Chimica riassunto

 

 

 

Chimica riassunto

 

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Chimica riassunto

 

LA MATERIA E LE SOSTANZE PURE

 

I corpi che ci circondano sono costituiti da  materia. La materia è tutto ciò che occupa spazio visibile e non visibile.
L’osservazione di un oggetto può limitarsi a considerare lo stadio di aggregazione in cui la materia si trova: liquido, gassoso, solido.
Per le applicazioni che un oggetto può avere è necessario conoscerne le proprietà.
Quando la materia presenta proprietà ben definite, prende il nome di sostanza.
Le proprietà fisiche sono grandezze non distruttive, perché non variano con la quantità di sostanza. Esse sono: la temp di fusione, la temp di ebollizione, la densità, la solubilità, la conducibilità elettrica…Ad esempio il passaggio dallo stato solido allo stato liquido non altera le prop fisiche del componente.
Le proprietà chimiche invece ci dicono come le sostanze si comportano a contatto con altre.
Ad esempio la reattività della sostanza a contatto con gli acidi, con l’aria…
L’insieme di più sostanze da origine al miscuglio.

 

MISCELE ETEROGENEE E OMOGENEE

Per potere distinguere una miscela eterogenea da una omogenea introduciamo il concetto di sistema.
Per sistema s’intende una parte isolata dell’universo su si compiono osservazioni scientifiche (vetrino, becher, ampolla, matraccio…).
Quando un sistema è formato da più fasi, ovvero che è uniforme sia fisicamente che chimicamente e la separazione delle varie fasi è sempre evidenziata, si è in presenza di un sistema eterogeneo e quindi di una miscela eterogenea di sostanze.
Ad esempio un cubetto di ghiaccio inserito in una bacinella.
Una miscela è omogenea quando è costituita da una sola fase.
Ad esempio i gas che costituiscono l’aria sono miscibili in ogni porzione.
Le miscele omogenee vengono definite soluzioni.
I sistemi gassosi sono sistemi omogenei anche se si mescolano gas diversi non si possono più riconoscere.


METODI DI SEPARAZIONE
Per separare le sostanze presenti in una miscela si ricorre a processi fisici o chimici.

 

Miscugli solidi eterogenei.

Si possono separare per: 1)solubilità, 2)fusione, 3)sublimazione, 4)cristallizzazione.
1)per solubilità si intende la massima quantità in grammi di sostanza solubilizzabile, ad una definita temperatura, in 100g di solvente.
Ad esempio immergendo in acqua NaCl e CaCO3  , NaCl si scioglie perché solubile, mentre   CaCO3  ,insolubile, rimane isolato.
2)per fusione s’intende il passaggio dallo stato solido allo stato liquido (punto di fusione).
Ad esempio lo S fonde alla temp di 100°C, si separa dal CaCO3  ,che richiede temp di fusione maggiori.
3)per sublimazione si intende il passaggio diretto dallo stato solido a quello gassoso.
Ad esempio la naftalina evaporando si separa dal detersivo.
4) la cristallizazione consiste nello sciogliere a caldo, in opportuno solvente, i vari componenti il miscuglio.
Per raffreddamento della soluzione si separa dallo stato solido e cristallino solo il componente che presenta una solubilità variabile con la temp.
Ad esempio in una miscela costituita da NaCl e nitrato di sodio sciogliendo il miscuglio in acqua calda, tutti e due passano in soluzione, ma per raffreddamento cristallizza solo il nitrato di sodio.

Miscugli liquidi eterogenei e omogenei.
Si separano per:1)distillazione, 2)congelamento, 3)adsorbimento
1)per distillazione s’intende il recupero allo stato liquido delle sostanze.
Ad esempio da una soluzione di sali da cucina in acqua è possibile separare i due costituenti scaldando la soluzione fino all’ebollizione. In tal caso l’acqua evapora, mentre il sale rimane sul fondo. Il vapore recuperato da un refrigerante, condensa e viene raccolto.
2)congelamento s’intende il passaggio dallo stato liquido allo stato solido.
3)l’adsorbimento è un processo per togliere tracce di liquidi in un miscuglio. Si utilizzano dei setacci molecolari che assorbono un determinato liquido con dimensioni molecolari proprie.

Miscugli di gas omogenei.
Si separano per:1)solubilità, 2)condensazione, 3)Adsorbimento.
1)per solubilità si intende la massima quantità in grammi di sostanza solubilizzabile, ad una definita temperatura, in 100g di solvente.
Ad esempio determinati gas si sciolgono più facilmente in determinati liquidi come il CO2 che si scioglie bene in acqua.
2)condensazione: il passaggio della stato di vapore allo stato liquido.
3) l’adsorbimento è un processo per togliere tracce di gas in un miscuglio. Si utilizzano dei setacci molecolari che assorbono un determinato gas con dimensioni molecolari proprie.
Attraverso questi metodi di separazione si ricavano le sostanze pure.

