Utilizza tutto il materiale letterario disponibile e lo manipola per ottenere nuovi effetti
Dalla Lira all’Adone:
L’opera di Marino è costituita da un insieme di immagini, di termini preziosi,di metafore senza alcun sviluppo logico.
La Lira è costituita da un’insieme di poesie di ogni tipo, amorose,encomiastiche,sacre, divise anche per temi(boscherecce,marittime….). e metrica (Madrigali,canzoni ..) Dimostrano l’intenzione dell’autore di affrontare qualunque argomento poetabile
La Sampogna ha per oggetto esperienze erotiche tramandate attraverso il mito e la letteratura.
Galeria raccoglie componimenti poetici dedicati alla descrizione di quadri e sculture.

 

http://www.istitutoturoldo.it/il-portale/area-docenti/il-barocco-ripristinato.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

MANIERISMO  E  BAROCCO

Anche se bisogna evitare rigide periodizzazioni, possiamo dire che, a grandi linee:
-il Manierismo caratterizza la seconda metà del Cinquecento
-il Barocco caratterizza il Seicento.
Mentre il Barocco rappresenta il momento in cui gli artisti esprimono coscientemente una nuova concezione dell’arte e della cultura (e sottolineano la novità e il carattere di rottura della loro arte rispetto a quella umanistico-rinascimentale), il Manierismo rappresenta un momento di passaggio: esso “partecipa del vecchio senza conservarne lo spirito, ma tende anche al nuovo senza istituirlo a sistema”.
Il Manierismo, infatti, si colloca storicamente in un’età nuova (quella della Controriforma), ma ancora non manifesta una chiara coscienza della fine della stagione umanistico-rinascimentale. E’ il riflesso di un’età di profonda crisi, che non trova ancora una forma originale di espressione.
Inquietudine, instabilità, dissidio interiore, ambiguità sono le cifre della migliore arte manierista, che è arte classicistica, ma non più “classica”.
L’intellettuale è cambiato, gravita attorno a nuove istituzioni culturali (la Chiesa e l’accademia, più che la corte), ma non è ancora impegnato consapevolmente nella elaborazione di nuovi valori e di nuove forme artistiche. Pertanto, si continuano a proporre le forme del passato (che sono quelle tipiche dell’età umanistica), anche se ormai i contenuti tipici dell’arte classica vengono ritenuti per lo più inconciliabili con la morale controriformistica.
Quindi, anche se si continua ad affermare che bisogna imitare i classici, si sostiene che tale imitazione debba comportare però una selezione tra i contenuti da loro proposti: possono essere imitati solo quelli che possono essere attualizzati, cioè che possono essere validi per l’uomo moderno.
Inoltre, più che all’imitazione dei classici si dà importanza all’imitazione della natura, ma anche in questo campo opera la censura: sono degni di imitazione solo gli aspetti della natura poeticamente trasfigurabili: tutto ciò che attiene alla sfera del brutto, dello sgraziato, del deforme non può essere oggetto dell’opera d’arte.
Fiorisce tutta una precettistica, con una rigorosa determinazione degli argomenti “poetabili” (cioè, degni di essere oggetto di un’opera d’arte) e di quelli non poetabili.
In effetti, tipica del Cinquecento è la riflessione su problemi di poetica, prendendo spunto ancora una volta dalle teorie elaborate nell’epoca antica. Nel corso del Cinquecento, infatti, viene meno la fiducia nell’ideale di uomo tipico dell’età umanistico-rinascimentale e gli intellettuali, più che impegnarsi nella produzione creativa, tendono ad irrigidirsi in uno studio pedante degli aspetti formali dell’arte.
Il primo sintomo è un’attenzione ossessiva allo studio della retorica, che non è più sentita tanto come arte del persuadere (così com’era sentita nell’età antica ed anche in epoca umanistica), ma come un insieme di norme relative agli aspetti formali di una letteratura intesa soprattutto come “ornamento della vita”.
Le accademie, che fioriscono e si moltiplicano con incredibile rapidità tra Cinquecento e Seicento, si specializzano sempre di più (mentre i cenacoli umanistici erano luoghi di confronto e di scambio sui temi e le problematiche più varie): alcune studiano la retorica, altre la lingua, altre il teatro ecc.
Gli artisti, insomma, tendono più che mai in quest’epoca a specializzarsi. Il valore non è più l’intellettuale versatile e capace di spaziare nei vari campi dell’arte e del sapere (com’era tipico dell’età umanistica); ora si tende a separare e a specializzare i vari percorsi: lo scopo è quello di raggiungere una sempre maggiore perfezione nell’utilizzo degli strumenti tecnici dell’arte (aspetti formali), a scapito dei contenuti.
Grande interesse suscita in questa fase la Poetica di Aristotele: l’opera era stata ritrovata già alla fine del Quattrocento, ma è adesso che gli intellettuali la studiano con particolare impegno, perché ritengono che essa possa rappresentare la base per formulare una serie di precetti a cui rifarsi nella produzione letteraria.
Tutto ciò denuncia la profonda insicurezza degli intellettuali in quest’epoca: essi devono stare attenti a ciò che dicono, per timore di incorrere nella censura della Chiesa. Pertanto, hanno bisogno di rifarsi ad un’autorità certa (e Aristotele lo era per unanime riconoscimento), per essere sicuri di non prestare il fianco a critiche e ad accuse dei contemporanei.
C’è da dire che Aristotele forniva una normativa che non aveva pretese dogmatiche e che ovviamente risentiva delle condizioni dell’arte nell’epoca sua. Questa normativa viene invece assunta dai manieristi come una sorta di “vangelo”, cioè come un insieme di regole fisse, cristallizzate e assolutamente immutabili: tutto ciò, tra l’altro, a prezzo di dubbie interpretazioni e, in qualche caso, di vere e proprie ulteriori deformazioni del pensiero di Aristotele.
La Poetica di Aristotele viene infatti letta e interpretata (e in parte deformata) sulla base delle esigenze dei contemporanei:
-l’aspetto edonistico dell’arte (ampiamente sottolineato da Aristotele) viene lasciato in ombra, visto che l’arte del secondo Cinquecento, in pieno clima controriformistico, ha soprattutto finalità didascalico-educative;
-si dà grande risalto, invece, al tema dell’arte come imitazione diretta della natura e come imitazione dei classici.
Tipica della precettistica dell’epoca è la regola delle tre unità (di luogo, di tempo e di azione), che viene irrigidita in maniera pedantesca, senza possibilità di alterazioni di nessun tipo.
Queste regole vennero estese dal teatro all’epica: anche in questo campo, si sottolineò la necessità di salvaguardare l’unità narrativa del poema (dovevano esserci una sola vicenda centrale e un solo luogo di riferimento: si pensi alla lontananza di questa concezione dai risultati dell’opera umanistico-rinascimentale, legate all’imitazione dei classici), ma non si crede più agli stessi valori a cui si credeva prima. Anzi, proprio perché non c’è più adesione ai valori e ai contenuti profondi dell’età umanistico-rinascimentale, l’attenzione è rivolta in modo sempre più ossessivo e pedantesco alle forme.
Un altro problema nell’interpretazione dell’opera di Aristotele riguarda i generi letterari. Aristotele aveva preso in considerazione i generi letterari che erano fioriti nel mondo greco, distinguendo soprattutto tra:
-poesia narrativa  (epica)
-poesia drammatica (teatro = tragedia e commedia)

Aristotele non aveva però parlato della lirica. I precettisti dell’epoca tentano allora di estendere il sistema normativo fissato per la tragedia e l’epica anche alla lirica. Essi distinguono tra tre tipi di lirica:
-di tipo drammatico
-di tipo soggettivo
-di tipo narrativo


G.Pascoli - Myricae

V

IL BOSCO

 

E’ l’immagine fantastica di un bosco dove si fondono influssi classici di derivazione carducciana (l’impostazione serena della descrizione, i fauni, le ninfe…), influenze parnassiane e il sottile simbolismo tipico del Pascoli: spenta la mitologia, la poesia continua a sopravvivere come pura espressione naturale (vv.13-14).
Sonetto. Apparso in Cronaca minima del 24 luglio 1887, entrò nella raccolta dedicata alle nozze del fratello Raffaele e poi nella II edizione di Myricae.

 

O vecchio bosco pieno d’albatrelli,
che sai di funghi e spiri la malìa,
cui tutto io già scampanellare udìa,
di cicale invisibili e d’uccelli:

 

in te vivono i fauni ridarelli
ch’anno le sussurranti aure in balìa,
vive la ninfa, e i passi lenti spia,
bionda tra le interrotte ombre i capelli.

Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
Or si or no, che il desìo le vinca,
l’occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.

Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
viva sempre ne’ fior della pervinca
e nelle grandi ciocche dell’acacia.

 

 

 

 

 

 

  1. Albatrelli: il corbezzolo, pianta sempreverde
  2. cui tutto…: nel quale, in tutta la sua estensione. – scampanellare: usato con valore imitativo ad indicare il verso rapido e acuto delle cicale.

 

Fonte: http://www.liceodantealighieri.it/allegati/MANIERISMO%20%20E%20%20BAROCCO.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

ARTE BAROCCA IN ITALIA

Le radici del barocco risalgono all'arte italiana del tardo XVI secolo. Come reazione al manierismo, caratterizzato dall'imitazione di temi e soggetti ripresi dalla tradizione e dall'inquieto tentativo del loro superamento attraverso l'enfatizzazione, spesso bizzarra, del difforme, dell'asimmetrico e dei contrasti cromatici, molti artisti furono animati da un desiderio di ritorno al naturalismo. La scuola che si sviluppò intorno ai Carracci, ad esempio, tentò di liberare l'arte dalle sue complicazioni manieristiche tornando ai principi di chiarezza, monumentalità ed equilibrio propri dall'Alto Rinascimento. Annibale Carracci, affrescando il soffitto della galleria di palazzo Farnese (1597-1600) segnò un punto fondamentale nello sviluppo della maniera classica, o ideale, del barocco.
Lo stile venne adottato da artisti come Guido Reni, Domenichino, Francesco Albani e lo scultore Alessandro Algardi, formatisi nella bottega dei Carracci e trasferitisi in seguito nella città dei papi. A Roma giunse anche Caravaggio, che divenne in breve tempo il principale antagonista di Annibale Carracci e lo spirito guida di un'intera scuola di naturalisti barocchi. Partendo da temi e motivi della pittura lombarda del XV e XVI secolo, Caravaggio espresse una personale e drammatica visione della vita costruendo lo spazio del dipinto attraverso l'impiego di contrasti di luce e ombre che danno o tolgono importanza alle figure. Roma divenne il centro della pittura barocca internazionale e molti artisti come i francesi Nicolas Poussin e Claude Lorrain, elessero la città dei papi a sede della propria attività.
Da Roma, il naturalismo si diffuse in Italia nel primo ventennio del XVII secolo a opera di pittori come Orazio Gentileschi e la figlia Artemisia, Bartolomeo Manfredi e Battistello e in seguito di artisti stranieri che operavano in Italia, fra cui il pittore francese Valentin de Boulogne, l'olandese Gerrit van Honthorst e lo spagnolo Jusepe de Ribera. Sebbene dopo il 1630 il naturalismo barocco avesse perso smalto in Italia, continuò a esercitare un enorme impatto in tutto il resto d'Europa fino alla fine del secolo.
Sempre intorno agli anni Trenta del secolo molti artisti tentarono di creare l'impressione di spazi infiniti (illusionismo), come nell'Assunzione della Vergine ( 1625-1627) che Giovanni Lanfranco dipinse nella chiesa di Sant'Andrea della Valle a Roma. L'affresco del soffitto, caratterizzato da convincenti effetti ottici, fu uno strumento di particolare importanza per i pittori dell'alto barocco. Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona, ad esempio, ne fece un uso straordinario in opere come l'affresco della volta del salone del palazzo Barberini a Roma (1633-1639).
Per quanto riguarda la scultura, primo esempio di "ritorno alla natura" è la Santa Cecilia di Stefano Maderno (1600, Santa Cecilia in Trastevere, Roma). Fu Gian Lorenzo Bernini, tuttavia, a dominare la scultura barocca a Roma: fra le sue prime sculture di gruppo, Il ratto di Proserpina (1621-1622) e Apollo e Dafne (1622-1624), entrambe nella Galleria Borghese di Roma, mostrano il virtuosismo dell'artista, capace di estrarre dal marmo effetti di realistica tensione drammatica, forti contrasti di chiaroscuro e illusione coloristica. La sua Estasi di santa Teresa (1645-1652, Cappella Cornaro, Santa Maria della Vittoria, Roma) è pervasa di profonda teatralità, segno distintivo del barocco. Artista prediletto dall'autorità papale, Bernini eseguì opere estremamente ambiziose in Vaticano. L'enorme baldacchino bronzeo (1624-1633) sorretto da quattro pilastri sull'altare maggiore della basilica di San Pietro e la Cattedra di San Pietro (1657-1666), danno prova, attraverso le straordinarie dimensioni e i materiali utilizzati, dello sfarzo e splendore artistico di cui la Chiesa cattolica si servì per contrastare le esigenze di rinnovamento religioso avanzate dalla Riforma.

