Elettricità
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Elettricità
Le proprietà elettriche della materia determinano forze di attrazione e di repulsione. Tali proprietà,  raggruppate sotto il nome di elettricità,  sono utilizzate nella vita di tutti i giorni, per esempio per far muovere  apparecchiature (ventilatori, frullatori, rasoi elettrici, ecc.), per  illuminare o riscaldare ambienti (lampadine, stufe, ecc.) e per molti altri  scopi. 
  Quando mettiamo in moto  elettricamente un attrezzo trasformiamo energia elettrica in lavoro; quando  illuminiamo una stanza si trasforma energia elettrica in energia luminosa;  quando riscaldiamo un ambiente l'energia elettrica è trasformata in calore,  ecc.
  Cerchiamo le origini di  questa energia elettrica, cominciando a studiare le forze elettriche o elettrostatiche.
ELETTRIZZAZIONE
1) Elettrizzazione per strofinio
  Se strofiniamo una penna con  un panno di lana si può notare che la penna acquista la capacità di attrarre  corpuscoli molto leggeri (per esempio dei pezzettini di carta). La stessa cosa  avviene strofinando un pezzo di pellicola trasparente per alimenti, un oggetto  di ambra o di ebanite, una bacchetta di gomma o di plastica. Si dice che tali  corpi sono stati elettrizzati per strofinio.
  Un modo molto efficace per notare se un oggetto è  elettrizzato è quello di appendere un pezzettino di sughero o di legno molto  leggero a un filo di seta e avvicinare a esso l'oggetto elettrizzato. In questo  modo si può vedere che anche i materiali vetrosi (vetro, porcellana) strofinati  con una pezza di seta, si elettrizzano (per il vetro l’effetto è difficile da  osservare).
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Attrazione tra una bacchetta di plastica elettrizzata
  e un pezzetto  di legno appeso a un filo di seta
Elettrizzazione  positiva (o vetrosa) e elettrizzazione negativa (o resinosa)
  Adesso supponiamo di  elettrizzare per strofinio una striscia di pellicola trasparente per alimenti e  poi una penna. Tenendo la striscia trasparente sospesa da un'estremità  avviciniamogli la penna senza metterli in contatto: noteremo che la striscia  sarà respinta dalla penna. 
  Strofiniamo nuovamente la  striscia di pellicola. Stavolta avviciniamogli una bacchetta di vetro,  elettrizzata strofinandola con della seta. Noteremo in questo caso una leggera  attrazione tra la pellicola di plastica trasparente e la bacchetta di vetro. 
  Tutto ciò significa che  esistono due tipi di elettrizzazione: quella resinosa (tipica della plastica, gomma, ambra, ebanite,…) e quella vetrosa (vetro, porcellana,...). Si può  anche dire che questi corpi elettrizzati hanno acquistato carica elettrica. Nel caso dell'elettrizzazione resinosa si dice  che si tratta di carica negativa,  mentre nel caso di elettrizzazione vetrosa si parla di carica positiva.
  Gli oggetti che sono  elettrizzati con cariche dello stesso tipo (o segno) si respingono. Quelli elettrizzati con cariche di segno  opposto si attraggono.
  Oggi è noto che anche nelle  parti più piccole di cui sono costituiti gli elementi, cioè negli atomi, vi  sono sia cariche positive (i protoni dei nuclei atomici) che cariche negative (gli elettroni che si muovono negli orbitali intorno al nucleo).  Mediamente la carica positiva eguaglia quella negativa, e quindi i corpi sono  generalmente neutri, cioè con carica totale nulla. Però, con certi sistemi,  come per esempio strofinando, si può creare un eccesso di cariche positive o  negative negli oggetti, o in parti di essi. E' così che gli oggetti si  elettrizzano. Per esempio, per strofinio si trasferiscono elettroni dalla lana  alla plastica, e quindi la plastica si carica negativamente.
