Ficodindia o Fico d' India

 

 

 

Ficodindia o Fico d' India

 

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Ficodindia o Fico d' India

 

Il Ficodindia o Fico d'India

 

La campagna sammichelana, e cosparsa da migliaia di piante di fichidindia, non esiste podere che non vi abbia le sue, è un classico vedere un trullo con il suo codazzo di queste belle piante dal colore verde, con i suoi fiori gialli  ed i frutti che vanno dal bianco al giallo-arancio al rosso intenso (a seconda della qualità). E’ un frutto così genuino, che merita di essere più conosciuto, apprezzato e consumato per le potenzialità che fornisce all’organismo umano. Il Ficodindia (nome scientifico, Opuntia ficus-indica) appartiene alla famiglia delle Cactacee. Il genere Opuntia è composto da circa 200 specie. Il Fico d'India è originario del Messico ed e' stato introdotto in Europa dopo la scoperta dell’America. Grazie alla sua elevata adattabilità, si e' diffusa, oltre all'America centrale e meridionale, in Sud-Africa e nel Mediterraneo ove a  trovato un clima ideale che ne favorisce la crescita. Oltre che per la produzione di frutti il fico d' India è utilizzato come pianta medicinale (i decotti dei fiori svolgono una funzione diuretica). I frutti sono un vero e proprio magazzino di sostanze nutritive. Il fico d' India contiene infatti una buona dose di minerali come il potassio, il magnesio, zuccheri, calcio, fosforo, ferro ed una notevole quantità di vitamina C e molti altri elementi. Le pale in passato venivano usate come mangime per gli animali. È una pianta grassa che può raggiungere dai 3 ai 5 m di altezza. Il fusto è composto da cladodi comunemente denominate pale, si tratta di fusti modificati, di forma appiattita e ovali forme, lunghi da 30 a 40 cm, larghi da 15 a 25 cm e spessi 1,5-3 cm, che, unendosi gli uni agli altri formano delle ramificazioni dalle forme più strane e strampalate. I cladodi assicurano la fotosintesi clorofilliana della pianta. Sono ricoperti da una cuticola cerosa (ricoperta di spine, molto fastidiose) che limita la traspirazione e rappresenta una barriera contro i predatori. I cladodi basali, intorno al quarto anno di crescita, vanno incontro a lignificazione dando vita ad un vero e proprio tronco. La propagazione si può attuare per seme o per talea partendo dalle foglie (pale) di due anni. Se lasciate a se stesse le piante anche se immiseriscono un poco sono capaci di colonizzare vasti appezzamenti di terreno, vuoi per talea, a causa della caduta dei semi contenuti nei frutti che una volta nel terreno germinano facilmente o al fatto che le ramificazioni alle volte per il peso eccessivo dei frutti o alla troppa altezza, collassano su se stesse, rovinando al terreno, una volta a terra come tutte le piante grasse tende a mettere quasi subito radici creando cosi una nuova pianta. Richiedono poche cure, qualche lavorazione molto superficiale per eliminare le erbe infestanti, un'adeguata concimazione fosfo-potassica e, se possibile, organica, comunque è una pianta molto rustica che si adatta a qualsiasi terreno e sopporta bene lunghi periodi di siccità. La pianta di fico d' India, se in buona salute  ha una vita media di circa 30-35 anni. Moltissimi animali selvatici (uccelli, roditori, insetti e formiche, o visto persino un cane mangiare i frutti caduti per terra) si nutrono dei frutti e dei semi di queste piante. In passato (prima dell’avvento massiccio dei fertilizzanti chimici)  in queste zone, quando si piantavano gli ortaggi e soprattutto i pomodori, si usava mettere nel terreno sotto la piantina, alcune pale (le più giovani), col tempo, marcendo fornivano acqua e nutrimento alla pianta, altre venivano messe di lato per ripararle dalla calura del sole. Il frutto è una bacca carnosa, con numerosi semi, il peso di un frutto può variare da 150 a 400 g.. Il colore è differente a seconda delle varietà, giallo-arancione nella varietà sulfarina (dal sapore delicato), rosso porpora nella varietà sanguigna (la più diffusa, dal gusto corposo) e bianco nella muscaredda (la più saporita, dal gusto delicato,ma meno produttiva). Esiste poi una varietà poco conosciuta, la fichidindia nana o ornamentale, con frutti piccoli dal colore rosso (quasi sul viola), qualche volta le ho mangiate (non sono mai riuscito a mangiarne più di due o tre), sono un insaccato naturale di vitamina C (un limone al confronto è un dolce). La forma del frutto del fico d’india è anch'esso molto variabile, non solo secondo le varietà ma anche in rapporto all'epoca di formazione e soprattutto alla quantità d’acqua che la pianta a ricevuto, i primi frutti sono tondeggianti, quelli più tardivi hanno una forma allungata e peduncolata. I frutti vengono raccolti a più riprese per tutta l’estate ed anche per parte dell’autunno. In coltura irrigua si possono ottenere produzioni molto alte. Alcune persone ultimamente hanno cominciato a staccare i frutti appena usciti per obbligare la pianta ad immetterne dei nuovi, dicono siano migliori (mai provato).  Dopo la raccolta, i frutti possono essere consumati subito o conservati in frigo per diverso tempo (i vecchi, per conservarli, li raccoglievano tagliando parte della pala su cui erano attaccati i frutti, venivano lasciati così su un ripiano all’ombra, oppure li immergevano in calce idrata, la quale si depositava sul frutto aumentandone la capacità di conservazione, anche per diversi mesi). Comunque le raccomandazioni da fare sono di fare attenzione alle spine che si trovano sul frutto, sono molto piccole ma fastidiosissime ed infide a prima vista sembra una peluria (una volta che si sono infilate nella pelle, anzi per la precisione nei pori, è quasi impossibile levarle), perciò prima di toccale munirsi di guanti molto spessi e se possibile immergere il frutto in acqua corrente. Come tutta la frutta in generale, per gustarli meglio bisogna staccarli dalla pianta al mattino presto prima che siano riscaldati dal sole e mangiarli sul posto (sarebbe meglio munirsi oltre che di guanti di un paio di occhiali per proteggere  gli occhi dalle spine), è fastidioso ma il gioco vale la candela. Attenzione a non esagerare, non mangiarne troppi (lo so sono come le ciliegie, una tira l’altra), soprattutto non magiare prima o dopo uva con noccioli (ho visto gente, che aveva esagerato, finire in ospedale perché non riusciva più ad andare da corpo). Comunque mangiarne tre o quattro al giorno non può fare che bene a tutti. Un ultimo consiglio bevete un po’ d’acqua sia prima che dopo.   

 

Fonte:

http://carolemico.myblog.it/media/01/00/1875770250.doc

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