Donne nella storia

 

 

 

Donne nella storia

 

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Donne nella storia

 

 

 

 

 

 

La

“grande guerra”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Seconda

guerra mondiale

 

 

 

La dignità

del lavoro

 

 

Il settore

industriale

 

 

 

 

 

Il settore dei

servizi

 

 

 

Parità e

lavoro

 

 

 

 

 

 

Le prime

voci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Donna e

rivoluzione

 

 

 

 

 

 

 

La lotta

suffragista

 

 

 

 

 

 

 

 

Il femminismo

 

La donna nella storia

Il ventesimo secolo: la lotta per i diritti

 

La donna e il lavoro

Il primo fenomeno d’inserimento in massa delle donne nel mondo del lavoro si ebbe durante la Prima guerra mondiale tra il 1914 e il 1918. A partire dal 1915, col protrarsi della guerra, fu necessario provvedere a riaprire alcune fabbriche di vitale importanza per le esigenze belliche. I governi fecero allora appello alle donne affinché occupassero i posti e le mansioni che fino a quel momento erano considerati maschili. Il fatto accelerò l’integrazione femminile nella produzione sia agricola sia industriale e nei servizi. Parteciparono alle numerose rivendicazioni che ebbero luogo in quegli anni, reclamando aumenti salariali e protestando contro l’incremento dei prezzi. L’inserimento nel mondo del lavoro non diminuì i loro impegni domestici, che veniva alleviato con l’istituzione all’interno degli stabilimenti di asili per i figli delle lavoratrici (furono le donne anziane  a dedicarsi alla cura dei piccoli e delle case, mentre le più giovani si recavano in fabbrica).

Alla fine della guerra i governi facevano pressione affinché lasciassero le attività e tornassero alle loro mansioni “naturali”, la cura della famiglia e del focolare. Molte accolsero l’invito, altre dovettero adattarsi a svolgere quei compiti che gli uomini rifiutavano, altre ancora rifiutarono di tornare agli antichi ruoli: il servizio domestico e l’agricoltura. 

La guerra mutò anche l’atteggiamento femminile nei riguardi del movimento operaio. Il numero delle donne iscritte ai sindacati aumentò e vennero così costituite nuove associazioni sindacali specificamente femminili.

La guerra mostrò quanto poteva valere la manodopera femminile come manodopera di riserva. Le nuove tecnologie richiedevano più destrezza e velocità che non muscoli e resistenza fisica.

 

Il lavoro femminile dopo la Seconda guerra mondiale

Nel secondo conflitto mondiale, nel settembre del 1936, si ripeté la stessa situazione che si era già verificata vent’anni prima. Le donne vennero massicciamente inserite negli ambiti produttivi per ricoprire i posti lasciati vacanti dagli uomini e il loro inserimento nel mondo professionale conobbe un certo incremento.

La struttura interna del lavoro femminile conobbe grossi cambiamenti grazie ad una nuova concezione del lavoro stesso, visto come realtà necessaria che dava dignità alla donna. L’affermazione di questa idea favorì l’impiego di un numero sempre elevato di donne in età giovanile, di donne sposate e di donne delle classi medie. Le donne del ceto operaio abbandonavano il lavoro salariato solo quando le condizioni economiche lo consentivano. A partire dalla Seconda guerra mondiale, la presenza delle lavoratrici si concentrò in quei settori d’attività già occupati dall’inizio del secolo; per contro si verificò un calo nella percentuale di donne impegnate nell’agricoltura dovuto al loro passaggio all’industria. Allo stesso modo diminuì il numero di donne impegnate nel sevizio domestico e come nutrici, a causa dei cambiamenti intervenuti nella vita privata: molto domestiche si avviavano al lavoro in fabbrica. Il terziario conobbe un aumento progressivo di lavoratrici (come segretarie, telefoniste e altro),grazie all’inserimento di operaie più qualificate e soprattutto donne di classe media.

I posti di telefonisti e infermieri erano ricoperti da donne e ugualmente il commercio al minuto era nelle mani femminili, così come le attività di pulizia, parrucchiera, tintoria… La medicina, l’ingegneria, l’avvocatura e altro, cominciarono la presenza femminile era ancora minoritaria ma in costante crescita . L’insegnamento si dimostro l’unico ambito con un a rilevante partecipazione di donne, maggiore nella scuola primaria.

La discriminazione non scomparve dal mercato del lavoro: le donne continuarono ad occupare le categorie inferiori, i lavori routinari e peggio remunerati nella scala professionale. Si verificò a partire dalla Seconda guerra mondiale una  dei lavori tra uomini e donne. Mestieri che in precedenza erano    stati degli uomini si andarono “femminizzando”, perdendo il loro prestigio sociale e allo stesso modo vennero create nuova professioni femminili. Solo i paesi socialisti ruppero questo schema di valori e le donne poterono accedere a professioni più qualificate in competizione degli uomini: l’ingegneria, la medicina.

 

La donna e la lotta per l’emancipazione

Le prime battaglie per i diritti della donna ebbero inizio nella seconda metà del XIX secolo. I movimenti femminili perseguivano degli obiettivi: i diritti legali, lasciando in secondo piano la parità nel lavoro; erano guidati dalle donne delle classe media, che rivendicavano l’uguaglianza davanti alla legge e la possibilità di cedere al voto.

Negli Stati Uniti, le prime rivendicazioni femministe sorsero con la lotta per la schiavitù. Nel 1848 si tenne a New York la prima convenzione sui diritti della donna, le cui risoluzioni invocavano la parità di trattamento in diversi campi: il matrimonio, il lavoro salariato, la proprietà e infine la custodia dei figli.

