Dermatologia guida malattie della pelle

 

 

 

Dermatologia guida malattie della pelle grassa mista e secca del corpo e del viso

 

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Dermatologia guida malattie della pelle

 

INTRODUZIONE
La dermatologia è una branca della medicina che studia la cute e i suoi annessi dal punto di vista fisiologico e patologica. E’ nata in Europa per opera del medico viennese Ferdinand Hebra.
Come un abito che ci calza a pennello, la nostra pelle riveste l’intero organismo. Con l’evoluzione del genere umano si è modificata, non è più ricoperta di peli, squame o scaglie; ma le sue dimensioni sono rimaste intatte, a dimostrazione che la sua esistenza è fondamentale per la vita dell’organismo. Le sue funzioni sono una miriade: è il nostro organo di senso più esteso, ma si occupa anche della regolazione della temperatura corporea, protegge il corpo dalle radiazioni ultraviolette e impedisce la penetrazione degli agenti esterni.

Fig. 1 – Sezione bidimensionale della cute
Superficie: 1,5 – 1,8 m²
Peso: 2,7 Kg, circa il 16% del peso totale
In superficie si riscontrano: Pieghe cutanee (pieghe senili, rughe, pieghe articolari), creste    cutanee (impronte digitali), sbocchi dei follicoli piliferi, sbocchi delle ghiandole sebacee e sudoripare
La pelle è estremamente ricca di diverse strutture: in un solo centimetro quadrato sono presenti:  

  • 2 apparecchi sensori per il freddo
  • 12 apparecchi sensori per il caldo
  • 3 milioni di cellule epiteliali
  • 5 peli o 75/300 capelli
  • 15 ghiandole sebacee
  • 1 metro di anse capillari sanguigne
  • 4 metri di rete nervosa
  • 25 apparecchi di registrazione degli stimoli tattili
  • 200 apparecchi per la percezione degli stimoli dolorifici.


Fig. 2 – Sezione tridimensionale della cute

 

I CALLI
I calli sono protuberanze cutanee giallastre, caratterizzate da un notevole ispessimento dello strato corneo della pelle. Si localizzano su mani e piedi; sono proprio quest’ultimi a creare i problemi maggiori. Le possibili cause sono da ricercare in calzature non idonee o in pressioni eccessive, concentrate in particolari punti del piede, dovute a posture non proprio corrette. I calli più duri fanno la loro comparsa soprattutto sulle dita, mentre, calli più morbidi, compaiono tra un dito e l’altro.

Esistono vari tipi di calli. I più innocui sono quelli che si generano superficialmente sulla pelle e, al pari delle vesciche, sono una forma di reazione all'attrito.
Di solito non sono dolorosi; si tratta di una reazione protettiva della pelle alla pressione eccessiva. Quando un callo si sviluppa, si può provare ad eliminarlo utilizzando la pietra pomice (o uno dei prodotti alternativi disponibili sul mercato) dopo avere fatto il bagno, quindi applicando una crema ammorbidente. Se si forma un callo più spesso, occorre intervenire con lozioni e pomate apposite, prodotte appositamente per ammorbidirlo. Va  evitato lasciare che un callo diventi troppo grosso; potrebbe spaccarsi e infettarsi.

I DURONI
Quando lo strato corneo della pelle si indurisce sotto la pianta del piede, alla base delle dita, oppure sotto il tallone compaiono i duroni.
Alla base del disturbo c’è una compressione eccessiva da parte del corpo. Il dolore ricorda quello di una scottatura ed è meno localizzato rispetto a quello provocato da un callo, ma la cura è identica. Per diminuire la compressione è utile applicare una soletta che modifichi la postura del piede. Il 90 per cento dei duroni infatti è dovuto ad uno squilibrio del piede.

LE VESCICHE
Uno sfregamento eccessivo è alla base di una maggiore fragilità della pelle e dell’irritazione dei vasi capillari. Diversamente dai calli e dai duroni, le vesciche, se trascurate, possono sanguinare. La guarigione può essere accelerata bucando la pelle con un ago sterilizzato. Una volta forata, bisogna disinfettare con molta attenzione e spennellare con i coloranti, come il mercurocromo.
Per proteggere la zona è consigliabile l’applicazione di una “doppia pelle” che si acquista in farmacia. E’ bene ricordare anche che più si tiene scoperto il piede e meglio è. Gli sportivi spesso usano questa “doppia pelle” applicandola nei punti in cui si possono formare più facilmente le vesciche.

CURIOSITA’: I RIMEDI DELLA NONNA

Bellezza, le maschere per il viso
Depurante. Mescolare un cucchiaio di miele liquido e un cucchiaino di succo di limone, stendere il composto sul viso e lasciarlo agire per mezz'ora. Lavare con acqua di rosa o con un infuso tiepido di rosmarino, molto utile per schiarire la pelle.
Tonificante. L'uovo contiene elementi curativi e protettivi adatti per ogni tipo di epidermide. Basta prendere un tuorlo, sbatterlo leggermente e spalmarlo sul viso e sul collo con le dita, per ottenere una maschera molto efficace. Dopo 20 minuti sciacquare con acqua appena tiepida. Se la pelle è secca aggiungete un cucchiaino d’olio d’oliva.
Rinfrescante. Questo rimedio, che impiega sempre le uova, è particolarmente adatto per le pelli grasse e impure. Si usa l'albume, che va montato a neve e steso sul viso pulito. Dopo circa 20 minuti si può sciacquare con acqua tiepida.
Antirughe. Schiacciate alcune albicocche; il succo così ottenuto va picchiettato con le dita sul viso.
Dopo 15 minuti lavare con acqua di rose.
Anti pelle grassa. Mescolare il succo di un limone con il succo di due pomodori. Applicare il liquido ottenuto su naso, viso, mento. Dopo aver lasciato in posa per circa mezz'ora, lavare il viso con acqua fredda.
Anti sfoghi. Sfoghi sono chiamati i rossori e le macchie tipiche della primavera. La nonna consiglia un cucchiaio di succo di cetrioli, un cucchiaio di latte e un bianco d'uovo montato a neve. Il tutto va mescolato, messo su una garza e applicato sul viso. Questa maschera deve agire per 20 minuti.

L’edera combatte la cellulite
Per via orale. Infuso di edera: lasciare 50 grammi di foglie essiccate e sminuzzate in un litro di acqua bollente per dieci minuti. Berne tre tazze al giorno.
Per uso esterno. Applicare sulla parte cellulitica un decotto di edera bollendo dieci grammi di foglie fresche in un litro di acqua per 15 minuti. Oppure fare un cataplasma (preparato molle che si applica sulla pelle) sempre di foglie fresche triturate di edera. O ancora: fare un decotto con 200 grammi di foglie di edera fresche in tre litri d'acqua e lasciare bollire a fuoco lento per due ore in una pentola coperta. Dopo averlo filtrato, aggiungerlo all'acqua della vasca per bagno tonificante.

Glicerina per la pelle
Per rigenerare la pelle, aggiungere all'acqua calda nella vasca 100 gr. di glicerina con una manciata di fiori di zagara dopo averli lasciati riposare per un giorno.

 

2.         GLI ANNESSI CUTANEI          

Sono rappresentati da tutte le formazioni che si costituiscono da una specializzazione della cute (peli, capelli). I peli sono obliquamente inseriti nell’epidermide (ad eccezione che nelle razze asiatiche).

2.1       I follicoli piliferi  

Si sviluppano in seguito all'invaginazione dell'epidermide nel derma e alla formazione di una costruzione a forma di bottiglia chiamata follicolo.
Il follicolo è collegato con il muscolo del pelo, detto "orripilante", un particolare muscolo erettore situato sotto la ghiandola sebacea, che quando si contrae vistosamente dà origine alla cosiddetta pelle d'oca. Il colore del pelo è dato dal pigmento melaninico presente nella corteccia. Le diverse tonalità di colore sono determinate dalla percentuale di pigmento presente e dalla sua disposizione variamente uniforme. 

I peli si dividono in:
- peli piccoli e quasi invisibili, distribuiti su tutta la superficie cutanea ad eccezione del palmo della mano e della pianta del piede;
- peli grossi e colorati, peli terminali, rintracciabili solo in alcune sedi (cuoio capelluto, ascelle, pube, area della barba nel maschio etc...).

Il pelo è situato in un particolare 'alloggio' della pelle, a forma di sacco, inclinato di circa 75° rispetto alla linea della superficie cutanea, denominato appunto follicolo pilifero. La parte inferiore del follicolo pilifero si trova normalmente nella parte più profonda del derma ma il livello è variabile da pelo a pelo (per i capelli la profondità media è di circa 0,6-1 cm). In corrispondenza del terzo superiore del follicolo pilifero sbocca la ghiandola sebacea per cui l'insieme viene più propriamente definito follicolo pilosebaceo. Al di sotto della ghiandola sebacea, è ancorata l'estremità inferiore del muscolo erettore del pelo per cui, nel suo complesso, il follicolo pilosebaceo si presenta nel seguente modo. disegno Sia il muscolo che la ghiandola sono sempre posti dalla parte dell'angolo ottuso formato dall'asse del follicolo con la superficie orizzontale dell'epidermide (in questo modo la contrazione del muscolo fa assumere al pelo una posizione verticale).

Il follicolo può essere diviso in tre parti: 

  • L'infundibolo, che va dall'imbocco follicolare al punto in cui il dotto della ghiandola sebacea sbocca nel follicolo
  • L'istmo, che è il segmento compreso tra lo sbocco della ghiandola sebacea e l'inserzione del muscolo erettore del pelo
  • Il segmento inferiore del follicolo, che si diparte dal muscolo erettore del pelo ed è l'unica parte temporanea del pelo, perché scompare durante il ciclo di crescita del pelo. 

 

La parte più importante del follicolo è il bulbo, perché contiene le cellule della matrice del pelo che danno origine a tutte le sue strutture e strati. Tra le cellule della matrice, poste al di sopra della papilla dermica, ci sono sparsi i melanociti responsabili del colore dei capelli La parte cheratinizzata, che emerge dal follicolo pilifero, costituisce il pelo propriamente detto, cioè il fusto. La cheratina è una scleroproteina simile a quella dello strato corneo dell'epidermide, ma quella del pelo ha una maggior quantità di zolfo; nella sua struttura la cheratina contiene un pigmento, cioè la melanina, presente in 2 forme diverse: una filamentosa, che imprime un colore giallo, e una granulare, con un colore variabile dal bruno al nero. 

 


Il pelo è rappresentato da una porzione visibile, e da una parte inserita nella cute: il bulbo pilifero.
Il bulbo è costituito in parte da una porzione di derma denominato papilla. Nelle vicinanze del bulbo è presente una ghiandola sebacea che mantiene morbido il pelo e la cute con le sue secrezioni.

Le vibrisse sono peli rigidi e robusti annessi ad alcuni organi di senso. Nella specie umana hanno perso la funzione tattile e si sono radicate prevalentemente nel naso, dove svolgono un ruolo di “filtro” nei confronti delle impurità respirate.
Tra le altre categorie di peli è interessante ricordare i peli tragici che si sviluppano nel trago dell’orecchio.

