Potenziale eletttrico

 

 

 

Potenziale eletttrico

 

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Potenziale eletttrico

 

Il potenziale elettrico

Lavoro di una forza costante lungo un percorso rettilineo

Supponiamo che un corpo si sposti da un punto A ad un punto B lungo un percorso rettilineo. Si definisce

 

vettore spostamento  si calcola:

FIGURA 1

Lavoro di una forza non costante lungo un percorso non rettilineo

Vediamo ora qualitativamente, senza addentrarci in dettagli matematici che sono per noi in questo momento troppo avanzati, come si deve procede per calcolare il lavoro svolto da una forza non costante su un corpo che si muove lungo un percorso qualsiasi. Cioè, supponiamo che ci sia un corpo che si muove nello spazio lungo una traiettoria curvilinea qualsiasi. Supponiamo inoltre che in ogni punto di questa traiettoria sul corpo agisca una forza e che essa possa cambiare da punto a punto sia come intensità, sia come direzione, sia come verso; il nostro scopo è quindi quello di calcolare il lavoro svolto sul corpo da tale forza. Questo è il caso più generale possibile.

Si suddivide innanzitutto la traiettoria in tanti piccoli tratti. Per ogni tratto abbiamo un punto iniziale e un punto finale e si costruisce il vettore spostamento tra questi due punti. Se il tratto che abbiamo preso è abbastanza piccolo, questo vettore spostamento differirà molto poco dall’effettivo percorso curvilineo effettuato dal corpo. Inoltre, se il tratto è molto piccolo, la forza lungo di esso non potrà cambiare enormemente lungo il piccolo tratto (come analogia, pensiamo ad un’automobile che viaggia: se io considero un tratto molto piccolo della traiettoria seguita dall’automobile, come per esempio mezzo metro, la velocità in questo tratto non può variare di molto, e posso pensare quindi che essa si mantenga approssimativamente costante in tutto il tratto), cosicché facciamo un errore trascurabile se consideriamo che la forza agente su tutti i punti del tratto rimanga costante e pari al valore che essa assume nel punto iniziale del tratto stesso. Quindi facciamo due approssimazioni: nel piccolo tratto il corpo si sposta rettilinearmente e la forza in questo piccolo tratto rimane costante; lo ripetiamo, ciò non è vero, ma facendo queste due approssimazioni commetteremo un errore tanto più piccolo quanto più il tratto è piccolo. Sotto queste due approssimazioni, per ogni tratto si può calcolare il lavoro utilizzando la formula del precedente paragrafo. E infine, per calcolare il lavoro totale lungo l’intero il tragitto, basterà sommare tra loro i lavoro di ciascun tratto. Con riferimento alla figura 2 avremo quindi:

FIGURA 2

In elettrostatica si presenta spesso il problema di calcolare il lavoro in questo modo, basti pensare al caso semplice di una carica q che si muove lungo un percorso qualsiasi in una regione in cui è presente il campo elettrico generato da una carica Q che riamane fissa nello spazio. La forza elettrica che agisce su q non ha direzione, verso e intensità costanti lungo il tragitto, infatti essa è radiale (cioè ha sempre come direzione quella della retta che congiunge il punto preso in considerazione e la carica che genera il campo) e la sua intensità varia con la distanza dalla carica Q, come mostrato in figura 3.

FIGURA 3: Una carica q negativa si sposta da A a D nella regione in cui è presente il campo generato da una carica Q positiva. La forza subita dalla carica q varia da punto a punto. In figura è rappresentata la forza elettrica in corrispondenza di 4 punti A, B, C, D qualsiasi della traiettoria

Sempre in riferimento alla figura 3, occorre dire che la carica q non potrà mai seguire il percorso indicato se su di essa agisce solo la forza elettrica esercitata dalla carica Q; ci dovrà essere almeno un'altra forza (può essere che la carica q la teniamo noi in mano e la spostiamo e quindi su q oltre alla forza elettrica agisce anche la forza della nostra mano) che, insieme alla forza elettrica, obbligano la carica q a seguire quel determinato percorso (ed è per questo che in figura abbiamo scritto Felettrica, per indicare che essa è la elettrica che esercita Q).  Perciò, su q verrà compiuto un lavoro sia da parte della forza elettrica sia da parte di quest’altra forza esterna. Da ora in poi, però, saremo interessati solo al lavoro compiuto dalla forza elettrica.

Campi conservativi

Supponiamo di essere in una regione in cui è presente un campo di un certo tipo e consideriamo un corpo che subisce in qualunque punto si trovi di questa regione, per effetto di questo campo, una forza. Può essere per esempio un satellite che orbita attorno la Terra: in questo caso in ogni punto in cui si può trovare il satellite è presente il campo gravitazionale prodotto dalla Terra e quindi il satellite subirà una forza gravitazionale (diretta verso il centro della Terra) ad opera del campo. Oppure può essere un elettrone che si muove in una regione in cui risente del campo elettrico prodotto da altre cariche. In tali casi, se il corpo in questione che subisce la forza percorre una certa traiettoria, la forza compirà un certo lavoro su di lui. E poiché è il campo che è responsabile della presenza della forza in ogni punto, si dice anche che è il campo che compie un lavoro. Anche noi da qui in poi useremo indifferentemente le due espressioni “lavoro compiuto dalla forza” e “lavoro compiuto dal campo”.

