Cottura degli alimenti

 

 

 

Cottura degli alimenti

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

Cottura degli alimenti

 

Perché si cucinano i cibi
Le tecniche di cottura agiscono nell’alimento favorendone, mediante l’energia termica, alcune complesse trasformazioni chimiche e fisiche. Queste trasformazioni dettate dal calore sono importanti perchè:

 

  • rendere l'alimento sicuro da un punto di vista igienico, cioè distruggere i potenziali microrganismi patogeni eventualmente presenti ed eliminare potenziali sostanze tossiche (ad esempio la solanina delle patate);

  • migliorare le caratteristiche organolettiche dei cibi modificandone l'aspetto, il colore, il sapore e l'aroma e contribuendo a renderli più appetibili;

  • aumentare la disponibilità di alcuni nutrienti attraverso l'inattivazione di sostanze presenti negli alimenti che impediscono la loro utilizzazione (ad esempio l'avidina nell'albume d'uovo );

  • aumentare la digeribilità dei nutrienti presenti negli alimenti attraverso alcune trasformazioni chimiche;

  • bloccare l'attività di alcuni enzimi che operano trasformazioni indesiderate soprattutto negli alimenti di origine vegetale.  

  •  rendono il cibo facilmente masticabile e digeribile. Alcuni alimenti sono commestibili solo dopo la cottura (es. legumi)

  • Rendono l’alimento più appetibile.

Trasmissione del calore

La trasmissione del calore avviene per conduzione, convenzione ed irraggiamento.
Nella maggior parte dei casi uno dei tre meccanismi viene sfruttato maggiormente rispetto agli altri due, ma solo in rari casi uno solo di essi è attivo.

 

  •  

     

  •  

  • Conduzione

 

Il calore viene trasmesso per conduzione quando due corpi solidi a temperatura diversa vengono a contatto: il corpo caldo cede energia sottoforma di calore a quello freddo la cui temperatura aumenta. La cottura in padella in assenza di liquidi è un classico esempio di cottura per conduzione: la superficie rovente della padella trasmette il calore al cibo che viene a contatto con essa. Un esempio ancor più calzante è quello del fry-top, la piastra di cottura in ferro, acciaio o vetroceramica che utilizzano molti fast food sulla quale si cuociono piadine, verdure, carni, pesci.
Nella cottura per conduzione è importante conoscere la conducibilità termica dei materiali di cottura e dei cibi: un cattivo conduttore di calore si scalderà e raffredderà più in lentamente di un buon conduttore di calore. Il rame ha una grandissima conducibilità ed è adatto per saltare in padella cibi che hanno bisogno di alte temperature, ma per breve tempo; l'acciaio piuttosto bassa ed è adatto per cotture lunghe, come il vetro e la terracotta che hanno una conducibilità bassissima.
Anche gli alimenti hanno conducibilità diversa: per esempio, il riso ha una cinducibilità molto bassa, per questo quando si cuociono grandi quantità di riso si rischia di stracuocere la parte a contatto con il calore mentre la parte in superficie rimane cruda, a meno che non si mescoli in continuazione. Il pomodoro, invece, ha una elevata conducibilità. La carne di maiale conduce di più di quella di manzo, l'olio conduce il calore meglio del burro il quale conduce meglio dell'acqua.

 

  • Convezione

 

Quando la trasmissione di calore avviene tra un corpo solido e uno fluido o tra due corpi fluidi, siano essi liquidi (come l'acqua) o gassosi (come l'aria o il vapore), si parla di convezione. L'efficacia di trasmissione del calore dipende dalla velocità del fluido e dalle sue caratteristiche fisiche. Ecco i coefficienti di conduzione di alcuni fluidi: si nota immediatamente come il forno ventilato trasmetta calore più efficacemente del forno statico e di come i forni trivalenti a cottura combinata siano molto più efficaci di quelli tradizionali.
- aria statica: 5
- aria ventilata: 20-40
- aria ventilata a convezione forzata: 50-100
- vapore surriscaldato a 102-103 gradi: 10000

  • Irraggiamento

In questo caso non vi è contatto fisico tra i due corpi che si scambiano calore, che viene trasmesso tramite l'emissione di onde elettromagnetiche da parte del corpo caldo. L'esempio più classico è quello del sole, che riscalda la terra per irraggiamento.
La quantità di calore irraggiata da un corpo dipende dalla quarta potenza della temperatura e quindi è irrilevante alle basse temperature. Nel forno statico, nella cottura alla griglia e nel forno a raggi infrarossi il calore viene trasmesso prevalentemente tramite irraggiamento.
Questo tipo di trasmissione del calore è piuttosto lento e poco efficace.
Anche la cottura a microonde si basa sulla trasmissione del calore per irraggiamento, ma in questo caso l'energia liberata dalle onde elettromagnetiche fa vibrare alcune molecole dell'alimento che si scaldano per attrito.

I sistemi di cottura si possono classificare in diversi modi. Il più generico riguarda il comportamento dei liquidi presenti nell'alimento.
Cottura per espansione e per concentrazione
La cottura per espansione è effettuata in un liquido, in cui avviene uno scambio di sostanze nutritive e aromi tra il liquido di cottura e l'alimento. Il tipico sistema di cottura per espansione è la cottura in un liquido (bollitura e cottura affogata).
La cottura per concentrazione ha lo scopo di concentrare le sostanze nutritive dell'alimento tramite la trasformazione in vapore di una parte dell'acqua in esso contenuta. Questo tipo di cottura è in genere effettuato ad alte temperature e in ambiente secco. La cottura per arrostimento, la cottura al vapore e quella al salto sono tipiche cotture per concentrazione.
La cottura mista prevede una cottura in due fasi: la prima per concentrazione e la seconda per espansione. E' il tipico caso della cottura in umido, in cui l'alimento viene prima rosolato e poi cotto mediante l'aggiunta di un liquido.

 

 

Effetti negativi della cottura
La cottura presenta alcuni effetti negativi quali perdita o modificazione di alcuni principi nutritivi presenti negli alimenti (es. perdita di vitamine e Sali minerali).
Altri  effetti negativi procurati dalla cottura, come la formazione di sostanze nocive, per azione del calore sugli alimenti (carbonizzazione nella cottura alla griglia e formazione di polimeri nella frittura), la distruzione delle vitamine termolabili, sensibili al calore (in particolare la vitamina C e quelle del gruppo B), la distruzione di alcuni aminoacidi essenziali nelle cotture prolungate, la dispersione di alcune vitamine e sali minerali nell'acqua di cottura.
Esistono numerosi metodi di cottura, ognuno dei quali con pregi e difetti; è fondamentale scegliere quindi il sistema di cottura più indicato per ciascun alimento, per conservarne al meglio le qualità nutrizionali, il sapore, l'aspetto.

Cosa può accadere durante la cottura e che sostanze si possono formare


I nutrienti si modificano con la cottura soprattutto in funzione della temperatura, ma anche la variabile tempo assume un'importanza da non trascurare.

 

 

  • Modificazioni dei grassi in cottura

Con l'aumentare della temperatura i grassi fondono e diventano sempre più fluidi. Quando la temperatura raggiunge il punto di fumo, i grassi si decompongono con la formazione di sostanze tossiche quali l'acroleina. Ogni tipo di grasso ha un punto di fumo differente, che dipende soprattutto dalla quantità di grassi mono e polinsaturi che contiene: i grassi ad alto contenuto di acidi grassi saturi (come l'olio di palma) hanno in genere punti di fumo superiori.

 

  • Modificazioni delle proteine in cottura

Le proteine sottoposte a temperature superiori a 55-60 gradi coagulano, cioè cambiano la loro struttura legandosi tra di loro. Questo fenomeno è legato alla perdita di liquidi della carne a seguito dell'accorciamento delle fibre muscolati; e al rassodamento delle proteine dell'uovo, molto importante per legare salse e dare la giusta consistenza a moltissime preparazioni.
La coagulazione delle proteine le rende più digeribili grazie alla frammentazione delle catene proteiche che le rende maggiormente aggredibili dai succhi gastrici.

 

  • Modificazioni dei carboidrati in cottura

L'effetto del calore sui glucidi è differente a seconda del tipo dei glucidi interessati dalla cottura.
Gli zuccheri semplici si sciolgono in presenza di liquidi, se la cottura viene prolungata l'acqua evapora e si forma uno sciroppo. Quando si superano i 100 gradi, lo sciroppo modifica la sua consistenza una volta raffreddato, a stadi diversi a seconda dell'intervallo di temperatura, fino alla caramellizzazione che inizia a 150 gradi.
L'amido, un composto formato da lunghe catene di glucosio, in presenza di acqua inizia ad assorbirla e a gonfiarsi a 60-70 gradi, fino a moltiplicare di 20-30 volte il suo volume. Si forma la cosiddetta salda d'amido, utilizzata per aumentare la viscosità di salse e creme.
La cellulosa tende ad ammorbidirsi all'aumentare della temperatura rendendo i vegetali più facilmente masticabili.
La pectina, in presenza di acqua e a temperature superiori a 60-70 gradi, solubilizza e poi gelatinizza.

 

  • Acqua

L'acqua è l'elemento percentualmente più rilevante nella maggior parte dei cibi e quindi è quello che viene maggiormente coinvolto nel processo di cottura. L'acqua si trasforma in vapore durante la cottura, questo comporta una concentrazione delle sostanze nutritive e dei sapori. Nella carne e nel pesce, e anche in alcuni vegetali come nei funghi e negli ortaggi a foglia, la fuoriuscita di acqua è causata dalla rottura delle cellule.

 

  • Vitamine e minerali

La cottura provoca la distruzione di molte vitamine, soprattutto di quelle idrosolubili (e in particolare la vitamina C e quelle del gruppo B), con perdite fino al 50%. I sali minerali vengono dispersi nell'acqua di cottura, mentre nelle cotture a secco la perdita è minima.
La perdita di microelementi in cottura in genere dipende in modo proporzionale dalla temperatura e dalla durata di cottura.


Le modificazione organolettiche che avvengono durante la cottura
Tutti i sistemi di cottura provocano modificazioni di tutte le caratteristiche organolettiche dei cibi, dalla consistenza al gusto inteso come insieme di sapore, profumo e aroma. Questi cambiamenti nella maggior parte dei casi sono positivi, ma possono diventare negativi se si esegue la cottura in modo sbagliato.

