Valenza

 

 

 

Valenza

 

Def 1. Si chiama valenza un numero che esprime la capacità che ha un atomo di un elemento di combinarsi con uno o più atomi di un altro elemento

Es: prendiamo in esame i seguenti composti:

LiH, AlH3, CH4, NH3, H2O, NaCl

Si vede immediatamente che un atomo di litio entra in combinazione con un solo atomo di idrogeno e che la stessa cosa fa l'atomo di cloro che si combina con un solo atomo di sodio; l'atomo di ossigeno si combina invece con due atomi di idrogeno, quello di alluminio e di azoto con tre di idrogeno; infine quello di carbonio con quattro. Pertanto al litio e al cloro si assegna valenza uno in quanto non capita mai che un atomo di questi elementi si combini con più di un atomo di un altro elemento. Per gli altri elementi prima riportati risulta: O bi-valente; Al, N tri-valenti cioè con valenza 3, C tetra-valente cioè con valenza 4.

Oss.1. Gli elementi dell'ultima colonna della Tavola Periodica, tutti gassosi a condizioni normali (condizioni standard STP p = 1atm = 101325 Pa  e T = 273.15 K=0 °C ) , non si combinano né tra loro né con altri elementi.  Quindi hanno molecola monoatomica e per tale motivo sono  detti gas nobili o inerti e la loro valenza è zero.

Oss 2. Per scrivere la formula di un composto è necessario riportare il simbolo del primo elemento seguito da quello del secondo, assegnando come indice a ciascuno di essi la valenza dell’altro elemento, semplificando se è il caso. Proviamo a scrivere la formula del composto binario tra alluminio (3) e boro (2), tra Calcio (2) e ossigeno(2) e tra carbonio (4) e ossigeno (2).

Oss 3. La valenza più comune di un elemento la si ottiene dalla tavola periodica contando di quante colonne è spostato rispetto al più vicino gas inerte.

 

H

Be

B

C

N

O

F

He

1

2

3

4

3

2

1

0

 
Oss 4. Le valenze degli atomi sono assimilabili all’idea dei “ganci”. Per tale motivo le valenze vengono rappresentate come dei trattini scritti accanto al simbolo dell’elemento. Quando gli atomi si uniscono per formare una molecola, tutti i “ganci” si allacciano tra loro. In tal caso l’unione di una valenza di quella di un elemento con quella di un altro, viene indicata con un trattino unico che unisce i due atomi.

Def.2. Si chiama ossido un composto binario (cioè di due elementi) che si ottiene facendo reagire un elemento con l'ossigeno. Se l'elemento che si combina con l'ossigeno è un metallo l'ossido viene detto basico mentre se è un non metallo si parla di ossido acidoanidride.

Oss 1. Da notare che nelle formule degli ossidi il simbolo dell'ossigeno viene scritto sempre dopo il simbolo dell'altro elemento.

Oss 2. La maggior parte degli elementi metallici reagisce con l’ossigeno presente nell’aria. Soltanto pochi metalli come l’oro, il platino, il mercurio, l’argento, il rodio e l’iridio non si ossidano spontaneamente nell’aria e per questo motivo sono detti anche metalli nobili. Gli ossidi dei metalli sono tutti solidi a temperatura ambiente, mentre quelli dei non-metalli possono anche essere gassosi.

 

Nomenclatura

 

Poiché uno stesso elemento può dare origine a due o più ossidi, per distinguere tra loro queste sostanze sono state introdotte apposite terminologie.

 1) Nomenclatura IUPAC. La parola ossido, e anche il nome dell'altro elemento sono preceduti da un prefisso che indica il numero di atomi di ciascun elemento che corrisponde all'indice della formula                                                      Es:    PbO2 = diossido di potassio      FeO = ossido di ferro                                             

formula

CaO

K2O

Fe2O3

N2O4

Cl2O7

P2O5

IUPAC

 

 

 

 

 

 

 

prefisso

mono

di

tri

tetra

penta

esa

epta

otta

nona

deca

indice

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

 

2) Nomenclatura tradizionale occorre ricordare le seguenti regole:

  • Se il metallo ha due valenze, al suo nome viene aggiunta la desinenza oso per la valenza minore e ico per quella maggiore.