ARCHITETTURA BAROCCA IN ITALIA

Autore della Fontana dei fiumi (1648-1651), in piazza Navona a Roma, Bernini fu anche un importante e autorevole architetto. Oltre al colonnato (iniziato nel 1656) che abbraccia la piazza San Pietro, progettò alcune chiese tra cui Sant'Andrea al Quirinale (1658-1670).
Fra i maggiori interpreti del primo barocco vi fu Carlo Maderno, conosciuto principalmente per l'opera eseguita a San Pietro. Tra il 1606 e il 1612 costruì infatti il prolungamento della navata e la facciata della chiesa che Donato Bramante aveva cominciato circa cento anni prima. Altri architetti della Roma barocca furono Francesco Borromini e, in misura minore, Carlo Rainaldi. La facciata elegantemente mossa di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma di Borromini (costruita tra il 1638 e il 1641) con il suo andamento concavo e convesso ripreso all'interno della chiesa, è un perfetto esempio di barocco italiano.
Francesco Maria Richini (1583-1658), a Milano, e Baldassarre Longhena, a Venezia, progettarono chiese a pianta centrale. Al primo si deve la chiesa di San Giuseppe (iniziata nel 1607), mentre Santa Maria della Salute di Longhena (iniziata nel 1631) è notevole per le ricche decorazioni e il superbo ingresso che si affaccia sul Canal Grande. Particolarmente spettacolare è l'opera di Guarino Guarini a Torino: la sua Cappella della Santa Sindone (1667-1694, parzialmente danneggiata da un incendio nel 1997) si distingue per l'ardita e intricata geometria delle forme.
Anche a Napoli, Lecce e in Sicilia l'architettura barocca ebbe un notevole sviluppo. A Napoli, tra le opere più belle vi sono la facciata di Santa Maria della Sapienza (iniziata nel 1638), il chiostro della certosa di San Martino (1623-1631) e la guglia di San Gennaro (iniziata nel 1631); di Lecce, si ricordano la cattedrale (iniziata nel 1659) e la chiesa di Santa Croce (iniziata nel tardo Cinquecento); mentre tra i capolavori del tardo barocco siciliano vi sono la chiesa di San Francesco, detta dell'Immacolata, il convento del Santissimo Salvatore e la Cattedrale (gravemente danneggiata da un crollo nel 1996) di Noto.
Algardi Alessandro

Algardi, Alessandro (Bologna 1595 - Roma 1654), scultore e architetto italiano. Iniziò l'attività artistica come pittore; in seguito, l'incontro con le opere dell'antichità classica lo avvicinò alla scultura. Eseguì importanti gruppi marmorei quali quello di San Filippo Neri in Santa Maria del Popolo a Roma e la Decollazione di san Paolo che si trova nella chiesa di San Paolo a Bologna. Nel 1644 succedette al Bernini come scultore della corte papale, nomina che gli permise di affermarsi anche come architetto. Edificò importanti opere, come ad esempio il Casino del Bel Respiro nella villa Doria Pamphili. Non per questo, tuttavia, Algardi trascurò la scultura: realizzò infatti una grande statua bronzea del pontefice Innocenzo X, oggi custodita nel Palazzo dei Conservatori di Roma, e completò nel 1650 il monumento a Leone XI che si trova nella basilica di San Pietro. Sempre per San Pietro, Algardi scolpì, negli anni compresi tra il 1646 e il 1650, la splendida pala d'altare raffigurante la Cacciata di Attila.



Gian Lorenzo Bernini
Bernini, Gian Lorenzo (Napoli 1598 - Roma 1680), architetto, scultore, pittore, scenografo e autore di teatro, fu la personalità artistica dominante del barocco italiano. Mise la sua eccezionale abilità tecnica al servizio di una grande fantasia e rinnovò la tipologia del ritratto e del busto marmoreo, della fontana e del monumento funebre (Vedi scultura).
Figlio dello scultore manierista Pietro Bernini, Gian Lorenzo fu artista precoce. Con i quattro gruppi scolpiti tra il 1619 il 1625 per il cardinale Scipione Borghese, tra i quali lo splendido Apollo e Dafne (Galleria Borghese, Roma), dimostrò di saper fondere in una visione coerente al suo tempo i maestri del Cinquecento e la cultura ellenistica. A differenza di quanto accadeva in passato, i suoi gruppi sono concepiti per essere ammirati da un punto di vista preferenziale, ma non sacrificano nulla della drammaticità della scena. Al contrario, collocando le sculture contro apposite pareti e in luoghi scelti personalmente, Bernini impone allo spettatore un'osservazione particolare della sua opera: la più rappresentativa e luminosa possibile.
In questo periodo iniziano anche i progetti architettonici: la facciata per la chiesa di Santa Bibiana (1624-26) a Roma, e il sontuoso baldacchino di San Pietro (1624-33), il primo dei molti lavori eseguiti per la basilica pontificia nell'arco di quarant'anni, al servizio di sette pontefici. Per Urbano VIII (1628-47) e Alessandro VII (1671-78) Bernini realizzò anche i monumenti funebri, che con sculture a tuttotondo, bronzi e marmi policromi si distaccano dallo schema architettonico tradizionale. La Cattedra di San Pietro (1657-66), dall'effetto altamente scenografico, la decorazione in marmo delle navate e il celebre colonnato della piazza (1656-67), sono uno dei primi tentativi secenteschi di legare in un progetto comune architettura e scultura.
Bernini fu il primo scultore a sfruttare il potenziale drammatico della luce nei gruppi scultorei, come nell'Estasi di santa Teresa (1645-52, cappella Cornaro, Santa Maria della Vittoria, Roma), nella quale la santa e l'angelo sono illuminati da una fonte luminosa naturale nascosta. Anche i numerosi busti da lui eseguiti sono di un realismo drammatico e persuasivo, sia che si tratti di opere allegoriche, come le teste dell'Anima dannata e dell'Anima santa (entrambe 1619, Palazzo di Spagna, Roma), sia di ritratti, come quelli del cardinale Scipione Borghese (1632, Galleria Borghese, Roma) o di Luigi XIV, re di Francia (1665, Versailles).
Bernini disegnò anche molti edifici civili: Palazzo Ludovisi (ora Palazzo Montecitorio) e Palazzo Chigi a Roma (iniziati rispettivamente nel 1650 e nel 1664), e un progetto mai eseguito per il Louvre, che presentò a Luigi XIV nel 1665. Sono opera sua anche le chiese di Castelgandolfo (1658-61), con pianta a croce greca, e la chiesa dell'Assunta ad Ariccia (1662-64), a pianta circolare. Un altro suo capolavoro di architettura religiosa, Sant'Andrea al Quirinale (1658-70), ha una pianta ovale sulla quale s'innalza una cupola in bianco e oro. Sono rinomate, infine, anche le sue spettacolari fontane, come la Fontana dei Fiumi (1648-51) in piazza Navona (che alimentò il mito della sua rivalità con Borromini) e la Fontana del Tritone (1644 ca.) in piazza Barberini, entrambe a Roma.

 


Borromini Francesco

Borromini, Francesco (Bissone, Lugano 1599 - Roma 1667), nato Francesco Castelli, uno dei più importanti e originali architetti italiani del XVII secolo. Insieme con i lavori di altri grandi artisti, come Gian Lorenzo Bernini e Pietro da Cortona, gli edifici progettati da Borromini - in larga misura chiese - trasformarono Roma in una città barocca. Borromini tuttavia, alla continua ricerca di insolite forme volumetriche nello spazio, si dedicò esclusivamente all'architettura. Nei suoi edifici la combinazione di masse piene e vuote diede luogo a un movimento dinamico e a una teatralità del tutto singolare nell'ambito dello stile barocco.
Più degli altri suoi contemporanei Borromini, grazie alla successione ritmica di pareti ondulate concave e convesse e all'adozione di piante innovative e insolite, riuscì a creare nelle sue architetture un effetto più fantastico che razionale. Tuttavia non rifiutava il passato e le sue innovazioni estremizzavano i canoni dell'architettura classica e rinascimentale. Anche l'influsso di Michelangelo fu rilevante, come egli stesso ammise nel trattato Opus architectonicum, scritto nel 1648.
Figlio forse di uno scalpellino, professione che inizialmente anch'egli intraprese, ebbe come primo lavoro, dopo l'arrivo a Roma nel 1621, quello di intagliatore e disegnatore per la nuova basilica di San Pietro sotto la direzione di Carlo Maderno, a cui piacque talmente l'abilità del giovane che decise di nominarlo supervisore dei lavori per la basilica e per palazzo Barberini. L'aspra rivalità tra Bernini e Borromini iniziò nel 1627, quando quest'ultimo ricevette l'incarico di decorare il baldacchino che sovrastava l'altare di San Pietro, disegnato da Bernini.
Già nel 1634 a Borromini fu assegnato il primo vero lavoro architettonico: il progetto della chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane (1634-1641, la facciata fu ultimata nel 1667) che, realizzata con pianta ellittica ottenuta dalla combinazione di due triangoli equilateri e coperta da una cupola ovale, mostra già l'estrema attenzione per le proporzioni geometriche che determinò tutti i suoi successivi lavori. La facciata (più alta dell'edificio), con la sua alternanza di spazi concavi e convessi, costituisce uno degli esempi più eccentrici dell'arte barocca a Roma.
Subito dopo, Borromini realizzò Sant'Ivo alla Sapienza (1642-1660), oggi chiesa dell'università di Roma, la cui pianta a stella si ripete nell'innovativa cupola esagonale, e la facciata di Sant'Agnese a piazza Navona (1653-1657), che sostituì un precedente progetto di Carlo Rainaldi. Tra il 1646 e il 1649 Borromini rimodellò l'interno dell'antica basilica di San Giovanni in Laterano secondo i canoni dello stile barocco. L'ultimo suo grande progetto fu il collegio della Propaganda Fide (1646-1660ca.), la sede centrale dei gesuiti a Roma, un immenso palazzo che esprimeva ancora una volta la sua unitaria concezione geometrica.


 

Caravaggio

Caravaggio (Milano 1571 ca.- Porto Ercole, Grosseto 1610), nato Michelangelo Merisi, pittore italiano, che con i suoi quadri naturalisti rivoluzionò la pittura del XVII secolo. Caravaggio dipingeva osservando la vera natura della luce e dell'ombra e affidava ai contrasti di colore il ruolo di indagare e modellare ogni cosa - gesti, movimenti, atteggiamenti - sottolineando con essi il dramma della realtà.
Formazione e periodo romano
Iniziò l'apprendistato a undici anni presso il pittore Simone Peterzano. Arrivato a Roma verso il 1592, dipinse prima presso un pittore siciliano di "opere grossolane" e in seguito presso il più conosciuto Cavalier d'Arpino, che gli insegnò a dipingere frutta e fiori e lo introdusse negli ambienti più colti e nobili della città, nei quali la musica si alternava alla poesia e alla letteratura. In questi anni il Caravaggio dipinse opere importanti come il Bacchino malato (1591, Galleria Borghese, Roma), il Concerto di giovani (1591-92, Metropolitan Museum of Art, New York), eseguito per il cardinale Francesco Maria del Monte, il Ragazzo morso da un ramarro (1593, Collezione Longhi, Firenze), le due versioni della Buona ventura (1594, Musei Capitolini, Roma; Louvre, Parigi ), Bacco (1595 ca., Uffizi, Firenze), Canestro di frutta (1596, Pinacoteca Ambrosiana, Milano), Amore vittorioso (1598-99, Staatliche Museen, Berlino), Giuditta e Oloferne (1595-96, Galleria nazionale d'arte antica, Roma). Nei quadri del periodo giovanile la sua poetica si presenta carica di simboli e allusioni in cui prevalgono il senso dell'effimero, la sensualità e la malinconia, la compassione cristiana. I fiori e le nature morte, i particolari dei vasi di vetro, dei capelli e delle unghie sono resi con una precisione minuziosa e con un'attenzione tecnica pari a quella riservata alle figure, anche se il valore attribuito ai soggetti umani ebbe sempre un'importanza primaria. La pittura del Caravaggio, che non prevedeva alcun disegno, aveva come modelli persone reali, spesso scelte tra il popolo, e partiva dalla natura, sua unica fonte di esperienza. Di qui la resa delle luci, delle ombre e dei riflessi, degli spazi, degli atteggiamenti sentiti nella loro interezza: ogni espressione, ogni singolo gesto è accompagnato dal sentimento percepito tramite l'osservazione della realtà, come se l'artista la cogliesse in uno specchio. Intorno al 1596, quando andò a vivere presso il cardinale Del Monte, suo profondo ammiratore e collezionista, i suoi quadri divennero più complessi e i personaggi cominciarono a essere indagati anche sotto l'aspetto psicologico
Importanti cicli sacri
Tra il 1597 e il 1598 gli vennero commissionati i dipinti per la cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, con tre scene della vita di san Matteo che indicano il grande rinnovamento della pittura religiosa attuato dal Caravaggio. Facendo leva sulla luce e su ritratti appartenenti a personaggi qualunque ripresi nella vita di tutti i giorni (nella Vocazione di san Matteo, realizzata tra il 1598 e il 1601, Matteo sembra più un contadino che un santo), Caravaggio si staccò dall'iconografia tradizionale e idealizzata per sostituirvi una rappresentazione realistica, estremamente vitale e drammatica. I temi di genere vennero superati del tutto con le scene sacre, che abbandonarono i dettagli più ornamentali per concentrarsi sulla tecnica e le figure, il cui realismo non eccedette mai. Ormai famoso, l'artista ricevette una seconda importante commissione verso il 1601 per Santa Maria del Popolo: la Crocifissione di san Pietro e la Caduta di Saulo (la Conversione di san Paolo) per il cardinale Cerasi. Ma se sul lato professionale e artistico la fortuna sembrava continuare ad arridergli, la sua vita privata, decisamente turbolenta, fu una sequela di risse, arresti e rilasci su garanzie di personaggi altolocati. Infine, a seguito dell'omicidio di un avversario al gioco della pallacorda, venne condannato a morte.
Ultimo periodo Rifugiatosi a Napoli, vi dipinse nel 1607 le Sette opere di misericordia (chiesa del Pio Monte della Misericordia, Napoli) e la Flagellazione di Cristo (chiesa di San Domenico Maggiore, Napoli). Verso il 1608 fu a Malta. Anche qui ebbe successo: il Gran Maestro Alof de Wignacourt lo investì del titolo di cavaliere ed egli dipinse la Decollazione del Battista (Duomo, La Valletta), il quadro più grande e l'unico firmato dal Caravaggio. Perseguitato e rinchiuso nel castello di Sant'Angelo, in attesa del processo Caravaggio fuggì a Siracusa, dove eseguì il Seppellimento di santa Lucia (1608, chiesa di Santa Lucia, Siracusa), opera importante per la nuova rappresentazione dello spazio: due grandi primi piani annunciano l'immagine della santa distesa per terra, attorno alla quale le figure risultano sempre più schiacciate sulle pareti nude del fondo. Da Siracusa Caravaggio andò a Messina (La resurrezione di Lazzaro, 1609, Museo nazionale, Messina), a Palermo e poi di nuovo a Napoli, dove fu aggredito e gravemente ferito da alcuni sicari. Mentre a Roma il cardinale Gonzaga tentava di farlo graziare, Caravaggio sbarcò a Porto Ercole, dove per errore venne incarcerato. Morì in seguito a una "febbre maligna" proprio quando arrivò la grazia.
L'impatto dell'arte di Caravaggio sugli artisti del suo tempo fu notevole. Tra i suoi seguaci vi furono Orazio Gentileschi, Adam Elsheimer, Carlo Saraceni e il giovane Rubens. Dopo le critiche dei classicisti e il lungo silenzio che ne seguì, tornò alla ribalta con un'esposizione organizzata da Roberto Longhi nel 1951, che rinnovò l'interesse e lo studio della sua opera.
I Carracci