Wyoming fu il primo stato a concedere il voto (1869), mentre nel resto del paese la popolazione femminile non poté godere di tale diritto fino al 1920.

In Europa la lotta per conseguire questi diritti cominciò solo nei primi anni del XX secolo.

A partire dal 1903, in Inghilterra, si formo un movimento suffragista quando Emmeline Pankhurst creò l’”Unioine sociale e politica delle donne”(WSPU), un’organizzazione femminile interna al partito laburista. Il movimento ricorse sia a mezzi pacifici e politici, sia alla lotta violenta con la forza dell’ordine: per la prima volta nella storia le donne finirono in carcere per difendere i loro diritti.

In occasione della Prima guerra mondiale, il movimento suffragista si scisse in due correnti:

  1. quella riformista che rivendicava il diritto di voto solo per la donne che sapevano leggere e scrivere;
  2. quella socialista , secondo la quale la lotta femminista non poteva prescindere dal radicale cambiamento della società capitalistica e che di fronte al conflitto si manifestò  un’attitudine pacifista.

La battaglia delle “suffragette” continuò anche nel dopoguerra e fino al 1928 la donna britannica non poté votare con le stesse modalità dell’uomo.

A dispetto delle teorie di Marx, Engels e Lenin, la rivoluzione sociale in Russia, nel 1917, dimostrò che gli obbiettivi privilegiati erano gli interessi di classe e l’emancipazione degli operai, mentre il problema dell’emancipazione femminile rimase irrisolto. La socialista Rosa Luxemburg criticò l’esperienza sovietica proprio perché aveva accantonato la questione femminile. Anche Clara Zetkin e Alexandra Kollontai sottolinearono le contraddizioni del movimento socialista, poiché erano convinte non potevano darsi due fasi per l’abolizione dello sfruttamento femminile e che una rivoluzione socialista doveva unire l’emancipazione della donna alla lotta sociale.

 

Il movimento femminista dopo la Seconda guerra mondiale

Negli anni’60, accanto alle proteste di alcune minoranze: neri, pacifisti, studenti si inserisce il movimento di liberazione femminile, con la sua lotta per cambiare il ruolo assegnato alla donna nella società.

Il “risorgimento” femminista fu accompagnato dalla pubblicazione di due test teorici:

  1. il Secondo sesso di Simone de Beauvoir , analizzava le cause storiche che avevano reso la donna l’”altro”, rispetto al mondo maschile e rivendicava la differenza all’interno dell’uguaglianza tra soggetti liberi;
  2. la Mistica della femminilità di Betty Friedan, denunciava la schiavitù del focolare e l’isolamento della donna americana, rinchiusa in casa e circondata dalle comodità moderne che invece di liberarla la incatenano con la forza sempre crescente.

Il movimento femminista ebbe un grande impulso alla fine degli anni’60 e raggiunse il suo culmine a metà degli anni ’70.

Negli ultimi anni ’60 si costituirono numerosi gruppi in tutti i paesi capitalisti e si ebbero le prime azioni e i primi riflessi sulla società. Venivano messe in discussioni le cause della distribuzione di ruoli tra uomo e donna, fonte di ogni discriminazione, le relazioni di potere fra i sessi, con tutti i conflitti che ne derivavano. All’interno del movimento coesistevano varie tendenze:

  1. la corrente riformista, che sosteneva la lotta per la parità sessuale in tutti i campi dell’attività sociale;
  2. la corrente socialista, che considerava necessaria la fine del capitalismo per la liberazione della donna;
  3. la corrente radicale, che individuava nel patriarcato l’origine dell’oppressione femminile.

Molti furono i contributi portati dal movimento femminista: i progressi nel riconoscimento dell’uguaglianza tra uomini e donne nei paesi capitalisti, sia in ambito legale sia nella pratica quotidiana. Per la prima volta le donne misero in discussione il loro ruolo sociale, rifiutando il “destino naturale” che era stato  a loro attribuito dalla fine del ‘700 e infine fecero udire la loro voce manifestando le loro rivendicazioni e rompendo il silenzio al quale erano state relegate per secoli.

Anche le istituzioni sovranazionali, quali l’ONU, si sono preoccupati per l’iniqua situazione in cui si trovano le donne nel mondo. Venne indetto il Decennio delle Nazioni Unite per la Donna, iniziato nel 1975, e la Conferenza di Nairobi, nel 1985,che servirono per stabilire un programma di uguaglianza di opportunità tra i 157 stati partecipanti. (Nonostante l’evidente progresso verso una legislazione ugualitaria, riconosciuta a Nairobi come una delle prima riconquiste della donna, restano in sospeso importanti questioni il che dimostra che non si risolvono tutti i gravi problemi delle donne…)

Gli anni’80 sono stati caratterizzati da una disgregazione del movimento femminista in molti gruppi e organizzazioni. Obiettivi nuovi sono stati perseguiti, tra cui spicca la depenalizzazione dell’aborto e il divorzio. Anche le istituzioni europee hanno deciso di impegnarsi in una politica non discriminatoria nei confronti delle donne. La crescente coscienza femminile si è andata diffondendosi in tutta la società.