 

es:    FeO ossido ferroso  (2)                 Fe2O3ossido ferrico  (3)
PbO ossido piomboso (2)             PbO2ossido piombico (4)

  • Se il metallo ha una sola valenza, non si usano desinenze es:   Li2O   ossido di litio

  3.   Casi particolari:
Au2O  ossido auroso               Au2O3 ossido aurico
                                SnO    ossido stannoso            SnO2  ossido stannico

  • Per le anidridi valgono le stesse regole degli ossidi dove al posto del termine ossido si usa anidride e poi segue il nome del non-metallo.

 

formula

valenza

nome tradizionale

P2O3

3

anidride fosforosa

P2O5

5

anidride fosforica

CO2

4

anidride carbonica

CO

2

anidride carboniosa

  • I non metalli hanno spesso più di due valenze. In questo caso si aggiungono i prefissi ipo per indicare la valenza più bassa, per indica la valenza più alta, e i suffissi osa e ica per indicare le valenze intemedie (più povera o più ricca di ossigeno).

 

formula

valenza

nome tradizionale

Cl2O

1

anidride ipoclorosa

Cl2O3

3

anidride clorosa

Cl2O5

5

anidride clorica

 

Cl2O7

7

anidride
per clorica

Nei casi incerti si utilizza lo schema seguente:

 

valenza

prefisso

suffisso

esempio

1

ipo

osa

Cl2O anidride ipoclorosa
ossido di dicloro

3,4

 

osa

SO2 anidride solforosa
diossido di zolfo

5,6

 

ica

N2O5 anidride nitrica  pentossido di diazoto

7

per

ica

Mn2O7 anidride permanganica eptaossido di dimanganese

  • Se il non-metallo ha una sola valenza, si usa comunque la desinenza ica. Ad esempio, B2O3 viene chiamata anidride borica.
  • La radice nitr si riferisce al nome latino dell'azoto nitrogenum.

 

idrossidi

La calce spenta è un composto che prende il nome di idrossido di calcio(II). Pertanto:

 

def: Si chiamano idrossidi i composti ternari che si possono ottenere facendo reagire gli ossidi basici con l'acqua.

Se mescoliamo l'ossido di calcio (calce viva) con acqua, la miscela si scalda fortemente e si ottiene una polvere bianca e secca chiamata comunemente calce secca o calce spenta che trova largo impiego nell'edilizia. L'equazione della reazione è la seguente:

CaO + H2O ® Ca(OH)2 + calore

( da notare che la calce spenta reagendo con il biossido di carbonio presente nell'aria fa presa perché forma calcare CaCO3)

Oss1: Le formule degli idrossidi sono sempre caratterizzate dalla presenza di uno o più raggruppamenti OH chiamato gruppo ossidrile che presenta una valenza pari a 1. E' quindi molto facile scrivere la formula di un idrossido: essa è infatti costituita sempre da un solo atomo di metallo seguito da tanti raggruppamenti OH quant'è la valenza del metallo. Ad esempio: Al (OH)3
Na OH, Fe(OH)2, Fe(OH)3

nota:
- idrossido di sodio chiamata anche soda caustica (caustico deriva dal greco e significa "capace di scottare" perché irrita la pelle fino a provocare bruciature).
- idrossido di calcio si usa, oltre che per cementare, nell'industria metallurgica e come germicida dei terreni per l'agricoltura.

