Fisiologia umana

 

 

 

Fisiologia umana

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

Prof. Alloatti

Lezione 06/10/03

Il corso sarà principalmente dedicato alla fisiologia umana applicata al movimento. La fisiologia si occupa dello studio del funzionamento degli apparati del corpo (umano).

  • Sistema cardiocircolatorio
    • Cuore
    • Sistema circolatorio
    • Sangue
  • Sistema respiratorio
  • Sistema nervoso (da metà corso in poi), è la parte più complessa.
    • Parte delle cellule nervose e comunicazione tra esse
    • Parte dell’innervazione muscolare
    • Sistema nervoso propriamente detto (encefalo + midollo spinale)
  • Sistema digerente (metabolismo)
  • Sistema escretore (reni)

 

Testi consigliati (l’esame riguarderà esclusivamente temi trattati a lezione e nulla più):

  • Fisiologia dell’uomo – AA. VV. – Edi Ermes Milano: testo scritto apposta per gli studenti di Scienze Motorie.
  • Fisiologia applicata allo sport – Mc Ardle, Katch, Katch – Ambrosiana Milano: testo più complesso del nostro corso ma molto completo con molte tabelle.
  • Le copie di tutti i lucidi proiettati a lezione sono disponibili all’Edisu.

 

L’esame sarà, a scelta di ognuno, scritto, orale o scritto +  orale. Lo scritto prevederà domande sia aperte che chiuse. Quelle aperte riguarderanno soprattutto definizioni e non concetti lunghi.

Sistema cardiocircolatorio

 

E’ il vero fattore limitante della prestazione sportiva (più che i muscoli), il cuore in particolare. E’ costituito da un muscolo pompa (il cuore, organo propulsore), un sistema di vasi che convogliano il sangue verso tessuti e cellule e lo riportano verso il cuore e un liquido (il sangue) che circola e svolge funzioni di trasporto di molte cose:

  • Gas respiratori: O2 (senza di esso le cellule muoiono in pochi secondi) e CO2 il cui eccesso avvelena le cellule.
  • Sostanze nutrienti assorbite dall’intestino.
  • Calore prelevato dai muscoli e smaltito a livello della cute.
  • Ormoni (messaggeri chimici).
  • Funzione immunitaria (tipi particolari di cellule o sostanze, anticorpi).

 

Sistema circolatorio e cuore (anatomia)

 

Grande (sistemica) e piccola (polmonare) circolazione.

Grande circolazione: ventricolo sinistro -> aorta -> arterie -> arteriole -> capillari (rete capillare) -> venule -> vene -> vene cave (2)

  • Vena cava superiore: attinge il sangue dalle regioni poste dal cuore in su.
  • Vena cava inferiore: attinge il sangue dalle regioni poste dal cuore in giù.

 

Trasporta il sangue ricco di ossigeno nei tessuti, nel reticolo capillare avviene lo scambio respiratorio (cellulare) e lo ritorna al cuore ricco di CO2.

Piccola circolazione: ventricolo destro, arteria polmonare, arterie, arteriole, capillari (polmonari, alveoli), venule, vene pormonari (4, 2 per polmone), atrio sinistro.

Rinnova i gas respiratori nel sangue, smaltisce la CO2 nei polmoni sostituendola con ossigeno.

I due circoli sono tra di loro in serie.

Tutto il sangue pompato nella piccola circolazione va agli alveoli polmonari, quello della grande nell’intero organismo in tanti circoli paralleli (sistema nervoso, arti superiori e inferiori...). Nella piccola circolazione non ci sono pertanto problemi di distribuzione del sangue, nella grande occorre regolare la distribuzione ai diversi distretti. Se corriamo agli arti inferiori occorre più sangue senza però farlo mancare agli organi che soffrono la carenza di ossigeno (tipo l’encefalo che se privo di circolazione per soli 15s perde coscienza. Quindi nella grande circolazione ci sono sistemi molto precisi di regolazione del flusso.

Nella grande circolazione il sangue che circola nelle arterie è arterioso e nelle vene venoso. Nella piccola è il contrario.

Arterie: vasi percorsi dal sangue in direzione centrifuga.
Vene: vasi percorsi dal sangue in direzione centripeta.
“Sangue arterializzato” (con ossigeno) è pertanto più preciso che “sange arterioso”.