 

 

L’immagine della donna

 

Il XX secolo è quello che ha segnato maggiormente l’affermazione delle donne nello spazio pubblico e nella conquista dei loro diritti sul piano della vita privata. Nelle società occidentali, gli ultimi decenni hanno visto modificarsi il loro status giuridico, le condizioni della loro indipendenza, il accesso a certe forme di potere e alla creazione artistica. Il XIX secolo, con la diffusione e l’imposizione di una morale conservatrice, aveva imbavagliato le donne delle classi agiate e sfruttato le più povere al limite di ogni tollerabilità. Le opere di Friedrich Engels per l’Inghilterra e Emile Zola per la Francia descrivono quanto siano costati alle donne la modernizzazione del lavoro in fabbrica, l’urbanizzazione. La loro condizione è potuta migliorare solo a prezzo di dure battaglie, quando si sono associate all lotte operaie cercando di far sentire la voce della specificità femminile

Oltre alla lotta perseverante e coraggiosa si sono prodotti eventi, talvolta tragici, che hanno contribuito ad accelerare l’evoluzione della condizione femminile. Innanzitutto le guerre: con la mobilitazione di qualsiasi tutta la popolazione maschile, le due guerre hanno aperto alle donne l’accesso agli impieghi occupati dagli uomini, non solo nei settori dell’industria legati alla produzione bellica, ma anche in funzioni riservate agli uomini. Le donne hanno così lasciato l’universo familiare per affrontare il mondo del lavoro e ciò ha profondamente trasformato le mentalità, le aspirazioni e ha fatto prendere coscienza delle capacità produttive e intellettuali delle donne. Finita la guerra, la situazione si è invertita, con i governi che incoraggiavano le donne a ritornare a casa per restituire il posto agli uomini di ritorno dal fronte. I progressi della tecnologia hanno favorito l’affrancamento dagli obblighi domestici; i nuovi strumenti, le nuove macchine, ma anche i nuovi modi di preparazione dei prodotti a seguito della razionalizzazione della produzione facilitano l’adempimento delle funzioni tradizionali del preparare da mangiare, pulire e curare la casa. Negli anni ’70, il controllo legalizzato delle procreazione e l’aborto ha liberato inoltre le donne dalle gravidanze indesiderate. Gli ostacoli al controllo delle nascite, legati sia alle pressioni di tipo religioso che alle condizioni dei Paesi in via di sviluppo, costituiscono per molte donne un fardello. Anche nei Paesi “ricchi” esistono molti altri freni alla libera affermazione delle donne: per esempio l’avanzare della crisi economica  e il diffondersi delle famiglie con un solo genitore, in cui le donne svolgono le funzioni di capofamiglia e si assumono da sole la responsabilità dell’educazione dei figli e del loro mantenimento, le conducono molto spesso all’emarginazione.

E’ incontestabile che le donne abbiano superato una dopo l’altra le barriere imposte dagli uomini. E’ cambiata la loro mentalità: ormai è accettato che una ragazza debba preoccuparsi del proprio futuro professionale allo stesso modo di un ragazzo; il matrimonio non è più l’unico scopo della vita, l’indipendenza economica e la possibilità di disporre liberamente il proprio corpo e della propria anima.  

Il cammino da percorrere delle donne è ancora lungo, persistono ancora discriminazioni nel mondo del lavoro, sia per i salari che per le assunzioni, e non sono scomparsi gli ostacoli che sbarrano l’accesso a certe professioni, anche se alcune coraggiose riescono a superarli. I rapporti umani  generati da questi profondi mutamenti pongono nuovi problemi a entrambe i sessi.

 

 

 

 

Fonte: http://www.f3derico.altervista.org/donna_nella_storia.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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La storia della festa delle donne e le conquiste sociali