 

 

IUPAC

tradizionale

KOH

idrossido di potassio

idrossido di potassio

Ba(OH)2

diidrossido di bario

idrossido di bario

Fe(OH)2

diidrossido di ferro

idrossido ferroso

Fe(OH)3

triidrossido di ferro

idrossido ferrico

Sn(OH)2

diidrossido di stagno

idrossido stannoso

Sn(OH)4

tetraidrossido di stagno

idrossido stannico

NH4OH

idrossido d'ammonio

idrossido d'ammonio

 

BASI E ACIDI

Gli ossidi basici e gli idrossidi fanno parte di una vasta categoria di composti chiamati basi (o alcali). Il sapore amaro del caffè e del sapone o shampoo, deriva dalla presenza di sostanze basiche che si caratterizzano anche per l'untuosità. Contrapposta alla classe delle basi è quella degli acidi. Il sapore aspro degli agrumi (acido citrico) e dell'aceto (acido acetico) dipende dal fatto che questi cibi contengono acidi; anche il principio urticante iniettato con la puntura di un insetto è dovuto ad un acido, l'acido formico. Per riconoscere gli acidi e le basi si utilizzano i cosiddetti indicatori chimici, sostanze di origine vegetale o sintetica, le quali hanno la proprietà di assumere colori diversi a seconda del carattere acido o basico delle soluzioni in cui sono immerse Fra i più comuni vi è la cartina al tornasole: in condizioni normali essa è arancione, ma, in presenza di un acido, diventa rossa e, in presenza di una base violetta.
Un esempio familiare di indicatore è costituto dal tè. Sappiamo che introducendo alcune gocce di limone in una tazza di tè cioè acidificando la bevanda, il tè cambia colore schiarendosi. Il tè, quindi, funge da indicatore dell'acidità di una soluzione.

Attenzione! gli acidi e le basi sono sostanze pericolose e corrosive, non bisogna versarli sugli abiti e sulla pelle perché distruggono i tessuti e provocano pericolose scottature.
Tra le caratteristiche degli acidi ricordiamo che un metallo a contatto con un acido, come l’acido cloridrico(l'acido muriatico è una soluzione acquosa di acido cloridrico), reagisce con l'acido e viene sviluppato idrogeno, facilmente riconoscibile poiché a contatto con una fiamma prende fuoco, si sente una piccola esplosione e si osserva una fiamma azzurro pallido. Prendiamo alcuni oggetti contenente calcare cioè carbonato di calcio (gesso, roccia calcarea come dolomite o marmo, gusci d'uovo, gusci di conchiglia) se versiamo una goccia di acido su di essi si osserva una viva effervescenza, il gas che si osserva è anidride carbonica. Riassumendo, gli acidi, soprattutto se sono presenti in soluzione concentrata, hanno un'azione corrosiva sui metalli e sui materiali calcarei producendo la formazione di un prodotto gassoso.
E' facile mostrare che gli acidi hanno un effetto che si oppone a quello delle basi. Vale a dire che una base aggiunta ad una soluzione di acidi la neutralizza. Infatti, ad esempio per curare le punture d'insetto si usa l'ammoniaca. Da notare che l'ammoniaca pur comportandosi come una base ha una formula NH3 diversa da quella degli idrossidi, come l'idrossido di potassio KOH. L'ammoniaca è un gas; ma quando è sciolta in acqua, si associa con una molecola d'acqua, e diventa: idrossido di ammonio  NH4OH. Oppure per combattere l’acidità di stomaco di utilizza il bicarbonato di sodio NaHCO3

 

ACIDI

Gli acidi si suddividono in due grandi categorie: gli ossiacidi e gli idracidi a seconda della presenza o meno dell'ossigeno. Analizziamo la prima categoria:

def: Si chiamano ossiacidi i composti ternari che si possono ottenere facendo reagire le anidridi con l'acqua.