Cuore (anatomia)

Il cuore è un musolo striato, simile ai muscoli scheletrici ma a differenza di essi è cavo (2 atri e 2 ventricoli).


Nel cuore c’è una netta divisione tra parte destra e parte sinistra per non consentire sangue arterializzato e non. Le camere superiori sono dette atri e quelle inferiori ventricoli. Gli atri comunicano con i rispettivi ventricoli quando le valvole sono aperte. Le valvole servono a mantenere il flusso di sangue unidirezionale. Valvole atrio-ventricolari destra o tricuspide e sinistra o bicuspide o mitrale, impediscono il flusso ventricolo -> atrio. Valvola semilunare aortica tra ventricolo sinistro e aorta e valvola semilunare polmonare tra ventricolo destro e arteria polmonare impediscono il flusso da arteria a ventricolo.

Tra il ventricolo sinistro ed il destro vi è una vistosa dissimmetria. La parete del ventricolo sinistro è molto più spessa di quella del destro, essendo un muscolo sviluppa molta più forza del destro. La pressione della grande circolazione è pertanto molto più elevata di quella della piccola. I due ventricoli si contraggono assieme.

 

Fisiologia del cuore

 

  • Attività elettrica
  • Attività meccanica (contrazione e rilasciamento)
  • Regolazione dell’attività cardiaca.

 

Attività elettrica:

Come tutti i muscoli, anche il cuore sviluppa una contrazione in seguito ad impulsi elettrici ma il muscolo striato cardiaco è diverso dal muscolo striato scheletrico.

Nel muscolo cardiaco, che non è innervato, si autogenera il potenziale elettrico (0,1V come per i muscoli scheletrici). L’origine dell’eccitazione elettrica,  che nel muscolo scheletrico si definisce neurogena, qui è miogena (mios = muscolo).


Le regioni in cui originano gli stimoli sono:

Principale: parete dell’atrio destro (nodo seno atriale, pacemaker principale). Da qui partono i segnali che si diffondono a tutta la parete dei due atri facendola contrarre, poi passano dal nodo atrioventricolare che si divide in due rami (fascio, muscolare, di His). Il nodo atrioventricolare è come un ripetitore che raccoglie i segnali, li ritarda e li rimanda al fascio di His che li conduce velocemente (lento -> veloce). Il ciclo è: contrazione degli atri, ritardo (durante il quale si riempiono i ventricoli. Gli atri sviluppano poca forza rispetto ai ventricoli. Tutto questo flusso elettrico si può evidenziare con l’elettrocardiogramma (ECG) che è la misura dei fenomeni elettrici dell’attività cardiaca che vengono condotti dai liquidi corporei sulla superficie del corpo.


Lezione 13/10/03

Dall’attività elettrica del cuore deriva l’attività contrattile (contrazione, sistole e rilasciamento, diastole, del muscolo cardiaco).

Tracciato elettrocardiografico:


L’insieme delle onde (P-U, lettere a caso senza significato particolare) corrisponde ad un ciclo cardiaco cui segue un pezzo senza segnali ed un nuovo ciclo.

P (onda) = segnale elettrico del pacemaker (eccitamento elettrico degli atri)

Tra P e l’inizio dell’onda Q non c’è variazione del potenziale (ritardo del nodo atrioventricolare). P-Q = tempo di conduzione atrioventricolare

Q,R,S: l’eccitazione percorre il fascio di His e le cellule del ventricolo si eccitano (complessio di invasione, elettrica, ventricolare) invasi dall’eccitamento elettrico.

Onda T: fine dell’eccitamento elettrico del ventricolo.

Onda U: quasi sempre assente.

Tra l’onda T e la P successiva c’è la diastole (riposo elettrico).

Onda P corrisponde alla sistole atriale
Q,R,S,T corrispondono alla sistole ventricolare
Diastole

L’insieme descritto appena sopra (P-diastole) corrisponde ad un ciclo cardiaco

Utilizzi pratici dell’ECG:

  • Misurazione dei tempi di durata delle fasi del ciclo:

 

Conoscendo la velocità del rotolo di carta millimetrata, misurando la distanza tra le onde se ne ricavano i tempi. FC e tempi di diffusione dell’eccitamento elettrico. FC di un adulto giovane (25 < anni < 40), sano e a riposo (fisico e nervoso) è di circa 70 BPM. Un neonato ha una FC di 140 – 150 BPM, nell’anziano tende a diminuire. Anche la febbre, innalzando la temperatura, influenza un po’ tutti i parametri fisici, FC compresa che aumenta.