 

  • Perdite di volume e peso in cottura

L'aumnto o la perdita di peso in cottura dipende in larga parte dalle fuoriuscite di acqua o dall'assorbimento della stessa da parte dell'alimento. I cibi disidratati in genere assorbono acqua in cottura, è il caso dei cereali e dei legumi secchi cotti al vapore o bolliti, che raddoppiano o triplicano il loro peso con la cottura; mentre i cibi freschi, ricchi di acqua, tendono a perderne una buona parte in cottura. Molti cibi possono perdere anche una parte dei grassi per fusione e fuoriuscita degli stessi.
Le cotture in ambiente secco e a temperature elevate, come l'arrostimento e la cottura al forno, tendono ad accentuare la disidratazione dei cibi.

 

  • Colore

La cottura può rendere più vivo, smorzare o cambiare totalmente il colore dei cibi.
L'ossidazione dei pigmenti degli ortaggi ne determina un cambiamento che dipende dal tipo di pigmento: il verde si accentua in ambiente alcalino e si opacizza in ambiente acido, mentre il rosso, il viola e il bianco diventano più vividi in ambiente acido.
La coagulazione delle proteine, che avviene a temperature superiori a 60 gradi, determina un cambiamento di colore: l'albume diventa bianco, la carne diventa scura.
Gli imbrunimenti sono spesso dovuti a reazioni di Maillard e alla caramellizzazione degli zuccheri: la crosta del pane diventa scura, come la superficie delle carni arrosto, lo zucchero caramellando diventa scuro, le patate al forno diventano dorate, ecc.

 

  • Consistenza

La cottura modifica la consistenza dei cibi rendendoli masticabili più facilmente, se viene eseguita correttamente. La coagulazione delle proteine delle uova consente di legare le salse e dare consistenza a torte e sformati, e modifica la consistenza delle carni e dei pesci, fino a renderle troppo consistenti e asciutte se si prolunga eccessivamente la cottura.
La cellulosa dei cereali rammollisce e l'acqua in essa contenuti fuoriesce: questi processi favoriscono la masticazione, ma se vengono prolungati determinano un rammollimento eccessivo.

 

  • Odore

La cottura in genere aumenta l'odore dei cibi perchè consente lo sviluppo di aromi volatili che rendono il cibo più appetibile. Gli aromi possono essere concentrati o diluiti a seconda del tipo di cottura: in genere le cotture per concentrazione aumentano gli aromi e quelle per espansione li diluiscono.
In alcuni casi la cottura genera composti sgradevoli: è il caso dei cavoli, in cui si scindono composti solforati che generano il classico odore che alcuni soggetti non tollerano. Per limitare questo problema è sufficiente controllare il tempo di cottura fermandolo non appena si raggiunge la consistenza ideale.

 

  • Sapore e aroma

I cibi cambiano sapore in cottura a seconda delle loro caratteristiche e delle modalità di cottura. Per esempio, la cottura della frutta ne esalta il sapore acido, nelle verdure si attenua il gusto amaro salvo alcune eccezioni (come i cavoli), la cottura delle spezie ne esalta l'aroma.
I sapori vengono accentuati nelle cotture in cui l'alimento perde acqua, per esempio il salato si accentua perché la concentrazione di sale aumenta con la perdita di acqua.

 

La reazione di Maillard
La reazione di Maillard è forse la più importante reazione chimica della cucina. Dal pane alla torta, dalla bistecca alle patatine fritte passando per il caffé tostato, la reazione di Maillard è quella che attribuisce ai cibi il tipico aspetto bruno e il gusto di cibo cotto. Si tratta quindi di un effetto desiderabile. L'unica cautela è non esagerare, per non rischiare di bruciare la portata.
La reazione di Maillard avviene durante l'interazione nella fase di cottura di carboidrati e proteine ed è significativa solo a temperature superiori a 140 gradi. I composti formano degli aggregati odorosi tipici, molto apprezzati e attraenti per il palato.
La reazione di Maillard in realtà non è una sola, ma è costituita da una serie di fenomeni che si innescano in tre fasi: la prima non presenta effetti visibili, mentre causa la degradazione di certi amminoacidi essenziali come la lisina. La seconda è responsabile della formazione dei composti odorosi tipici del cibo cotto; la terza vede invece la nascita di grosse molecole che conferiscono il tipico colore bruno al cibo. Il "gusto di carne", per esempio, che può essere estratto e usato in brodi o altri alimenti, è essenzialmente il gusto dei composti di Maillard.

La reazione di Maillard da origine a numerosissimi composti diversi, non tutti identificati e la cui chimica è ancora in parte da svelare. Tuttavia è noto che queste reazioni sono favorite da un ambiente leggermente basico e dalla presenza di metallo. Infine, trattandosi di una reazione tra carboidrati e proteine, è evidente che si otterrà una buona reazione di Maillard se questi sono presenti in grandi quantità.

 

  • Alcuni esempi di reazione di Maillard
  • La crosta del pane e della crostata
  • La doratura nei soffritti e nei fritti (cipolla, patatine, cotoletta, etc.)
  • La crosticina della bistecca (il segreto per un'ottima bistecca è favorire una buona reazione di Maillard e insieme salvaguardare il contenuto di liquidi del taglio di carne)
  • Consigli per favorire la reazione di Maillard

Per una buona reazione di Maillard la temperatura dovrebbe restare tra i 140 e i 180 gradi, mentre la superficie di contatto con l'alimento dovrebbe essere in metallo.
Alcuni alimenti come le carni bianche possono essere poveri degli zuccheri necessari. In questo caso si possono aggiungere vino, limone o arancia, oppure fare una leggera glassatura col miele. Il comune zucchero da cucina invece, il saccarosio, così com'è non va bene. Perché favorisca la reazione di Maillard è necessario che sia scomposto nei suoi componenti principali, glucosio e fruttosio, ciò che si può ottenere combinandolo con vino o altre sostanze acide come il limone. Per questa ragione la marinata è un ottimo accorgimento per favorire la reazione di Maillard.

 

  • L’acrilamide

Una sostanza indesiderata che si forma durante il processo di cottura è l’acrilamide,fino a qualche anno fa era conosciuta solo per il suo impiego nei processi industriali come quelli della produzione di plastici, colle, carta e cosmetici. L’esposizione accidentale dei lavoratori ad alti livelli di acrilamide ha portato all’identificazione di questa sostanza come neurotossica. Questo significa che l’acrilamide ad alte dosi ha la capacità di causare un danno al tessuto nervoso. Si sa, inoltre, che negli animali, alte dose del composto, causano cancro e agiscono sulla riproduzione.

Nel 2002, ricercatori dell’Università di Stoccolma, in Svezia, fecero la sorprendente scoperta della formazione di acrilamide negli alimenti e, da allora in poi, l’acrilamide è stata trovata in una serie di alimenti trattati ad alte temperature.1 L’acrilamide si può formare negli alimenti durante i processi di cottura che arrivano a temperature di 120°C o più alte, per esempio friggendo, cocendo al forno e arrostendo. Originariamente è stata rilevata acrilamide in patate fritte, patatine, biscotti e crackers, crostini di pane, cereali per la prima colazione, patate arrosto, prodotti di panetteria e caffè. Ulteriori indagini hanno rilevato la presenza di acrilamide nella frutta secca, nella frutta al forno, nelle olive nere e in alcune noci tostate.

 

Le temperature di cottura


La temperatura di cottura è molto importante perché a seconda del livello di temperatura avvengono nei cibi delle trasformazioni dei nutrienti, alcune delle quali desiderabili, altre meno, sia dal punto di vista del gusto che da quello salutistico.
Prima di addentrarci nell'analisi delle temperature di cottura dei cibi, bisogna capire la sostanziale differenza tra la temperatura di cottura intesa come temperatura della sorgente di calore, e la temperatura che l'alimento raggiunge durante la cottura.

Nella maggior parte dei forni il calore è trasmesso al cibo per irraggiamento e convezione: nella cottura in forno statico prevale l’irraggiamento, nel forno ventilato la convezione. Nel primo caso, la temperatura di cottura ha una importanza relativa perché il calore non è trasmesso direttamente dall’aria, ma dalle onde elettromagnetiche emesse dalla superfici roventi del forno. Nel secondo caso, invece, il calore è trasmesso dall’aria che si trova esattamente alla temperatura impostata.
Tuttavia, in entrambi i casi non bisogna confondere la temperatura di cottura con la temperatura che il cibo raggiunge in superficie (e tantomeno al suo interno), perché bisogna considerare l’evaporazione dell’acqua e la trasformazione chimica dei nutrienti. Se portiamo l’acqua a contatto con un corpo a 200 gradi essa non raggiungerà i 200 gradi, ma al massimo la sua temperatura di ebollizione, e qui si stabilizzerà finché non è completamente evaporata. Così, la superficie di un cibo ricco di acqua portato a 200 gradi non oltrepasserà i 100 gradi finché gran parte dell’acqua non sarà completamente evaporata.
Dunque, occorre un certo periodo di tempo affinché la superficie dell’alimento raggiunga la temperatura di cottura impostata. Nel frattempo, cosa succede all’interno dell’alimento? L’acqua migra verso la superficie del cibo andando a rimpiazzare quella che sta evaporando, dunque il cibo si disidrata internamente. Il gradiente di umidità, cioè la differenza tra l’umidità in superficie e quella al cuore, è tanto più elevata quanto maggiore è la temperatura di cottura. Vediamo cosa comportano questi fenomeni e come possano essere sfruttati per scegliere la giusta temperatura di cottura.

 

 

  • Scegliere la temperatura di cottura

 

Per scegliere la corretta temperatura di cottura bisogna conoscere le trasformazioni dei nutrienti con la temperatura. Esistono alcuni livelli di temperatura molto significativi per la cottura dei cibi:
- 55-70 gradi: le proteine coagulano;
- 100 gradi circa: l’acqua bolle;
- 150-170 gradi: gli zuccheri caramellano e avvengono le reazioni di Maillard;
- 180-200 gradi: il cibo carbonizza

Tutte queste trasformazioni, tranne l’ultima che è sempre da evitare, possono essere positive o negative a seconda dei casi. Una cosa è certa: bisogna evitare di carbonizzare i cibi per una questione di gusto ma soprattutto per evitare l’ingestione di sostanze tossiche che si formano sempre nel cibo bruciato.

 

  • Come evitare di bruciare i cibi

 

Da quanto detto fin'ora si evince che limitare la temperatura di cottura non è una buona strategia sia perché in questo modo non si sfruttano appieno le potenzialità della cottura al forno, sia perché non si hanno comunque garanzie contro la formazione di sostanze tossiche. Per esempio, cuocendo un alimento a 180 gradi per troppo tempo la superficie raggiunge i 180 gradi e le sostanze tossiche vengono comunque prodotte. Questo avviene anche a temperature inferiori di cottura: se cuocete delle frutta a 160 gradi per molte ore, a un certo punto la superficie risulterà completamente disidratata e inizierà a carbonizzare.
D'altro canto, la pizza viene cotta nei forni a legna o in quelli elettrici a temperature che sfiorano i 400 gradi eppure risulta essere perfettamente cotta. Questo avviene perché l’impasto contiene acqua che limita la temperatura in superficie facendole superare di poco i 100 gradi, mentre al cuore la pizza non supera i 60-70 gradi ed è per questo che rimane così morbida.
Il segreto è il giusto abbinamento tra temperatura e tempo di cottura: solo questi due fattori scelti oculatamente evitano di bruciare i cibi.

