Elettrostimolazione

 

 

 

Elettrostimolazione

 

Principi ed effetti della elettrostimolazione muscolare (EMS)

 

1. Effetti clinici
I risultati degli studi clinici sulle EMS riportati sino ad oggi sono incoraggianti. Ognuno di essi ha dimostrato che le EMS aumentano la forza muscolare, indipendentemente dalla volontà del soggetto. Molte ricerche dimostrano che la forza muscolare viene incrementata oltre ai livelli raggiungibili con sforzi d’intensità massimale.
La figura 1, mostra i risultati delle ricerche condotte da K. Yabe all’università di Tokyo nel 1965. Supponendo che la forza muscolare massimale raggiunta per mezzo delle EMS sia del 100%, la media della forza muscolare ad uno sforzo massimale risultò essere del 78%. Ricerche eseguite da Y. Urabe sul rafforzamento muscolare dei quadricipiti femorali, rivelarono che non c’erano differenze significative fra un gruppo muscolare trattato con l’ettrostimolazioni ed un gruppo allenato con i metodi convenzionali.
Sebbene ci siano stati risultati ed opinioni differenti fra i ricercatori, l’elettrostimolazioni EMS possono essere considerate un efficace forma d’allenamento per l’incremento della forza muscolare.

 


2. Struttura e funzione del muscolo
(1) Tipi di muscolo
I muscolo può essere suddiviso in tre differenti modi: muscolo striato o volontario; muscolo cardiaco e muscolo liscio o involontario.
Il muscolo volontario include il muscolo scheletrico che dà movimento allo scheletro, e il muscolo cutaneo che agisce sulla mimica facciale.
Il muscolo cardiaco e il muscolo liscio non sono controllati volontariamente.
La maggior parte dei muscoli del corpo umano appartengono alla categoria dei muscoli striati o volontari, con circa 200 muscoli per ogni lato del corpo (400 circa in totale).
I muscoli scheletrici sono il target delle EMS.
  (2) Struttura del muscolo striato o volontario
Il muscolo striato o volontario è quel muscolo le cui fibre sono caratterizzate da fasce trasversali striate. Le fibre, ognuna delle quali è una cellula, possono essere sia corte che lunghe. Ogni cellula è un’integrazione di strutture sottili  chiamate filamenti. L’aspetto al microscopio e quello di una serie di strisce trasversali  da cui deriva il nome di muscolo striato.
Le striature trasversali dei filamenti del muscolo striato, sono chiamate bande Z e da queste si estendono sottili catene molecolari di proteine. Queste catene denominate miofilamenti, sono composte da actina e miosina..

 Nelle fibre muscolari le fasce chiare e scure, chiamate rispettivamente banda  I e banda A, si alternano l’una con l’altra. Quando vengono esaminate con un microscopio elettronico, come illustrato nella Figura 3, queste bande si presentano come sottili tubuli a T trasversali. I tubuli a T, che sono separati da reticolo sarcoplasmatico (membrana), hanno dei rigonfiamenti in entrambe le estremità, chiamate cisterne terminali, nelle quali vengono immagazzinati gli ioni Ca.

(3) Meccanismo della contrazione muscolare
Il muscolo scheletrico esercita le sue funzioni attraverso il meccanismo della contrazione. Quando avviene la contrazione muscolare, si produce il  movimento delle articolazioni e, di conseguenza, il movimento dello scheletro.
Il muscolo si contrae nel seguente modo: quando una persona decide di fare un movimento, viene generato un cambiamento del potenziale elettrico nel centro motorio del cervello ed un segnale elettrico viene trasmesso al muscolo che dovrà contrarsi.
Il segnale elettrico viene trasmesso come un cambiamento di potenziale (voltaggio),  un impulso elettrico attraverso il nervo motorio fino al muscolo da stimolare.
Dopo la ricezione dell’impulso, gli ioni Ca vengono liberati dalle cisterne causando l’avvicinamento di actina e myosina. Il risultato è che la distanza fra le fasce Z diminuisce causando così la contrazione muscolare (Figure 4).
L’energia richiesta per la contrazione viene fornita dalla scorta di zuccheri e grassi presenti nel corpo umano. In altre parole, la stimolazione elettrica non è una diretta risorsa d’energia ma funziona come strumento che scatena la contrazione muscolare.
Lo stesso tipo di meccanismo viene attivato quando la contrazione muscolare viene prodotta dalle EMS. Esse assumono in altre parole lo stesso ruolo di un impulso naturale trasmesso dal sistema nervoso motorio.
Normalmente il muscolo si rilassa e ritorna al suo stato originale al termine della contrazione.


Figura 4. : movimento dei mio-filamenti e contrazione muscolare.

(4) Contrazione singola, sommazione di contrazioni e tetano muscolare.
Il muscolo si contrae in seguito alla ricezione di uno stimolo elettrico, sia esso indotto dalle aree motorie delle SNC che dall’elettrostimolazione (EMS).
Un singolo stimolo provoca un'unica contrazione breve denominata contrazione singola. Stimoli ripetuti o l’insieme degli effetti provocati da una serie continua di stimoli applicati al muscolo, determinano una sovrapposizione di contrazioni con un incompleto rilassamento: l’effetto è conosciuto come sommazione di contrazioni.
Uno stato di intensa contrazione muscolare, causato da stimoli del sistema nervoso ripetuti ad una frequenza alta, determina un fenomeno di sovrapposizione di contrazioni senza rilassamento chiamato contrazione tetanica o tetano muscolare (Figura 5). Quasi tutte le contrazioni muscolari d’origine naturale del corpo umano sono di questo tipo.

(5) Contrazione isotonica ed isometrica
Durante il movimento di una parte del corpo la tensione muscolare rimane quasi costante sebbene il muscolo si accorci. Questo tipo di contrazione è chiamato contrazione isotonica.
Quando viene applicata un’elettrostimolazione al muscolo con entrambe le estremità bloccate, la lunghezza del muscolo rimane invariata ma la tensione e la forza variano secondo il tipo di stimolazione. Questo tipo di contrazione viene chiamata contrazione isometrica.
Ci sono poche contrazioni isometriche e isotoniche pure nel corpo umano; la maggior parte delle contrazione sono una combinazione dei due tipi.

Figure 5. Ripetute stimolazioni elettriche e sovrapposizione di
Contrazioni

 

3. Muscolo rosso e muscolo bianco
I muscoli scheletrici dei mammiferi e dei pesci sono classificati in due categorie: rossi e bianchi secondo il loro colore e modo di contrarsi.
I muscoli rossi contengono più myoglobina e proteine rossastre e si presentano di colore rosso scuro. I muscoli rossi sono anche conosciuti come muscoli lenti o muscoli tonici.
I muscoli bianchi contengono meno myoglobina e sono di colore biancastro. Sono conosciuti come muscoli veloci o muscoli fasici.
I muscoli rossi si contraggono lentamente causando meno affaticamento. Vengono utilizzati per particolari prestazioni di lunga durata, come per esempio lunghe nuotate e utilizzano soprattutto i grassi come principale fonte energetica.
I muscoli bianchi al contrario sono caratterizzati da contrazioni rapide e sono facilmente affaticabili; la loro fonte energetica è costituita dai carboidrati.
A differenza della maggior parte degli animali, la distinzione fra i muscoli rossi e i muscoli bianchi nel corpo umano non è così netta; in molti casi i muscoli hanno sia fibre bianche sia fibre rosse.
Per esempio negli arti inferiori il muscolo gastrocnemio è un muscolo bianco mentre i solei e i muscoli vasto laterali sono rossi.
Nel quadricipite femorale, il rapporto fra fibre rosse e fibre bianche è di circa 45 : 55 nella maggior parte degli individui, ma passa a 74 : 26 nei nuotatori di alto livello.
Nell’utilizzo delle EMS quindi è necessario variare i parametri di stimolazione (frequenza, ampiezza d’impulso ecc.) in base al muscolo da trattare. Questo punto sarà trattato in maniera più ampia nel capitolo “Applicazioni”

4. Punti motori
I punti motori sono dei punti specifici attraverso i quali è possibile fornire al muscolo la stimolazione più efficace. Molti di questi punti si trovano sul punto di congiunzione tra nervo motore e muscolo, e sono localizzati vicino alla pelle.
Quando applichiamo l’EMS, i miglior effetti si ottengono posizionando gli elettrodi su questi specifici punti motori dal momento che la contrazione muscolare tende ad essere altamente efficiente proprio in loro corrispondenza. 


III Effetti collaterali e controindicazioni

(1) Controindicazioni
L’EMS causano pochissimi effetti collaterali. Occasionalmente si possono verificare reazioni allergiche dovute al tipo di gel utilizzato o al tipo d’elettrostimolatore.
Siccome si possano verificare arrossamenti cutanei dovuti ad applicazioni prolungate di correnti monofasiche, applicazioni di correnti bifasiche possono prevenire questo tipo di complicazioni (Figura 6). Esse aiutano inoltre a prevenire l’accomodamento agli stimoli che abbassa sostanzialmente gli effetti della stimolazione.

 (2) Controindicazioni
Non possono essere utilizzate le EMS nelle seguenti aree e situazioni :

  1. Malattie acute
  2. Febbre oltre i 38°
  3. Malattie Infettive
  4. Cancro
  5. Malattie cardiache
  6. Tumori dell’apparato digerente
  7. Gravidanza
  8. Testa
  9. Quadricipite femorale in presenza di gravi problemi all’articolazione del ginocchio
  10. Pazienti obbligati al riposo
  11. Pazienti giudicati da fisioterapisti professionisti non adatti all’applicazione d’elettrostimolazioni EMS.
Fonte: http://www.electrostimulateurs-manuels.fr/fichiers/publications/Principi-ed-affetti-della-elettrostimolazione-muscolare/principe-de-l-electrostimulation-musculaire-italien.doc

 

Elettrostimolazione

TESINA DI

ELETTRONICA BIOMEDICA:

 

ELETTROSTIMOLAZIONE

 

 

 

 

DI
IARROBINO CARMINE
PILUSO MARIO

 

Prof.
Sergio Fonda
Luigi Rovati

INDICE:

 

 

  • Elementi di fisiologia
  • 2.1 Basi dell’apparato nervoso;
  • 2.2 Anatomia e fisiologia muscolare;
  • 2.3 Il sistema di produzione dell’energia;
  • 2.4 Il funzionamento del muscolo;

 

  • L’elettrostimolazione

 

  • 3.1 Cenni storici sull’elettrostimolazione;
  • 3.2 Legge caratteristica dell’elettrostimolazione;
  • Le applicazioni dell’elettrostimolazione
  • 4.1 Applicazioni ad uso terapeutico;
  • 4.2Applicazioni ad uso estetico;
  • 4.3 Applicazioni ad uso sportivo;

 

  • Parametri dell’elettrostimolazaione
  • 5.1 Tipi di corrente;
  • 5.2 La disposizione degli elettrodi;
  • 5.3 Caratteristiche degli elettrodi;
  • 5.4 Dimensioni degli elettrodi;
  • 5.5 Norme di sicurezza, per l’esposizione a correnti elettriche;
  • 5.6 Controindicazioni dell’elettrostimolazione;
  • Esempio di elettrostimolatore

 

Bibliografia

  • INTRODUZIONE             

 

La tesina si articola nello studio dell’elettrostimolazione partendo dalla spiegazione in maniera intuitiva del funzionamento della generazione dell’impulso nervoso e della trasmissione nervosa all’interno del tessuto nervoso,inoltre si osserverà la struttura del sistema nervoso.
Dopo la prima parte sugli stimoli nervosi,e sul sistema nervoso si passera allo studio della muscolatura cioè della sua struttura e del suo funzionamento.
L’ultimo passo sarà quello dell’analisi della storia dell’elettrostimolazione,per poi passare ad un circuito specifico.

 

Al termine si vedranno alcune applicazioni in cui l’elettrostimolazione trova grande utilizzo. Passiamo ad analizzare le varie parti di questa discussione.

 

 

 

2.1 BASI dell’apparato nervoso

indice =
L’apparato nervoso del nostro corpo può essere considerato allo stesso tempo la parte di elaborazione del segnale e il supporto su cui essa transita.
La rete di collegamenti è costituita dai neuroni  che costituendo una catena portano il segnale dai ricettori al centro di elaborazione,o dal centro di elaborazione alla destinazione,inoltre provvedono alla elaborazione facendo o meno proseguire il cammino ad un determinato stimolo.
Nel nostro studio l’informazione arriva alle placche neuro - muscolari che sono poste sul muscolo e che danno il via alla contrazione di quest’ultimo.
Il neurone è costituito da:
.1      dendriti
Sono ramificazioni che si estendono dal corpo della cellula nervosa, specializzati nel rispondere ai segnali provenienti da altri neuroni o dall'ambiente esterno. La loro forma ramificata offre un'ampia superficie alla ricezione dei segnali. I dendriti dei neuroni sensoriali sono dotati di speciali adattamenti della membrana che consentono loro di rispondere a stimoli ambientali specifici come la pressione, gli odori, la luce o il calore. Nei neuroni del cervello e del midollo spinale, i dendriti rispondono ai neurotrasmettitori chimici liberati da altri neuroni. Essi sono dotati di recettori proteici di membrana che si legano a neurotrasmettitori specifici e inviano, come risultato di quel legame, segnali elettrici.

.2      Il soma (corpo cellulare)
Assicura le funzioni vitali del neurone e integra i segnali elettrici provenienti dai dendriti. Viaggiando lungo i dendriti, i segnali confluiscono al corpo cellulare del neurone che, comportandosi come un centro di integrazione, li "interpreta" e "decide" se produrre un potenziale d'azione, il segnale elettrico di uscita (output) del neurone. Provvisto dell'assortimento di organuli simile a quello di qualsiasi altra cellula, il corpo cellulare sintetizza anche proteine, lipidi e carboidrati, e coordina inoltre le attività metaboliche della cellula.
.3      L'assone
Trasporta a destinazione i segnali elettrici generati dal corpo cellulare. In un neurone tipico, l'assone, che è una fibra lunga e sottile, si protende dal corpo cellulare, facendo del neurone la cellula più lunga del corpo umano. Singoli assoni, per esempio, si estendono dal midollo spinale alle dita dei piedi, coprendo una distanza superiore a un metro.
Gli assoni costituiscono le linee di distribuzione lungo le quali si propagano i potenziali d'azione in direzione centrifuga verso le estremità del neurone. Come i trefoli di fili ritorti di un cavo elettrico, gli assoni sono per lo più avvolti in un fascio di nervi. A differenza dei cavi per il trasporto della elettricità, in cui si verifica una dissipazione di energia nel tragitto tra la centrale e l'utente, la membrana plasmatica degli assoni riesce a far pervenire alle estremità del neurone potenziali d'azione di intensità immutata.
.4      I terminali sinaptici
I terminali sinaptici comunicano con altri neuroni, muscoli e ghiandole. I segnali vengono trasmessi ad altre cellule a livello dei terminali sinaptici, che appaiono come rigonfiamenti delle estremità ramificate degli assoni.
La maggior parte dei terminali sinaptici contiene una sostanza chimica specifica, detta neurotrasmettitore, che viene liberata in risposta a un potenziale d'azione che percorre l'assone. I terminali sinaptici di un neurone possono comunicare con una ghiandola, con un muscolo con dendriti o con un corpo cellulare di un secondo neurone, in modo che il segnale in uscita (output) della prima cellula diventi segnale in entrata (input) per la seconda.
FIG.1 Anatomia di una cellula nervosa[21]

Quando ho una catena di neuroni la loro interfaccia si dice sinapsi e per questo motivo il neurone a monte prende il nome di neurone pre-sinaptico e quello a valle neurone post-sinaptico.

FIG.2 Catena sinaptica di neuroni

Le terminazioni nervose del neurone pre-sinaptico arrivano sul soma del neurone post-sinaptico in particolare sui dendriti che in figura sono rappresentati dalle punte sul soma.La forma del soma garantisce un perfetto riempimento dello spazio da parte delle terminazioni nervose dei neurone pre-sinaptico(»10000).
Il sistema nervoso viene diviso anatomicamente in due parti:

  • sistema nervoso centrale;
  • sistema nervoso periferico.

Il sistema nervoso centrale (SNC) è costituito dall'encefalo, racchiuso nella scatola cranica, e dal midollo spinale, contenuto invece nel canale vertebrale. Ogni singolo segmento midollare ha la capacità di controllare autonomamente funzioni motorie specifiche (riflessi). Il SNC è responsabile dell'integrazione, analisi e coordinazione dei dati sensoriali e dei comandi motori. E' anche la sede di funzioni più importanti quali l'intelligenza, la memoria, l'apprendimento e le emozioni. A differenza del sistema nervoso periferico, il SNC non è solo in grado di raccogliere e trasmettere informazioni, ma anche di integrarle.
Il sistema nervoso periferico (SNP) è costituito da tutto il tessuto nervoso al di fuori del SNC. Il sistema nervoso periferico svolge essenzialmente la funzione di trasmissione del segnale attraverso fasci di conduzione. I segnali, afferenti da un'unità periferica (organo) o in uscita (efferenti) verso un'unità periferica, decorrono in fibre separate (assoni) che generalmente sono raggruppate in un fascio di conduzione unitario (nervo). Un nervo contiene esclusivamente assoni, cellule di Schwann e tessuto connettivo. I corpi delle cellule nervose sono raggruppati nei gangli del sistema nervoso periferico e nei nuclei del midollo spinale e del tronco encefalico.

 

IL SISTEMA NERVOSO CENTRALE: MIDOLLO SPINALE ED ENCEFALO [15]

Midollo spinale
Il midollo spinale, con l'encefalo, forma il sistema nervoso centrale; ha forma cilindrica, larghezza media di 8-10 mm e spessore di 5-7 mm.
Si estende dal grande forame occipitale fino a raggiungere pressappoco il primo corpo vertebrale lombare, non occupando quindi il canale vertebrale in tutta la sua lunghezza. Il canale vertebrale rappresenta per il midollo spinale, che è molto delicato, un'ottima protezione dai danni meccanici.
Il midollo spinale è molto più breve della colonna vertebrale, ma è costituito da tanti segmenti quanti sono i corpi vertebrali. Per tale ragione i nervi spinali e le loro radici, dal rachide cervicale a quello lombare, decorrono in modo sempre più obliquo verso il basso.
Se si seziona una porzione qualsiasi del SNC, si nota in primo luogo che vi sono territori ben delimitati in rapporto fra loro, rispettivamente la sostanza grigia e la sostanza bianca. La sostanza grigia contiene soprattutto i corpi delle cellule nervose, mentre la sostanza bianca è composta dagli assoni e dai loro rivestimenti. Al centro del midollo spinale si trova un canale centrale molto sottile che è un residuo embrionale e non di rado è occluso o dilatato in cisti.