Una persona che ha una FC di 70 BPM (misurata convenzionalmente tra le due creste R ma va bene qualsiasi riferimento del ciclo) avrà un perdiodo (durata) del ciclo di 60s/70 = 0,85s circa.

Un soggetto con una FC di 70 BPM dovrebbe avere una sistole atriale di circa 0,1s ed una diastole atriale di 0,75s; una sistole ventricolare di 0,3s ed una diastole ventricolare di 0,55s.

Un giovane sano, su di un ECG piuttosto lungo >= 60s evidenzia battiti più ravvicinati e più distanziati. E’un fenomeno fisiologico correlato alla respirazione (FC> nella fase di inspirazione e < in quella di espirazione). Si chiama aritmia sinusale perché deriva da un’altra attivitò del nodo seno atriale.

  • Visualizzazione della morfologia delle onde:

 

E’ molto importante il tratto ST che deve essere al livello della diastole. Se si presenta diagonale dal basso verso l’alto:


il muscolo cardiaco soffre di carenza di ossigeno (ischemia miocardica, miocardio = muscolo cardiaco).

Le Aritmie
Le aritmie (variazioni della FC), tranne quella sinusale, fisiologica, sono patologiche e vanno attentamente considerate in caso di attività sportiva intensa (> 85% FCmax), ma la loro pericolosità dipende dalla qualità e frequenza delle stesse.

Le aritmie si dividono in 2 categorie:

  • Extrasistoli (contrazioni aggiuntive al di fuori del ritmo normale) si manifestano quando si generano degli eccitamenti elettrici anomali all’interno o al di fuori del pacemaker. Sono pericolosi, soprattutto nell’attività fisica, perché il cuore è uno dei pochi organi del corpo umano che deve avere un’attività regolare per la sopravvivenza. I ventricoli infatti devono avere il tempo di riempirsi di sangue per poterlo pompare. In caso di extrasistole ventricolare, questi si contraggono quando sono ancora da riempire. L’extrasistole atriale a riposo non dà di norma problemi perché una contrazione extra dell’atrio, anche contemporanea a quella ventricolare a valvole chiuse, non provoca danni. Se l’extrasistole (ventricolare) è occasionale non dà preoccupazioni, se è costante è da valutare. Nei casi peggiori, di contrazioni continue dei ventricoli (fibrillazione), questi vibrano non pompando più sange, la pressione del sangue scende a 0 e nel giro di 15 min il soggetto decede se non si risolve la situazione.
  • Problemi nelle diffusioni dell’eccitamento: si hanno quando si blocca il sistema di conduzione dell’eccitamento elettrico (blocchi AV di 1°, 2° e 3° tipo). L’atrio batte alla frequenza regolare ma non tutti gli stimoli passano al ventricolo. C’è una scala progressiva, dal 1° tipo quando è occasionale e non è pericoloso, al 2° tipo:

 

al 3° tipo quando la FC ventricolare arriva a 20 – 30 BPM e c’è sopravvivenza ma il soggetto non si regge nemmeno in piedi.

 

Conseguenze dell’attività elettrica:

Durante l’onda P l’atrio si contrae le valvole atrio-ventricolari sono già aperte. Le valvole semilunari (ventricolo – arterie) sono chiuse e il venticolo si riempie di sangue. Il ventricolo inizia a contrarsi, la pressione che si genera al suo interno chiude le valvole atrio ventricolari, ma le semilunari rimangono chiuse fino a che la pressione all’interno del ventricolo supera la pressione arteriosa che le tiene chiuse. Fase di contrazione isometrica (essendo il sangue un fluido, incomprimibile, fino a che non sai aprono delle valvole, la camera in cui è contenuto non può ridurre le sue dimensioni). Quando la pressione è sufficiente apre le vavole semilunari ed inizia la contrazione isotonica o periodo di eiezione (sistole isotonica). Quando si verifica l’onda T c’è il termine dell’eccitamento elettrico del ventricolo e inizia la diastole ventricolare. Diminuisce la pressione nel ventricolo e quando scende al di sotto di quella che c’è all’interno dell’aorta le semilunari si richiudono. Nuova fase isometrica. Quando la pressione ventricolare scende sotto quella atriale (che sale grazie al ritorno di sangue dalle vene), si aprono le valvole atrioventricolari (quindi prima dell’onda P e sistole atriale) ed il sangue inizia a passare dall’atrio al ventricolo. Diastole isotonica, la pressione rimane costante ed il ventricolo si dilata.