2) Elettrizzazione per contatto
  Tocchiamo con le dita il  pezzetto di legno appeso al filo di seta, in modo da scaricarlo,  nell'eventualità in cui fosse elettrizzato. Avviciniamo al pezzetto di legno  una penna elettrizzata per strofinio. Il pezzetto di legno, essendo un corpo  leggero, viene attratto, come succedeva con i pezzetti di carta. Se però  mettiamo in contatto il pezzetto di legno con la penna, dopo il contatto esso  sarà respinto. Questo avviene perché una parte delle cariche (negative) della  penna sono passate, per contatto, al legnetto. Adesso, essendo i due copri  dotati di carica dello stesso segno essi si respingono. Questo tipo di  elettrizzazione è detta per contatto.
3) L'elettroscopio a foglie e l'elettrizzazione per induzione 
  L'elettroscopio a foglie è  costituito da due lamine metalliche leggerissime (un tempo si utilizzavano  foglie di oro) sovrapposte e sospese verticalmente a una estremità di un'asta  di metallo. L'altra estremità dell'asta è a forma di sfera e il tutto è  sorretto da un supporto (di vetro) chiuso per evitare che le foglie siano mosse  da correnti d'aria.
  La presenza di un corpo  elettrizzato in vicinanza della sfera dell'elettroscopio fa divaricare le  foglie. Questo avviene perché le lamine acquistano entrambe cariche dello  stesso segno. Ciò è dovuto al fatto che avvicinando, per esempio, un oggetto  carico negativamente, gli elettroni (negativi) dell'elettroscopio sono respinti  dall'oggetto e si concentrano nella zona in cui ci sono le foglie metalliche.  Queste, avendo acquistato cariche dello stesso si segno si respingono tra loro.  Nel caso in cui alla sfera dell'elettroscopio viene avvicinato un corpo carico  positivamente gli elettroni dell'elettroscopio migrano verso l'estremità  sferica e le foglie rimangono entrambe con un eccesso di carica positiva; anche  in questo caso, avendo la stessa carica, le lamine si respingono e si  divaricano.
  Questo tipo di  elettrizzazione è detta elettrizzazione  per induzione.
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Elettroscopio a foglie.
LA CORRENTE ELETTRICA
Conduttori e isolanti
  L'elettrizzazione per  induzione dell'elettroscopio avviene perché l'asta è fatta di metallo, che  permette la migrazione delle cariche. Un materiale in cui le cariche si possono  muovere facilmente è chiamato conduttore  di elettricità (o di corrente).  In caso contrario, cioè quando le cariche non si possono muovere da una parte  all'altra del corpo, si hanno materiali isolanti.  I metalli sono buoni conduttori di elettricità. Infatti, ad esempio i fili  elettrici sono fatti di rame che, insieme all'argento, è uno dei migliori  conduttori di elettricità. Il legno, la gomma, la plastica, il vetro, la  ceramica sono invece esempi di materiali che sono dei cattivi conduttori, cioè  che sono isolanti  elettrici. Una curiosità da notare è che,  generalmente, i buoni conduttori di elettricità sono anche buoni conduttori di  calore.
  I fili della corrente  vengono rivestiti di plastica o gomma per evitare che toccandoli si possa  prendere la scossa. Questa corrisponderebbe al passaggio di una grande quantità  di cariche elettriche (elettroni) dal filo al nostro corpo. 
  Per evitare che la corrente  elettrica trasportata dai fili passi ai pali e si disperda a terra, i fili sono  tenuti da oggetti di vetro o porcellana (spesso di colore bianco) che fungono  da isolanti, oppure si utilizzano pali di legno.
Differenza di potenziale elettrico
  Per capire il concetto di  differenza di potenziale, consideriamo un corpo sospeso a una certa altezza.  Come sappiamo esso è dotato di una certa energia potenziale gravitazionale,  perché la forza peso del corpo (forza di gravità) è capace di compiere un lavoro  uguale alla energia potenziale. Si può anche dire che può essere compiuto un  lavoro corrispondente alla differenza di  potenziale (d.d.p.) (o differenza di energia potenziale) tra il punto in cui l'oggetto si trova  sospeso e il suolo
  Nel caso precedente è la  forza di gravità a determinare la differenza di energia potenziale.