 

 

 

 

2.2       I capelli
I capelli sono una struttura in rapida crescita, che necessita di una buona condizione fisica per ottenere uno sviluppo regolare. Una qualsiasi disfunzione ormonale, sanguigna, metabolica, psichica può avere effetti negativi sulla vita del capello; quindi una sua qualsiasi alterazione risulta essere una spia della salute generale di una persona.

I capelli possono essere definiti come i peli che nell'essere umano ricoprono il capo, anche se se presentano alcune differenze nella loro dinamica fisiologica e nella loro funzione estetica.


Nascono nei follicoli piliferi, costituti dall'invaginazione dell'epidermide nel derma, di forma più o meno cilindrica, che termina in profondità con una formazione concava di nome bulbo. Sul follicolo si innesta il muscolo erettore del pelo e in questo sbocca il dotto della ghiandola sebacea. Il bulbo racchiude tessuto dermico riccamente vascolarizzato, cioè la papilla dermica, che serve per il nutrimento del pelo. 
I peli e i capelli sono dotati di sensibilità propria tanto che possono essere definiti come organi di senso cutanei. 

Il fusto del capello è costituito da 3 strati:

  • midollo, che è la parte più interna
  • corteccia, che è la zona intermedia particolarmente ricca di melanina
  • cuticola, che corrisponde alla zona più esterna del capello.

La cuticola è composta da 6-8 strati di cellule appiattite e sovrapposte le une sulle altre, come le tegole di un tetto, con il bordo libero rivolto verso l'estremità del capello. La composizione della cuticola varia a seconda delle zone del capello prese in considerazione e anche dei vari tipi di capelli. 
Al di sotto c'è la corteccia, che costituisce la maggior parte del capello e contribuisce alla sua proprietà meccanica. 
La terza componente, il midollo, è presente in modo discontinuo oppure continuo in tutti i capelli. I capelli dei neonati vengono definiti "lanugo"e la loro struttura è leggermente diversa da quella degli adulti. La lanugo, priva del midollo centrale, con il passare dei mesi viene sostituita con i capelli propri dell'adulto. I capelli dell'adulto sono lunghi, pigmentati nel cuoio capelluto, e presentano quasi sempre il midollo. Esistono dei peli, definiti vellus, che possono essere considerati come l'espressione terminale del ciclo vitale del follicolo pilifero, Sono sempre presenti nel soggetto calvo e sostituiscono i peli terminali, cioè i capelli propriamente detti. 

 

Crescita dei capelli
La crescita dei capelli si verifica attraverso diverse fasi durante le quali il follicolo passa da periodi di intensa crescita a periodi di quiescenza metabolica e addirittura di involuzione. 
Queste fasi sono definite come anagen, catagen e telogen

  • Anagen Durante questa fase di crescita si verificano alcune modificazioni a livello della papilla dermica dove le cellule vivono un'attività metabolica. In un secondo tempo le cellule della matrice, situate nel bulbo del follicolo che si presenta raccorciato nel derma in seguito alla fase catagen, entrano in una fase di intensa attività e il follicolo ricomincia a crescere e a formare quel segmento inferiore che era scomparso nel periodo di telogen. La durata della fase di anagen, cioè di crescita del capello, varia in media dai 3 ai 6 anni. 

I capelli non sono mai tutti nella stessa fase di crescita, tranne che in particolari condizioni patologiche, ma crescono in modo talmente diverso tra di loro che risulta difficile trovare due follicoli contigui nella stessa fase. I capelli durante la fase di anagen crescono di 0,3-0,4 mm. al giorno. 

  • Catagen  È la fase di involuzione, che dura da 2 a 3 settimane, durante la quale il follicolo pilifero subisce varie modificazioni morfologiche e metaboliche. Scompare il segmento inferiore, la lunghezza del follicolo si riduce di circa un terzo, la papilla diventa atrofica, il bulbo diminuisce di grandezza e i melanociti cessano la produzione di pigmento. 

Se si strappa un capello in questa fase si può vedere che la sua parte terminale, corrispondente al bulbo, è bianca. Le varie alterazioni che si verificano portano il capello alla sua ultima fase di telogen. 

  • Telogen  E' la fase di riposo durante la quale il follicolo è completamente inattivo e come avvolto in un sacchetto connettivale che gli offre riparo fino all'inizio della nuova fase di crescita. Il capello si trova all'interno del follicolo, trattenuto da scarsi legamenti intercellulari che lo fanno restare nel cuoio capelluto fino all'inizio della nuova fase di anagen e talvolta anche per più fasi successive. La fase di telogen dura da 2 a 4 mesi. 

A queste varie fasi del capello segue la sua caduta. Ogni giorno muoiono circa 10-30 capelli che, in condizioni ideali, vengono immediatamente sostituiti da nuovi elementi, perché i follicoli hanno cicli vitali sincronizzati tra di loro: infatti il volume totale rimane invariato. 
Il ricambio dei capelli avviene ogni 2-6 mesi. 
La lunghezza che un capello può raggiungere dipende da caratteristiche razziali e dalla fase di anagen. 

Una patologia del capello: le calvizie
1.         Alopecia androgenetica

L'alopecia androgenetica prende questo nome in quanto consiste in una condizione caratterizzata da assottigliamento e diradamento dei capelli indotto da androgeni in individui geneticamente predisposti. L'insorgenza delle manifestazioni avviene generalmente tra i 12 ed i 40 anni in entrambi i sessi e circa la metà della popolazione presenta questa condizione in maniera abbastanza variabile entro i 50 anni.
I primi capelli che si staccano vengono sostituiti ma i nuovi appaiono sempre più fragili; poi se la caduta continua intensa, la ricrescita non basta a compensare le perdite. Comincia così il diradamento alla tempie, detto stempiatura; contemporaneamente i capelli si diradano alla sommità del capo formando la tonsura. Essendo comunque rare le calvizie totali, i capelli rimasti ricoprono una zona a ferro di cavallo. La pelle rimasta scoperta appare appare liscia con un po’ di peluria rada e sottile.

Nei follicoli del cuoio capelluto affetto avviene, ad opera dell'enzima 5-alfa reduttasi, un'aumentata conversione del testosterone in diidrotestosterone. Il diidrotestosterone si lega al recettore degli androgeni attivando i geni responsabili della trasformazione dei peli terminali in peli miniaturizzati. Nei cicli successivi la durata dell'anagen si accorcia e i follicoli diventano sempre più piccoli e producono capelli sempre più piccoli e fini.

                      5α redattasi                                        attiva                         attivano
Testosterone                Diidrotestosterone               Androgeni              geni responsabili della                                                                       trasformazione dei peli terminali in peli miniaturizzati

Attualmente esistono due farmaci efficaci nell'alopecia androgenetica sulla base dei trials clinici pubblicati in letteratura: il minoxidil e la finasteride. Recentemente è stata valutata una buona efficacia anche della melatonina per uso locale; per tutti gli altri prodotti che vantano attività (spesso attraverso martellanti campagne di pubblicità su stampa, televisioni o vetrine di farmacie) non è mai stata dimostrata l'efficacia. La finasteride è un farmaco inizialmente utilizzato nel trattamento dell'ipertrofia prostatica in grado di agire anche contro l'alopecia androgenetica (calvizie comune).
Questo farmaco agisce bloccando l'enzima 5-alfa reduttasi, che favorisce la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone.
I vantaggi della finasteride si esplicano attraverso arresto della caduta e prevenzione della miniaturizzazione dei follicoli. Il farmaco sembra efficace nel prevenire la caduta dei capelli anche a livello dell'attaccatura dei capelli e delle regioni temporali, zone dove il minoxidil è meno efficace. Sulla base degli studi dei metaboliti ormonali urinari, il farmaco sembra interferire solo con l'enzima 5 alfa reduttasi e non con gli androgeni.
L'uso non è consigliato nelle donne: nel caso una donna assumesse finasteride ed andasse incontro a gravidanza sarebbe possibile la formazione di un feto maschio genitali ambigui con caratteristiche femminili. La finasteride può causare riduzione della libido ed impotenza nell'1% dei soggetti trattati. L'attività degli spermatozoi rimane normale. Gli effetti collaterali sono comunque reversibili alla sospensione del trattamento.
L'associazione con il minoxidil non è ancora sufficientemente indagata e non è noto se esita sinergismo tra i farmaci.

 

2.         Alopecia areata
L'alopecia areata è una malattia caratterizzata dalla caduta parziale o completa dei capelli e dei peli. Il decorso è imprevedibile con possibilità di remissioni spontanee e recidive. La risposta ai trattamenti è molto variabile: in ogni caso questi ultimi, anche quando risultano efficaci, non sono in grado di prevenire ulteriori riprese della malattia, sempre possibili.
Molto probabilmente la condizione è poligenica. L'aspetto clinico dell'alopecia areata è caratterizzato da chiazze circoscitte rotondeggianti od ovalari prive di capelli, in assenza di fenomeni desquamativi; tuttavia spesso la condizione assume aspetti diversi con estensione a diffuse aree del cuoio capelluto, a sopracciglia, ciglia ed altre aree corporee provviste di peli. Nelle forme più severe tutti i capelli ed i peli del corpo possono cadere (alopecia areata universale)
Esistono numerosi trattamenti possibili per l'alopecia areata, ma non esiste un trattamento specifico in grado di modificare con certezza l'evoluzione della malattia. Le forme lievi possono anche non essere trattate per la possibile remissione spontanea, specialmente nei casi di recente insorgenza (meno di un anno). I trattamenti più utilizzati in questi casi sono gli steroidi topici, il minoxidil, l'antralina, lo zinco, la biotina, sostanze per le quali non esistono comunque studi controllati che ci consentano di affermarne con certezza l'efficacia.