 

ATOMO

L’elemento è qualcosa che sottoposto a reazioni chimiche aumenta di peso.
Ad esempio O(atomo) + O(atomo) ® O2(elemento)
L’elemento O2 pesa di più rispetto ai singoli atomi.
L’atomo è la più piccola parte dell’elemento che conserva le proprietà fisiche e chimiche della molecola. Esso è indivisibile con mezzi chimici.
L’atomo è formato da un nucleo centrale attorno al quale ruotano gli elettroni. All’interno del nucleo risiedono i protoni e i neutroni.
I protoni sono carichi di elettricità positiva ma non hanno una loro massa(m=1), mentre i neutroni sono elettricamente stabili, ed hanno una massa propria(m=1). Gli elettroni sono carichi di elettricità negativa ed hanno una massa talmente piccola da essere considerata nulla (m»0). L'atomo se non viene eccitato è di carica neutra e cioè i protoni hanno lo stesso numero degli elettroni. Il suo stato di quiete è quindi neutro.
Un elemento è caratterizzato in base al numero di protoni presenti nel nucleo ovvero dal NUMERO ATOMICO. Esso rappresenta anche il numero degli elettroni.
Ad esempio: 8O è formato da 8 protoni e 8 elettroni.
La somma dei protoni e dei neutroni di un atomo prende il nome di NUMERO DI MASSA.
Ad esempio: 16O è formato da 8 protoni + 8 neutroni.
Gli atomi di uno stesso elemento che hanno ugual numero di protoni ma differente numero di neutroni si dicono isotopi.
Ad esempio H presenta 3 isotopi: idrogeno, deuterio e trizio.
Dal punto di vista chimico presentano comportamenti identici perché hanno lo stesso numero di protoni.
Dal punto di vista fisico differiscono per la massa, per il n° di neutroni, per le caratteristiche.
Poiché in natura la composizione percentuale di ciascun isotopo è sempre costante, per ogni elemento è stata calcolata una media ponderata delle masse degli isotopi che prende il nome di PESO ATOMICO (PA) che si misura in grammi(g).
Il composto è l’unione di due o più elementi diversi tra loro in proporzioni ben definite e costanti.
Ad esempio H2(elemento) + O2(elemento) ® H2O (composto).
I composti presenti in natura sono in un numero elevato, mentre gli elementi noti sono poco più di un centinaio e vengono rappresentati con simboli che derivano dal loro nome.
La parte più piccola del composto che  ha esistenza fisica indipendente si chiama molecola.
La somma dei pesi atomici si dice PESO MOLECOLARE (PM).
Ad esempio: C6H12O6  Þ 6*12,01( C) +12*1,008 (H) + 6*16 (O) = 180,15 (PM).
Conoscendo il PM e il PA possiamo calcolare la percentuale di elementi presenti in un composto.

 

PM:PA=100:X

Ad esempio: H2O PM=2,016+16=18,016
%H) X=(2,016*100)/18,016=11,20
%O)X=(16*100)/18,016=88,80

Il grammo-atomo è la quantità di grammi uguali al peso atomico.

 


N°g-atomo=(Peso)/P.A.

Grammo-molecola o mole è formata da tanti grammi di un composto quanto è il suo PM.
Una mole di qualsiasi sostanza contiene lo stesso numero di atomi o molecole (ovvero 6,02*1023).


n (mol)= m (g)/PM(g/mol)

m(g) =  n (mol) *PM(g/mol)

PM(g/mol) = m/n

 

Peso di combinazione (o equivalenza) PE,  è il peso di un atomo che si combina con un atomo di idrogeno.
Ad esempio:


HCl               

PE=PACl

H2O

PE=(PA/2)O

NH3

PE=(PA/3)N

La valenza è la capacità di un elemento di legarsi con l’atomo. Val= PA/PE


SISTEMI GASSOSI

Principio di Avogadro:Volumi uguali di gas, nelle stesse condizioni di temperatura e pressione (condizioni STP), contengono lo stesso numero di molecole.
Il volume in litri occupato da una mole di sostanza allo stato gassoso, che si trova da 1 atm e a 0°C, prende il nome di VOLUME MOLARE (VM).

 

VM=22,414 l

Densità= PM/22,414

PM:22,414= g:VMÞ PM=(22,414 * g)/VM

Poiché gli atomi hanno una massa molto piccola gli scienziati hanno scelto come unità di quantità di sostanza, un numero elevato di atomi, di cui è possibile una pesata alla bilancia, che è uguale 6,023*1023 atomi e si indica con N.
Questo numero prende il nome di numero di Avogadro e corrisponde al numero di atomi contenuti in 12g di 12C.
Per calcolare il peso di un singolo atomo:

 

PA:N=X:1 Þ X=PA/N

 

ORIGINE DELLA TEORIA ATOMICA

 

Nel 1897, il fisico inglese Thomson accertò che i raggi catodici sono costituiti da corpuscoli portanti carica elettrica negativa chiamati elettroni.
Con l’esperienza da lui ideata è stato possibile misurare il rapporto tra la carica e la massa (e/m) di queste particelle.
Thomson applicò simultaneamente un campo elettrico ed un campo magnetico ad un fascio di raggi catodici in modo che questi non subissero variazioni.
Dalle misure del raggio di curvatura (r) è possibile risalire al rapporto (e/m).
Infatti: 


