Detergenti neutri naturali per superfici e per il corpo

 

 

 

Detergenti neutri naturali per superfici e per il corpo

 

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I DETERGENTI

 

CENNI STORICI

Le origini della pulizia personale e degli oggetti risalgono all’epoca degli uomini primitivi, i quali avendo capito l’importanza dell’acqua, si erano stabiliti in prossimità di sorgenti e fiumi. Allora l’acqua  era l'unico mezzo per la pulizia.

La prima testimonianza dell’esistenza del sapone risale al 2800 a.C. e proviene dagli scavi dell’antica Babilonia. In quella zona fu ritrovato un materiale, simile al sapone, conservato in cilindri d’argilla recanti incisioni delle ricette per la preparazione: grassi bolliti con la cenere (prime liscivie alcaline ottenute dalla cenere di legno).

Il papiro di Ebe (ca. 1500 a.C.) descrive il metodo di produzione del sapone usato dagli Egiziani i quali mescolavano grasso animale o oli vegetali con un sale chiamato Trona (carbonato acido di sodio biidrato, utilizzato per produrre la soda) che veniva raccolto nella valle del Nilo. Veniva utilizzato per lavare e per il trattamento delle malattie della pelle
Anche in Europa esisteva una produzione di sapone, ad opera dei Galli e dei Teutoni. I Romani, invece, non erano in grado di produrlo; lo importavano dunque dalle Gallie come cosmetico.

L’importanza dell’uso del sapone divenne presto chiara. Sappiamo che il medico greco Galeno – nel secondo secolo dopo Cristo – raccomandava l’uso del sapone, sia come metodo preventivo di alcune malattie, sia per pulire.
Nel settimo secolo la produzione del sapone era un’arte diffusa ormai in tutta Europa ed i produttori, organizzati in corporazioni, ne custodivano gelosamente i segreti. Il sapone continuava ad essere fabbricato a partire da grassi vegetali e animali con cenere di legna e aggiunta di profumo. La Francia, in particolare, era fra i primi produttori grazie alla grande disponibilità di materie prime:  grassi e olio d'oliva.

Nel Medioevo, le condizioni igieniche generali andarono decadendo e questo contribuì alla diffusione di alcune gravi malattie, quali la peste nel 14° secolo.

Solo nel 17° secolo, la pulizia e l’abitudine al bagno, in Europa, ritornarono in auge ed il commercio del sapone divenne particolarmente redditizio.

Nei secoli successivi, l’uso del sapone divenne abbastanza comune in tutti gli strati di popolazione. Per venir incontro alle richieste, i produttori lavorarono per trovare metodi che ne permettessero la produzione su larga scala (Nicolas Leblanc ottenne il brevetto per la sintesi del carbonato di sodio; Michel Eugene Chevreuil scoprì le relazioni tra grassi, glicerina e acidi grassi; Ernest Solvay, con metodo Solvay, utilizzò l'ammoniaca per formare carbonato di sodio al fine di ridurre i costi di produzione).
Fino alla fine del 19° secolo, il sapone fu l’unico detergente con proprietà tensioattive. In aggiunta al sapone, si usavano degli altri ingredienti che apportavano benefici specifici. Ad esempio per il bucato si usava la cenere, che aveva un potere sequestrante della durezza dell’acqua, dovuta alla presenza di fosforo e soda, che contribuivano ad aumentare l’alcalinità delle soluzioni di lavaggio. Per le stoviglie, invece, si usava spesso la sabbia per il suo potere abrasivo. Il primo detergente sintetico fu un olio di ricino solfato usato nell'industria tessile dal 1834.

Per avere i prodotti che usiamo oggi dobbiamo, però, aspettare fino a  tempi molto recenti.
La storia dei detergenti sintetici inizia solo nel 20° secolo, segnata dalle due Guerre Mondiali. Fu proprio la penuria di alcuni materiali, fondamentali per la produzione del sapone (i grassi durante la Prima Guerra; i grassi e l’olio durante la Seconda Guerra), a stimolare la ricerca di alternative sintetiche, mentre il problema dell'inefficacia del sapone nelle acque dure impegnava la ricerca alla scoperta di agenti di sintesi che non si combinassero con i sali minerali disciolti nell’acqua, al contrario del sapone che si trasforma in sostanza insolubile.

Nel 1907 due chimici tedeschi inventarono un processo per la produzione di sapone secco in polvere; il prodotto fu messo in commercio dalla società Henkel con il nome di Persil (percarbonato di sodio; silicato per sospendere lo sporco, carbonato di sodio per ridurre lo strofinio).
Nel 1913 il chimico belga A. Reychler notò per la prima volta gli effetti dei detersivi: per sopperire alla mancanza di sapone, nel 1917 fu messo in commercio in Germania il primo detergente sintetico, il Nekal.
Negli anni '30 la Shell produsse il primo detergente anionico sintetico ricavato dal petrolio (Teepol).
Le condizioni di indigenza creatisi nella Seconda Guerra Mondiale incoraggiarono ulteriori sviluppi delle ricerche in questo settore. Furono introdotte sostanze simili al sapone ottenute per sintesi.
Nel dopoguerra, si svilupparono i primi detergenti sintetici a basso costo, grazie all'abbondanza del petrolio (es. Alchilbenzensolfonati, ABS).
Nel 1946, fu introdotto negli Stati Uniti il primo prodotto per il bucato contenente una combinazione di tensioattivi di sintesi e di “sequestranti di durezza” (builder).

Negli anni ’50 e ’60 i detergenti sintetici soppiantarono rapidamente il sapone diventando gli agenti pulenti più diffusi.
Con l'aumento dei consumi cominciò ad assumere consistenza e rilevanza il problema della bassa biodegradabilità dei prodotti e fu soprattutto l’enorme quantità dei fosfati ad attirare l'attenzione per gli  ampi fenomeni di eutrofizzazione che si manifestarono.
Solo nel 1983 fu applicata in Italia una legge di una certa efficacia e che, in particolare, impose la sostituzione di alcune sostanze come i fosfati e la riduzione delle quantità di altre. Alcune componenti furono messe sotto accusa anche per problemi legati alla salute.
I produttori, per parte loro, immisero sul mercato nuovi detersivi (soprattutto per lavatrici e lavastoviglie) caratterizzati da migliore biodegradabilità, come gli alchilaurilsolfonati. Il loro uso massiccio, tuttavia determinando problemi per la pelle, indusse a migliorare i prodotti con l'introduzione di tensioattivi anionici.
La storia degli ultimi anni può, per linee di intervento, essere così sintetizzata:
- leggi più stringenti per i produttori;
- modifiche consistenti nella composizione dei detersivi tradizionali;
- sviluppo della produzione di detersivi e detergenti ecologici (sia di origine vegetale che naturali);
- ritorno al “fai da te” con prodotti base;
- sviluppo dei depuratori delle acque reflue.

 