 

2.3       Le unghie
Lo specchio della salute dell’intero organismo non è rilevabile soltanto con un’analisi del sangue o dell’urina, ma anche osservando lo stato delle unghie delle mani e dei piedi.
Le unghie sono una formazione annessa alla cute che ricopre la superficie dorsale delle estremità delle dita sia delle mani che dei piedi.
Hanno una forma di lamina ovoidale e sono costituite da una lamina di cellule appiattite,completamente cheratinizzate che poggia sul letto ungueale formato dall’epidermide. I margini laterali si insinuano in un affossamento della cute (doccia ungueale) e sono ricoperti da una ripiegatura della cute stessa (vallo ungueale). L’estremità prossimale o radice si addentra nello spessore della cute e si connette con la parte prossimale ispessita del letto ungueale che costituisce la matrice dell’unghia. Qui vengono sempre aggiunte nuove cellule dalla radice dell’unghia per cui la lamina si sposta continuamente in avanti.
La crescita delle unghie è verso l’esterno e, la parte responsabile della crescita è parzialmente ricoperta dalla cute che la difende. Nell’unghia distinguiamo una faccia libera, una aderente e 4 margini, uno libero, due laterali ed uno di accrescimento
La crescita è discontinua e si verifica dalla base verso il bordo libero per 1-2 cm. al mese, ma varia da soggetto a soggetto. In circa 4 mesi l'unghia si rinnova totalmente. La sostanza che costituisce in massima parte l'unghia è la cheratina, che è una proteina, plastificata da acqua e da altre sostanze che le conferiscono elasticità, flessibilità e resistenza. La durezza delle unghie dipende anche dal contenuto di cistina, vitamina A, B6, C.
                                                                                                                        
Patologie delle unghie
Esistono patologie che possono colpire tutte le unghie o parte di esse causando la loro caduta o, comunque, gravi alterazioni. Sono di competenza medica, perché spesso questi problemi sono determinati da malattie organiche, ereditarie o acquisite, oppure sono il segno di una malattia solo sospettata. Alcuni esempi di questa situazione sono:

  • le unghie fessurate, striate longitudinalmente e sfaldabili, che sono associate a disturbi dell'alimentazione
  • le unghie bluastre, generalmente causate da una cattiva circolazione sanguigna
  • le unghie particolarmente deboli, sintomo di una debolezza organica generale
  • le unghie macchiate di bianco, condizione definita alburgo, causata da anemia, da mancanza di calcio o di altri minerali

Esistono alcune anomalie delle unghie, spesso permanenti e dette onico distrofie, costituite da piccole rotture o scheggiature del bordo libero, da opacamento o cambiamento del colore che, in alcuni casi, come in seguito a manicure o pedicure malfatte, possono portare al distacco dell'unghia dal suo letto (onicolisi). Le alterazioni più tipiche sono:

  • Onicogrifosi, Colpisce prevalentemente l'alluce. Il nome stesso evoca l'artiglio del rapace, infatti l'unghia si presenta ispessita, giallo-bruna, di dimensioni spropositate e incurvata a tal punto su se stessa che risulta difficile mettere la scarpe e talvolta anche camminare. E' tipica delle persone anziane che hanno deviazioni ossee delle dita dei piedi, per esempio a causa dell'alluce valgo o dell'artrosi. Non esiste una terapia farmacologica efficace e l'unica cura è l'asportazione dell'unghia e della sua matrice per evitare la sua ricrescita.
  • Unghie a pinza, Riguarda sempre l'alluce, ma questa volta i bordi laterali della lamina ispessita si ripiegano incurvandosi e avvicinandosi fra di loro così da pinzare, talvolta con dolore, il letto ungueale. La terapia, difficile in fase avanzata, consiste nel sollevare progressivamente l'unghia incurvata applicando per circa un anno una particolare graffetta metallica.
  • Onicodistrofia Canicolare Mediana, Questa volta è il pollice ad ammalarsi, infatti sulla sua unghia si sviluppa una fissurazione longitudinale dalla quale dipartono ondulazioni oblique. Non esistono cure specifiche, ma questa forma può anche regredire spontaneamente dopo parecchi mesi per riapparire poi in un secondo tempo.
  • Psoriasi  Colpisce preferibilmente altre zone. Sulle unghie causa lesioni simili a quelle dovute ai funghi (onicomicosi).La cura è difficile se non impossibile.
  • Nei e melanomi, Sono forme piuttosto rare che possono colpire la matrice dell'unghia. Si sospettano quando la lamina appare solcata in lunghezza da una striscia nerastra.

 

Alterazioni di colore, distacco, ispessimento, dolore sono quattro significative alterazioni dell'unghia.
 


Alterazioni

Colore nero o marrone

Onicomicosi, ematomi, raramente melanomi o nei

Colore verde

Infezioni batteriche o micotiche

Colore giallo

Onicomicosi, psoriasi e onicodistrofie

Distaccamento dal letto ungueale

Onicomicosi e psoriasi, raramente gravidanza e carenza di ferro

Ispessimento dell'unghia

Onicomicosi, onicogrifosi e psoriasi

Dolore

Traumi, e tumori sotto ungueali

 
Alterazioni da altre cause

Un recente studio ha identificato alcune alterazioni che per la loro frequenza sembrano avere un importante valore diagnostico:

  • Unghie a vetrino d'orologio, Le unghie sono molto ricurve, proprio come il vetro di un orologio, e tendono a ricoprire la punta dei polpastrelli che appare cianotica. Sono il segno tipico di una malattia cronica, polmonare o cardiaca e anche di disturbi dell'apparato digerente. 
  • Unghie di Terry, Sono caratterizzate dal totale imbiancamento di tutte le unghie delle dita e soltanto una piccola porzione vicino al loro bordo libero mantiene il colore naturale, normalmente rosato. Spesso sono indice di patologie del sangue.
  • Unghie fragili, Sono particolarmente frequenti nei casi di anemie.

Onicomicosi della mano
Sono malattie piuttosto comuni, perché le spore dei funghi presenti nell'ambiente contaminano facilmente lo spazio tra il polpastrello e l'unghia. La manifestazione clinica comincia in genere dal bordo libero, dove la lamina inizia a ispessirsi e a farsi opaca, friabile e biancastra un po' come il gesso. Con il tempo le lesioni si estendono verso la base dell'unghia, il colore diventa giallastro o marroncino e l'unghia, sfaldandosi all'interno, si solleva, si separa dalla pelle sottostante e tende a svuotarsi.
Funghi e muffe
L'andamento della malattia non è sempre tipico. Il colore che l'unghia assume può essere a volte bruno-verdastro, se l'infezione è dovuta a funghi particolari come alcune muffe. Se il fungo è penetrato nella cosiddetta plica ungueale prossimale, cioè lo spazio esistente tra la lamina ungueale e la pellicina, il problema parte dalla base dell'unghia e tende ad avanzare verso il margine libero. Se l'agente responsabile è la candida, proprio quella che causa le vaginiti, si nota anche un'infiammazione della pelle attorno all'unghia, che si rigonfia e si arrossa (periossisi).
Le onicomicosi colpiscono sia le mani che i piedi, facendo ammalare una o più unghie, ma quasi mai tutte. E' sempre prudente eseguire un esame micologico, semplice e indolore, proprio per evitare costose terapie talvolta inutili se non addirittura dannose.
Infezioni da batteri
I germi possono infettare l'unghia determinando lesioni che possono essere confuse con le onicomicosi. Nella fase acuta, nota come giradito, la pelle si rigonfia, si arrossa e talvolta può esserci una secrezione purulenta. Bastano pochi antibiotici per risolvere il problema. Nelle forme croniche, accanto ad un modesto gonfiore, si notano alterazioni del colore dell'unghia, che appare bruno.verdastra, e della sua superficie, che si fa ondulata. Le cure sono difficili, perché spesso l'insorgenza di queste infezioni è favorita da particolari attività lavorative che obbligano a tenere le mani in ambienti caldo umidi.

 

 

2.4       Le ghiandole della cute
Sono annessi cutanei che svolgono un azione secretoria di sostanze che entrano a far parte del film idrolipidico. Sono suddivisibili in tre categorie: ghiandole sebacee, ghiandole sudoripare eccrine e ghiandole sudoripare apocrine.
Le ghiandole sebacee sono costituite da uno o più alveoli che si riuniscono in un dotto escretore. Una volta che le cellule sono piene di grasso vengono eliminate attraverso il dotto. Sono localizzate nel derma di tutta la superficie cutanea tranne che sul palmo delle mani e nella pianta dei piedi e sono in rapporto con i peli in quanto il loro dotto escretore sbocca all’interno del follicolo.
Il sebo, oltre a contribuire con il sudore alla formazione del mantello idrolipidico, svolge un’azione protettiva mantenendo il corpo caldo impedendo la dispersione del calore, ed inoltre lubrificando la pelle impedisce che questa si screpoli in caso di eccessiva evaporazione. Le principali patologie legate al sebo e alla ghiandole sebacee sono l’acne, seborrea e cisti sebacee.

Nelle ghiandole sudoripare eccrine si distingue un glomerulo e un dotto escretore che termina alla superficie cutanea del poro sudorifero senza alcun contatto con l’apparato pilo-sebaceo. Sono distribuite su tutta la superficie cutanea. Producono circa mezzo litro di sudore al giorno, composto per il 99% di acqua e per il rimanente 1% si può riscontrare cloruro di sodio, potassio e urea. Oltre a formare il film idrolipidico le ghiandole sudoripare hanno una importante funzione escretoria nei confronti dei farmaci e di sostanza tossiche, partecipano alla regolazione della temperatura corporea.
Nelle ghiandole sudoripare apocrine il dotto non sbocca direttamente sulla superficie ma si versa in un follicolo pilo-sebaceo e sono presenti soltanto nelle ascelle, nell’area mammaria, nel pube e nei genitali esterni. Nella parte profonda hanno una struttura a forma di gomitolo e nella parte più superficiale una forma tubulare che sbocca nella parte alta del dotto pilifero. Sono presenti fin dalla nascita ma entrano in azione solo alla pubertà. Oltre al sudore, liberano ferormoni sostanze coinvolte nel fenomeno dell’attrazione.

 

 

 

 

 

3.         L'ABBRONZATURA E LA MELANINA

 

L'abbronzatura è data dalla produzione di un pigmento protettivo, la melanina: i raggi del sole attivano delle cellule specializzate presenti nella pelle, i melanociti, che producono la melanina e la immagazzinano in vescicole che migrano tra le cellule della pelle. È questo pigmento, insieme ad un altro, il carotene, prodotto da altre cellule della pelle, che agisce come una barriera protettiva verso i raggi del sole e che dà il colore bruno caratteristico dell'abbronzatura.
Le variazioni di colore della pelle abbronzata tra diverse persone dipendono proprio dal numero, dalla distribuzione e dalla dimensione di queste vescicole. Le persone con la pelle chiara o i bambini, che non producono grosse quantità di melanina, sono le persone che più facilmente si scottano. Anche alcuni farmaci o alcune malattie possono contribuire a diminuirne la produzione.

La produzione di questo pigmento è quindi diversa per quantità e qualità, a seconda dei diversi fototipi di pelle, ossia il grado di reattività al sole, e del loro DNA cellulare.


I raggi ultravioletti sono delle radiazioni più piccole e più rapide della luce visibile colorata (che ha una lunghezza d'onda da 400 a 700 nanometri, ad ogni lunghezza d'onda in questo intervallo corrisponde un colore), che costituiscono meno del 5% della radiazione solare.

Le radiazioni solari ultraviolette sono divise in tre classi:

i raggi A, gli UVA, di lunghezza d'onda 320-400 nanometri; penetrano in profondità fino al derma e sono i responsabili dell’invecchiamento cutaneo.

i raggi B, gli UVB (280-320 nanometri), radiazioni più potenti che aumentano durante l'estate e che penetrano nell’epidermide dove stimolano la formazione della melanina provocando in 48 ora la comparsa dell’abbronzatura ma sono la più diretta causa delle scottature;

i raggi C, gli UVC, (lunghezza d'onda inferiore a 280 nanometri), i più forti e pericolosi e in grado di provocare gravi scottature.