Carracci Famiglia di artisti italiani che comprendeva Annibale, il fratello maggiore Agostino e il cugino Ludovico. Nel 1585 i Carracci fondarono l'Accademia degli Incamminati a Bologna, una scuola di pittura che si proponeva come obiettivo una riforma artistica che facesse rivivere i principi classici dei maestri del Rinascimento, i cui esempi erano le opere di Michelangelo, Raffaello, Tiziano e Veronese. L'accademia attrasse molti giovani pittori di talento, quali Alessandro Algardi, Domenichino e Guido Reni, facendo di Bologna il più attivo e influente centro dell'arte italiana per oltre due decenni.
Annibale Carracci
(Bologna 1560 - Roma 1609), pittore e incisore che, superando gli eccessi del manierismo, preannunciò la nascita dell'arte barocca in Europa. Con il disegno e l'esecuzione del ciclo di affreschi delle Storie di Romolo (1588-1592, Palazzo Magnani, oggi Salem, Bologna), che costituisce una sorta di manifesto artistico dei Carracci, Annibale venne riconosciuto come il più dotato della famiglia. Tra i suoi dipinti a olio di questo periodo vi sono La bottega del macellaio (1583 ca., Christ Church, Oxford), Il mangiafagioli (1583-84, Galleria Colonna, Roma) e l'Assunzione della Vergine (1592, Pinacoteca nazionale, Bologna).
Nel 1595 Annibale venne chiamato a Roma per eseguire la decorazione della Galleria di Palazzo Farnese, i cui magnifici affreschi del soffitto (cominciati nel 1597), ricchi di effetti illusionistici, costituiscono il suo capolavoro. Sull'impianto architettonico dipinto sono sapientemente distribuiti nudi eroici, finti medaglioni in bronzo e decorazioni marmoree scolpite e sono inseriti quelli che sembrano undici enormi quadri con cornici decorate, che rappresentano, nelle forme di un'umanità idealizzata, scene d'amore tra divinità pagane, soggetti mitologici ispirati all'opera del poeta romano Ovidio. La decorazione, chiaramente ispirata alla volta della Sistina e concepita sul modello raffaellesco delle Stanze Vaticane, comprende nella parte centrale il magnifico Trionfo di Bacco e Arianna, in cui il tema, Bacco che sposa Arianna dopo averla trovata abbandonata sull'isola di Naxos, simboleggia l'amore divino. Terminati nel 1604, gli affreschi, che anticipano la pittura decorativa barocca, stupirono il mondo artistico romano e influenzarono artisti quali Gian Lorenzo Bernini e Pieter Paul Rubens.
Nonostante gli incoraggiamenti dei suoi devoti allievi, fra i quali Domenichino, che Annibale considerava il proprio successore artistico, terminata l'esecuzione della sua monumentale opera, l'artista accettò poche commissioni probabilmente a causa di una malattia che lo colpì nel 1605. Rilevanti sono i suoi tenui e squisiti paesaggi, come nel Sacrificio di Isacco (Louvre, Parigi), che avviano ai paesaggi neoclassici di Claude Lorrain e Nicolas Poussin.
Agostino Carracci
(Bologna 1557 - Parma 1602), pittore e incisore, le cui opere più significative sono le incisioni, eseguite su modello di artisti famosi quali il Barocci, il Tintoretto e il Correggio. A Bologna, insieme ad Annibale e Ludovico decorò con le Storie di Giasone un salone di Palazzo Fava (1583-84). Influenzato soprattutto dagli artisti di Venezia e Parma, Agostino dipinse verso il 1592 la Comunione di san Gerolamo (Pinacoteca nazionale, Bologna), significativo esempio dello stile insegnato dall'Accademia dei Carracci.
Ludovico Carracci
(Bologna 1555-1619), pittore. Dopo una serie di viaggi di studio a Firenze, Parma, Mantova e Venezia si stabilì nella città natale. Lo stile naturalista trovò nella tecnica del chiaroscuro di Ludovico un mezzo efficace per esprimere sentimenti ed emozioni. Si ricordano tra le sue opere l'Assunzione della Vergine (1588, Museum of Art, Raleigh, North Carolina), la Madonna degli Scalzi (1590 ca., Pinacoteca nazionale, Bologna), la Madonna col Bambino e i santi Francesco e Giuseppe per la chiesa dei Cappuccini (1591, Museo di Cento).

 

Domenichino
Domenichino (Bologna 1581 - Napoli 1641), nato Domenico Zampieri, pittore italiano. Studiò all'accademia dei Carracci, a Bologna, con Ludovico Carracci e, nel 1602, lavorò col cugino di Ludovico, Annibale Carracci, alla decorazione ad affresco della galleria di palazzo Farnese a Roma. L'attività di Domenichino fu intensa soprattutto a Roma, dove lavorò in chiese, ville e palazzi. La sua produzione giovanile, in particolare gli affreschi delle Storie di San Nilo nell'abazia di Grottaferrata, presso Roma, e la pala d'altare della Comunione di San Gerolamo (1614, Pinacoteca Vaticana, Roma), testimoniano di un'accurata organizzazione dello spazio cui si accompagna l'uso di colori brillanti. Le opere del periodo più tardo, ispirate a Correggio e Michelangelo e caratterizzate da dinamismo e scorci drammatici, sono invece più vicine agli stilemi del barocco. Emblematici di questa tendenza sono gli affreschi per la cappella di San Gennaro nel Duomo di Napoli (1631-1634, 1635-1641). Di Domenichino, che fu anche straordinario paesaggista e influenzò, con la sua lezione, il pittore francese Claude Lorrain, si ricordano inoltre il Guado (Galleria Doria Pamphilj, Roma) e le due Storie di Ercole (Louvre, Parigi).

 

Gentileschi Orazio e Artemisa
Pittori barocchi italiani, padre e figlia.
Orazio Gentileschi

(Pisaca. 1562-1639), Orazio Lomi, detto il Gentileschi, operò a Roma, a Genova, in Francia e, dopo il 1626, in Inghilterra, su commissione di Carlo I Stuart e George Villiers, duca di Buckingham. Nel 1599 affrescò quattro Angeli musicanti per la chiesa della Madonna dei Monti, a Roma. Per la prima volta in questi affreschi la sua pittura mostrò un carattere personale e uno stile spregiudicato, più aderente al nuovo naturalismo del Caravaggio. Si ispirò ai dipinti più chiari del Caravaggio, dai quali prese spunto per dare più risalto alla luminosità delle sue figure. Tra le sue opere, notevoli per l'armonia dei colori, la finezza dei drappeggi e la nitidezza dei profili, vanno ricordati Davide dopo la morte di Golia (National Gallery, Dublino), Giuseppe e la moglie di Putifarre (Hampton Court, Londra) e Riposo durante la fuga in Egitto (Louvre, Parigi).
Artemisia Gentileschi
(Roma 1593ca. - Napoli 1651ca.), figlia di Orazio. Fu allieva del padre e del suo collega Agostino Tassi. Nel 1612 Orazio accusò Tassi di aver violentato Artemisia: durante il famoso processo che seguì, Artemisia fu sottoposta a controinterrogatorio sotto tortura. Alla fine Tassi fu prosciolto da ogni accusa. Nonostante queste vicissitudini, Artemisia continuò a dipingere con grande successo. Operò a Roma, Firenze e Napoli e, tra il 1638 e il 1640, soggiornò in Inghilterra, collaborando con il padre e realizzando ritratti su commissione che le valsero una buona fama.
Uno dei soggetti preferiti di Artemisia fu la vicenda biblica di Giuditta, la vedova virtuosa che sedusse e uccise Oloferne. Un esempio del suo approccio a questo soggetto è rappresentato da Giuditta e Oloferne (1620ca., Galleria degli Uffizi, Firenze). Anche Artemisia si ispirò all'arte del Caravaggio: tra i suoi dipinti, famosi per l'uso sapiente del chiaroscuro e l'intensa espressività, vanno ricordati un autoritratto (Hampton Court,) e Maria Maddalena (Palazzo Pitti, Firenze).

Giordano Luca
Giordano, Luca (Napoli 1634-1705), pittore italiano del tardo periodo barocco, soprannominato Luca Fapresto per la sua rapidità. Allievo di Jusepe de Ribera, lavorò prevalentemente a Napoli; soggiornò anche a Roma e Venezia, dove assorbì la lezione di Pietro da Cortona e di Paolo Veronese, e a Firenze. Dal 1692 al 1700 fu alla corte di Spagna, dove era stato invitato da Carlo II. Le sue opere sono caratterizzate da colori armoniosi e attraenti, e da grande facilità di invenzione. Tra i suoi affreschi si ricordano quelli per la cupola della Cappella Corsini a Firenze, il Cristo che scaccia i mercanti dal tempio nella chiesa di San Filippo da Girolami a Napoli e la Presa di Montmorency nel palazzo dell'Escorial a Madrid. Tra i quasi cinquemila oli su tela che si stima abbia dipinto, sono celebri Venere e Marte (Louvre, Parigi) e Nascita del Battista (Metropolitan Museum of Art, New York).

Guarino Guarini

Guarini, Guarino (Modena 1624 - Milano 1683), architetto barocco italiano, noto per i progetti complessi e fantasiosi frutto di un'elaborata speculazione matematica e filosofica. Le sue invenzioni architettoniche influenzarono ampiamente le successive manifestazioni del barocco europeo, specie in Spagna, Portogallo, Baviera e Austria.
Trascorse la maggior parte della vita a Torino, dove si trovano tutte le sue opere a noi pervenute.
Riprogettò la cappella della Sacra Sindone (1667-1690; gravemente danneggiata da un incendio nell'aprile 1997), a pianta circolare e con una cupola conica reticolata in una complessa disposizione ottagonale di archi traforati da piccole finestre circolari. La chiesa di San Lorenzo (1668-1687), spesso considerata il suo capolavoro, ha una pianta ottagonale, con una serie di pilastri e colonne che si innalza a supportare una complessa cupola composta di sedici costoloni intersecati e con volte armoniosamente intrecciate e traforate da finestre. Nei molti palazzi che progettò, notevoli per le facciate fortemente ondulate, chiara è l'influenza della lezione di Francesco Borromini, soprattutto nel Collegio dei Nobili (1678) e nel palazzo Carignano (1679), nel quale forti sono i richiami alla chiesa romana di San Carlo alle Quattro Fontane di Borromini.