L'8 marzo ha radici lontane. Nasce dal movimento internazionale socialista delle donne. Era il 1907: Clara Zetkin (che nella prima guerra mondiale fondò la Lega di Spartaco) dirigente del movimento operaio tedesco organizza con Rosa Luxemburg (teorica della rivoluzione marxista che fondò il partito socialista polacco e il partito comunista tedesco) la prima conferenza internazionale della donna.
Ma la data simbolo è legata all'incendio divampato in un opificio (Cottons) di Chicago nel 1908, occupato nel corso di uno sciopero da 129 operaie tessili che morirono bruciate vive.
Nel 1910 a Copenaghen, in occasione di un nuovo incontro internazionale della donna si propone l’istituzione di una GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA, anche in ricordo dei fatti di Chicago.
Successivamente la giornata comincia ad essere celebrata in varie parti del mondo e anche in Italia durante e dopo la prima guerra mondiale (1914-18). La tradizione, nel nostro Paese, viene interrotta dal fascismo. La celebrazione riprende durante la lotta di liberazione nazionale come giornata di mobilitazione delle donne contro la guerra, l’occupazione tedesca e per le rivendicazioni di diritti femminili. Nascono i gruppi di difesa della donna collegati al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che daranno origine all’UDI (Unione Donne Italiane).
Nel 1946 l’UDI prepara il primo 8 marzo nell’Italia libera, proponendo di farne una giornata per il riconoscimento dei diritti economici, sociali e politici delle donne. Sceglie la mimosa come simbolo della giornata.
La vera "esplosione" in termini di popolarità e di partecipazione, l'8 marzo l'avrà negli anni ’70. Anni che segnano la collaborazione dei movimenti femminili e femministi che, tra l'altro, operano attivamente per la legge di parità, per il diritto al divorzio e all’aborto. La prima manifestazione femminista, risale infatti al 1972 e si svolse a Roma. Ma il top, la celebrazione dell'8 marzo, lo raggiunge nel 1980, con una grande manifestazione unitaria in cui confluiscono per la prima volta tutti i movimenti femminili e femministi.
In conclusione possiamo dire che il percorso dell'8 marzo si snoda in quasi un secolo di storia che ha visto nascere movimenti politici, guerre, ideologie, ricostruzioni. Un cammino lungo e complesso per le donne di tanti paesi, più volte interrotto, ma che con grande tenacia è sempre stato ripreso con l'obiettivo dell'emancipazione e della liberazione delle donne.
Nel 2001 si volta pagina: la tragedia delle Torri Gemelle a New York e la guerra in Afghanistan rimettono in campo i pericoli legati ad una possibile restrizione di diritti e di libertà per l'intero pianeta, ma, soprattutto per le donne e i bambini. L'atto terroristico ha anche riportato all'attenzione il dramma delle donne afgane, di quelle palestinesi e di tutte quelle che nel mondo non godono dei diritti e delle libertà. Safiya (la donna nigeriana condannata alla lapidazione) è diventata il simbolo di queste sofferenze.
Le donne e le conquiste del '900
Diritto di voto. Il 2 giugno 1946 l'Italia va alle urne per il referendum istituzionale.
Per la prima volta il voto viene esteso alle donne.
· Parità salariale. Art. 37 della Costituzione, regolato da una legge solo nel 1957 in
applicazione di una convenzione internazionale del BIT. Con un accordo
interconfederale del 1960, si decide l'eliminazione dai contratti collettivi nazionali di
lavoro delle tabelle remunerative differenti per uomini e donne. Viene così sancita la
parità formale e sostanziale tra uomini e donne nel mondo del lavoro. Le clausole di
nubilato vengono definitivamente vietate con la legge n.7 del 1963.
· Divorzio. Legge n. 898/1970: approvazione del divorzio. 12 maggio 1974:
vittoria del NO al referendum popolare per l'abrogazione della legge.
· Maternità. Legge n.1204/1971: viene estesa la tutela della maternità alle lavoratrici
dipendenti. Amplia ed estende i diritti introdotti dalla prima legge (Legge n. 860
varata nel 1950) sui diritti e le tutele delle lavoratrici, che definisce per la prima volta
le assenze per maternità, ore di allattamento e divieto di licenziamento entro il
primo anno di vita del bambino.
· Asili nido. Legge 1044/1971: l'obiettivo è realizzare un servizio a supporto delle
famiglie e soprattutto delle donne, onde favorirne la permanenza nel mondo del
lavoro anche dopo la nascita dei figli. Si è voluto inoltre affermare il diritto del
bambino alla socializzazione e allo sviluppo armonico della sua personalità.
· Diritto di famiglia. Legge n.151/1975: viene varata la riforma del diritto di famiglia
che introduce la parità tra uomini e donne nell'ambito familiare. In attuazione del
principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, la potestà sui figli spetta a
entrambi i coniugi, che hanno identici diritti e doveri, e non più solo al padre.
· Legge di parità (in materia di lavoro). Legge n. 903/1977: ha rappresentato la più
importante svolta culturale nei confronti delle donne. Si passa dal concetto di tutela
per la donna lavoratrice al principio del diritto di parità nel campo del lavoro.
Vengono introdotte norme più avanzate in materia di maternità e primi elementi di
condivisione fra i genitori nella cura dei figli. Nel marzo 2000, con la Legge n. 53 sui
"congedi parentali", questa legge ha recepito i nuovi diritti di paternità in materia di
assenza facoltativa.
· Interruzione volontaria della gravidanza. Legge n.194/1978: "Norme per la tutela
sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza". La legge ha
come scopo principale la prevenzione delle gravidanze indesiderate, oltre che
contrastare l'aborto clandestino.
· Legge pari opportunità (Azioni positive). Legge n.125/1991: fortemente voluta dalle
donne, questa legge è uno strumento in grado di intervenire e rimuovere le
discriminazioni e far avanzare l’idea di uguali opportunità uomo-donna nel lavoro.
La L.125 ha rappresentato un importante passo avanti per rendere visibile e
valorizzare la presenza e il lavoro delle donne nella società, nel lavoro e nella
famiglia. Purtroppo resta ancora sostanzialmente inapplicata. Oltre 400 i progetti
approvati in 8 anni (nel 2000, modifiche introdotte dalla L.196).
· Imprenditoria femminile. Legge n. 215/1992: l'imprenditoria femminile è in forte
sviluppo; il 35% delle nuove imprese giovanili sono guidate da donne. Favorisce la
nascita di imprese composte per il 60% da donne, società di capitali gestite per
almeno 2/3 da donne e imprese individuali (promuove l'uguaglianza sostanziale,
pari opportunità economiche e imprenditoriali). Le imprese sono tenute a
mantenere la prevalenza femminile nella società per almeno cinque anni.
· Violenza sessuale.Legge n. 866/1996: stabilisce che la violenza sessuale non è più
un delitto contro la morale, bensì contro la persona. Una legge di civiltà e dignità
che rende giustizia alle donne e premia il lungo e sofferto cammino per affermare il
diritto alla sessualità libera e condivisa.
· Lavoro notturno. La legge comunitaria del 1998 stabilisce il divieto assoluto di
lavoro notturno per le donne durante la maternità e sino al compimento di un anno
di vita del bambino e il non obbligo fino a che il bambino non abbia compiuto i 3
anni; 12 anni, nel caso di genitore unico. La Legge n. 903/1977 vietava il lavoro
notturno alle sole dipendenti delle imprese manifatturiere. Con la legge varata nel
1998, si regolamenta il lavoro notturno per tutti i lavori, del pubblico e del privato.
· Assegno di maternità per casalinghe e disoccupate. Legge n. 448/1999: prevede
un'indennità di maternità per le donne che non lavorano o che svolgono il
cosiddetto "lavoro familiare". Con la Finanziaria del 2000 questo diritto viene esteso
alle cittadine dell'U.E. ed extracomunitarie con carta di soggiorno.
· Infortuni domestici. Legge n. 493/1999: riconoscimento del lavoro in ambito
domestico. Le persone tra i 18 e i 65 anni che svolgono in via non occasionale,
gratuitamente e senza vincolo di subordinazione, il lavoro domestico, hanno diritto
all'assicurazione contro gli infortuni.
· Congedi parentali. Legge n. 53 dell'8 marzo 2000: armonizza i tempi di cura, di
formazione e di relazione (tempi delle città). Si tratta di una grande conquista
sociale: la cura dei figli smette di essere prerogativa delle sole madri dal punto di
vista legislativo e coinvolge anche i padri, garantendo loro uguali diritti e tutele. Una
legge in controtendenza rispetto alle richieste dei datori di lavoro che invocano
riduzioni di salari e di diritti. La normativa punta a una maggiore condivisione dei
compiti all'interno del nucleo familiare. Si applica a tutti i lavoratori, uomini e donne,
pubblici e privati, anche autonomi, apprendisti e soci di cooperative. Prevede la
parità tra genitori naturali e adottivi o affidatari. Sia la madre che il padre possono
chiedere, anche contemporaneamente, l’aspettativa di 6 mesi entro gli 8 anni di vita
del bambino. L'età del bambino entro cui si può fruire dei permessi per malattia
viene elevata dai 3 agli 8 anni del piccolo. I padri possono usufruire del congedo
anche nei casi in cui la madre del bambino non sia lavoratrice.
· Banca del Tempo. Trattasi di un'esperienza che ha trovato una collocazione
legislativa nell’ambito della L.53 (Congedi parentali). Coniugare lavoro e vita: tra le
iniziative più utili la Banca del tempo, nella quale anziché denaro, si depositano ore.
Ore di attività da scambiare con altri "correntisti" che mettono a disposizione le ore
depositate sul proprio conto.
· Tutela e sostegno della maternità della paternità. D.L. n.151 del 26 marzo 2001:
Testo unico delle disposizioni legislative in materia di Tutela e sostegno della
maternita' e della paternita'.
· Misure contro la violenza nelle relazioni familiari. Legge n. 154 del 5 aprile 2001:
stabilisce, tra l'altro, che il coniuge violento non solo può essere allontanato
dall'abitazione familiare, ma anche costretto a pagare gli alimenti.
· Flessibilità favorevoli alla conciliazione fra il tempo di vita e quello di lavoro. Decreto
dd. 15 maggio 2001: con l'approvazione delle modalità di erogazione dei contributi
ex art. 9,comma 2, L. n. 53/2000, si dispone la concessione di contributi a carico del
Fondo per l'occupazione, in favore di aziende che applichino accordi contrattuali
che prevedono flessibilità favorevoli ai lavoratori ed alle lavoratrici.