Fm=Fc Þ Hev=mw2r Þ Hev=mv2/r Þ e/m=v/Hr

Per conoscere la velocità (v), la Fe deve essere = al Fm, ovvero:


Fe=Fm Þ Ee=Hev Þ v=E/H

Sostituendo v si ha:


e./m=E/H2r

Poiché E,H,r sono valori noti (sperimentalmente)


e/m=1,85*108 C/g

Nel 1909 il fisico americano Millikan, determinò la carica elettrica dell’elettrone.
Millikan nebulizzò dell’olio in un condensatore con le armature in parallelo.
Tramite raggi X, le goccioline venivano caricate negativamente.
Le particelle erano così sottoposte a due cariche opposte:


Fe=Fp Þ E*q=m*g Þ q=(m*g)/E

Così g ed E sono grandezze note, mentre m si ricava dal volume della sfera V=4/3pr3
che viene sostituito nella densità:


d=m/V Þ m=d*V

Millikan individuò che q risultava sempre un multiplo intero(n) di 1,6*10-9
Dal (e/m) scoperto da Thomson si calcolò anche la massa:


m=9,1*10-28

 

RUTHERFORD: il modello planetario

La conoscenza del primo modello di atomo è dovuta al fisico inglese Rutherford.
R. pensò di bombardare una lamina d’oro con particelle a.
I raggi a che bombardano la lamina d’oro descrivono una traccia su uno schermo fluorescente.
In questa esperienza la maggior parte delle particelle attraversa la lamina senza subire deviazioni; un numero ridotto viene deviato.
R.allora suppose che gli atomi fossero costituti prevalentemente da spazio vuoto e che tutta la massa dovesse essere concentrata in una zona piccolissima che chiamò nucleo.
Il nucleo doveva possedere tutta la carica positiva dell’atomo, per cui le forti deviazioni che subivano alcune particelle non erano dovute ad urti contro gli elettroni, perché questi hanno massa molto piccola rispetto a quelle delle particelle a ma alla repulsione elettrica tra le cariche positive del nucleo e la carica positiva della particella a.
Attorno al nucleo ruotano gli elettroni.
R. riuscì a determinare i raggi del nucleo che è dell’ordine di 10-12 cm.

 


V=m/d=PA/d=Volume 1g di atomo.

V.atomo= V g atomo/N

r.atomo= radice cubica(V.g atomo)

 

LIMITI DEL MODELLO DI RUTHERFORD

Il modello atomico di R. è in contrasto con le leggi classiche dell’elettromagnetismo, le quale ammettono che un corpo carico deve emettere energia sottoforma di radiazioni elettromagnetiche.
L’elettrone, pertanto, dovrebbe perdere energia e cadere nel nucleo; gli atomi sarebbero quindi estremamente instabili.
Inoltre questo modello non riesce a spiegare alcuni fenomeni ottici, in particolare certe radiazioni emesse dagli atomi, gli spettri atomici.

 

GLI SPETTRI ATOMICI

Immaginiamo di emettere radiazioni, attraverso una lampada ad idrogeno, in una fenditura che serve a limitare il fascio di radiazioni che incidono su un prisma.
Questo serve a separare le diverse radiazioni (LUCE BIANCA), infatti tali radiazioni proiettate su uno schermo individuano una serie di colori che si susseguono con continuità.
L’insieme delle strisce è chiamato SPETTRO CONTINUO. Tali radiazioni sono caratterizzate da una frequenza u e da una lunghezza d’onda l:


l=c/u     c=3*108m/s

Due onde vengono definite in FASE se il oro cammino ottico differisce di un n° intero di  l.
D=nl (interferenza positiva)
due onde vengono definite SFASATE quando non si verifica la condizione di fase (interferenza negativa).

 

NATURA DELLE RADIAZIONI E LORO PROPAGAZIONE

L’argomento sulla propagazione delle radiazioni ha fatto discutere i fisici per lunghi anni:


1700-Newton Þ corpuscolare
Huygens Þ ondulatoria

1800-Maxwell Þ ondulatoria
Einstein Þ corpuscolare

La luce ha una doppia natura

La disputa che coinvolse i fisici del tempo, verteva quindi su differenti modi di interpretare la propagazione delle radiazioni e in particolare della luce.
Secondo la teoria ondulatoria (Huygens) la luce si propaga per onde, caratterizzate da ben definite l’unghezze d’onda (l) e da una sua ampiezza(h).
I colori da noi osservati corrispondo a radiazioni di diverse lunghezze d’onda che caratterizzano anche i vari tipi di radiazione (raggi X, visibile, onde radio..)
Lo scoglio incontrato dai sostenitori della teoria ondulatoria, riguardava la spiegazione delle onde luminose.
Infatti affinché un onda possa giungere a destinazione occorre un mezzo per propagarsi (etere cosmico).
Nella teoria corpuscolare (Newton) i colori delle radiazioni visibile erano spiegati assegnando ad ognuno di essi una diversa velocità ed i corpuscoli potevano benissimo propagarsi anche nel vuoto, essendo dotati di Ec.
Inoltre si può spiegare la rifrazione della luce, ovvero il fenomeno per cui un raggio luminoso quando passa da una sostanza trasparente ad un'altra ma di densità diversa subisce una deviazione, infatti la velocità dei corpuscoli è diversa a seconda del mezzo attraversato.
Sebbene entrambe le teoria riuscivano a spiegare la maggior parte dei fenomeni ottici, i fisici preferirono seguire l’interpretazione di Newton sulla propagazione della luce (per fama).
Tuttavia nel 1801 Young e Fresnel realizzarono un esperimento che dimostrò il modo di propagazione delle radiazioni: la diffrazione della luce.
C’è da precisare che due onde vengono definite in FASE se il loro cammino ottico differisce di un n° intero di  l.


D=nl (interferenza positiva)

Due onde vengono definite SFASATE quando non si verifica la condizione di fase (interferenza negativa).

Nell’esperimento di Young e Fresnel la luce fu fatta passare attraverso due fenditure ad una distanza d. in uno schermo posto dalla parte opposta si osservarono una serie di macchie luminose e scure equamente distanziate tra loro rispetto un punto centrale che risultava buio.
Ciò dimostra che la luce riesce a contornare gli ostacoli dando luogo alle figure di DIFFRAZIONE.
Le onde provenienti dalla sorgente luminosa, attraversano i fori, deviano di un certo angolo q e interferiscono tra loro.
Il raggio 2 percorre un cammino più lungo rispetto al raggio1:


D= d sin q = nl  (macchie chiare) con n=1,3,5,7,...

In presenza di interferenza negativa (onde Sfasate), invece, si osserveranno macchie scure per quelle radiazioni per cui si ha:


D=d sin q= (n/2) l    con n=1,3,5,7,...

Questo esperimento mise in crisi la teoria corpuscolare che da allora fu abbandonata dai fisici.
Per poter osservare figure di diffrazione occorre che le dimensioni dei fori ola loro distanza sia dell’ordine di 10-5 cm (luce visibile).
Nel 1895 il fisico scozzese Maxwell riprendendo la teoria ondulatoria della luce dimostrò che la luce visibile è solo una piccola parte dello spettro elettromagnetico le cui radiazioni si propagano mediante onde.
Non si era riusciti a capire, però, che atomi diversi, se riscaldati emettono radiazioni diverse.
Rydberg analizzò e studiò tutti gli spettri d’onda, riuscendo a capire che il n° d’onda è l’inverso della lunghezza d’onda:


n=1/l

Più esattamente i valori dei numeri d’onda delle radiazioni possono essere calcolate:


n=R(1/n21 – 1/n22 ) con n2> n1e R=cost

 

TEORIA QUANTISTICA

Tutti questa serie di esperimenti non potevano essere spiegati in base alle leggi della fisica classica.
Così i molti tentativi condotti per spiegare gli spettri di emissione dei corpi non risultava pienamente soddisfacente, fino a che nel 1900 Max Plance avanzò la TEORIA DEI QUANTI:
l’energia radiante (radiazioni) non viene emessa ed assorbita in modo continuo, ma in modo discontinuo da quantità finite dette QUANTI.
L’energia associata ad un quanto di frequenza  u è:


E = hu    con  h=6,625*10-24 J*s=cost

Partendo da questa ipotesi rivoluzionaria, Einstein nel 1905, riuscì a spiegare l’effetto fotoelettrico.
L’effetto fotoelettrico consiste in una emissione di elettroni da una lamina metallica colpita da radiazioni elettromagnetiche.
Secondo questo fenomeno Einstein assegnò alla luce natura corpuscolare. La luce viagga sottoforma di granuli, detti FOTONI, e la cui energia è data dalla relazione di Planck:


E = hu    con  h=6,625*10-24 J*s=cost

Tuttavia affinchè un elettrone possa venire espulso da una lamina metallica è necessario che la luce abbia una energia minima ugualle alla energia di ionizzazione:


Etot=Emin+Ec Þ hu = hu0 + ½ mv2

Il successo della teoria fotonica della luce è stato impressionante.

 

LA TEORIA DI BOHR

Dopo l’enunciazione della teoria quantistica, Bohr ne applicò i principi alla struttura elettronica degli atomi formulando questi postulati:

  • l’elettrone possiede alcuni stati di moto stazionario permessi, cui competono valori ben definiti della energia.
  • In tali stati l’elettrone non emette radiazioni elettromagnetiche.
  • L’elettrone si muove in orbite circolari attorno al nucleo.
  • Gli stati di moto elettronico permessi sono quelli in cui il momento angolare dell’elettrone (mvr) è multipli intero di h/2p:

mvr = (nh)/(2p)
h=cost Plance, n= n° quant. principale, v=nh/2pmr

Applicando questa teoria ad un atomo di idrogeno (H), formato da un nucleo intorno al quale ruota un elettrone.
La forza attrattiva del nucleo deve essere uguale alla Fc:


Fa=Fc Þ ze2/r2

Poiché v=nh/2pmr, sostituendo all’equazione precedente:


r=n2h2/(2p)2me2z

Si possono calcolare così i valori dei raggi:


r1=0,53  A°       (n=1)

r2= 4*0,53 A°  (n=2)

r3= 4,77 A°      (n=3)

L’energia totale dell’elettrone è la somma Ec (1/2mv2) e Ep (-ze2/r)


Etot=Ec+Ep Þ Etot = 1/2mv2 -ze2/r

Ma poichè mv2 =ze2/r, si ha:


Etot=1/2 ze2/r - ze2/r = -1/2 ze2/r

Sostituendo r=n2h2/(2p)2me2z, si ha:


Etot=-1/n2 [(z2e4m2p2/h2)]=K=cost

Più piccolo è il valore di n più stabile è l’energia.
L’elettrone può quindi occupare stati diversi di energia secondo i diversi valori di n.
I valori dell’energia delle orbite dell’atomo di H, sono:


n=1

E=-313,6 kcal/mol

n=2

E= ¼ -313,6 kcal/mol

n=3

E= 1/9 * -313,6 kcal/mol

Ovvero risulta che:


Etot=-1/n2 K

Lo stato con n=0 prende il nome di stato fondamentale.
Gli stati con n>1 si definisco stati eccitati. Il passaggio da uno stato a n° q. minore a n° q. maggiore si ha per assorbimento di energia. Viceversa per emissione di energia, secondo l’espressione:


DE= En2 – En1 = K (1/n21 – 1/n22 )

La teoria di Bohr riesce ad interpretare lo spettro dell’H ma ha il limite di fondarsi su postulati e non è comunque estendibile ad atomi polielettronici.

 

IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE

La teoria di Bohr determina con esattezza sia il raggio delle orbite sia la velocità dell’elettrone.
Questa possibilità è negata dal principio di indeterminazione di Heisenberg (1927), secondo cui l’errore nella determinazione della posizione di una particella, Dx , moltiplicato per l’errore nella determinazione del momento lineare, Dp, è circa uguale ad h/2p.


Dx * Dp » h/2p

Poichè Dp= m*Dv, si ha:


Dx * m*Dv » h/2p

È impossibile quindi determinare contemporaneamente con certezza la posizione e la velocità dell’elettrone.
Secondo Heisenberg, quindi,  non ha senso parlare di traiettoria senza sapere con certezza la posizione e la velocità (il moto è ondulatorio).

 

DE BROGLIE

Il fisico francese Louis De Broglie (1924), si pose la domanda se anche l’elettrone non presentasse un dualismo (ondulatorio o corpuscolare) analogo a quello della luce.
Egli ipotizzò che ad un elettrone fosse associata una lunghezza d’onda data dalla relazione:


l = h/mv

Dunque l’elettrone si muove intorno al nucleo di moto ondulatorio.
Le proprietà ondulatorie dell’elettrone sono sfruttate nel microscopico.

 

ERWIN SCHRODINGER

Il fisico austriaco Erwin Schrodinger, riprendendo le idee di De Broglie, descrisse la natura ondulatoria dell’elettrone attraverso equazioni matematiche arrivando agli stessi risultati di Heinsemberg.
Per conoscere il moto dell’elettrone bisognava conoscere altre coordinate:


j = (x, y, z, n, l, m)  =funzione d’onda per il moto

Bohr scoprì il n° q. principale (n)e Schrodinger n° q. secondario (l) e n° q. magnetico (m).
Quindi la meccanica quantistica si occupa di calcolare la probabilità che l’elettrone possa trovarsi in un punto o in un altro dello spazio circostante il nucleo.


e|j|2   equaz. orbitale(probabilità)

La regione attorno al nucleo dove la probabilità di trovare l’elettrone è del 95% prende il nome di ORBITALE ATOMICO (nuvola di carica negativa).

NUMERI QUANTICI E ORBITALI ATOMICI
Per individuare un orbitale atomico la meccanica quantistica utilizza tre numeri quantici:
1) n (numero quantico principale) = definisce l’energia e assume i valori 1 o 2 o 3 o 4 o 5 o 6 o 7 (ovvero le sette orbite).
2) l (numero quantico secondario) = definisce la forma e assume i valori da 0 a n-1.
3) m (numero quantico magnetico) = indica l’orientamento e assume i valori compresi tra –l ….+l
4) ms (numero quantico di Spin) = indica la rotazione e assume i valori -½ o +½.
Il ms fu introdotto da Pauli secondo cui nell’orbitale posso stare solo 2 e- con SPIN OPPOSTO; un 3° e- sarebbe respinto; diverso senso (annullamento campi magnetici).
Ogni valore assunto dal l rappresenta un orbitale:


l=0

Orbitale s

l=1

Orbitale p

l=2

Orbitale d

l=3

Orbitale f

Ci possono essere 1s, 2p, 3d, 4f.
Gli elettroni riempiono gli orbitali seguendo la regola di Hund:
Gli e- si dispongono prima negli orbitali con energia minore (1s,2s), quando ci sono orbitali DEGENERI tentano di occuparli SINGOLARMENTE con spin PARALLELO, altrimenti si dispongo con SPIN OPPOSTO.
Ordine di riempimento: 1s,2s,2p,3s,3p,4s,3d,4p,5s,4d,5p,6s,4f,5d,6p.