 

Longhena Baldassarre

Longhena, Baldassarre (Venezia 1598-1682), architetto italiano, fu uno dei maggiori interpreti dello stile barocco in terra veneta. Allievo di Vincenzo Scamozzi, Longhena si formò sulla lezione delle opere veneziane di Jacopo Sansovino e di Andrea Palladio. Tali influssi sono particolarmente evidenti nel suo massimo capolavoro, la chiesa di Santa Maria alla Salute a Venezia, iniziata intorno al 1630 e completata cinquant'anni più tardi. La pianta ottagonale, i frontoni che ne adornano i fronti, la grande cupola centrale costituiscono sia un'elaborazione del modello dettato dalla non lontana chiesa del Redentore di Palladio, sia un ritorno a modelli tardoantichi. E tuttavia, con il grande apparato decorativo (le ampie volute del tamburo, le numerose statue e obelischi, l'elaborato lanternino), Longhena pose la chiesa della Salute sotto il segno inequivocabile del barocco. Tra le altre sue opere - tutte situate a Venezia - si ricordano i due edifici civili Ca' Pesaro e Ca' Rezzonico, iniziati rispettivamente nel 1660 e nel 1667.

 

Pietro da Cortona
Pietro da Cortona (Cortona 1596 - Roma 1669), nato Pietro Berrettini, pittore e architetto italiano, uno dei principali artisti del barocco romano. Dopo aver studiato pittura a Firenze, nel 1613 si stabilì a Roma, dove trascorse il resto della sua vita. Le sue opere più importanti furono affreschi basati sull'illusione prospettica, una delle forme d'arte preferite dal barocco. Fino ad allora i grandi dipinti realizzati su soffitto erano stati divisi in sezioni, che illustravano ciascuna una scena o un episodio particolare.
Nell'enorme affresco Trionfo della Divina Provvidenza (1633-1639), eseguito per la volta del salone di palazzo Barberini a Roma, Pietro si liberò da questa impostazione per realizzare le scene in una grande composizione unificata dallo sfondo di un vasto cielo, creando, in uno spirito tipicamente barocco, effetti di movimento, abbondanza e profondità illimitata. A Firenze decorò con ricchi stucchi e ori la Sala della Stufa a Palazzo Pitti (Le quattro età dell'uomo, 1637-1641), mentre il ritorno dell'artista a Roma, nel 1647, consentì la realizzazione di una delle opere pittoriche più significative della sua maturità, la decorazione della galleria di Palazzo Pamphili a piazza Navona (Storie di Enea, 1651-1654).
Come architetto intervenne in alcune chiese romane, tra le quali Santa Maria della Pace (1656-1657) è la più rappresentativa del suo stile: essa presenta una facciata semicircolare collegata agli edifici adiacenti attraverso due colonnati, producendo un effetto altamente scenografico. Un altro esempio è Santa Maria in via Lata (1658-1662), caratterizzata, nella facciata, dagli intensi chiaroscuri prodotti dal portico e dal loggiato. I dipinti di Pietro influenzarono, dopo la sua morte, circa un secolo di arte europea; i suoi progetti architettonici furono fondamentali per il suo contemporaneo Gian Lorenzo Bernini.

 

Reni Guido

Reni, Guido (Bologna 1575-1642), pittore e incisore italiano, autore di famose opere di soggetto religioso e mitologico. Intorno al 1595 divenne allievo dei Carracci. Tra il 1600 e il 1614 lavorò principalmente a Roma, dove dipinse la Crocifissione di San Pietro (1601-1603, Musei Vaticani) e gli affreschi delle sale delle Nozze Aldobrandini e delle Dame, in Vaticano. Per il cardinale Scipione Borghese affrescò Sant'Andrea condotto al martirio (oratorio di San Gregorio al Celio), e l'Eterno e Concerto d'angeli (1608-1609, oratorio di Santa Silvia), nonché il casino del Palazzo Rospigliosi Pallavicini con il celebre Carro del sole, le Ore e l'Aurora (1613ca.).
Affascinato da Raffaello e dalla scultura classica (Vedi Classicismo), ma anche da Caravaggio, Guido Reni giunse a una sua concezione autonoma di pittura, in cui predominava la ricerca della naturale bellezza. La strage degli innocenti (1611-12, Pinacoteca Nazionale, Bologna) e le due versioni di Atalanta e Ippomene (1615-25, Capodimonte, Napoli e Prado, Madrid) rappresentano i momenti più significativi della sua opera, in cui Reni dette voce a una forte carica di tensione emotiva. Altre opere importanti sono la Gloria di san Domenico e la Madonna del Rosario (Pinacoteca, Bologna). Reni fu profondamente influenzato dall'arte classica e lo stile realistico delle opere giovanili contrasta con l'esuberanza barocca dei contemporanei. Nell'ultimo periodo, quello bolognese, il realismo lasciò il posto a uno stile più poetico.

 

Tiepolo Gianbattista

Tiepolo, Giambattista (Venezia 1696 - Madrid 1770), pittore italiano, l'ultimo grande maestro della scuola veneziana, ricordato soprattutto per i grandi cicli di affreschi rococò. Benché le opere giovanili mostrino affinità con quelle di Giovan Battista Piazzetta, l'influsso maggiore gli venne dal Veronese. Fu ammesso alla gilda dei pittori di Venezia nel 1717 e lavorò per il doge e l'aristocrazia veneta e di altre città italiane. Lentamente la sua tavolozza, dapprima caratterizzata da forti contrasti di chiaroscuro, si schiarì per cercare nuovi effetti luminosi in grado di affrontare una diversa ricerca spaziale e prospettica (Vedi Prospettiva).
Tiepolo eccelleva soprattutto nei grandi affreschi e nelle pitture a olio su pareti e soffitti, ideate in funzione dell'architettura ornata e curvilinea in voga con il rococò. Vi raffigurava temi biblici e mitologici, risolti in modo fantasioso, ma anche momenti di vita quotidiana. La composizione è complessa e drammatica, la linea fluida ed elegante, il colore tenero e luminoso e il trattamento della luce attento agli effetti atmosferici. Lo stile leggero e i gradevoli colori pastello continuarono a riscuotere successo per molto tempo anche dopo gli esordi dello stile neoclassico, più austero e lineare. Negli oli su tavola, soprattutto per pale d'altare, Tiepolo usò le stesse forme e gli stessi colori accattivanti delle decorazioni parietali.
Tra le opere giovanili sono importanti gli affreschi udinesi della cappella del Sacramento nella cattedrale (1726) e dell'arcivescovado (1726-1728), che sul soffitto dello scalone presentano la Caduta degli angeli ribelli, incorniciata da stucchi e da otto Storie della Genesi, e, sulle pareti e sul soffitto della galleria, una serie di Storie bibliche perfettamente inserite all'interno di un ambiente architettonico che crea illusionistici effetti di spazio. Tra le opere successive si ricordano La raccolta della manna (1738-1740, chiesa parrocchiale di Verolanuova, Brescia), in cui Tiepolo rese più ricca e complessa la narrazione preparandosi agli affreschi della Corsa del carro del sole (1740, palazzo Clerici, Milano). Qui, tra le altre immagini di grande invenzione, dipinse le allegorie dei quattro continenti e le divinità del mare, tra cui rimane famosa l'orca che docilmente si lascia cavalcare. Gli affreschi di palazzo Labia a Venezia (1747-1750), una delle sue opere di maggiore effetto illusionistico, sono celebri soprattutto per le Storie di Cleopatra.
Tiepolo trascorse gli anni dal 1750 al 1753 a Wurzburg, chiamato dall'arcivescovo Carl Phillip von Greiffenklau per la decorazione dell'arcivescovado con un ciclo di affreschi in celebrazione di Federico I Barbarossa, del vescovo Aroldo e dell'arcivescovo stesso. Nel 1754 tornò a Venezia e fu nominato direttore dell'Accademia. Sono di questo periodo il Trionfo della fede (1754-55), dipinto per la chiesa della Pietà a Venezia, i cicli di affreschi (1757) per Villa Valmarana a Vicenza e quelli realizzati nel 1758 per Ca' Rezzonico a Venezia. Tra i dipinti a olio figurano la Sacra famiglia con san Gaetano (Accademia, Venezia) e molte pale d'altare in chiese veneziane. Si conservano anche schizzi a olio, disegni e acqueforti di grande fantasia (le serie Capricci e Scherzi).
Nel 1762, invitato da re Carlo III, andò a Madrid per decorare il Palazzo Reale: affrescò la Sala della guardia con l'Apoteosi di Enea, l'anticamera con l'Apoteosi della Monarchia Spagnola e la Sala del trono con la Gloria di Spagna (1762-1767).
Tiepolo poté produrre un'enorme mole di lavoro anche grazie all'aiuto dei figli Lorenzo e Giandomenico. Quest'ultimo, in particolare, si distinse dal padre per una personale ricerca della luce e per la vena ironica con cui dipinse alcune scene di vita quotidiana.

 

 

 