La sostanza grigia
La sostanza grigia del midollo spinale è situata centralmente ed è quindi compresa all'interno della sostanza bianca. Il termine sostanza grigia deriva dalla colorazione grigia degli ammassi cellulari encefalici, midollari e gangliari.
In sezione trasversa essa ha una forma che ricorda quella di una farfalla: le due "ali anteriori" (corna anteriori) o, dal punto di vista tridimensionale, colonne anteriori, sono relativamente tozze e sono interamente circondate da sostanza bianca; le "ali posteriori" (corna posteriori; colonne dorsali), che sono più sottili, si estendono fino ai limiti del midollo spinale, ossia fino all'imbocco delle radici posteriori, dove giungono le fibre nervose che raccolgono le informazioni della sensibilità della cute e delle mucose e trasmettono le sensazioni di tatto, pressione, temperatura, vibrazione e dolore (in altre parole la cosiddetta sensibilità esterocettiva). Anche gli stimoli sensitivi del tratto gastrointestinale (sensibilità intocettiva), della muscolatura e delle articolazioni (sensibilità propriocettiva) raggiungono il SNC tramite le radici posteriori. Immediatamente in rapporto con la porzione più posteriore della sostanza grigia del midollo spinale, la sostanza gelatinosa forma un filtro o una "porta" per le fibre del dolore che, per mezzo della radice posteriore, si irradiano nella sostanza grigia del corno posteriore. Qui terminano gli assoni per la soppressione del dolore provenienti dal tronco encefalico e i sensori del tatto cutaneo.Una piccola sporgenza fra il corno anteriore e quello posteriore, ossia il corno laterale (colonna laterale), è poco evidente. Le sue cellule, tramite le radici anteriori, inviano assoni agli organi innervati dal sistema vegetativo, per esempio alla muscolatura gastrica e intestinale.

La sostanza bianca
Immediatamente adiacenti alla sostanza grigia decorrono brevi fasci di fibre nervose, i cosiddetti fasci fondamentali, che collegano 4-5 segmenti midollari confinanti. Essi circondano come un sottile mantello l'intera sostanza grigia e provvedono a schemi riflessi complessi che non riguardano solo la muscolatura di un unico segmenti (riflessi polisegmentali).
La massa della sostanza bianca è formata invece da lunghi fasci (tratti) ascendenti e discendenti che collegano fra loro encefalo e midollo spinale. I fasci decorrono in tre funicoli (cordoni) che risultano più o meno nettamente separati fra loro dalla fessura midollare, dal corno anteriore e da quello posteriore.
Il sottile cordone anteriore è situato fra la fessura mediana anteriore e il corno anteriore, il cordone laterale fra il corno anteriore e quello posteriore, il cordone posteriore fra il corno posteriore e il setto mediano posteriore.
Il colore chiaro della sostanza bianca è dovuto al rivestimento mielinico delle fibre nervose. Il tessuto è quindi ricco di membrane cellulari dotate di fosfolipidi (grassi) ed è scarsamente irrorato.

Encefalo
Con un peso di 1,3-1,5 kg, l'encefalo, dopo il fegato, è l'organo più pesante del corpo. A riposo viene utilizzata fino al 25% dell'energia metabolica per rifornire l'encefalo. La parte più antica dell'encefalo è il midollo allungato o bulbo, la cui struttura ricorda ancora la suddivisione metamerica del midollo spinale.
Attraverso confini ben definiti, esso passa nel ponte che presenta connessioni importanti con il cervelletto. Il cervelletto, dopo il cosiddetto "cervello" costituito da diencefalo e telencefalo, è la parte che occupa maggiore spazio all'interno della scatola cranica. Il cervelletto è appoggiato sul midollo allungato e sul ponte. Il midollo allungato, il ponte e il cervelletto lavorano in stretta collaborazione e controllano importanti funzioni del movimento.

Queste tre formazioni delimitano il quarto ventricolo che ha forma di losanga. Le due porzioni caudali del tronco encefalico (midollo allungato e ponte) costituiscono il romboencefalo. Al romboencefalo si unisce anteriormente il mesencefalo, che è il tratto più breve del tronco encefalico. Nel midollo allungato i fasci motori, provenienti dalla corteccia telencefalica e diretti al midollo spinale, formano le piramidi, dove avviene la decussazione di queste vie motorie.
Se il mesencefalo assume una posizione "mediana" fra le componenti cerebrali antiche e quelle recenti, il diencefalo fa chiaramente parte di queste ultime. Esso è composto fondamentalmente dal talamo destro e sinistro, nonché dall'ipotalamo, situato al centro. I due talami e l'ipotalamo delimitano il terzo ventricolo che ha la forma di una fessura situata sull'asse mediano del corpo. La suddivisione del diencefalo in una parte destra e una sinistra si manifesta in forma ancora maggiore nel telencefalo.
I due emisferi telencefali si pongono in comunicazione per mezzo di collegamenti svolti da fasci nervosi (commessure) anche se talora funzionano in modo completamente separato l'uno dall'altro.
Dall'indietro in avanti si distinguono i lobi occipitali, i lobi parietali, i lobi temporali e i grossi lobi frontali che da soli rappresentano un terzo del telencefalo. Due profonde scissure delimitano da un lato i lobi parietali dai lobi temporali, dall'altro li separano dal lobo frontale. Ciascuna metà del telencefalo (emisfero telencefalico) contiene al proprio interno un ventricolo laterale ricolmo di liquor (i due ventricoli laterali).

 

IL SISTEMA NERVOSO PERIFERICO

Il sistema nervoso periferico è costituito dai nervi periferici che collegano il cervello e il midollo spinale al resto del corpo, compresi i muscoli, gli organi di senso e gli organi dei sistemi digerente, respiratorio, escretore e circolatorio. All'interno dei nervi periferici si trovano gli assoni dei neuroni sensoriali che trasmettono al sistema nervoso centrale l'informazione sensoriale proveniente da tutte le parti del corpo. I nervi periferici contengono anche gli assoni dei neuroni motori (o motoneuroni) che trasmettono i segnali dal sistema nervoso centrale agli organi e ai muscoli.
La porzione motoria del sistema nervoso periferico può essere suddivisa in due parti: il sistema nervoso somatico e il sistema nervoso autonomo.

I motoneuroni del sistema nervoso somatico stabiliscono sinapsi con i muscoli scheletrici e controllano il movimento volontario. I loro corpi cellulari si trovano nella sostanza grigia del midollo spinale, e i loro assoni raggiungono direttamente i muscoli controllati. I motoneuroni del sistema nervoso autonomo controllano invece le risposte involontarie. Essi stabiliscono sinapsi con il cuore, i muscoli lisci e le ghiandole.
Il sistema nervoso autonomo è controllato sia dal midollo allungato sia dall'ipotalamo. Si usa suddividere il sistema nervoso autonomo in sistema nervoso simpatico e sistema nervoso parasimpatico.

Il sistema nervoso simpatico agisce sugli organi interni in modo da preparare l'organismo ad affrontare un'attività logorante o dispendiosa da un punto di vista energetico: il cuore batte più velocemente, il sangue defluisce dal sistema digerente per poter meglio irrorare i muscoli, le pupille si dilatano per ricevere una maggior quantità di luce e le vie aree nei polmoni si espandono in previsione di un maggior afflusso di ossigeno.
Il sistema nervoso parasimpatico è invece associato ad attività caratteristiche dei momenti di ozio. Sotto il suo controllo la muscolatura liscia del sistema digerente entra in piena attività, il battito cardiaco rallenta e le vie respiratorie si restringono.
Inoltre gli assoni parasimpatici si trovano nei nervi che hanno origine dall'encefalo (mesencefalo e midollo allungato) e dalla base del midollo spinale. Al contrario gli assoni simpatici si trovano nei nervi che hanno origine dalle sezioni mediana e inferiore del midollo spinale. In entrambi i sistemi simpatico e parasimpatico si trovano due neuroni che trasmettono messaggi in sequenza dal sistema nervoso centrale a ciascun organo bersaglio, ma le sinapsi che stabiliscono sono localizzate in sedi diverse.

Nel sistema nervoso simpatico la sinapsi è localizzata nei gangli vicini al midollo spinale, mentre nel sistema nervoso parasimpatico la sinapsi è localizzata nei gangli più piccoli situati intorno o in prossimità di ciascun organo bersaglio.

 

INPULSI NERVOSI

La propagazione dello stimolo o impulso nervoso avviene in 2 modi differenti:

  • Elettricamente, all’interno dello stesso neurone;
  • Chimicamente, nel passaggio dal neurone pre-sinaptico al post-sinaptico      

                               (attraverso un mediatore chimico);
L’informazione nervosa è data dalla successione dei potenziali d’azione,che sono generati dal comportamento della membrana semipermeabile che circonda le cellule nervose.
I potenziali d’azione sono schematicamente visti come una successione d’impulsi in cui l’informazione risiede nella frequenza degli impulsi stessi:

FIG.3 Schematizzazione di 3 potenziali d’azione con una successione di impulsi di frequenza diversa[21]

A noi interessano le fibre nervose che arrivano ai muscoli perché in pratica l’elettrostimolazione si sostituisce alla rete neuronale creando il potenziale d’azione necessario alla contrazione delle fibre muscolari.
Qui di seguito sono riportate alcune figure in cui è illustrato il percorso che l’impulso nervoso compie per arrivare dal centro di elaborazione al muscolo:

Fig.4 Percorso tra cervello e muscolo coperto dalla rete neuro-muscolare[7]

 

Fig.5 Dettaglio della trasmissione finale dall’ultimo neurone
alla placca neuro-muscolare attraverso un mediatore chimico.[7]

 

Fig.6 Il percorso intero che l’impulso elettrico ha compiuto per
andare a eccitare il muscolo[7 ]

Dopo queste nozioni di base sulla neurologia ora andremo a studiare in dettaglio i muscoli, guardando la loro anatomia e fisiologia, per poi passare al modo in cui avviene la contrazione muscolare.

 

2.2 ANATOMIA E FISIOLOGIA MUSCOLARE


Il muscolo è un organo la cui funzione è quella di contrarsi e di rilasciarsi.
I muscoli del corpo umano sono circa 650 e si suddividono in tre tipi:

  • i muscoli dello scheletro (muscoli volontari),che consentono di muovere a comando la testa, gli arti, la colonna vertebrale: sono muscoli del tipo "striato";
  • i muscoli dei visceri (muscoli involontari) che controllano i movimenti delle pareti degli organi interni quali stomaco, intestino, vasi sanguigni, occhi: sono muscoli del tipo "liscio";
  •  il muscolo cardiaco (muscolo involontario) che con le sue contrazioni fa funzionare il cuore come una pompa: è del tipo striato come i primi, ma di struttura particolare ed unica.

Nel corpo umano ci sono circa 620 muscoli volontari che hanno diverse forme e dimensioni. Alcuni sono corti e piccoli, altri larghi e piatti, altri ancora lunghi e fusiformi: ciascuno ha la struttura, la forma e le dimensioni più adatte per svolgere il proprio lavoro. Ogni muscolo svolge una precisa funzione, se considerato singolarmente, ma, se si contrae insieme con altri muscoli per realizzare un certo movimento, può di volta in volta essere il protagonista principale di quel movimento (funzione agonista) o può tendere a fermarlo (funzione antagonista), oppure partecipare attivamente, al pari di altri muscoli, a realizzare un movimento complesso (funzione sinergica).
Nel muscolo sono mescolati tre tipi fondamentali di fibre e, nell'uomo, quasi in proporzioni uguali. L'allenamento e l'attività fisica possono variare la percentuale di ogni tipo e questo è uno degli obiettivi principali dell'allenamento. Per sviluppare i muscoli coinvolti negli scatti, ad esempio, ci si deve allenare facendo gli sprint.
Le fibre possono essere:
TipoI: le fibre a contrazione lenta (fibre rosse) sono resistenti all'affaticamento e ricche di enzimi ossidativi, che permettono attività lente, continue e prolungate, hanno un'alta capacità aerobica, e quindi resistenza alla fatica. Sono fibre che crescono con difficoltà e aumentano di poco la forza; richiedono 1 o 2 minuti di recupero per ripetere l'esercizio.
TipoII: Le fibre a contrazione rapida (fibre bianche), si stancano facilmente (richiedono 3-5 minuti di recupero per ripetere l'esercizio), ma sono ancora più ricche di enzimi ossidativi; sono fibre che sviluppano velocemente massa e forza. Vengono suddivise in due sottogruppi: tipo IIa e tipo IIb. Le fibre del tipo IIa sono dette a contrazione rapida ossidante, perché hanno un maggior quantitativo di mitocondri; le fibre del tipo IIb sono dette a contrazione rapida glicolitica. Tuttavia le fibre del tipo IIa non hanno la stessa capacità aerobica delle fibre a contrazione lenta.
Per quanto riguarda la distribuzione dei due tipi di fibre valgono le due considerazioni seguenti. La prima è che in ogni individuo la distribuzione delle fibre lente e di quelle rapide è diversa nei diversi muscoli; per esempio, il rapporto tra i due tipi di fibre è diverso fra bicipiti e quadricipiti come pure fra deltoidi e tricipiti. La seconda è che nello stesso muscolo di diversi individui è molto probabile un diverso contenuto percentuale dei due tipi di fibre; una persona può avere un'alta percentuale di fibre di tipo II nei quadricipiti, e un'altra può averne uno scarso contenuto. A titolo indicativo, atleti di potenza come i sollevatori di pesi hanno il   60-90% di fibre a contrazione rapida nei muscoli che sono maggiormente utilizzati nello svolgimento del loro sport. Invece, atleti di resistenza come i fondisti hanno probabilmente il 60-90% di fibre muscolari a contrazione lenta nei loro muscoli più sollecitati. In linea di massima, sono muscoli bianchi: dorsali, retti femorali, gastrocnemi, glutei, tricipiti, retto addome e brachiali; sono muscoli rossi: deltoidi, pettorali, bicipiti, piccolo-grande rotondo, sottospinato, trapezi vasti mediali e laterali del quadricipite e soleo.
Le cellule muscolari, siano esse del tipo a contrazione lenta che quelle del tipo a contrazione rapida, si contraggono sempre con lo stesso meccanismo; anche se le fibre di tipo II si contraggono più rapidamente di quelle di tipo I. I muscoli sono costituiti da molte fibre muscolari singole.
Guardando una fibra muscolare al microscopio, si osserva che essa è costituita da moltissimi elementi ripetitivi, chiamati sarcomeri. Inoltre, lungo tutta la fibra muscolare ci sono catene di proteine chiamate miofibrille. In una miofibrilla ci sono numerose proteine, ma le uniche importanti nel processo di contrazione di un muscolo sono le proteine actina e miosina, conosciute anche come le proteine contrattili. Perché avvenga la contrazione di un muscolo, è necessario che ci sia un quantitativo sufficiente di ATP in prossimità delle proteine actina e miosina, e che ci sia un comando dal sistema nervoso centrale. Quando questi due fattori sono presenti, le sottili estremità (teste) della miosina si attaccano all'actina, formando un ponte incrociato actina-miosina. Il processo è definito teoria dei filamenti scorrevoli. L'energia dell'ATP fa sì che le estremità della miosina ruotino verso il centro del sarcomero, trascinando il filamento dell'actina ad esse attaccato, in modo tale che l'actina scorre verso l'interno, verso il centro del sarcomero. Questo processo fa sì che ciascun sarcomero si accorci, lungo tutto il muscolo; poiché tutti i sarcomeri si accorciano nello stesso istante, si verificherà una riduzione della lunghezza dell'intera fibra muscolare.
Qui di seguito è riportato lo schema interno della fibra muscolare con tutti i particolari in rilevo e con vari zoom che mettono in luce quali sono le unità fondamentali che la costituiscono:

 

 

 FIG.7 Spaccato di una fibra muscolare[15]
si può vedere che è l’insieme di   tante sotto fibre che
trasversalmente sono percorse da striature


 

 

 

 

 

                                                                Fig.7bis Sarcomero         [15]

 




Fig.8 particolare della catena di proteine chiamata miofibrilla[15]
L’ultima immagine(FIG.9) mostra il funzionamento dell’actina e della miosina quando avviene una contrazione muscolare:


FIG.9 Funzionamento delle proteine actina,miosina
contrazione muscolare[15]

Quando molte fibre si accorciano, si ha una contrazione muscolare; questa consiste, dunque, nell'accorciamento simultaneo di un elevato numero di fibre dello stesso muscolo. Anche se la singola fibra si accorcia quando si contrae, la contrazione muscolare non sempre comporta l'accorciamento dell'intero muscolo. Una contrazione concentrica è quella che comporta l'accorciamento del muscolo; una contrazione eccentrica è quella che avviene quando la resistenza è maggiore della forza sviluppata, e quindi il muscolo in effetti si allunga; una contrazione isometrica è la contrazione delle singole fibre, senza modifiche della lunghezza dell'intero muscolo. Quando una fibra muscolare si accorcia, essa esercita una forza. Poiché i muscoli dello scheletro funzionano secondo il criterio del "tutto o niente", quando una singola fibra si accorcia, essa genera la massima forza di cui è capace, ovvero non è in grado di dosare la forza di contrazione (come, invece, avviene nel muscolo cardiaco). L'entità della forza prodotta durante la contrazione di un muscolo, dipende da due fattori:
.1 la dimensione delle singole fibre (una fibra è tanto più forte quanto più è grande);
.2 il numero di fibre muscolari che si contraggono simultaneamente.