  Nel caso delle cariche  elettriche, è la forza elettrica ad  agire su di esse (per esempio facendo attrarre cariche positive con cariche  negative), anziché la forza gravitazionale. La differenza di potenziale che  permette il moto delle cariche elettriche (per esempio attraverso un filo di  rame o attraverso l'asta dell'elettroscopio) è chiamata differenza di potenziale elettrico. Analogamente al caso della  caduta di un corpo, anche durante il movimento delle cariche tra un punto a  potenziale più alto e un punto a potenziale più basso è compiuto lavoro.
  Dunque, affinché avvenga il  movimento di cariche è necessario avere una d.d.p. elettrica. Per esempio, per  far circolare delle cariche, cioè  dell'elettricità, in un filo è necessario che tra gli estremi del filo ci  sia un generatore di d.d.p.
  Una pila è un esempio di generatore di d.d.p. Essa permette il  passaggio della corrente elettrica. E' la corrente elettrica che ci permette di  accendere una lampadina.
  La differenza di potenziale  si misura in volt (V). Maggiore è il  numero di volt (o “voltaggio” o  “tensione”)) maggiore è il lavoro che la corrente può compiere.
  Le normali pile cilindriche  forniscono ciascuna una d.d.p. di 1,5 V. Le pile piatte forniscono 4,5 V. La  corrente delle nostre case è a 220 V.
Intensità di corrente 
  Così come l'acqua scorre  attraverso un tubo dai punti più in alto ai punti più in basso, analogamente la corrente elettrica è un flusso di  cariche che passano attraverso un conduttore andando dal polo positivo del generatore (potenziale elettrico maggiore) al  polo negativo (potenziale elettrico minore). Questo flusso, dal polo positivo  al polo negativo, stabilisce il verso di circolazione della corrente elettrica,  come se si trattasse di cariche positive in movimento, attratte dal polo  negativo. Nella realtà, sono gli elettroni (negativi) le uniche cariche che  possono muoversi in un filo conduttore solido (per esempio in un cavo di rame),  ed essi circolano in senso opposto, cioè dal polo negativo al polo positivo.
  La quantità di carica che  passa in ogni secondo attraverso una certa sezione di un conduttore è l'intensità di corrente. L'intensità di  corrente si misura in ampere (1 A = 1 coulomb al secondo).
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Il passaggio di corrente.
La resistenza elettrica 
  Abbiamo detto che la  corrente elettrica in un filo consiste in un flusso di elettroni. Questo flusso  avviene a causa della d.d.p. creata da un generatore (per esempio una pila). 
  Il movimento di ogni elettrone  è in realtà molto disordinato perché l'elettrone si muove tra gli atomi del  reticolo cristallino. Gli urti, la tendenza degli elettroni a rimanere intorno  ai nuclei e l'agitazione termica, rallentano questo flusso di elettroni. La resistenza elettrica è la diminuzione  del flusso di cariche elettriche. 
  Nei corpi che sono  conduttori di elettricità, le cariche riescono a spostarsi da un punto  all'altro piuttosto facilmente. Quindi la resistenza è piccola. Nei corpi che  sono cattivi conduttori di elettricità (o isolanti) gli elettroni si spostano  con molta difficoltà, e quindi solo con grandi d.d.p. si può ottenere un buon  flusso di cariche, cioè una buona intensità di corrente elettrica.
  La resistenza elettrica si  misura in ohm (W). Un tratto di circuito  elettrico dotato di una certa resistenza si indica con il simbolo:
  
Prima legge di Ohm
  Consideriamo un tratto di  filo. Supponiamo che tra i suoi estremi vi sia una certa d.d.p. che indicheremo  con V. Questa d.d.p. tende a far  muovere le cariche elettriche attraverso il filo, cioè a far circolare una  certa intensità di corrente i.  Maggiore è la d.d.p. tra gli estremi del filo e maggiore sarà il numero di  cariche elettriche che passano in un certo tempo (cioè maggiore risulterà  l'intensità di corrente). Nei conduttori metallici mantenuti a temperatura  costante, al raddoppiare di V raddoppia i, cioè V ed i sono direttamente proporzionali.
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 V   | 
Un circuito con una resistenza elettrica rappresentata da una lampadina.