 

Le persone allenate a sport di resistenza, meglio se non agoiste che tendono a sovraccaricare il sistema cardiocircolatorio. tendono ad avere un cuore bradicardico. Una FC a riposo bassa è un vantaggio perché permette una diastole più lunga con miglior riempimento dei ventricoli e conseguente maggiore ossigenazione di cervello e muscoli.


Lezione 20/10/2003

Ciclo cardiaco:

  1. Variazioni di pressione del sangue nel cuore.
      • Nel ventricolo sinistro, prima dell’onda P (sistole atriale), la pressione è circa a 0 mm HG, infatti, mentre la camera si riempie di sangue (valvole AV aperte) le pareti cedono e si espandono (fase isotonica).
      • Durante l’onda P c’è un leggero aumento di pressione causata dalla contrazione delle pareti dell’atrio che spingono il sangue nel ventricolo.
      • Successivamente avviene il ciclo Q-R-S
      • cui segue la sistole ventricolare. Le valvole AV si chiudono e le vavole semilunari sono ancora chiuse fino a che la pressione all’interno del ventricolo è > della pressione arteriosa. La pressione nel ventricolo sale notevolmente ma il volume non aumenta a causa della chiusura delle valvole (fase isometrica). In questa fase la pressione arriva a circa 90 – 100 mm Hg.
      • Si aprono le semilunari e la pressione continua ad aumentare fino a 150 mm Hg mentre il cuore continua a contrarsi (sistole ventricolare isotonica o fase di eiezione del sangue).
      • La pressione inizia poi una discesa fino ad arrivare < alla pressione arteriosa, momenti in cui le semilunari si chiudono. Diastole ventricolare isometrica.
      • Quando la pressione del ventricolo è < della pressione dell’atrio (cui arriva sangue dal circolo venoso) si aprono le valvole AV. Diastole ventricolare isotonica. Pressione atrio e ventricolo circa a 0 mm Hg.

 

Pressione ventricolo sinistro:

  • Sistolica (massima): 120 – 130 mm Hg
  • Diastolica (minima): 0 mm Hg
  • La pressione delle arterie è molto più elevata durante la diastole (~ 80 mm Hg).

Nel ventricolo destro le fasi sono le medesime ma cambiano i valori della pressione a causa della parete ventricolare sinistra molto più sviluppata (quindi forte):

Pressione ventricolo destro:

  • Sistolica: 20 – 25 mm Hg
  • Diastolica ~ 0 mm Hg
  • Arteria polmonare ~ 20 – 25 mm Hg

  • Variazoni di volume delle camere cardiache.

 

      • Durante la diastole il ventricolo si riempie aumentando il proprio volume.
      • Durante la diastole atriale il volume ventricolare aumenta ancora un po’
      • All’inizio della sistola ventricolare si chiudono le valvole AV e le semilunari sono ancora chiuse perché la pressione dell’aorta è > di quella ventricolare. Il ventricolo è quindi una camera chiusa piena di liquido (incomprimibile), il volume quindi rimane costante (sistole isometrica).
      • Quando la pressione all’interno del ventricolo > di quella dell’aorta si aprono le semilunari, il ventricolo si contrae facebdo uscire il sangue e diminuendo il proprio volume (sistole isotonica o eiezione del sangue).
      • Diastole isometrica
      • Quando la pressione all’interno del ventricolo è < di quella dell’atrio (cui giunge il ritorno dal circolo venoso) si aprono le valvole AV e c’è un veloce aumento del volume del ventricolo. Il cuore di individui giovani o sportivi è molto elastico e quindi si riempie più facilmente.

Volume massimo – volume minimo = quantità di sangue pompato ad ogni battito. Gittata sistolica.