Consideriamo quindi una certa regione sede di un campo e prendiamo due punti qualsiasi A e B. Consideriamo poi un corpo che subisce una forza ad opera di questo campo e supponiamo che si muova lungo un certo percorso 1 da A e B. Se conosciamo punto per punto la forza che subisce il corpo, possiamo calcolare il lavoro L1 svolto dalla forza lungo questo percorso. Ma da A a B il corpo si può muovere lungo un altro percorso 2 e in questo caso otterremo il lavoro L2 (figura 4).

                          FIGURA 4

Ci sono in natura dei campi di forze che hanno questa particolare caratteristica: presi due punti arbitrari P1 e P2 nello spazio, il lavoro svolto da questi campi su un corpo che si muove da P1 a P2 risulta lo stesso lungo qualsiasi percorso che unisce P1 e P2. Tali campi di forze si chiamano campi conservativi.

Si può dimostrare che sia il campo gravitazionale che il campo elettrico sono campi conservativi. Quindi, data una qualunque carica q che si muove da A a B in una regione dove è presente un qualsiasi campo elettrico, il lavoro eseguito da quest’ultimo è sempre lo stesso, indipendentemente da quale traiettoria segue la carica.

Lavoro del campo elettrico uniforme

Ci proponiamo ora di calcolare il lavoro svolto dal campo elettrico quando una carica q positiva si sposta tra due punti qualsiasi A e B all’interno di una regione in cui è presente un campo elettrico uniforme, cioè dappertutto costante in direzione, verso e intensità. Abbiamo già detto che un campo di questo tipo è presente all’interno di un condensatore carico. In figura 5 abbiamo indicato il punto di partenza A e quello di arrivo B con le relative distanze hA e hB dall’armatura negativa. Abbiamo disegnato inoltre, con una curva continua, la traiettoria che compie la carica da A a B.

FIGURA 5

Facciamo innanzitutto un’osservazione che poi riprenderemo più avanti. Poiché il campo elettrico all’interno del condensatore è costante, anche la forza subita dalla carica q ovunque essa si trovi sarà costante; in figura è rappresentata la forza che q subisce quando si trova in A, ma ovviamente anche in ogni altro punto della traiettoria subirà sempre la stessa forza diretta verticalmente verso il basso e avente modulo q · E. Se fosse presente solo la forza elettrica sulla carica q, una traiettoria come quella disegnata in figura, non potrà ovviamente essere percorsa (vedi a questo proposito il paragrafo: “Lavoro del campo elettrico e lavoro esterno”, per cui nella situazione rappresentata in figura sarà presente su q, oltre alla forza elettrica, almeno un’altra forza esterna. L’effetto complessivo di queste forze sarà quello di obbligare la carica q a percorrere quel tipo di traiettoria. Quindi ci sarà un lavoro da parte della forza elettrica ma anche un lavoro da parte di queste altre forze esterne. Per ora però, siamo interessati a calcolare solo il lavoro compiuto dalla forza elettrica. Poiché il campo elettrico è un campo conservativo, il lavoro svolto da esso sulla carica q lungo qualsiasi traiettoria che unisce A e B ha sempre lo stesso valore. Per cui, anziché considerare la traiettoria effettiva compiuta da q da A a B, scegliamo un percorso più semplice da a a B che ci permette di ottenere facilmente una formula per il lavoro. Il percorso scelto è il percorso A → C → B rappresentato in figura 5. Il lavoro LAB sarà dato dalla somma dei lavori lungo i tratti A–C e C–B. Osserviamo innanzitutto che in ogni punto della traiettoria la forza è diretta verso il basso ed è sempre costante in modulo, direzione e verso e vale . Nel tratto A – C forza e spostamento hanno la stessa direzione e verso mentre nel tratto C–B forza e spostamento sono perpendicolari fra loro e pertanto in tale tratto il lavoro sarà nullo. Il lavoro LA→B svolto dal campo quando la carica q si sposta da A a B si calcolerà quindi:

 

LA→B = LA→C + LC→B = DSAC · 1 = q · E · (hA – hB) = q · E · hA – q · E · hB

 

È facile capire che nel caso in cui la carica q si sposti da B ad A la formula diventa: LB→A = q · E · hB – q · E · hA. Quindi, in generale, chiamando Piniz e Pfin i punti iniziale e finale della traiettoria, la formula generica del lavoro si potrà scrivere come:

LPiniz→Pfin = q · E · hiniz – q · E · hfin

Osserviamo una cosa importante: nonostante la formula sia stata ricavata nel caso di una carica q positiva, essa fornisce non solo il valore ma anche il segno corretto del lavoro in tutte le situazioni possibili, anche nel caso in cui la carica q è negativa; in questo caso basta inserire nella formula il valore della carica con il segno meno. Il controllo di ciò è lasciato come esercizio.