Quindi, il loro rapporto è  costante. La costante di proporzionalità è il valore della resistenza R, cioè:
   
 
 (R = costante)
        (R = costante)
Se si mantiene costante la  d.d.p. V, raddoppiando la resistenza R si dimezza l’intensità di corrente i, cioè i ed R sono inversamente  proporzionali: in questo caso il loro prodotto è costante (R · i = V , con V costante).
  Questi fatti sono riassunti  nella prima legge di Ohm: 
  la d.d.p. V  agli estremi di un filo conduttore è direttamente proporzionale all'intensità  di corrente i;  invece, mantenendo costante la V, l’intensità i è inversamente proporzionale alla  resistenza R:
   
 
V = R · i
Seconda legge di Ohm
  La resistenza R dipende innanzitutto dal tipo di  materiale, cioè dal fatto che si utilizzino buoni conduttori (resistenza molto  piccola) o cattivi conduttori (resistenza molto grande). 
  Inoltre, la resistenza di un  tratto di circuito è minore se il filo è più grosso, cioè se la l'area S della sezione è maggiore, perché così è più facile avere un buon flusso  di elettroni. Al contrario, data una certa sezione S del filo, la resistenza aumenta se il filo è più lungo, perché  saranno maggiori gli ostacoli al passaggio degli elettroni.
  Indicando con S l'area della sezione del filo, e con l la sua lunghezza, quello che abbiamo  detto si riassume nella seconda legge di  Ohm:
  la resistenza  di un filo conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e  inversamente proporzionale alla sua sezione:
   
 
  dove r (“rho”) è la costante di  proporzionalità, il cui valore dipende dal materiale di cui è fatto il  conduttore.r è chiamata resistenza specifica (o resistività) del materiale. Il rame,  che è un ottimo conduttore, ha una resistività molto più bassa di quella della  grafite, che è un conduttore piuttosto cattivo.
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Sezione e lunghezza di un tratto di circuito.
Lampadina ed effetto joule
  Una lampadina altro non è  che un contenitore di vetro, in cui c'è il vuoto (o un gas inerte), e un filo  di tungsteno (filamento), che è un  materiale ad elevata resistività. Il filamento è molto sottile, e inoltre è  attorcigliato in modo da essere molto lungo. In questo modo, per la seconda  legge di Ohm il filamento avrà una resistenza molto alta. Ciò significa che il  passaggio di cariche attraverso il filamento è reso molto difficoltoso. La conseguenza  di ciò è che a causa degli urti e del moto disordinato delle cariche la  temperatura del filo aumenta: le cariche, rallentando, perdono energia cinetica  che si trasforma in energia termica del filamento. Questo effetto, per cui  l'elevata resistenza fa crescere la temperatura del tratto di circuito, è  chiamato effetto Joule. Un corpo ad  elevata temperatura diventa incandescente, cioè emette luce. In  definitiva una parte dell'energia cinetica  delle cariche elettriche è dissipata in calore e luce. E' su questo principio  che funzionano le lampadine e le stufe elettriche.
  L'energia dissipata per  effetto Joule in luce e calore nell'unità di tempo (cioè la potenza) è data  dalla formula:
P = V ×  i
  oppure, se vale la 1^ Legge di Ohm
  P = R ×  i 2
Ricordiamo che la potenza si misura in watt (W). Quindi, i watt di una lampadina rappresentano la potenza dell'energia termica e luminosa della lampadina.
Componenti di circuito e circuiti elettronici
Un circuito elettrico è  costituito da conduttori, resistenze e generatori raccordati in modo tale che  si possa avere il passaggio di corrente elettrica. 
  Altri componenti di un  circuito sono i condensatori e i diodi. Essi sono realizzati in modo  tale da determinare il passaggio di corrente solo in condizioni particolari, o  di produrre correnti variabili. Quando questi componenti sono introdotti in  grande quantità per scopi complessi (radio, televisioni, altoparlanti, etc.) si  parla più appropriatamente di circuiti  elettronici. 