Volume massimo = 150 – 160 ml
Volume minimo = 80 ml
Gittata = 70 – 80 ml

Per sapere il volume pompato per minuto si può moltiplicare la gittata sistolica per la FC:

80 ml / battito * 70 battiti / minuto = 5,6l / minuto.

La quantità di sangue pompata al minuto si chiama gittata cardiaca o portata cardiaca o volume minuto circolatorio.

Se occorre aumentare il volume minuto circolatorio nel corso dell’esercizio fisico o si aumenta la gittata sistolica o la FC o entrambe. Normalmente aumentano entrambe. Una persona sedentaria sana è in grado di aumentarla di 4x, arrivando a 20 – 22 l/min, un atleta molto di più.

  1. Segnali acustici del circolo cardiaco.

 

Misurabili tramite l’orecchio, il fonoendoscopio e registrabile con il fonocardiogramma.

Ci sono suoni caratteristici dell’attività normale (toni) e suoni patologici (soffi).
I toni sono due:

  1. Primo tono, durante la sistole ventricolare isometrica
  2. Pausa breve (fase di eiezione)
  3. Secondo tono quando si chiudono le semilunari (che sbattono)
  4. Pausa lunga

 

TUN – pausa breve – TUN – pausa lunga

Il primo tono è più lungo, il secondo più breve e “secco”.

Quasi tutti i soffi sono dovuti ad anomalie delle valvole:

  • Stenosi valvolare (valvola poco elastica che non si apre bene creando turbolenza)

 

Il percorso del fluso sanguigno non è agevole, c’è una strozzatura, quindi il ventricolo è costretto a sviluppare più forza che se non ci fosse.

  • Insufficienza valvolare (valvola che non chiude bene). Il ventricolo deve usare forza che viene vanificata da un reflusso cui dovrebbe resistere la valvola.

 

La semilunare aortica se è stenotica presenta il soffio durante la fase di eiezione (tra il 1° e il 2° tono), se incontinente durante la diastole ventricolare.

Un’altra causa di soffio sono le comuncazioni tra la parte sinistra e destra del cuore. Sono normali nel feto ma devono essere chiuse al momento della nascita. Causano la mescolanza di sangue arterializzato e venoso che avviene a causa della notevole differenza di pressione tra i due ventricoli durante la sistole.

 

Regolazione dell’attività cardiaca

 

Serve ad adeguare l’attività cardiaca al livello dell’attività di ogni istante. Esistono due tipi di regolazione:

  • Regolazione eterometrica (legge di Frank - Starling)

 

Riguarda solo la forza di contrazione


Fino ad un certo punto, l’incremento di volume di fine diastole (telediastolico) del ventricolo aumenta la forza di contrazione da esso sviluppata. Come i muscoli scheletrici, anche le fibre cardiache, se prestirate, auementano la loro forza di contrazione. Oltre un certo limite le fibre troppo stirate si sfiancano e si contraggono meno.

Ad esempio, un individuo che è in piedi fermo e si mette a camminare contrae i muscoli delle gambe che comprimono le vene al loro interno aumentando la pressione del sangue che arriva nell’atrio dal circolo venoso.

Eteros (diversa) metrica (dimensione). La forza di contrazione varia per la lunghezza delle fibre muscolari decontratte.

  • Regolazione omometrica (senza la variazione delle fibre muscolari decontratte).

 

Riguarda sia la forza di contrazione che la frequenza cardiaca.

La noradrenalina prodotta dal sistema nervoso ortosimpatico in risposta ad uno stimolo fisico o emotivo viene diretta verso il nodo seno atriale (aumento FC) e le fibre muscolari del ventricolo (aumento della forza di contrazione) spostando in alto la curva di Frank – Starling. La regolazione omeometrica dipende dall’innervazione cardiaca. Il sistema nervoso autonomo è formato da quello ortosimpatico e dal parasimpatico. Entrambi hanno terminazioni nervose agenti sul cuore regolando la FC e la forza di contrazione. L’ortosimpatico ha una funzione eccitatoria tramite la noradrenalina, quello parasimpatico, che innerva il cuore tramite il nervo vagale liberando acetilcolina, che ha effetti opposti alla noradrenalina.