Gran parte dei raggi B e dei raggi C sono assorbiti dallo strato di ozono dell'atmosfera prima di raggiungere la superficie della terra. Le radiazioni che raggiungono la terra sono poi assorbite in gran parte dai comuni vetri delle finestre, dalle impurità presenti nell'aria, come la polvere, l'acqua o il fumo, o sono filtrati dai tessuti che indossiamo.

Una piccola quantità di luce del sole è essenziale per una buona salute: la vitamina D è prodotta con l'aiuto della luce del sole e molti microrganismi potenzialmente pericolosi sono uccisi dai raggi del sole. Infatti, proprio per questo i raggi ultravioletti sono normalmente usati per sterilizzare stanze operatorie, strumenti chirurgici o medicinali.

 

Quindi la facilità di procurarsi una buona abbronzatura o la predisposizione di certi soggetti alla non abbronzatura, associata però alla comparsa di scottature, o in altri casi ancora procurarsi una abbronzatura di colore molto chiaro nonostante la costanza di assunzione di Raggi UV - dipende esclusivamente dalla tipologia cutanea, determinata da fattori razziali e genetici, e di conseguenza dalla quantità e qualità di melanina che la cute è in grado di produrre e usare quale scudo contro le radiazioni UV.

FOTOTIPO DI FITZPATRICK

SENSIBILITA’ AGLI UV

COMPORTAMENTO IN OCCASIONE DI ESPOSIZIONE AL SOLE

I

Elevata

Si scotta sempre con facilità, non si abbronza mai

II

Elevata

Si scotta sempre con facilità, si abbronza poco

III

Media

Si scotta moderatamente, si abbronza gradualmente

IV

Scarsa

Si scotta moderatamente, si abbronza sempre e rapidamente

V

Minima

Si scotta raramente, si abbronza intensamente e con rapidità

VI

Nulla

Non si scotta mai, sempre intensamente pigmentato

 

Si deve ricordare che accanto alla melanogenesi esiste un altro processo di difesa cutanea contro i raggi solari rappresentato da un rapido ispessimento dello strato corneo della pelle (ipercheratosi epidermica) per cui una buona abbronzatura si ottiene se concorrono le tre classiche situazioni favorevoli:

  1. possibilità di difendersi dalle scottature;
  2. sufficiente dotazione di melanina;
  3. ipercheratosi rapida ed efficace.

La chiave dell’abbronzatura risiede nelle differenti caratteristiche dei raggi UV-B a onde corte e dei raggi UV-A a onde lunghe. Per un'abbronzatura attraente e duratura necessitiamo di entrambi. I raggi UV-B contengono più energia, aumentano la produzione di melanina e provocano un ispessimento dello strato corneo della cute che funge da protezione solare naturale ma l’abbronzatura si ottiene solo quando la melanina viene colorata dai raggi UV-A con l'aiuto dall’ossigeno. Il segreto dell’abbronzatura quindi risiede nell’interazione tra raggi UV-A e UV-B.

I raggi UV-A che colpiscono la nostra pelle penetrano fino al tessuto connettivo e al derma. Nello strato germinativo, lo strato più profondo dell’epidermide, risiedono i melanociti, responsabili della produzione del pigmento melanina. La melanina sale fino alla superficie cutanea e qui si incontra con i raggi UV-A e l’ossigeno che, attraverso il sangue, giunge alle cellule cutanee, si genera così una reazione che fa sì che la melanina venga colorata e la pelle assuma la tanto desiderata abbronzatura. Tale fenomeno viene denominato pigmentazione diretta.

La pigmentazione indiretta si svolge in maniera un po’ differente e in essa sono i raggi UV-B a rivestire il ruolo principale. Già a piccole dosi i raggi UV-B stimolano nei melanociti la produzione di melanina. Grazie a ciò giunge complessivamente più melanina sulla superficie cutanea e i raggi UV-A e l’ossigeno abbronzano la pelle attraverso la pigmentazione diretta in maniera molto più intensa.

Quindi, mentre i raggi UV-A sono responsabili dell’abbronzatura più immediatamente visibile, i raggi UV-B fanno si che l’abbronzatura sia più intensa e duratura.
I FILTRI SOLARI
I filtri solari possono essere divisi in due gruppi: quelli di tipo chimico e quelli di tipo fisico (detti anche schermi).
I protettivi solari assorbenti (filtri chimici), più diffusi, contengono sostanze chimiche che funzionano come "filtri" dei raggi solari impedendo la penetrazione nella pelle delle radiazioni solari, catturandole e trasformandole per renderle innocue. Il filtro è selettivo per certe lunghezze d'onda: la maggior parte dei protettivi solari assorbenti protegge infatti solo nei confronti degli UVB. Alcuni prodotti associano più filtri per ampliare la gamma delle radiazioni assorbite ed estendono la protezione anche agli UVA. Per poter garantire la copertura dell'intero spettro solare un prodotto a base di filtri chimici dovrebbe contenerne almeno 3 o 4 di diverso tipo ed in elevate concentrazioni.

I protettivi che riflettono e disperdono le radiazioni sono i cosiddetti ''schermi'' solari (filtri fisici): nella loro composizione sono presenti sostanze minerali (es. ossido di zinco, biossido di titanio, ossido di ferro) che non lasciano passare i raggi ultravioletti ma li riflettono. Riflettono però anche la luce visibile e lasciano sulla pelle un sottile strato bianco esteticamente poco gradevole. Date le loro caratteristiche sono indicati soprattutto in caso di ipersensibilità o intolleranza ai raggi solari (pelle chiara, spiccata tendenza agli eritemi e a forme neoplastiche), o per parti del corpo molto sensibili come il naso e le labbra. I filtri sono opportunamente dispersi in un veicolo che ne assicura una distribuzione omogenea e una buona adesione alla pelle. La formulazione è poi completata con altri principi attivi che hanno la funzione di reidratare la pelle (aloe, burro di karitè, allantoina, acido ialuronico, pantenolo, ecc.) e lenire gli effetti nocivi del sole (camomilla o alfa-bisabololo, calendula, malva, acido glicirretico, ecc.).

Il fattore di protezione
L'elemento fondamentale che deve orientare nella scelta di un solare è il suo fattore di protezione cioè la sua capacità protettiva. Questo fattore è espresso da un numeroche indica quante volte è possibile moltiplicare il tempo di permanenza al sole prima che la pelle si scotti. Ad esempio, un prodotto che ha un fattore di protezione 4 permette di stare al sole un tempo 4 volte più lungo di quello normalmente previsto per non scottarsi (tempo di eritema), esponendosi senza protezione nelle stesse condizioni. E' importante sapere che il fattore di protezione fornisce un'indicazione sull'azione filtrante del prodotto nei confronti delle radiazioni UVB, ma non nei confronti delle radiazioni UVA, per le quali non esiste ancora una metodica standardizzata.

Esistono diverse metodiche e varie scale che definiscono il fattore di protezione: le più seguite sono quella Americana (FDA) e quella europea (DIN). Le metodiche danno origine a scale di valori alquanto differenti; una comparazione indicativa delle scale può essere così schematizzata:
Fattore di protezione:

USA FDA (4 - 26)

Europa DIN (2 - 13)

4-5

2-3

6-8

3-4

8-10

4-6

10-12

6-7

12-15

8-9

16-18

9-10

19-26

10-13

Nella scelta del FP sarà quindi importante conoscere, nell'ambito della stessa linea di prodotti, a che fattore di protezione corrisponde lo schermo totale, e in base a questo regolarsi sul tipo di prodotto da scegliere: se ad esempio voglio una protezione media e ho a disposizione una gamma dove la protezione massima è 25, allora opterò per un fattore di protezione 10-12; viceversa se il fattore massimo è 12, allora sceglierò un solare con FP 6.

 

Come si fa a calcolare il proprio tempo di eritema?
Un'indicazione molto generica può essere quella di calcolare un'esposizione di 5 minuti per il primo giorno per il fototipo 1, aumentando 5 minuti per ogni fototipo (10 minuti per il 2°, 15 per il 3°, e così di seguito) e di 5 minuti ogni giorno successivo. Così, ad esempio, se la nostra pelle è del fototipo 3, il primo giorno potremo rimanere al sole senza protezione per soli 15 minuti. Utilizzando un protettivo solare con fattore 6 potremo allungare questo periodo ad 1 ora e mezza. Trascorso questo tempo a nulla servirà spalmarsi nuovamente il solare, pensando di poter prolungare l'esposizione: per quel giorno si è già ''usufruito'' del quantitativo di sole concesso e se si desidera esporsi per più tempo, si dovrà optare in partenza per un prodotto con un fattore di protezione più elevato.

Qual'è la quantità ottimale di protettivo solare da spalmare?
Il fattore di protezione fornisce solo una indicazione approssimativa della reale efficacia protettiva del solare: molto dipenderà dalle condizioni d'uso, a partire dalla quantità impiegata. Quando questi prodotti vengono applicati con parsimonia la protezione può risultare persino metà di quella dichiarata, per questo la raccomandazione è di applicare una quantità media di prodotto pari all'incirca al volume di una noce (1,5 g) per il braccio, l'avambraccio e la mano. Per le altre parti del corpo utilizzare un quantitativo proporzionato alla relativa superficie.

Come scegliere un prodotto solare?
Latte, crema o gel?
Al momento della scelta di un prodotto solare dobbiamo chiederci per quale tipo di pelle e per quale parte del corpo deve svolgere la sua azione: si trovano in commercio latti, creme, gel, oli e la scelta dell’uno o dell'altro prodotto dipende da criteri e gusti personali. I latti contengono una elevata percentuale di acqua, sono facilmente spalmabili ma poco resistenti e vanno rinnovati più spesso degli altri prodotti.
Le creme hanno una adesività maggiore ed essendo più difficili da spalmare generalmente si utilizzano per il viso; sono spesso untuose e per questo non sono indicate per tutti i tipi di pelle.
I gel sono più adatti a chi ha la pelle grassa perché il veicolo in cui è disperso il filtro solare tende a dare una certa secchezza alla pelle.
Gli oli solari che normalmente hanno indici di protezione bassi, conferiscono lucentezza alla pelle che facilita la penetrazione delle radiazioni: non sono consigliabili nel caso di carnagioni chiare.

La resistenza all'acqua
I prodotti definiti impermeabili all'acqua (sull'etichetta identificati spesso con la parola ''waterproof'') mantengono la loro efficacia anche dopo 80 minuti di immersione nell'acqua, mentre i prodotti definiti resistenti all'acqua (''water-resistant'') sono ancora efficaci dopo 40 minuti. Hanno tutti una migliore persistenza sulla pelle e sono indicati soprattutto se si suda molto o si fanno bagni frequenti. Purtroppo però non tutti i prodotti che si dichiarano tali lo sono, mentre altri, pur non certificandolo in etichetta, presentano nella pratica una buona resistenza all'acqua. I possibili inconvenienti connessi con l'impiego dei protettivi solari sono rappresentati da irritazioni o reazioni allergiche che sono piuttosto rare data l'elevata tollerabilità della maggior parte dei filtri presenti in commercio.