 

La quantità q · E · h viene chiamata energia potenziale elettrica della carica q e generalmente si denota con la lettera U. Con questa definizione la formula diventa:

LPiniz→Pfin = Uiniz – Ufin

Nel caso in cui le posizioni delle armature del condensatore non si conoscano e la carica q si sposti da un punto a un altro nella regione di campo uniforme, non è necessario considerare h come la distanza della carica dall’armatura negativa, basta considerare come livello zero rispetto al quale calcolare h un qualunque livello, infatti, considerando la formula del lavoro: LA→B = q · E · hA – q · E · hB si può mettere in evidenza il prodotto q · E diventando LA→B = q · E (hA – hB). La differenza hA – hB sarà la stessa anche se scegliamo un altro livello come livello zero, come per esempio il livello del punto B. La figura 6 sottostante mostra questo discorso:

FIGURA 6

Si noti che la differenza hA – hB, che possiamo indicare con d, non coincide sempre con la distanza in linea d’aria tra A e B, essa è invece la distanza tra i punti A e B lungo la direzione parallela al campo elettrico, come mostrato in figura 7:

FIGURA 7

Possiamo perciò anche riscrivere la formula del lavoro come LA→B = q · E · d

Ma perché si parla di “energia potenziale elettrica”? La carica q si può capire che è in possesso di una energia in quanto la forza ad essa applicata dal campo elettrico è in grado di produrre un lavoro sulla carica q stessa facendola accelerare, allo stesso modo della forza peso che è in grado di compiere un lavoro su una massa m una volta che è stata posta ad una certa altezza dal suolo e lasciata libera sotto l’azione della forza peso.

Se analizziamo la formula dell’energia potenziale elettrica U = q · E · h vediamo che in essa non compaiono esplicitamente le cariche che generano il campo (che sono quelle presenti sulle armature del condensatore), tuttavia il termine E è dovuto proprio ad esse, quindi alla fine il valore di U dipende da tali cariche. Inoltre il termine h ci dice che l’energia potenziale dipende dal punto che si considera e infine compare anche il valore della carica di prova q che si sposta. Vogliamo ora definire per ogni punto P in cui è presente il campo elettrico una nuova grandezza scalare che però non dipenda da q ma solo dalle cariche che generano il campo e dalla posizione del punto P. La situazione è del tutto analoga a quella che ci ha portati a definire il campo elettrico che, lo ricordiamo, non dipende dalla carica di prova. Dalla formula di U vediamo che essa è direttamente proporzionale alla carica q (e questo a sua volta deriva dal fatto che la forza elettrica su q in ogni punto è direttamente proporzionale alla carica q stessa e quest’ultimo fatto ci aveva portati a definire il campo elettrico come il rapporto tra la forza e la carica q); quindi, analogamente a quanto abbiamo fatto per il campo elettrico, definiamo potenziale elettrico nel generico punto P il rapporto tra l’energia potenziale elettrica nel punto P posseduta dalla carica q e la carica q stessa. Tradotto in formula:

 

Nel nostro caso, considerando la formula di U, si vede che facendo il rapporto la carica q si semplifica e il potenziale elettrico assume la forma:

Il potenziale elettrico risulta in questo modo indipendente dalla carica di prova q e dipende solo dalle cariche che generano il campo e dal punto P che si considera.

Se vogliamo riscrivere la formula per calcolare il lavoro utilizzando il potenziale elettrico mettiamo in evidenza il termine q:

 

LPiniz→Pfin = q · (E·hiniz – E·hfin)

 

Osservando che le quantità E·hiniz e E·hfin sono i potenziali elettrici Viniz e Vfin rispettivamente del punto iniziale e finale della traiettoria si ottiene:

 

LPiniz→Pfin = q · (Viniz –Vfin)

 

Poiché il potenziale elettrico è il rapporto tra un’energia e una carica, la sua unità di misura sarà il J/C che viene chiamato Volt. Dato che il potenziale si ottiene dal prodotto E · h, dalla formula inversa E = V/h, osserviamo che il campo elettrico può essere espresso anche in V/m.

Ricaviamo ora la relazione che lega la differenza di potenziale tra le armature di un condensatore e il campo elettrico all’interno. Sappiamo che in un qualsiasi punto il valore del potenziale è dato da E · h. Se h la misuriamo dall’armatura negativa quest’ultima avrà un potenziale Varmatura neg = E · 0 = 0 mentre quella positiva avrà un potenziale Varmatura pos = E · d dove d è la distanza fra le armature. La differenza di potenziale tra le armature sarà quindi:

 

ΔVtra armature condensatore = Varmatura neg – Varmatura pos = E · d

Nelle tre figure sottostanti, sono mostrati, per la regione all’interno di un condensatore carico, rispettivamente l’andamento del potenziale, dell’energia potenziale di una carica positiva e dell’energia potenziale di una carica negativa. Come livello di riferimento è stata scelta l’armatura negativa.