 

  • Cottura ad alte temperature

 

Le cotture a temperature superiori a 150 gradi servono per sviluppare gli imbrunimenti dovuti alle reazioni di Maillard, utili in quasi tutte le preparazioni: nella carne (producono l’aroma di carne arrostita), nei dolci lievitati (producono gli imbrunimenti superficiali che conferiscono l’aroma di tostato), nella frutta (producono l’aroma di caramello), ecc. Maggiore è la temperatura di cottura, più velocemente avverrà la perdita di liquido della superficie del cibo, più rapidamente si arriverà a temperature prossime a quella dell'ambiente di cottura.
Se cuociamo un cibo a 150 gradi, la superficie arriverà gradualmente a 150 gradi e non supererà tale valore. Si tratta quindi di una cottura sicura perché non si supereranno mai i 180 gradi, dunque molto difficilmente il cibo verrà bruciato producendo sostanze tossiche. Il calore avrà più tempo di trasferirsi all’interno del cibo, cuocendolo e facendo evaporare l’acqua al suo interno. Questo fenomeno non è sempre positivo, anzi.
Prendiamo un roast-beef: la temperatura all’interno deve mantenersi inferiore ai 65 gradi, mentre all’esterno deve raggiungere i 150 gradi per arrostirsi. Se cuociamo il roast-beef a 180 gradi, quando l’esterno raggiunge i 150 gradi, l’interno supera i 70 gradi, le proteine coagulano, il liquidi vengono espulsi ed evaporano, il roast-beef diventa duro: lo abbiamo stracotto.
Se invece lo cuociamo a 220 gradi, nel giro di 15-20 minuti la superficie raggiunge i 150-180 gradi, si arrostisce producendo aromi molto piacevoli, non appena questo avviene abbassiamo la temperatura a 150 gradi e continuiamo la cottura finché l’interno non raggiunge i 60 gradi. La cottura è perfetta.
Prendiamo ora una torta: se l’impasto è molto umido e deve perdere molta acqua, sarà meglio cuocerlo a 160 gradi per un tempo maggiore: la superficie non carbonizza e l’interno a poco a poco perde l’acqua in eccesso. Se invece vogliamo un dolce ben dorato ma umido all’interno, dovremo cuocerlo a una temperatura più alta per meno tempo, così da limitare l’evaporazione e contemporaneamente portare la superficie a temperature idonee alla formazione delle reazioni di Maillard. Se invece non vogliamo che avvengano, per niente (come nel creme caramel) cuoceremo il dolce a 120 gradi, a bagnomaria per accelerare la cottura (l’acqua trasmette il calore meglio dell’aria) ma soprattutto e per limitare la temperatura del recipiente che contiene il dolce a 100 gradi. Questo, infatti, riscaldato per irraggiamento potrebbe superare i 120 gradi portando la superficie del dolce a una temperatura eccessiva.

Concludendo, la maggior parte dei cibi in forno può essere cotta a una temperatura compresa tra i 150 e i 200 gradi. La scelta della temperatura va fatta in base alle considerazioni fatte in precedenza.

Frutta essiccata: 60-80 gradi per molte ore
Cotture a bagnomaria: 120 gradi
Frutta cotta: 160 gradi, per molte ore
Dolci da forno: 160-180 gradi
Pane e pizza al taglio: 180 gradi
Sformati di verdura: 180 gradi
Carni arrosto: 180-200 gradi
Gratinatura finale: 200 gradi oppure utilizzare il grill
Caldarroste: > 220 gradi
Pizza tipo pizzeria (bassa) > 250 gradi per pochi minuti

 

 

Le tipologie di cottura

 

  • Cottura in acqua

Nella cottura in un liquido l'alimento è posto all'interno di un recipiente contenente un liquido a una data temperatura, generalmente superiore ai 65 gradi ma, grazie alle nuove tecniche di cottura sottovuoto, spesso anche a temperature inferiori.
La cottura in un liquido è un classico esempio di cottura per espansione: quando un alimento è immerso in un liquido caldo avviene uno scambio di sostanze nutritive e di aromi grazie al fenomeno dell'osmosi.

Temperatura del liquido di cottura
La trasmissione del calore nella cottura in un liquido avviene per convezione, che ricordo essere la trasmissione di calore per mezzo di un fluido. La temperatura massima raggiungibile dall'acqua è pari al suo punto di ebollizione, 100 gradi a livello del mare cioè a una pressione atmosferica pari a un bar. Se la pressione diminuisce, la temperatura di ebollizione cala, per esempio spostandosi in montagna, la temperatura di ebollizione cala di 1 grado ogni 300 metri di dislivello.
Se invece la pressione aumenta, il punto di ebollizione sale (106 gradi a 1,3 bar; 110 gradi a 1,5 bar; 120 gradi a 2 bar). Il massimo valore di temperatura raggiungibile in una pentola a pressione è di 110 gradi, il che consente risparmi di tempo notevoli.
Nella cottura in un liquido i cibi possono cedere o acquistare acqua a seconda del tasso di umidità che possiedono. Le carni cedono molta acqua perdendo in genere dal 30 al 40% del loro peso, la pasta, che assorbe molta acqua, raddoppia il suo peso mentre il riso lo triplica.

 

  • La bollitura

 

La bollitura consiste nella cottura di un cibo in un liquido bollente. Può essere effettuata immergendo il cibo nel liquido freddo, poi portato ad ebollizione, oppure nell'immersione del cibo nel liquido già bollente.
L'immersione di un cibo nel liquido freddo, portato in seguito ad ebollizione, accentua l'effetto dell'osmosi (il passaggio dei liquidi al cibo e dei nutrienti al liquido di cottura) ed è adatta per brodi, fondi, sbianchitura di ossi e frattaglie, pesci, patate con la buccia, legumi secchi.
Nell'immersione del cibo nel liquido bollente, in genere si cerca di far riprendere il bollore al liquido il più rapidamente possibile, quindi si prosegue abbassando la fiamma ad una intensità sufficiente per sostenere l'ebollizione. Questo tipo di cottura è adatta per la pasta, il riso e i cereali in genere, e gli ortaggi, che in questo modo minimizzano la perdita di vitamina C.


Con la bollitura gli alimenti perdono parte del loro valore nutrizionale che può essere in parte recuperato riutilizzando il liquido di cottura .
Infatti le modificazioni maggiori a carico della composizione in nutrienti degli alimenti è dovuta alla diffusione delle sostanze idrosolubili in acqua. Queste perdite risultano tanto più elevate quanto maggiore è la superficie dell'alimento da cuocere e la quantità di acqua utilizzata.
E' possibile ovviare a tali perdite immergendo le verdure in poca acqua e facendole cuocere per tempi relativamente brevi.
Le vitamine che risentono maggiormente di questo tipo di cottura sono l'acido ascorbico, la tiamina, l'acido pantotenico, la piridossina, la niacina ed i folati.

Quando aggiungiamo bicarbonato di sodio all'acqua di cottura di verdure e legumi per migliorare il colore o aumentare la tenerezza perdiamo delle vitamine sensibili agli alcali (tiamina e acido ascorbico).

Tra i minerali presenti nelle verdure quello che viene perso in quantità variabile nell'acqua di cottura è il potassio . In certi casi la cottura migliora la biodisponibilità di alcuni minerali, ad esempio il ferro e lo zinco.

Le trasformazioni che avvengono all'interno delle carni durante la bollitura sono le seguenti:

  • si perdono parte dei grassi che si disperdono nel brodo e possono essere separati facilmente dallo stesso;
  • le proteine presenti subiscono denaturazione, quindi le carni risultano spesso più tenere , saporite e digeribili . Tuttavia trattamenti prolungati possono diminuire il valore biologico delle proteine distruggendo una parte degli aminoacidi essenziali. Se la cottura viene fatta mettendo la carne in acqua fredda la perdita di proteine è del 5-10%, quella dei minerali si aggira intorno al 50 al 70%;
  • si perdono le vitamine del gruppo B e l'acido pantotenico. Tali perdite vengono ridotte immergendo le carni in acqua calda che favorisce la formazione di una pellicola superficiale dovuta alla veloce denaturazione proteica.

Per quanto riguarda i cereali, la loro cottura in acqua migliora la disponibilità dell'amido all'attacco enzimatico e quindi all'assorbimento, ma determina una perdita fino al 60% delle principali vitamine (tiamina, riboflavina e niacina) e di alcuni minerali presenti come il potassio .
La pasta deve essere cotta in acqua bollente per far raggiungere la temperatura all'interno del prodotto rapidamente e per provocare uno shock termico che impedisca la fuoriuscita dell'amido.

 

  • Cottura affogata

La cottura affogata è una cottura fatta in pochissimo liquido, spesso aromatizzato. Consiste nell'immersione di un alimento in un liquido a una temperatura di 70-80 gradi, al fine di diminuire le perdite per osmosi e per eccessiva coagulazione delle proteine. Particolarmente adatta per carni, pesci e uova, alimenti ricchi di albumine, proteine che se coagulano ad alta temperatura tendono a perdere molta acqua e ad indurire il prodotto. Non a caso nelle uova sode l'albume è molto compatto, mentre nelle uova affogate rimane molto più morbido e ricco di liquidi.

 

  • Sbianchire o sbollentare.

Immergere per alcuni minuti l’alimento in un liquido bollente. Applicata per ortaggi.

 

  • Cottura a vapore.

 

La cottura al vapore è un sistema di cottura molto antico, utilizzato soprattutto nella cucina orientale.Attualmente la cottura al vapore si sta diffondendo sempre di più anche nei paesi occidentali, soprattutto grazie alle sue proprietà dietetiche e nutrizionali.

La cottura al vapore è una cottura per concentrazione, perché non si verifica il fenomeno dell'osmosi tipico della cottura per immersione in un liquido. La trasmissione del calore avviene per convezione, tramite il contatto diretto tra le molecole di vapore e la superficie del cibo in cottura.