Durante l’esercizio fisico o l’eccitazione nervosa prevale la noradrenalina, durante il rilassamento fisico e mentale prevale l’acetilcolina.

I trapiantati cardiaci hanno un cuore non innervato dal sistema nervoso autonomo, per differenza con essi si può capire l’effetto del s.n.a. sul cuore.

Un trapiantato di cuore ha una FC a riposo di 90 – 95 bpm e durante l’esercizio fisico una lenta salita solo fino a circa 100 bpm. Un soggetto normale ha 70 – 75 bpm a riposo e arriva velocemente oltre 180 bpm durante l’esercizio fisico. Questo parrebbe dimostrare che in condizioni di riposo prevale il sistema nervoso parasimpatico.

I cardiotrapiantati possono fare esercizio fisico submassimale. Il leggero aumento della FC che presentano è dovuto all’adrenalina, prodotta dalla parte midollare delle ghiandole surrenali, molto simile alla noradrenalina ma meno efficace e diretta. Un altro motivo per l’aumento della FC in questi soggetti è l’aumento della temperatura che causa fisiologicamente questa reazione. E’ da notare che il volume minuto circolatorio di un trapiantato sotto sforzo non si discosta da un soggetto sano: se quindi non aumenta la FC aumenta proporzionalmente la gittata sistolica.

I pacemaker artificiali di vecchia concezione scandivano un FC cardiaca statica, quelli attuali aumentano la FC all’aumento della temperatura corporea.


Lezione 27/10/03

Parte II

Il Sistema Circolatorio

Circolazione sistemica: ventricolo sinistro -> arteria aorta -> arterie grandi -> arterie medie -> arterie piccole -> arteriole -> letto capillare -> venule -> vene -> vene piccole -> vene medie -> vene grandi -> vene cave

Arterie: condotti con pareti formate da tre strati (tonaca intima, tonaca media, tonaca avventizia).

Tonaca intima: formata da cellule endoteliali che formano un sottile rivestimento

Tonaca media:

  • Aorta e grandi arterie ricca di tessuto elastico.
  • Medie e piccole arterie progressivamente formata da tessuto muscolare liscio che risponde a diversi stimoli, il più importante dal S.N. autonomo. La contrazione di questi vasi determina la vasocostrizione rendendo più difficoltoso il passaggio ematico. Il fenomeno opposto avviene con la vasodilatazione.

Durante una giornata fredda l’organismo tende ad inviare poco sangue alla cute per non raffreddarlo: vasocostrizione e pallore della cute. Esercizio fisico: l’organismo deve smaltire il calore prodotto dall’attività muscolare, vasodilatazione e cute rossa.

Tonaca avventizia: sempre uguale in tutte le arterie e arteriole. Formata da tessuto cottettivo fa da fascia di contenimento.

Capillari: vasi molto piccoli (diametro 5 micrometri = 0,005 mm) formati da pareti molto sottili (0,2 micrometri). I globuli rossi hanno un diametro di 7 micrometri quindi passano in fila indiana nei capillari. La parete dei capillari è formata solo dalla tonaca intima in cui le cellule endoteliali sono avvolte su sé stesse.

La parete sottile facilita gli scambi di ossigeno, CO2, acqua, sali, glucosio, amminoacidi e prodotti di scarto del metabolismo cellulare. Gli scambi avvengono solo nei capillari.

Il flusso di sangue nei vari distetti è regolato, oltre che dalla vasocostrizione e vasodilatazione delle arteriole, anche dallo sfintere precapillare, anello di muscolo liscio posto tra l’arteriola ed il capillare.

Tutto ciò permette la regolazione autonoma in ogni distretto. Se si fa esercizio con il braccio destro la vasodilatazione aumenterà il flusso solo dove necessario.

In alcuni distretti circolatori ci sono vasi che collegano direttamente arteriole e venule bypassando i capillari quando sono chiusi. Esempio: cute in una giornata fredda.

Sistema venoso:

Anche le vene hanno pareti a 3 strati ma sono molto più sottili. Le tre tonache sono molto meno sviluppate. Nelle venule la tonaca media  ha molta meno muscolatura liscia. La parete delle vene è facilmente estensibile, può cedere e comprimersi facilmente.

Arterie: vasi a resistenza, se aumenta la pressione sono elastiche ma non cedono più di tanto e resistono alla pressione.