 

FIGURA 8: Valori del potenziale elettrico in corrispondenza di alcune distanze dal livello di riferimento (armatura negativa). Come valore di E all’interno del condensatore si è preso E = 3000 N/C

 

FIGURA 9: Valori dell’energia potenziale elettrica di una carica q positiva (figura in alto) e di una carica positiva (figura in basso) in corrispondenza di alcune distanze dal livello di riferimento (armatura negativa). Come valore di E all’interno del condensatore si è preso E = 3000 N/C

Come dice anche nella figura, osserviamo una cosa importante che vedremo più avanti risulterà un risultato del tutto generale: una carica sia positiva che negativa tende spontaneamente ad andare dai punti dove l’energia potenziale è maggiore ai punti dove l’energia potenziale è minore. Quando diciamo che una carica tenderà “spontaneamente” ad andare verso una determinata direzione intendiamo dire una cosa ben precisa: che se la carica viene lasciata da ferma in un certo punto ed è sottoposta solo alla forza elettrica (e quindi se non subisce altre forze esterne oltre quella elettrica), da quel punto inizierà a muoversi in quella determinata direzione.

Lavoro del campo elettrico generato da una carica puntiforme

Supponiamo ora che una certa carica q positiva si sposti da un punto A a un punto B in una regione dove è presente un campo elettrico generato da una singola carica Q anch’essa positiva che supponiamo rimanga fissa nello spazio. In figura 10 abbiamo indicato il punto di partenza A e quello di arrivo B con le relative distanze rA e rB dalla carica Q. Abbiamo disegnato inoltre, con una curva continua, la traiettoria che compie la carica q da A a B.

FIGURA 10

FIGURA 10: una carica q positiva si sposta da un punto A a un punto B nel campo elettrico generato da una carica Q positiva. Il punto C e il punto B si trovano alla stessa distanza da Q

 

Anche in questo caso vale un discorso analogo a quello fatto nel caso di una carica che si sposta all’interno di un condensatore: se fosse presente su q solo la forza elettrica esercitata da Q, una traiettoria come quella disegnata in figura non potrà ovviamente essere percorsa, per cui dovrà essere presente su q, oltre alla forza elettrica, almeno un’altra forza esterna. L’effetto complessivo di queste forze sarà quello di obbligare la carica q a percorrere quel tipo di traiettoria. Quindi ci sarà un lavoro da parte della forza elettrica ma anche un lavoro da parte di queste altre forze esterne. Per ora però, siamo interessati a calcolare solo il lavoro compiuto dalla forza elettrica. A questo scopo, sappiamo innanzitutto che il campo elettrico è conservativo, per cui il lavoro svolto dal campo elettrico è lo stesso qualunque traiettoria segua q per andare da A a B. Scegliamo allora il percorso particolare A – C – B (tratteggiato) rappresentato in figura 10.

Il lavoro LAB sarà uguale alla somma dei lavori lungo i tratti A – C e C – B. Il lavoro lungo il tratto C – B è zero perché in tutti i punti di questo percorso la forza che subisce la carica è perpendicolare allo spostamento. Nel tratto AC, abbiamo che la forza elettrica mantiene inalterata la direzione e il verso (che sono anche quelli dello spostamento della carica q), ma cambia la sua intensità. Quando è stato affrontato il capitolo dell’energia, avevamo detto che in questo caso il lavoro è dato dall’area sottesa dalla curva che rappresenta l’andamento del modulo di F in funzione dello spostamento. In questo caso si può dimostrare, con strumenti matematici che in questo momento sono per voi troppo avanzati, che il lavoro lungo il tratto A – C è dato dalla formula:

 

 

Quindi il lavoro svolto dal campo quando la carica si sposta da A a B è dato da:

 

 

Quindi, in generale, chiamando Piniz e Pfin i punti iniziale e finale della traiettoria che distano rispettivamente riniz e rfin dalla carica Q che genera il campo, la formula generale del lavoro si potrà scrivere come:

Analogamente a prima, si definiscono le quantità  energie potenziali elettriche possedute dalla carica q rispettivamente nel punto iniziale e nel punto finale e si indicano con Uiniz e Ufin.

 

Con questa definizione la formula diventa, analogamente al caso precedente:

 

LPiniz→Pfin = Uiniz –Ufin

 

Osserviamo una cosa importante: nonostante questa formula sia stata ricavata nel caso particolare di una carica q positiva che si muove nel campo generato da una carica sorgente Q anch’essa positiva, essa fornisce non solo il valore ma anche il segno corretto del lavoro in tutte le situazioni possibili, anche nel caso che una o entrambe le cariche siano negative; in questo caso basta inserire nella formula il valore di ogni carica con il suo relativo segno. Il controllo di ciò è lasciato come esercizio.