La forza generata dalla contrazione muscolare è legata anche alla velocità del movimento intorno all'articolazione ed alla lunghezza iniziale del "ventre" del muscolo. La relazione forza-velocità è tale che quanto più veloce è il movimento tanto più bassa sarà la forza generata dal muscolo in contrazione. Per esempio, il bicipite sviluppa una maggiore forza durante la contrazione se la velocità di rotazione attorno al gomito è di 60 gradi al secondo, di quanta ne sviluppa se la velocità è di 180 gradi al secondo. La relazione forza-lunghezza indica che un muscolo genera la forza massima quando inizia a contrarsi ad una lunghezza pari a 1,2 volte la lunghezza a riposo. Questo spiega perché alcuni atleti come i giocatori di baseball o di golf, eseguono alcuni leggeri esercizi di stretching prima di iniziare i movimenti oscillanti. La forza generata da una fibra è proporzionale alla sua sezione: una fibra larga esercita una forza maggiore di una fibra stretta. Inoltre, la forza esercitata da un muscolo di una determinata sezione è la stessa sia se il muscolo appartiene ad un uomo sia se esso appartiene ad una donna. Gli uomini sono generalmente più forti perché hanno una maggiore quantità di tessuto muscolare. In ogni muscolo, le fibre sono stimolate singolarmente o a gruppi. L'insieme del nervo (collegato al midollo spinale) e delle fibre muscolari da esso stimolate è chiamato unità motrice. Le unità motrici hanno diverse dimensioni. Ci sono unità motrici nelle quali il nervo stimola solo 5-10 fibre; a queste sono associati movimenti piccoli, delicati come muovere gli occhi, battere le palpebre, dipingere. Ma ci sono anche unità motrici che consistono di un nervo e di 500-1000 fibre; queste sono chiamate in causa quando si svolgono attività come sollevamento pesi, gioco del calcio, salto. Indipendentemente dalla loro dimensione, le unità motrici sono costituite da fibre di tipo I e da fibre di tipo II. Quando le fibre di una unità motrice si contraggono, tutte le fibre muscolari di questa unità si contraggono insieme, ed inoltre sviluppando la massima forza (tutto o niente); la forza totale sviluppata dipende da quante unità motrici si contraggono simultaneamente.

 

2.3 Il sistema di produzione dell'energia

Produzione cellulare di energia
Perché l'ossigeno è così importante? Cercare di capire le funzioni del sistema cardiopolmonare nella distribuzione e nella estrazione dell'ossigeno può aiutare a spiegare la produzione di energia nelle cellule, e particolarmente nelle cellule dei muscoli.

La moneta di scambio energetica: l' ATP(adenosin trifosfato)
Fig.10 Molecola di ATP[20]

Quando un muscolo si contrae ed esercita una forza, l'energia usata per comandare la contrazione proviene da una sostanza speciale presente nelle cellule e conosciuta come ATP, adenosin trifosfato. L'ATP è la sorgente di energia del corpo, allo stesso modo di come la benzina è la sorgente di energia di un motore di automobile. Quanto più rapidamente ed efficacemente le cellule muscolari producono l'ATP, tanto maggiore sarà il lavoro che le cellule saranno in grado di svolgere prima di stancarsi. Anche se c'è una certa quantità di ATP immagazzinata in una cellula muscolare, la sua disponibilità è limitata. Ciò vuol dire che le cellule muscolari devono produrre continuamente ATP per poter continuare a lavorare. Le cellule muscolari alimentano la riserva di ATP utilizzando tre diversi percorsi biochimici, ovvero diverse sequenze di reazioni chimiche. L'idrolisi dei due primi radicali fosforici dell'ATP avviene con liberazione di una elevata quantità di energia libera. L'energia libera di idrolisi dell'ATP è significativamente più elevata di quella di molti altri composti fosforilati. É per esprimere questa particolare proprietà che i legami pirofosforici dell'ATP si definiscono legami altamente energetici e sono indicati con il simbolo ~.

 

 

2.4 Funzionamento del muscolo

Le fibre muscolari sono innervate dalle fibre nervose motorie che originano nei corni anteriori del midollo spinale e nei nuclei motori dell'encefalo. Ogni assone si divide in un certo numero di ramuscoli ciascuno dei quali prende contatto con una fibra muscolare attraverso una sinapsi chiamata placca motrice, perciò ogni singolo assone reca lo stimolo ad un numero assai variabile di fibre muscolari, da 3 ad oltre 150. La struttura costituita da un singolo motoneurone e da tutte le fibre muscolari da esso innervate prende il nome di unità motoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FIG.11 Unità motoria[20]

 

 

 

 

 

FIG.11bis placca neuromuscolare[20 ]

Poichè ciascun muscolo possiede un certo numero di unità motorie la sua contrazione è graduale, perchè dipende dal numero di unità motorie che vengono attivate. I muscoli che hanno unità motorie con poche fibre muscolari possono compiere movimenti fini e delicati, mentre quelli che hanno unità motorie con numerose fibre muscolari compiono movimenti più grossolani.
Quando un ramo terminale della fibra nervosa si avvicina alla fibra muscolare perde la guaina mielinica ma conserva l'involucro formato dalle cellule di Schwann. Al microscopio luce la placca motrice appare come un leggero rilievo alla superficie della fibra muscolare, in corrispondenza del quale si osserva un accumulo circoscritto di nuclei. Se ne distinguono 2 tipi morfologicamente diversi, il primo è rappresentato dai cosiddetti nuclei dell'arborizzazione, appartenenti a cellule associate alla terminazione nervosa motrice che nel loro insieme sono denominate teloglia o cellule di Schwann terminali; i nuclei della seconda categoria, di solito più grandi e colorati meno intensamente, vengono indicati come nuclei fondamentalionuclei della suola. Questi non sono altro che nuclei della sottostante fibra muscolare più fittamente stipati nella regione della placca. Le ramificazioni dell'assone sono infossate in solchi, dette docce sinaptiche o fessure sinaptiche primarie o pieghe giunzionali, scavate alla superficie della fibra muscolare. La superficie della fibra muscolare è altamente differenziata , è infatti provvista di una serie di lamelle nastriformi, uniformemente distanziate l'una dall'altra, che si inseriscono sul sarcolemma con uno dei loro margini e sporgono nel sottostante sarcoplasma con il resto della loro estensione. Questa specializzazione è denominata apparato sottoneurale. Le cellule telogliali ricoprono la superficie esterna delle terminazioni dell'assone, ma non penetrano mai nella fessura sinaptica ; qui il nervo ed il muscolo sono a diretto contatto. Le cosiddette lamelle dell'apparato sottoneurale corrispondono in realtà a fessure sinaptiche secondarie, formate da ripiegature della porzione di sarcolemma che riveste la doccia sinaptica primaria. Le membrane affrontate dell'assone e della fibra muscolare non sono a mutuo contatto, ma appaiono separate da uno strato di materiale glicoproteico, continuo con la lamina limitante che riveste la cellula di Schwann ed il sarcolemma. L'assoplasma delle terminazioni nervose manca dei neurofilamenti e dei canalicoli caratteristici dell'assone, ma contiene mitocondri ed un grandissimo numero di piccole vescicole, dal diametro di 400-600 Å ; in queste vescicole si accumula l'acetilcolina

 

FIG.12 Schema della placca motrice[20]

 

Quando il potenziale d'azione condotto dalla fibra nervosa raggiunge le arborizzazioni terminali situate in corrispondenza della placca motrice si ha la liberazione di acetilcolina che si riversa nello spazio sinaptico e va ad attivare recettori specifici situati sulla membrana postsinaptica. Ne risulta un aumento del flusso ionico che provoca una depolarizzazione locale (potenziale di placca) ; quando questo raggiunge un valore soglia provoca il potenziale d'azione che si propaga ed è seguito dalla contrazione. L'acetilcolina che si è liberata viene rapidamente scissa dall'acetilcolinesterasi dell'apparato sottoneurale (questo enzima è localizzato in corrispondenza od in prossimità del sarcolemma che delimita le fessure secondarie)limitando così la durata della risposta.

 

 

 

FIG.13 La sinapsi[20]

 

Le fibre muscolari obbediscono alla legge del tutto o nulla per la quale l'applicazione di uno stimolo di intensità crescente ad una fibrocellula isolata determina la sua contrazione quando ha raggiunto una soglia di intensità ; questa contrazione è la massima di cui è capace la fibrocellula al momento della stimolazione. Quando lo stimolo di intensità crescente è applicato ad un intero muscolo si raggiunge dapprima una soglia che determina una risposta modesta, ma con l'aumentare dell'intensità dello stimolo la forza di contrazione del muscolo cresce progressivamente fino a raggiungere un massimo oltre al quale la forza di contrazione non aumenta ulteriormente (stimolo massimale); ciò è dovuto al fatto che le singole fibrocellule si comportano come unità indipendenti e lo stimolo non si trasmette da una fibra all'altra ; perciò l'aumento dell'intensità dello stimolo aumenta il numero delle fibre attivate e lo stimolo massimale determina la contrazione di tutte le fibre del muscolo. Se però un muscolo è in riposo da un certo tempo e vi si applica poi una serie di stimoli massimali isolati, si nota che le prime contrazioni sono deboli, ma crescono successivamente di forza fino a raggiungere il livello massimo ; è questo il fenomeno della scala che probabilmente è dovuto ad una progressiva facilitazione della liberazione di Ca²+ dal reticolo endoplasmatico. La fibra muscolare appena stimolata presenta una fase di refrattarietà assoluta durante la quale è del tutto ineccitabile da qualsiasi tipo di stimolo; seguono una fase di refrattarietà relativa durante la quale la soglia di eccitabilità è aumentata rispetto alla norma ed una fase di ipereccitabilità caratterizzata da una eccitabilità esaltata, dopo di che la fibra riacquista la sua normale eccitabilità. Mentre uno stimolo portato sulla fibra muscolare in fase di refrattarietà assoluta non ha alcun effetto, se è portato nelle fasi successive si instaura una seconda contrazione quando il muscolo è ancora contratto ; una serie di stimolazioni sufficientemente ravvicinate determina perciò una fusione delle contrazioni muscolari e la contrazione diviene continua (tetano completo), mentre se la frequenza delle stimolazioni è più bassa consente un parziale rilasciamento tra stimolo e stimolo e si ha allora il tetano incompleto o clone.
Sotto l'impulso nervoso o sotto una stimolazione elettrica portata dall'esterno il muscolo si contrae e sviluppa una tensione che è proporzionale alla resistenza che deve vincere; questa tensione può rimanere costante perchè si verifica un accorciamento del muscolo e si produce lavoro, cioè movimento, (contrazione isotonica). In altri casi invece non è consentito al muscolo di accorciarsi (tentativo di sollevare un peso sproporzionato alla sua forza oppure spingendo con gli arti contro una parete), la sua tensione cresce, la sua lunghezza non diminuisce e non si produce lavoro, quindi movimento (contrazione isometrica).
I muscoli a riposo sono sempre in lieve tensione (tono muscolare) che è mantenuto da impulsi nervosi ed è di natura riflessa; nel tono muscolare poche unità motorie entrano in attività e con bassa frequenza per cui non si verifica il fenomeno della fatica. É una caratteristica dello stato di veglia ed è particolarmente importante per il mantenimento della postura. I muscoli con un tono minore del normale sono definiti flaccidi, spastici sono invece quelli che presentano un tono superiore al normale. Recettori sensoriali specializzati detti fusi neuromuscolari e terminazionimuscolo tendinee sono in grado di interpretare il grado di tensione di un muscolo o della giunzione del muscolo con il suo tendine. Questi recettori permettono la regolazione riflessa del tono muscolare.

 

 


FIG.14 Fuso neuromuscolare[20]
Qui di seguito è riportato l’andamento del potenziale elettrico all’interno del muscolo che genera la progressiva contrazione dello stesso.
Il percorso che compie il potenziale d’azione è rilevabile con l’EMG (elettro miografia). Qui di seguito sono riportati alcuni grafici elettromiografici:


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fig.15 Propagazione potenziale d’azione nel muscolo[21 ]

 

 

 

 

 


Fig.16 Tecniche di prelievo del segnale EMG[21]

 


Se si pongono due elettrodi, uno positivo ed uno negativo, a contatto con una membrana cellulare, si avrà un aumento della concentrazione delle cariche di segno opposto in corrispondenza degli elettrodi, la corrente cosi' applicata provoca nella
cellula la depolarizzazione al catodo e l'iperpolarizzazione all'anodo.
Lo stimolo elettrico, per essere efficace e generare un'eccitabilità neuro-muscolare, deve avere una certa intensità, essere applicato per un certo periodo di tempo, variare bruscamente di intensità.
Gli effetti indotti dalla corrente elettrica sono:

  • eccitomotorio,
  • termico,
  • analgesico,
  • trofico,
  • vasomotorio,
  • antiedemigeno,
  • antiflogistico,
  • chimico.

L'eccitazione di un nervo o di un muscolo viene provocata solo dalla corrente variabile.
L'impulso elettrico, portato sul nervo o direttamente sul muscolo, determina l'insorgere di un potenziale d'azione che provoca una contrazione, questa interesserà un singolo muscolo, se lo stimolo e' applicato sul suo punto motore, o più muscoli contemporaneamente, se lo stimolo e' portato su di un nervo motore.
Lo stimolo elettrico agisce anche a livello dei nervi sensitivi, provocando l'inibizione della sensibilità nervosa, secondo vari meccanismi:

  • per iperpolarizzazione all'anodo con blocco della depolarizzazione di membrana (corrente continua);
  • per inibizione della trasmissione delle afferenze nocicettive, nota come Gate theory di Melzack e Wall
  • (corrente variabile);
  • per adattamento dei recettori, mediante un'intensa stimolazione con innalzamento della soglia dolore;
  • per liberazione di endorfine.

All'interno delle singole cellule di un tessuto, la corrente elettrica provoca uno spostamento ionico un grado di stimolare il metabolismo cellulare, variando la permeabilità di membrana, con un conseguente maggior consumo di ossigeno ed un incremento della circolazione locale.
La corrente continua crea vasodilatazione superficiale, evidenziata da un arrossamento locale, da un aumento della temperatura cutanea e con un fenomeno di capilarizzazione, fenomeni più evidenti al polo negativo.
La corrente variabile, a sua volta, provoca effetti vasomotori a bassa frequenza conseguente alle contrazioni muscolari, e a frequenza più elevata per effetto termico.

 


L'elettrostimolazione é una pratica sviluppata già da molto tempo e trae le sue origini dagli esperimenti condotti da Luigi Galvani nel 1791. In quel periodo infatti questo scienziato ebbe modo di scoprire che i muscoli di una rana si contraevano allorché venivano stimolati dalla corrente; questi primi esperimenti destarono molto interesse nel mondo scientifico e aprirono la strada ad uno studio sempre più profondo sul rapporto tra fenomeni elettrici ed attività fisiologica nel il corpo umano.
Tra gli scienziati che diedero un contributo particolarmente significativo dobbiamo ricordare:

  • Ranvier (1873); Per primo osservò che i muscoli bianchi si contraggono più rapidamente dei muscoli rossi e scoprì le modalità di conduzione degli stimoli lungo il nervo.
  • Weiss (1901); Scoprì e definì la precisa relazione che vi è tra la quantità di corrente e la durata temporale della stessa per produrre una contrazione muscolare.
  • Lapicque (1909); Riconobbe il valore delle acquisizioni realizzate da Weiss e se ne servì per definire la curva intensità-durata. Definì anche due parametri fondamentali nel campo della stimolazione muscolare:

a) Reobase : l’intensità di corrente necessaria per raggiungere la soglia di eccitazione del muscolo
b) Cronassia : la durata minima necessaria di uno stimolo per produrre un contrazione con un'intensità di corrente uguale al doppio della reobase

  • Bourguignon (1935); Determinò che, ai fini dell'elettrostimolazione, il punto motore del muscolo corrisponde alla proiezione sulla pelle della Placca motrice.
  • Zoll (1952); Aprì l'era della stimolazione artificiale del muscolo cardiaco; Dimostrò infatti che uno stimolatore elettrico può produrre e mantenere artificialmente l'attività contrattile del cuore.

In questi ultimi 50 anni la scienza della stimolazione funzionale del muscolo (elettrostimolazione neuromuscolare) ha compiuto grandi passi in avanti giovandosi dei progressi tecnologici in campo elettronico e in modo particolare dell'impiego dei microprocessori e di materiali hi-tech nella realizzazione di questi dispositivi. Inoltre si sono sperimentati numerosi tipi di corrente che si differenziano per la forma dell'onda ed altre caratteristiche.
Nel campo dello sport l'elettrostimolazione venne sperimentata per la prima volta in URSS nei primi anni sessanta e se ne cominciò a parlare in occasione delle Olimpiadi di Montreal, dove parteciparono molti atleti sovietici che si erano allenati con elettrostimolatori; Le correnti usate allora vennero definite "correnti di Kots" dal nome del prof.Kots, che aveva lavorato a lungo sulle modalità di stimolazione muscolare e sui loro effetti sulle prestazioni sportive.

 

 

LEGGE CARATTERISTICA DELL'ELETTROSTIMOLAZIONE

 


Dagli studi di fisiologia, cui prima si accennava, condotti da Weiss e Lapique scaturisce la legge fondamentale dell'elettrostimolazione. 
Essa afferma che per determinare una contrazione muscolare attraverso lo stimolo elettrico esogeno è necessaria una certa quantità di corrente prodotta per un certo tempo. 
Weiss, in particolare, effettuò degli esperimenti per determinare una relazione tra quantità di corrente e durata di applicazione entro un lasso di tempo che variava tra i 0,23 ms e i 3 ms. 

Egli trovò una relazione lineare tra la quantità necessaria per raggiungere la soglia di stimolo e la durata di applicazione. 
Quindi la quantità di corrente Q che deve essere apportata per raggiungere la soglia di stimolo è data dal prodotto dell'intensità di corrente per la durata dell'impulso.