 

TAVOLA PERIODICA                      

Nella tavola periodica moderna gli elementi sono disposti secondo il numero atomico crescente.
Essa può essere suddivisa in quattro blocchi:
1)elementi con e- esterni in orbitale di tipo s (2e-)
2) elementi con e- esterni in orbitale di tipo p (max 6e-)
3) elementi con e- esterni in orbitale di tipo d (max 10e-)
4) elementi con e- esterni in orbitale di tipo f (14e-)
Tenendo in considerazione le proprietà degli elementi, la tabella si può dividere in 7 gruppi A, cui segue il gruppo 0 dei gas nobili. Tra il II A e il III A si trovano i gruppi B, che comprendono gli elementi di transizione.
Le proprietà di un elemento chimico sono determinate dalla configurazione elettronica dell’ultimo guscio. Al gruppo 0 appartengono l’Helio, Neon, Argo, Cripto, Xeno, Radon. Al gruppo 1 A appartengono Idrogeno, Litio, Sodio, Potassio, Rubidio, Cesio, Francio. Si definiscono metalli alcalini, possiedono proprietà metalliche e sono teneri. Presentano un e- nel guscio più esterno.
Al gruppo 2 A appartengono il Berillio, Magnesio, Calcio, Stronzio, Bario, Radio. Si definiscono metalli alcalino-terrosi, possiedono proprietà metalliche meno accentuate del gruppo 1 A. Presentano due e- nel guscio più esterno. Al gruppo 7 A appartengono il Fluoro, Cloro, Bromo, Iodio, Astato. Si definiscono alogeni e presentano sette e- nel guscio più esterno, sono non metallici.
Proprietà non metalliche hanno anche l’Azoto e Fosforo (5 A), l’Ossigeno e lo Zolfo (6 A).
La conoscenza delle strutture elettroniche e delle proprietà degli elementi ci porta a formulare le seguenti considerazioni: 1) gli elementi che acquistano e- si trasformano in ioni negativi (gas nobile che segue); 2)gli elementi che perdono e- si trasformano in ioni positivi (gas nobile che precede).
Nella tavola periodica è evidenziata una linea di demarcazione a gradini che serve a distinguere gli elementi metallici (sinistra), da quelli non metallici (destra). Gli elementi adiacenti sono semimetalli. Gli elementi di transizione compresi tra il gruppo 2 A ed il 3 A, hanno carattere metallico, anche se meno accentuato dei gruppi 1 A e 2 A.
Quando un atomo neutro cede e- si ha la formazione di uno ione positivo (catione) La formazione di un catione è data dall’energia che è necessaria ad un atomo per strappargli un e- (energia di ionizzazione).
Quando un atomo neutro acquista e- si definisce ione negativo (anione). La formazione di un anione avviene con emissione di energia detta affinità elettronica.

 

LEGAME CHIMICO

Le forze che tengono uniti gli atomi in una molecola si definiscono legami chimici.
La molecola di un composto risulta dall’unione di due o più atomi diversi (HCl, SO2, CH4). La molecola di un elemento  risulta dall’unione di due o più atomi uguali (H2, Cl2).
La forza che tiene uniti due atomi viene misurata dall’energia di legame, cioè dall’energia necessaria per rompere il legame stesso.
Altri parametri caratteristici della struttura della molecola sono:
1)la geometria (distanza tra atomi legati)
2)l’angolo
3)struttura (planare, tridimensionale)
4) connettività (ISOMERI= composti con la stessa formula bruta, ma diverso comportamento)
Quando due atomi formano un legame chimico solo gli elettroni del guscio più esterno sono impegnati. Questi elettroni vengono definiti elettroni di valenza.
Il chimico Lewis rappresentò gli e- dell’ultimo guscio con puntini che circondano in modo simmetrico il simbolo dell’elemento.

 

LEGAME COVALENTE OMEOPOLARE(APOLARE)

Si definisce legame covalente la condivisione di doppietti elettroni con successiva sovrapposizione degli orbitali. (legame covalente omeopolare= atomi stesso elemento)
Si definisce energia di legame l’energia che bisogna fornire perché il legame possa essere scisso.
Il legame covalente che deriva dalla sovrapposizione di due orbitali s è molto forte (+ saturo) ed è indicato come legame s (sigma) [Es: molecola del Fluoro]
Alcune molecole presentano legami multipli formando due legami covalenti, uno s (orbitale px) e l’altro p più debole (py e/o pz). [Es: molecola dell’O]. La molecola di azoto presenta invece 3 legami covalenti: uno è s e due sono.