I DETERGENTI OGGI

L'attenzione alla pulizia degli ambienti e del proprio corpo e il rispetto delle norme igieniche hanno permesso all'uomo di migliorare le proprie condizioni di vita e di aumentare la propria vita media,  prevenendo e combattendo alcune malattie e infezioni.
Dai primi del '900, come si è già accennato,  la sostituzione del sapone con detergenti di sintesi ha dato il via alla ricerca di formulati con miglior efficienza e con funzionalità sempre più specifiche: inizialmente si utilizzavano gli stessi prodotti per varie categorie (bucato, stoviglie, superfici); col passare degli anni questi sono stati sostituiti da prodotti specifici per applicazioni ristrette (es. detersivi per capi bianchi, colorati, per lana, per capi sintetici...), a volte non così indispensabili, ma per lo più immessi sul mercato per questioni di marketing (es. prodotti che contengono sbiancanti ottici, coloranti o addensanti; alcuni pur presentando la stessa formulazione sono venduti e pubblicizzati come prodotti a diversa funzionalità...).
Inoltre l'introduzione di nuove tecnologie negli ambienti domestici e nelle industrie (lavatrici e lavastoviglie, ecc.) ha reso necessario l'adattamento della composizione dei formulati: ad esempio per il bucato, una volta l'efficacia del lavaggio era data anche dallo sfregamento a mano dei tessuti; nelle attuali lavatrici invece i detersivi devono essere efficaci alle condizioni di lavaggio impostate.
La tendenza attuale è rivolta verso la produzione di detergenti sempre più potenti, che lavano con minore fatica e in tempi più rapidi. Le forti preoccupazioni per la dispersione nell'ambiente di nuove sostanze chimiche, spesso inquinanti e tossiche, in seguito all'utilizzo di questi prodotti, ha spinto la ricerca a presentare formulati più ecologici, ponendo maggiore attenzione alla biodegradabilità e alla nocività delle sostanze usate.
In realtà questo aspetto è solo una delle componenti di cui tenere conto “nel ciclo” dei detergenti.
Non sono infatti trascurabili i problemi connessi e conseguenti ai consumi dell'acqua e a quelli energetici. Nelle nostre case per i lavaggi si fa uso di acqua potabile, che scaricata  nella rete fognaria viene poi nuovamente trattata (dispendio energetico) per essere reintrodotta nelle acque superficiali. Così come non sono da trascurare tutti i carichi energetici e ambientali che riguardano l'intero ciclo di vita del prodotto (pre-produzione, produzione, distribuzione, impiego, smaltimento), senza contare i collaterali processi inerenti al ciclo di vita degli elettrodomestici.
Qualche misura è stata adottata per limitare la produzione e il consumo degli imballaggi introducendo nei punti vendita dispenser per detersivi alla spina e prodotti in formulati concentrati da diluire. Inoltre a livello europeo dal 1995 sono previste e obbligatorie per gli elettrodomestici (lavastoviglie, lavatrici, asciugatrici e lavasciugatrici e poi frigoriferi e congelatori) etichette energetiche indicanti la classe di efficienza in termini di consumi energetici (da A++ a G) espressi in kWh/anno.

 

Qualche dato...

Quello dei detergenti è un settore industriale con un'influenza molto elevata sulla vita di tutti i giorni. Negli ultimi decenni, parallelamente alla maggiore attenzione posta nella produzione e nella scelta degli ingredienti, è incrementato l’uso massiccio dei detergenti, spinto all'eccesso al di là degli effettivi bisogni.

Nei paesi industriali il consumo annuo pro capite di detergenti è dell'ordine di 20-30 Kg/anno che nell'Europa Occidentale, corrisponde a 4250 Kton di detergenti prodotti. Una quota dominante di tale consumo è data dai detersivi per indumenti.

Il consumo dei detergenti è aumentato negli ultimi 60 anni. Ogni anno si impiegano un milione e mezzo di tonnellate di sostanze di sintesi, in parte derivanti dal petrolio che entrano nelle nostre case o nei processi industriali (es. tessili, alimentari, metallurgici..) e finiscono nelle acque di scarico.
Il consumo di detergenti in Italia, riferito al 2005, è pari a 2.155.000 t che corrisponde ad un consumo pro-capite annuo di circa 38 litri (fonte: Federchimica).
La quantità media di detergenti liquidi venduti in un anno da un ipermercato (di oltre 2.500 mq di superficie) si stima in circa 850.000 litri.
Il peso medio di un flacone in plastica per detergenza domestica varia, a seconda dei formati, da 60g a 70g circa (fonte: CONAI).
Di conseguenza, sulla base di questi dati si può ipotizzare che un punto vendita contribuisce mediamente ogni anno alla formazione di circa 51.000 kg di rifiuto costituito da flaconi per detergenti. La pratica della distribuzione dei detersivi alla spina permette di riutilizzare i flaconi forniti limitando la produzione dei rifiuti.

Per quanto riguarda il problema dei fosfati, nel 2007 una relazione della UE forniva i seguenti dati per l’Europa dei 25 paesi: il consumo annuo di detergenti contenenti fosfato ammonta a 1,8 milioni di tonnellate, equivalenti a circa 110.000 t di fosforo, al 90-95% provenienti da lavaggio di indumenti e stoviglie. L’impiego dei fosfati nei fertilizzanti in agricoltura equivale a 1,25 milioni t di fosforo l’anno.
I fosfati per essere eliminati dalle acque reflue richiedono trattamenti di tipo terziario, costosi e non previsti per tutti i depuratori realizzati in Italia e in Europa, specie nei paesi di ultima adesione che non hanno ancora recepito e applicato la legislazione Europea.

 

Ma quali attenzioni occorre avere per prevenire i problemi causati dall’enorme utilizzo e diffusione dei detergenti? Due sono gli aspetti da tenere in considerazione:

  • il rapporto tra i detersivi e i loro ingredienti, e l’uomo
  • il rapporto tra i detersivi e i loro ingredienti, e l’ambiente.

 

Per quanto riguarda il primo aspetto i prodotti non devono arrecare danni alla salute umana e occorre tenere sotto controllo la tossicità dei componenti ed eventuali intolleranze e allergie.
Per quanto riguarda l'ambiente viene considerata la biodegradabilità, quale parametro basilare per salvaguardare gli ecosistemi e per prevenire il rischio che alcune sostanze entrino nel ciclo alimentare.

 

 

DIFFERENZE FRA SAPONI E DETERGENTI

La sintesi del sapone è basata sulla reazione di idrolisi dei gliceridi, i cui prodotti sono i sali degli acidi carbossilici e la glicerina.
Il sapone è una miscela di sali di sodio o potassio di acidi alifatici a lunga catena.
Le molecole di sapone sono anfipatiche (tensioattivi), contengono cioè una testa polare idrosolubile (COO-Na+) e una coda apolare liposolubile (R, a lunga catena, formato da 12-18 atomi di C, cosicché ciascuna estremità può mostrare le sue proprietà di solubilità).
Il sapone è disperso in ammassi sferici detti micelle, ciascuna delle quali può contenere centinaia di molecole di sapone: le teste polari sono rivolte verso l'esterno attratte dal solvente polare H2O. La repulsione fra le cariche uguali mantiene le micelle disperse.
A contatto con il grasso e l'unto (sporco), le estremità non polari delle micelle si sciolgono lasciando che le teste polari si dirigano verso il solvente circostante.
La repulsione fra le cariche simili impedisce la coalescenza delle gocce di olio; si forma un'emulsione stabile di olio e acqua che può essere allontanata dalla superficie che deve essere pulita.
A questo processo di solubilizzazione che spiega l'azione detergente dei tensioattivi si affianca la loro proprietà di modificare la tensione superficiale: la macchia di unto si stacca spontaneamente se è presente un tensioattivo in grado di abbassare le tensioni interfacciali fra acqua e olio e fra acqua e fibra, in modo da aumentare “l'assorbimento” dello sporco (la somma delle loro tensioni superficiali deve essere più bassa di quella fra fibra e olio). Maggiore è la tensione interfacciale, minore è l'assorbimento.
Stesse proprietà emulsionanti e quindi detergenti si trovano in altre molecole anfipatiche.

Uno dei problemi relativi all'uso del sapone puro riguarda le acque dure che contengono sali di Ca e Mg, i quali reagiscono con il sapone formando carbossilati di Ca e Mg insolubili (l'anello delle vasche da bagno). Sono stati introdotti allora i detergenti, il cui sviluppo è legato alla scoperta dei tensioattivi sintetici che mantengono la loro efficacia anche in acque dure.

I detergenti derivano da sintesi di molecole anfipatiche, ma con struttura chimica diversa dal sapone.
Ad esempio per trattamento (solfonazione e neutralizzazione) degli alcoli da C12 a C18 si ottengono sali dei solfati acidi di alchile con estremità non polare della catena alchilica ed estremità polare del gruppo OSO3-Na+. Per trattamento degli stessi alcoli con ossido di etilene si ottiene un detergente non ionico (etossilato).
I più usati sono i sali sodici degli acidi alchilbenzensolfonici: anello benzenico a cui è legata una catena alchilica e un gruppo polare solfonato.
Un tempo era usato il polipropilene per la sintesi di alchilbenzensolfonati (ABS), ma la ramificazione della catena impediva la rapida degradazione biologica degli scarti dei detergenti dopo l'uso (scarsa biodegradabilità, responsabili della formazione di schiume persistenti sulla superficie dei corsi d'acqua), così dal 1965 negli USA sono stati sostituiti con detergenti molli (cioè biodegradabili) tipo alchilsolfati, etossilati e relativi solfati, alchilbenzensolfonati con catena alchilica lineare (C12-C18) derivanti da catene lineari di 1-alcheni e da alcani lineari clorurati provenienti da cherosene e separati con l'aiuto di setacci molecolari.