Q = i x t 

Dove 

Q = quantità di carica da iniettare (C) 
i = intensità di corrente (A) 
t = durata dell'impulso (ms) 

 

 

4.  APPLICAZIONI DELL’ELETTROSTIMOLAZIONE

 

Le principali applicazioni dell’elettrostimolazione possono essere divise in tre tipologie:

  • Uso terapeutico
  • Uso estetico
  • Uso sportivo

In ogni tipologia si possono far rientrare diversi trattamenti ognuno con un’azione specifica che dipende da:

  • Tipo di corrente
  • Caratteristiche della corrente applicata (intensità, frequenza…)
  • Durata del trattamento
  • Posizionamento elettrico

 

4.1 APPLICAZIONI AD USO TERAPEUTICO[8],[11],[12]
indice =

Fra queste applicazioni si possono tre tipi di trattamenti: quello di stimolazione (TENS, elettroanalgesia,  correnti faradiche, sinusoidali, rettangolari bifasiche ed esponenziali), quello antalgico (galvanizzazione, correnti diadinamiche e correnti  interferenziali) e quello veicolante di farmaci (iontoforesi e ionoforesi).

 

STIMOLAZIONE AD USO TERAPEUTICO

L’elettrostimolazione è ampiamente usata da tempo in riabilitazione e in fisioterapia.
L'attività e' la condizione indispensabile per un perfetto trofismo muscolare.
In molte lesioni muscolo-scheletriche da trauma, l'immobilità forzata induce uno stato più o meno grave di atrofia, si viene a creare infatti un circolo vizioso tra apporto ematico insufficiente, dipendente dalla minore attività e atrofia muscolare.
Alcune forme di correnti variabili, stimolando la contrazione muscolare, normalizzano il circolo sanguigno e svolgono un'azione trofica sui motoneuroni.
In caso di Muscolo Denervato a causa di una lesione motoneurale periferica, il tessuto contrattile subisce delle modificazioni funzionali e metaboliche estremamente significative.
La paralisi e la completa inattività motoria determinano atrofia muscolare e le miofibrille vengono sostituite da tessuto connettivale e da grasso.
Dopo un certo periodo di tempo, la fibra nervosa lesa può rigenerarsi e reinnervare il tessuto muscolare residuo, ma se la degenerazione e' stata massiccia, la ripresa funzionale del muscolo sarà irrimediabilmente danneggiata.
Il trattamento elettroterapico viene attuato a livello della muscolatura interessata ed effettuato se e' plausibile l'ipotesi di reinnervazione, in quanto l'elettroterapia porta ad un miglioramento dei livelli trofici del muscolo, ad un aumento dell'elasticità e della distensibilità.

L'elettrostimolazione dei muscoli denervati deve:
a) essere iniziata al più presto dopo la denervazione (entro 3 - 4 giorni);
b) durare per tutto il periodo per cui permane la denervazione (anche molti mesi);
c) essere attuata tutti i giorni con sedute di 15- 20 minuti, anche più volte al giorno;
d) essere ripetuta per tutti i muscoli denervati.

In molti casi si ha la scomparsa del punto motore, per cui, per ottenere una stimolazione eccitomotoria completa, bisogna posizionare gli elettrodi in corrispondenza dei due estremi del ventre muscolare.
Gli elettrodi sono di dimensioni discrete (50-100 cmq), per interessare un maggior numero di fibre.
L'elettrodo stimolante e' il negativo, ma spesso si utilizza il positivo se nel muscolo si ha avuto l'inversione di eccitabilità, di dimensioni minori rispetto l'indifferente. Il muscolo denervato perde la capacita' di accomodamento, per cui gli impulsi che riescono ad eccitare il muscolo meno fastidiosi per il paziente, sono impulsi esponenziali, piuttosto lunghi (80-120 msec. di durata) con intensità tali da determinare un fenomeno contrattile esteso al muscolo. Le pause tra i singoli impulsi risentono dell'affidabilità del muscolo denervato: devono essere lunghi 4-5 secondi e anche più.
E' buona norma effettuare una curva intensità/tempo del muscolo interessato, cosi' da ricavare le caratteristiche (durata ed intensità) degli impulsi maggiormente efficaci per la stimolazione delle fibre denervate.
Nel trattamento dei soggetti paraplegici vengono utilizzati protocolli di lavoro con elettrostimoli che prevedono l’applicazione di correnti di intensità molto elevata (fino a al 300% dell’intensità usata in ambito sportivo) e per periodi molto lunghi (alcuni mesi) con applicazioni quasi quotidiane.
Nonostante questo volume molto elevato di lavoro gli specialisti non hanno segnalato alcun incoveniente o problema di carattere vascolare.

 

 

 

Elettroanalgesia

Con tale termine si indica l'azione antalgica indotta nell'uomo mediante stimolazione elettrica; le correnti utilizzate sono:

  • Diadinamiche
  • Correnti ad impulsi rettangolari (TENS)
  • Interferenziali

La stimolazione può essere portata al sistema nervoso a livello

  • gangliare
  • dei nervi periferici
  • dei trigger point
  • dei punti di agopuntura

I presupposti che stanno alla base dell'uso della stimolazione elettrica a scopo antalgico sono:

  • attivazione del meccanismo del blocco spinale (*gate control)
  • liberazione di endorfine
  • adattabilità dei recettori
  • rimozione delle sostanze algogene della zona colpita.

Le afferenze periferiche di tipo diverso, possono infatti contrastare l'entrata e la diffusione degli impulsi nocicettivi ai livelli superiori del sistema nervoso centrale, creando un'anestesia locale.
La teoria del gate control rende possibili due tipi di intervento sul controllo del dolore: il primo consiste nel rinforzare il potere inibitore delle grosse fibre, ed il secondo di interrompere selettivamente le fibre di piccolo calibro in prossimità delle corna posteriori.
La stimolazione elettrica dei nervi periferici o dei cordoni dorsali, per attivare le grosse fibre afferenti e vincere il dolore di origine periferica, e' applicata a livello della cute sopra il percorso di un tronco nervoso in modo da provocare parestesia nella zona di distribuzione del nervo stimolato.
L'elettrodo stimolante viene applicato sulla zona che, alla pressione digitale, determina nel paziente una sensazione dolorosa, e l'elettrodo indifferente viene posto o nella zona del dolore irradiato o su un'area secondaria con dolore meno intenso.
La durata di una singola applicazione varia da 3 a 30 minuti e le applicazioni possono essere quotidiane o a giorni alterni.
Il numero di sedute dipende dal tipo di patologia dolorosa, dall'intensità della sintomatologia e dalla rapidità con cui si ottengono dei risultati.
L'intensità di corrente deve essere tale da indurre nel paziente una sensazione di formicolio, ben tollerata, che può essere percepita a livello dell'elettrodo stimolante, o a livello di ambedue gli elettrodi nella zona trattata. Durante la seduta si ha un adattamento più o meno rapido a questa sensazione di formicolio, per cui, al fine di mantenerla costante, l'intensità di corrente va progressivamente modificata.

Tens
Con il termine TENS (abbreviazione di Transcutaneus Elettrical Nerve Stimulation) si intende un' elettrostimolazione con impulsi analgesici a basso voltaggio. Vengono in genere utilizzati impulsi difasici, sia per evitare fenomeni elettrochimici che la comparsa di assuefazione.
Si distinguono diverse tecniche di applicazione della TENS, connesse a diversi meccanismi d'azione. L'effetto analgesico può essere infatti ricondotto:

  • Ad una inibizione degli stimoli nocicettivi a livello spinale ("gate control theory")
  • All'attivazione di sistemi inibitori discendenti
  • Alla liberazione di sostanze oppioidi endogene
  • Ad un blocco degli impulsi nocicettivi

Due sono le tecniche principali, la TENS convenzionale e la TENS tipo elettro-agopuntura.
La TENS convenzionale e caratterizzata da stimoli di breve durata, di lieve intensità e di frequenza relativamente alta. Agisce stimolando le fibre di maggior calibro, innescando il fenomeno del cancello ("gate control theory"*).

La TENS tipo di elettro-agopuntura è contraddistinta da impulsi di durata maggiore, di intensità più elevata e di frequenza più bassa. Agisce principalmente tramite la liberazione di sostanze morfinosimili endogene.
Questo tipo di elettroterapia viene impiegata in caso di:

  • Dolore cronico
  • Lesioni traumatiche di un nervo periferico
  • Dolore cervicale e lombo-sacrale
  • Artrite reumatoide
  • Causalgia
  • Periartite scapolo-omerale
  • Nevralgia post-herpetica
  • Dolore dell'arto fantasma
  • Dolori da interessamento radicolare (cervicolombalgia, lombosciatalgia, crualgia)

 

*GATE-CONTROL ovvero controllo a cancello. Il Gate Control in pratica funziona così: la via nervosa della sensibilità tattile e quella del dolore, giunte a livello spinale, utilizzano la stessa via al fine di condurre gli impulsi al cervello. Se però questa via viene impegnata da un eccesso di stimoli tattili, quella del dolore viene bloccata. È come se esistesse un interruttore inibitorio situato tra i neuroni conduttori al cervello; chiudendo in pratica tale cancello, le informazioni del dolore non giungerebbero a destinazione.

 

Galvanizzazione

 

Essa trova applicazione soprattutto nei disturbi trofici, nelle ipotrofie e ipotonie muscolari, nelle nevralgie (per l'azione sedativa del polo positivo).
Per disturbi trofici o deficit motori di tipo centrale, si usa l'elettrodo negativo come attivo e l'altro elettrodo, indifferente positivo, va posto alla radice dell'arto o sul dorso o in sede lombare.
La scelta delle dimensioni degli elettrodi dipende dall'ampiezza dell'area da trattare e dalle caratteristiche della sua superficie, generalmente hanno dimensioni rettangolari, con un'area di 50/100 cmq.
Gli elettrodi vengono posti a contatto con la cute, imbevendoli di acqua normale di rubinetto e, per migliorarne il contatto, vengono fissati con cinghie elastiche.
La durata del trattamento e' di solito di 10-15 minuti, viene ripetuta una volta al giorno per qualche settimana, per un numero complessivo di 10/30 sedute, in funzione della sintomatologia da trattare e dei risultati conseguiti.
Per trattamenti a scopo analgesico (ad esempio nelle nevralgie) si usa il polo positivo come attivo, mentre l'elettrodo negativo viene posto in posizione indifferente sul dorso.
E' possibile trattare contemporaneamente due arti, posizionando sul dorso un grande polo indifferente, e fissando sia sul polso che sulla caviglia due poli attivi negativi.
L'intensita' della corrente viene regolata in funzione della sensibilita' del paziente, che deve avvertire una sensazione gradevole di formicolio nella zona a contatto con gli elettrodi.
Nelle prime sedute si usano valori piu' bassi, per saggiare la risposta cutanea del soggetto. I valori, funzioni della conducibilita' della pelle e della dimensione degli elettrodi, generalmente sono compresi tra i 5 ed i 10 mA, con densità di corrente non superiore a 0,5 1 mA per cmq.
Al termine del trattamento puo' accadere di notare sulla superficie cutanea un arrossamento: esso e' causato da una vasodilatazione, e scompare dopo qualche minuto. Il protrarsi delle sedute puo' a volte essere causa di un'irritazione della cute nel punto di contatto: e' sufficiente medicare la parte o proteggerla con paste inerti o con talco.
La galvanizzazione puo' avvenire con bacinelle contenenti acqua tiepida, all'interno delle quali vengono immersi uno o piu' arti contemporaneamente. La corrente viene distribuita in modo uniforme da elettrodi collegati al generatore ed immersi direttamente nell'acqua
La durata del trattamento con bacinelle galvaniche e', come al solito, intorno ai 10 minuti ed il numero delle sedute varia dalle 10 alle 20.

 

IONOFORESI



Questa tecnica non rientra strettamente nell’elettrostimolzaione  ma più in particolare nell’elettroterapia, infatti sfrutta la corrente elettrica per l’uso di farmaci all’interno del corpo umano. Infatti quando si fa passare una corrente unidirezionale attraverso una soluzione acquosa contenente sostanze ionizzabili si verifica una migrazione di ioni verso l'elettrodo di segno opposto: gli ioni positivi (cationi) vengono attirati verso il polo negativo o catodo, gli ioni negativi (anioni) verso il polo positivo o anodo. Allo stesso modo si comportano i tessuti biologici e quando il corpo umano viene inserito in un circuito, la corrente si propaga per spostamento di ioni nei due sensi. Dal momento che numerosi medicamenti sono solubili in acqua e si trovano in stato ionico è possibile introdurli attraverso la cute. La ionoforesi è una metodica che consente di far migrare all'interno dei tessuti per via cutanea delle sostanze medicamentose in forma ionizzata.
É stato dimostrato che gli ioni attraversano la cute avviene a livello degli orifici ghiandolari dei dotti sebacei e sudoriferi. Una volta penetrati gli ioni si dirigono verso l'elettrodo collegato al polo di carica opposta, ma il cammino all'interno dei tessuti può essere soltanto ipotizzato. Gli ioni in parte entrano direttamente nel circolo capillare, in parte si accumulano nel derma formando un deposito che viene lentamente mobilizzato.
Numerose affezioni traggono giovamento da una corretta applicazione della ionoforesi medicamentosa, che viene impiegata in vari campi della medicina, dalla traumatologia alla reumatologia, dalla medicina sportiva alla neurologia. I farmaci più comunemente usati, a seconda della patologia, sono il cloruro di calcio, lo ioduro di potassio, i FANS. Per la buona riuscita della seduta è fondamentale conoscere la polarità del farmaco o del prodotto attivo, che deve essere posto in corrispondenza dell'elettrodo di uguale polarità.
Le ustioni possono essere elettriche o chimiche. Le ustioni elettriche compaiono quando la densità di corrente è eccessiva ; le ustioni chimiche sono invece tipiche delle correnti unidirezionali ed in particolare della corrente continua. Sono dovute alla formazione di prodotti caustici sotto gli elettrodi per elettrolisi e ricombinazione dell'acqua e del cloruro di sodio, presente sempre sulla cute. Sotto l'anodo (polo positivo) si ha formazione di acido cloridrico che provoca una necrosi coagulativa con formazione di un'escara dura, secca e brunastra ; al catodo (polo positivo) l'idrossido di sodio determina una necrosi colliquativa con formazione di un'escara molle, biancastra.

 

Iontoforesi

 

La corrente continua presenta degli inconvenienti se utilizzata per tempi lunghi sulla cute, che si manifestano con rossore e nei casi più gravi con micro-ustioni, dovuto in primo luogo al riscaldamento della cute sotto l'elettrodo, ma principalmente all'accumulo di cariche ioniche sotto gli elettrodi.
Per evitare questi spiacevoli inconvenienti la ionoforesi può essere sostituita con un trattamento analogo noto come  Ionoforesi. La corrente usata è ad impulsi rettangolari e con frequenza elevata (2.000/4000 Hz) ed ha gli stessi benefici della corrente continua favorendo il passaggio attraverso la cute di sostanze medicamentose allo stato ionico, ma non presenta gli inconvenienti sopra citati.
Anche per la Iontoforesi le spugne degli elettrodi vengono imbevute con acqua e con una soluzione contenente lo ione medicamentoso, che va applicato al polo avente lo stesso segno cosi': gli ioni negativi vanno applicati all'elettrodo negativo e viceversa.
Per il dosaggio e l'intensita' valgono le stesse indicazioni della Ionoforesi; per quanto concerne la durata, essa deve essere almeno di 15 minuti, poiché occorre un certo periodo di tempo per instaurare quei fenomeni di polarizzazione all'interno dei tessuti, indispensabili per consentire il passaggio della corrente e quindi l'introduzione del medicamento.

 

4.2 APPLICAZIONI AD USO ESTETICO[11]

Se utilizzata con determinati programmi e se abbinata ad una leggera attività fisica, l'elettrostimolazione può produrre un apprezzabile miglioramento estetico. Ciò accade perché il miglioramento della microcircolazione sanguigna e del drenaggio linfatico, che si verificano dopo aver fatto uso di questa tecnica, sono paragonabili a quelli prodotti da un allenamento aerobico.
Il muscolo è un tessuto metabolicamente attivo, per cui un aumento del tono muscolare mediante sollecitazione elettrica comporta un parallelo aumento del metabolismo basale. Questo particolare esercizio comporta un successivo "dimagrimento" indiretto in quanto, a parità di calorie introdotte, si ha una spesa metabolica a riposo maggiorata. Studi in proposito hanno dimostrato che tale lipolisi si verifica soprattutto in prossimità della regione maggiormente colpita dalla stimolazione, in quanto il muscolo, in fase di recupero, preleva energia dall'adipe del tessuto sottocutaneo, favorendo così il fatidico dimagrimento localizzato. Inoltre l'elettrostimolatore, agendo solo su determinati gruppi muscolari, offre la possibilità di selezionare le zone da modellare, permettendo così di scegliere, entro certi limiti, il profilo estetico desiderato.
Per quanto concerne il tipo di programma da utilizzare, si impiegheranno sostanzialmente quelli con frequenze a carico delle fibre rosse o resistenti. Questo perché le fibre lente hanno un ruolo determinante sul tono muscolare, quindi in campo estetico sono le più produttive da stimolare.

 

Drenaggio linfatico

Per il drenaggio linfatico le forme d'onda maggiormente impiegate sono:

  • le correnti sinusoidali.
  • le correnti bifasiche.
  • la corrente faradica, o TENS

Gli elettrodi utilizzati sono di piccole dimensioni e vanno posizionati sulla cute dopo pulizia e aver tolto il velo di unto sulle zone da trattare per migliorare il contatto.
Molto importante è il loro posizionamento che varia da paziente a paziente e da patologia. Per quanto concerne la polarità degli elettrodi, se si usano correnti simmetriche, è indifferente, mentre con le correnti TENS, la tecnica di stimolazione prevede l'elettrodo attivo collegato al polo negativo.
Si predilige il sistema a scansione posizionando gli elettrodi in modo tale da avere una contrazione muscolare blanda che favorisce il movimento della linfa dalla periferia al centro.
In caso di grossi problemi alla circolazione periferica, prima della scansione sull'arto, si trattano le stazioni linfatiche addominali e poplitei per sbloccare l'intasamento.
E’ importante che nella zona di fissaggio degli elettrodi non vi siano graffi o lacerazione della cute o capillari fragili.
L'intensita' di corrente è funzione della percezione, deve essere tale da indurre una sensazione di formicolio o vibrazione, evitando l'insorgenza di forti contrazioni muscolari ritmiche, deve essere ben tollerata, e puo' essere percepita a livello di ambedue gli elettrodi nella zona trattata. Il valore ideale è compreso tra la soglia di percezione dello stimolo (formicolio) e la soglia del dolore, (se regolando l'intensità sino a metà non si percepisce nessun stimolo, azzerare e verificare se l'elettrodo è stato posizionato in modo corretto).
Durante la seduta, per un fenomeno di assuefazione, si ha un adattamento piu' o meno rapido a questa sensazione di formicolio, per cui, al fine di mantenerla costante, l'intensita' di corrente va progressivamente modificata.
La frequenza degli impulsi varia da 10Hz a 200Hz.
Va ricordato che frequenze comprese fra 10Hz e 100Hz hanno un'azione profonda mentre, frequenze comprese tra 100Hz e 200Hz hanno un'azione massaggiante più superficiale.
Il tempo di azione varia da 1 a 4 secondi ed è funzione della sensibilità (partire sempre con valori bassi 1-2 e poi aumentare).
Il tempo di pausa varia da 1 a 6 secondi ed è funzione della sensibilità (usare tempi simili o doppi dei tempi di azione).
Ogni singola applicazione ha la durata di 10-20 minuti, ed un ciclo prevede 10-12 applicazioni a giorni alterni.
Si consiglia di effettuare sempre il drenaggio linfatico in modo bilaterale (per entrambe le gambe o le braccia ) per non sbilanciare il sistema linfatico.