  Nei circuiti elettronici,  alle vecchie valvole (diodi, triodi,  etc.) sono stati da tempo sostituiti i transistor e i circuiti integrati,  componenti elettronici equivalenti a grandi quantità di componenti elementari  (diodi, triodi, etc.) resi possibili grazie alle moderne tecnologie di miniaturizzazione.  Senza di esse un walkman avrebbe le  dimensioni di un armadietto.
Circuito aperto e chiuso
Affinché si abbia il  passaggio di corrente elettrica è necessario che il circuito sia “chiuso”.  L’”apertura”  del circuito consiste nella  presenza di uno spazio tra due tratti di conduttori. Attraverso questo spazio  non è possibile (in normali condizioni) il moto degli elettroni (resistenza  infinita), e quindi non si ha passaggio di corrente. Un sistema che interrompe  un circuito ma che può richiuderlo, è chiamato interruttore.
  Per evidenziare il passaggio  di corrente si può inserire nel tratto di circuito interessato una lampadina  oppure un opportuno strumento di misura di intensità di corrente (amperometro).
Scintilla
In alcuni casi, attraverso lo spazio che interrompe un circuito si può verificare una scintilla. Essa consiste in certe manifestazioni luminose e sonore associate a un intenso e improvviso passaggio di cariche elettriche (in aria si tratta perlopiù di soli elettroni) tra i due tratti di circuito. Ciò può essere possibile se la differenza di potenziale tra i due tratti di circuito è molto elevata e l’aria è umida. In tal caso, se i tratti di circuito sono molto vicini l’aria può condurre corrente. I fenomeni di eccitazione e ionizzazione degli atomi interposti tra i due conduttori danno luogo all’emissione di luce e di suoni. Questi fenomeni terminano nell’istante in cui ai due tratti di circuito si siano accumulate cariche di segno opposto in quantità tale da compensare la d.d.p. responsabile della scarica.
Collegamento di generatori in serie. 
  Per ottenere una elevata  d.d.p. si può:
- utilizzare un generatore di elevata d.d.p.
- collegare in serie i vari generatori.
Nel secondo caso la d.d.p.  totale è data dalla somma delle d.d.p. dei generatori utilizzati.
  Per collegare in serie dei generatori basta  collegare il polo positivo (+) del primo generatore al polo negativo (-) del  secondo, quello positivo del secondo a quello negativo del terzo, e così via,  come indicato nella seguente figura nel caso del collegamento di pile:
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Pile collegate in serie.
Resistenze in serie
  Mettendo dei tratti di filo  di diversa resistenza uno dopo l'altro la resistenza totale R aumenta. 

Precisamente se indiciamo con R1, R2, … le resistenze collegate in serie, si ha che la resistenza totale (detta “resistenza equivalente”) è:
R = R1+ R2 + …
Resistenze in parallelo
  Collegando invece gli  estremi di varie resistenze allo stesso polo di un generatore e gli estremi  opposti all’altro polo, si ottiene un collegamento in parallelo. 

In tal caso, la resistenza totale risulta minore della minima resistenza presente nel circuito, ed essa si calcola a partire dalla formula:

Energia, ambiente, società
Energia e società
Lo sviluppo della  civiltà è sempre stato associato all’impiego dell’energia, cioè a quella “cosa”  immateriale che è la capacità a compiere lavoro: è necessaria energia per il  trasporto, per costruire, per riscaldare, per illuminare, ecc.
  In natura l’energia si trova sotto varie forme. Da una  parte è necessario realizzare dei sistemi che permettano di estrarla (per  esempio un mulino a vento permette di estrarre l’energia cinetica del vento). Dall’altra,  è necessario trasformare l’energia nelle forme più utili (per esempio il calore  della caldaia di un treno a vapore doveva essere trasformato in energia  cinetica del treno).
  Entrambi questi aspetti, estrazione e  trasformazione, richiedono lo sviluppo di tecniche che possono essere anche  molto elaborate e complesse. 
  Il primo principio della termodinamica, che è una forma del principio  di conservazione dell’energia, ci assicura che l’energia non si può perdere, ma  purtroppo nemmeno può essere creata dal nulla.   L’energia può essere trasformata da una forma all’altra. 