 

 

COMPOSIZIONE DEI DETERSIVI

Le formulazioni dei detergenti sono complesse e diversificate, a seconda dello scopo specifico a cui è destinato quel particolare prodotto.
I detersivi per bucato, per esempio, devono essere in grado di svolgere il loro compito in condizioni di temperatura, durezza dell’acqua e su macchie e tessuti estremamente diversi fra loro. Per questo motivo il semplice sapone non è stato più sufficiente e la formulazione dei detergenti  si è arricchita di vari coadiuvanti, ognuno dei quali con un compito ben preciso, che hanno via via integrato i componenti principali rappresentati dai sequestranti di durezza e dai tensioattivi.
Questi ultimi sono presenti in quantità variabile fra il 15 e il 35% e insieme alle sostanze che coadiuvano la rimozione dello sporco sono le uniche componenti che lavano.

 

Tensioattivi
Esistono 4 gruppi di tensioattivi, ognuno rappresentato da numerosi tipi di molecole:

  • Anionici: sali costituiti da catene alifatiche terminanti con un gruppo carbossilato o solfonato. Hanno un buon potere detergente e basso potere microbicida. Producono molta schiuma. Sono più efficaci per lo sporco particolato (a base di polveri). Quelli carbossilati o i saponi, richiedono acqua poco dura, mentre quelli solfati o solfonici sono meno sensibili alla durezza dell'acqua. Alcuni esempi: alchinbenzensolfonati a catena lineare (LAS, molto diffusi, abbastanza biodegradabili, sono sospettati tuttavia di essere dannosi per la salute); solfati di alcoli grassi primari (PAS, fra cui molto diffuso il laurilsolfato, biodegradabile); alchileterisolfati (AES, molto diffuso il lauriletossisolfato, LES); saponi.
  • Non-ionici: alcoli a catena lunga, come i derivati poliossietilenici degli acidi grassi o gli alchilpoliglucosidi. Più efficaci contro lo sporco di natura grassa, producono poca schiuma. Poco sensibili alla durezza dell'acqua; impiegati nelle macchine lavatrici. Esempi: alcoli grassi etossilati (AE); copolimeri ossido di etilene/propilene (addotti EO/PO); alcanolammidi (biodegradabili, ma ottenuti da alcanolammine, tossiche; in più prodotti di degradazione sospetti tossici).
  • Cationici: sali costituiti da lunghe catene alifatiche terminanti con gruppo ammonio quaternario. Sono meno efficaci degli altri tensioattivi perché hanno basso potere detergente, ma elevato potere disinfettante. Utilizzati principalmente negli ammorbidenti e nei detersivi ad azione disinfettante. Esempio: cloruri di ammonio quaternario e benzalconio cloruro, BAC, con proprietà germicide, uno dei più utilizzati nei detergenti.
  • Anfoteri e zwitterionici: sulla stessa molecola sono presenti le due cariche (positiva e negativa) e si comportano in modo diverso (come acidi o come basi) a seconda del pH; sono spesso presenti nei detergenti per il corpo perché delicati sulla pelle. Sono utilizzati nei prodotti per la pulizia dei piatti per la loro delicatezza, potere schiumogeno e stabilità. Per ora hanno ancora un uso limitato per via dei costi elevati. Esempio: betaine e acidi amminocarbossilici.

 Le molecole dei tensioattivi sintetici sono studiate per migliorare la loro efficacia in base alla loro funzione e alle condizioni di lavoro a cui devono essere sottoposti (lavatrice, lavastoviglie, a mano, tipi di sporco, azione disinfettante, solo detergente..).
Dal punto di vista tossicologico e ambientale i saponi sono i tensioattivi più rispettosi della salute e dell'ambiente, sia per la compatibilità con i tessuti biologici, sia per la completa biodegradabilità (a meno che non siano additivati con sostanze poco biodegradabili come l' EDTA che, arrivando nel mare  a contatto con i depositi marini, solubilizza e rende biodisponibili i metalli pesanti). In realtà non tutti i prodotti denominati saponi lo sono veramente: molti, sia liquidi che solidi, sono detergenti formati da diverse sostanze e, talvolta, non hanno neppure sapone fra gli ingredienti.
Gli alcoli grassi usati per sintetizzare i tensioattivi possono essere di origine naturale o sintetica (petrolchimica).
Fra i tensioattivi sintetici quelli a catena ramificata  hanno bassa biodegradabilità, altri contengono un anello benzenico, indice di utilizzo del benzene (cancerogeno e tossico) fra i reagenti di produzione che può determinare effetti negativi per gli addetti alla produzione, rischi di contaminazione da sversamenti, perdite negli impianti, presenza di tracce di sostanza nel prodotto o nei sottoprodotti. Stesse considerazioni valgono per i tensioattivi etossilati, prodotti utilizzando ossido di etilene (gas cancerogeno, mutageno e tossico): difficilmente però i detersivi ne sono privi a causa dell'elevato potere lavante dovuto all'etossilazione.
Infine alcuni tensioattivi non-ionici molto utilizzati (es: nonilfenolo etossilato) sono sospettati, con studi ancora in corso, di essere dannosi per il sistema endocrino.

I tensioattivi di origine vegetale sono ricavati dai grassi vegetali, ma molti sono trattati chimicamente e si combinano con molecole di origine petrolchimica perdendo le caratteristiche originarie di buona degradabilità. I tensioattivi etossilati per esempio possono essere sia di origine petrolchimica che naturale. Nel primo caso la molecola presenterà un numero dispari di C (Sodium coceth sulfate, derivato dall'olio di cocco con aggiunta di prodotti di sintesi) e nel secondo caso un numero pari (Sodfium cocoyl sulfate).
In alcuni casi  studi di ricerca, eseguiti per accertare la pericolosità delle sostanze chimiche, non hanno permesso di raggiungere risultati univoci o concordanti . Nel caso dei tensioattivi anionici, diffusissimi come SLES (sodium laureth solfate) e SLS (sodium lauryl solfate), che  sono stati oggetto di denuncia per la loro presunta tossicità, la stessa è stata però esclusa dai controlli effettuati dalle autorità  europee e addirittura molti esperti, operanti nel settore, le considerano sostanze il cui uso sarebbe da incoraggiare.

Tensioattivi nuovi con basso impatto ambientale
PAS: primary alcohol sulfates: solfati di alcoli grassi basati su oli vegetali (es. cocco)
MES: metil esere solfonati
APG: alchil poliglucosidi
AG: alchil glucosidi
N-alchil glucosammidi di acidi grassi
alcoli grassi etossilati con una limitata distribuzione delle unità EO (ossido di etilene)

 

ALTRI COMPONENTI

Builders
I sequestranti di durezza (builder) sono sostanze addolcenti per l'acqua presenti principalmente nei detersivi per il bucato, ma possono essere usati anche in altre categorie. Tali ingredienti hanno la funzione di favorire le prestazioni dei tensioattivi, diminuendo la durezza dell’acqua e aiutando a trattenere lo sporco in soluzione. Complessano gli ioni Ca2+ e Mg2+, disperdono lo sporco e ne impediscono la rideposizione, alcanilizzando la soluzione e tamponano il pH. Es: fosfati, zeoliti, silicati, carbonati. Sono generalmente presenti al 20-25%.
Un ingrediente “storico” di questa categoria sono i polifosfati. A seguito di episodi di crescita abnorme di alghe (eutrofizzazione) nel mare Adriatico negli anni Settanta, l’uso di tali ingredienti è stato fortemente limitato ed i polifosfati da alcuni decenni in Italia non sono più impiegati nei detersivi per bucato e sono stati sostituiti dalle zeoliti. Nei detersivi per stoviglie sono stati sostituiti da silicati lamellari. In alcuni altri paesi europei sono ancora permessi (es. Polonia e Danimarca)
I builders agiscono secondo due meccanismi: come scambiatori di ioni e come complessanti.