Le piogge acide che causano danni alle coltivazioni e ai monumenti diventano tali poiché gli ossidi acidi (anidridi), come NO2 e SO2, contenute nei gas di scarico delle automobili o nei fumi degli impianti di riscaldamento reagiscono con l'acqua presente nell'aria formando degli acidi. Una delle reazioni che avvengono è la seguente:

SO2 + H2O ® H2SO3

Il composto ottenuto, chiamato acido solforoso, fa parte della famiglia degli ossiacidi.

· Per scrivere la formula di un ossiacido si mette prima l'idrogeno poi il non metallo e infine l'ossigeno.
· Tranne alcune eccezioni, in questi acidi il non metallo è presente con un solo atomo come l'acido solforico H2SO4 e l'acido nitrico HNO3 che sono i principali acidi inorganici presenti in laboratorio e, inoltre, sono fondamentali per l'industria.
· La nomenclatura attualmente usata per gli ossiacidi è ancora quella classica

  • Se esiste un solo ossiacido di un non metallo, esso viene denominato con il termine acido, seguito dal nome del non metallo, che a sua volta assume la desinenza ico. Per esempio H3B03  acido borico.

 

  • Gli ossiacidi hanno diversi nomi a seconda della valenza del non metallo. Ricordando che essi si ottengono per addizione dell'acqua alle rispettive anidridi basta sostituire alla parola anidride la parola acido. Ad esempio:

 

anidride

nome

acido

nome

N2O3

anidride nitrosa

HNO2

acido nitroso

N2O5

anidride nitrica

HNO3

acido nitrico

SO2

anidride solforosa

H2SO3

acido solforoso

SO3

anidride solforica

H2SO4

acido solforico

 

Quando esistono più di due ossiacidi dello stesso non metallo, all'ossiacido con minor numero di atomi di ossigeno si assegna oltre alla desinenza oso anche il prefisso ipo. All'ossiacido con maggior numero di atomi di ossigeno si assegna, oltre alla desinenza ico, il prefisso per. Alcuni esempi:

 

formula

valenza

nome tradizionale

ossiacido

Cl2O

1

anidride ipoclorosa

HClO

Cl2O3

3

anidride clorosa

HClO2

Cl2O5

5

anidride clorica

HClO3

Cl2O7

7

anidride perclorica

HClO4

 

            HBrO    acido ipobromoso                   HBrO2  acido bromoso
HBrO3   acido bromico                            HBrO4  acido perbromico

def: Si chiamano idracidi i composti binari che si possono ottenere facendo reagire un non-metallo con l'idrogeno.

es: il cloro reagisce con l'idrogeno per dare l'acido cloridrico

Cl2 + H2 ® 2HCl

notazione tradizionale: Si usa il nome acido e si aggiunge la desinenza -idrico al nome del non metallo:
HI  acido iodidrico               HF  acido fluoridrico            H2S acido solfidrico

Per la nomenclatura IUPAC è ammesso l'uso del nome tradizionale quando si deve indicare la soluzione acquosa dell'acido. Ad esempio: acido cloridrico è il nome della sua soluzione acquosa cioè HCl. Per il nome IUPAC basta aggiungere la desinenza -uro al nome del non metallo.

Conclusione: Se la formula di un composto inorganico inizia con il simbolo dell'idrogeno, rappresenta sicuramente un acido (l'unica eccezione è l'acqua); mentre se finisce con il simbolo dell'idrogeno è una base (es:NaOH)

 

Def 2: Si chiamano perossidi i composti binari, formati da un metallo e da un ossigeno, che contengono un atomo di ossigeno in più rispetto ai comuni ossidi.