 

Fonte: http://www.uilbasilicata.it/La%20storia%20della%20festa%20delle%20donne%20e%20le%20conquiste%20sociali.doc

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Donne nella storia

Breve profilo storico sul ruolo della donna nell’antichità

Questa sintesi, molto breve e poco approfondita, ha solo lo scopo di dare degli spunti per una discussione in classe e stimolare una riflessione sul ruolo della donna nell’antichità.

 

Preistoria

 

Paleolitico

Ricostruire il ruolo della donna in età paleolitica non  è  affatto semplice, tuttavia le tracce a noi giunte di quel periodo tanto lontano, fanno supporre che le donne non avessero un ruolo molto diverso da quello degli uomini.
Resti archeologici provano la partecipazione delle femmine accanto ai maschi in battute di caccia e faticosi trasferimenti di cose e animali, nel lungo periodo di vita nomade del Paleolitico.
Le donne  del gruppo collaboravano con gli uomini a rifornire la comunità di ciò che serviva alla sua sopravvivenza, cibo, acqua, vesti, rifugi.
A questo periodo si fanno risalire migliaia di raffigurazioni femminili: incisioni rupestri, sculture; molte  di queste sono state definite dagli studiosi “Veneri preistoriche.
Si tratta di statuette di piccole dimensioni  nelle quali spiccano i tratti fisici della donna-madre: ventri rigonfi, seni grandi etc., caratteri  che hanno fatto  nascere l’ipotesi di un culto primitivo per una non meglio identificata dea–madre,  dispensatrice di vita e fertilità.

 

Neolitico

La situazione cambiò con l’avvento del Neolitico, e quindi con la scoperta dell’agricoltura, la nuova forma di produzione portò con se un ripensamento dell’equilibrio tra i sessi; l’abbandono del nomadismo e l’affermazione della proprietà privata, quel che conta è, oltre al frutto dei campi, la possibilità di avere degli  eredi cui lasciare le terre e gli averi. La discendenza diventa  fondamento essenziale della conservazione dell’esistente, la maternità acquista perciò sacralità.
La valorizzazione della maternità destina la donna ad una vita sedentaria, non più battute di caccia ma occupazioni come la tessitura o la lavorazione del vasellame.
Ancora la figura femminile rappresenta la divinità più importante, la Grande Dea Madre è diffusa in tutto il bacino del mediterraneo e, sotto vari nomi si adora il simbolo della fertilità della terra, elemento essenziale alla sopravvivenza degli esseri umani.
Con la scoperta dei metalli e con il successivo sviluppo tecnologico, venendo meno la sudditanza passiva ai ritmi naturali della crescita delle piante, scompare il ruolo preminente della donna, e si afferma sempre più il ruolo del maschio in veste di marito, figlio, padre.
La donna madre perde il suo ruolo di “generatrice di vita” e diventa solo “nutrice”, ovvero portatrice del seme che genera la vita; ridotta così a solo strumento, la donna rientra anch’essa tra le  proprietà del maschi sia esso padre o marito: Questa situazione relega la donna , salvo rare eccezioni, ad una condizione di cronica, marginalità nei vari periodi della storia antica.