Scambiatori di ioni

Le zeoliti sono alluminosilicati di sodio e scambiano ioni Ca e Mg, ma anche Pb, Cu, Ag, Cd, Hg, Zn. Sono prive di tossicità per la fauna acquatica, anche se sono stati messi sotto accusa, perché se raggiungono in grandi quantità i fiumi contribuiscono ad accrescere i depositi sui fondali e  continuando a svolgere la loro funzione di scambiatori di ioni, perturbano l'ecosistema in cui si trovano (danno ambientale). In presenza di depuratori queste vengono intercettate nei vari passaggi accumulandosi nei fanghi. Fra gli svantaggi: sono insolubili in acqua e vanno quindi associate a polimeri disperdenti (che possono presentare a loro volta un impatto ambientale); non possono essere usate per stoviglie perché macchiano i piatti; sono giallognole e colorano i tessuti, sono quindi accompagnate da sbiancanti ottici.
I silicati invece hanno buone capacità detergenti, scioglimento rapido e sono buoni scambiatori di ioni.

Agenti complessanti (presenti generalmente allo 0,5%):

  • EDTA (acido etilendiammino tetraacetico): stabile alle redox e ad acidi e basi, molto efficace e molto usato, ma non è biodegradabile. Porta in soluzione i metalli pesanti depositati sul fondo dei corsi d’acqua che quindi possono intossicare pesci e alghe.

 

  • NTA (acido nitrilo triacetico): composto degradabile, ma porta alla formazione di sostanze cancerogene (nitroso-derivati); quando si degrada si lega facilmente a ioni di metalli pesanti portandoli in soluzione e rendendoli disponibili ad entrare nella catena alimentare. E' insolubile in acqua e quindi si deposita, se non intercettato, sul fondo dei corpi idrici, impedendo la crescita della fauna e flora acquatica. Comportamento analogo si riscontra con il PDTA (acido propilendiamminotetraacetico)
  • Acido citrico, gluconico, tartarico (sali sodici idrati): ottimamente biodegradabili. Buoni complessanti per Ca2+ e Mg2+, con alta efficienza a basse T.

 

Agenti sbiancanti
Rimuovono il colore dal substrato con una reazione chimica irreversibile (redox), distruggendo o modificando i gruppi cromofori. Ne esistono di 3 tipi:

  • agenti riducenti (solfiti e bisolfiti), efficienti, ma con odore sgradevole;

 

  • composti del cloro, efficaci a basse T, con costi ridotti, ma a elevato impatto ambientale (formazione di clorammine, cancerogene); tendono a indebolire le fibre dei tessuti (candeggina, ipoclorito di sodio al 25%);
  • composti che sviluppano O2 libero:
    • Perborato di sodio, tossico, teratogeno, dannoso per l'ambiente, con possibili effetti negativi sulla crescita delle piante; rilascia sali borici come la borace o i borati che non vengono intercettati dai depuratori;
    • Percarbonato sodico, compatibile con l'ambiente, ad effetto anche igienizzante. Per essere efficace a T<60°C deve essere accompagnato da additivi detti attivatori di sbianca, fra i quali il più impiegato è il TAED (tetraacetiletilendiamina). Insieme al suo sottoprodotto della reazione di sbianca (DAED, diacetiletilendimmina) presenta buona biodegradabilità, specialmente in presenza di fanghi attivi (batteri impiegati nei depuratori), ma anche in acque esposte alla luce solare. Viste però le notevoli quantità di agente sbiancante usate nei detersivi (normalmente 15-25%, ad eccezione del TAED che è sufficiente in quantità inferiore, 5-7%), sono necessarie ulteriori prove. Sono stati proposti anche dei catalizzatori per migliorare la resa di agenti sbiancanti, ma si tratta di molecole spesso tossiche e non biodegradabili per cui ne è stato sconsigliato l'uso.

 

Enzimi
Gli enzimi sono in grado di disgregare, frazionare e sciogliere lo sporco di natura proteica, gli amidi e le sostanze grasse. Si degradano a medie temperature ed in ambiente acido.  Favoriscono l’uso di quantità basse di detersivo e lavaggi a basse temperature. Hanno bisogno di sostanze stabilizzanti, pena la denaturazione dell'enzima.
Sono proteine prodotte da organismi viventi (se industriali derivano da ceppi OGM, che non sviluppano però proteine OGM) che hanno la funzione di favorire reazioni chimiche, come aggredire macchie di origine naturale. Rimangono dubbi sulla possibilità che i ceppi batterici produttori degli enzimi non siano perfettamente isolabili, dando luogo a possibili produzioni di enzimi dalla funzione incognita e difficilmente controllabile.
Possono essere di origine animale (pancreatina) o microbica (amilasi, proteasi) e ogni enzima è specifico per rimuovere un tipo di macchia (es. lipasi per lo sporco grasso).

Polimeri e agenti anti-rideponenti
Sono responsabili dell'ingrigimento dei tessuti, dovuto alla rideposizione dello sporco polverulento, in particolare per i tessuti sintetici quale il poliestere o il cotone trattato. Alcuni esempi sono gli stessi tensioattivi anionici, il sapone e una serie di additivi (sodio carbossimetil cellulosa o cellulose gum) più o meno biodegradabili, ognuno specifico per tipo di tessuto.

Agenti schiumogeni e anti-schiuma
La schiuma è un'emulsione di due fasi immiscibili, aria e acqua. Non sempre la schiuma è un indicatore dell'efficacia del prodotto: alcuni prodotti non schiumogeni sono più efficaci di quelli schiumogeni. Per esempio nel caso di lavatrici e lavastoviglie può creare problemi di sovraflusso per cui è indispensabile l'impiego di agenti antischiuma. Se presente sulla superficie dei fiumi non permette lo scambio di ossigeno. Es. tensioattivi schiumogeni, siliconi di sintesi antischiuma.

Candeggianti ottici
Gli sbiancanti ottici fanno apparire bianchi i tessuti. Sono molecole di sintesi (per lo più contenenti zolfo in forma di tiofene) che rimanendo sui tessuti assorbono la componente ultravioletta della luce solare e la restituiscono come luce azzurra, che all'occhio umano viene percepita come bianca. Si degradano difficilmente e molto lentamente. Numerosi studi hanno associato l’insorgenza di eczemi e dermatosi con l’uso indiscriminato degli sbiancanti ottici. Tali sostanze inoltre tendono ad accumularsi negli organi animali e nelle radici delle piante.
Sono presenti in percentuali intorno allo 0,1-0,3%. In presenza di ossidanti chimici migliora la loro resa e stabilità e sono usati in concentrazioni inferiori (0,02-0,1%).

Riempitivi
Hanno la funzione di diluire il detersivo. Nei detersivi in polvere sono usati il solfato di sodio e i cloruri che danno alla polvere una struttura granulare ed impediscono che il detersivo si indurisca solidificandosi. Per quelli liquidi viene impiegata acqua. I detersivi concentrati contengono quantità inferiori di riempitivi.
I detersivi liquidi inoltre contengono addensanti per dare al prodotto una consistenza più viscosa senza migliorarne le prestazioni. Cosicché l’utilizzatore associa alla maggior viscosità la maggior concentrazione e quindi un miglior potere lavante del prodotto.

 

Additivi vari

Profumi
Sono sostanze, per la maggior parte sintetiche, aggiunte ai prodotti per mascherare le esalazioni meno gradevoli dei tensioattivi. Non hanno una funzione ai fini dell’efficacia del prodotto e alcuni sono causa di danni ecologici e possono provocare allergie, irritazioni cutanee e degli occhi. Ad esempio il Para-diclorobenzene è aggiunto per correggere l’odore nei prodotti per WC: non ha azione disinfettante o detergente, non è biodegradabile e si accumula nei tessuti adiposi dei pesci. Anche i profumi sintetici al muschio sono bioaccumulativi.
Sono quindi da preferire additivi di origine vegetale come gli oli essenziali.

Conservanti
Quelli ammessi sono in genere biodegradabili. I problemi insorgono quando rilasciano prodotti secondari. Ad esempio l'urea imidazolidinyl e il DMDM hydantoin sono due conservanti che rilasciano formaldeide, sotto accusa per essere cancerogena. I fenoli clorurati utilizzati nei detergenti per WC sono difficilmente biodegradabili e dannosi per la salute. E’ invece consigliato l’utilizzo dell’alcool etilico che già a modeste concentrazioni svolge un’azione batteriostatica e/o battericida oppure dell’acqua ossigenata che ha proprietà ossidanti e disinfettanti.

Miglioratori di solubilità
Sono sostanze idrotrope usate per evitare antiestetiche separazioni di fase e formazione di precipitati. Es. glicole propilenico, etanolo, trietanolamina.