 

Elettrolipolistesi

 

L'elettrolipolisi rappresenta una tecnica di tipo non chirurgico capace di eliminare la adiposità localizzata dove ce n'è maggior bisogno: fianchi, ventre, o cosce.
Essa è il frutto di un lavoro di ricerca condotto da un'equipe di medici, anestesisti rianimatori e nefrologi, che trattavano dei pazienti sottoposti a dialisi. Su di essi riscontrarono uno scioglimento del grasso sottocutaneo nel punto preciso dove l'ago veniva infilato e nelle zone comprese fra i punti di inserimento dei due aghi necessari per la dialisi. Incuriositi dal fenomeno lo approfondirono in un'indagine su 214 volontarie, affinando la tecnica per trovare la corrente piu' appropriata, la giusta intensita' e per determinare il numero e la durata delle sedute nonche' il metodo di infissione degli aghi. I risultati furono molto incoraggianti in quanto sulle 214 volontarie furono riscontrati solo 6 fallimenti. Nei casi migliori si è notata una riduzione di 12 cm. a livello dei fianchi e del ventre, di 11 cm. Al giro coscia e di 3,3 cm. alle ginocchia con un netto miglioramento della grana e della qualita' cutanea e con la sparizione della "buccia d'arancia", fatto impor-tante e' che la cellulite non è più ricomparsa nella maggior parte dei casi trattati.

I tessuti muscolari offrono una resistenza al passaggio della corrente elettrica che varia da 80 a 400 Ohm, mentre il tessuto adiposo e' praticamente un buon isolante essendo quasi privo di acqua. Nel corpo umano i tessuti non grassi sono altamente conduttivi, contengono acqua ed elettroliti che oppongono una limitata resistenza alla corrente erogata.
Il metabolismo del tessuto adiposo e' senza dubbio il meno attivo di tutti i tessuti, questo dà la misura di quanto siano inerti i tessuti adiposi o cellulitici e del perchè resistano anche dopo rigorosi digiuni.
L'acqua e gli elettroliti formano un insieme funzionale, la distribuzione dell'acqua nelle diverse parti del corpo e' condizionata dal contenuto di sostanze minerali sciolte.
Le azioni dell'elettrolipolistesi sono:

  • aumento dell'attività cellulare;
  • migliore circolazione sanguigna;
  • migliori scambi cellulari;
  • maggiore combustione locale dei grassi.

L'elettrolipolistesi è così in grado di riattivare tutte le zone in cui si accumulano degli ammassi adiposi (fianchi, ventre, ginocchia, cosce) associando diversi fattori, e si rivela indispensabile per rivitalizzare le zone cellulitiche in cui il sangue circola male.
L'elettrostimolazione viene effettuata servendosi di aghi di varie lunghezze, a secondo delle zone da trattare.
Vengono inseriti paralleli a due a due sotto la cute fra derma ed ipoderma, alla profondita' di 3 o 4mm.
Gli aghi possono essere sostituiti con elettrodi applicati sulla zona da trattare con risultati simili , con il vantaggio di non essere una metodica cruenta o invasiva.
Gli elettrodi vengono collegati tramite cavi di uscita all'apparecchio che genera corrente a bassa frequenza e bassa intensità.
Il campo elettrico che si viene a creare fra le due zone determina un aumento del metabolismo cellulare.
Nello stesso tempo si verifica un'elettrolisi nel liquido intra ed extra cellulare. Si genera altresì la contrazione delle minuscole fibre muscolari poste nel derma da cui deriva il netto miglioramento del trofismo tissutale.
Gli effetti biologici prodotti dalla corrente di elettrolipolistesi generano:

  • un'azione trofica interpolare,
  • un effetto antalgico,
  • un riassorbimento degli edemi,
  • stimolazione della vasomotricità.

L'effetto polare che si verifica si traduce in un effetto sedativo, in un effetto stimolante e vasodilatatore.
La pelle, tonificata, diventa più elastica e fin dalle prime sedute si assiste alla scomparsa della "buccia d'arancia".
L'elettrolipolistesi aumenta la circolazione sanguigna e linfatica che si evidenzia in un miglioramento del drenaggio e della diuresi.
Nei mammiferi il 20-40% del consumo di ossigeno nei tessuti dipende dalla pompa del sodio, per cui l'elettrolipolistesi, regolando l'attivita' della pompa Sodio-Potassio influenza direttamente il consumo di ossigeno e quindi il consumo calorico.

 

 

4.3 APPLICAZIONI AD USO SPORTIVO[11]
indice =

L’uso sportivo della stimolazione elettrica, oggi molto diffuso, non è una serie di terapie ben definite, ma un insieme di indicazioni su come sfruttare le potenzialità di questa tecnica per migliorare le proprie capacità muscolari.
Tale miglioramento può riguardare:

  • l’allenamento per una determinata attività sportiva;
  • la capacità di superare un infortunio muscolare;
  • il mantenimento del tono muscolare conseguente all’inattività (Es. dopo un intervento);

Come risulta evidente gli ultimi due campi sono a metà fra l’uso sportivo e quello terapeutico.

Per quanto riguarda l’uso sportivo  l'elettrostimolazione è un particolare tipo di allenamento, che si applica alla massa muscolare, e che tramite  impulsi di corrente elettrica (emessi a frequenze diverse in base ai tipi di allenamento) permette di ottenere contrazioni fisiologiche sul muscolo in grado di potenziarne l’azione e di aumentarne la massa, proprio come un normale allenamento.
Obbiettivo dell’elettrostimolazione eccitomotoria e quindi  quello di apportare una determinata quantità di corrente in una data quantità di tempo, per ottenere l’inizio del potenziale di azione di un punto dei motoneuroni che sono collegati alle fibre muscolari che si vuol far allenare, intendendo per potenziale di azione la carica elettrica che si propaga lungo il motoneurone e poi lungo la fibra muscolare provocando il movimento del muscolo.Tale obbiettivo sarebbe facile da raggiungere con un apparecchiatura che emetta la quantità di corrente giusta nel tempo previsto se non fosse per la complicazione che comporta la resistenza che le varie cellule che compongono i tessuti interpongono tra l’apparecchio elettrostimolatore ed il motoneurone. Per compensare la quantità trattenuta dai tessuti è necessaria una particolare apparecchiatura, che permetta di mantenere costante la quantità di corrente. In base a come risolvono il problema della resistenza gli elettrostimolatori vengono classificati in due categorie: gli elettrostimolatori di prima generazione: utilizzano semplicissimi generatori di tensione per aumentare la quantità di corrente nel tempo con un risultato efficace ma non ottimale; gli elettrostimolatori di seconda generazione  si comportano come dei veri e propri  generatori di corrente  (in grado di variare la tensione al variare della resistenza incontrata).

 

ALLENAMENTO


Gli elettrostimolatori moderni sono progettati per migliorare le prestazioni muscolari d'atleti e sportivi che si allenano con una certa regolarità.
L'allenatore od il preparatore atletico dovrà scegliere quali sono le prestazioni da migliorare (forza, forza veloce, forza resistente o resistenza aerobica), secondo le esigenze di ciascun atleta.

1) Il riscaldamento
Questa fase deve precedere tutte le varie sedute di allenamento tramite stimolatore.
E' un programma che non deve affaticare il muscolo, consentendo di raggiungere un livello stabile di aumento del flusso arterioso che significa stabilità nel livello di attività metabolica raggiunto.

2) La forza
E' consigliato nella maggior parte degli sport nei quali un incremento della forza permette un miglioramento della prestazione.
Ad esempio nel ciclismo si può utilizzare questo programma come complemento all'allenamento muscolare tradizionale, oppure nel corso della stagione anche al posto delle sedute con i pesi in palestra.

3) La forza veloce
 E' consigliato nelle attività che richiedono grandi sforzi in tempi molto brevi.

4) La forza resistente
E' consigliato per sostituire faticose sedute di allenamento o per prolungare l'allenamento di resistenza. I parametri di stimolazione devono produrre un incremento della resistenza allo sforzo, ossia permettere di sostenere più a lungo possibile uno sforzo intenso.
E' un impegno muscolare che riguarda il meccanismo anaerobico lattacido e determina una notevole produzione di lattato.
Si lavorerà con un protocollo che imporrà uno sforzo molto intenso, di lunga durata e con una produzione di acido lattico massima; con il tempo si incrementerà la tolleranza della muscolatura a questo tipo di sforzo.

5) La resistenza aerobica
Questo programma è caratterizzato da una lunga durata con uno sforzo di medio impegno ma con un carico totale di lavoro elevato tale da imporre al muscolo elettrostimolato un funzionamento simile a quello di una fibra lenta.
Si ha così l'opportunità di completare l'allenamento della resistenza per quelle attività sportive dove è importante avere un buon livello massimo di consumo di ossigeno.
L'atleta può così ridurre gli allenamenti molto lunghi in termini di tempo, riducendo in questo modo i traumi osteo-tendinei che spesso ne sono la diretta conseguenza.
Bisogna perciò scegliere dei parametri che determinino un incremento della resistenza all'affaticamento, ossia aumentino l'intensità dello sforzo medio sostenibile per molto tempo.

6) Il recupero muscolare
Dopo una competizione o un allenamento faticoso l'atleta si trova a dover fronteggiare con il problema del recupero muscolare.
Le fibre che hanno lavorato maggiormente sono cariche di acido lattico e determinano indolenzimento e talvolta dolore sui muscoli che risultano contratti.
Il recupero mediante elettrostimolazione migliora il flusso sanguigno e l'ossigenazione muscolare e accelera il metabolismo del lattato riducendo l'insorgenza di fastidiosi bruciori alle fibre.
Come specificato nell’introduzione agli usi sportivi questo campo di applicazione è molto vario, visto che cambia sia a seconda dello sport praticato sia di come esso è praticato; in ogni caso comunque si dovrà tener presente il comportamento delle diverse fibre muscolari.  Il comportamento delle fibre muscolari, non è omogeneo.  Per esempio, in caso di inattività muscolare, la fibra che maggiormente perde capacità è la Fibra 1 (fibra lenta e resistente).  E' inoltre importante sapere che, in caso di ripresa del lavoro muscolare, è anche il tipo di fibra che migliora le sue caratteristiche più lentamente.  Per cui, in questo caso, i programmi di lavoro dovranno prevedere la maggior quantità di lavoro con frequenze che rispettino il Reclutamento Temporale ottimale delle fibre di questo tipo, cioè dagli 8 ai 45 Hz circa.
Ad incidere sul tipo di programma di stimolazione  si dovrà effettuare, inoltre,  non inciderà  solo il tipo di fibra muscolare che si vuole allenare, vi sono altri importanti parametri:

  • il tipo di muscolo che deve essere stimolato
  • il tipo di attività del soggetto
  • il tempo a disposizione per ogni singola seduta
  • il numero di sedute settimanali che è possibile effettuare
  • la presenza di contratture, infortuni o altre situazioni condizionanti

Una prima e fondamentale diversificazione dell’elettrostimolazione nasce dunque da come reagiscono le diverse fibre a diverse frequenza. Ricordando la classificazione delle fibre fatta nella parte fisiologica, possiamo assegnare a ciascun tipo di fibra una frequenza ottimale:

  • FIBRA II m  - 100 Hz  è fibra esplosiva
  • FIBRA II b   - 30/75 Hz è fibra forza velocità
  • FIBRA II a   - 20/50 Hz è fibra intermedia
  • FIBRA I       -  8,4/35 Hz è fibra lenta/resistente.

Come esempio di come tali fibre variano a seconda dello sport riportiamo di seguito una tabella (non esaustiva perché riporta solo le fibre lente) che associa ad alcune discipline sportive la relativa necessità di fibre lente:

 

DISCIPLINA

% DI FIBRE LENTE

Ciclismo su strada

55-60

Nuoto

50-60

Pallavolo

45-55

Calcio

40-50

Lotta

50-55

Pattinaggio su ghiaccio

65-70

Atletica 100 metri

35-40

Atletica 400 metri

40-50

Atletica 1500 metri

55-60

Sci di fondo

65-85

Sportivi non agonisti

40-60

Tabella 1 % di fibre lente stimolate nella pratica di vari sport[4]

Al variare dello sport praticato cambieranno inoltre i muscoli da andare a trattare, sempre per fornire un esempio, seppur non esaustivo riportiamo la seguente tabella:

 

Sport

Muscoli principali

Muscoli secondari

Ciclismo

Quadricipiti, Glutei, Polpacci, Lombari

Addominali, Ischio Crurali, Paravertebrali, Erettori del rachide, Peronei laterali

Mountain bike

Quadricipiti, Glutei, Polpacci, Lombari, Deltoidi

Addominali, Ischio Crurali, Paravertebrali, Erettori del rachide, Peronei laterali

Corsa a piedi

Quadricipiti, Glutei, Polpacci, Peronei laterali

Addominali, Ischio Crurali, Tibiali anteriori

Sci di fondo

Quadricipiti, Glutei

Dorsali, Lombari, Tricipiti, Polpacci

Tabella 2 Muscoli stimolati a seconda dello sport[4]

 

Un altro criterio fondamentale della stimolazione è l’intensità con cui deve essere applicata. Per determinarla bisogna innanzitutto stabilire qual è il fine della stimolazione (a intensità diverse corrispondono effetti diversi) e poi  verificare quale intensità consenta di raggiungere tale fine.

 

Un criterio soggettivo e semplice, che si può seguire, è quello di classificare l’effetto dell’intensità dello stimolo secondo i diversi livelli di attività del muscolo all’aumentare dell’intensità. Un esempio di questa classificazione è il seguente in cinque classi:
1 – una sensazione di leggera vibrazione a cui non corrisponde una contrazione apprezzabile del muscolo;
2 – una contrazione alternata e discontinua delle fibre muscolari che produce un movimento visibile sulla superficie del muscolo;
3 - una contrazione delle fibre muscolari nel loro insieme che danno al muscolo il tipico aspetto della contrazione: fasci muscolari induriti, separati tra di loro. La forza espressa in questa fase non è significativa.
4 – una potente contrazione di tutte le fibre muscolari: il muscolo diventa duro (stiffness), i fasci muscolari si gonfiano e si separano ulteriormente, la forza espressa è significativa; se l’articolazione è libera la contrazione produce la totale estensione della stessa, non contrastabile dall’intervento volontario degli antagonisti. L’intensità della contrazione è vicina alla soglia del dolore, ma non è sgradevole né difficile da sopportare.
5- l’intensità troppo elevata porta il muscolo in crampo; la contrazione è dolorosa e insostenibile. Questo stato cessa immediatamente con la diminuzione del livello dell’intensità.
In questo caso per sviluppare la forza esplosiva e la forza massimale si dovrà utilizzare la massima intensità che si riesce a sostenere per un tempo di contrazione che può andare da 3"/4" a 6"; i lunghi periodi di recupero tra le stimolazioni sono necessari per favorire il recupero.
Per lo sviluppo di forza resistenza si utilizzerà invece l’intensità più alta che si riesce a sostenere per un periodo di almeno 8"/10", mentre le pause saranno pari o leggermente superiori alla durata dello stimolo.
Nell’allenamento di resistenza si userà un’intensità ancora inferiore poiché a fronte di una durata di stimolo identica alla precedente, la durata del recupero è uguale o inferiore al tempo di stimolo.
Negli altri impieghi sportivi dell’elettrostimolazione come:

  • il riscaldamento preparatorio del muscolo prima di un’elettrosimolazione
  • il riscaldamento del muscolo prima di un’attività sportiva
  • il recupero muscolare
  • il defaticamento muscolare
  • la capillarizzazione muscolare

invece si useranno altri tipi di corrente, caratterizzati da frequenze inferiori ai 10 Hz, l’intensità della corrente dovrà essere tale da produrre nel muscolo uno stato paragonabile ai livelli 2 e 3 dello schema precedente.
Nel caso del riscaldamento, per esempio, dobbiamo preparare il muscolo alle forti contrazioni dell’attività successiva e una corrente di bassa frequenza e di bassa intensità aumenta la temperatura del tessuto muscolare, mette in moto i meccanismi energetici ed aumenta l’afflusso di sangue alle zone stimolate; quest’ultimo fattore, producendo una minore resistenza al passaggio della corrente, migliora sensibilmente l’efficacia della stimolazione elettrica.

Per riassumere in quest’ambito riportiamo una tabella con i pro e i contro:

Pro
Incrementa la resistenza e la forza del muscolo senza traumi sulle articolazioni.
Tonifica i muscoli dopo pause forzate a causa di incidenti o lunghi periodi di inattività.
Migliora il recupero dopo uno sforzo eliminando o riducendo la sensazione di affaticamento e stanchezza. Ideale quindi per chi non può usufruire di massaggi.
Riduce il tessuto adiposo (secondo alcuni studi aiutano il sistema linfatico ad eliminare le tossine ed a bruciare le riserve di grasso).
Ottima per definire i gruppi muscolari.