 

I protettivi solari sono in grado di ridurre l'incidenza di tumori della pelle?
Si ritiene che i filtri solari ad ampio spettro proteggano nei confronti di tumori cutanei, anche se attualmente non esistono dati certi e definitivi che lo confermino. Tuttavia l'utilizzo di filtri non deve spingere a rimanere al sole più a lungo e non deve esimere da utilizzare altre forme di protezione (soprattutto nelle ore più calde), come ad esempio, indossare indumenti protettivi.

 

4.         LE PATOLOGIE DELL’APPARATO TEGUMENTARIO
Le ferite

La ferita è un’interruzione della continuità della cute che può interessare anche i piani profondi sottostanti.

Sulla base della profondità della lesione e delle caratteristiche legate alla natura dell’agente lesivo le ferite vengono così classificate:

  • escoriazioni:lesioni superficiali da corpo tagliente;
  • abrasioni: lesioni superficiali da corpo contundente irregolare, ruvido (spesso contengono all’interno piccoli corpi estranei che possono causare infezione);
  • da punta: ferita penetrante con foro di entrata piccolo e danno interno più o meno profondo (chiodo, pugnale, spina di rosa etc.).

    Il rischio di infezione è molto alto dal momento che sporcizia e germi possono essere portati in profondità.
  • da arma da fuoco: tipo particolare di ferita da punta;
  • da taglio: tagli netti causati da un bordo affilato (lama, vetro rotto etc.). Poiché i vasi sanguigni ai bordi della ferita sono tagliati di netto ci può essere abbondante emorragia. Le ferite da taglio ad un arto possono anche recidere strutture tendinee.
  • lacere: a margini irregolari, prodotte da un urto o da una forza lacerante (es. un macchinario);
  • lacero-contuse: margini irregolari e contusi. Possono sanguinare in modo meno abbondante rispetto alle ferite ma il danno e la contusione dei tessuti sono più gravi.

La gravità della ferita si giudica sulla base dell’estensione e della profondità della ferita stessa e dell’eventuale presenza di corpi estranei.
Sono, comunque, sempre gravi e necessitano di cure ospedaliere le ferite al viso, agli orifizi naturali del corpo, al torace e all’addome.

Le complicanze delle ferite sono rappresentate dalle seguenti condizioni:

  • emorragie;
  • shock;
  • infezioni (compresa quella tetanica);
  • lesioni di organi interni.

Per quanto riguarda il trattamento è importante distinguere le grandi ferite dalle piccole ferite, in quanto, nel primo caso, il problema è rappresentato dal controllo dell’eventuale emorragia.

Per quanto riguarda il trattamento delle piccole ferite, sono necessarie le seguenti operazioni:

  • lavarsi bene le mani;
  • utilizzare i guanti monouso;
  • lavare la ferita con acqua e sapone (farla sanguinare sotto l’acqua corrente);
  • completare la pulizia con acqua ossigenata (che può essere usata anche dentro);
  • disinfezione dei margini (non alcool né tintura di iodio perché lesivi);
  • coprire con garza sterile fissata tutt’intorno da cerotto oppure protette da tubulare di rete;
  • non usare pomate o polveri cicatrizzanti o antibiotici;
  • lasciare la medicazione per un paio di giorni prima di toglierla.

La guarigione delle ferite avviene quando si forma la crosta ed il tessuto di granulazione senza comparsa di sintomi di infezione.
Si sottolinea l’importanza delle norme igieniche sopra indicate per evitare il rischio di infezione.
Tutte le ferite aperte, infatti, possono essere contaminate da microrganismi presenti nell’oggetto che ha determinato la ferita, nell’aria o nelle dita.

La ferita si infetta quando entrano germi e si riproducono; ciò si verifica soprattutto se residuano sporcizia o particelle di tessuto morto.
I segni con cui l’infezione si manifesta sono: rossore, calore, tumefazione, pulsazioni, talvolta febbre.
Si può avere formazione di pus (raccolta di globuli bianchi morti, di germi morti, di cellule sfaldate, di siero).

Vi possono essere anche tumefazione e dolenzia in corrispondenza dei linfonodi satelliti (collo, ascella o inguine a seconda della sede della ferita).

L’infezione più temibile è quella tetanica.
In caso di ferita infetta è molto importante prevenire l’aggravarsi dell’infezione coprendo la ferita con una medicazione sterile; in questi casi si deve sempre consigliare visita medica.
Le ustioni

Si tratta di lesioni della pelle dovute a:

  • agenti fisici:
    - raggi (solari, ultravioletti, fonti radioattive);
    - elettricità (corrente a basso voltaggio, ad alto voltaggio, fulmini);
    - calore (fuoco, vapore, olio bollente etc.).
  • agenti chimici:
    - acidi e basi forti (soda caustica, candeggina etc.).

La gravità dell’ustione si valuta in base a:

  • natura dell’agente causale;
  • profondità;
  • estensione.

Classificazione delle ustioni
I° GRADO: interessano solo lo strato superficiale della cute.
Sintomi:

  • rossore eritema;
  • gonfiore (edema);
  • dolore.

II° GRADO: danno più profondo con formazione di vescicole piene di liquido: flittene.
    La gravità dipende dall’estensione e dalla conseguente perdita di liquidi.

III° GRADO: morte dei tessuti:

        • tutti gli strati della pelle sono stati danneggiati;
        • il danno si può estendere anche a nervi e muscoli;
        • la pelle può essere pallida o nerastra.
        • Esige sempre cure mediche anche se di piccole dimensioni.

 

Primo soccorso delle ustioni
I° GRADO: E’ necessario raffreddare la parte ustionata con impacchi di acqua fredda.
Somministrare antipiretico in caso di febbre.
II° GRADO: Immergere la parte in acqua fredda e dare da bere per riequilibrare la perdita di liquidi.
Medicare con garza sterile.
Se la bolla si rompe è necessario procedere alla medicazione come per le ferite.
Usare tubulare di rete per mantenere aerata la lesione
In ogni caso, poiché le ustioni di II grado sono molto suscettibili alle infezioni:
non toccare la parte lesa;non rompere le vescicole;
non mettere lozioni, unguenti o grassi sulle ferite. Comunque, bisogna tenere presente che le ustioni di dimensioni superiori ad una moneta devono essere curate in un Pronto Soccorso Ospedaliero.

III ° GRADO: Non togliere i vestiti se incollati alla pelle per evitare l’aggravamento delle lesioni.
Coprire le lesioni con garza sterile.
Dare da bere.
Posizione anti-shock.
Ospedalizzazione.  

Le punture di insetti

Le punture di api, vespe e calabroni sono, di solito, più dolorose ed allarmanti che pericolose.
Alcune persone, tuttavia, sono allergiche a questi veleni e possono sviluppare una grave reazione che è lo shock anafilattico.

Molti insetti introducono nella pelle un pungiglione, altri il loro siero.


Primo soccorso
Si può provare ad estrarre il pungiglione con pinzette disinfettate, senza premere e senza insistere. Bisogna tenere presente che sono elementi pericolosi: il numero elevato di punture; il luogo della puntura (faccia, lingua e gola per il rischio di edema della glottide, occhio); sensibilità individuale accentuata (bambino, soggetto allergico). In caso di shock o di edema della glottide portare d’urgenza in un centro di rianimazione.

 

 

5.         LE VERRUCHE

Cosa sono
Sono delle piccole escrescenze della pelle causate da un virus. Il contagio avviene spesso in seguito alla frequentazione di piscine o spogliatoi di palestre perchè l'umidità, favorendo la macerazione della pelle, rende più facile l'attecchimento della verruca. Il periodo di incubazione è piuttosto lungo, in media 3 o 4 mesi. Sono più frequenti nei bambini e nei ragazzi, rare nei neonati e negli anziani. Nonostante siano di natura benigna, possono essere fonte di fastidio e preoccupazione.

 

Come si presentano
Il loro aspetto cambia a seconda del tipo e della localizzazione. Le verruche volgari o comuni, le più frequenti, più spesso localizzate alle dita o al dorso delle mani, meno ai gomiti, alle ginocchia, sono rilevate, di diametro variabile, a superficie rugosa arrotondata di colore grigiastro, giallo fino a bruno-nerastro. Le verruche plantari, comuni a livello della pianta del piede, si presentano come un'area callosa giallastra, rotondeggiante appena rilevata (tendono infatti ad accrescersi in profondità, per la pressione cui sono sottoposte), variamente dolorabili alla pressione.
Può esserci una sola verruche o più verruche molto piccole riunite assieme a formare una specie di mosaico. Le verruche che crescono vicino alle unghie spesso sono dovute all'abitudine di ''mangiare'' le unghie. Le verruche piane sono piccole, lisce e poco rilevate e sono quelle più frequenti nei bambini.


Cosa si deve fare
Le verruche possono scomparire pur se lentamente anche senza trattamento. Il trattamento delle verruche, che può rendersi necessario nel caso in cui vi sia dolore, per evitare la diffusione dell'infezione ad altre persone e per ragioni estetiche, può essere realizzato con farmaci, con mezzi fisici come il freddo intenso, o attraverso un piccolo intervento chirurgico. La scelta del trattamento più efficace nei singoli casi viene fatta in genere dal medico dermatologo. Le reinfezioni sono tuttavia molto frequenti anche dopo un trattamento efficace.
Fra i farmaci disponibili, quelli a base di acido salicilico, che si rivelano efficaci in un'alta percentuale di casi purché vengano impiegati correttamente e con continuità: l'applicazione deve essere giornaliera e deve proseguire almeno un mese, spesso più a lungo, avendo cura di proteggere la pelle sana intorno alla verruca (ad es. con vaselina).
L'asportazione della verruca può essere anche realizzata attraverso mezzi fisici come il freddo intenso (crioterapia a livello ambulatoriale); la recente disponibilità di un preparato (metodo Wartner) che utilizza lo stesso principio, permette di praticare questa tecnica a casa propria.
Altri trattamenti, come l'impiego di farmaci quali il dinitroclorobenzene, la bleomicina, il fluorouracile o l'asportazione chirurgica (diatermocoagulazione con curettage) e la laser-terapia sono di pertinenza medica e vanno riservati a casi particolari.

 

Alcuni suggerimenti

  • Per limitare le possibilità di contagiarsi non camminare a piedi scalzi sui bordi delle piscine, nelle docce e negli spogliatoi.
  • Per limitare le possibilità di infezione ad altre persone impiegare asciugamani e accappatoi personali e coprire le verruche (ad esempio con un cerotto) per prevenire la diffusione dell'infezione.
  • In caso di verruche periungueali, evitare di ''mangiarsi le unghie'', e non condividere con altri forbicine e lime.
  • Il ricorso al medico è opportuno oltre che per la scelta del trattamento, in caso di ricomparsa delle verruche dopo un trattamento risultato efficace, nei casi refrattari e nelle verruche plantari più difficili da trattare (es. verruche a mosaico).