Inibitori di trasferimento di colore
Si usano polivinilpirrolidone (PVP) e fosfonati. Quest'ultimo è poco biodegradabile; si accumula nei fanghi degli impianti di depurazione. E' ancora allo studio la loro fotodegradazione.

Coloranti
Rinforzano i colori dei tessuti. Nel caso dei capi bianchi colorano di azzurrino i tessuti per farli apparire più bianchi all'occhio umano. I coloranti e i perlanti generalmente sono poco biodegradabili.

Emollienti
Sono aggiunti allo scopo di rendere più compatibili con la pelle le sostanze presenti nei detergenti che vengono a contatto con le mani, riducendone il forte potere sgrassante. Possono essere sia di sintesi che di origine naturale.

Denaturanti
Vengono aggiunti per evitare l’ingestione od un uso improprio dei prodotti (a tutela dei bambini in particolare) e normalmente sono di sintesi. Tra i denaturanti si usa il Bitrex (denatonium benzoate), presente nell’alcol rosa e in vari detersivi. Efficace anche in percentuali bassissime, ma presenta scarsa biodegradabilità.

Antibatterici
Il più usato è il Triclosan, potente antibatterico impiegato in dentifrici, colluttori, saponi, deodoranti, spugne per i piatti. E' però una sostanza su cui vi sono studi e analisi controverse. E’ accusato di vari problemi legati alla salute soprattutto per l’uso eccessivo.

 

TOSSICITÀ PER L’AMBIENTE

I detersivi per essere nocivi all’ambiente devono penetrare nelle acque superficiali e sotterranee. Se presenti in grande concentrazione e se non vengono intercettati dai depuratori, passano negli ambienti naturali dove a causa della loro tossicità oppure per accumulazione nell’ambiente diventano dannosi per i sistemi acquatici (e di conseguenza per gli equilibri degli ecosistemi) e per la salute umana quando entrano nel ciclo alimentare.
Da studi effettuati in laboratorio si ricava che una concentrazione di detersivo di soltanto 2 ppm può indurre i pesci ad assorbire il doppio dei prodotti chimici che assorbirebbero in condizioni normali (i tensioattivi agiscono sulla tensione superficiale dell'acqua); in generale però si può dire che non è mai abbastanza così alta da interessare direttamente i pesci.
I detersivi possono avere effetti tossici per tutte le forme di vita acquatica se presenti in quantità sufficiente (concentrazione dai 5 ppm in su), anche nel caso di detersivi biodegradabili: agiscono sugli strati esterni di muco che proteggono i pesci dai batteri e possono danneggiare considerevolmente le branchie; inoltre riducono la tensione superficiale dell'acqua rendendo i prodotti chimici organici, come gli antiparassitari ed i fenoli, di più facile assorbimento per i pesci.
I tensioattivi  possono causare fenomeni di eutrofizzazione: formano uno strato galleggiante sulla superficie dell’acqua che impedisce lo scambio di ossigeno con l’atmosfera e il passaggio delle sostanze gassose che si formano dalla decomposizione delle materie nell’acqua.
I fenomeni che si osservano variano a seconda del tipo di detersivo e della presenza o meno di depuratori. Nel caso di detersivi tradizionali, di sintesi  le sostanze non biodegradabili o che non si degradano facilmente sono, oggi,  escluse per legge se si tratta di tensioattivi;  per gli altri la non biodegradabilità  non costituisce però un vincolo assoluto al loro utilizzo.
Queste sostanze anche se in minore quantità si accumulano nell’acqua, se non intercettate dai depuratori, e incidono negativamente sugli ecosistemi. Le sostanze con effetti tossici, invece, sono proibite per legge.
I detersivi di origine vegetale, in genere, sono maggiormente degradabili, sia per la scelta dei tensioattivi, che per la minore presenza di altre sostanze aggiuntive. Ma spesso la biodegradabilità non è assoluta, perché  i tensioattivi vegetali  sono trattati con prodotti di sintesi, in percentuale fino al  30%. Gli unici detersivi che non utilizzano sostanze non biodegradabili ed escludono qualsiasi prodotto di sintesi sono quelli biologici.
Non trascurabile è l'apporto dei sistemi fognari e di depurazione che limitano la dispersione di sostanze chimiche nell'ambiente. Non sempre si riscontra la presenza di entrambi, anche nei paesi di più forte industrializzazione e non sempre, ove presenti, essi sono di elevata efficienza. Ciò rende difficile l'esatta valutazione dell'inquinamento causato dall'utilizzo di sostanze chimiche.
Non tutti i depuratori, peraltro, sono in grado di rimuovere od intercettare i vari componenti dei detergenti. Quelli primari, legati alle piccole realtà, ne rimuovono solo una minima parte per deposizione nei fanghi. I secondari utilizzano processi biologici, come i fanghi attivi, per l'accelerazione della biodegradabilità di molte sostanze. I terziari riducono anche parte dei componenti non biodegradabili utilizzando processi chimici più complessi e costosi.
In ogni caso le  tecniche di depurazione più diffuse non sono in grado ad esempio di rimuovere sostanze come il boro, se non riducendolo a componenti più semplici.

 

Per le considerazioni fatte finora, un detersivo andrebbe dunque valutato, oltre che per la sua efficacia, anche:

  • per ciò che contiene (gli ingredienti);
  • per eventuali problemi che può creare ai tessuti e alle superfici con l’uso prolungato;
  • per la sua eventuale tossicità per l’uomo, nel caso di contatti prolungati e allergie;
  • per la possibile immissione nel ciclo alimentare;
  • per le quantità nocive che raggiungono i corsi d’acqua.

LA SCELTA DELLA COMUNITA’ EUROPEA

La legislazione europea impone di eliminare le sostanze chimiche di cui sia accertata la tossicità. Per le sostanze in uso, i cui effetti sul nostro organismo non sono ancora chiari, la Comunità Europea ha emanato nel 2007 la direttiva REACH con l’obiettivo di analizzare entro il 2020 tutti i componenti chimici già in uso e quelli di nuova introduzione e di regolamentarne l’uso, sia casalingo che industriale. Anche i detersivi/detergenti rientrano a pieno titolo nel campo di applicazione della direttiva.

Per la biodegradabilità il primo obiettivo imposto per legge è  stato quello di limitare drasticamente l'uso dei fosfati, non biodegradabili e causa di eutrofizzazione massiccia. In particolare la percentuale massima dei composti di fosforo (e suoi derivati) nei detersivi per bucato è stata fissata nell’1%.  Tuttavia tolleranze maggiori sono consentite nei detersivi per lavastoviglie.
La legge 136 del 1983 ha imposto a detersivi e detergenti la biodegradabilità al 90% (entro 28 giorni) solo per i quattro tipi di tensioattivi prevedendo che tutti i detersivi, anche quelli ecologici, riportassero la seguente dicitura: “Attenzione, il prodotto può inquinare i mari, i laghi, i fiumi. Non eccedere nell’uso. Biodegradabile al 90%”.

La nuova legge dell'ottobre 2005 distingue tra:

  • Biodegradabilità primaria, riferita solo ed esclusivamente ai tensioattivi e stabilita al 90%. Le analisi della biodegradabilità hanno un margine di errore del + - 10%. Di conseguenza nessuno può scrivere che un prodotto è biodegradabile al 100%, ma al massimo al 90%.

 

  • Biodegradabilità aerobica completa riferita alla mineralizzazione di tensioattivi o altre sostanze (trasformazione in composti base non aggressivi come H2O, gas carbonici, sali inorganici). E’ stabilita al 60% in 28 giorni.

La legge dunque lascia irrisolto il problema  per il 40% del prodotto e non tiene in considerazione i possibili effetti negativi sugli ecosistemi che  si possono produrre nel periodo di tolleranza dei primi 28 giorni.