Ossido di sodio………..   ®   perossido di sodio ………
Ossido di idrogeno (……..)          ® perossido di idrogeno ……….(acqua ossigenata)

 

Fonte: http://www.fisicaweb.org/doc/chimica/Valenza.doc

 


 

VALENZA

 

Il concetto di valenza ha tre significati distinti; indica innanzitutto il numero di atomi di idrogeno che possono combinarsi con un certo elemento per dare origine a un certo composto: ad es. nell'acido cloridrico HCl il cloro è monovalente perché si combina con un atomo di idrogeno, nell'acqua H2O l'ossigeno è bivalente, nell'ammoniaca NH3 l'azoto è trivalente, nel metano CH4il carbonio è tetravalente. La valenza di un certo elemento può indicare anche il numero di atomi di idrogeno sostituiti da quell'elemento in un composto, così NaCl, cloruro di sodio, deriva da HCl, acido cloridrico, per sostituzione di un H con un Na, perciò il sodio è monovalente; CaSO4, solfato di calcio, deriva da H2SO4acido solforico, perciò il calcio è bivalente; ecc. Per valenza si intende anche il numero di cariche elettriche presenti su uno ione, ad es. lo ione Fe++ è detto bivalente, lo ione Fe+++ è detto trivalente.
Osservando il comportamento nei confronti dell’ossigeno, si nota che molti elementi hanno valori diversi della valenza: così l'azoto può essere trivalente nei confronti dell'idrogeno, ma può anche dare composti con l'ossigeno in cui è bivalente, trivalente, tetravalente ed eptavalente. Ciò rende meno chiaro e meno utile il concetto di valenza, e mette contemporaneamente in luce la necessità di conoscere effettivamente, caso per caso, il modo in cui gli atomi si legano fra loro. Per queste ragioni, per quanto ancora molto usato, il concetto di valenza è stato sostituito da quello più preciso e teoricamente più giustificato di numero di ossidazione, che viene definito come il numero di elettroni che un atomo cede o mette in compartecipazione per formare il composto stesso (v. OSSIDAZIONE).

 

Valenza elettrochimica

Nell'elettrolisi la corrente elettrica viene trasportata dagli ioni, e l'applicazione delle leggi di Faraday permette di determinare la carica di tali ioni: un faraday (circa 96.500 coulomb), che libera nell'elettrolisi di un sale di argento un grammoatomo di argento, nell'elettrolisi di un sale di rame libererà soltanto mezzo grammoatomo di rame, nell'elettrolisi di un sale di oro un terzo di grammo-atomo di oro. Tali masse, della forma A/n, in cui A è il peso atomico, sono gli equivalenti elettrochimici dei diversi elementi, e il denominatore n definisce la valenza dello ione nell'elettrolita. Si può osservare che questa valenza è 1 per lo ione argento, 2 per lo ione rame, 3 per lo ione oro, ecc. ed è dunque proporzionale alla carica degli ioni. La nozione di valenza elettrochimica si estende immediatamente agli anioni semplici: quella dello ione cloruro è 1, quella dello ione solfuro è 2, ecc. È inoltre opportuno dare a essa un segno algebrico, quello della carica degli ioni. La nozione di valenza elettrochimica si estende infine agli ioni poliatomici, come NH4+, ione ammonio, monovalente positivo, o come SO4²­, ione solfato, bivalente negativo.
Si può osservare che la valenza elettrochimica dei cationi mono- e poliatomici è uguale al numero di elettroni che hanno ceduto per passare dallo stato neutro allo stato ionico, cioè, in generale, per trasformare in ottetto la loro zona elettronica esterna; ad es. per passare allo stato Na+, l'atomo di sodio perde il suo unico elettrone superficiale M; la fascia elettronica esterna (L) dello ione Na+ è allora un ottetto. Anche la valenza elettrochimica degli anioni semplici o complessi è, in valore assoluto, uguale al numero di elettroni che hanno captato per passare dallo stato neutro allo stato ionico; ad es. per passare allo stato Cl­, l'atomo di cloro capta un elettrone sulla sua fascia M, che si trasforma così in ottetto. Tale ottetto ricorda la configurazione elettronica dei gas nobili: ciò spiega la grande stabilità degli ioni.

 

Fonte: http://riappunti.net/chimica/VALENZA.doc

 

 

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