Il BAROCCO IN EUROPA

Arte barocca in Spagna
In Spagna, i primi segnali della presenza di uno stile barocco si dovettero all'influsso esercitato dalla tradizione della pittura italiana, in particolare di Tiziano, di Tintoretto, di Federico e Taddeo Zuccari, e, soprattutto, di Caravaggio.
A Valencia, un certo gusto barocco e naturalistico è visibile nell'opera di Francisco Ribalta, influenzato da Jusepe de Ribera protagonista del barocco napoletano. Siviglia e Madrid divennero i due centri principali dell'arte barocca spagnola. Agli inizi del XVII secolo le caratteristiche barocche emersero, ad esempio, nei dipinti di Juan de las Roelas, Francisco Pacheco e Francisco de Herrera il Vecchio. Nelle opere di Francisco de Zurbarán, stabilitosi a Siviglia nel 1629, le composizioni barocche più impressionanti e profondamente toccanti sono quelle caratterizzate da una rappresentazione realistica del soggetto religioso. Zurbarán operò quasi esclusivamente su commissione per conventi e monasteri. Il suo stile, negli anni della maturità, fu influenzato dal gusto più pacato di Bartolomé Estéban Murillo.
Le opere di Caravaggio erano note a Siviglia già nel 1603; la loro popolarità si deve in parte alla forte influenza realistica che esercitarono sull'opera del più grande pittore barocco spagnolo, Diego Velázquez chiamato a Madrid nel 1623 come ritrattista alla corte di Filippo IV, incarico che conservò per tutta la vita. Velázquez fu inoltre apprezzato per le composizioni di carattere storico e mitologico e per la sua opera di architetto e decoratore.
Altro importante artista della generazione di Velázquez, anch'esso andaluso, fu Alonso Cano, uno dei pochi pittori spagnoli a dipingere nudi. Il tardo barocco di Siviglia è meglio rappresentato da Juan de Valdés Leal, le cui due Vanitas (1672) nell'Hospital de la Caridad di Siviglia impressionano per la raffigurazione realistica e quasi morbosa degli scheletri e dei cadaveri in via di decomposizione. A Madrid fra le ultime generazioni di pittori barocchi si ricordano Francisco Rizi, Juan Carreño de Miranda e Claudio Coello, artisti chiaramente influenzati dallo stile barocco italiano.
La scultura barocca derivò invece dalle tradizionali opere su legno e gli artisti si concentrarono in particolare sulla creazione di retablos (pale d'altare). Gregorio Fernández, che operò principalmente a Valladolid, fu il più importante scultore della Spagna centrale, mentre la scuola meridionale è meglio rappresentata da Juan Martínez Montañés e Juan de Mesa, a Siviglia, Pedro de Mena e Alonso Cano, a Granada.
L'architettura spagnola del primo barocco riprende lo stile del palazzo-monastero dell'Escorial (1563-1582), presso Madrid. La facciata della cattedrale di Granada, progettata e realizzata da Cano, presenta alcuni elementi classici, ma nelle decoratissime superfici introduce lo stile rococò. I palazzi barocchi più significativi si trovano in Andalusia; è tipico l'ospedale di Siviglia de Los Venerables Sacerdotes (1687-1697) progettato da Leonardo de Figueroa. Nel resto del paese il churriguerismo - una tendenza di intensa esuberanza decorativa che prende il nome dalla famiglia di architetti Churriguera - è evidente negli edifici dalle fastose decorazioni di Barcellona, Madrid e soprattutto Salamanca.
Al seguito della colonizzazione, il barocco spagnolo (e lo stile portoghese in Brasile) si diffuse molto nelle colonie dell'America centrale e meridionale. Tra i centri più importanti per il fiorire dello stile vi furono il Messico, Antigua, in Guatemala, Cuzco e Lima in Perù.
Barocco fiammingo
Il barocco fiammingo è dominato dalla brillante personalità di Pieter Paul Rubens. Lo stile pittorico degli anni giovanili si formò sull'esempio di Caravaggio, Carracci e Michelangelo. Lo stile maturo dell'artista, caratterizzato dalla grande ricchezza cromatica, dalle composizioni dinamiche e dalle voluttuose figure femminili, segnò l'apogeo della pittura barocca del Nord, di cui il celebre ciclo di 21 tele della Vita di Maria de' Medici (1621-1625, Louvre, Parigi) può essere considerato il compendio. Fra gli allievi di Rubens, quello di maggior talento fu Antonie van Dyck, autorevole pittore di corte e dell'aristocrazia, fra le cui opere si annovera il Ritratto di Carlo I in abito da caccia (1635 ca., museo del Louvre, Parigi). Jacob Jordaens e Adriaen Brouwer sono particolarmente noti per le realistiche scene di vita campestre, soggetto trattato anche da altri artisti fiamminghi quali David Teniers e l'olandese Adriaen van Ostade.
Gli scultori del barocco fiammingo traevano spesso ispirazione dall'arte italiana: così fu per lo stile di Artus Quellinus, il quale risente comunque della lezione di Rubens, mentre François Duquesnoy collaborò addirittura con Bernini a Roma. Il gusto italiano è altresì visibile nell'architettura fiamminga di cui un esempio è l'ex chiesa gesuita di San Carlo Borromeo (1615-1621, ora museo) ad Anversa.
Barocco olandese
Paesaggi, nature morte, animali e scorci architettonici erano soggetti ampiamente rappresentati nella pittura barocca olandese. Fra il XVII e l'inizio del XVIII secolo molti artisti olandesi, fra cui Hendrik Goltzius adottavano ancora il linguaggio manierista. Lo stile caravaggesco giunse qualche tempo dopo al seguito di artisti, fra cui Gerrit van Honthorst e Hendrik Terbrugghen, tornati in patria dopo aver lavorato in Italia. Negli anni Venti del XVII secolo il naturalismo si era ormai affermato tra i pittori di Utrecht e il secolo del barocco fu il periodo aureo dell'arte olandese. In quegli anni e nei successivi Frans Hals produsse ritratti notevoli, spesso commissionati dalle milizie locali, secondo un genere iniziato da Rembrandt nella famosa Ronda di notte (1642, Rijksmuseum, Amsterdam). L'uso della luce vivida che si staglia sullo sfondo scuro, la pennellata efficace e vibrante, la raffigurazione dei soggetti realistica e al tempo stesso emotivamente coinvolgente, sono peculiari dell'arte di Rembrandt.
La convincente riproduzione di un'atmosfera psicologica e la magistrale padronanza degli effetti di luce diffusa, sono i tratti distintivi dell'opera di Jan Vermeer.
Fino al 1650 la scultura olandese rimase manierista; lo stile barocco fu infine introdotto dagli scultori fiamminghi e, in particolare, da Quellinus nel municipio di Amsterdam, ora Palazzo Reale.
Barocco inglese
La pittura barocca in Inghilterra fu dominata dall'influenza di Rubens e Van Dyck, che ispirarono un'intera generazione di ritrattisti. La scultura inglese fu ugualmente influenzata dallo stile italiano e fiammingo. All'architetto Inigo Jones, che studiò in Italia il classicismo di Andrea Palladio, si deve infine l'introduzione, nel XVII secolo, dello stile palladiano in Inghilterra. Ne è un chiaro esempio la Banqueting House (1619-1622, Londra) ove si trova lo splendido affresco, Allegoria della pace e della guerra (1629), di Rubens. Anche Christopher Wren, che influenzò l'architettura in Inghilterra e nelle colonie americane per oltre un secolo, soggiornò a lungo in Italia: i suoi progetti per la cattedrale di San Paolo (iniziata nel 1675), a Londra, rivelano lo studio dell'opera di Bramante, Borromini e altri architetti italiani.
Barocco francese
All'inizio del XVII secolo, in Francia, la scuola manierista di Fontainebleau era ancora attiva. Le scene a lume di candela di Georges de La Tour, tuttavia, suggeriscono l'influenza del Caravaggio. Il naturalismo barocco si sviluppò nelle opere di Valentin de Boulogne, che aveva vissuto in Italia, e di coloro che vennero in contatto con il realismo fiammingo, come i fratelli Le Nain e Philippe de Champaigne. Di estrema importanza per la storia della pittura barocca francese è il classicismo di Nicolas Poussin; sebbene l'artista avesse trascorso gran parte della sua carriera a Roma, il suo influsso - e quello del compatriota Claude Lorrain - fu determinante per gli sviluppi della pittura francese. Tra gli scultori, si ricordano Pierre Puget, François Girardon e Antoine Coysevox i cui ritratti esprimevano un marcato classicismo. Verso la fine del secolo il classicismo si combinava al gusto del primo barocco, come appare negli affreschi di Charles Lebrun, le architetture di Louis Le Veau e il disegno dei giardini di André Le Nôtre che ornano il castello di Vaux-le-Vicomte (1661) e l'immensa reggia di Versailles. Un progetto altrettanto grandioso, di grande raffinatezza ed equilibrio, fu l'ampliamento (1667-1673) del Louvre a opera di Louis Le Vau, Lebrun, Claude Perrault e altri.

Barocco austriaco e tedesco

Due maestri della pittura barocca tedesca sono Adam Elsheimer, che, trasferitosi a Roma nel 1600, lavorò seguendo i canoni classici e fu fortemente influenzato dai pittori italiani, e Johann Liss, che operò a Venezia e a Roma.
La scultura del XVII secolo nei paesi di lingua tedesca conservava ancora un aspetto tardo-gotico e manierista. In Germania l'altare Überlingen (1613-1619) di Jörg Zürn, rappresenta la continuità della tradizione scultorea su legno dei paesi alpini. Il bavarese Balthasar Permoser assimilò l'arte del primo barocco in Italia, portandola poi a Dresda, dove si impose come il maggiore scultore in questo stile. Le sue sculture celebrative per lo Zwinger Pavilion (iniziato nel 1711) e il grandioso ampliamento del palazzo di Dresda realizzato da Matthäus Pöppelman, contribuiscono non poco alla bellezza dell'edificio. A Vienna, come a Dresda, l'architettura barocca trovò ampio favore alla corte reale. Uno dei maggiori architetti barocchi austriaci, Johann Bernhard Fischer von Erlach, diede prova di aver assimilato le forme italiane nel suo capolavoro, l'opulenta Karlskirche (1716-1737) di Vienna.
Honthorst Gerrit van

Honthorst, Gerrit van (Utrecht 1590-1656), pittore olandese noto in Italia come Gherardo delle Notti, conosciuto soprattutto per i notturni dipinti alla maniera di Caravaggio. Dopo i primi studi a Utrecht, dal 1619 al 1621 soggiornò a Roma. Qui assimilò l'arte italiana e si specializzò in uno stile caratterizzato dall'uso del chiaroscuro, di colori forti e figure dalla postura drammatica, applicandolo spesso a soggetti biblici (Adorazione dei pastori, 1621, Uffizi, Firenze). Fu ammirato soprattutto per i notturni drammaticamente illuminati, come il Cristo davanti al gran Sacerdote (1617 ca., National Gallery, Londra) e il Concerto (1624, Louvre, Parigi). In seguito si concentrò sulla pittura di genere e sui ritratti, in particolare dopo la nomina a pittore di corte all'Aia nel 1637.
Il suo stile caravaggesco influenzò le prime opere di Rembrandt, mentre i suoi ultimi lavori, più luminosi, ebbero un influsso sul maestro dei ritrattisti olandesi Frans Hals.

 

Rembrandt Harmenszoon

Rembrandt Harmenszoon van Rijn (Leida 1606 - Amsterdam 1669), pittore, disegnatore e incisore olandese, uno dei più grandi artisti nella storia dell'arte occidentale. La sua opera, per la quale Rembrandt utilizzò svariate tecniche, tutte volte a esprimere con la massima intensità atmosfera e sentimenti, ebbe un impatto notevole sui contemporanei e influenzò lo stile di molti artisti delle generazioni successive. La sua padronanza del chiaroscuro è tale da creare atmosfere dagli effetti drammatici insoliti e unici.
Figlio di un mugnaio, Rembrandt si affermò presto come artista e maestro (tra i suoi allievi vanno ricordati Gerrit Dou e Carel Fabritius), realizzando per ricchi committenti capolavori di drammatica espressività: ritratti, opere mitologiche e religiose. Nonostante il successo artistico, la sua vita fu segnata dalle disgrazie: dapprima il dolore per la perdita dei figli e della moglie Saskia, che nemmeno la nuova compagna Hendrickje valse a mitigare; poi la bancarotta, dovuta anche al suo dispendioso stile di vita. L'inventario dei beni che Rembrandt mise all'asta per saldare i debiti rivela la varietà dei suoi interessi artistici: scultura antica, dipinti fiamminghi e del Rinascimento italiano, arte orientale, opere olandesi contemporanee, armi e corazze.
Le opere giovanili
Nelle opere giovanili, che risalgono agli anni Venti, si avverte l'influenza del suo maestro Pieter Lastman nella scelta di soggetti drammatici, composizioni affollate e forti contrasti di luce. Il nobile slavo (1632, Metropolitan Museum of Art, New York) rivela la sua passione per i costumi esotici. Un magnifico esempio dello stile che caratterizza i ritratti giovanili è rappresentato dal Ritratto di un uomo con sua moglie (1633, Isabella Stewart Gardner Museum, Boston), che rivela una precisione nella rappresentazione dei modelli, dei dettagli degli abiti e dell'arredamento destinata a non comparire più nelle opere successive. Spesso erano i familiari a posare per lui: la madre dell'artista come Profetessa Anna (1631, Rijksmuseum, Amsterdam) e la malinconica Saskia nelle vesti della dea Flora (1634, Ermitage, San Pietroburgo).
Nel centinaio di autoritratti realizzati, Rembrandt si sottopose a una penetrante autoanalisi. Questi dipinti gli servivano spesso come studi di emozioni e sentimenti e venivano incorporati nei quadri di soggetto storico e biblico, ma erano importanti anche per l'affinamento della tecnica del chiaroscuro, come testimonia l'Autoritratto del 1628 (Rijksmuseum), in cui i lineamenti emergono appena dall'ombra che copre gran parte del volto.
Tra le principali commissioni pubbliche che Rembrandt ricevette ad Amsterdam figura la Lezione di anatomia del dottor Tulp (1632, Mauritshuis, L'Aia), dipinta per la gilda dei chirurghi. Questi ritratti di gruppo, genere tipicamente olandese, erano una cospicua fonte di reddito per gli artisti del paese, dove né la Chiesa né la Corona si distinguevano per mecenatismo. Il quadro di Rembrandt, con la sua interessante disposizione piramidale delle figure, è di gran lunga superiore ai ritratti commemorativi che portano la firma di altri artisti olandesi.
Gli anni della maturità
Un Autoritratto del 1640 (National Gallery, Londra), ispirato a opere di Raffaello e Tiziano, mostra l'assimilazione del classicismo da parte di Rembrandt, sia nell'organizzazione formale sia nell'espressione della calma interiore. Il Ritratto del pastore mennonita Anslo con la moglie (1641, Staatliche Museen, Berlino), più pacato rispetto alle opere precedenti, coglie, come in altre opere di Rembrandt, un momento di un dialogo, rendendo magistralmente l'interazione tra le figure: il pastore parla, forse per spiegare un passo biblico, e la moglie ascolta tranquilla. Nella toccante Cena a Emmaus (1648, Louvre, Parigi) l'uso della luce comunica immediatamente il significato della scena.
Nella celebre Ronda di notte, o più precisamente La guardia civica comandata dal capitano Frans Banningh Cocq (1642, Rijksmuseum), ritratta mentre esce dalla caserma per prepararsi a una sfilata, Rembrandt abbandona la convenzione pittorica e, invece di disporre le figure in file statiche, le riprende in un contesto dinamico.
Molti paesaggi di questo periodo sono idealizzati, frutto della sua immaginazione più che descrizioni di località specifiche: non sono tipici della piatta campagna olandese, ad esempio, i rilievi ondulati con le antiche rovine della Vallata con fiume e rovine (Staatliche Gemäldegalerie, Kassel).
Le opere della vecchiaia
Le opere migliori di Rembrandt risalgono agli ultimi due decenni della sua vita. Gli autoritratti e i ritratti di figure singole e gruppi, opere storiche e religiose, non mostrano più la ricerca barocca del dramma, del fasto e dei dettagli superficiali. Al contrario, rivelano un profondo interesse per gli stati d'animo e le qualità spirituali. Il colore è più ricco e la pennellata più vigorosa. Nell'Autoritratto del pittore da vecchio (1669ca., National Gallery, Londra) i lineamenti di Rembrandt tradiscono una vena leggermente sarcastica. In quello di Jan Six (1654, Stichting Jan Six, Amsterdam), raffigurato con uno sgargiante abito rosso, oro e grigio mentre si infila un guanto, lo stile semiastratto rivela il virtuosismo tecnico: un sottile gioco di luce illumina il volto del soggetto, rivelandone l'umore calmo e meditativo.
Le opere di tema biblico rappresentano circa un terzo della produzione rembrandtiana. Quelle giovanili, di ispirazione barocca, accentuano il senso drammatico, mentre quelle più tarde, come Betsabea (1654, Louvre), Giuseppe accusato dalla moglie di Putifarre (1655, Staatliche Museen, Berlino) e il toccante Ritorno del figliol prodigo (1669ca., Ermitage,), mostrano un più marcato interesse narrativo.
L'opera grafica
Per Rembrandt il disegno e l'acquaforte erano importanti quanto la pittura. Gli vengono attribuiti circa 1400 disegni, che raccolgono un'ampia gamma di immagini, molte delle quali fini a se stesse, non necessariamente studi preparatori. I disegni degli anni Trenta sono eseguiti a gessetti rossi e neri, quelli più tardi a penna e inchiostro su carta bianca, e rivelano l'intervento del pennello nella resa dell'accento tonale. In alcuni, come Il ritrovamento di Mosè (1635ca., Rijksprentenkabinet, Amsterdam), poche linee accentuate bastano a creare un'intensa espressività. Altri, invece, come La porta orientale di Rhenen (1648, Musée des beaux-arts, Bayonne), ricca di dettagli architettonici e prospettici, sono perfettamente rifiniti. Tra i disegni giovanili va ricordato il raffinato Ritratto di un uomo in poltrona visto attraverso una cornice (1634, collezione privata, New York) e tra quelli più tardi Nathan che ammonisce David (1656, Metropolitan Museum of Art, New York), realizzato a penna, e Donna assopita (Hendrickje, 1655ca., British Museum, Londra), un disegno a pennello di grande efficacia espressiva.
Rembrandt realizzò anche famose acqueforti, sfruttando l'immenso potenziale di questa tecnica per creare linee straordinariamente espressive. Si servì anche, unendola all'acquaforte, dell'incisione a puntasecca, ottenendo nelle opere più tarde effetti particolari con la fresa (Vedi Stampa e Incisione). Particolarmente suggestivi sono il grandioso ritratto intero di Jan Six (1647), il Cristo guaritore, noto anche come la Stampa dei cento fiorini (1642-45ca.), il poetico paesaggio dei Tre alberi (1643) e il Cristo che prega o La piccola tomba (1652ca.), conservati al British Museum di Londra.