 

 

Le prime civiltà

 

In età storica la condizione della donna si presenta diversa in relazione alle caratteristiche delle comunità di appartenenza, ma accomunata da una costante: riconoscimento giuridico della persona ,solo nei casi di donne di condizione elevata, tuttavia anche in questi casi la legge pone attenzione solo ai problemi pratici relativi al ruolo di sacerdotessa, lavoratrice, madre, sposa, ma le strategie di intervento sono di solito a suo sfavore rispetto all’uomo come si può ricavare da alcuni articoli relativi alle donne del Codice di Hammurabi:

Paragrafo 129 - Se una donna è sorpresa a letto con un altro uomo, sarà legata e gettata nel fiume. Se suo marito volesse lasciarla in vita, allora anche il re la perdonerà.
Paragrafo 131 -  Se il marito di una donna sposata l’ha accusata, ma è stata sorpresa a letto con un altro uomo, l’accusata potrà giurare sulla vita del dio e tornare a casa sua.
Paragrafo 142 – Se una donna ha una causa con il marito e gli dice “ tu non fai per me”, deve presentare le ragioni della sua opinione . Se non ha colpe e non ci sono errori da parte sua, ma lui non se ne occupa e la trascura e inoltre non ci sono accuse di colpevolezza verso la donna ella potrà prendere la sua dote e tornare nella casa di suo padre.

In MESOPOTAMIA i diritti delle donne non erano uguali a quelli degli uomini, ma nei periodi più antichi erano libere di uscire per andare al mercato, di comprare e vendere e di occuparsi di questioni legali in caso di assenza dei loro uomini. La posizione delle donne fu diversa nelle varie città e cambiò col tempo; il potere e la libertà femminile cambiarono bruscamente sotto gli assiri, le cui leggi impedivano alla donna di presentarsi in pubblico
In EGITTO  la “signora della casa ”si occupava delle faccende domestiche, tuttavia la donna altolocata poteva condividere con il marito e i figli una certa vita sociale, anche  la sua posizione giuridica non era tanto diversa da quella dell’uomo, ma la possibilità di affermarsi socialmente era assai scarsa.
Il  matrimonio era un patto solo privato, il marito, dopo il banchetto nuziale portava la sposa nella sua casa e si impegnava integralmente al suo mantenimento.
In caso di divorzio il marito continuava a passare alla  ex moglie “alimenti, nella misura di un terzo rispetto alla quota definita dall’accordo nuziale. La causa più frequente di divorzio erano:  la sterilità e l’adulterio.
Se la sterilità era sempre attribuita alla donna, non andava meglio in caso di infedeltà, infatti, mentre era tollerata quella del marito che poteva, se lo desiderasse, prendere una “sposa secondaria”, l’adulterio femminile era punito  con grande severità.
Parità di trattamento aveva invece dopo la morte e poteva godere  degli stessi diritti del marito: una tomba propria ed un corredo funebre.

LA GRECIA

Nella antica Grecia il ruolo della donna risulta molto marginale e durante i vari periodi storici e nelle diverse “polis” risulta evidente un orientamento maschilista, fortemente discriminatorio rispetto alla donna.
Nell’età arcaica, il matrimonio valeva a creare legami di solidarietà tra famiglie, la donna si trasferiva nella casa dello sposo dopo che questi aveva consegnato i doni di nozze al padre della sposa che
diventava a tutti gli effetti la moglie legittima. Nei poemi omerici il matrimonio è monogamico ma ciò non esclude che gli uomini abbiano relazioni con altre donne.
La situazione della donna-moglie greca non appare molto cambiata alcuni secoli dopo come si può capire da un brano di Senofonte che riferisce i compiti della donna ai suoi tempi(430-345 a.C.): “ Al riparo si devono allevare i neonati, e sempre all’interno si deve preparare la farina prodotta dai cereali; e nelle stesse condizioni, infine si devono confezionarei vestiti di lana”. Di fatto vuole sottolineare la differenza rispetto alle attività  maschili che si svolgono prevalentemente fuori dalle mura domestiche.
Il matrimonio continua a suggellare l’alleanza tra le famiglie e la donna continua ad avere un ruolo “importante” solo nella casa che con il tempo si trasforma in una sorta di prigione; il gineceo è il quartiere domestico riservato alle sole donne( spose, figlie, ancelle) da dove era loro impedito di uscire per partecipare a qualsiasi forma di attivtà pubblica, salvo celebrazioni o feste religiose.
Ad Atene, alla sacralità della moglie  e della figlia nel gineceo, si contrapponeva il ruolo della prostituta  che svolgeva un’attività considerata tanto essenziale al bene della comunità, da essere istituzionalizzaa già dai tempi di Solone,  infatti essa dava utile sbocco alle tentazioni extra-coniugali dei maschi atenies.
Se si tenta di dare una definizione giuridica della donna ateniese la parola più appropriata è quella di “ minorenne”, infatti la donna ateniese deve avere un tutore per tutta la vita: prima il padre, dopo il marito e, in caso di morte di questo, dipenderà da figlio o dal parente più prossimo.
Una maggiore libertà sembra avere la donna spartana che lascia alle schiave i lavori domestici per dedicarsi alla pratica sportiva e alla educazione dei figli; tuttavia non possiamo parlare di ruolo importante della donna in un mondo militarizzato come quello spartano, dove la donna ha solo il compito di mettere al mondo figli robusti che le vengono strappati in tenerissima età per addestrarli alla guerra,attività esclusivamente maschile.