Etichette di prodotto
La legge inoltre definisce regole per le etichette e per l’indicazione degli ingredienti dei detersivi e detergenti. Su tutte le confezioni dei prodotti (per l'igiene, per la pulizia ecc.) deve comparire la lista INCI (International Nomenclature Cosmetic Ingredient), ovvero l'elenco di tutte le sostanze contenute. Il produttore inoltre deve compilare e rendere disponibile ai consumatori una scheda del prodotto con tutti gli ingredienti riportati in ordine decrescente di peso. La scheda se non è riportata in etichetta, deve essere a disposizione su un sito internet indicato sul prodotto.
Non ci sono obblighi di indicare il peso, i componenti dei profumi, gli oli essenziali e gli agenti coloranti.
Solo per i detersivi da bucato e per lavastoviglie la legge impone di riportare tutti i componenti del prodotto. I contenuti devono essere indicati secondo le percentuali in ordine di peso decrescente:

  • 30% ed oltre;
  • uguale o superiore al 15% ma inferiore al 30%; 
  • uguale o superiore al 5% ma inferiore al 15%;
  • inferiori al 5%.

 

Qualora presenti in concentrazioni superiori allo 0,2% in peso, devono essere indicate anche queste componenti: fosfati, fosfonati, tensioattivi anionici, tensiattivi cationici, tensioattivi anfoteri, tensioattivi non ionici, sbiancanti a base di ossigeno, sbiancanti a base di cloro, EDTA e rispettivi sali, NTA (acido nitrilotriacetivo) e rispettivi sali, fenoli, paradiclorobenzene, idrocarburi aromatici, idrocarburi alifatici, idrocarburi alogenati, sapone, zeoliti, policarbossilati.
Invece le seguenti classi di componenti, devono essere riportate indipendentemente dalla concentrazione: enzimi, disinfettanti, sbiancanti ottici, profumi, conservanti.
Devono essere indicate anche le fragranze allergizzanti se presenti in concentrazioni superiori allo 0.01% in peso.

Strumenti di mercato
Accanto a strumenti tradizionali rappresentati dall'adozione di norme in materia ambientale per fissare standard minimi di protezione, regole uniformi ed obiettivi comuni, sempre più frequentemente in ambito comunitario si è fatto ricorso a metodologie nuove quali gli strumenti di mercato. Rientrano in questa categoria l'EMAS e l'ISO, sistemi che permettono di limitare le incidenze ambientali delle attività industriali.

L'obiettivo di EMAS (Eco Management and Audit Scheme) consiste nel promuovere miglioramenti continui delle prestazioni ambientali delle organizzazioni (società, aziende, imprese, autorità o istituzioni con amministrazione e funzioni proprie) attraverso:

  • attuazione di un sistema di gestione ambientale (SGA) nel ciclo produttivo delle attività industriali;
  • valutazione sistematica e obiettiva dell'efficacia di tali sistemi;
  • informazione sulle prestazioni incidenti sull'ambiente delle attività produttive;
  • partecipazione attiva dei dipendenti.

Tra i principali obiettivi di un SGA vi sono:

  • la capacità dell'impresa di svolgere responsabilmente la propria attività secondo modalità che garantiscano il rispetto dell'ambiente;

 

  • la facoltà di identificare, analizzare, prevedere, prevenire e controllare gli effetti ambientali;
  • la possibilità di modificare e aggiornare continuamente l'organizzazione e migliorare le prestazioni ambientali in relazione ai cambiamenti dei fattori interni ed esterni;

 

  • la capacità di attivare, motivare e valorizzare l'iniziativa di tutti gli attori all'interno dell'organizzazione;
  • la facoltà di comunicare e interagire con i soggetti esterni interessati o coinvolti nelle prestazioni ambientali dell'impresa.

 

All'interno del sistema di gestione ambientale EMAS, il regolamento comunitario istituisce la procedura di audit ambientale. Si tratta di uno strumento di gestione comprendente una valutazione sistematica, documentata, periodica ed obiettiva dell'efficienza dell'organizzazione, del sistema di gestione e dei processi posti in essere al fine di proteggere l'ambiente. La dichiarazione EMAS deve essere periodicamente sottoposta a verificatori ambientali, soggetti iscritti in un apposito albo, indipendenti e imparziali.

La complessità della procedura di certificazione EMAS ha portato l'Unione Europea all'adozione di un sistema alternativo di più semplice applicazione, ovvero il sistema ISO 14000, articolato in norme relative alla gestione ambientale dei processi produttivi o alla ecocompatibilità dei diversi prodotti. Si dividono principalmente in:

 

  • ISO 14001 sul sistema gestionale ambientale
  • ISO 14002 per le piccole e medie imprese
  • ISO 14040 sulle valutazioni sul ciclo di vita del prodotto
  • ISO 14020 sull'etichetta ambientale

La differenza più rilevante della disciplina ISO rispetto al sistema EMAS risiede nel fatto che per la certificazione di un'organizzazione ad ISO non sono richieste verifiche da parte di verificatori ambientali. Rispetto alla procedura dell'ecoaudit propria del sistema EMAS la normativa ISO lascia più spazio alle decisioni dell'impresa sul sistema di gestione da attuare. Infatti l'ISO prevede un audit periodico, ma non ne stabilisce i tempi  e prevede una documentazione certificativa ridotta al minimo indispensabile.

 

ETICHETTE ECOLOGICHE EUROPEE

Negli ultimi anni è stato registrato un grande interesse a livello europeo sui marchi di prodotto, con lo scopo principale di fornire informazioni ai consumatori. A fianco delle misure obbligatorie, riguardanti per lo più aspetti inerenti la sicurezza dei prodotti, sono nati una serie di marchi nazionali volontari, mirati a fornire informazioni di carattere ambientale. Nel 1992 è nato il marchio europeo Ecolabel. La ISO ha predisposto la serie delle norme ISO 14020, in cui vengono descritti tre tipi di marchi ambientali:

  • 1° tipo (ISO 14024)

Etichette ecologiche volontarie sottoposte a certificazione esterna (o di parte terza). Sono basate su un sistema multicriteria che considera l’intero ciclo di vita del prodotto. I criteri fissano dei valori soglia, da rispettare per ottenere il rilascio del marchio. L’organismo competente per l’assegnazione del marchio può essere pubblico o privato. Esempio: Ecolabel (Europa); Nordic White Swan (Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda); Canada Environmental Choice (Canada).

  • 2° tipo (ISO 14021)

Etichette e dichiarazioni ecologiche che riportano informazioni ambientali dichiarate da parte di produttori, importatori o distributori di prodotti, senza che vi sia l’intervento di un organismo indipendente di certificazione (tra le quali: ”Riciclabile”, “Compostabile”, ecc.). La norma prevede comunque una serie di vincoli da rispettare sulle modalità di diffusione e i requisiti sui contenuti dell’informazione.

  • 3° tipo (IS0 14025)

Dichiarazioni ecologiche che riportano informazioni basate su parametri stabiliti che contengono una quantificazione degli impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto, calcolati attraverso un sistema LCA. Sono sottoposte a un controllo indipendente e presentate in forma chiara e confrontabile. Tra di esse rientrano, ad esempio, le “Dichiarazioni Ambientali di Prodotto” DAP o EPD, Environmental Product Declaration.

 
Ecolabel
L'Ecolabel è il marchio europeo di qualità ecologica che certifica se un prodotto o un servizio abbiano un ridotto impatto ambientale durante l'intero ciclo di vita, garantendo le stesse prestazioni dei prodotti/servizi convenzionali. La definizione dei criteri ecologici avviene attraverso l'analisi del ciclo di vita del prodotto/servizio evidenziando gli impatti ambientali generati.
L’Ecolabel è finalizzato a fornire informazioni per l’acquisto di prodotti finali/intermedi aventi prestazioni ambientali certificate, attendibili e che si collocano ai più alti livelli della categoria.
Dal campo di applicazione del regolamento sono esclusi i prodotti alimentari, le bevande, i prodotti farmaceutici, i dispositivi medici, le sostanze o i preparati classificati come pericolosi e i prodotti fabbricati con processi suscettibili di nuocere in modo significativo alle persone e/o all'ambiente. Per ogni categoria di prodotto è emanato un regolamento che riporta i requisiti per ottenere il marchio. Tali criteri si fondano sui seguenti principi:

  • prospettive di penetrazione sul mercato;
  • fattibilità tecnica ed economica degli adattamenti necessari da attuare nell'ambito del ciclo produttivo;
  • realizzazione del massimo potenziale di miglioramento dell'ambiente.

 

Per essere incluso nel sistema, il prodotto deve soddisfare le seguenti condizioni:

  • rappresentare un volume importante sul mercato interno;
  • avere un impatto importante sull'ambiente;
  • presentare importanti prospettive di miglioramento dell'ambiente a seguito della scelta dei consumatori;
  • una parte importante del volume di vendita deve essere destinata al consumo finale.