La cottura al vapore garantisce il mantenimento del colore, dell'aroma e dei principi nutritivi dell'alimento grazie alla temperatura limitata e al fatto che i liquidi presenti nell'alimento non si disperdono nel liquido di cottura.
La cottura al vapore si può effettuare con apposite pentole dotate di griglie (come le couscoussiere), nelle quali la cottura è piuttosto lenta.
Le operazioni di cottura si velocizzano utilizzando il forno a microonde, mettendo i cibi all'interno di appositi contenitori dotati di griglia e serbatoio per l'acqua.
La cottura al vapore in pentola a pressione, con l'apposita griglia da porre sul fondo della pentola, garantisce i risultati più rapidi in quanto il vapore può raggiungere i 120 gradi grazie alla pressione maggiore di quella atmosferica che si sviluppa all'interno della pentola.

Vantaggi e svantaggi della cottura al vapore
Nella cottura al vapore generalmente non si utilizzano grassi aggiunti e quindi le preparazioni risultano più leggere. Qualora i cibi vengano conditi, questo avviene a crudo, dunque i grassi eventualmente presenti sono più salutari perché non vengono cotti, operazione che genera sempre composti meno digeribili e a volte tossici.
I principi nutritivi dei cibi sono preservati grazie alla temperatura limitata (rispetto all'arrostimento) e al fatto che le vitamine e soprattutto i minerali non si disperdono nel liquido di cottura.
Ma non è tutto oro quello che luccica: nella cottura al vapore le temperature limitate non consentono lo sviluppo delle reazioni di Maillard e quindi gli aromi dei cibi rimangono più delicati rispetto a cotture a temperature più alte.

  • Cottura bagnomaria.

E' un metodo di cottura delicato in quanto l'alimento da cuocere viene posto in un recipiente immerso in un altro contenitore colmo d'acqua . Il riscaldamento dell'acqua può avvenire sul gas o nel forno (in questo caso la temperatura risulta più omogenea). La cottura a bagnomaria sul fornello è adatta alle salse e alle creme contenenti uova da mescolare in continuazione, che non vanno cotte oltre gli 80 gradi, per evitare la  coagulazione, ad alte temperature, delle proteine presenti nelle uova, come la salsa bernese o olandese, lo zabaione, la crema inglese, ecc.La temperatura dell'acqua non supera generalmente i 90-95°C e quindi non raggiunge mai il punto di ebollizione  e le temperature raggiunte permettono di limitare i danni ai lipidi presenti e quindi anche la formazione di sapori o odori sgradevoli.
La cottura a baagnomaria in forno è adatta per tutte le preparazioni che non vanno mescolate, in cui la coagulazione dell'uovo serve per produrre uno sformato solido. La classica preparazione che va cotta a bagnomaria è il creme caramel, ma si può utilizzare anche per preparare un'ottima panna cotta.
Un tempo, quando le padelle avevano spessori sottili, la cottura a bagnomaria era indispensabile per tante preparazioni che ora possono essere preparate con un po' di attenzione utilizzando pentole apposite di acciaio a fondo spesso, che consentono di evitare temperature eccessive all'interfaccia alimento/fondo. Lo zabaione e la crema inglese, per esempio, si possono preparare benissimo anche senza la cottura a bagnomaria, basta avere gli strumenti giusti e un minimo di esperienza.
E' in generale un buon metodo di cottura che preserva una buona parte delle caratteristiche nutrizionali degli alimenti . Inoltre, a differenza della bollitura, non ha l'inconveniente di facilitare la perdita di nutrienti idrosolubili in quanto l'acqua viene utilizzata solo come mezzo per trasmettere il calore e non viene quindi generalmente in con l’alimento da cuocere.

 

Cottura nella pentola a pressione

 

E' un tipo di cottura che si differenzia dalle cotture in umido in quanto le temperature raggiunte superano i 100°C .
In questo modo viene aumentata la differenza di temperatura che c'è tra il vapore e la superficie degli alimenti ; ciò determina una maggiore trasmissione del calore per convezione.
A livello casalingo vengono impiegate opportune pentole a pressione in cui gli alimenti sono cotti in tempi più brevi (grazie al miglior trasporto di calore) e al riparo dall'ossigeno e dalla luce, fattori che possono compromettere le caratteristiche nutrizionali delle preparazioni alimentari.

Da un punto di vista nutrizionale la cottura mediante pentola a pressione è buona cosa in quanto generalmente viene impiegata poca acqua e quindi le perdite di nutrienti idrosolubili risultano minori rispetto ad altre cotture in umido quali la bollitura.

Quali sono le modificazioni a carico dei nutrienti?
Secondo alcuni studi sembrerebbe che le perdite di vitamina C , tiamina e riboflavina (tra le vitamine che maggiormente risentono dei processi di cottura ) siano inferiori in questo tipo di cottura rispetto ad altre. Non bisogna comunque sottovalutare il fatto che mediante questa tecnica di cottura che impiega temperature più elevate si riducono i tempi di applicazione con minore alterazione dei composti termolabii e più veloce denaturazione delle proteine e soprattutto degli enzimi con azione negativa sui nutrienti (ad esempio enzimi ossidativi).

 

  • Cottura in umido

 

La cottura in umido intesa in modo tradizionale è considerata una cottura mista.
Infatti essa prevede che l'alimento venga rosolato in padella ad alta temperatura, una cottura per concentrazione, seguita dall'aggiunta di sostanze liquide e quindi da una cottura in un liquido, per espansione, cioè con scambio di sostanze per osmosi tra il liquido di cottura e la vivanda, e viceversa


La trasmissione del calore nella cottura in umido avviene prima per conduzione (contatto tra l'alimento e il recipiente di cottura) e convezione (tra l'alimento e i grassi di cottura), poi per convezione tra il liquido di cottura e il vapore che esso sprigiona, e l'alimento.
Gli utensili utilizzati per la cottura in umido sono generalmente le casseruole, alte o basse, e le padelle basse, oppure le cocotte in terracotta o pirex.
Le cotture in umido si possono dividere in due grandi gruppi: la cottura brasata e la cottura stufata. Questi due metodi di cottura oggi si somigliano molto, perché hanno una fase in comune (la rosolatura iniziale) e sfruttano gli stessi meccanismi di trasmissione del calore, a temperature molto simili.
Il calo di peso medio delle carni nella cottura in umido è del 30-35%.

  • Brasare

La cottura brasata è un metodo di cottura che risale alle tradizioni rurali. Il termine "brasato" deriva da "brasi", che in piemontese significa braci: i contadini cuocevano un pezzo di carne ponendolo in una casseruola ricoperta di braci la mattina, per consumarla la sera quando la lunga cottura al fuoco dolce delle braci aveva intenerito la carne.
Oggi il brasato si effettua in forno, a calore medio (160-180 gradi), ma a differenza dell'arrosto il cibo viene cotto all'interno di un contenitore chiuso con il coperchio, che intrappola il vapore. L'alimento viene quindi cotto in parte per immersione nel liquido di cottura, in parte a vapore.
La cottura brasata viene utilizzata soprattutto per le carni, rosse o bianche, e la selvaggina, ma può essere praticata su ogni cibo.
Nel brasato tradizionale l'alimento viene prima rosolato in un grasso, per sviluppare aromi grazie alle reazioni di Maillard che avvengono sulla superficie degli alimenti, soprattutto delle carni. Quindi viene aggiunto un liquido, che può essere molto semplice e leggero (acqua, vino o brodo) oppure anche molto ricco (panna, fondi a base di olio o burro), e altri alimenti (in genere verdure) e aromi che andranno a insaporire la carne e la salsa di accompagnamento della stessa. Se le verdure vengono soffritte prima di aggiungere la carne, non sarà possibile rosolarla altrimenti si bruceranno le verdure. Per rosolare correttamente la carne, le verdure vanno aggiunte solo dopo questa operazione.
A fine cottura, il liquido può essere trattato in vari modi (addensato, insaporito, frullato, filtrato, ecc) e utilizzato come accompagnamento della carne.

La cottura brasata della carne rossa è ideale per i tagli di seconda e di terza categoria, ricchi di tessuto connettivo, che in cottura si inteneriscono e diventano particolarmente succosi. Tra i tagli più adatti per il brasato troviamo la guancia di manzo, il campanello (o pesce) e la copertina di spalla, tre tagli molto ricchi di tessuto connettivo.
Dal punto di vista dello stress termico, la cottura brasata non presenta problemi se la rosolatura non viene effettuata oppure viene effettuata senza produrre eccessivi imbrunimenti e senza che la sostanza grassa utilizzata oltrepassi il punto di fumo.
Dal punto di vista calorico, la cottura brasata di per sé non crea problemi perché è possibile controllare in ogni fase la quantità di grassi aggiunti. Infatti la rosolatura si può tranquillamente omettere o praticare senza l'uso di grassi o utilizzandone una quantità minima. Il liquido di cottura non deve necessariamente essere ipercalorico, in genere è sufficiente che abbia una certa acidità (in genere si utilizza il vino) soprattutto se si cuoce della carne. Le carni più adatte per il brasato sono quelle semigrasse di seconda e terza categoria, con 150-200 kcal per 100 g, come i tagli descritti in precedenza. Queste carni contengono già la quantità ideale di grassi e quindi è sufficiente rosolarle con poco olio o burro (10 g ogni 500 g di carne).

 

  • Stufare

 

  • Il termine stufato o cottura stufata deriva dall'antico modo di cuocere gli alimenti, quando la carne veniva posta in un recipiente di cottura chiuso sul piano delle stufe che fungevano sia da strumenti di cottura che da riscaldamento. La lunga cottura a temperature inferiori a 100 gradi era particolarmente adatta ai tagli di carne e di pesce meno pregiati, che si inteneriscono lentamente grazie all'elevata percentuale di tessuto connettivo.

Inoltre, la presenza del sugo di cottura arricchiva la preparazione poiché poteva essere utilizzato come companatico o come sugo per la pasta. Le preparazioni stufate più classiche sono il ragout o ragù (stufatura bruna, famosi il ragù bolognese e il ragù napoletano), la fricassea (stufatura bianca), lo spezzatino e il navarin.
La cottura stufata tradizionale prevede, come nel brasato, una iniziale rosolatura dell'alimento per sviluppare aromi grazie alle reazioni di Maillard, oppure la preparazione di un fondo di cottura a base di aglio, cipolla, sedano, carota. Se si vuole ottenere una buona rosolatura, le verdure vanno aggiunte solo dopo averla effettuata, altrimenti verranno bruciate.
Quindi viene aggiunto il liquido di cottura, portato ad ebollizione e la cottura continua sul fuoco basso, a recipiente coperto, in modo tale da intrappolare il vapore all'interno. In questo modo il cibo viene cotto parzialmente per immersione in un liquido, in parte grazie al vapore contenuto nel recipiente di cottura.
La cottura stufata è senza dubbio quella più utilizzata a livello casalingo. I risultati che si ottengono sono equivalenti alla cottura brasata ma con il vantaggio pratico di utilizzare il fornello piuttosto che il forno. Il brasato viene preferito allo stufato solo per la cottura di interi pezzi di carne.