  D’altra parte il secondo principio della termodinamica afferma che non è possibile realizzare una macchina  termica in grado di trasformare tutto il calore di una caldaia in lavoro  meccanico: una parte rimarrà calore, per esempio a causa degli attriti, o se ne  andrà in altre forme di energia. 
  L’uomo ha il conforto del  primo principio della termodinamica, ma nei processi di trasformazione  dell’energia deve sempre lottare con il secondo principio per limitare al  massimo le dissipazioni. L’attrito è solo un esempio di queste dissipazioni. La  resistenza elettrica (che poi è sempre dovuta a una forma di attrito che si  oppone al movimento delle cariche elettriche) è un altro esempio: se non  esistesse resistenza elettrica nei fili, tutta l’energia prodotta in una centrale  elettrica sarebbe utilizzata nelle nostre case, senza doverne perdere molta per  strada per effetto Joule. Comunque, se non esistesse resistenza elettrica  nessuna lampadina potrebbe mai accendersi e nessuna stufa elettrica riscaldare…  E se non esistesse attrito non potremmo camminare: scivoleremmo come su una  pista di ghiaccio!
I combustibili fossili [tratto dall’Amaldi]
La nostra automobile, per funzionare, consuma benzina o gasolio. Qualcuno ha modificato la propria auto in modo che funzioni con il metano. Gasolio e metano sono anche usati per il riscaldamento delle nostre abitazioni.
Il petrolio (dal quale  derivano benzina e gasolio) e il metano, insieme con il carbone, hanno  un’origine comune: sono combustibili  fossili. Ciò significa che si sono formati, nel corso di milioni di anni, a  partire dai resti di antichi organismi che sono rimasti sepolti in un ambiente  privo di ossigeno. Non per niente, sia il carbone (che è un minerale solido),  sia il petrolio (che è liquido), sia il metano (che è un gas) sono estratti dal  sottosuolo.
  Sebbene l’uso dei  combustibili fossili è relativamente semplice, il loro utilizzo crea due  problemi molto gravi: l’inquinamento  ambientale e l’esaurimento delle riserve. 
  Si ritiene che le attuali  riserve di petrolio possano durare ancora non più di 100-150 anni. Purtroppo  quasi tutte le fonti energetiche che utilizziamo sono, come i combustibili  fossili, non rinnovabili. Con questo  termine si indicano tutte le fonti energetiche destinate a esaurirsi in un  intervallo di tempo più o meno breve.
Le fonti energetiche rinnovabili [estratto dall’Amaldi]
L’energia solare e l’energia eolica (cioè del vento) sono i due esempi più noti di fonti energetiche rinnovabili. Con questo termine si indica una fonte di energia che sia disponibile praticamente per sempre.
L’energia solare 
  Solo una minima parte  dell’energia che giunge dal Sole è utilizzata direttamente dall’uomo. Una buona  parte viene utilizzata in modo indiretto: tutto ciò che cresce sulla Terra  sfrutta l’energia del Sole, per cui quando mangiamo o ci riscaldiamo, bruciamo  legna nel camino, non facciamo altro che avvantaggiarci dell’energia solare che  mesi o anni prima era giunta sulla Terra.
  I due dispositivi più comuni  che permettono di utilizzare in modo diretto l’energia del Sole sono i pannelli solari e le celle fotovoltaiche.
  I pannelli solari sono dispositivi che sfruttano il calore che  proviene dal Sole per riscaldare acqua o altri liquidi che scorrono in apposite  condutture. La luce del Sole, incide su una piastra scura, che quindi assorbe  calore e che si trova al di sotto di una lastra di vetro. Il vetro ha la  proprietà di intrappolare l’energia dei raggi solari riflessi dalla lastra  scura posta all’interno del pannello, sotto il vetro. A contatto con la lastra  scura si trovano le condutture a serpentina in cui scorre l’acqua, che viene  così riscaldata, potendo raggiungere temperature tra 50 °C e 90 °C. Essa può quindi essere  utilizzata per impieghi domestici.