 

Rubens Pieter Paul

Rubens, Pieter Paul (Siegen, Vestfalia 1577 - Anversa 1640), pittore fiammingo. Il suo stile contribuì a determinare gli aspetti più esuberanti, voluttuosi e vivaci della pittura barocca. Combinando la pennellata vigorosa, i colori luminosi e la luce della scuola veneziana con il vigore dell'arte di Michelangelo e il dinamismo formale della scultura ellenistica, Rubens creò uno stile vibrante, la cui forza emana dalla tensione tra lo spirito razionale e quello emozionale, tra il classico e il romantico. La sua opera influenzò artisti come Jean-Antoine Watteau, Eugène Delacroix e Pierre-Auguste Renoir.
Svolse l'apprendistato ad Anversa, presso Tobias Verhaecht, Adam van Noort e Otto van Veen, tre pittori fiamminghi minori influenzati dal manierismo della scuola fiorentina e romana del XVI secolo. Nel 1598, all'età di ventun anni, ottenne il rango di maestro pittore presso la gilda di San Luca di Anversa. In seguito, com'era costume per gli artisti nordeuropei del tempo, Rubens viaggiò in Italia, centro dell'arte europea nei due secoli precedenti. Giunto a Venezia nel 1600, fu particolarmente suggestionato dai dipinti di Tiziano, Paolo Veronese e Tintoretto; successivamente, nel periodo in cui visse a Roma, trasse ispirazione dalle opere di Michelangelo e di Raffaello, nonché dalle sculture greco-romane.
Rubens fu per circa nove anni presso Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova, per il quale, oltre a eseguire opere originali (Adorazione dei pastori, 1608, San Filippo, Fermo), copiò alcuni dipinti rinascimentali della collezione privata e svolse funzioni diplomatiche presso Filippo III di Spagna. Durante il periodo italiano risentì dell'influenza delle prime opere barocche di Annibale Carracci e di Caravaggio, ed entrò in contatto con i principali intellettuali del tempo.
Nel 1609, tornato nelle Fiandre, Rubens, che in Italia aveva dato vita a una delle prime espressioni del barocco, divenne pittore di corte dell'arciduca Alberto, viceré dei Paesi Bassi. Per far fronte alle numerose commissioni creò una grande bottega, che svolse un ruolo fondamentale per la sua produzione e fu frequentata dai più insigni artisti dell'epoca. Rubens solitamente dipingeva lo schizzo iniziale ed eseguiva la parte finale dell'opera, lasciando ai collaboratori l'esecuzione delle fasi intermedie. Molte opere gli vennero commissionate dalla Chiesa fiamminga proprio per le emozionanti interpretazioni che sapeva dare degli eventi religiosi; gli esempi più significativi sono il Trittico dell'Erezione della Croce (1610-11) e la Discesa dalla Croce (1611-1614), entrambi nella Cattedrale di Anversa. Tra il 1622 e il 1630 Rubens svolse numerose missioni diplomatiche. Durante una visita alla corte di Francia nel 1622, la regina Maria de' Medici gli commissionò, per il Palazzo del Lussemburgo, una serie di 21 grandi dipinti allegorici ispirati alla propria vita, completati nel 1625: Storie di Maria de' Medici (Louvre, Parigi).
Inviato a Madrid dal viceré dei Paesi Bassi tra il 1628 e il 1629, ricevette dal re di Spagna Filippo IV incarichi di corte e diverse commissioni, esercitando, con le sue opere, una forte influenza sul giovane Diego Velázquez. In occasione di una successiva missione a Londra fu nominato cavaliere da Carlo I, per il quale eseguì diversi dipinti e compose gli schizzi preparatori per i dipinti del soffitto della Banqueting House a Whitehall Palace.
Nell'ultimo decennio della sua vita, trascorso nelle Fiandre, lavorò intensamente per gli Asburgo, oltre a ritrarre la famiglia e la campagna fiamminga. Di questo periodo sono i dipinti Giardino d'amore (1635, Prado, Madrid), Paesaggio con arcobaleno (1636, Alte Pinakothek, Monaco) e Ritratto di Hélène Fourment e di due suoi figli (1635-1638, Louvre, Parigi).
Una delle sue ultime opere è il famoso Giudizio di Paride (1635-1637 ca., National Gallery, Londra). In quest'opera, dove Paride deve scegliere la più bella tra Era, Atena e Afrodite, la ricchezza della creazione è simboleggiata dalla sensualità delle tre dee e dal verdeggiante paesaggio dello sfondo. I colori lussureggianti, lo scintillio di luci e ombre, la pennellata sensuale e l'elegante composizione contribuiscono al significato della narrazione.

 

Velázquez, Diego Rodríguez de Silva

Velázquez, Diego Rodríguez de Silva (Siviglia 1599 - Madrid 1660), pittore spagnolo, massimo artista barocco del suo paese. Tra il 1611 e il 1617 lavorò come apprendista presso Francisco Pacheco, pittore manierista di Siviglia e autore di un trattato di pittura (El arte de la pintura, 1649). In questo periodo Velázquez assimilò gli stili pittorici più diffusi dell'epoca, in gran parte provenienti dal realismo italiano e fiammingo.
Le opere giovanili
Le prime opere, eseguite tra il 1617 e il 1623, possono essere raggruppate in tre categorie: i bodegones (dipinti di genere con nature morte), i ritratti e le scene religiose. Molti di questi lavori mostrano una forte influenza naturalista, come Il pasto (1617 ca., Ermitage, San Pietroburgo), forse la sua prima opera come artista indipendente, eseguita dopo aver superato l'esame per l'ammissione alla gilda di San Luca. Nei bodegones, come l'Acquaiolo di Siviglia (1619-20 ca., Apsley House, Londra), i magistrali effetti di luce e ombra, così come l'osservazione diretta della natura, rendono inevitabile il paragone con l'opera di Caravaggio. Per i dipinti religiosi, immagini di semplice devozione, Velázquez utilizzò come modelli persone ritratte direttamente nelle strade di Siviglia; nell'Adorazione dei Magi (1619, Prado), in cui figura anche un autoritratto, i modelli per le figure bibliche sono i suoi stessi famigliari.
Velázquez, ben introdotto nella ristretta cerchia intellettuale di Siviglia, entrò in contatto con personalità come il poeta Luis de Góngora y Argote, del quale realizzò un ritratto (Museum of Fine Arts, Boston) nel 1622. Tali conoscenze furono importanti per i lavori successivi che trattano temi mitologici e classici.
Velázquez pittore di corte
Nel 1622 Velázquez fece il suo primo viaggio a Madrid, dove tornò nel 1623. Nominato pittore ufficiale di Filippo IV, di cui eseguì un ritratto (1623, Prado, Madrid), continuò a dipingere molte altre sobrie e dirette rappresentazioni del re, della famiglia reale e di membri della corte. Fino al 1630, infatti, dedicò grande parte dei suoi sforzi alla ritrattistica, sebbene talvolta si sia avvicinato anche a soggetti mitologici, come nel Trionfo di Bacco o I bevitori (1628-29, Prado); questa scena di banchetto all'aperto, nella quale il dio del vino (Bacco) è rappresentato nell'atto di bere insieme a furfanti, testimonia il costante interesse del pittore per il realismo.
Il viaggio in Italia
Nell'agosto del 1629 Velázquez, influenzato probabilmente dalle conversazioni sull'arte italiana intrattenute con Rubens, lasciò Barcellona per Genova, per poi trascorrere due anni in viaggio per l'Italia: visitò Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli, studiando da vicino e assimilando l'arte del Rinascimento e quella della propria epoca, come testimoniano molte opere eseguite in questo periodo. Tra queste si ricorda Fucina di Vulcano (1630, Prado), in cui le qualità scultoree, ispirate a Michelangelo, si combinano con la tecnica del chiaroscuro appresa da maestri italiani come Guercino e Giovanni Lanfranco.
Il ritorno in Spagna
Tornato a Madrid, assunse di nuovo le mansioni di ritrattista di corte con l'intenso Principe Baltasar Carlos con un nano (1631, Museum of Fine Arts, Boston), reso ancora più pregnante dalla precoce morte del giovane principe. Nel 1634 diresse i lavori per la decorazione della sala del trono nel nuovo palazzo reale del Buen Retiro, per il quale progettò dodici scene di battaglia realizzate in collaborazione con gli artisti più prestigiosi dell'epoca, oltre a una serie di ritratti reali equestri. Gli interventi di Velázquez nel ciclo dei quadri delle battaglie comprendono la Resa di Breda (1634, Prado), che ritrae un generale spagnolo mentre riceve il comandante delle truppe fiamminghe sconfitte dopo l'assedio della città nel 1624. L'originale composizione en plein air, la delicatezza della pennellata e la forte espressività fanno di quest'opera la più celebrata composizione storica dell'arte barocca spagnola.
Del periodo 1630-1640 è l'importante serie di ritratti di caccia della famiglia reale commissionata per la Torre de la Parada, un padiglione di caccia presso Madrid. Intorno al 1640 datano le famose raffigurazioni di nani di corte, i quali, diversamente dai buffoni ritratti da artisti precedenti, vengono trattati con rispetto e simpatia. Dopo essere entrato al servizio del re, Velázquez eseguì pochi lavori a soggetto religioso; le eccezioni più interessanti sono Storie dei santi Antonio abate e Paolo eremita (1642 ca., Prado) e Cristo in Croce (1632-1644 ca., Prado).
Le ultime opere
Negli ultimi vent'anni dedicò molto tempo al lavoro di funzionario di corte e a quello di architetto, e ricevette l'incarico di decorare molte nuove stanze nei palazzi reali. Tra il 1649 e il 1650 fu di nuovo a Roma, dove dipinse due importanti ritratti (Juan de Pareja, Metropolitan Museum of Art, New York; Papa Innocenzo X, Palazzo Doria-Pamphili, Roma) e il suo capolavoro, Las Meniñas (Le damigelle di corte, 1656, Prado), un ritratto di gruppo della famiglia reale con un autoritratto dell'artista nell'atto di dipingere.
Circa un secolo dopo, l'opera di Velázquez influenzò, uno dei più grandi pittori spagnoli, Francisco Goya

 

De Ribera Jusepe

Ribera, Jusepe de (Játiva, Valencia 1591 - Napoli 1652), pittore spagnolo, inaugurò la tradizione realistica nell'arte spagnola. Attivo principalmente a Napoli all'epoca del dominio spagnolo, Ribera si dedicò soprattutto a soggetti religiosi, ma fu anche il primo pittore spagnolo di temi mitologici. Le sue opere giovanili, influenzate dal drammatico chiaroscuro di Caravaggio e dalla pennellata sciolta ed espressiva di Tiziano, rivelano un gusto particolare per soggetti cupi e severi, specialmente nelle scene di martirio e di tortura, come il San Sebastiano (1620 ca., Museo di Osuna, Andalusia) e il Martirio di San Bartolomeo (1630, Prado, Madrid), intrisi di una drammatica intensità. Soprannominato lo "Spagnoletto" per la sua bassa statura, eseguì nel 1626 il Silenzio ebbro (Museo di Capodimonte, Napoli), celebre per il suo grottesco umorismo e per i violenti contrasti di luce.
Nelle opere più tarde la composizione si fece più libera e i colori più chiari, riuscendo a rappresentare atmosfere più delicate, nelle quali la vita interiore dei personaggi divenne l'elemento principale. La Pietà e l'Apollo e Marsia, entrambi del 1637, conservati a Napoli nel Museo Nazionale di San Martino, rivelano uno stile elegante, con suggestioni di Van Dyck, e il passaggio dalla maniera di Caravaggio a quella barocca. L'abilità nel ritrarre la personalità del soggetto, così evidente in dipinti quali lo Storpio (1652, Louvre, Parigi), segnò un punto di rottura con le idealizzazioni del manierismo e fu la principale eredità che Ribera lasciò all'arte spagnola dei secoli seguenti.