Nella figura 11 seguente, invece, viene mostrato l’andamento dell’energia potenziale posseduta da una carica q in una regione in cui è presente il campo generato da una carica Q in funzione della distanza di q da Q e per tutte le possibili combinazioni dei segni delle due cariche.

FIGURA 11: andamento dell’energia potenziale elettrica di una carica q all’interno del campo elettrico di una carica Q.

Nella figura 11 abbiamo indicato per ciascun caso anche in quale direzione si muoverà spontaneamente (cosa significa “spontaneamente” lo abbiamo già detto nel paragrafo precedente) la carica q in presenza solo della forza elettrica; osserviamo che in tutti i casi tale forza elettrica tende a far muovere q dai punti in cui l’energia è maggiore ai punti in cui l’energia è minore.

Analogamente al caso del campo elettrico uniforme, si può osservare che l’energia potenziale dipende non solo dalla carica Q che genera il campo e dal punto in cui si vuole calcolare U, ma anche dalla carica q che si sposta. Se vogliamo avere una grandezza scalare indipendente da q, anche in questo caso si definisce potenziale elettrico nel punto P il rapporto tra l’energia potenziale elettrica nel generico punto P posseduta dalla carica q e la carica q stessa. Tradotto in formula:

 

Nel nostro caso, osservando la formula di U, si capisce che facendo il rapporto la carica q si semplifica e il potenziale elettrico assume la forma:

Il potenziale elettrico risulta in questo modo indipendente dalla carica di prova q e dipende solo dalla carica che genera il campo e dal punto P che si considera.

Se vogliamo riscrivere la formula per calcolare il lavoro utilizzando il potenziale elettrico mettiamo in evidenza il termine q:

 

Osservando che le quantità  sono i potenziali elettrici VPiniz e VPfin rispettivamente del punto iniziale e finale della traiettoria si ottiene:

 

LPiniz→Pfin = q · (Viniz –Vfin)

Quindi una formula la cui struttura è uguale a quella che avevamo nel caso del campo elettrico uniforme, quello che cambia nei due casi è la formula per calcolare il potenziale V.

Dalla formula del potenziale si osserva che il potenziale generato da una carica puntiforme è dappertutto positivo e aumenta al diminuire della distanza da essa, mentre il potenziale generato da una carica negativa è dappertutto negativo, aumenta in valore assoluto (e quindi diminuisce sempre di più) man mano che ci si avvicina alla carica. Nella figura 12 sottostante è rappresentato graficamente l’andamento del potenziale in entrambi i casi ed è anche rappresentato il fatto che una carica positiva tende spontaneamente ad allontanarsi dalla carica che genera il potenziale nel caso questa sia positiva e ad avvicinarsi nel caso sia negativa:

FIGURA 12: andamento dell’energia potenziale elettrica di una carica q all’interno del campo elettrico di una carica Q.

Un’analogia per capire meglio il concetto di potenziale

Cerchiamo ora di capire meglio la conoscenza del campo elettrico attra­verso un modello.

Nella figura 13, vediamo alcuni anelli sporgere da una scatola di legno, alla quale sono legati tramite degli elastici.

FIGURA 13

Per allontanare un anello dalla scatola, dobbiamo compiere un lavoro, e la nostra energia viene trasferita all'elastico che si tende mano a mano che allon­taniamo l'anello. Più lo allontaniamo, più lavoro dobbiamo compiere, più ener­gia viene trasferita, e maggior tensione ha l'elastico. Quando agganciamo l'a­nello al paletto, l'elastico è teso, e l'energia trasferita è tutta immagazzinata come energia potenziale elastica. Si può dire che, tendendo gli elastici, abbia­mo creato un campo attrattivo, simile a quello del campo elettrico: la scatola rap­presenta la carica che genera il campo, gli anelli rappresentano delle cariche esploratrici che sentono il campo elettrico, gli elastici rappresentano il campo, cioè le linee lungo le quali le cariche si muoverebbero se lasciate da ferme. Possiamo pensare che, ogni volta che allontaniamo una carica esploratrice dalla carica che genera il campo, è necessario compiere un certo lavoro perché bisogna conferire uno stato di tensione allo spazio circostante, tensione che tende a far ricon­giungere la carica esploratrice alla carica che genera il campo.

La tensione degli elastici, diversa a seconda della distanza dalla scatola a cui sono stato portati gli anelli, rappresenta una nuova grandezza che viene chia­mata potenziale di un punto. Da questo modello è evidente che il potenziale dipende dalla distanza rispet­to alla carica che genera l campo, ma non dipende dal valore della carica esploratrice (qualunque sia l'anello collegato ad un elastico, la tensione di quest'ultimo dipende solo da quanto è stato tirato).