  Le celle fotovoltaiche sono dispositivi costituiti da materiali semiconduttori  di elettricità (come il silicio) che hanno la  proprietà di ricavare energia elettrica direttamente dalla luce solare. Le  celle fotovoltaiche sono ancora troppo costose per essere utilizzate su ampia  scala. Diventano convenienti quando servono per produrre energia elettrica in  luoghi in cui non giungono le normali linee elettriche.
L’energia eolica 
  A partire dal 1100 in Europa l’energia  eolica è stata utilizzata per macinare il grano o per sollevare l’acqua per  mezzo di mulini a vento.
  Attualmente l’uso più  diffuso dell’energia eolica consiste nella generazione di energia elettrica per  mezzo di opportuni generatori. Un generatore eolico contiene un alternatore, ed  è simile alla “dinamo” della bicicletta: trasforma energia cinetica in energia  elettrica.
  Inconvenienti dell’energia  eolica, oltre che la relativamente bassa efficienza, sono l’inquinamento acustico e le interferenze  elettromagnetiche con le trasmissioni radio e televisive, che possono essere  evitate utilizzando pale in vetroresina.
L’energia geotermica 
  L’energia geotermica è una  fonte rinnovabile che sfrutta il calore che si trova all’interno della Terra.
  Nelle regioni in cui il  calore interno fuoriesce in superficie, come avviene nei soffioni boraciferi,  nelle sorgenti termali o nei geyser,  le acque sotterranee riscaldate dalle rocce ad alta temperatura, possono essere  estratte per il riscaldamento domestico (come accade, per esempio, in Islanda)  o per produrre energia elettrica. In Italia dal 1904 opera un’importante centrale  elettrica geotermica a Larderello (in provincia di Pisa).
  I problemi tecnici che si  incontrano sono la rarità dei siti geotermici e la presenza di sostanze  disciolte nelle acque geotermiche (zolfo, mercurio, boro) che costituiscono un  pericolo per l’ambiente e per la salute dell’uomo.
L’energia nucleare
L’energia nucleare proviene  da certi materiali che, pur essendo rari, come l’uranio, sono necessari in  quantità talmente ridotta da non essere destinati a un esaurimento in tempi  anche molto lunghi.
  Le reazioni nucleari sono quei fenomeni, che possono produrre o  assorbire energia attraverso processi di trasformazione dei nuclei atomici.  Esse sono da distinguere dalle reazioni  chimiche, che invece interessano solo la struttura elettronica esterna  dell’atomo. 
  Le reazioni nucleari  avvengono a energie molto grandi o in condizioni molto particolari.
  Dei due possibili tipi di  reazioni nucleari, a fissione e a fusione, solo la fissione nucleare è  attualmente impiegata per la produzione di energia elettrica. 
  La fusione nucleare, su cui  sono riversate molte speranze per un futuro ancora lontano, si verifica in  natura nei centri delle stelle. Solo a livello sperimentale si è riusciti a  produrre reazioni di fusione nucleare controllate (cioè non esplosive).
Fissione nucleare
La fissione nucleare (o scissione nucleare) avviene quando, per esempio, un nucleo atomico di uranio-235 è colpito da un neutrone e si divide in due nuclei atomici più leggeri. La somma delle masse dei nuclei prodotti è un po’ inferiore della massa del nucleo iniziale di uranio. Questo difetto di massa si è trasformato direttamente in energia secondo la relazione di Einstein:
E = m × c2
(c = 300.000 km/sec è la velocità della luce).
La relazione di Einstein afferma che una massa m può “sparire” trasformandosi in energia E.
Schema della fissione nucleare dell’uranio.
Nella scissione nucleare, oltre ai nuclei atomici prodotti dal bombardamento di neutroni si liberano altri neutroni, che a loro volta possono contribuire a scindere altri nuclei di uranio. Il processo, chiamato reazione a catena, avviene in maniera incontrollata nelle bombe atomiche. Avviene invece in maniera controllata nelle centrali nucleari, dove il flusso dei neutroni viene limitato da barre di controllo costituite di grafite.
I problemi connessi con l’impiego dell’energia nucleare di fissione sono:
- possibilità di incidenti nucleari, con la liberazione di sostanze radioattive;
- smaltimento delle scorie radioattive prodotte nelle centrali.