 

LEGAME COVALENTE ETEROPOLARE (POLARE)

Il legame covalente polare s’instaura in molecole che presentano atomi diversi tra loro. [Es: H e Cl ]
Ciascun atomo esercita sul doppietto elettronico del legame covalente una forza d’attrazione, che è differente per l’idrogeno rispetto al cloro, cui si da nome di elettronegatività. [Es H+→Cl- ]
La molecola di cloruro d’idrogeno è un dipòlo perché le due cariche elettriche si possono considerare concentrate in due centri distinti.
H-H  {l. covalente apolare                     H---Cl {l. covalente polare
Cl---Cl {l. covalente apolare

L’ELETTRONEGATIVITA’           

L’elettronegatività indica la tendenza di un atomo ad attrarre gli elettroni di legame rispetto ad un altro atomo.
Gli elementi più elettronegativi sono:
F > O >Cl > N > C >…..>H
Ad esempio H-F, nella molecola dell’acido fluoridrico si viene a creare un DIPOLO, perché le due cariche elettriche W+ e W-, si possono considerare concetrate in due centri distinti.
I dipoli si comportano come i vettori, presentano una direzione ed un verso.
Essi possono disporsi casualmente, ma in presenza di un campo elettrico si dispongono parallelamente con la punta verso il alto positivo.
La polarità di una molecola è definita da una grandezza fisica che prende il nome di momento dipolare (m).
Qualsiasi molecola che ha un momento di dipolo diverso da zero si orienta.
Ad esempio in H2O, poichè m è diverso da zero i due atomi di idrogeno sono attirati dall’ossigeno e l’angolo che si viene a creare è di 105°.

 

LEGAME DATIVO

Il legame dativo è un tipo di legame covalente in cui il doppietto elettronico, che unisce i due atomi, è fornito da un solo elemento, detto donatore, mentre l’altro elemento che lo condivide è detto accettore. [Es: acido nitrico HNO3]
Il legame dativo è un legame molto forte.

LEGAME A IDROGENO
Le molecole dell’acqua sono associate mediante legami a idrogeno di natura elettrostatica.
In questo tipo di legame il gruppo O—H dell’acqua è fortemente polarizzato a causa dell’elevato valore di elettronegatività dell’atomo di ossigeno, per cui l’idrogeno, che presenta una carica positiva, lega i due atomi di ossigeno: uno di questi legami è covalente, l’altro è ad idrogeno.
L’energia di un legame a idrogeno è minore di un legame covalente.

LEGAME A IDROGENO
Un atomo di H legato mediante legame covalente a un elemento molto elettronegativo origina un dipolo di cui esso costituisce la parte positiva.
L’atomo di H è carico positivamente e genera un campo elettrico molto forte che gli permette di formare un legame di natura elettrostatica con un atomo che presenta un doppietto elettronico libero.
Questo legame prende il nome di legame ad idrogeno.
Ad esempio le molecole dell’acqua sono associate mediante legami a idrogeno di natura elettrostatica.
In questo tipo di legame il gruppo O—H dell’acqua è fortemente polarizzato a causa dell’elevato valore di elettronegatività dell’atomo di ossigeno, per cui l’idrogeno, che presenta una carica positiva, lega i due atomi di ossigeno: uno di questi legami è covalente, l’altro è ad idrogeno.
L’energia di un legame a idrogeno è minore di un legame covalente.

ORBITALI IBRIDI
L’orientazione spaziale di un legame viene ad essere determinata dal tipo di orbitali che sono coinvolti nella formazione del legame stesso.
Ad esempio la molecola BeF2 è una molecola lineare con un angolo di legame di 180°. Per spiegare questo dato sperimentale è necessario ammettere che durante la reazione avvenga il processo di ibridazione.
Il concetto di orbitale ibrido si basa sulla considerazione che in alcuni processi di formazione di legame, gli orbitali atomici possano combinarsi tra loro modificando la loro funzione d’onda originaria.
Nel caso di un orbitale s e di uno p, le funzioni d’onda si combinano in modo da formare due orbitali ibridi degeneri e che hanno la stessa forma spaziale. Tale combinazione si chiama ibridazione sp.
Ogni orbitale ibrido sp consiste di due lobi, di cui uno ha un estensione maggiore dell’altro.
Considerando adesso la molecola del triforuro di boro BF3. La configurazione elett del boro è 1s2 2s2 2p1, nel suo stato eccitato sarà 1s2 2s1 2p2   il boro ha tre elettroni dispari e quindi può formare tre legami covalenti. I tre orbitali usati sono ibridizzati in tre orbitali ibridi sp2, che sono tutti sullo stresso piano ed a 120° tra loro e la molecola è planare.