Lavoro del campo elettrico generato da più cariche puntiformi

Generalizziamo ora la formula ricavata nel paragrafo precedente al caso in cui una carica q si muove da un punto A a un punto B dello spazio in cui è presente il campo elettrico generato da n cariche puntiformi Q1, Q2, ......Qn che supponiamo rimangano fisse nello spazio. Chiamiamo rQ1-A,  rQ2-A, … rQn-A le distanze di Q1, Q2, …Qn dal punto A e analogamente chiamiamo rQ1-B,  rQ2-B, … rQn-B le distanze di Q1, Q2, …Qn dal punto B. Come esempio in figura 14 è mostrata una carica q che si muove nello spazio vicino tre cariche.

                                         FIGURA 14

Poiché sappiamo che la legge di Coulomb gode del principio di sovrapposizione, la forza elettrica risultante su q sarà in ogni punto data dalla somma vettoriale delle forze  che ciascuna carica Q Q2, …Qn eserciterebbe singolarmente su q se le altre non fossero presenti.

Quindi , cioè LAB = LF1 + LF2 + … + LFn. Ma dal paragrafo precedente sappiamo come calcolare questi singoli lavori:

Il lavoro totale sarà allora:

Spostando i termini si ottiene:

 

 

Analogamente a prima, definiamo la quantità racchiusa nella prima parentesi come energia potenziale elettrica posseduta dalla carica q nel punto A e la denoteremo con UA e la quantità racchiusa nella seconda parentesi come energia potenziale elettrica B posseduta dalla carica q e lo denoteremo con UB. Se guardiamo il primo termine tra parentesi, osserviamo che esso non è altro che la somma delle energie potenziali elettriche nel punto A dovuta ciascuna alle singole cariche Q1, Q2,…..Qn e analogamente il secondo termine tra parentesi. Con questa definizione la formula diventa:

 

LA→B = UA – UB

È facile capire inoltre che nel caso la carica si sposti da B ad A la formula diventa: LB→A = UB –UA. Quindi, in generale, chiamando Piniz e Pfin i punti iniziale e finale della traiettoria, la formula generica del lavoro si potrà scrivere come:

LPiniz→Pfin = Uiniz –Ufin

Ancora una volta, poiché l’energia potenziale elettrica è direttamente proporzionale a q, si può definire

potenziale elettrico nel generico punto P il rapporto tra l’energia potenziale elettrica nel punto P posseduta dalla carica q e la carica q stessa:

 

Nel nostro caso facendo il rapporto la carica q si semplifica e il potenziale elettrico assume la forma:

Il potenziale elettrico risulta in questo modo indipendente dalla carica di prova q e dipende solo dalla carica che genera il campo e dal punto P che si considera.

Se vogliamo riscrivere la formula per calcolare il lavoro utilizzando il potenziale elettrico mettiamo in evidenza il termine q nella formula di LTOT:

 

Osservando che la quantità nelle parentesi sono i potenziali elettrici Viniz e Vfin rispettivamente del punto iniziale e del punto finale si ottiene:

 

LPiniz→Pfin = q · (Viniz –Vfin)

 

Come esempio di applicazione di questa formula prendiamo in considerazione la situazione rappresentata in figura 13 e calcoliamo il lavoro compiuto sulla carica q.

I potenziali nei punti A e B saranno:

Quindi il lavoro totale sarà:

LA→B = q · (VA –VB) = – 10-6 · (9,75 · 105 – 10,125 · 105) = + 3,75 · 10–2 J

Considerazioni generali sul concetto di energia potenziale elettrica e di potenziale elettrico

Perché innanzitutto si può parlare di “energia” di tipo elettrico? La carica q in una determinata posizione si può capire che è in possesso di una energia in quanto la forza che subisce dal campo elettrico è in grado di produrre un lavoro sulla carica q stessa facendola accelerare, allo stesso modo della forza peso che è in grado di compiere un lavoro su una massa m posta ad una certa altezza dal suolo. In generale, se una carica q si sposta tra due punti A e B, il lavoro svolto su di essa dal campo elettrico si calcola:

LA→B = UA – UB

Quello che cambia da caso a caso è solo la formula matematica per calcolare U.

In generale una carica elettrica lasciata da ferma in un certo punto sotto l’azione solo del campo elettrico si sposterà in modo tale che il lavoro compiuto dalla forza elettrica è positivo, quindi si sposterà da un punto con energia potenziale maggiore a un altro punto con energia potenziale minore. Se la carica si sposta tra i due punti senza incontrare nessun ostacolo e quindi senza subire altre forze oltre a quella elettrica, questo lavoro andrà ad aumentare l’energia cinetica della carica; se la carica invece viene costretta da A a B a passare attraverso una lampadina il lavoro fatto sulla carica si trasforma in luce e calore mentre se viene costretta a passare attraverso un giradischi, il lavoro elettrico fornirà energia meccanica e sonora. Per esempio, se una carica q si sposta tra due punti A e B tra i quali vi è una differenza di energia potenziale di UA – UB = 3 J, la forza elettrica compie un lavoro sulla carica q LAB = 3 J e da questo lavoro si può ricavare, come abbiamo detto prima, calore, luce, ecc.