Dal punto di vista salutistico, valgono le stesse considerazioni fatte per il brasato: la rosolatura è l'operazione che comporta i maggiori rischi a causa dello stress termico che comporta e la necessità di aggiungere grassi. La cosa migliore è non farla, oppure farla a secco in padelle antiaderenti o con una quantità minima di grassi.
La quantità di grassi utilizzata e il tipo di alimento da stufare fanno sicuramente la differenza. Oggi c'è molta attenzione riguardo la scelta dell'alimento da cuocere, per esempio nelle carni si tende a preferire carni particolarmente magre, mentre si dà poca importanza alla quantità di grassi aggiunta in cottura, abbondando spesso con olio extravergine convinti del fatto che sia un cibo salutare. In realtà, molto spesso è proprio la quantità di grassi aggiunta che fa la differenza tra un piatto ipocalorico e un piatto ipercalorico mentre scegliere carni magri è un errore perché spesso sono stoppose e insapori mentre una carne semigrassa garantirebbe sapor
Nella cottura stufata, un buon criterio salutistico è quello di non eccedere i 10 g di olio (un cucchiaio) o burro per porzione, e dimezzare le quantità o non aggiungere grassi se l'alimento da cuocere è ricco di grassi.

 

  • Arrostire

 

E' un tipo di cottura determinato da un aumento della temperatura che comincia dalla superficie del prodotto. Il calore progressivamente passa dall'esterno verso l'interno più freddo e determina l'evaporazione dell'acqua che migrando verso la superficie del prodotto contribuisce alla cottura .
Possiamo dividere il processo in varie fasi: 1.Una prima fase in cui la temperatura alla superficie degli alimenti non supera i 100°C.
2.Una seconda fase: con il procedere della cottura si forma una "crosta" che limita l'evaporazione permettendo di conservare buona parte dei componenti aromatici degli alimenti .
3.Terza fase, quasi contemporanea alla seconda, che determina l'aumento della temperatura alla superficie del prodotto (fino a 250-300°C).
All'interno del prodotto le temperature sono più basse è per questo motivo che è molto importante poter garantire al cuore del prodotto almeno 65 - 75° C per essere sicuri che l'alimento sia bonificato da eventuali patogeni.
Le carni rosse vanno conservate dopo la cottura per 15-30 minuti a 45-50°C per permettere la distensione delle fibre muscolari e rendere uniforme il colore.



L'arrostimento è un metodo indicato per cuocere soprattutto carni bovine o suine, pollame, selvaggina, pesci di grosse dimensioni e crostacei, tuttavia viene impiegata anche per alcune verdure amidacee (ad esempio le patate ) ed anche per diversi prodotti da forno (ad esempio il pane).

Questo tipo di trattamento determina processi di carbonizzazione superficiale con formazione di composti tossici dovuti alla decomposizione termica e degradazione di proteine, zuccheri e lipidi. Per questo motivo è utile portare la temperatura a circa 130-145°C dopo la formazione della crosta superficiale e mantenere il prodotto umido (è per questo motivo che durante la cottura si bagna l'alimento con il sugo) per tutta la durata della cottura.
La tipica colorazione brunastra e gli aromi dei prodotti cotti arrosto sono dovuti alla formazione di composti della reazione di Maillard che avviene tra gli zuccheri e gli aminoacidi presenti negli alimenti sottoposti ad elevate temperature per tempi relativamente lunghi. Questi composti sono apprezzati da un punto di vista tecnologico (in quanto permettono il miglioramento delle caratteristiche sensoriali) tuttavia comportano una diminuzione del valore nutrizionale degli alimenti stessi in quanto riducono il contenuto di aminoacidi e zuccheri disponibili all'assorbimento. Ma che cosa succede ai nutrienti durante questo tipo di cottura ?

 

  • Il contenuto di proteine nelle carni arrostite rimane invariato e le perdite di aminoacidi sono limitate prevalentemente alla lisina, metionina e cistina.
  • I lipidi possono andare incontro a decomposizone termica se le temperature utilizzate sono troppo elevate. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, si assiste semplicemente ad una parziale perdita per diffusione verso l'esterno dell'alimento e ciò può essere positivo qualora sia richiesta una riduzione dell'assunzione di grassi.
  • Le vitamine del gruppo B presenti nei prodotti di origine animale tra queste la tiamina, la riboflavina, la niacina, la piridossina, e l'acido pantotenico e l'acido folico sono le più sensibili alla cottura .

Questo tipo di cottura rispetto alla piastra e alla griglia favorisce una perdita maggiore di vitamine del gruppo B . In particolare la cottura sulla piastra produce minori perdite delle vitamine rispetto alla cottura alla griglia, in cui si usa il fuoco diretto e può quindi determinare riduzioni più consistenti dei nutrienti e formazione di composti nocivi per la salute.
Il pane e gli altri prodotti da forno perdono soprattutto tiamina, nei prodotti lievitati con bicarbonato di sodio quasi tutto il contenuto di tiamina viene perso. Tra le vitamine, la riboflavina e la niacina sono le più stabili durante la cottura del pane, ed alcuni minerali quali il fosforo e lo zinco possono aumentare in quanto liberati da composti che li rendono poco assorbibili (fitati). Le perdite di proteine e glucidi dovuti alla reazione di Maillard sono in genere limitate alla parte superficiale del prodotto. Al contrario la cottura migliora la digeribilità proteica e glucidica.

  • Cottura arrosto allo spiedo

Lo spiedo è uno strumento di cottura molto antico, forse il primo ad essere utilizzato dopo che l’uomo imparò ad addomesticare il fuoco. Viene utilizzato soprattutto per le carni. La trasmissione di calore avviene per irraggiamento.
In questa cottura arrosto la carne da fare arrosto è infilata nello spiedo, che viene fatto ruotare lentamente su una fonte di calore a carbone, legna elettrica o a gas. In questo modo la superficie esterna dell’alimento si rosola uniformemente, i vapori fuoriescono, il grasso e i liquidi colano in una leccarda posta al di sotto dello spiedo. Questi liquidi, eventualmente sgrassati, vengono in genere utilizzati per preparare la salsa di accompagnamento oppure serviti insieme alla carne per mantenerla umida.
La cottura arrosto allo spiedo è più lenta di quella in forno e richiede circa il 20% di tempo in più, la distanza dalla fonte di calore deve essere proporzionale alla dimensione del pezzo di carne. Il calo di peso medio è del 30-35%.
Gli spiedi più utilizzati sono quelli verticali, con la fonte di calore posta a lato dell’alimento, che si possono vedere in tutte le rosticcerie ambulanti presenti nei mercati alimentari che propongono ogni genere di carne arrosto. Questi spiedi facilitano la raccolta del liquido nella leccarda. In Italia non è consuetudine servire il liquido di cottura insieme al pollo arrosto, ma in Francia, dove il grasso non è demonizzato come in Italia, il rosticcere chiede sempre se il cliente desidera il “jus”, e ti guarda male se non lo vuoi!

 

  • Cottura arrosto in forno statico

 

Il forno statico cuoce in ambiente secco, la trasmissione di calore avviene prevalentemente per irraggiamento perché l’aria è un pessimo conduttore di calore e quindi contribuisce in misura minima alla trasmissione del calore all’alimento da cuocere.
Durante la cottura arrosto si formano dei liquidi che vengono a contatto con la sostanza grassa, formando vapori che ammorbidiscono la crosta dell’arrosto e tendono a bruciarsi formando sostanze amare che rovinano il sapore del fondo di cottura. Bisogna sempre fare molta attenzione a non far asciugare troppo questo liquido mantenendo sufficientemente bagnato il fondo della teglia.
Il calo di peso della carne arrostita in forno statico è piuttosto alto, intorno al 30-40%.

 

  • Cottura arrosto in forno a termoconvezione

Il forno a termoconvezione è in sostanza un forno ventilato. Cuoce prevalentemente tramite convezione, in ambiente secco. I tempi di cottura sono più brevi del 10-15% rispetto al forno statico, e il calo di peso delle carni arrosto leggermente inferiore, pari al 25-30%. Le temperature sono generalmente più basse di 10-15 gradi.
La trasmissione di calore tramite aria è più uniforme rispetto all’irraggiamento e non tende a bruciare i liquidi sul fondo della teglia.

 

  • Cottura arrosto in forno trivalente

Il forno trivalente può cuocere in ambiente secco, umido o con cottura mista. Possiede un generatore di vapore surriscaldato in grado di generare un ambiente di cottura con una capacità di trasmettere il calore molto efficace, molto superiore a quella che si riesce ad ottenere semplicemente umidificando l’ambiente di cottura. La cottura è per convezione, a una temperatura compresa tra i 140 e i 170 gradi. Il vapore consente di cuocere molto velocemente i cibi perché penetra al loro interno con più facilità, e trasforma in gelatina il collagene con estrema efficacia, rendendo teneri i tagli di carne ricchi di connettivo.

 

  • Griglia

 

  • Nella cottura alla griglia l'alimento è cotto su una graticola preriscaldata da una sorgente di calore con grande potenza (la sorgente di calore può superare i 1000 gradi), tradizionalmente da braci prodotte dalla combustione del legno, oppure da altri supporti come pietra lavica o carbone di legna (carbonella) resi incandescenti da un combustibile come il gas.

La trasmissione di calore nella grigliatura avviene principalmente per irraggiamento e solo parzialmente (nel punto di contatto della graticola con il cibo) per conduzione.
La cottura alla griglia è cancerogena?
La grigliatura è un metodo di cottura ad alto rischio per vari motivi.
Il più importante è sicuramente la difficoltà di controllare la temperatura di cottura: è molto facile provocare bruciature localizzate o diffuse dei cibi, con conseguente produzione di sostanze tossiche (come gli idrocarburi policiclici aromatici) soprattutto nella cottura delle carni. Ovviamente questo fenomeno non avviene per forza, ma solamente se l'operatore non ha sufficiente esperienza, e comunque le temperature dell'alimento non si avvicinano nemmeno lontanamente ai 1000 gradi della fonte di calore (a 180 gradi un cibo è già carbonizzato), dunque non bisogna farsi spaventare dalle alte temperature della sorgente di calore, anche perché la fiamma di un normale fornello raggiunge temperature di 800 gradi.
Controllare la temperatura nelle carni grasse è ancor più difficile perché spesso il grasso tende a prendere fuoco aumentando ancor di più lo stress termico a cui è soggetta la carne.
Dunque, la grigliatura andrebbe effettuata con strumenti che consentano di controllare agevolmente il livello di cottura, e possibilmente da mani esperte che evitino di produrre zone carbonizzate.
Sicuramente, la grigliatura è un metodo di cottura da limitare ad occasioni particolari, di certo non da utilizzarsi quotidianamente.
Tutti questi discorsi ovviamente non valgono per la cottura alla griglia di tutti i cibi il cui strato superficiale, più a rischio di carbonizzazione, viene rimosso, come per esempio i peperoni alla griglia o i pesci (di cui si rimuove la pelle).