CONTRO
Il movimento generato non è controllato dal sistema nervoso, e non simula il gesto atletico che quindi non può migliorare tecnicamente.
Non vi è integrazione con le percezioni visive e di equilibrio.
Si stimola solamente un gruppo muscolare alla volta.
Non vi è affaticamento cardiaco.

Tabella 3 Pro e contro dell’elettrostimolazione nello sport[4]

 

parametri dell’elettrostimolazione

 

 

5.1 TIPI DI CORRENTE[12],[15],[20]

 

Elettrostimolazione con CORRENTE CONTINUA

 


Figura 17 Andamento temporale della corrente continua

Quando una corrente continua attraversa un elettrolita, si verificano particolari reazioni chimiche a livello degli elettrodi, consistenti in un'aumentata concentrazione di ioni positivi (prevalentemente sodio Na+) presso il polo negativo e di ioni negativi (in maggioranza cloro Cl-) in prossimità del polo positivo.

 

Questi ioni, combinandosi con l'acqua contenuta nei tessuti e a sua volta dissociata in H+ e OH-, danno luogo alla formazione di HCl (acido cloridrico) all'anodo e di NaOH (idrossido di sodio) al catodo.

 

Tali sostanze hanno la capacita' di coagulare le proteine tissutali, pertanto si vengono a determinare ustioni chimiche in corrispondenza dei due poli:

  • l'effetto caustico dell'acido cloridrico al polo positivo, provoca, la formazione  di un'escara dura e bruno nerastra (necrosi coagulativa)
  • al polo negativo l'idrossido di sodio produce un'escara molle ad evoluzione torpida (necrosi colliquativa).

Questi effetti non si osservano con l'uso della corrente variabile, in quanto i prodotti chimici formatisi durante una fase, vengono parzialmente neutralizzati nella fase successiva.

 

 

CORRENTI VARIABILI

Rientrano in quest’ambito diversi tipi di corrente di seguito elencate:

  • Diadinamiche
  • Sinusoidali
  • Pulsate
  • Faradicahe
  • Bifasica
  • Interferenziali
  • Di Kots

 

Che verranno di seguito descritte nel merito

 

CORRENTI DIADAMINICHE

Sono correnti prettamente analgesiche ed antiedemigene, note anche con il nome di Correnti di Bernard, utilizzate nel dolore e nelle contratture muscolari. Sono correnti ad andamento semisinusoidale che possono essere distinte in monofase e difase.


Diadaminiche difase

Corrente semisinusoidale con frequenza 100 Hz con possibilità di regolare pausa ed azione. Si ottiene raddrizzando totalmente la sinusoidale a 50 Hz (a doppia semi onda), trasferendo a fianco del semi periodo positivo il semi periodo negativo; e' caratterizzata da impulsi sinusoidali della durata di 10 msec, che si susseguono senza pausa e con frequenza di 100 Hz.


Figura 18 Andamento temporale di Corrente Diadaminca difase

Si distingue in: fissa se i tempi di pausa sono uguali a zero sincopata rapida (1 sec. di pausa e 2 sec. di stimolazione) e sincopata lenta (2 sec. di pausa e 5 sec. di stimolazione). Ha un'azione inibitrice sensoriale intensa ma temporanea, con effetto analgesico ed iperimizzante per dolori acuti, stati simpatico tonici, turbe circolatorie spastiche con uno spiccato effetto di recupero funzionale e motorio della muscolatura.

 

Diadaminiche monofase

 

Corrente semisinusoidale con frequenza 50 Hz con possibilità di regolare pausa ed azione. Si ottiene mediante raddrizzamento parziale (ad una semionda) della sinusoidale a 50 Hz, eliminando il semi periodo negativo; è caratterizzata da impulsi della durata di 10 msec, con pausa di 10 msec tra un impulso e l'altro.


Figura 19 Andamento temporale di Corrente Diadanimica monofase

Si distingue in: fissa se i tempi di pausa sono uguali a zero sincopata rapida se interrotta per un secondo ogni due, e sincopata lenta se la pausa e' di due secondi ogni cinque secondi. Ha un effetto inibitore sensoriale meno rapido ma più duraturo; possiede inoltre una netta azione dinamogena e presenta un effetto stimolante sui nervi motori e sulla muscolatura striata.

 

ELETTROSTIMOLAZIONE CON CORRENTI DIADAMINICHE

 

La stimolazione con correnti diadinamiche evidenzia il fenomeno dell'accomodazione e quindi l'assuefazione delle strutture stimolate (recettori, cellule nervose sensitive).
Per evitare tali fenomeni o minimizzarli si utilizzano perciò tali correnti, con tempi di pausa e stimolazione.
La corrente di tipo sincopata rapida ha un effetto eccitatorio trofico, mentre il tipo sincopata lenta ha un effetto antalgico e miorilassante e un effetto stimolante la muscolatura striata.
Si usano elettrodi di piccole dimensioni, applicandoli alla cute con gel conduttivo o una spugna imbevuta di acqua. L'elettrodo attivo negativo e' posizionato nella zona di maggior dolore (trigger-point) e l'elettrodo positivo nella zona vicina a quella da trattare.
Le sedute devono essere di breve durata, per evitare il fenomeno dell'accomodazione, e nell'ambito della stessa seduta variare il tipo di corrente somministrata (es.: 5 min. monofase, 5 min. difase).
L'intensità e' scelta in funzione della percezione del paziente ed il valore più efficace e' compreso tra la soglia di percezione dello stimolo (formicolio) e la soglia del dolore.
Il numero di sedute e' legato all'esito del decorso della patologia.

 

CORRENTI SINUSOIDALI

Tale corrente e' caratterizzata da una forma d'onda sinusoidale, con frequenza variabile e valore medio uguale a zero in quanto esiste sia la componente positiva che negativa.


Figura 19 Andamento temporale di Corrente Sinusoidale

 

ELETTROSTIMOLAZIONE CON CORRENTI SINUSOIDALI

 

Sono possibili due metodi di elettrostimolazione dei muscoli con correnti sinusoidali: diretta ed indiretta.
E' utilizzata a frequenze basse (20 Hz), per ottenere singole contrazioni muscolari, applicata con tempi di pausa di 1 - 2 secondi.
A frequenze superiori (50-100 Hz) produce un tetano completo del muscolo. Gli effetti che comporta, oltre che eccitomotori, sono di vasodilatazione e di trofismo.
La durata della pausa deve consentire la ripresa dell'irrorazione muscolare ed il riassorbimento dell'acido lattico prodotto.
La durata della seduta varia da 15 a 40 minuti, con applicazioni giornaliere.
Essendo la corrente a valore medio nullo non esiste l'elettrodo attivo, per cui nell'utilizzo terapeutico viene posto un elettrodo sul punto motore e fissato con una fascia elastica o con un cerotto anallergico, mentre l'altro elettrodo viene posto in una zona vicina a quella da trattare.
Le correnti sinusoidali vengono utilizzate anche per ottenere un effetto di drenaggio linfatico, infatti tali correnti possono far contrarre il vaso linfatico, aiutando in tal modo l'organismo nel lavoro di spinta della colonna linfatica dalla periferia al centro.
Non solo la circolazione linfatica superficiale e' interessata, ma soprattutto quella profonda subisce un doppio effetto conseguente all'azione dello stimolo elettrico sui plessi nervosi del vaso e l'altra derivante dalla contrazione muscolare. Si ottiene così un'azione fisiologica che potenzia quella dell'organismo.
Gli elettrodi vengono disposti lungo il decorso del vaso linfatico da trattare o in prossimità delle intersezioni linfonodali.
Le sedute, di circa 20 minuti, evidenziano nel paziente una sensazione di leggerezza e di benessere pressoché immediata.

 

CORRENTI PULSATE

Le correnti pulsate si dividono in:

  • Rettangolari;
  • Esponenziali;
  • Esponenziali invertite;

 

RETTANGOLARI

Corrente ad impulsi singoli rettangolari con spike di depolarizzazione, la corrente può assumere solo due valori: 0 e Im (intensità massima); possibilità di regolare pausa da 0 a 15 sec.

 

Netta azione stimolante sul sistema neuro muscolare, viene utilizzata nella riabilitazione nei casi di muscolatura sana.
Lo spike negativo di depolarizzazione riduce gli effetti di accumulo delle cariche elettriche.


Figura 20 Andamento temporale della corrente pulsata rettangolare

 

ESPONENZIALI

Corrente ad andamento parabolico, con spike di depolarizzazione, raggiunge il valore massimo Im con un tempo di salita ad andamento esponenziale uguale alla larghezza dell'impulso, (cambia la pendenza) per poi ritornare a zero; possibilità di regolare pausa ed azione da 0 a 15 sec.
Netta azione stimolante sul sistema neuro muscolare. Particolarmente adatta per
stimolazione selettiva ed in casi di parziale o totale denervazione.


Figura 21 Andamento temporale della corrente pulsata esponenziale


ESPONENZIALI INVERTITE

Corrente ad andamento parabolico, con spike di depolarizzazione, raggiunge il valore massimo Im per poi ritornare a zero con un tempo di discesa ad andamento esponenziale uguale alla larghezza dell'impulso, (cambia la pendenza); possibilità di regolare pausa ed azione da 0 a 15 sec.
Netta azione stimolante sul sistema neuro muscolare. Particolarmente adatta per
stimolazione selettiva ed in casi di parziale o totale denervazione.


Figura 22 Andamento temporale della corrente pulsata esponenziale invertita

 

ELETTROSTIMOLAZIONE CON CORRENTI PULSATE

 

Nel muscolo normalmente innervato si usano indifferentemente impulsi rettangolari o
esponenziali.
L'elettrodo stimolante, di solito di piccole dimensioni (5-20 cmq), e' collegato al polo negativo e fissato sul punto con una cinghia elastica o un cerotto anallergico.
L'elettrodo indifferente, di superficie maggiore, e' posto in una zona vicino al muscolo da trattare.
Per migliorare il contatto tra elettrodo e cute si possono usare dei gel conduttivi o interporre uno strato di spugna imbevuta d'acqua.
La durata dell'impulso e' strettamente legata all'intensità della stimolazione, infatti quanto più e' breve il tempo di applicazione, tanto maggiore sarà l'intensità necessaria per produrre una contrazione.
I muscoli si contraggono a seguito di impulsi provenienti dal sistema nervoso e, grazie alla loro elasticità, riprendono la loro normale lunghezza cessato l'impulso. Una fibra muscolare risponde alla stimolazione elettrica solo quando raggiunge il
valore di reobase.
Al di sotto di tale valore non si ha risposta, mentre, al di sopra non esiste relazione tra l'aumento della stimolazione e la contrazione. Il muscolo, entro certi limiti, mostra invece una relazione lineare tra stimolazione e contrazione, poiché, aumentando l'intensità, cresce il numero di unita' motorie che vengono eccitate. Quando lo stimolo e' tale da produrre un'eccitazione totale, la contrazione si stabilizza.
Affinché uno stimolo sia efficace, deve essere molto breve il tempo di salita (ts) dell'impulso al valore massimo. Infatti, impulsi con variazioni lente dell'intensità non sono in grado di eccitare la fibra nervosa, la quale si accomoda facilmente al passaggio della corrente.
Pertanto, a parità di durata, gli impulsi esponenziali dovranno avere intensità maggiore rispetto ai rettangolari.
La fibra muscolare non ha capacita' di accomodazione per cui l'intensità efficace e' la medesima sia per gli impulsi rettangolari che esponenziali.
Di norma, la durata degli impulsi e' breve (5-20 msec.) e di intensità adeguata per ottenere risposta contrattile e con tempi di pausa tra un impulso e l'altro di circa 2-3 secondi, per favorire la decontrazione del muscolo, che in caso contrario andrebbe in tetania.
La durata delle sedute varia da 10 a 20 minuti, per una o più volte al giorno, per due o tre settimane.

 

CORRENTI FARADICHE

La corrente faradica e' caratterizzata da una forma d'onda rettangolare, con impulsi di durata 1 msec. e frequenza variabile.


Figura 23 Andamento temporale della corrente Faradica

In elettroanalgesia la tecnica di stimolazione transcutanea con corrente faradica applicata alle terminazioni nervose, prende il nome di TENS (transcutaneous electrical nerve stimulation).
La corrente TENS presenta:

  • un forte effetto antalgico in genere, particolarmente efficace nei dolori causati

da: nevralgie, traumi, algie localizzate, sciatalgie, cervicalgie, ecc.

  • consente elettro ginnastica fisiologica nelle forme di atrofia o ipotrofia delle medie e grosse fasce muscolari.
  • un'azione stimolante sulla muscolatura striata e liscia adatta per recuperi motori, distrofie muscolari e per stimolazioni neurali ; i tempi di pausa ed azione permettono il rilassamento muscolare ad ogni ciclo favorendo l'eliminazione dell'acido lattico formatosi. Trova applicazione nella medicina sportiva.
  • una marcata azione cinetica sulla circolazione sanguigna e linfatica; particolarmente indicata in tutte le patologie circolatorie degli arti inferiori, superiori e nelle piaghe da decubito.
CORRENTI BIFASICHE

La corrente bifasica una corrente a treni di impulsi caratterizzata da una forma d'onda simmetrica rettangolare o triangolare di larghezza 1msec con una parte positiva che si ripete nella fase negativa, per cui il valore medio è nullo.
E' possibile variare tempo di azione, pausa e frequenza.


Figura 24 Andamento temporale della corrente Bifasica

 

Si utilizza per la stimolazione di muscoli normalmente innervati, per la ridotta dimensione dell'impulso che la rende meglio tollerata dal paziente rispetto alle altre forme d'onda.
E' utilizzata a frequenze basse (20 Hz), per ottenere singole contrazioni muscolari, applicata con tempi di pausa di 1-2 secondi e modulata.
A frequenze superiori (50-100 Hz) produce un tetano completo del muscolo. Gli effetti che comporta, oltre che eccitomotori, sono di vasodilatazione e di trofismo.
La scelta della frequenza degli impulsi e' importante, infatti valori intorno ai 50 Hz, erogati a treni d'impulsi di 1-3 secondi, con tempi di pausa di 1-3 secondi, provocano un'azione antalgica precoce, ma con effetti brevi nel tempo (alcune ore) dopo l'applicazione, mentre valori intorno ai 100 Hz provocano un'azione antalgica più lenta a manifestarsi ma più persistente nel tempo, probabilmente per la liberazione di endorfine.
La corrente bifasica, escluse alcune controindicazioni, è una metodica elettroterapia erappresenta un valido trattamento sintomatico del dolore acuto e cronico.
Non presenta effetti collaterali rilevanti ad eccezione della possibilità di comparsa
di eritema nella sede di applicazione degli elettrodi.
Gli elettrodi utilizzati sono di piccole dimensioni e vanno posizionati sulla cute dopo pulizia e aver tolto il velo di unto sulle zone da trattare per migliorare il contatto.
Molto importante è il loro posizionamento che varia da paziente a paziente e da patologia. Per quanto concerne la loro polarità,  essendo la corrente simmetrica, è indifferente.
L'intensita' di corrente deve essere tale da indurre una sensazione di formicolio o vibrazione, evitando l'insorgenza di forti contrazioni muscolari ritmiche, deve essere ben tollerata, e puo' essere percepita a livello di ambedue gli elettrodi nella zona trattata.
Durante la seduta, per un fenomeno di assuefazione, si ha un adattamento piu' o meno rapido a questa sensazione di formicolio, per cui, al fine di mantenerla costante, l'intensita' di corrente va progressivamente modificata

 

CORRENTI INTERFERENZIALI

Per corrente interferenziali si intende l’interferenza di due correnti elettriche sinusoidali a frequenze diverse applicate al paziente; la loro risultante è una nuova corrente le cui frequenze sono rispettivamente la somma delle due frequenze iniziali, la differenza fra le due frequenze e loro multiple.
Per applicare le correnti interferenziali occorre applicare due differenti correnti  contemporaneamente tramite quattro elettrodi posizionati in maniera simmetrica.

 


Figura 25 Schema dell'applicazione di correnti Interferenziali
Per semplificare l'applicazione a due soli elettrodi i nuovi generatori erogano una corrente elettrica che ha le stesse caratteristiche elettriche: una corrente di bassa frequenza che va a modulare una a media frequenza.
Si definisce frequenza di modulazione o modulante la bassa frequenza e frequenza modulata o portante la media frequenza.
La terapia con correnti interferenziali paragonata con le terapie tradizionali da molti più vantaggi .
La corrente interferenziale è generata da una corrente bidirezionale a bassa frequenza (1-100 Hz) e modulata in intensità. La modulazione permette di evitare l'accomodazionedelle fibre nervose.
In seno ai tessuti la corrente interferenziale realizza un'azione profonda e presenta un'amplificazione dell'intensità. L'azione in profondità della corrente interferenziale
deriva dalle caratteristiche intrinseche delle correnti a media frequenza, verso le quali la cute oppone una minore resistenza perché I'impedenza elettrica della cute si riduce man mano che aumenta la frequenza.
Con la corrente interferenziale si riesce, pertanto, a produrre un'azione in profondità che non è realizzabile con le diadinamiche, le quali agiscono prevalentemente nei tessuti superficiali.
All'interno dei tessuti l'intensità della corrente interferenziale è maggiore rispetto a quella presente a livello degli elettrodi.
Gli effetti biologici della corrente interferenziale variano con la frequenza impiegata; in linea di massima, le frequenze inferiori a 50 Hz hanno un effetto eccitomotorio, quelle superiori a 50 Hz danno vasodilatazione.
La corrente interferenziale provoca contrazioni vigorose dei muscoli di grosse dimensioni e di quelli situati in profondità col vantaggio, rispetto alla faradica, di essere più tollerata perché non produce reazioni fastidiose in corrispondenza degli
elettrodi.
L'effetto eccitomotorio si verifica solo nei muscoli normalmente innervati, ciò è dovuto al fatto che gli impulsi di questa corrente sono così brevi da non riuscire a stimolare i muscoli denervati.


Le principali applicazioni terapeutiche sono:

  • antidolorifiche
  • riduzione di edemi locali
  • riabilitazione muscolare
  • stimolazione della circolazione sanguigna

I principali effetti fisiologici delle correnti interferenziali sono:

  • riduzione temporanea del dolore
  • stimolazione muscolare
  • riduzione ed assorbimento di edema
  • riduzione dell'attività del sistema nervoso simpatetico.