Se andiamo a vedere le formule per calcolare l’energia potenziale elettrica, in tutte U è sempre direttamente proporzionale a q, quindi si definisce in tutti i casi il potenziale elettrico come il rapporto U/q e la formula del lavoro compiuto dal campo elettrico diventa:

LA→B = q · (VA –VB)

L’unica cosa che cambia nei diversi casi è la formula per calcolare il valore del potenziale. Se per esempio tra A a B sappiamo che vi è una differenza di potenziale VA –VB = 3 V e da A a B si sposta una carica, per esempio, di 2 Coulomb, la forza elettrica compie un lavoro LAB = q · (VA –VB) = 2 · 1,5 = 3 J.

Se il vettore campo elettrico fornisce una mappa della forza elettrica distribuita nel campo, il potenziale elettrico fornisce una mappa dell’energia potenziale elettrica distribuita nel campo.

Noi abbiamo trovato la formula per calcolare U e quindi V per tre soli casi (campo elettrico uniforme, campo elettrico generato da una singola carica puntiforme, campo elettrico generato da un numero n di cariche puntiformi). In altri casi in cui il campo elettrico è generato da distribuzioni di cariche diverse (ci possono essere lamine cariche, fili carichi, o conduttori carichi di qualsiasi forma), si può dimostrare che si può sempre trovare una formula per calcolare U e V in qualsiasi punto; sicuramente sarà una formula diversa, più complicata, ma quello che è importante è che in teoria per ogni situazione che si considera si può avere una formula per U e quindi anche per V.

Una volta che conosciamo l’energia potenziale o il potenziale in ogni punto, per trovare il lavoro svolto dal campo elettrico quando una carica q si sposta da un punto A a un punto B basta applicare le formule equivalenti:

LA→B = UA – UB

LA→B = q · (VA – VB).

Possiamo quindi affermare in generale che:

  • La differenza di energia potenziale elettrica UA – UB di una carica q tra due punti A e B rappresenta il lavoro che compie la forza elettrica su q se essa si sposta da A a B lungo una qualsiasi traiettoria.
  • La differenza di potenziale VA – VB tra due punti A e B di un campo elettrico è il lavoro che compie la forza elettrica sulla carica unitaria se essa si sposta da A a B lungo una qualsiasi traiettoria.

Quindi, dire per esempio che una pila ha una differenza di potenziale di 1,5 volt tra i suoi due morsetti, significa che il campo elettrico presente all’interno della pila compie un lavoro di 1,5 J per spostare una carica positiva di 1 coulomb dal polo positivo al polo negativo.

Vedremo nell’ultimo paragrafo che le due grandezze si possono anche definire attraverso il lavoro che deve compiere una forza esterna, che controbilanci la forza elettrica, su una carica q lungo un qualsiasi tragitto da B ad A (e non da A a B).

Moto spontaneo delle cariche all’interno di un campo elettrico

In generale una carica elettrica positiva lasciata con velocità iniziale nulla sotto l’azione solo del campo elettrico (cioè in assenza di altre forze esterne) inizierà a spostarsi in modo tale che il lavoro compiuto dalla forza elettrica è positivo, quindi da un punto A in cui il potenziale è più alto verso un punto B in cui il potenziale è più basso, perché se L > 0 e q > 0, allora anche VA – VB > 0 cioè VA > VB. Anche una carica elettrica negativa lasciata con velocità iniziale nulla sotto l’azione solo del campo elettrico inizierà a spostarsi in modo che il lavoro compiuto dalla forza elettrica è positivo ma in questo caso, se L > 0 e q < 0 lo spostamento avverrà da un punto A in cui il potenziale è più basso verso un punto B in cui il potenziale è più alto, perché se L > 0 e q < 0, allora VA – VB < 0 cioè VA < VB. Nella figura 15 seguente sono schematizzati il moto spontaneo di una carica positiva e negativa nel caso di potenziali positivi e negativi:

FIGURA 15: andamento dell’energia potenziale elettrica di una carica q all’interno del campo elettrico di una carica Q.

Il potenziale elettrico rappresenta per il campo elettrico ciò che la quota rappresenta per il campo gravitazionale: come l’energia cinetica (e quindi il lavoro che da questa si può ottenere) che acquista un corpo che cade è proporzionale alla differenza di quota, così l’energia cinetica (e quindi il lavoro che da questa si può ottenere) che acquista una carica è proporzionale alla differenza di potenziale.