 

6.        L’ECZEMA

 

L’eczema è la più comune delle malattie della pelle. Rappresenta una particolare reazione infiammatoria della cute rispetto a vari fattori interni ed esterni e comprende numerose alterazioni, le più comuni delle quali sono la dermatite da contatto, la dermatite atopica e la dermatite seborroica.

La dermatite da contatto è una malattia professionali scatenata da sostanze specifiche, tipica di fotografi, parrucchieri, estetiste, verniciatori, muratori, pulitori, personale sanitario e altri lavoratori che si trovano a maneggiare prodotti chimici particolarmente aggressivi. Si riconosce per una prima fase di sensibilizzazione, a cui segue la reazione cutanea in seguito al ripetersi del contatto con la sostanza responsabile della dermatite. Inizialmente la malattia si localizza nella zona della cute dove è avvenuto il contatto per poi svilupparsi in diverse fasi: inizia con un arrossamento cutaneo (fase eritematosa), poi sulle chiazze compaiono delle vescicole, quindi, per rottura delle vescicole, vi è fuoriuscita dell'essudato sieroso, l’essudato si rapprende in croste ed infine, quando la lesione si avvia verso la guarigione, vi è un processo di cheratinizzazione con la formazione di squame. Se il processo si cronicizza per il persistere del contatto con la sostanza, la cute si ispessisce e in seguito può estendersi in altre parti della pelle, anche lontane dalla primitiva localizzazione.

La dermatite atopica è una forma cronica di tipo allergico che produce risposte abnormi rispetto a normali stimoli ambientali. Si associa spesso alla rinite e all’asma. Le lesioni sono più frequentemente localizzate sul viso, in prossimità delle pieghe di polsi, gomiti e ginocchia. Può manifestarsi a qualsiasi età, è molto comune nei bambini e in metà dei casi sparisce entro i 18 mesi di età.
Essa è definibile come il complesso delle manifestazioni cutanee che insorge in individui atopici, vale a dire geneticamente predisposti alla iperproduzione di IgE ed allo sviluppo di altre affezioni atopiche, quali oculorinite e asma allergico.
L’esordio della malattia avviene spesso tra il primo ed il sesto mese di vita, anche se può verificarsi successivamente. La localizzazione varia in funzione dell’età. Nel neonato le prime manifestazioni interessano il volto, in particolare i lati del viso, con risparmio della zona centrofacciale, e le superfici estensorie degli arti. Nel lattante oltre al viso vengono interessate le pieghe degli arti, il collo ed il dorso delle mani. Nel bambino più grande e nell’adulto l’eczema tende a localizzarsi in aree circoscritte come la regione periorale, le palpebre, il dorso delle mani.
La terapia deve tener conto della tipologia e della localizzazione delle lesioni.
La terapia sistemica prevede l’assunzione di antiistaminici per cicli di 15-20 giorni quando il prurito è abbastanza intenso.

La dermatite seborroica è caratterizzata da una alterazione della composizione del sebo che risulta più ricco di colesterolo, trigliceridi e paraffine. Nel lattante è anche detta crosta lattea e colpisce il cuoio capelluto; si manifesta con un arrossamento e chiazze grasse, squamose, giallastre, talora si forma una spessa calotta che ricopre il capo. In ogni caso, vi è assenza di prurito.

L’eczema, in particolare la forma allergica, colpisce dal 2,4 al 7% della popolazione. In due terzi dei soggetti interessati si ha un’anamnesi familiare positiva e sono moltissimi i casi di miglioramento in seguito a cambiamenti nell’alimentazione. Molti studi hanno documentato il ruolo fondamentale delle allergie alimentari in questi disturbi, così come l’allattamento al seno è risultato fondamentale per la prevenzione. E quando l’eczema compare, nonostante l’allattamento al seno, è perché c’è stato un passaggio di allergeni attraverso il latte materno. In questi casi occorre richiedere alle madri di evitare di consumare gli alimenti a cui sono allergiche. Spesso i responsabili dell’allergia sono latte e derivati, uova, arachidi e in misura minore cioccolato, frumento e agrumi. Nella maggior parte dei casi, eliminando le cause dell’allergia la guarigione è completa. In uno studio questi tre cibi erano alla base dell’81% dei casi di eczema, mentre un altro 60% dei bambini con grave dermatite atopica aveva un test alimentare positivo per uova, latte di mucca, arachidi, frumento, pesce e soia. Teoricamente qualsiasi cibo può essere causa di allergia per cui è bene verificare quale sia l’alimento che disturba attraverso test allergologici oppure una dieta di eliminazione. Una semplice eliminazione di latte e derivati, uova, arachidi, pomodori, coloranti artificiali e conservanti determina una remissione almeno nel 75% dei casi. Pesce azzurro e mirtilli Nei soggetti che soffrono di dermatite atopica la mucosa intestinale è particolarmente permeabile per cui si ha un maggior carico antigenico sul sistema immunitario che è iperstimolato e questo porta al rischio di sviluppare ulteriori allergie o intolleranze alimentari. Un altro fattore importante sembra essere un’eccessiva proliferazione della Candida albicans (un fungo) nell’intestino. In questi casi, rimedi come l’estratto di semi di pompelmo, in grado di eliminare la candida intestinale, possono migliorare molte forme di eczema. Spesso, i soggetti che soffrono di sono costituzionalmente più portati a soffrire di un’alterazione del metabolismo degli acidi grassi essenziali e delle prostaglandine, pertanto si consiglia l’assunzione di alimenti ricchi di omega-3 come l’olio di pesce, o più semplicemente il consumo di pesce azzurro (sgombro, salmone, aringa), o di olio di lino spremuto a freddo. Altri alimenti curativi sono quelli ricchi in flavonoidi come il mirtillo (in frutti o come succo spremuto a freddo) e il tè verde. Anche lo zinco è un elemento importante nel metabolismo degli acidi grassi essenziali, bassi livelli di questo minerale sono comuni nei soggetti che soffrono di eczema, pertanto si consiglia il consumo di semi oleosi (sesamo, girasole, zucca, ecc) che ne sono particolarmente ricchi. Molto utile, in questi casi è anche l’integrazione con vitamina E ed A di cui sono molto ricchi l’olio di germe di grano, la frutta e la verdura di colore arancione. Evitare latticini e salumi.
Il fattore di maggior disturbo nell’eczema è il prurito, ma grattarsi è molto nocivo perché determina lesioni e taglietti nella cute che facilitano l’ingresso di batteri, inoltre aggrava la lichenificazione, cioè la comparsa di strati cornei e secchi sulla zona. Anche la tensione emotiva può provocare e aggravare il prurito in questi soggetti che in genere presentano livelli superiori di ansietà, ostilità e nevrosi rispetto a soggetti di controllo. In Medicina Tradizionale Cinese l’eczema è considerata una patologia da umidità e calore, vi è una componente “vento” e talora un deficit di sangue. Anche se l’eczema è secco alla base vi è uno squilibrio di milza con accumulo di umidità che non riesce a raggiungere la superficie cutanea. Il calore è visibile nel rossore delle lesioni cutanee, nell’infiammazione, e il vento nel prurito. Quando prevale il calore le lesioni sono nella parte alta del corpo (il calore va il alto), quando prevale l’umidità il prurito è minore e lesioni sono maggiormente localizzate nella parte bassa del corpo, sotto l’ombelico (l’umidità va in basso). Per quanto riguarda l’alimentazione, sono quindi da evitare i cibi che producono umidità: latticini, frutta succosa (evitare le arance, meglio le mele), eccessive quantità di verdura cruda e farine, è meglio consumare verdure cotte e cereali integrali in chicchi. Contro l’eccesso di calore occorre evitare salumi, cibi stagionati, spezie piccanti, cipolla, aglio, cozze, gamberetti, fritti e cotture alla griglia. Il calore in eccesso si trasforma in fuoco che genera il vento che può dare il sintomo del prurito (quando un bosco si incendia, il fuoco scalda l’aria che diventando più leggera si muove e si crea vento).

 

 

 

7.        LE MASTOCITOSI


Le mastocitosi sono un gruppo di condizioni caratterizzate da un anormale accumulo tessutale di cellule che normalmente sono presenti nella pelle, nel polmone, nell'intestino. La mastocitosi può essere suddivisa, sulla base della presentazione clinica, degli aspetti patologici e prognostici in 4 gruppi principali:

1) Mastocitosi Indolente, che si presenta generalmente come malattia cutanea, meno frequentemente con altre manifestazioni (sincope, malattia ulcerosa, malassorbimento, aggregati di mast cellule midollari, malattia scheletrica, epatosplenomegalia, linfoadenopatia); la prognosi diquesta forma è generalmente buona.
2) Mastocitosi associata a disordini ematologici, in questo caso la prognosi è condizionata dall'andamento della patologia ematologica
3)  Mastocitosi Aggressiva, a prognosi sfavorevole e
4)  Leucemia a mast cellule, la più rara, molto grave.
La mastocitosi cutanea, che rappresenta l'80-90%dei casi di tutte le mastocitosi, comprende a sua volta: l'orticaria pigmentosa, e la teleangectasia macularis eruptiva perstans.
L'orticaria pigmentosa è la mastocitosi cutanea classica, caratterizzata dalla presenza sulla pelle di piccole macchie brune di numero variabile. Essa però può anche rappresentare un aspetto osservabile in tutte le altre forme di mastocitosi, anche in quelle più gravi.
Le mast cellule, sono normalmente presenti nella cute. Esse contengono granuli ricchi di istamina e di altri mediatori chimici, che,se rilasciati, possono provocare prurito localizzato, edemi ed arrosssamenti.
Nell'orticaria pigmentosa si può dimostrare la presenza di mast cellule strofinando una delle macchie brune tipiche della malattia. Nel giro di pochi minuti l'area sottoposta a sfregamento diventa arrossata, leggermente rigonfia e pruriginosa: è il cosidetto segno di Darier, segno caratteristico della malattia.

 

Aspetti clinici

Spesso la condizione si manifesta già nell'infanzia, con la comparsa,spesso nei primi mesi di vita, su qualsiasi parte del corpo, di piccole macchie brune che tendono a persistere e ad aumentare di numero gradualmente, per mesi od anni. Talora, specie nell'infanzia, se le zone di cute interessate vengono strofinate è possibile la formazione di bolle sulle chiazze. Questa sensibilità tende a decrescere con gli anni.
In taluni casi tuttavia la mastocitosi può insorgere anche nell'adulto. In questi casi tende spesso a persistere a lungo.
I rischi della mastocitosi sono il rilascio acuto di mediatori, il rilascio cronico di mediatori, il coinvolgimento sistemico e la malattia sistemica rapidamente progressiva. La sindrome acuta da mediatori si manifesta con crisi vasomotorie, prurito, orticaria, nausea, vomito, diarrea, cefalea, rinorrea, tachicardia, shock. I sintomi sistemici dovuti ad infiltrazione di mastociti comprendono anemia, trombocitosi, lesioni osteolitiche, fratture, epatosplenomegalia, insufficienza epatica,  febbre, astenia, calo ponderale.
La telangiectasia eruptiva macularis perstans (TEMP) è una rara forma di mastocitosi caratterizzata dall'insorgenza di chiazzette rosse diffuse associate a teleangectasia sovrastanti (capillari dilatati ).