 

  • Gratinare.

 

Operare una doratura in forno sulla superficie delle pietanze ad una temperatura di 250-300°C. Si opera per pochi minuti finché si formata una crosta croccante e dorata.

 

  • Cottura al salto.
  • Tradizionalmente, per cottura al salto si intende la cottura di un alimento di piccolo spessore, a fuoco vivo, in un recipiente scoperto, con un corpo grasso precedentemente riscaldato.
    Gli alimenti cotti al salto sono soprattutto le carni, i pesci e le verdure.

Si tratta di un tipo di cottura per concentrazione, dove la trasmissione del calore avviene in parte tramite conduzione, grazie al contatto diretto del cibo con il fondo del recipiente; e in parte per convezione, grazie al contatto con il grasso di cottura. Nelle preparazioni salsate, la salsa viene preparata dopo aver tolto l'alimento a fine cottura, "deglassando" il fondo di cottura tramite un liquido (in genere vino) che diluisce e raccoglie tutti i succhi di cottura. I classici recipienti utilizzati per saltare i cibi sono il sateoise o il satoire, cioè padelle con fondo piatto e bordi più o meno bassi e più o meno conici e svasati.
La cottura al salto può diventare pericolosa per la salute nel momento in cui si utilizzano troppi grassi nel fondo di cottura (aumentando eccessivamente la densità calorica e le calorie totali) e soprattutto quando si portano a temperature troppo elevate, producendo sostanze tossiche dalla degenerazione dei grassi e dalla bruciatura superficiale dei cibi.
La temperatura di cottura dovrebbe essere appena sufficiente per generare le reazioni di Maillard responsabili della formazione degli aromi di cottura, senza produrre zone annerite sul cibo ma al massimo leggermente brunite.
Per limitare la quantità di grassi è sufficiente utilizzare una padella di alluminio antiaderente, che eviterà che porzioni anche piccole di cibo si attacchino alla padella bruciando. Con una padella antiaderente si può cuocere al salto anche senza grassi, anche se una piccola quantità è sempre utile per imprigionare gli aromi del cibo che si sta cuocendo, o gli aromi aggiunti, e per trasmettere meglio il calore.

La tecnica del "salto"
Una tecnica che molti invidiano ai cuochi più esperti è la capacità di saltare i cibi nella padella con il classico gioco di polso. Questa tecnica non è legata alla cottura al salto, ma si tratta di uno strumento per "mescolare" preparazioni in umido dove un sugo va mescolato con l'alimento base, un classico esempio è quello delle paste al sugo. Infatti con questa tecnica il sugo che si raccoglie nella parte inferiore della padella viene portato nella parte superiore in un sol colpo, senza rischiare di rovinare la pasta con cucchiai o forchette e in modo molto più efficace.
Per imparare questa tecnica si può utilizzare una padella di 24-26 cm e riempirla con uno strato di fagioli secchi, e provare a farli "saltare". Una volta acquisita la tecnica si può passare ai cibi veri e propri, considerando che non tutti sono adatti: le preparazioni devono essere abbastanza fluide da scivolare bene sul fondo della padella ma non troppo bagnate altrimenti il liquido in eccesso se ne andrà per i fatti suoi... Cioè sul pavimento o sul piano di cottura.
Il movimento da effettuare è prevalentemente orizzontale, avanti e indietro, poi si inizia gradualmente ad introdurre un piccolo movimento di polso in corrispondenza della fine del movimento in avanti e dell'inizio del ritorno, questo movimento deve fare "impennare" la padella in modo tale da far saltare il cibo all'indietro: durante la fase orizzontale di ritorno il cibo atterrerà correttamente dentro la padella. Ovviamente, se i movimenti sono coordinati e con la giusta forza

 

  • Friggere.

 

L'alimentazione moderna, particolarmente attenta alla buona salute, ha eliminato quasi totalmente gli alimenti fritti per il loro elevato apporto calorico, per la difficile digeribilità e per la preparazione troppo laboriosa; poche sono però le pietanze invitanti e irresistibili come una frittura dorata e croccante. Si può quindi trovare un compromesso includendo i fritti nella nostra alimentazione senza esagerare nella quantità e nella frequenza, perché "fare la dieta" non significa evitare degli alimenti, ma saper dosare in qualità e quantità appropriate tutti gli alimenti, nessuno escluso.
Nella frittura l'alimento viene immerso in una sostanza grassa posta a una temperatura di 150-190 gradi finché non è completamente cotto e l'esterno non diviene dorato.
La frittura è una cottura per concentrazione in quanto il vapore presente nell'alimento evapora producendo le classiche bolle nell'olio che frigge.

La trasmissione del calore nella frittura avviene per convezione, si tratta di un metodo di trasmissione molto efficace e quindi il tempo di cottura è in genere piuttosto breve.
La frittura è uno dei sistemi di cottura più complessi in quanto non è facile individuare il giusto tempo di cottura, che dipende dalla natura e dallo spessore del cibo da cuocere.
Tranne alcune eccezioni come le patate, i cibi da friggere vanno ricoperti con una pastella o con la semplice farina, in modo tale da formare una crosta croccante superficiale.
Esistono vari tipi di pastella, per esempio a base di uova, farina e pangrattato; o solo farina e acqua ghiacciata (tempura); o ancora con acqua, farina e lievito chimico, che favorisce il rigonfiamento durante la cottura.
Lo strato superficiale, croccante, dei cibi fritti tende ad ammorbidirsi rapidamente a causa dell'assorbimento del vapore che dall'interno migra verso l'esterno dell'alimento. Quindi, il fritto andrebbe mangiato immediatamente dopo la cottura. La necessità di mangiarlo immediatamente e la velocità di preparazione hanno reso il fritto il cibo da strada ideale: in tutto il mondo esistono friggitorie fast food che preparano i fritti tipici del luogo.

I cibi fritti diventano molto appetibili a causa dello strato superficiale ricco di grassi e di sostanze aromatiche prodotte grazie alle reazioni di Maillard che si formano sullo strato superficiale o sulla pastella. Infatti una parte del grasso di frittura viene assorbito dall'alimento, tale assorbimento è tanto più elevato quanto più lunga è la durata della frittura. Purtroppo questo innalza di molto la densità calorica dei cibi, a un livello il più delle volte inaccettabile in un'alimentazione ipocalorica.
Inoltre, i grassi portati a temperature così elevate si degradano perdendo gran parte dei microelementi benefici per salute e con la formazione di sostanze indigeribili e tossiche.
Per questi motivi il fritto andrebbe limitato ad occasioni particolari, e mai mangiato abitualmente.
Se preparato a casa, bisogna seguire alcune regole fondamentali:

- scegliere olio di arachidi, o strutto raffinato, che hanno un punto di fumo molto alto;
- friggere in almeno 1 litro di olio, meglio se 2, in pentole in cui poter immergere completamente il cibo da friggere;
- controllare la temperatura con un termometro e non andare mai oltre i 180 gradi;
- non far venire in contatto l'olio con il sale o con l'acqua;
- non riutilizzare l'olio per altre fritture.

 

  • Il punto di fumo

Il punto di fumo è la temperatura a cui un grasso alimentare comincia a decomporsi.
In trigliceridi si separano in acidi grassi e glicerolo, quest'ultimo si trasforma poi in acroleina, una sostanza irritante e tossica per il fegato. Per evitare di raggiungere il punto di fumo bisogna cuocere i cibi a temperatura controllata e scegliere il giusto grasso di cottura.

La cottura più a rischio è ovviamente la frittura, nella quale il grasso è portato a temperature prossime al punto di fumo anche dei grassi più resistenti alla temperatura. Anche nella cottura al salto ad alte temperature il rischio di oltrepassare il punto di fumo è molto concreto, perché si utilizza una piccola quantità di grasso la cui temperatura è difficile da controllare.
Da cosa dipende il punto di fumo

  • Il punto di fumo dei vari grassi diminuisce in funzione di alcuni fattori:

- la presenza di acidi grassi insaturi, in particolare polinsaturi;
- presenza di acqua e sale;
- presenza di acidi grassi liberi e di mono e digliceridi.

Il punto di fumo è maggiore nei grassi raffinati, dunque friggere con olio extravergine è un mito da sfatare, in quanto il punto di fumo, molto variabile, dell'olio extravergine, è comunque inferiore ai 200 gradi mentre quello dell'olio di oliva (raffinato) è superiore a 200. Non avrebbe comunque senso prendere un olio estratto a freddo e violentarlo portandolo a 180 gradi, distruggendo tutti i nutrienti presenti nell'olio vergine e non nell'olio raffinato e quindi vanificando ogni vantaggio dell'estrazione meccanica.

Il punto di fumo diminuisce inoltre se l'olio è esposto per molto tempo all'ossigeno e alle alte temperature, dunque se viene utilizzato più volte o a lungo, e se la superficie esposta all'aria è grande. Dunque, è importante scegliere un olio con punto di fumo decine di gradi superiore alla temperatura di frittura, perché durante l'utilizzo il punto di fumo diminuisce.

Riportare dati certi sul punto di fumo dei vari grassi ha poco senso perché questo varia, e di molto, a seconda della tipologia di olio, del metodo di estrazione, ecc. Dimostrazione di questo fatto le tante tabelle, tutte differenti tra loro, che riportano dati certi sul punto di fumo dei vari grassi.
In linea di massima, il punto di fumo dei vari grassi è inferiore a 160 gradi negli oli estratti meccanicamente e/o ricchi di acqua come il burro non anidro: questi grassi non dovrebbero mai essere utilizzati per la frittura. Ci sono oli il cui punto di fumo supera sicuramente i 200 gradi ed è a questi oli che si deve puntare per friggere.