 

Requisiti Ecolabel per i detersivi da bucato

Il testo della normativa fornisce nel primo allegato i requisiti generali dei prodotti che aspirano all’assegnazione del marchio di qualità ecologica:

  • La riduzione dell’inquinamento idrico, diminuendo la quantità di detersivi usati e limitando la quantità di sostanze pericolose;
  • La riduzione al minimo della produzione di rifiuti, riducendo il numero degli imballaggi primari e promuovendone il riutilizzo e/o la riciclabilità;
  • Il risparmio di energia promuovendo l’uso di detersivi per il lavaggio a bassa temperatura.

 

Questa è una prima indicazione sui criteri da considerare nella scelta del prodotto da accreditare. Inoltre bisogna evidenziare che la Comunità Europea ha introdotto, come requisito importante, l’attuazione di programmi di gestione ambientale riconosciuti, come EMAS ed ISO 14001.

I criteri ecologici considerati sono relativi agli ingredienti ed all’imballaggio.

Per gli ingredienti sono stati presi in considerazione i seguenti parametri:

  • Totale sostanze chimiche (TC);
  • Volume critico di diluizione-tossicità (VCDTOX);
  • Fosfati (STPP);
  • Sostanze inorganiche insolubili (II);
  • Sostanze inorganiche solubili (SI);
  • Sostanze organiche non biodegradabili [processo aerobico] (NBDO-aerobic);
  • Sostanze organiche non biodegradabili [processo anaerobico] (NBDO-anaerobic);
  • Fabbisogno biologico di ossigeno (BOD).

 

Per ognuno di questi parametri sono state definite le procedure di calcolo che devono essere confrontate con i dati riportato in appendice alla normativa. La somma dei punteggi relativi agli 8 criteri riguardanti gli ingredienti deve essere pari o superiore a 45 (ridotto rispetto alla precedente normativa, 63).

Gli imballaggi, che devono consistere in un imballaggio leggero o in un contenitore (cartone, plastica) a cui deve essere associata l'eventuale confezione di ricarica, hanno le seguenti limitazioni:

  • Il peso dell’imballaggio leggero o della confezione di ricarica non deve essere superiore a 1.7 g/lavaggio

 

  • Il peso del contenitore non deve essere superiore a 7 g/lavaggio
  • Gli imballaggi di cartone devono essere costituiti all’80% di materiale riciclato

 

Sono riportate anche le prove a cui bisogna sottoporre il prodotto per verificare la sua efficacia affiancata al rispetto degli aspetti ambientali:

  • Prova di purezza degli enzimi per verificare l’assenza di organismi entrati nel processo di produzione;
  • Test di verifica sul rendimento di lavaggio effettuati a spese del richiedente in laboratori certificati.

 

EPD o DAP

Sono strumenti che, basandosi sulla valutazione del ciclo di vita (LCA), permettono di qualificare e quantificare la prestazione ambientale complessiva di un prodotto/servizio, attraverso la comunicazione di informazioni oggettive, confrontabili e credibili. L’EPD è un marchio riconosciuto di origine svedese, utilizzato anche in Italia, di cui DAP è l’acronimo italiano.
Questi marchi permettono alle aziende di divulgare informazioni ambientali relative ai propri prodotti (non rientranti nelle categorie predefinite per l’Ecolabel) indipendentemente dalla loro natura o posizione nella filiera produttiva.
Inoltre l’EPD serve a dare informazioni sugli impatti del sistema produttivo e facilita il confronto tra prodotti/servizi attraverso parametri condivisi standardizzati. Altra importante caratteristica è quella di sensibilizzare e coinvolgere gli anelli della filiera, favorire il flusso di informazioni, favorire l’acquisto di prodotti EPD nelle organizzazioni certificate ISO/EMAS. Ciò grazie al fatto che è integrabile con altri strumenti di politica ambientale: LCA per la valutazione degli impatti ambientali del prodotto nelle fasi a monte, EMAS per la gestione degli impatti ambientali indiretti di un’organizzazione nella fase di approvvigionamento.

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

 

ISPESL, Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, Osservatorio Nazionale Epidemiologico sugli ambienti di vita, Gruppo di Lavoro “Detergenti”, 2004

www.scuoladelconsumo.it, Scuola del consumo consapevole, Regione Piemonte, Dispensa Detersivi e Detergenti a cura del Museo A come Ambiente

http://it.wikipedia.org/wiki/Sapone

Progetto detersivi ecologici, Presentazione Divulgativa sui Detergenti, Silvia Palladini e Alberto Vetturi

http://www.minerva.unito.it

Morrison Boyd, Chimica Organica, Casa Editrice Ambrosiana, 1997, pag 1132-1135

http://it.wikipedia.org/wiki/Tensioattivo

RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO E AL PARLAMENTO EUROPEO relativo ai detergenti, per quanto riguarda l'impiego di fosfati. Bruxelles, 4.5.2007

DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 14 febbraio 2003
che stabilisce criteri ecologici aggiornati per l'assegnazione del marchio comunitario di qualità ecologica ai detersivi per bucato e modifica la decisione 1999/476/CE

http://it.wikipedia.org/wiki/ISO_14000

http://it.wikipedia.org/wiki/Dichiarazione_ambientale_di_prodotto

Stefano Maglia, Corso di legislazione ambientale, IPSOA, 2008

 

Fonte: http://www.personalweb.unito.it/elena.camino/FS%20Anna%20detergenti.doc
Autore: Elena Camino ?

 

 


 

Detergenti neutri naturali per superfici e per il corpo

 

Intima e Naturale


Un’igiene intima adeguata alle proprie esigenze, è la prima regola per mantenersi in salute, prevenire disturbi e soprattutto dare un senso di piacevole freschezza che fa sentire “a posto” la donna.
L’igiene intima è da molte considerata solo pulizia. Questo è un concetto sbagliato. Oggi, con le maggiori conoscenze scientifiche, il termine ha acquisito un significato più ampio e comprende tutto ciò che serve come prevenzione
L’igiene intima è dunque quell’insieme di regole, comportamenti e pratiche utili a mantenere in un eccellente stato di salute gli organi genitali e in buona efficienza le loro funzioni.


Certamente questo concetto interessa l'igiene intima femminile, che non deve essere separata da una grande attenzione alla prevenzione, dunque non dimenticando, oltre ad un'adeguata cura personale, gli esami specifici, come il Pap.test e le visite di controllo. L’igiene intima potrà essere naturale per mantenersi in salute e benessere ma per ogni azione di prevenzione e cura la figura di riferimento è il ginecologo.
Il perfetto funzionamento dell'apparato genitale femminile dipende da molti fattori, che talvolta possono sfuggire al controllo della donna e richiedono quindi la valutazione del medico. Esistono  disturbi sui quali la donna può intervenire e fare prevenzione mediante una corretta e accurata igiene intima. Le normali difese, talvolta non sono sufficienti ad impedire l'insorgenza di processi infiammatori della vagina e di quella porzione di utero, detta collo o cervice, che qui sporge. Queste infiammazioni, oltre ad essere piuttosto fastidiose, possono estendersi e causare problemi al partner, perciò, quando si manifestano, richiedono l'intervento medico. La figura del medico è fondamentale nella pratica dell’igiene intima. Piccoli disturbi possono essere segnali importanti. Dunque via libera ai prodotti naturali quando vogliamo prevenire o avere un’igiene intima sana e delicata, senza dimenticare di rivolgersi al medico, ogni volta che un disturbo non regredisce o compare troppo spesso. 

 

Igiene intima e delicata

 

Prima regola di una corretta igiene intima è una buona detersione della parte che tra l'altro determina una piacevole sensazione di freschezza. Il risultato può essere ottenuto utilizzando prodotti che contengano sostanze ad alto potere detergente, ma in grado di mantenere inalterata l'acidità naturale dell'ambiente. I comuni saponi, per esempio pur possedendo i requisiti di buoni detergenti, determinano una reazione di tipo alcalino che li rende non adatti per l'igiene della parte. in farmacia ed erboristeria trovate il sapone di Marsiglia, che ha un'azione neutra. L’importante è utilizzare dei saponi che abbiano almeno il 30% di sostanze oleose e non saponi “tipo Marsiglia”. Per una migliore detergenza delicata, in particolare quando è già presente una generale delicatezza delle mucose o un abbassamento del sistema immunitario è meglio preferire detergenti acidi specifici, formulati per questa zona del corpo.
Una delle sostanze naturali più utili presenti nei detergenti intimi per pelli delicate sono le proteine vegetali del frumento, che preservano l’idratazione naturale delle mucose e rinforzano le autodifese dell’intero apparato urinario e genitale.