 

Precauzioni

Evitare eccessivo esercizio fisico e calore che possono aggravare i sintomi.
Anche alcuni farmaci possono causare una degranulazione delle mast cellule e quindi andrebbero evitati in presenza di mastocitosi molto diffusa per il potenziale aggravamento della sintomatologia. Essi includono:

  • Aspirina e salicilati (Acriptin, Vivin C, Bufferin , Aspro)
  • Codeina e morfina
  • Alcol

Indagini

L'aspetto clinico dell' orticaria pigmentosa è abbastanza caratteristico da permettere una diagnosi clinica senza ulteriori accertamenti, anche se talvolta può essere necessaria una biopsia per la conferma diagnostica. Gli studi di routine includono l'esame del sangue periferico e delle urine, i metaboliti urinari dell'istamina, la biopia del midollo osseo, indagini sull'osso, sull'intestino e sul sistema nervoso.

 

Trattamento

L'obiettivo principale è quello di controllare i segni ed i sintomi indotti dai mediatori delle mast cellule, quali sincope, ipersecrezione gastrica, crampi gastrointestinali e prurito.
Possono essere d'aiuto:

  • Antiistaminici
  • Stabilizzatori delle mast cellule
  • L'acido acetilsalicilico può essere utile ma in alcuni casi può peggiorare i sintomi per cui deve essere assunto con molta cautela
  • Steroidi topici
  • Fototerapia PUVA. E' il trattamento più efficace per l'adulto. Effettuato per diversi mesi generalmente induce una remissione o un miglioramento significativo. Sono frequenti le recidive dopo 6-12 mesi dalla sospensione. Il trattamento può essere periodicamente ripetuto.

 

 

8.1       I FORUNCOLI

Il foruncolo è causato da un'infiammazione superficiale dei follicoli cutanei. Si presenta con una parte centrale di tessuto necrotico circondata da un infiltrato nodulare duro e doloroso.
Le cause:
Nella pelle sono presenti numerosi pori, a loro volta collegati alle ghiandole sebacee. Il grasso in esso presente esercita un'azione protettiva nei confronti della pelle coprendola con uno strato sottile che ha anche la funzione di nutrire, idratare, lubrificare e rendere più elastica la cute.
Può accadere che il grasso in eccesso vada ad ostruire i pori, interagendo con i batteri presenti sulla cute. Si genera così una risposta infiammatoria con la conseguente formazione del foruncolo o pustola.
Non sempre l'ostruzione dei pori evolve in foruncolo. Ad esempio se la mistura di grasso e germi prende contatto con l'aria si formano i punti neri a causa di una reazione chimica di pigmentazione. Acne e vespaio (o favo) sono invece manifestazioni generalizzate che comprendono un numero più o meno ampio di foruncoli con un'intensa componente infiammatoria.
Le sedi più esposte sono quelle in cui la cute è più grassa e particolarmente ricca di ghiandole sebacee, come il collo e il viso e il dorso.
Durante la pubertà, a causa dell'aumento dei livelli ormonali, le ghiandole sebacee aumentano la quota di sebo prodotto. In particolare, mentre gli estrogeni hanno effetti protettivi nei confronti dell'acne gli androgeni stimolano l'iperattività delle ghiandole sebacee. Per questo motivo foruncoli e acne sono comuni effetti collaterali degli steroidi anabolizzanti.

Non devono essere mai spremuti i foruncoli, perché facilmente il materiale che esce trasmette l’infezione alla cute sana circostante, causando la formazioni di altri foruncoli. La terapia si basa sull’uso di preparazioni che facilitano la maturazione del foruncolo e ne abbreviano il decorso. Anche intervenire con impacchi caldi calma il dolore e accelera l’evoluzione. Quando è giunto a maturazione, e si presenta molle con al centro una caratteristica punta gialla, se è molto grosso, può essere necessaria la sua incisione, eseguita dal medico, per far uscire il pus e il tessuto necrotico. Talvolta si ricorre al drenaggio, perché la secrezione purulenta dura per parecchi giorni e, se il medico lo ritiene necessario, ad una cura antibiotica.

 

Alcuni consigli utili

  • Evitare di schiacciare o spremere i foruncoli: in questo modo il materiale che esce può trasmettere l'infezione ai pori circostanti causando la formazione di nuovi foruncoli
  • Per lo stesso motivo è bene evitare di grattare o toccare la zona interessata anche in presenza di prurito (le mani sono particolarmente ricche di batteri e possono peggiorare l'infezione);
  • I foruncoli possono essere schiacciati solamente quando presentano la caratteristica vescicola gialla in superficie. L'accumulo di pus può in questi casi ritardare il processo di guarigione e aumentare il rischio di cicatrici.
  • L'incisione di un foruncolo dev'essere eseguita da un medico; la procedura corretta prevede l'esecuzione di una piccola incisione (con un ago o con una siringa) sulla sommità del foruncolo. Se questa operazione viene eseguita autonomamente è bene lavare accuratamente le mani ed utilizzare una garza sterile esercitando una leggera pressione con le dita (si evita in questo modo la rottura dei capillari e si allontana il rischio di infezione).
  • Mantenere una buona igiene personale, lavarsi il viso 2-3 volte al giorno, senza esagerare con i lavaggi. Un'eccessiva pulizia cutanea rischia di seccare la pelle stimolandola ad aumentare untuosità e foruncoli.
  • I detergenti puliscono i pori in profondità facilitando l'eliminazione del grasso ed impedendo che questo li ostruisca e li infetti
  • Per una corretta igiene cutanea è sufficiente utilizzare acqua e sapone; nei casi più gravi o particolari è bene utilizzare prodotti specifici sotto consiglio di un medico specializzato.
  • I prodotti impiegati non devono essere aggressivi, per non seccare eccessivamente la pelle. E' buona regola sperimentare gli eventuali effetti collaterali di una nuova crema con un'applicazione di prova sul braccio
  • Evitare creme e cosmetici grassi, o a base d'olio perché possono aumentare l'untuosità della pelle e favorire la proliferazione dei foruncoli.
  • Dopo essersi lavati asciugarsi con delicatezza, senza strofinare ma tamponando con un soffice asciugamano
  • Lavare i capelli con regolarità poiché tra essi si accumulano batteri. Per lo stesso motivo è bene evitare di coprire i foruncoli con i capelli poiché i batteri in essi presenti possono aumentare il rischio di infezione.
  • L'esercizio fisico e la sudorazione favoriscono l'apertura dei pori e l'eliminazione di tossine, in questo modo si ostacola la proliferazione dei foruncoli.
  • Evitare o diminuire lo stress, sia fisico che psichico e curare l'alimentazione, in questo modo si eliminano alcuni fattori di rischio che concorrono alla formazione dei foruncoli.
  • Due fattori principali influenzano la comparsa dei foruncoli: l'ereditarietà della patologia e l'equilibrio ormonale. Pertanto in alcuni soggetti, nonostante il rispetto dei consigli riportati in questo articolo, i foruncoli possono comunque comparire con una certa frequenza.

FAVO
Che cos'è
Il favo o vespaio è un insieme di foruncoli più o meno stipati ,con un’intensa componente infiammatoria e necrotica: il pus che si forma fuoriesce in parecchi punti della cute interessata. Determina spesso una compromissione dello stato generale, febbre e malessere. Frequente è la localizzazione alla nuca, al dorso ed ai glutei.
Terapia
La cura è essenzialmente chirurgica. E’ necessario incidere per poter asportare tutto il materiale purulento e il tessuto necrotico compreso nella parte infetta. Gli antibiotici vengono prescritti per debellare in modo definitivo l'infezione.

 

 

8.2       L’ACNE

Con il termine acne ci si riferisce ad una malattia della pelle caratterizzata da un processo infiammatorio delle unità follicolo-sebacee, cioè del follicolo pilifero e della ghiandola sebacea annessa, che si estrinseca clinicamente con aspetti polimorfici: dal semplice comedone a papule, pustole fino anche a noduli ed esiti cicatriziali. L'acne è identificabile dalla presenza, più o meno evidente, dei comedoni. Il comedone, la lesione elementare dell'acne, è una dilatazione dell'orifizio follicolare contenente un materiale biancastro o brunastro costituito da lipidi, cheratina, pigmenti melanici, peli e batteri. Se l'orifizio è ben dilatato, il comedone è aperto e riconoscibile sulla cute come un punto di dimensioni pari ad una capocchia di spillo di colore nero (volgarmente chiamato punto nero, il colore è dato dalla presenza di pigmento melanico), se l'orifizio è invece molto piccolo, si parla di comedone chiuso percepibile al tatto come un granello di sabbia (altrimenti chiamato punto sottopelle) che è una microcisti a livello del follicolo.


VARI TIPI DI ACNE

Acne endogena

  • Acne volgare o giovanile
  • Acne conglobata
  • Acne fulminans
  • Acne rosacea

Acne esogena

  • Acne meccanica
  • Acne iatrogena
  • Acne cosmetica

Pseudoacne

 

 

1. Acne endogena

 

Acne volgare o acne giovanile o polimorfa

Si tratta di una dermatosi cronica multifattoriale, localizzata nelle sedi seborroiche (viso, spalle, dorso, regione pettorale del torace) che esordisce tipicamente alla pubertà con tendenza all'attenuazione o remissione intorno ai 20 anni di età colpisce il follicolo pilifero (zona di crescita del pelo). Raro, ma non eccezionale, il protrarsi fino al IV decennio. Esistono fattori predisponenti genetici e razziali. Esistono due tipi di acne giovanile:

  • non infiammata: entrano in gioco l'ipersecrezione sebacea (eccesso di produzione da parte delle ghiandole sebacee) ed i comedoni;
  • infiammata: entrano in gioco l'ipersecrezione sebacea, comedoni e batteri.

L'estetista può agire solo nell'acne non infiammata eliminando i comedoni.

Fattori di rischio

Tra i vari fattori di rischio, troviamo il sesso (nei maschi assume caratteri più accentuati), l'età adolescenziale (a causa dell'increzione di ormoni androgeni), il clima caldo-umido e i prodotti cosmetici oleosi. Praticamente il 100% dei giovani (maschi e femmine) presentano nell'arco della loro adolescenza delle manifestazioni acneiche.

 

Eziopatogenesi

Probabilmente a causa degli ormoni androgeni si osserva, oltre ad una comprovata aumentata secrezione sebacea, delle alterazioni della cheratinizzazione della parte inferiore dell'infundibolo pilifero, porzione che normalmente non cheratinizza; questo, associato ad un'osservata aumentata adesività dei cheratinociti, provoca l'ostruzione dell'orifizio follicolare con formazione del comedone. All'interno del comedone si trovano anche lipidi e batteri, tra cui il Propionibacterium acnes, i trigliceridi in particolare, ad acidi grassi liberi che passano nei derma attraverso la parete del comedone. Si sviluppa così un vero e proprio focolaio flogistico, con richiamo di altri neutrofili e sviluppo di una papula e poi di una pustola follicolare.