 

Longhena Baldassarre

Longhena, Baldassarre (Venezia 1598-1682), architetto italiano, fu uno dei maggiori interpreti dello stile barocco in terra veneta. Allievo di Vincenzo Scamozzi, Longhena si formò sulla lezione delle opere veneziane di Jacopo Sansovino e di Andrea Palladio. Tali influssi sono particolarmente evidenti nel suo massimo capolavoro, la chiesa di Santa Maria alla Salute a Venezia, iniziata intorno al 1630 e completata cinquant'anni più tardi. La pianta ottagonale, i frontoni che ne adornano i fronti, la grande cupola centrale costituiscono sia un'elaborazione del modello dettato dalla non lontana chiesa del Redentore di Palladio, sia un ritorno a modelli tardoantichi. E tuttavia, con il grande apparato decorativo (le ampie volute del tamburo, le numerose statue e obelischi, l'elaborato lanternino), Longhena pose la chiesa della Salute sotto il segno inequivocabile del barocco. Tra le altre sue opere - tutte situate a Venezia - si ricordano i due edifici civili Ca' Pesaro e Ca' Rezzonico, iniziati rispettivamente nel 1660 e nel 1667.

 

Poussin Nicolas

Poussin, Nicolas (Les Andelys, Normandia 1594-1665), pittore francese, fondatore e massimo rappresentante del classicismo secentesco. Originario della campagna normanna, studiò pittura a Parigi, dove venne a conoscenza del manierismo della scuola di Fontainableau. Nel 1624, dopo un soggiorno a Venezia, andò a Roma, dove visse quasi tutto il resto della sua vita. Le prime opere romane riprendono i principi del manierismo della seconda metà del Cinquecento, risentendo anche dell'influsso della pittura di Tiziano, del quale in quegli anni a Roma erano presenti i Baccanali, di proprietà del cardinale Aldobrandini. A questo periodo appartengono i dipinti Trionfo di Flora (Louvre), Baccanale con suonatrice di liuto (1631-1633, Louvre) e Diana e Endimione (Art Institute, Detroit), nei quali, insieme alla ricchezza cromatica di Tiziano, si avverte una propensione verso un'ideale compostezza, espressa da un disegno nitido e da una composizione semplice e solenne delle scene, che ha nell'opera di Raffaello la fonte ispiratrice.

Poussin si recò a Parigi nel 1640 e ne ripartì dopo diciotto mesi, lasciando incompiuta la decorazione della Grande galleria del Louvre. Le sue opere del decennio seguente (1643-1653), come la Sacra famiglia (1648, National Gallery, Washington), divennero un punto di riferimento per il classicismo francese e mostrano composizioni serene e articolate, caratterizzate da colori chiari e luminosi e pervase da un'atmosfera solenne.
Negli ultimi anni, a partire dal 1653, l'allegoria, il simbolismo e il misticismo cominciarono a svolgere un ruolo importante nella sua pittura, avvertibile in opere come Pastore arcade (1656 ca., Louvre) e Le quattro stagioni (1660, Louvre, Parigi), che, andando al di là della semplice illustrazione di eventi storici, sono un tentativo di indagine sui rapporti che legano l'uomo alla natura.
La convinzione di Poussin che l'arte dovesse rivolgersi alla mente e non agli occhi, ossia che dovesse rappresentare le situazioni umane più nobili coltivando l'ordine ed evitando i dettagli, costituì la base dello stile accademico in Francia e in seguito il principale punto di riferimento per artisti come Jacques-Louis David, Jean-Auguste-Dominique Ingres e Paul Cézanne.

 

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Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Arte barocca periodo barocco riassunto e sintesi

BAROCCO

 

Alla fine del Cinquecento nell’arte italiana prevale ancora una sensibilità manierista, che fa uso di un linguaggio sofisticato e intellettualistico, ricco di simboli e allegorie spesso oscure, comprensibili a un pubblico ristretto e colto. Nel corso del Seicento si va diffondendo una nuova sensibilità figurativa in evoluzione rispetto al manierismo e da questo distinta per i caratteri meno elitari, caratterizzata dalla libera interpretazione del classicismo rinascimentale, definita dispregiativamente barocco dai teorici dell'arte. La Chiesa di Roma, appena uscita dalla Controriforma, appoggia questa nuova espressione artistica capace di rivolgersi ad un vasto pubblico, affidandole il compito di esprimere in forme grandiose e in toni trionfali i valori politici e religiosi che ne legittimano il potere, ed è quindi considerata una corrente fastosa e celebrativa. E’ dunque a Roma che si hanno le prime manifestazioni importanti di arte barocca, grazie all’attività di Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini e Pietro da Cortona.Verso la fine del ‘600, il barocco si laicizza e  si diffonde in tutta Europa, e altri centri divengono importanti, soprattutto là dove principi, elettori e re vogliono rilanciare l’immagine della loro città-capitale, impegnandosi in attività di rinnovamento urbanistico-architettonico.

Uno dei temi fondamentali della poetica barocca è la rappresentazione dinamica e illusionistica dello spazio. Lo si coglie pienamente in architettura (colonnato di piazza San Pietro di Bernini, chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza di Borromini), in cui l’edificio appare sorprendentemente diverso a seconda del punto di osservazione scelto; un edificio dagli spazi illusionisticamente più ampi di quanto non siano, dalle linee dinamiche, in costante movimento di dilatazione e contrazione, mai uguale

Le premesse dello sviluppo della pittura barocca sono poste dagli italiani Caravaggio e Annibale Carracci. Entrambi contrari al manierismo, individuano il principio della loro arte nell’indagine diretta della realtà. Diverso è però l’esito della loro pittura. Caravaggio, approfondisce la sua analisi della realtà sino a rappresentarne gli aspetti crudi e drammatici (Martirio di San Matteo). Carracci invece è meno radicale nel suo realismo, che è punto di partenza per una raffigurazione equilibrata e razionale (Fuga in Egitto).

 

Nel primo Settecento si diffonde una nuova sensibilità del gusto nota sotto il nome di rococò. Lo stile rococò intende opporre, alla magniloquenza delle forme e al fasto del barocco, l’agile grazia e piacevolezza dell’ornamentazione. Principale centro di elaborazione e diffusione dello stile rococò è la Francia dove, su una sensibilità di fatto classicista, si era diffuso un barocco dai toni equilibrati. Lo stile rococò è dunque individuabile in molte delle manifestazioni architettoniche e artistiche del primo Settecento, anche se molte zone d’Europa e molti artisti continuarono a portare avanti le problematiche emerse dall’esperienza barocca, sino alle soglie del neoclassicismo.

 

Caravaggio, (Milano 1571 - Porto Ercole, Grosseto, 1610).

Dopo l'apprendistato compiuto a Milano presso il pittore bergamasco Simone Peterzano, Caravaggio si trasferisce a Roma intorno al 1593.  Qui inizia a lavorare nella bottega del cavalier d'Arpino dove dipinge quadri di fiori e frutta e crea alcune scene di genere con figure di come il Ragazzo  morso da un ramarro. L'anno successivo entra al servizio del suo primo potente protettore romano, il cardinale Francesco Maria del Monte che gli commissiona, tra il 1594 e il 1599, la decorazione del proprio palazzo (Casino Ludovisi) e alcuni dipinti  tra cui il probabilmente, il Bacco (Firenze, Uffizi) e la Canestra di frutta (Milano, Pinacoteca Ambrosiana). Tramite il suo mecenate, Caravaggio entra in contatto con prestigiose e influenti famiglie romane che gli commissionano altri importanti dipinti (ciclo di tele). In queste opere della maturità Caravaggio raggiunge una rappresentazione lucida e precisa della realtà naturale in scene monumentali plasmate e definite da un forte chiaroscuro. Tra le opere realizzate durante il soggiorno romano vanno menzionati il Riposo nella fuga in Egitto (Roma, Galleria Doria Pamphili) che rivela l'influsso della cultura lombardo-veneta nel cui ambito avviene la formazione di Caravaggio, la Deposizione  (1603 ca., Roma, Musei Vaticani) e La morte della Vergine (1605 ca., Parigi, Louvre). Costretto a fuggire da Roma, dopo aver ucciso un uomo in una rissa, giunge a Napoli nel 1607 dove esegue numerosi dipinti, tra cui le Sette Opere di Misericordia  (chiesa del Pio Monte della Misericordia). Nel 1608 si trasferisce a Malta e, dopo aver  dipinto San Gerolamo, la Decollazione di  San Giovanni Battista (La Valletta, duomo) e Amore dormiente (Firenze, Uffizi), fugge nuovamente.

 

La canestra di frutta, del 1596, offre un importante esempio, tra i primi della storia dell'arte, di natura morta concepita come genere autonomo. Caravaggio dichiara che non vi è differenza tra il dipingere un quadro di fiori o un quadro di figure e, dunque, anche una banale canestra di frutta è un tema degno di essere dipinto. La ricerca del «vero naturale» condotta da Caravaggio si rivela nella riproduzione accuratamente realistica delle diverse qualità dei frutti, mele, uva, fichi, che, investiti da una luminosità diffusa, risaltano nitidamente contro il fondo chiaro. Nel dipinto sono registrati anche i segni della deperibilità delle cose naturali, visibili nella foglia accartocciata o nella mela bacata allusivi alla caducità della vita. Immagini analoghe, simboleggianti la transitorietà dei beni terreni, ricorrono nei cosiddetti quadri di Vanitas  che si diffondono in Europa durante il Seicento, principalmente per opera di pittori olandesi e fiamminghi.

 

Nel 1599,  Caravaggio è incaricato di dipingere, grazie all'appoggio del suo primo protettore romano, l'influente cardinale Francesco Maria Del Monte, un ciclo che narra tre episodi della vita dell'evangelista Matteo:  la Vocazione  e il Martirio e San Matteo e l'angelo. Caravaggio affronta questa impegnativa prova su temi di storia sacra, con soluzioni di assoluta novità:  le vicende del santo non appaiono idealizzate, al contrario si svolgono nella realtà di ambienti e uomini comuni, esprimendo una religiosità etico-sociale che riflette il messaggio di povertà evangelica. In questo ciclo è evidente il valore formale e simbolico che assume  la luce nell'opera di Caravaggio: una luce dura, abbagliante che, contrastando fortemente con profonde ombre, mette a fuoco e definisce le scene e i particolari. L'opposizione luce-tenebre ricorre nelle opere della maturità di Caravaggio.

Il Martirio raffigura il momento in cui sta per compiersi l'uccisione di Matteo. L'episodio è descritto come un fatto di cronaca, una scena d'omicidio cui assiste lo stesso Caravaggio che si autoritrae nello sfondo, alla sinistra del carnefice, lasciando emergere dalla fitta oscurità il proprio volto angosciato. Matteo è steso per terra ai piedi dell'altare, con il costato sanguinante appena trafitto dal carnefice che lo afferra per un braccio, mentre dall'alto scende un angelo su una nuvola e porge al santo la palma del martirio. Il dipinto rende con grande efficacia l'istantaneità e il carattere drammatico e tumultuoso dell'azione collocata in uno spazio profondo e buio, squarciato dalla luce che evidenzia i gesti e gli sguardi  impauriti dei presenti: a sinistra un gruppo di uomini con abiti contemporanei; in basso, ai due lati della scena, i catecumeni che attendevano di essere battezzati da Matteo; a destra, il chierichetto che fugge con il viso contratto in un urlo di paura. La luce investe il santo e il suo carnefice, simboleggiando la luce divina, ossia la possibilità di redenzione concessa anche al peccatore.

 

Decollazione del Battista

Eseguita a Malta per la Compagnia della Misericordia, la monumentale tela della Decollazione di San Giovanni, del 1608, rivela la tensione esistenziale degli anni estremi di Caravaggio. L'episodio sacro è colto nel momento di massima drammaticità: Giovanni è steso a terra con la gola sanguinante e le mani legate dietro la schiena, mentre il carnefice, dopo averlo ferito con la spada, si accinge ad estrarre il pugnale per compiere la decollazione. Il carceriere alza la mano con un gesto imperioso indicando alla giovane donna di avvicinare il vassoio per raccogliere la testa del santo, mentre la vecchia porta le mani al volto inorridita. La scena è ambientata nel buio cortile  della  prigione e dietro un'inferriata due reclusi spiano il supplizio. Rispetto alle opere degli anni precedenti, le figure sono meno imponenti e lo spazio della tela appare dominato dal vuoto e dalla penombra attraversata da lampi di luce che evidenziano drammaticamente i particolari della scena, i volti e i gesti dei personaggi.