 

 

INTERFERENZIALI a modulazione sinusoidale

Corrente ad impulsi rettangolari con frequenza a 2000 Hz modulata da una sinusoidale. Possibilità di regolare pausa ed azione da 0 a 15 sec. frequenza di modulazione da 1 a 400Hz.


Figura 26 Andamento temporale della corrente Interferenziale a modulazione sinusoidale

Ha un'azione inibitrice sensoriale con effetto analgesico ed iperimizzante per dolori acuti, stati simpatico tonici, turbe circolatorie spastiche con uno spiccato effetto di recupero funzionale e motorio della muscolatura.
INTERFERENZIALI bipolarI
a modulazione sinusoidale

Corrente ad impulsi rettangolari con frequenza a 2000 Hz modulata da una sinusoidale. Possibilità di regolare pausa ed azione da 0 a 15 sec.
frequenza di modulazione da 1 a 400Hz.

Figura 27 Andamento temporale della corrente Interferenziale
bipolare a modulazione sinusoidale
Forte effetto antalgico particolarmente efficace nei dolori causati da: nevralgie, traumi, algie localizzate, sciatalgie, cervicalgie, ecc. Azione stimolante sulla muscolatura striata e liscia adatta per recuperi motori, distrofie muscolari e per stimolazioni neurali; i tempi di pausa ed azione permettono il rilassamento muscolare ad ogni ciclo favorendo l'eliminazione dell'acido lattico formatosi. Trova applicazione nella medicina sportiva.
Marcata azione cinetica sulla circolazione sanguigna e linfatica; particolarmente indicata in tutte le patologie circolatorie degli arti inferiori, superiori e nelle piaghe da decubito.
Consente elettro ginnastica fisiologica nelle forme di atrofia o ipotrofia delle medie e
grosse fasce muscolari.

 

INTERFERENZIALI bipolarI
a modulazione rettangolare

Corrente ad impulsi rettangolari con frequenza a 2000 Hz modulata a una rettangolare. Possibilità di regolare pausa ed azione da 0 a 15 sec.
frequenza di modulazione da 1 a 400 Hz.


Figura 28 Andamento temporale della corrente Interferenziale bipolare a modulazione rettangolare
Azione stimolante sulla muscolatura striata e liscia adatta per recuperi motori, distrofie muscolari e per stimolazioni neurali Trova applicazione nella medicina sportiva.

 

INTERFERENZIALI bipolarI
a modulazione esponenziale

Corrente ad impulsi rettangolari con frequenza a 2000 Hz modulata da una esponenziale. Possibilità di regolare pausa ed azione da 0 a 15 sec.
frequenza di modulazione da 1 a 400 Hz.


Figura 29 Andamento temporale della corrente Interferenziale  bipolare a modulazione esponenziale

Netta azione stimolante sul sistema neuro muscolare. Particolarmente adatta per
stimolazione selettiva ed in casi di parziale o totale denervazione.

 

CorrentI Di KotS

 

Si impiega la corrente a 2000 Hz interrotta. Questa è costituita da pacchetti di 10 msec di corrente seguiti da pause della stessa durata; pertanto vengono erogati 50 pacchetti di impulsi al secondo.

Figura 30 Andamento temporale della corrente di Kots

 

E' stato dimostrato che, utilizzando la corrente di 2.000 Hz interrotta, si ha una diminuzione della forza di contrazione massima dopo 12,5 sec di erogazione e dopo pause inferiori a 20 sec, a causa del fenomeno dell'accomodazione.
Per ovviare a tale inconveniente si è soliti erogare tale corrente per 10 secondi seguiti da pause di 15 secondi.
La corrente di Kots provoca la contrazione delle fibre muscolari innervate; non riesce a stimolare le fibre denervate a causa della brevità degli impulsi che la compongono.
Rispetto alle correnti eccitomotorie a bassa frequenza, questa corrente assicura il maggior reclutamento muscolare, un'azione in profondità e la maggiore tollerabilità.
L'effetto eccitomotorio della corrente di Kots si realizza nei muscoli profondi, perché la cute oppone a queste correnti una minore resistenza.
E' infatti dimostrato che l'impedenza elettrica della cute diminuisce con l'aumento della frequenza.
Tra le correnti eccitomotorie, le correnti bidirezionali a media frequenza sono le meglio tollerate dal paziente. Ciò si verifica perché, aumentando la frequenza della corrente, si viene a creare una dissociazione tra la soglia di contrazione muscolare e quella della sensazione dolorosa.
Una corretta elettrostimolazione muscolare con corrente di Kots richiede il rispetto delle seguenti norme:
1) Gli elettrodi vanno posizionati alle estremità del ventre muscolare secondo la tecnica bipolare.
2) L'intensità della corrente viene aumentata lentamente sino a provocare una valida
contrazione muscolare.
3) Ogni muscolo va stimolato per 10 minuti.
4) L'apparecchio va programmato in modo da effettuare 10 secondi di stimolazione e 10 secondi di pausa.

 

 

5.2 POSIZIONAMENTO DEGLI ELETTRODI[6],[10],[13]


Le giunzioni neuro-muscolari o placche motrici sono situate nella zona del ventre muscolare e, normalmente, si possono individuare a circa un terzo della lunghezza del muscolo.
In questa zona particolare del ventre muscolare il nervo motore dà origine infatti ad una molteplicità di placche motrici che si trovano in corrispondenza delle fibre muscolari che esso innerva. Il punto motorio corrisponde alla proiezione sulla pelle di questo ventaglio di placche motrici che si trova all’interno del tessuto muscolare.
Questo punto è importante perché individua la parte che risponde con maggiore sensibilità alla stimolazione e che, per questo motivo, richiede quantità di energia molto inferiori a quelle necessarie in corrispondenza di altre localizzazioni degli elettrodi.
Le mappe che sono generalmente fornite con lo stimolatore hanno il compito di rendere facile la collocazione degli elettrodi, in modo tale che si trovino vicini ai punti motori dei muscoli che vogliamo mettere in contrazione.
Vista quindi l’importanza che nell’elettrostimolazione riveste l’individuare quali siano i punti motori, riportiamo di seguito una serie di mappe che illustrano per ogni parte anatomica quali siano i punti motori dei principali muscoli.

 

Punti motori anteriori sull'arto inferiore

1- Nervo femorale
2- Pettineo
3- Lungo adduttore
4- Grande adduttore
5- Estensore comune dita
6- Estensore alluce
7- Pedidio
8- Peroneo breve
9- Tibiale anteriore
10- Peroneo lungo
11- Sciatico popliteo esterno
12- Vasto laterale
13- Retto femorale
14- Sartorio
15- Tensore della fascia lata

 

Punti motori del viso e del collo

1- Elevatore labbro superiore
2- Buccinatore
3- Quadrato del labbro
4- Nervo frenico
5- Plesso brachiale
6- Sternocleidomastoideo
7- Nervo facciale
8- Orbicolare occhio
9- Frontale

 

Punti motori anteriori del tronco ed dell’arto superiore

1- Deltoide
2- Nervo muscolocutaneo
3- Coracobrachiale
4- Bicipite
5- Brachiale
6- Nervo mediano
7- Brachioradiale
8- Pronatore rotondo
9- Flesso radiale carpo
10- Palmare lungo
11- Flessore superficiale dita
12- Flessore superiore
13- Lungo flessore del pollice
14- Nervo mediano
15- Corto abduttore pollice
16- Oppositore del pollice
17- Corto flessore pollice
18- Adduttore pollice
19- Lombricale esterno
20- Opponente mignolo
21- Nervo ulnare
22- Flessore ulnare
23- Flessore profondo
24- Retto addominale
25- Grande obliquo
26- Grande dentato
27- Grande pettorale
28- Plesso brachiale

Punti motori posteriori del tronco e dell'arto superiore

1- Sopraspinoso
2- Deltoide posteriore
3- Tricipide
4- Nervo radiale
5- Brachioradiale
6- Estensore lungo
7- Estensore breve
8- Estensore ulnare
9- Estensore comune dita
10- Estensore indice
11- Abduttore lungo pollice
12- Estensore lungo pollice
13- Abduttore mignolo
14- Interossei dorsali
15- Nervo ulnare
16- Grande gluteo
17- Medio gluteo
18- Grande dorsale
19- Grande rotondo
20- Piccolo rotondo
21- Trapezio inferiore
22- Trapezio medio e superiore

 

Punti motori posteriori dell'arto inferiore

 

1- Grande adduttore
2- Semitendinoso
3- Semimembranoso
4- Nervo tibiale
5- Gemelli mediale e laterale
6- Nervo tibiale
7- Peroneo breve
8- flessore lungo alluce
9- Soleo
10- Sciatico popliteo esterno
11- Bicipite capo lungo
12- Bicipite capo lungo
13- Nervo sciatico
14- Grande gluteo

 

 

Nelle prime forme di elettrostimolazione muscolare venivano utilizzati elettrodi metallici, abitualmente di rame o di acciaio inossidabile, che conducevano la corrente sulla pelle per mezzo di spugnette imbevute di soluzione salina. Per ovviare ai numerosi inconvenienti che questi dispositivi comportavano vennero introdotti nella stimolazione elettrodi di gomma conduttiva che venivano spalmati di gel conduttivo sulla faccia a contatto con la cute ed erano trattenuti in posizione sul muscolo con bande elastiche.
Attualmente gli elettrodi sono realizzati in morbido elastomero dotato su una faccia di gel conduttivo autoadesivo.
Un'adeguata connessione tra elettrodo e cute è un aspetto fondamentale. La superficie di contatto, infatti, non è mai piana, per cui bisogna utilizzare un ottimo gel di conduzione, eventualmente supportato da uno spray.  Il comfort durante la stimolazione è legato alla qualità della conducibilità elettrodo/cute.  Nelle zone in cui l'elettrodo non appoggia perfettamente sulla pelle, l'aria o il pelo si interpongono creando un isolamento parziale al passaggio di corrente.  La corrente si concentrerà quindi sui punti di contatto e non su tutta la superficie in maniera omogenea.  Questa è la spiegazione della sensazione di puntura che a volte si avverte in prossimità dell'elettrodo.  Sensazione che sparirà non appena l'elettrodo verrà fissato alla pelle in modo adeguato, anche grazie ad una corretta distribuzione sulla superficie di contatto di gel e spray conduttivi.  In caso di presenza di pelo abbondante, tali sostanze dovranno essere distribuite soprattutto sotto lo stesso (il pelo è un discreto isolante!).
Un altro problema è rappresentato dagli angoli dell'elettrodo che tendono a rimanere sollevati se vengono bloccati da cinghie elastiche piuttosto che da cerotti che ne racchiudono bene i bordi.

La tecnologia dei materiali usati ha permesso da una parte di avere un’elettrodo aderente e capace di seguire le deformazioni della superficie cutanea determinate dalla contrazione, dall’altra di ridurre drasticamente la resistenza elettrica nell’interfaccia elettrodo-gel-cute.
Lo scadimento delle caratteristiche originali degli elettrodi, per mancanza di manutenzione o per invecchiamento degli stessi, comporta inevitabilmente una notevole diminuzione di efficacia dell’elettrostimolazione.

 

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Tipicamente un’elettrostimolatore necessità di 2 elettrodi per canale; In alcuni casi uno dei conduttori può essere sdoppiato per una migliore distribuzione della corrente e si possono avere 3 elettrodi per canale.
La scelta della dimensione degli elettrodi va fatta sulla base delle seguenti considerazioni:
1 – L’elettrodo deve essere grande abbastanza da coprire il maggior numero di punti motori del muscolo:
2 – I muscoli grandi necessitano di elettrodi di grandi dimensioni;
3 – un’elettrodo di ampia superficie distribuisce uniformemente il flusso di corrente e ne tiene bassa la densità relativa;
4 – un’elettrodo di ampia superficie offre una resistenza inferiore al passaggio della corrente, evitando l’insorgere di irritazioni o bruciature della cute.
Normalmente vengono impiegati elettrodi di forma rettangolare che misurano 5 x 9 cm.; per muscoli piccoli o per stimolazioni localizzate si utilizzano elettrodi di forma quadrata che misurano 5 x 5 cm.
Esistono anche elettrodi di altre forme e dimensioni che vengono però impiegati solo per usi specifici o particolari.

 

 

 

 

 

5.5 LA SICUREZZA DELLE APPARECCHIATURE[3 ],[20]


I danni possibili sono di due tipi:
 1-Interferenza con i segnali elettrobiologici delle fibre nervose e muscolari     

  • tetanizzazione (contrazione spasmodica dei muscoli)
  • alterazioni della funzione respiratoria (asfissia dovuta all’impossibilità di funzionamento dei muscoli del petto)
  • lesioni neurologiche del midollo spinale (paralisi temporanee)
  • fibrillazione cardiaca (contrazione scoordinata del muscolo cardiaco)

2-ustioni (sviluppo di calore per effetto Joule)

  • ustioni nel punto di contatto (più tipici delle tensioni medie ed alte)

La tetanizzazione è prodotta dal passaggio della corrente (sia continua che alternata) nei muscoli e può manifestarsi come:

  • formicolio
  • scossa dolorosa con possibilità di contrazioni e paralisi temporanea dei   muscoli

 
La alterazione della funzione respiratoria si verifica quando si supera la corrente di rilascio. ). Si hanno problemi di respirazione e asfissia (occorre una respirazione bocca a bocca entro 3-4 minuti)
Anche le paralisi temporanee si hanno quando si supera la corrente di rilascio
 La fibrillazione cardiaca è essenzialmente dovuta al fatto che il cuore (che si contrae normalmente 60-100 volte al minuto) è raggiunto da un segnale di 50Hz, che crea contrazioni indesiderate (fibrillazione). Occorre una grossa scarica elettrica per arrestare la fibrillazione (defibrillatore).
 Le ustioni si hanno quando la densità di corrente è superiore a 50mA per ogni mm2 di pelle. In genere si determina la rottura delle arterie ed emorragia.

I parametri che determinano la gravità degli effetti sono

  • l’intensità della corrente (Ampere)
  • il percorso della corrente sul corpo umano
  • la durata del contatto
  • la frequenza della corrente (Hertz) (effetti più dannosi tra 10 e 1000Hz)

Al crescere della frequenza si verificano due fenomeni contraddittori:

  • effetto pelle (diminuisce la possibilità di fibrillazione)
  • riduzione dell’impedenza del corpo umano (aumento della corrente a parità di        tensione) (infatti il corpo umano equivale elettricamente ad un circuito   composto da Resistenze e Condensatori in parallelo e la reattanza del  condensatore è inversamente proporzionale alla frequenza)

Comunque globalmente il pericolo diminuisce al crescere della frequenza.
Poiché gli effetti sulle persone sono legati al valore efficace più che alla forma d’onda, allo stato attuale delle conoscenze sembra che non ci sia un nesso significativo tra pericolo e forma d’onda.
La corrente di rilascio corrisponde al massimo valore di corrente che non provoca paralisi delle mani o degli arti consentendo cosi di allontanarsi (per le correnti impulsive la corrente di rilascio è quella del dolore). E’ minore per donne, bambini e persone che pesano poco.
Sopra tale valore l’interruzione della corrente è affidata solamente all’intervento degli interruttori (magnetotermici e differenziali).
Sotto la soglia di rilascio non sono necessari provvedimenti contro le tensioni di contatto

 

 NORMATIVE

 

Oggi tutte la apparecchiature per elettrostimolazione devono essere sottoposte a certificazione CE per apparecchi elettromedicali in quanto devono applicare correnti al corpo umano per produrre la contrazione muscolare.
Nell’uomo la stimolazione nervosa del muscolo richiede un quantitativo minimo di corrente per essere efficace grazie all’efficienza della conduzione del segnale elettrico lungo le fibre nervose mielinizzate dei motoneuroni.
Gli elettrostimolatori devono impiegare una maggior energia per stimolare il muscolo per via trans-cutanea e superare le resistenze che separano l’elettrodo dalle giunzioni neuro-muscolari.
Per questo motivo le apparecchiature sono soggette all’obbligo di certificazione che garantisce l’utilizzatore sul rispetto dei rigorosi criteri di sicurezza richiesti dalla legge.

 

 

Le controindicazioni all’uso dell’elettrostimolazione muscolare sono le seguenti:

  • Presenza di patologie (malessere acuto, infezioni, disturbi cardiaci, ecc.)
  • Stato di gravidanza
  • Presenza di Pace-maker
  • Presenza di viti, placche di riduzione ortopedica, protesi ortopediche

 

 

REALIZZAZIONE DELL’ELETTROSTIMOLATORE[22]

 

Il circuito che realizzeremo è un elettrostimolatore che fornisce in uscita 2 inpulsi di tipo bifasico. Il circuito è alimentato a 12V e utilizza un microprocessore per la creazione dell’impulso di frequenza e di ampiezza selezionabile.
Ma ora passiamo ad analizzare lo schema a blocchi di questo progetto:

 

Microprocessore
È il cuore di questo elettrostimolatore. Funziona da temporizzatore, rileva la tensione della batteria quando essa è scarica (avvisando all’utilizzatore attraverso un led sul pannello frontale dell’apparecchio), divide la frequenza proveniente dal risuonatore ceramico per avere la possibilità di esercitare i muscoli nelle tre modalità disponibili (bassa-media-alta), e infine controlla le impostazioni di esercitazioni desiderate dall’utilizzatore (automatica o manuale).

Pulsante Select
Permette all’utilizzatore di questo apparecchio di selezionare l’elettrostimolazione di tipo manuale o automatica, oppure la possibilità di scegliere le tre modalità di esercitazioni disponibili (bassa-media-alta).

Pulsante START/STOP
Questo pulsante è responsabile dell’inizio della ginnastica passiva quando viene premuto per la prima volta dopo l’accensione (funzione START), oppure è in grado di arrestare la ginnastica passiva se premuto per la seconda volta (funzione STOP).

Alimentazione
È eseguita da una batteria ermetica ricaricabile da 12V – 1.2Amper, perché secondo le vigenti normative europee tutti gli elettrostimolatori non possono venire direttamente alimentati dalla tensione di rete, 220V.