Clinica

In base alla lesione predominante si distinguono quattro forme cliniche:

  • comedonica
  • papulo – pustolosa
  • nodulo cistica
  • cheloidea

La forma nodulo cistica è una forma più grave delle prime due.

Terapia

L'approccio terapeutico intende risolvere i fattori che intervengono nella patogenesi dell'acne. Dal momento che è un malattia multifattoriale, si può agire su più fronti, con interventi proporzionati alla gravità clinica. Come norma generale, e come unico presidio nelle forme particolarmente lievi, è raccomandata una accurata pulizia della pelle attuabile con detergenti non aggressivi da non applicarsi più di due volte al giorno. Lavaggi più aggressivi e frequenti otterrebbero l'effetto opposto a quello desiderato stimolando un'accentuazione della produzione sebacea ed un'alterazione della flora normale associata.
Per normalizzare il processo di cheratinizzazione: acido retinoico (tretinoina 0.05% per iniziare, poi si può abbassare il dosaggio, gli effetti sono visibili entro le 6 settimane di applicazione regolare una volta/24 ore), acido azelaico 20%.
Sarebbe da evitare l'uso dei cortisonici per gli importanti effetti collaterali.
Alcuni studiosi ritengono che l'esposizione al sole può determinare un miglioramento del quadro, probabilmente per l'azione immunosoppressiva dei raggi solari che riducono quindi la componente flogistica, per l'aumento dello spessore dello strato corneo e per l'effetto confondente dell'abbronzatura. In realtà però quello che si ottiene è solo un temporaneo mascheramento dell'acne, non un reale miglioramento. Al termine dell'esposizione agli UV l'acne riappare, spesso in forma ancor più grave. Questo spiega anche il peggioramento post-estivo che molti ragazzi affetti da acne sperimentano nei mesi di settembre ed ottobre.

 

Acne conglobata

Si tratta di forma cronica e grave, caratterizzata dalla presenza di lesioni nodulari e cistiche con tendenza alla pseudoascessualizzazione (ciò significa che l'ascesso che si forma contiene pus sterile o con rappresentanti della flora normale associata, quindi non un ascesso vero e proprio)

Epidemiologia

Dal punto di vista epidemiologico e una forma non rara, il paziente tipo è maschio ed ha un'età compresa tra la pubertà ed il IV decennio di vita.

Clinica

Le regioni più colpite sono il dorso ed il torace, il viso è di norma non interessato. Nella donna le lesioni si distribuiscono peculiarmente alle sedi di ghiandole apocrine, zone ascellari, mammarie ed inguinali. In questo quadro si iscrive una forma di acne conglobata caratterizzata dalla formazione di grossi ascessi con tendenza alla fuoriuscita di materiale liquido simil-pus ma sterile, con esiti cicatriziali importanti.
Se si localizza al cuoio capelluto, il quadro risultante si caratterizza per la formazione di ascessi con esiti in alopecia cicatriziale Il decorso è cronico.

Eziopatogenesi

Sconosciuta, probabilmente il ruolo principale è giocato da una particolare e personale reattività immunitaria

Diagnosi

Le sedi, l'età, il risparmio del viso (diagnosi differenziale con la forma nodulo cistica dell'acne volgare), la presenza di comedoni con orifizi multipli facilmente specillabili e talora comunicanti.

 

Acne fulminans o Acne acuta febbrile ulcerativa

Si caratterizza per la presenza di lesioni papulo-nodulari con tendenza ad ulcerarsi, che si localizzano al tronco ma di norma non al viso, associate ad una sintomatologia sistemica (leucocitosi, febbre). Probabilmente è una reazione immunitaria  nei confronti di alcuni antigeni del Propionibacterium acnes.

Acne rosacea

In questo tipo di acne le pustole interessano soprattutto l’area centrale del viso e sono accompagnate da teleangectasie (la comparsa del reticolo rosso dei capillari chiamato anche couperose) e dall’ingrossamento delle ghiandole sebacee. Colpisce soprattutto gli adulti, e i casi prima dei trent’anni sono piuttosto rari. E’ più frequente nelle donne, ma sono gli uomini a presentare le manifestazioni più gravi. Interessante notare che la tendenza ad arrossire in volto (per le emozioni, per il caldo, per l’effetto dell’alcol..) è una condizione predisponente. L’acne rosacea se diviene cronica può causare anche infiammazioni dell’occhio potenzialmente pericolose.
L’eruzione da farmaci si distingue perché le pustole, che si presentano un po’ dappertutto, sono tutte allo stesso stadio di sviluppo.

 

Cure popolari per acne giovanile

In considerazione della grande diffusione dell'acne sono sempre stati impiegati rimedi popolari, erbe medicinali e tutto quello che l'armamentario terapeutico empirico metteva a disposizione. In particolare sono state impiegate sostanze che svolgono le seguenti funzioni:

  1. regolano la flora batterica naturale (sale, fosfolipidi),
  2. aggiungono sostanze lenitive ed antinfiammatorie,
  3. hanno blanda azione antisettica (ad es. estratto di lavanda),
  4. hanno blanda azione sebo-regolatrice (ad es. estratto di bergamotto).

Alcuni di questi rimedi hanno un reale valore terapeutico. Nel caso si fosse interessati a questi rimedi, è necessario rivolgersi ad un medico esperto in fitoterapia.

2. Acne esogena

Acne meccanica

Dermatosi a presentazione clinica simile all'acne dovuta a ripetuti traumatismi locali, dovuti per esempio a particolari indumenti od attrezzature, fibbie.

Acne iatrogena

Si tratta di una forma di acne volgare provocata o aggravata dall'assunzione di alcuni farmaci, come barbiturici, androgeni, corticosterodi, alcuni antidepressivi, vitamina B12.

Acne cosmetica

È una manifestazione acneica dovuta all'uso di cosmetici o altre preparazioni per uso topico contenenti principi comedogenici, come gli oli minerali e la lanolina.

 

3. Pseudoacne

Sono delle dermatosi simile all'acne ma che non possono essere considerate acne perché non ne è reperibile la lesione elementare, cioè il comedone.

 

9 .        LA CHEILITE GRANULOMATOSA
La cheilite granulomatosa, può rappresentare un aspetto della sindrome di Melkersson Rosenthal, che nella sua espressione completa comprende edema orofacciale a carico prevalentemente del labbro, paralisi facciale periferica ricorrente e lingua scrotale.
La cheilite granulomatosa, in cui le alterazioni infiammatorie sono confinate alle labbra, viene generalmente considerata una forma monosintomatica della sindrome.
E’ stata riportata in varie parti del mondo ed interessa entrambi i sessi. Le manifestazioni più precoci possono insorgere già nell’infanzia o nell’adolescenza, oppure più tardivamente sia in età adulta che avanzata. La manifestazione più precoce è costituita da un’improvvisa tumefazione del labbro, più spesso il superiore. Altre aree colpite sono, in ordine di frequenza decrescente, il labbro inferiore, una o entrambe le guance, fronte, palpebre e persino un lato del cuoio capelluto. Gli attacchi possono essere accompagnati da febbre o da lievi sintomi costituzionali, come cefalea e disturbi visivi. Si può associare perdita del gusto e riduzione della secrezione salivare.
Mentre all’inizio l’edema regredisce completamente in ore o giorni, dopo una serie di attacchi ricorrenti ad intervalli irregolari la tumefazione tende a diventare persistente incrementandosi progressivamente. La consistenza del labbro, inizialmente morbida, diventa sempre più dura, acquisendo la “consistenza della gomma dura”. La paralisi facciale, presente nel 30% circa dei casi, può precedere gli attacchi di edema di mesi o anni, ma generalmente è più tardiva; può essere parziale o completa con carattere intermittente o permanente e localizzazione unilaterale o bilaterale. Altri nervi cranici (olfattivo, acustico, glossofaringeo, ipoglosso) possono essere occasionalmente coinvolti, così come il sistema nervoso centrale, il cui interessamento è piuttosto aspecifico con possibilità di aspetti psicotici e neurologici.

10.       LA PSORIASI
La psoriasi è una dermatosi cronico-recidivante frequente che interessa il 2% della popolazione. Si tratta di una malattia poligenica che può essere scatenata da fattori favorenti esogeni (traumatismi locali) o endogeni (infezioni, farmaci, gravidanza, dieta, stress). L’insorgenza della malattia, può avvenire a qualsiasi età, ma è più frequente tra i 10 ed i 30 anni.
Le manifestazioni cliniche sono molto variabili da paziente a paziente. Generalmente si osservano chiazze eritemato-squamose a limiti netti, di forma rotondeggiante o ovalare, di grandezza variabile da pochi mm a svariati cm, ricoperte da squame argentine, polistratificate, che tendono a localizzarsi preferenzialmente a gomiti, ginocchia, superfici estensorie degli arti, regione lombosacrale e glutei, cuoio capelluto, palmi e piante; il volto è solitamente risparmiato. Tipico è inoltre l’interessamento ungueale.
Esistono numerose varianti della malattia in relazione alla localizzazione, alla tipologia delle lesioni ed alla gravità: la forma invertita interessa le pieghe con lesioni eritematose che presentano desquamazione scarsa o assente; la follicolare è caratterizzata da lesioni a testa di spillo in corrispondenza dei follicoli piliferi, la guttata è spesso preceduta da un’infezione streptococcica e si presenta disseminata con lesioni rotondeggianti di piccole dimensioni, la palmoplantare si manifesta spesso con una cheratodermia con squame non facilmente staccabili o con pustole sterili incassate nello strato corneo.
La psoriasi non compromette lo stato generale; esistono tuttavia forme gravi quali la psoriasi pustolosa, caratterizzata dalla presenza di pustole sterili isolate o confluenti e la psoriasi eritrodermica, che interessa tutto l’ambito cutaneo, accompagnate spesso da rialzo febbrile, malessere generale, disidratazione che richiedono l’ospedalizzazione. Oltre che la cute la psoriasi può interessare le articolazioni. La psoriasi artropatica si associa frequentemente ad onicopatia psoriasica, la gravità non è correlata all’intensità delle manifestazioni cutanee e i distretti più interessati sono le articolazioni distali delle mani e dei piedi e le sincondrosi sacro-iliache.
La gravità ed il decorso della psoriasi mostrano una straordinaria variabilità da paziente a paziente. Da un lato la maggior parte dei casi presenta forme leggere o moderate, dall’altra sono possibili forme gravi ed estese che richiedono trattamenti frequenti per via generale. Anche le esacerbazioni della malattia sono molto variabili; l’esposizione al sole è comunque benefica e permette sovente remissioni anche spontanee e prolungate.

 

Fonte: http://www.massimoparisi.it/docs/Dermatologia%20(elementi%20base%20-%20Corsi%20professionali%20per%20Parrucchiere%20ed%20Estetiste)/Dermatologia%20(elementi%20base).doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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