In Italia, un referendum ha bloccato la produzione di energia nucleare già dalla fine degli anni ’80.
Fusione nucleare
A lunga scadenza, la fonte  che molti esperti pensano sia la più promettente per le centrali da migliaia di  megawatt è la fusione nucleare.
  Sia ha fusione nucleare quando, sotto particolari condizioni di  temperatura, due nuclei atomici si uniscono per formarne uno più grande. Questo  tipo di reazioni si verifica in natura soltanto nei centri delle stelle, dove  la temperatura raggiunge valori di decine di milioni di gradi, per via  dell’enorme pressione esercitata verso il centro dal peso di tutti gli strati  stellari sovrastanti. Nel nucleo del Sole la temperatura è di 15 milioni di  gradi. A questa temperatura gli atomi sono completamente ionizzati, cioè hanno  perso i loro elettroni. La materia risulta quindi formata da nuclei atomici  liberi e da elettroni anch’essi liberi, cioè non più orbitanti intorno ai  nuclei. 
  Ricordando che i nuclei  degli atomi sono formati da protoni, aventi carica elettrica positiva, e da neutroni,  aventi carica elettrica nulla (neutri), risulta che la carica di ogni nucleo  atomico è positiva, quindi i nuclei atomici tendono a respingersi e  generalmente non si uniscono. Se però si hanno temperature estremamente  elevate, l’agitazione termica nel materiale è talmente violenta che due nuclei,  urtandosi violentemente, possono superare la repulsione e fondersi tra loro.  Questo processo porta alla nascita di un nuovo nucleo formato da più protoni.  Quindi, mediante le reazioni di fusione nucleare si ha la trasformazione di  elementi leggeri in elementi più pesanti.
  Nel Sole, come in tutte le  stelle, l’elemento più abbondante è l’idrogeno (H). Esso ha numero atomico Z=1,  cioè è formato da un solo protone (più, eventualmente, un neutrone: in tal caso  si ha l’isotopo dell’idrogeno  chiamato deuterio). Ebbene, nel  centro del Sole si verificano reazioni nucleari che a partire da quattro  protoni (cioè nuclei di idrogeno) producono nuclei di elio (He) (e in più delle  particelle molto strane e quasi prive di massa chiamate neutrini). Queste reazioni nucleari sono esoenergetiche, cioè  sviluppano energia verso l’esterno. E’ così che il Sole emette la sua energia.  Quest’energia è prodotta, come nelle reazioni di fissione nucleare, a spese di  una piccola quantità di massa, secondo la relazione di Einstein 
  E  =  m × c2. 
  Lo schema della cosiddetta reazione  protone-protone (o reazione p-p), come viene chiamata quella sopra  descritta, è il seguente:
p + p + p + p à passi intermedi à He + 2 neutrini + energia
cioè, 4 protoni, attraverso varie reazioni nucleari intermedie, si fondono alla fine in un unico nucleo di elio (formato da 2 protoni e 2 neutroni), con l’emissione di 2 neutrini e di energia (sotto forma di raggi gamma). Nel nucleo solare si verificano ogni secondo miliardi di reazioni protone-protone, e quindi si produce un’enorme quantità di energia.
Centrali a fusione nucleare e bombe H
Questo tipo di reazioni, se si riuscisse a  realizzare in maniera controllata sulla Terra, garantirebbe la produzione di  enormi quantità di energia a partire da elementi abbondanti e senza prodotti  inquinanti. Purtroppo gli sforzi dei fisici non hanno ancora dato risultati  utilizzabili, e soltanto in certi laboratori è stato possibile ottenere la  fusione nucleare, ma solo di piccolissime quantità di materia. Il problema è  quello di ottenere la temperatura di milioni di gradi necessaria per innescare  le reazioni di fusione nucleare e di realizzare dei sistemi in grado di contenere  del materiale a queste incredibili temperature.
  In maniera incontrollata la  reazione di fusione nucleare è realizzata nelle bombe H (o bombe  all’idrogeno), ancora più potenti delle bombe atomiche basate sulla  fissione nucleare dell’uranio.
Fonte: http://www.webalice.it/giumar69/appunti/Elettr.doc
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