 

I rimedi naturali

 

Il burro di Karitè

Dai frutti dell’albero del karitè si ricava un grasso vegetale dalle grandi proprietà cosmetiche. Ha proprietà cicatrizzanti, emollienti, antiossidanti, lenitive, idratanti e riepitalizzanti,  fanno del Burro di Karite' un componente specifico per molti prodotti dell’igiene intima. La caratteristica esclusiva che lo rende davvero unico è l'altissimo contenuto (dal 12% al 18%) di insaponificabili, sostanze fondamentali per il miglioramento della tonicità e dell'elasticità' della pelle, in particolare delle mucose. In erboristeria e in farmacia, si trovano spume, detergenti, gel e altri detergenti a base di burro di karitè. Naturalmente più alta sarà la percentuale di sostanza, più efficace e delicata sarà l’azione detergente.

 

Olio di calendula

Ottimo per la pelle dei neonati, come detergente e per tutti gli arrossamenti della pelle e delle mucose, è ottenuto per macerazione dei fiori freschi in olio d’oliva extravergine. Si può aggiungere in poche gocce all’acqua per una detersione intima delicata e protettiva

 

L’igiene intima delle donne allergiche

 

Generalmente, i processi infiammatori a carico delle mucose, sono causate da batteri, ma esistono anche quelle di natura allergica,  che si manifestano sotto forma di irritazioni che spesso sono scambiate per microtraumi. Le forme allergiche si manifestano o per intolleranza a sostanze chimiche, o per l'uso di biancheria sintetica o per il lattice di gomma del preservativo. Inoltre molte donne hanno una predisposizione alle allergie, anche stagionali o da contatto, che possono manifestarsi in maniera più o meno forte, in base anche al proprio stato di salute.

 

I rimedi naturali

  • L’argilla

L’argilla verde superventilata (in erboristeria e farmacia) è un’argilla di particolare pregio, trattata in maniera da essere adatta per applicazioni locali, anche alle mucose. Può neutralizzare virus e batteri impedendone la proliferazione, favorire la rigenerazione cutanea e sanguigna, disinfettare piaghe infette, neutralizzare veleni e purificare l'organismo. Sulle mucose irritate o ipersensibili l’argilla, disciolta nell’acqua (un cucchiaio raso per 5 litri) neutralizza la reazione allergica e previene eventuali disturbi.

  • Ribes nero

Il gemmoderivato di ribes è un prodotto naturale (in erboristeria o farmacia) utile per prevenire e combattere le allergie delle mucose. Le gemme di ribes nero sono ricche di aminoacidi ed eterosidi, sostanze che normalizzano a livello locale la sensibilità delle parti intime. Se ne prendono 30 gocce in poca acqua, tre volte al giorno. Per un mese se si vogliono prevenire allergie stagionali. 

 

L’igiene intima per prevenire i pruriti

 

Rapporti sessuali troppo frequenti, sfregamenti di indumenti stretti, particolari sport, come l'equitazione o il ciclismo, possono causare irritazioni ai genitali. Molte persone hanno delle mucose molto sensibili che manifestano più frequentemente prurito. Quando questa fastidiosa sensazione non è sintomo di patologie, ma solo malessere locale, possiamo agire con una specifica detersione intima

 

I rimedi naturali

  • Amido di riso

E’ una sostanza che da immediato rinfresco e sollievo, grazie alla sua capacità assorbente e lenitiva. Si trova in erboristeria e farmacia. Se ne sciolgono due cucchiai x 5 litri d’acqua e può essere usato anche tutti i giorni, quando il prurito si manifesta spesso.

  • Menta piperita

Un infuso leggero (mezzo cucchiaino per mezzo litro d’acqua bollente, in infusione per un minuto e poi filtrato) si può aggiungere all’acqua utilizzata per la detersione, per prevenire pruriti. Molto adatto alle donne che indossano capi molto aderenti, per le sue proprietà disarrosanti.

 

L’igiene intima durante periodi particolari

 

Durante il periodo mestruale

L'igiene intima deve essere particolarmente accurata: sono consigliabili frequenti detersioni giornaliere e lavande vaginali. Oggi sempre più donne usano l'assorbente interno, perché è invisibile e comodo per chi pratica sport, per chi indossa capi aderenti. Naturalmente il loro uso non deve far dimenticare alcune importanti precauzioni, come non utilizzarli durante il sonno e cambiarli con molta frequenza, e sempre bisogna associare al loro uso una perfetta igiene. Buona regola igienica naturale è quella di praticare, naturalmente dopo aver rimosso il tampone, delle lavande antisettiche.

  • Lavanda antisettica alla mirra

Durante il periodo mestruale si può aggiungere una goccia di olio essenziale di mirra, ricca di tannini e resine, al detergente utilizzato, per aumentare il senso di benessere locale e prevenire infezioni.

 

Menopausa

Il periodo della menopausa è caratterizzato dalla cessazione dell'attività riproduttiva e, quindi, della produzione degli estrogeni; ormoni che servono anche a mantenere vitali ed elastici i tessuti dei genitali. Si verifica un calo netto di difese strutturali importanti, quindi in questo periodo è estremamente importante seguire un'igiene intima scrupolosa, allo scopo di prevenire l'insorgenza di disturbi fastidiosi.

  • Il gel di Aloe

Questa sostanza è ricavata da una pianta considerata praticamente miracolosa. Nel gel troviamo ormoni vegetali, vitamine, sali minerali ed enzimi che aiutano le mucose delle donne adulte a ritrovare benessere e idratazione. Si può aggiungere, nella dose di un cucchiaio per applicazione, al proprio detergente intimo.   

 

Gravidanza

Questo periodo richiede cure igieniche intime particolari, soprattutto a causa di quelle perdite bianche, non patologiche, determinate da una maggiore produzione di muco. Questa abbondanza di secrezioni potrebbe favorire l'impianto di germi patogeni, perciò è consigliata un’accurata detersione locale. Per non interferire in nessun modo con la gravidanza, ottimo può essere l’utilizzo dell’oligoterapia.

  • Detergente al rame, oro e argento

Il complesso oligoterapico rame-oro-argento, è considerato un ottimo stimolante delle difese naturali delle mucose, utile anche per prevenire eventuali disturbi. Mantiene eccellente lo stato del ph naturale, senza interferire in nessuna funzione della donna gravida. Può essere utilizzato anche localmente ed è consigliato per la detersione quotidiana delle donne in gravidanza. Se ne aggiunge una dose (si trova in farmacia ed erboristeria in confezioni da 10 o 20 dosi) all’acqua per la detersione

 

Come scegliere il detergente intimo in erboristeria o farmacia

 

La scelta del detergente intimo è molto importante al fine di una corretta igiene dei genitali e al mantenimento della loro salute. Anche quando si sceglie un prodotto a base naturale o con componenti vegetali deve sempre avere una reazione acida, con un pH intorno a 5, per rispettare la naturale acidità ambientale. Molti prodotti attualmente in commercio sono a base di acido lattico, normalmente presente in vagina, e risultano essere adeguati alle esigenze fisiologiche. In erboristeria si trovano sempre più spesso detergenti intime a base di derivati del latte, comuni in Germania e nei paesi nordici che hanno un’azione antisettica e lenitiva, utile in caso di bruciori o irritazioni frequenti.
Chi cerca un detergente con un'azione deodorante e rinfrescante, deve fare molta attenzione a profumazioni, anche naturali, che possono creare irritazioni. E’ proprio il profumante il responsabile, nella maggior parte dei casi, delle irritazioni.
Utilizzare senza remore anche i detergenti in forma oleosa, spuma o gel. Possono essere un’ottima alternativa al detergente classico.

 

 

 

Autore Saverio Pepe

Fonte: http://www.saveriopepe.eu/archivioarticoli/IGIENE%20INTIMA.doc
Sito web: http://www.saveriopepe.eu/

 

   

 

 

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