 

Fonte: http://www.itcgmattei.it/files/Italianobiennioigea/Desogus/Storia/Storia1/Ladonnanellastoriaantica.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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LE SUFFRAGETTE

 

Con il termine suffragette si indicavano le appartenenti a movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto delle donne (dalla parola ‘‘suffragio’’ che significa dichiarazione della propria a volontà in procedimenti elettivi o deliberati quali il voto). Inseguito la parola suffragetta ha finito per indicare, in senso lato, la donna che lotta o si adopera per ottenere rinascimento della piena dignità delle donne, coincidendo in parte il termine femminista.

 

Questo movimento è tipicamente moderno e nasce in Francia durante la rivoluzione francese, quando nel 1792 Olympe de Douges presentò al governo rivoluzionario una "Declaration des Droits des Femmes" nella quale venivano richiesti per le donne tutti i diritti civili e politici. Al di là della Manica, poi, circa una anno dopo, venne pubblicato un libro intitolato "Vindication of the Rights ofWoman" di Mary Wollstonecraft che segnò l'inizio del movimento femminista in Inghilterra. In seguito, grazie al testo dell'inglese Jhon Stuart Mill, "The Subjection of Woman" del 1869, le donne inglesi ottennero il diritto di voto nei consigli  municipali e nei consigli di contea (1880). Nel 1903 sorse un movimento politico femminista che lottò, con comizi e manifestazioni pubbliche, per ottenere il diritto di voto, o suffragio, per le donne: le militanti furono chiamate suffragette. Per fare breccia nella resistenza della società britannica, esse ricorsero, alla lotta aperta. Disturbarono i comizi dei deputati, incendiarono negozi, edifici pubblici, fino ad ottenere, nel 1918, il diritto di voto.
Per tutto l'800, le femministe statunitensi lottarono non meno tenacemente di quelle inglesi, senza ricorrere, però, ad azioni violente: loro manifestazioni tipiche furono parate, cortei con fiaccole e striscioni, comizi e marce di protesta cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica. Proprio negli Stati Uniti, tuttavia, si verificò, all'inizio del secolo, un terribile episodio che la giornata della donna ricorda tuttora: l'8 marzo 1908 morirono durante un improvviso incendio, in una azienda tessile di New York, 129 operaie riunitesi in sciopero all'interno dell'edificio.

Non riscontrando i risultati sperati, le suffragette inglesi passarono, così, a forme di protesta più violente; così nel 1912 proclamarono la "Guerra delle vetrine" prendendo a sassate ogni negozio londinese. Nel 1913 il movimento suffragista ebbe anche la sua prima martire: una giovane inglese, Emily Davinson, che si gettò sotto la carrozza reale durante un affollato derby e rimase uccisa.
Il movimento femminista aveva fatto, però, molta strada non solo in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma anche in quasi tutti i paesi d'Europa, dove le donne riuscirono ad eguagliare l'uomo in tutti i campi e ad ottenere, persino, il diritto di voto. 
La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo. L'esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti se non la perpetua tirannia che le oppone l'uomo. Questi limiti devono essere infranti dalla legge, dalla natura e dalla ragione (dalla dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, Francia 1789). Se la donna ha il diritto di salire sul patibolo deve avere anche il diritto di salire sulla tribuna (Olimpia de Gouges, autrice fatta ghigliottinare da Robiespierre nel 1793).

Durante la rivoluzione francese le donne cominciarono a rivendicare concretamente i propri diritti e la parità con l'altro sesso. La parigina Felicita de Keralio elaborò un "Quaderno delle rivendicazioni della Donna" nel quale si afferma che, facendo parte anch'essa della società, era logico che, accanto ai numerosi doveri, avesse anche dei diritti, primi fra tutti quelli politici. Furono quindi le parigine, soprattutto, a organizzare la loro protesta divulgando le loro idee e creando dei veri propri "Club Femminili". Ma i rivoluzionari uomini non accolsero le proteste, negando loro non solo il diritto di voto ma persino il diritto di associazione. I Club femminili furono quindi sciolti. 

Nonostante l'insuccesso in Francia, il movimento di emancipazione femminile dilagò in altri paesi. In Inghilterra, nel 1792, apparve una " rivendicazione dei diritti della Donna", scritta da Mary Wollstonecraft, che nei paesi anglosassoni fu considerata la Bibbia del femminismo. Ma ci volle la rivoluzione industriale perché le donne potessero dimostrare concretamente l'importanza del loro ruolo della società.
La diffusione delle idee democratiche e socialiste e la crescita dei sindacati avevano prodotto un miglioramento delle condizioni di lavoro anche della donna. Nei paesi più avanzati, infatti, furono sancite innumerevoli leggi che controllavano il numero delle ore di lavoro svolte da tutte le operaie di sesso femminile, riconoscendo a esse anche i permessi di maternità. Tuttavia, però, la donna continuò ad essere tenuta in una condizione di inferiorità sia nella vita sociale che in quella familiare: nel lavoro, per esempio, erano meno salariate rispetto agli uomini, non potevano frequentare l'università e non avevano ancora ottenuto il diritto di voto in paesi come l'Italia. Proprio per rivendicare quest'ultimo diritto, nella seconda metà dell'Ottocento, nacquero i primi movimenti delle suffragette, così chiamate perché rivendicavano il suffragio femminile.