 

COMPOSTO         

       FORMULA

         NOME TRADIZION    

OSSIDO

Metx + O-2 → Met2Ox

Ossido di sodio
Ossido ferroso-ico

ANIDRIDE

nonMetx + O-2 → nonMet2Ox

Anidride silicica-osa

IDRACIDI

H+ + nonMetx → HxnonMet
[F-, Cl-,Br-I-S-2]

Acido fluoridrico
Acido bromidrico

IDROSSIDI

Metx OH- → Met(OH)x

Idrossido ferroso-ico

ACIDI

Anidride+H2O

Acido carbonico
Acido nitroso

OSSIANIONI

Acido+Idrossido → SALE + H2O

Acido…ico→ATO
Acido…oso→ITO

Il carbonio ha solo due elettroni dispari nel suo stato fondamentale; in uno stato eccitato però può presentare quattro elettroni dispari e formare quindi quattro legami covalenti.
L’orbitale s ed i tre orbitali p ibridizzano dando quattro orbitali equivalenti sp3 che sono disposti in una configurazione tetraedrica, formando quindi angoli di legame di 109°.

 

METANO, ETILENE, ACETILENE

Nel caso del metano CH4la molecola presenta quattro legami C—H tutti uguali tra loro per lunghezza ed energia, per cui si ricorre alla teoria degli orbitali ibridi.
Secondo la quale il carbonio nel metano “rimescola” l’orbitale 2s ed i tre orbitali 2p per formare quattro orbitali ibridi di sp3 , tutti uguali tra loro, orientati verso i vertici di un tetraedro.
Ad esempio la molecola dell’etilene C2H4 gli atomi di carbonio si ibridizzano dando tre orbitali sp2 che sono planari e formano angoli di 120°, mentre un orbitale conserva il carattere di orbitale p puro. Due orbitali ibridi sp2 di ogni atomo di C sono impegnati in legami s con l’orbitale 1s di due atomi di idrogeno, mentre il terzo orbitale ibrido sp2 forma un legame s per sovrapposizione con un orbitale dello stesso tipo dell’altro atomo di carbonio. I due orbitali p puri, uno per ogni atomo di carbonio, sono disposti ortogonalmente al piano molecolare ed, essendo occupati da un solo elettrone, si sovrappongono dando un legame p.
Nell’acetilene C2H2 ogni atomo di carbonio forma orbitali ibridi sp, conservando due orbitali p puri, ciascuno contenente un elettrone spaiato o dispari. I due orbitali ibridi soo di un atomo di carbonio formano legami s sovrapponendosi con l’orbitale 1s di un atomo di idrogeno e con un orbitale sp dell’altro atomo di carbonio. I due orbitali p puri che sono perpendicolari tra loro si sovrappongono con gli orbitali di uguale simmetria dell’altro atomo di C dando due legami p. Si ha così un triplo legame tra i due atomi di carbonio.
IDROCARBURI (ALCANI o SATURI) Ibridazione sp3  α=109,5°
I composti che contengono carbonio ed idrogeno sono chiamati idrocarburi.
Essi si dividono in Alcani, Alcheni e Alchini.
Gli Alcani sono idrocarburi caratterizzati da legami semplici tra gli atomi di carbonio.


ALCANI  

CnH[2n+2]  (ano

N=1

CH4 (metano)

N=2

C2H6 (etano)

N=3

C3H8 (propano)

N=4

C4H10 (butano)

N=5

C5H12 (pentano)

IDROCARBURI (ALCHENI) Ibridazione sp2  α=120°
Gli Alcheni soddisfano la formula generale CnH [2n]  , cioè hanno due atomi d’idrogeno in meno rispetto agli alcani corrispondenti perché la formazione di un doppio legame comporta l’espulsione di due atomi d’idrogeno.


ALCHENI

CnH[2n]  (ene)

N=2

C2H4 (etilene)

N=3

C3H6 (propene)

N=4

C4H8 (butene)

IDROCARBURI (ALCHINI) Ibridazione sp  α=180°
Gli idrocarburi non saturi contenenti un triplo legame tra due atomi di carbonio sono detti alchini.


ALCHINI

CnH[2n-2]  (ino)

N=2

C2H2 (acetilene)

N=3

C3H4 (propino)

N=4

C4H6 (butino)

 

 

LEGAME AD ELETTRONI DELOCALIZZATI

Nella rappresentazione dei legami p nelle molecole dell’etilene e dell’acetilene gli elettroni p vengono a trovarsi nella regione compresa tra i nuclei degli atomi di carbonio; per questa ragione essi vengono indicati come elettroni delocalizzati.
Ad esempio nel benzene (C6H6)si ha un sistema di doppi legami coniugati (legami semplici e doppi) in tutti l’anello.
Il piano della molecola del benzene è formato dalla parziale sovrapposizione degli orbitali sp2 dei sei atomi di carbonio; questa porta ad una struttura esagonale, dovuta a sei legami s carbonio-carbonio; sei orbitali ibridi sp2 si legano con gli elettroni 1s degli atomi di idrogeno formando sei legami s carbonio-idrogeno, che vengono a trovarsi nel piano della molecola.
I rimanenti orbitali puri p degli atomi di carbonio si sovrappongono formando legami p, che si estendono sopra e sotto il piano della molecola.
Gli elettroni degli orbitali p sono delocalizzati e liberi di muoversi lungo l’anello, con il risultato che la densità di carica sopra e sotto il piano molecolare assume la forma di esagono.

 


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Sito web: http://liuct.altervista.org/

Autore del testo: Greco Mirko

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