Sto parlando dell'olio di arachide e dello strutto raffinato. Il primo contiene molti grassi monoinsaturi, il secondo molti grassi saturi. Alcuni denigrano l'olio di palma bifrazionato o lo strutto preferendo l'olio di oliva o peggio quello extravergine, dimenticando che in questo caso la degenerazione dei grassi è molto più importante della qualità degli stessi.
Mi spiego meglio: i grassi saturi hanno la stessa importanza dei mono e polinsaturi nell'alimentazione, dunque assumere un grasso saturo è una cosa del tutto normale in una alimentazione sana. Invece assumere un grasso degenerato, che rischia di raggiungere il punto di fumo, è molto più grave e quindi è meglio evitare questa evenienza, anche a costo di assumere più grassi saturi.


  • Cottura a induzione

 

Le piastre di cottura ad induzione sono un sistema di cottura relativamente recente, già in uso in molti paesi europei. In Italia, dove l'uso dell'elettricità per la cottura è in generale poco diffuso, anche questo sistema è ancora poco conosciuto.
Nella cottura ad induzione il calore non viene trasmesso dalla piastra alla pentola, ma viene "indotto" nella pentola grazie alla generazione di un campo magnetico al suo interno, che genera nella pentola delle correnti, dette di Focault, che trasformano l'energia magnetica in energia termica riscaldando la pentola. Il campo elettromagnetico si origina solo a contatto con il recipiente e si mantiene circoscritto alla superficie dello stesso, questo consente di mantenere fredda la superficie del piano attorno alla zona di cottura. Questo è un vantaggio non indifferente in termini di pulizia del piano, visto che i cibi, non bruciandosi, non si attaccano al piano stesso, e di sicurezza. Inoltre,
Un altro vantaggio del piano di cottura ad induzione è la maggior efficienza, che può arrivare al 90% contro il 40% del gas e il 50% delle piastre elettriche a resistenza, il che si traduce in un minor consumo di energia.

Gli svantaggi dei piani ad induzione
I piani ad induzione hanno alcuni svantaggi che li rendono, almeno in Italia, ancora poco vantaggiosi rispetto ad altri sistemi di cottura tradizionali. Innanziutto non tutte le pentole sono adatte ai piani ad induzione: solo quelle speciali, costruite in acciaio ad alto contenuto ferritico, come l'inox 410 o similari, funzionano con i piani ad induzione.
Inoltre, è vero che i piani ad induzione consumano poco, ma assorbono tanta potenza, dunque per farli funzionare bisogna avere un impianto da 6 KW visto che le piastre più piccole assorbono da sole 3 KW. In Italia tali tipi di impianti determinano spese aggiuntive non indifferenti che rendono la piastra ad induzione antieconomica.
Il costo delle piastre ad induzione, sebbene sia in calo, è ancora piuttosto elevato, dunque va valutato solamente nel caso in cui si sia costretti per motivi di sicurezza ad adottare un sistema di cottura alternativo al gas, come alternativa alle piastre a resistenza tradizionali.

 

La cottura a microonde


La cottura effettuata in forno microonde è una delle ultime arrivate nel campo della ristorazione.
Sono 3 le caratteristiche principali:

  • 1. tempi di cottura ridotti ;
  • 2.risparmio di stoviglie e di tempo per la loro pulizia
  • 3.risparmio energetico dovuto ai tempi ridotti.

Per definizione è un tipo di cottura in mezzo secco in quanto per la trasmissione del calore non è necessario l'uso di acqua come avviene per le cotture in umido (ad esempio la bollitura o la stufatura).
Nel microonde gli alimenti , sono sottoposti ad un campo elettromagnetico che determina una serie di vibrazioni molecolari a carico dell'acqua presente (può quindi dipendere dall'umidità del prodotto) con generazione di calore che si propaga dall'interno verso l'esterno degli stessi.
Le frequenze che vengono utilizzate sono variabili ma generalmente sono comprese tra 915 e 2450 MHz.
Gli svantaggi di questo tipo di cottura possono essere così riassunti:

  • 1.non si possono utilizzare utensili in alluminio perché riflettono le onde;
  • 2.non si possono arrostire né rosolare i cibi;
  • 3.mancanza di omogeneità delle temperature raggiunte in punti differenti degli alimenti . Ciò è dovuto principalmente al fatto che il contenuto di acqua in essi può essere molto variabile, ad esempio maggiore al centro e minore in superficie, con il risultato che la cottura potrebbe risultare efficace solo nelle zone centrali dei prodotti alimentari.
  • 4.le alte temperature raggiunte con il microonde, se la cottura viene prolungata, consentono l'evaporazione dell'acqua presente con successivo innalzamento delle temperature seguito da fenomeni di degradazione dei componenti nutrizionali. 

Si può utilizzare per tutte le preparazioni alimentari.
Consigli per l'utilizzo del microonde:

  • 1. lo sportello deve sempre essere perfettamente chiuso, verificare lo stato delle guarnizioni ed evitare l'accumulo di sporcizia;
  • 2. se l'apparecchio cade deve essere immediatamente revisionato;
  • 3. non utilizzare metallo o cristallo per cuocere le preparazioni.

Attualmente non sono state evidenziati effetti negativi rilevanti di questo tipo di cottura sui vari nutrienti in particolare le proteine (che subiscono al contrario una denaturazione con aumento della digeribilità) e i carboidrati.
Per quanto riguarda i lipidi è possibile che ci siano fenomeni di idrolisi dei trigliceridi, di isomerizzazione degli acidi grassi e in parte di ossidazione che tuttavia simili a quanto riscontrato con altri tipi di cottura .
Tra le vitamine idrosolubili non si registrano grandi perdite. Le vitamine liposolubili potrebbero invece essere soggette a fenomeni di degradazione ed ossidazione.
Anche se in generale si assume che non vi siano particolari effetti negativi dell'uso del microonde per cuocere gli alimenti , è ancora oggetto di verifica la possibilità che si formino composti indesiderati.

COTTURA SOTTOVUOTO

La pratica di mettere sottovuoto i cibi nasce in primo luogo per esigenze igieniche e per salvaguardare le caratteristiche organolettiche degli alimenti. Infatti in presenza di piccolissime parti di ossigeno (il sottovuoto non riesce a realizzare il vuoto assoluto) si rende difficile la vita a tutti i microrganismi che hanno bisogno di ossigeno per vivere (molti tra i batteri). Il cibo quindi si conserverà più a lungo senza subire aggressioni da agenti patogeni aerobici. Non solo, conserverà anche le caratteristiche organolettiche che caratterizzano il prodotto fresco, più a lungo, incluso il colore. Naturalmente è importante che la temperatura di conservazione sia bassissima (da 0° a 3°).
Venendo alla cottura sottovuoto, perché si possa realizzare occorrono:
1)macchina del sottovuoto, cioè una macchina che grazie ad una pompa estrae l’aria dal contenitore apposito (normalmente una busta), portando l’ossigeno a quantità minime. Di macchine del sottovuoto ne esistono di due tipi:
- macchine ad estrazione d’aria, che sono utili perché consentono di metter sottovuoto cibi di dimensioni maggiori della macchina in quanto la lavorazione viene effettuata all’esterno della macchina stessa. L’inconveniente di questo tipo di macchine è costituito dal fatto che possono mettersi sottovuoto ingredienti completamente asciutti; con l’aspirazione i liquidi verrebbero risucchiati e si verserebbero fuori dalla busta che peraltro non potrebbe sigillarsi perché il bordo rimarrebbe bagnato. Inoltre non possono essere utilizzate per le cotture sottovuoto, perché raggiungono un vuoto massimo del 95%, mentre per la cottura efficace sottovuoto occorre un vuoto del 99%.
- macchine a campana, che sono dotate di una camera (campana) in cui si sistema la busta con gli ingredienti da confezionare e che realizzano un vuoto sino al 99,9%. Anzi normalmente sono dotati di sistemi che consentono di programmare la percentuale di vuoto che si vuole realizzare. Queste macchine consentono il confezionamento anche in presenza di liquidi.
2) Un forno a vapore (oggi nella ristorazione si usano forni trivalenti che cioè possono condurre il calore, a seconda delle necessità, tramite aria riscaldata e forzata, oppure tramite aria riscaldata, forzata ed umidificata, oppure a vapore, umido a pressione zero). Sono macchine dotate di strumenti elettronici sofisticatissimi che consentono tra l’altro di controllare le temperature della camera di cottura, le temperature al cuore del prodotto, le percentuali di umidità nella camera, ed altro. Ovviamente se in casa non si possiede un forno a vapore potrò utilizzare una vaporiera o andrò ad immergere il sacchetto all’interno di un pentolino con acqua monitorata alla temperatura desiderata.

Il sottovuoto determina una bassissima pressione a cui sono sottoposti gli ingredienti all’interno della confezione. La bassa pressione ha tutta una serie di conseguenze sulla   cottura degli alimenti. La prima è che gli ingredienti si cucinano a temperature più basse di quelle necessarie a valori normali di pressione atmosferica.
Esempio: l’acqua a livello del mare bolle a 100°. Man mano che si sale di altitudine la pressione atmosferica si abbassa e l’acqua bolle a temperature più basse. Il sottovuoto realizza un abbattimento della pressione del 99.9%, come abbiamo detto, e quindi l’acqua bollirà a temperature bassissime. Anche altri fenomeni collegati alla cottura si verificano a temperature più basse, con minore alterazione di tutti i componenti più sensibili al calore. Infine nella busta del sottovuoto la quantità di ossigeno presente è minima. Di conseguenza anche i fenomeni di ossidazione che si manifestano soprattutto ad alte temperature sono ridotti al minimo.
Con le cotture sottovuoto perciò vengono salvaguardati molti componenti sia sotto il profilo nutrizionale (le vitamine, le proteine, gli zuccheri ed i grassi) che sotto quello organolettico, per ciò che riguarda soprattutto il profumo ed il colore.
I cibi risultano anche più digeribili, perché la cottura è molto più uniforme e perché le condizioni igieniche sono molto più sicure. Infine anche sotto il profilo del food cost la cottura sottovuoto incide positivamente, perché la perdita di liquidi e di peso degli alimenti cotti in sottovuoto è notevolmente inferiore ( le ricette così preparate rendono di più).