Il movimento in Italia

In italia dopo la Prima Guerra Mondiale le suffragette ottennero i primi successi: dovettero sostituire gli uomini partiti per il fronte, lavorando nelle fabbriche e assumendo i ruoli chiave della società. Quando il conflitto ebbe termine non fu più possibile negare loro il diritto di voto. Nel 1919 le donne ottennero l’emancipazione giuridica, ampliando le funzioni di tutela, vedendosi riconosciuta la facoltà commerciale e facendo abolire l’obbligo dell’autorizzazione maritale sulla gestione dei propri beni e per rendere testimonianza in giudizio. Nel1923 le donne italiane ottennero il diritto di voto alle elezioni amministrative, ma tale diritto non trovò applicazione a causa della riforma fascista degli enti locali.
L'Italia ha raggiunto l' unità solo nel 1861: prima di allora, dalle alpi alla Sicilia, era frazionata in un mosaico di stati e staterelli talvolta persino ostili tra loro; un simile stato di cose non facilitava certo la diffusione della coscienza femminile. Nel nostro paese, quindi, la lotta per l' emancipazione della donna si accese in ritardo rispetto al resto dell' Europa, anche perché la rivoluzione industriale vi giunse solo verso la fine del secolo scorso; ma quando anche l'industria italiana dovette contare su un'alta percentuale di manodopera femminile la "questione donna" cominciò a interessare un po' a tutti. Il quadro sociale era complessivamente molto arretrato, anche per il forte influsso conservatore della Chiesa cattolica: alle donne venivano sconsigliate le attività fuori casa, le letture libere, l’istruzione superiore e universitaria.
Ai primi nuclei femminili organizzati aderirono in un primo tempo le donne della borghesia alle quali si affiancarono successivamente le masse femminili cattoliche e socialiste. 
Tra queste ultime, sostenute dal partito socialista, si distinsero in modo particolare Giuditta Brambilla,Carlotta Clerici e Anna Kuliscioff; un notevole contributo alla divulgazione della condizione femminile, da secoli relegata in uno stato di assoluta inferiorità, giunse anche dal romanzo autobiografico "Una donna" di Sibilla Aleramo. 

Nel 1910 le rappresentanti delle associazioni femminili italiane parteciparono al Primo Congresso Internazionale Femminile di Copenaghen, durante il quale l'8 Marzo fu dichiarato Giornata Nazionale della Donna. Anche le nostre suffragette, tuttavia, dovettero attendere ancora dei decenni prima di ottenere il diritto al voto. Questo venne infatti riconosciuto solo nel 1945 da un decreto di Umberto di Savoia, ultimo re d'Italia. In realtà, una proposta in tal senso era già stata fatta nel 1912 durante il governo Giolitti, che aveva concesso proprio in quell'anno, il diritto di voto a tutti gli uomini maggiorenni: ma il nostro Parlamento aveva bocciato tale proposta. 
Nonostante tutte queste dure lotte, però, possiamo affermare con certezza che la vera parità dei sessi sia stata raggiunta solo sulla "carta": cioè la stabilisce la legge ma non l' opinione pubblica; non è raro, infatti, notare persone stupirsi nel vedere una donna guidare un aereo, una nave, ... 
L' antifemminismo è ancora vivo, dunque, presso larghi strati della società: persino in coloro che -a parole - si proclamano favorevoli alla parità.


Il movimento  negli USA 

Nel gennaio del 1918, il Senato degli Stati Uniti d'America approvava, con la prescritta maggioranza dei due terzi dei presenti, il diciannovesimo Emendamento costituzionale che poneva termine, dopo settant'anni, alla lunga lotta condotta dalle suffragette americane per ottenere il diritto di voto. L'Emendamento di cui si parla così recitava: "Il diritto di voto conferito ai cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato o limitato dagli Stati Uniti o da uno degli Stati in considerazione del sesso". La nuova disposizione, per il vero, entrò definitivamente in funzione solo il successivo 26 agosto 1920, quando il Tennessee, secondo la procedura richiesta dalla Carta costituzionale, la ratificò, ultimo tra gli Stati.
Da allora, le donne americane ottennero (peraltro, precedute da poche altre fra cui le neozelandesi e le australiane) di poter votare senza alcuna limitazione. In realtà, si può dire che fu la prima guerra mondiale ad imprimere una improvvisa accelerazione alla questione e a portare alla vittoria il movimento suffragista. Infatti, quando Woodrow Wilson era entrato alla Casa Bianca il 4 marzo 1913 - dopo avere sconfitto Theodore Roosevelt e William Taft l'anno precedente - per prima cosa, aveva respinto un altro Emendamento inteso a dare il voto alle donne sostenendo che dovevano essere i singoli Stati dell'Unione e non il governo federale a controllare e decidere il diritto di voto. Un po' meno di cinque anni dopo, però, quando i soldati americani cominciarono a morire in Europa, tutto cambiò e, improvvisamente, lo stesso Wilson - confermato alla Casa Bianca nel 1916 - fu autore di una inattesa apparizione al Senato per appoggiare proprio l'approvazione di quello che diventerà il diciannovesimo Emendamento.

Nel corso dei secoli la donna è potuta diventare qualcuno, nonostante ciò, le antiche difficoltà non sono ancora completamente scomparse. La presenza della donna, più frequentemente di un tempo, nelle professioni e nelle funzioni prima riservate all'uomo, indica che la condizione femminile è senza dubbio migliorata. 

 

Fonte: http://www.ipseinaudi.lodi.it/risorse/PROGETTO_BELLINI/Word/la%20donna_vanessa_Corrales.doc

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