 

Carracci Annibale (Bologna 1560 - Roma 1609).

Nell'intento di superare gli schemi della decadente cultura manierista, Annibale Carracci elabora una linea di rinnovamento della pittura fondata sul recupero e lo studio del «vero naturale» e dei modelli rinascimentali, da Raffaello a Correggio a Tiziano. Insieme al fratello Agostino e al cugino Ludovico, nel 1582, fonda a Bologna l'Accademia degli Incamminati ed esegue cicli affrescati di soggetto allegorico-mitologico in palazzi bolognesi. Annibale manifesta vivi interessi naturalistici nei suoi dipinti giovanili come la Macelleria  (1582-83, Oxford, Christchurch), il Mangiafagioli  (1583-84, Roma, Galleria Colonna. Nel 1599, Annibale è invitato a Roma da Odoardo Farnese che gli commissiona la decorazione  con soggetti mitologici del Camerino e poi della Galleria di Palazzo Farnese che riprende i modelli della Sistina di Michelangelo e pone le premesse per lo sviluppo della grande decorazione barocca. Tra le ultime opere eseguite da Annibale è particolarmente importante la lunetta con la Fuga in Egitto eseguita per la cappella del palazzo Aldobrandini (1603 ca., Roma, Galleria Doria Pamphili), che esprime una nuova concezione del paesaggio e della natura interpretata secondo un ideale di classica perfezione

 

Il mangiafagioli, dipinto giovanile di Annibale Carracci databile intorno al 1583, riproduce una scena "di genere", ossia un episodio tratto dalla vita quotidiana, che richiama i dipinti fiamminghi di nature morte con figure. La scena è ambientata in un interno illuminato da una luce che proviene dalla finestra a sinistra e che diffonde una tonalità grigio-azzurra. L'immagine popolaresca del contadino davanti a una mensa di cibi poveri, descritta realisticamente, rivela l'adesione di Annibale al «vero naturale», punto di partenza e fondamento della sua ricerca tesa al superamento degli schemi manieristici. Quest'iconografia è ripresa anche da van Gogh nei Mangiatori di patate.

 

Nella lunetta con la Fuga in Egitto, commissionata intorno al 1603 dal cardinale Aldobrandini per la cappella del suo palazzo romano, Annibale Carracci  raffigura un'ampia veduta che mostra evidenti richiami ai pittori veneti(Giorgione). Con questo dipinto, Carracci esprime una nuova visione del paesaggio ispirata alla poetica dell'«ideale classico»: il luogo attraversato dalla Sacra Famiglia in fuga è un ambiente naturale dove si vedono contadini serenamente intenti a lavorare; in lontananza si staglia una città fortificata dove spicca un edificio che ricorda il Pantheon di Roma. È una rappresentazione dove uomo, natura e architettura appaiono armonicamente uniti. I piani digradanti della collina su cui è posta la città, le linee disegnate dal fiume e l'intenso chiarore dello sfondo, contribuiscono a creare un effetto di profondità prospettica.

 

 

Bernini Gian Lorenzo (Napoli 1598 - Roma 1680).

Gian Lorenzo Bernini compie la sua formazione artistica nella bottega del padre, scultore tardomanierista, dedicandosi ad uno studio appassionato dei grandi maestri del Cinquecento e della statuaria antica, in particolare di modelli ellenistici che esercitano un evidente influsso sul suo linguaggio. Diviene personaggio di assoluto rilievo della scena artistica romana, acclamato e prediletto dagli ambienti nobiliari e, in particolare dai pontefici che gli affidano una lunga serie di lavori. La prima opera, per San Pietro, è il baldacchino bronzeo sulla tomba di San Pietro, una colossale struttura poggiante su colonne tortili  (cui collabora Francesco Borromini) innalzata al centro della crociera michelangiolesca. Infine, l'artista offre una efficace interpretazione della spiritualità barocca rappresentando i sentimenti di esaltazione e trasporto mistico in opere come l'Estasi di Santa Teresa (1647-52, Roma, Santa Maria della Vittoria, Cappella Cornaro).

 

Commissionata  dal cardinale Scipione Borghese, appassionato estimatore e collezionista di antichità, l'opera, datata tra 1622 e 1625, illustra la storia di Apollo e Dafne, tratta dalle Metamorfosi  di Ovidio, nel suo momento di massima tensione. L'artista raffigura infatti l'istante in cui la ninfa Dafne in fuga viene raggiunta dal dio Apollo e si tramuta in pianta d'alloro. I due protagonisti sembrano immobilizzarsi d'improvviso e sul volto della ninfa, con le labbra dischiuse, appare un'espressione di stupore e panico. Gian Lorenzo Bernini rende con virtuosismo le diverse qualità della materia, la levigatezza dei corpi, il carattere frastagliato delle chiome e delle fronde. Sul basamento dell'opera è inciso un distico che invita a riflettere sulla mutevolezza dell'uomo e sulla vanità dei suoi desideri.

 

Gian Lorenzo Bernini riprende a occuparsi dei lavori per il nuovo San Pietro, realizzati nell'arco di oltre quaranta anni, durante il pontificato di Alessandro VII, attivo promotore di una politica di protezione delle arti.  La prima opera, per San Pietro, è il baldacchino bronzeo sulla tomba di San Pietro, una colossale struttura poggiante su colonne tortili  (cui collabora Francesco Borromini) innalzata al centro della crociera michelangiolesca. L'artista realizza, tra 1657 e 1665, una tra le più grandiose imprese della Roma barocca, ossia la sistemazione della vasta area antistante San Pietro, destinata ad accogliere i fedeli riuniti in occasione della Pasqua o di altre ricorrenze liturgiche per assistere alla cerimonia di benedizione impartita dal papa a tutto il mondo. Bernini elabora una soluzione funzionale e simbolica al tempo stesso che, per l'ampiezza e maestosità del luogo, crea effetti di grande spettacolarità. L'area è divisa in due differenti spazi: il primo di forma trapezoidale delimitato da due ali piene che partono dalla facciata di Carlo Maderno; il secondo di forma ellittica delimitato, lungo il perimetro dei due emicicli, da un colonnato di imponenti colonne doriche disposte in quadruplice fila, e segnato, sull'asse trasversale da due fontane e da un obelisco. Le due ali del colonnato, sormontate da statue di santi, simboleggiano le braccia materne della Chiesa, rifugio e protezione degli uomini. Lo spazio davanti alla basilica, concepito come uno scenario teatrale, sembra dilatarsi dinamicamente.

 

La tomba di Urbano VIII, collocata nella nicchia destra dell'abside della basilica di San Pietro, datata tra 1628 e 1647, richiama le tombe medicee di Michelangelo e rappresenta il modello della tomba monumentale barocca. Il papa benedicente appare seduto in trono, al di sopra di un alto basamento; ai suoi piedi, due figure allegoriche della Carità e della Giustizia affiancano il sarcofago sormontato da uno scheletro a grandezza naturale, immagine della Morte intenta a scrivere l'epitafio di Urbano VIII a lettere d'oro. Le statue del pontefice e della Morte sono fuse in bronzo scuro, il sarcofago è scolpito in marmo nero, mentre le Virtù in marmo bianco. Gian Lorenzo Bernini ottiene così un movimentato contrasto di colori ed effetti luministici e, nell'intreccio di valori plastici e pittorici, esprime la nuova concezione unitaria delle arti, peculiare del barocco.

 

Papa Innocenzo X invita Gian Lorenzo Bernini a partecipare ai progetti per piazza Navona, scelta quale luogo rappresentativo e celebrativo della famiglia del pontefice. A questi progetti interverrà anche, successivamente, l'architetto Francesco Borromini costruendo parte della chiesa di Sant'Agnese. La piazza, diviene uno dei centri più importanti della vita urbana nella Roma barocca. Lo spazio stretto e relativamente lungo della piazza è delimitato da una cortina omogenea di edifici, che sembrano conferire alla piazza il carattere di un raccolto cortile interno. Bernini progetta di collocarvi al centro la celebre e spettacolare Fontana dei  Fiumi. Sormontata da un obelisco, questa fontana è una ricca e fantasiosa composizione di rocce ammassate, da cui sgorga l'acqua attraverso grotte e anfratti; sopra le rocce sono collocate statue di leoni, cavalli, caimani e palme che sembrano mosse dal vento, e le figure allegoriche del Danubio, del Nilo, del Gange e del Rio della Plata, ossia i maggiori fiumi dei quattro continenti che alludono alla universalità del potere della Chiesa romana. Le fontane, i giochi d'acqua, simbolici della mutevolezza e instabilità della natura e dell'uomo, sono un tema ricorrente nell'arte e nella letteratura barocca.

 

Borromini Francesco ( Bissone, Canton Ticino, 1599 - Roma 1667).

Francesco Borromini inizia la sua attività come apprendista scalpellino a Milano. Intorno al 1619 si trasferisce a Roma dove compie uno studio appassionato dell'architettura di Michelangelo e prosegue il modesto lavoro di intagliatore di marmi al servizio di Carlo Maderno il quale, riconosciuto il talento del giovane Borromini, gli affida l'esecuzione di disegni di architettura per San Pietro e palazzo Barberini. Il grande successo di Gian Lorenzo Bernini (figura antitetica a Borromini per temperamento e concezioni artistiche) ostacola e ritarda l'affermazione di Borromini. A questa opera seguono l'incarico di costruire il convento e l'oratorio dei Filippini (1637-1649) e due prestigiose commissioni che rivelano lo straordinario genio innovatore di Borromini: la trasformazione interna della basilica di San Giovanni in Laterano (1646-49), affidatagli da Innocenzo X con il vincolo di conservare le antiche strutture e il soffitto ligneo cinquecentesco e, inoltre, la costruzione della chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza (dal 1642). L'architettura di Borromini è caratterizzata da un costante contrasto di forze, dall'alternanza e contrapposizione di concavità e convessità, di strutture rettilinee e curvilinee, di sporgenze e rientranze  che animano ritmicamente facciate e interni.

 

Il complesso di San Carlo alle Quattro Fontane, commissionato dall'Ordine dei Trinitari, è il primo progetto autonomo (1634-1641) di Francesco Borromini che mostra già compiutamente l'originalità delle sue invenzioni.

Nel piccolo terreno disponibile, l'architetto riesce a contenere la chiesa, gli ambienti conventuali e il chiostro, modellato su un perimetro ottogonale con raccordi angolari convessi. Per l'interno della chiesa Borromini progetta un vano ellittico su cui si aprono quattro nicchie e allinea l'ingresso e l'altare maggiore sull'asse principale. L'effetto di dilatazione e contrazione dello spazio dato dall'alternanza di superfici concave e convesse che seguono il sinuoso perimetro della pianta, ripreso e sottolineato anche dal robusto cornicione, è accentuato dalle colonne addossate alle pareti. La cupola ovale, in cui filtra una luminosità uniforme dalla lanterna, è collegata mediante pennacchi alle quattro arcate absidali e rivela la formazione artigianale di scalpellino, compiuta in gioventù da Borromini, nella raffinata e minuziosa decorazione a cassettoni ottogonali, esagonali e a croce che si riducono progressivamente verso l'alto, accentuando l'impressione di profondità. Tutto il complesso viene ultimato nel 1641, eccetto la facciata aggiunta, da Borromini, tra il 1665 e il 1667.

 

 

Reni Guido (Bologna 1575 - 1642) pittore italiano. Proveniente da una formazione manierista, si accosta ventenne all'Accademia dei Carracci, dove si dedica allo studio dell'antico e di Raffaello (Assunta di Pieve di Cento). Si avvicina in seguito al Caravaggio (Crocefissione di San Pietro, Pin. Vaticana).

 

Commissionata per la Cappella Berò nella chiesa di San Domenico di Bologna, la pala con la Strage degli Innocenti   rivela i caratteri fondamentali dello stile di Guido Reni fondato sulla conoscenza dell'antico, del rinascimento e dei contemporanei Annibale Carracci e Caravaggio. È una delle opere più famose e celebrate dell'artista per l'equilibrio e la purezza della composizione, per la preziosa qualità cromatica, per la resa psicologica dei personaggi. La scena della strage compiuta da due carnefici armati di pugnale, si svolge in primo piano, mentre sullo sfondo, costruito con  una prospettiva architettonica e un ritaglio di cielo, appaiono due angioletti che sostengono rami di palma, simbolo del martirio. La violenta tensione e drammaticità dell'episodio si riflette sui volti delle madri contratti in urla disperate; l'espressione della madre a destra richiama l'analoga espressione del bambino in fuga nel Martirio di San Matteo dipinto da Caravaggio. La disperazione appare placarsi, invece sul viso della madre in preghiera, seduta in primo piano, che volge lo sguardo verso l'alto, indicando in Dio, l'unica fonte di speranza e di conforto.

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/mdams/Barocco_artisti.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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