Anticipando un discorso che faremo quando si tratteranno le correnti elettriche continue, da quanto detto sul moto spontaneo della cariche in un campo elettrico capiamo che se voglio un flusso continuo di elettroni attraverso un tratto di filo ho bisogno che tra gli estremi del filo ci sia sempre una certa differenza di potenziale, se la differenza di potenziale tra gli estremi del filo fosse zero, gli elettroni non sarebbero forzati a muoversi. Ecco perché per avere un flusso di corrente agli estremi del filo devono essere collegati a una batteria che ha proprio lo scopo di mantenere tali estremi a differenti valori di potenziale (figura 16 sottostante)

FIGURA 16

Lavoro del campo elettrico e lavoro esterno

Fino ad ora ci siamo preoccupati di calcolare il lavoro compiuto dalla forza elettrica su una determinata carica q che si sposta all’interno di una regione dove è presente un campo elettrico. Come già detto, si parla anche di lavoro del campo elettrico perché è proprio il campo elettrico il responsabile dell’esistenza della forza su q. Sotto l’azione solamente del campo elettrico una carica potrà seguire solo alcuni tipi di traiettorie. Se vogliamo far seguire alla carica traiettorie diverse, dovremo applicare sulla carica una forza esterna per forzarla a muoversi come vogliamo noi. Per esempio, prendiamo una regione in cui il campo elettrico è costante e ha una direzione verticale, quindi siamo all’interno di un condensatore carico. In questa regione una carica in ogni punto in cui si trova subirà una forza costante verticale. È chiaro che spontaneamente la carica potrà seguire solamente una traiettoria verticale, se la velocità iniziale della carica è anch’essa verticale (figura 17a) o nulla, oppure una traiettoria parabolica, se la velocità iniziale ha una componente lungo l’orizzontale (figura 17b). Non potrà invece seguire solo grazie alla forza elettrica la traiettoria rappresentata in figura 17c; per far seguire alla carica tale percorso è necessaria la presenza di una o più forza esterne.

FIGURA 17

Supponiamo che una carica si muova lungo una certa traiettoria e che su di essa agisca, oltre alla forza elettrica, anche un’altra forza esterna. Il lavoro compiuto dalla forza elettrica si calcolerà sempre con le formule viste fino ad ora, cioè Lforza elettrica = q · (Viniz – Vfin ) mentre per calcolare il lavoro della forza esterna bisognerà usare il teorema dell’energia cinetica (che ha una validità del tutto generale, cioè vale qualunque sia il numero e il tipo di forze agenti sul corpo).

Denotando con Veliniz e Velfin la velocità della carica rispettivamente nel punto iniziale e nel punto finale della traiettoria e con m la sua massa, applicando il teorema dell’energia cinetica:

 

Ltot = ½ · m · Velfin2 – ½ · m · Veliniz2

 

Poiché sulla carica sono presenti sia la forza elettrica che la forza esterna Ltot = Lforza elettrica + Lforza esterna , quindi:

 

Lforza elettrica + Lforza esterna = ½ · m · Velfin2 – ½ · m · Veliniz2

 

In particolare, se la velocità iniziale e finale della carica sono entrambe nulle, cioè se la carica parte da ferma e si ferma alla fine della traiettoria (quindi se Veliniz = 0 e Velfin = 0):

 

Lforza elettrica + Lforza esterna= 0   da cui:   Lforza esterna = – Lforza elettrica

 

Cioè il lavoro della forza elettrica e il lavoro della forza esterna sono uguali in valore assoluto ma opposti in segno. Da quest’ultima considerazione possiamo definire in maniera diversa sia la grandezza energia potenziale elettrica che la grandezza differenza di potenziale elettrico. Immaginiamo che una carica q si sposti da un punto B a un punto A all’interno di un campo elettrico lungo una qualsiasi traiettoria a velocità costante: perché ciò sia possibile è necessaria una forza esterna che faccia costantemente equilibrio alla forza elettrica. Avremo:

Lforza elettrica B→A + Lforza esterna B→A = 0   da cui:
Lforza esterna B→A = – Lforza elettrica B→A

Ma sappiamo che il lavoro della forza elettrica da B ad A si può esprimere come UB – UA, quindi la formula diventa:

Lforza esterna B→A = – (UB – UA) = UA – UB

Otteniamo quindi il seguente risultato:

  • La differenza di energia potenziale elettrica UA – UB di una carica q tra due punti A e B rappresenta il lavoro che deve compiere una forza esterna, che faccia costantemente equilibrio alla forza elettrica, su una carica q se essa si sposta da B ad A lungo una qualsiasi traiettoria.
  • La differenza di potenziale VA – VB tra due punti A e B di un campo elettrico è il lavoro che deve compiere una forza esterna, che faccia costantemente equilibrio alla forza elettrica, su una carica unitaria se essa si sposta da B ad A lungo una qualsiasi traiettoria.

 

 

Fonte: http://www.webalice.it/paolocesaretti/appunti/potenziale_elettrico.doc

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