Il sottovuoto si cucina a temperature non inferiori a 65° e non superiori a 95°, con una oscillazione di temperatura in cottura che non deve superare i 2°.
In camera di cottura la temperatura deve essere uguale a quella che si vuole raggiungere al cuore dell’alimento.
E qui viene il bello della cottura sottovuoto a vapore. Una volta che al cuore si raggiunge la temperatura desiderata, che nel forno a vapore è quella programmata per la camera di cottura, possiamo lasciare in teoria a cuocere all’infinito il cibo, senza che questo si bruci o si asciughi troppo.
Vi faccio un esempio. Cottura di un arrosto tradizionale. Imposto il forno elettrico a 180°. Dal raggiungimento della temperatura calcolo mezz’ora per chilo e considerato che il pezzo utilizzato è di un chilo, in un’ora sarà cotto. Misuro la temperatura al cuore e verifico che è giunto ai 70° da me desiderati. Ma cosa succede se mi dimentico l’arrosto nel forno acceso? Che il pezzo continua a cuocere sino al raggiungimento dei 180° anche al cuore. L’arrosto si è incenerito.
Nel forno a vapore, invece, imposto la camera a 70°, perché questa è la temperatura che voglio si raggiunga al cuore. In mezz’ora circa al cuore la temperatura dell’arrosto sottovuoto sarà di 70°. Se io lo dimentico nel forno non succede nulla. Perché la temperatura rimarrà di 70°.
Naturalmente, l’inconveniente in questo caso di cottura sottovuoto è che per realizzare un arrosto, dopo la cottura sottovuoto e prima del servizio, dovro’ sigillare l’arrosto passandolo al forno  oppure in padella antiaderente, affinché si formi la crosticina classic

Alcune temperature di cottura degli alimenti:

Carne molto al sangue (blu o rare): da 46° a 52°
Carne al sangue (saignant o medium rare): da 52° a 60°
Carne media cottura (au point o Medium well) da 60° a 70°
Carne cotta (bien cuit o well done) da 70° a 80° se carni con molto tessuto connettivo
Pollame, selvaggina e cacciagione devono sempre superare i 65° al cuore.

I pesci interi sono cotti a temperature al cuore dai 67° ai 73°
Le seppie, i calamari, etc, al cuore dai 75° ai 92° a seconda della taglia
I bivalve (cozze, vongole) è meglio siano private delle valve. Altrimenti si devono cuocere a temperatura non inferiore ai 92° per accelerare l’apertura del guscio (che avviene intorno 65°) e per distruggere la flora batterica di cui sicuramente sono ricchi.

Per le verdure la temperatura in camera deve essere intorno ai 90° - 92° sino a quando al tatto non risultano morbidi.
Alcune verdure richiedono una sbianchitura in acqua bollente e salata), perché altrimenti il colore risulterebbe innaturale (gli spinaci per esempio diventano di un verde accesissimo).
Anche i cavoli, broccoli, i crauti necessitano di sbianchitura, perché altrimenti il sapore risulterebbe troppo intenso.
Gli alimenti cotti a vapore in sottovuoto vanno salati con sali che vengono definiti bilanciati. Si tratta di misture di sale e zucchero (semolato e di canna)
Per le carni queste sono le dosi: gr. 100 di sale + 70 di zucchero semolato
Per i pesci: 65 gr. di sale, gr 30 di zucchero semolato; gr. 5 di zucchero di canna.
Per le verdure: gr. 60 di sale e gr 40 di zucchero.

Ovviamente poi gli ingredienti andranno salati in proporzione.

L'utilizzo di queste miscele è importante perchè rallenta il cambio di colore degli alimenti una volta cotti.

Il confezionamento ermetico permette di conservare a lungo i cibi così preparati. In commercio ci sono dei sacchetti alimentari di varie dimensioni.
Il sigillo del cassetto e il vuoto varia in base al tipo di alimento che si vuole confezionare.
Portare a temperatura in forno tra i 70/95°C secondo del tipo di alimento che si vuole cuocere. Appena cotto va servito oppure raffreddato immediatamente con l’usodell’abbattitore.
Il prodotto così ottenuto si può rigenerare a 60°C per 10 minuti prima di essere servito.

 

COTTURA A BASSA TEMPERATURA “AFFOGANDO” L’ALIMENTO NELL’OLIO
Spesso in cucina vale la pena di guardare indietro, studiare il passato, porsi qualche domanda e... prendere spunto per migliorare la qualità del nostro presente. Sto parlando dei tempi di cottura, anticamente molto più lunghi di quel che avviene al giorno d’oggi dove la frenesia e la rapidità hanno preso il sopravvento.

Certo ci sono settori gastronomici in cui la velocità è una virtù: penso soprattutto alle verdure, che cotte rapidamente mantengono la maggior parte delle loro proprietà nutrizionali e risultano più leggere e gustose. Ma se penso invece a tagli pregiati di carne o prelibati filetti di pesci o ancora ai crostacei, è facile giungere alla conclusione che la perdita di liquidi – e relativi sali minerali – che consegue la cottura violenta nuoce sempre al sapore degli alimenti e al loro apporto nutrizionale.

Quello che resta infatti è la parte dei grassi, della fibra, che rende stoppose le preparazioni, con evidenti effetti anche sulla consistenza di ciò che mettiamo in bocca, privo in sostanza dei succhi che la masticazione mette in circolo. L’abituale tipologia di cottura finisce per impoverire le carni e obbliga lo chef a sopperire alla mancanza di liquidi con salse che reintroducono quei grassi che si volevano evitare (burro, panna, olio...) e sale.

E allora? Rispolveriamo la cottura lenta. Io ho scelto di parlare di quella in olio (ma ci sono anche quella al forno o in acqua, nel calce di marmo o in crosta di sabbia) perché in questo caso posso – anche – aromatizzare il prodotto finale attraverso il liquido di cottura.

Come procedere? Scegliere l’olio più adatto è fondamentale, poi utilizzarne il quantitativo occorrente a coprire completamente l’alimento da cuocere, infine portare a temperatura (vi rimando alla tabella) e immergervi il prodotto. È necessario quindi portarlo a cottura con sonda al cuore: in questo modo l’olio, mantenuto alle basse temperature, non fa giungere a ebollizione (e quindi non fa evaporare) l’acqua contenuta negli alimenti, che quindi non si disperde.

Attorno alla polpa di carne o pesce, sia di piccola che di grande pezzatura, si forma una specie di pellicola che permette la cottura dolce e graduale, senza alcuno shock. Quale tipo di olio scegliere per questo genere di cottura? Direi di selezionare un extravergine d’oliva di provenienza diversa secondo il genere di alimenti da cuocere: un delicato del Garda o un olio sardo per pesci e crostacei, mentre carni bovine e selvaggina saranno valorizzate da varietà pugliesi o toscane.

Quello che fondamentale è la possibilità di monitorare con precisione il livello di temperatura, sia dell’olio di cottura che degli alimenti, che va rilevata attraverso due sonde.

Nel primo caso, il range varia fra i 50 e i 60°C (perfette le piastre a induzione, al minimo, per mantenere il valore costante); nel secondo, si tratti di carni rosse o pesci, l’intervallo varia fra i 48 e i 62°C. Una volta raggiunto il perfetto grado di cottura, gli alimenti vanno semplicemente tamponati con delicatezza.

Nel caso si tratti di pesci e crostacei, sono pronti per essere impiattati e serviti con salse e accompagnamenti leggerissimi (devono solo sottolineare la freschezza della materia prima), mentre nel caso di carni importanti come filetti o fiorentine si necessita di un velocissimo passaggio alla griglia, in padella o in forno (230°C).

Questo perché il procedimento di cottura in olio non consente la cosiddetta reazione di Maillard che ha bisogno infatti di una temperatura di almeno 140°C e che in sostanza ‘caramellizza’ la superficie delle carni. La tradizionale doratura, la crosticina croccante necessaria alla rifinitura si ottiene con un ultimo rapido passaggio, ma a quel punto la carne è già cotta e avrà mantenuto tutta la sua ricchezza di sapore e sarà morbidissima.


Gli aromi dell’olio
Con questo metodo di cottura, l’olio si può anche aromatizzare a piacimento: io lo faccio al microonde. Per quale motivo? Perché con questa tecnica l’olio non si surriscalda, mentre invece prendono calore le erbe in esso contenute (del rosmarino e del timo, per esempio) e rilasciano i loro profumi nell’olio che può essere filtrato e usato anche – a piacere – come condimento a crudo.

Via libera allora alla fantasia: oli profumati con scorza d’arancio, zenzero, persino boccioli di rosa (magari per la cottura delle cappesante, ma è solo un’idea). Un esempio per tutti: alla piena potenza del microonde (1800 watt), per 1 litro d’olio, 30 g di rosmarino e 1 spicchio d’aglio, sono sufficienti 60-80 secondi.

COTTURA INDICATA PER PESCI PREGIATE QUALI:
interi o a filetti
Orate, spigole ,gallinelle,cernia, ombrina, ecc
ma anche per crostacei da cuocere con il carapace quali : gamberi imperiali, mazzancolle, gamberi nazionali, scampi, aragoste, ecc
Con questa cottura le cami non subiscono la contrazzione causata dall’esposizione al calore e quindi rimane più morbida, in oltre questa tipologia di cottura è indicata per evitare la fuori uscita dei liquidi all’interno del prodotto,
La preparazione dell’olio è importante in quanto consente agli aromi di insaporire l’olio senza danneggiarne la struttura, durante la cottura di preparazione i profumi ed il sapore degli aromi vengono assorbiti dal l’olio, e l’acqua contenuta in essi evapora per effetto della cottura con il microonde

C0TTURA DELICATA PER CARNI PREGIATE QUALI:
Filetto e costata di Manzo
fiorentine
lombo e filetto di Cervo
lombo o filetto di Cinghiale
lombo o filetto di Agnello
petti d’Anatra
filetto lombo- girello -noce di Vitello
Filetti e lombo di Maiale
Con questa cottura le carni non subiscono la contrazione causata dall’esposizione al calore e quindi rimane più morbida, in oltre questa tipologia di cottura è indicata per evitare la fuori uscita dei liquidi all’interno del prodotto,
La preparazione dell’olio è importante in quanto consente agli aromi di insaporire l’olio senza danneggiarne la struttura, durante la cottura di preparazione i profumi ed il sapore degli aromi vengono assorbiti dal l’olio, e l’acqua contenuta in essi evapora per effetto della cottura con il microonde. In questo modo l’olio ha più durata.


P.S: PER LA COTTURA E' CONSIGLIABILE UTILIZZARE PIASTRE AD INDUZIONE O FRIGGITRICI SPECIALI CHE MANTENGANO LA
TEMPERATURA COSTANTE CON MASSIMO 80° A FINE UTILIZZO RAFFREDDARE L’OLIO E SCOLARE IN ALTRO RECIPIENTE, LASCIANDO EVENTUALI RESIDUI DI LIQUIO ACQUOSO LASCIATO DALLE CARNI IN COTTURA.

 

Fonte: http://www.laciau.it/chefweb.it/home_files/tecniche%20di%20cottura%20D_Damiano.doc

link sito web : http://www.laciau.it/chefweb.it/

 

Autore del testo: Davide Damiano

 

Cottura degli alimenti

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Cottura degli alimenti

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

Cottura degli alimenti