Risuonatore ceramico 8MHz
Questo blocco fornisce una frequenza pari a 8 MHz al microprocessore, che a sua volta la divide e la rende disponibile alle boccole d’uscita (Out1 e Out2) con valori compresi tra 150 Hz e 180 Hz; diversamente le fibre muscolari, anche se eccitate, non ne trarrebbero alcun giovamento.

 

Led di segnalazioni
Sono i led che si presentano sul pannello frontale dell’apparecchio e permettono all’utilizzatore di avere un’indicazione visiva della modalità di esercitazione scelta (manuale o automatica con stimoli bassi, medi o alti ), dello stato che si trova la batteria (carica o scarica) e che sulle boccole d’uscita giungono gli impulsi generati.

 

Survoltore Tensione
È un blocco che permette di alzare la tensione a dei valori necessari per pilotare, nel nostro caso, il ponte ad H costituito dai Mospower di potenza (MFT1,MFT2,MFT3). Le parti principali che costituiscono questo blocco sono: il MOSPOWER MFT1, l’induttanza Z1 e il potenziometro lineare R16.

 Il MOSPOWER MFT1 in questo blocco funziona da interruttore elettronico. Il terminale Gate del MOSPOWER MFT1 viene alimentato dall’uscita 8 dell’integrato inverter IC2-A. Questo inverter ha la funzione di traslare il livello logico TTL (se presente zero all’ingresso, ottengo uno all’uscita e viceversa) e di portare questi livelli logici TTL a livelli logici CMOS, ovvero 0V (Zero logico) e 12V (Uno logico). L’induttanza Z1 è il componente che fornisce la corrente al carico R16. Il potenziometro lineare R16 ha la funzione di variare la tensione che confluirà sul ponte ad H. Durante l’elettrostimolazione, questo potenziometro varia l’intensità di corrente, permettendo una maggiore o minore contrazione muscolare.


Funzionamento:
Il MOSPOWER MFT1 viene usato come interruttore con tempi di conduzione e di interdizione controllati dal microprocessore. Nell’intervallo in cui il MOSPOWER MFT1 conduce viene prelevata l’energia dalla batteria e, questa viene immagazzinata nell'induttanza Z1; DS3 é polarizzato inversamente e la corrente sul carico R16 viene fornita dalla carica immagazzinata nelle capacità C11 e C12 (queste capacità appartengono al blocco ponte ad H). Quando il MOSPOWER MFT1 da ON passa alla condizione OFF, la tensione sul terminale Drain cresce positivamente fino a raggiungere il valore che provoca la conduzione di DS3. La corrente in uscita é ora fornita dall'induttanza Z1, passa attraverso DS3 e giunge al carico R16; la quantità di carica persa da C11 e C12 durante il tempo in cui il MOSPOWER è ON viene perciò ripristinata. In questo modo si ottiene un elevato valore di tensione all’uscita del survoltore, avendo in ingresso un valore di tensione basso, ovvero 12V. Nell’elettrostimolazione è necessaria una tensione elevata, superiore a 60V, perché solo in questa condizione si può apprezzare la contrazione di un muscolo.

 

Half – Bridge
Anche il "mezzo-ponte" è responsabile per l’innalzamento della tensione a dei valori che riescono a pilotare il ponte ad H, costituito dai MOSPOWER di potenza (MFT1,MFT2,MFT3). Le parti principali che costituiscono questo blocco sono: l’integrato IR2111 ed i due MOSPOWER MFT2 e MFT3.

L’integrato IR2111 è il componente che controlla l’interdizione e la saturazione dei due MOSPOWER. La sua funzione principale è quella di innalzare la tensione di Gate del MOSPOWER MFT2; ciò perché è presente una "massa fittizia" tra il Source del MOSPOWER MFT2 e il Drain del MOSPOWER MFT3. È da notare il valore di tensione che assume la "massa fittizia" inviata al piedino 6 (VS) dell’integrato IR2111. L’integrato IR2111 sente il valore di tensione presente sul piedino 6 e lo somma con +12V; in questo modo sul piedino 7 (HO) è presente una tensione, che viene inviata al Gate del MOSPOWER MFT2 e risulta essere pari alla somma:

VALORE PRESENTE SUL PIEDINO= 6 + 12 Volt.

Il MOSPOWER MFT3 non è controllato dall’integrato IR2111, come il MOSPOWER MFT2, perché il suo Source è già direttamente collegato a massa.

Ponte ad H
Questo blocco regola la quantità di tensione presente sulle boccole d’uscita. Le parti principali che costituiscono questo blocco sono; le capacità C1 e C2, le resistenze R17 e R18 ed i MOSPOWER MFT2 e MFT3. I condensatori elettrolitici C11 e C12, che sono collegati in parallelo alle resistenze R17 e R18, sono collegati in serie e ci permettono ci prelevare sulle loro giunzioni una tensione che risulta essere esattamente pari alla metà di quella di alimentazione, ovvero pari alla metà della tensione proveniente dal survoltore di tensione; questa tensione viene usata come "massa fittizia" delle uscite OUT1 e OUT2.

 


I due MOSPOWER, MFT2 e MFT3, servono a completare questo blocco. E, vengono utilizzati per permettere una semionda positiva ed una negativa alle uscite OUT1 e OUT2, rispetto alla "massa fittizia". Inoltre, questi due componenti vengono utilizzati per completare la configurazione a "mezzo ponte". Per pilotare questi due MOSPOWER finali occorre applicare sui loro Gate una tensione di polarizzazione positiva che risulti maggiore di circa 12 Volt, rispetto alle tensioni presenti sui loro Source.
Per la presenza di questo ponte ad H, durante l’elettrostimolazione gli elettrodi possono essere applicati sul corpo senza una regola fissa, cioè è indifferente porre nella parte bassa od alta di un muscolo l’elettrodo positivo (che fisicamente è collegato al cavo rosso), oppure quello negativo (che fisicamente è collegato al cavo nero).
Esempio di funzionamento:
Se tra le capacità C11 e C12 ho 150 Volt, alle boccole d’uscita avrò un valore di tensione pari alla metà, cioè 75V. quando il MOSPOWER MFT2 è saturo (e MOSPOWER MFT3 interdetto), sull’uscita OUT2 avrò un valore di tensione pari a +75V; quando, invece, si ha MOSPOWER MFT3 saturo (e MOSPOWER MFT2 interdetto) abbiamo sull’uscita OUT2 un valore di tensione pari a –75V. quindi, sulle uscite OUT1 e OUT2 abbiamo sempre la presenza di una tensione che avrà un semiperiodo positivo e un altro negativo. Pertanto è indifferente le posizioni degli elettrodi sul corpo.

 

 

Ora passiamo a vedere lo schema elettrico ed il funzionamento in specifico del circuito,corredati di alcune foto delle forme d’onda in uscita all’elettrostimolatore.


Per la descrizione del funzionamento di questo elettrostimolatore inizio dai due pulsanti siglati P1-P2 collegati sui piedini 13-12 del micro processore IC1. Il pulsante P2 ha la duplice funzione di START e di STOP, mentre il pulsante P1 permette di selezionare la velocità bassa-media-alta oppure di predisporre l’apparecchio sulla funzione automatica prima di pigiare il pulsante START/STOP.
Quando si alimenta, il circuito si predispone sulla velocità bassa e pigiando più volte il pulsante P1 si accendono a rotazione i quattro diodi led posti sul pannello frontale, che indicano la funzione di volta in volta selezionata. La funzionalità di questo pulsante è disattivata quando il circuito è in START, per impedire di cambiare la selezione durante l’elettrostimolazione. Solo quando si preme il pulsante P2 di START/STOP, il diodo led acceso, corrispondente alla modalità selezionata, inizia a lampeggiare per indicare che l’elettrostimolatore è attivo. Sempre automaticamente, inizia a lampeggiare anche il diodo led DL6 per avvisare che sulle boccole d’uscita giungono gli impulsi generati.
Quando si predispone il circuito sulla funzione automatica il diodo led DL4 rimane acceso senza lampeggiare ed al suo posto lampeggerà prima il diodo led della bassa velocità DL1 per 10 minuti, poi questo si spegnerà ed inizierà a lampeggiare per 5 minuti il diodo led della media velocità DL2 e quando questo si spegnerà, lampeggerà il diodo led della velocità alta DL3 per altri 5 minuti. Quando si spegnerà anche quest’ultimo diodo, avremo completato il ciclo automatico dell’elettrostimolazione. Ritornando al microprocessore, dal suo piedino 7 fuoriesce una frequenza ad onda quadra di 15.625 Hz che viene applicata sull’ingresso dell’inverter IC2/A, utilizzato in questo circuito come traslatore di livello logico.


L’onda che esce dal piedino 7 del microprocessore è la seguente:

Infatti sull’ingresso dell’inverter IC2/A entra un’onda quadra che partendo da 0 volt sale fino ad un massimo di 5 volt, mentre sull’uscita fuoriesce un’onda quadra che da 12 volt scende a 0 volt. Questa onda quadra viene utilizzata per pilotare il terminale gate del Mospower MFT1, che svolge la funzione di elevatore di tensione switching in configurazione STEP-UP.
Dal catodo del diodo DS3, collegato al Drain del Mospower MFT1, si preleva una tensione che possiamo variare da un minimo di 15 volt fino ad un massimo di 170 volt ruotando il cursore del potenziometro R16:
Altezza minima
Altezza massima

Cortocircuitando tutta la resistenza di questo potenziometro, in uscita si ritrova una tensione di 15 volt, inserendo tutta la sua resistenza, in uscita si ritrova una tensione di 170 volt.
Questa tensione applicata sui due condensatori elettrolitici C11-C12 collegati in serie permette di prelevare sulla loro giunzione una tensione che risulta esattamente pari alla metà di quella di alimentazione e che viene poi utilizzata come "massa fittizia" applicata ad una delle due boccole d’uscita.
Per ottenere sull’opposta boccola una semi onda positiva ed una negativa rispetto alla "massa fittizia", viene impiegato i due Mospower siglati MFT2-MFT3 che, come si può notare nello schema elettrico, sono collegati a mezzo ponte. Per pilotare questi due Mospower finali occorre applicare sui loro Gate una tensione di polarizzazione positiva che risulti maggiore di circa 12 volt rispetto ai loro Source.
Dai piedini 19-20 del microprocessore fuoriescono solo una serie di impulsi negativi della durata di 0.96 secondi, seguiti da una pausa di 1.92 secondi se è stata scelta la elettrostimolazione lenta, oppure da una pausa di 1.44 secondi se è stata scelta una elettrostimolazione media e da una pausa di 0.96 secondi se è stata scelta una elettrostimolazione veloce.
Per convertire gli impulsi negativi forniti dal microprocessore IC1 in impulsi positivi è stato utilizzato i due inverter IC2/B-IC2/C, che provvedono anche ad elevare i livelli logici applicati sui loro ingressi da 0 a 5 volt per fornirli sull’uscita da 12 a 0 volt. Se il segnale presente sull’uscita di IC2/C può essere direttamente applicato sul Gate del Mospower MFT3 perché il suo terminale Source è collegato a massa, non si può invece applicare il segnale presente sull’uscita di IC2/B direttamente sul Gate del Mospower MFT2, perché sul suo terminale Source è presente una tensione pari alla metà di quella di alimentazione.
Quindi se sul Source del Mospower MFT2 risultasse presente una tensione di 15 volt, sul suo Gate dovremmo applicare un impulso positivo di 15V + 12V = 27 Volt rispetto alla massa, mentre se risultassero presenti 50 volt dovremmo applicare sul suo Gate un impulso positivo di 50V + 12V= 62 Volt rispetto alla massa.
Per ottenere questa condizione è necessario collegare tra l’uscita dell’inverter IC2/B e il Gate del Mospower MFT2 l’integrato IC3, che è un HALF BRIDGE DRIVER siglato IR.2111. Collegando il suo piedino 6 sul Source del Mospower MFT2, l’integrato IC3 prende come riferimento questa tensione di Source e sul suo piedino d’uscita 7, che è collegato al Gate di MFT2, fa uscire un impulso positivo di 12 volt maggiore rispetto al valore di tensione rilevato sul piedino 6.
In conclusione, quando conduce il Mospower MFT3 non conduce il Mospower MFT2, mentre quando conduce il Mospower MFT2 non conduce il Mospower MFT3, pertanto sulle boccole d’uscita dell’elettrostimolatore ritroveremo degli impulsi ad onda quadra come visibili nelle figure.
Dunque, il diodo led DL6 lampeggerà seguendo la contrazione del muscolo, quindi ad una bassa velocità il diodo led si accenderà per 0.96 secondi e rimarrà in pausa per 1.92 secondi, mentre alla velocità alta si accenderà per 0.96 secondi e si spegnerà trascorso lo stesso lasso di tempo.
Per alimentare questo circuito si usa una batteria ricaricabile ermetica da 12 Volt – 1.2 Ampere, perché secondo le vigenti normative europee tutti gli elettrostimolatori non possono venire direttamente alimentati dalla tensione di rete, 220 volt.
Poiché il microprocessore IC1 e l’integrato SN. 7406 (cioè IC2) devono essere necessariamente alimentati con una tensione di 5 volt, la tensione dei 12 volt verrà stabilizzata su questo valore dall’integrato stabilizzatore IC4.

 

INFORMAZIONI COMPONENTI:
Descrizione dell’integrato SN74LS06
Questi BUFFERS/DRIVERS monolitici invertenti si caratterizzano per l’alta tensione e le uscite open-collector che vengono usate per interfacciarsi con i circuiti ad alto livello (come i MOS), oppure per pilotare carichi che richiedono un’elevata corrente, e sono anche caratterizzati per il loro uso come BUFFER invertenti per pilotare gli ingressi TTL.
L’integrato 74LS06 ha un valore di tensione d’uscita massimo pari a 30V e l’integrato 74LS16 ha una tensione d’uscita pari a 15V. La massima corrente fornita dall’SN54LS06 e dall’SN54LS16 è 30mA; dall’SN74LS06 e dall’SN74LS16 è 40mA. Questi circuiti sono compatibili con molte famiglie TTL. Gli ingressi sono di tipo "diode-clamped" per minimizzare gli effetti di trasmissione, il che semplifica il loro design.
La potenza dissipata tipica è 175mW e il ritardo di propagazione medio è di 8ns. Gli integrati SN54LS06 e SN54LS16 si caratterizzano per il loro ampio intervallo di temperatura compatibile con le normative militari: a –55°C a 125°C. Gli integrati SN74LS06 e SN74LS16 si caratterizzano per operare nelle temperature che vanno da 0°C a 70°C.


Descrizione dell’integrato IR2111
L’integrato IR2111 è un driver IGBT e MOSPOWER ad alta tensione e ad alta potenza, con canali d’uscita dipendenti da un riferimento alto e basso, progettato per le applicazioni a mezzo ponte (HALF-BRIDGE). Per le caratteristiche dell’HVIC e delle tecnologie CMOS "latch immune" si predilige la costruzione monolitica irregolare. L’ingresso logico è compattibile con le uscite standard CMOS. I drivers d’uscita caratterizzano uno stadio a buffer (tampone) ad elevato impulso di corrente e progettato per avere minimi attraversamenti di corrente. Il tempo morto interno (DEADTIME) è fornito per evitare conflitti alle uscite del HALF-BRIDGE (mezzo ponte). Il canale volante può essere usato per pilotare un IGBT o un MOSPOWER di potenza a canale-N nelle applicazioni limite in cui si richiede una tensione fino a 600V.


Descrizione dell’integrato ST62T63C
Gli integrati ST62T53C, ST62T60C, ST62T63C e ST62E60C sono dispositivi a basso costo che appartengono alla famiglia dei microcontrollori HCMOS ST62xx a 8 bit, i quali sono adatti per applicazioni da bassa a media complessità. Tutti i dispositivi ST62xx sono basati su una costruzione a blocchi con: un comune nucleo che viene circondato da altri Chip periferici.
L’ST62E60C è la versione della EPROM cancellabile del dispositivo ST62T60C, il quale può essere usato per emulare i dispositivi ST62T53C, ST62T60C e L’ST62T63C, così come i rispettivi dispositivi ROM ST6253C, ST6260B e ST6263B. I dispositivi OTP e EPROM sono funzionalmente identici. Le versioni basate sulla ROM offrono le stesse funzionalità delle versioni OTP (programmabili solo una volta) e EPROM (programmabili più volte).
I dispositivi OTP offrono tutti i vantaggi per all’utilizzatore della programmabilità a basso costo, il che li rende la scelta ideale nelle applicazioni a ampia scala dove sono richiesti frequenti cambiamenti del codice, versioni multiple del codice oppure la programmabilità all’ultimo minuto.
Questi dispositivi compatti a basso costo si caratterizzano perché hanno al loro interno un temporizzatore comprendente, un contatore a 8 bit, un prescaler programmabile a 7 bit, un temporizzatore ad auto-ricarica a 8 bit, la capacità dati di una EEPROM (tranne l’integrato ST62T53C), una porta seriale per interfacciare le comunicazioni, un convertitore A/D a 8 bit con 7 ingressi analogici e un temporizzatore digitale WATCHDOG, le quali fanno di loro un’ottima scelta nelle applicazioni di automazione a larga scala, strumenti e applicazioni industriali.

 

 

 BIBLIOGRAFIA
indice =

[1]www.vivailfitness.it
[2]www.picheo.it/dizio
[3]www.itisap.it
[4]www.italmed.com/dizionario.scheda.cfm
[5]www.albanesi.it/index.htm
[6]www.sportmedicina.com/index.htm
[7]www.sartini.it
[8]www.beautyfarmhotel.it
[9]www.abodybuilding.com
[10]www.abc-fitness.com
[11]www.sportmedicina.com
[12]www.form.unitn.it
[13]www.action-fit.com
[14]http://web.tiscali.it
[15]http://digilander.libero.it/naturalman/Medicina&BB
[16]http://digilander.libero.it/ctfonline
[17]www.pacific-sm.com
[18]www.98racingteam.it
[19]www.bodyfitnesshp.com
[20]www.arthebiomedical.it
[21]http://lola.unimo.it/~fonda
[22]www.ipsiamoretti.com

 

Fonte: http://www.elastyc.unimore.it/ELBIOM_2002_2003/Tesine_2002_2003/IARROBINO_PILUSO/ELETTROSTIMOLAZIONE.doc

 

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