Vene: vasi a capacitanza: si espandono all’aumento della pressione. Il sangue di tutto il corpo è contenuto nelle vene per oltre il 50%. Le vene agiscono anche come “serbatoio” di sangue.

Durante l’esercizio fisico le vene si contraggono e mandano in circolo più sangue. Questo fenomeno prende il nome di venocostrizione. Per evitare che la pressione della venoscostrizione sia diretta anche in direzione opposta al flusso, le vene sono dotate di valvole venose, o valvole a nido di rondine, fomate dalla tonaca intima.


Pressione e valocità del sangue nella grande circolazione:



Linea sottile nera: P v. sinistro min 0, max 120 – 130 mm Hg
Linea spessa grigia: P aorta min 70 – 80 mm Hg, max 120 – 130 mm Hg

Pressione differenziale o pulsatoria= Pressione sistolica – pressione diastolica = ~ 50 mm Hg

Pressione media= Pressione diastolica + 1/3 pressione differenziale perché la pressione sale bruscamente ma scende lentamente: ~90 mm Hg

La pressione nel ventricolo sinistro e nell’aorta non seguono lo stesso andamento perché:

  • Il circolo periferico (arteriole e capillari) oppone una resistenza (soprattutto le arteriole).
  • L’aorta e le arterie sono elastiche quindi cedono alla pressione calante e tornano a contrarsi in fase di pressione discendente aumentandola.

 

Questo permette, in un sistema con una pompa discontinua (il cuore), di avere un flusso costante. Se l’aorta subisce un irrigidimento per il ventricolo diventa più difficile pompare perché non cede. Se le arterie fossero assolutamente rigide (e non ci fosse resistenza periferica), la pressione al loro interno seguirebbe la pressione nel ventricolo sinistro.

  • Oscillazioni di 1° ordine: sistole e diastole (linea nera)
  • Oscillazioni di 2° ordine: interazioni cuore + respiro. Inspirando la pressione media aumenta, espirando diminiusce. Inspirando la FC aumente (aritmia sinusale)
  • Oscillazioni di 3° ordine: frequenza molto bassa. Sono dovute all’attività del SNA, in particolare al sistema nervoso ortosimpatico che ha un’azione vasocostrittrice con la noradrenalina. + noradrenalina + pressione. Sono collegate alle ore della giornata, ritmi circadiani. > prime ore del mattino, < dopo pranzo, > tardo pomeriggio, sera, << durante il sonno, > prima della sveglia.


Pressione media aorta: 90 mm Hg.
Pressione costante ingresso capillari: 30 mm Hg
Pressione costante uscita capillari: 15 mm Hg

La pressione dipende da:

  • Quantità di sangue pompata dal cuore (gittata sistolica)
  • Quantità di sangue presente in circolo (5 – 5,5l)
  • Frequenza cardiaca
  • Resistenze periferiche
  • Stato della muscolatura liscia di arteriole e sfinteri capillari (shock anafilattici)
  • Posizione del corpo

 

La pressione media di 90 mm Hg s’intende all’altezza del cuore. In piedi alla testa è solo + 60 mm Hg, ai piedi 150 mm Hg. Se da sdraiati ci si alza in piedi inizialmente più sangue scende agli arti inferiori defluendo dall’encefalo, essendo le cellule nervose le più sensibili alla carenza di ossigeno si può avere una sensazione di vertigine. Per il ritorno venoso l’effetto è opposto: più facile dalle parti sopra il cuore, più difficile dagli arti inferiori.

L’età di una persona ha influenza sulla pressione: diastolica 70-80 mm Hg, sistolica 120 – 130 mm Hg fino a 40 anni. A 90 anni diastolica M 85 F 95, sistolica M 180 F 200! Le pareti delle arterie sono meno elastiche quindi il ventricolo sinistro deve fare più forza per pompare la stessa quantità di sangue.

Come fa il sangue a tornare dalle parti sotto il cuore ad esso avendo perso tutta la sua energia (pressione)? Con la cooperazione di 4 meccanismi tutti indispensabili, ne basta uno che non funziona e il sangue non arriva:

  • “Vis a tergo”, forza da dietro (!), forza che il sangue venoso riceve dal nuovo sangue pompato dal ventricolo sinistro che spinge.
  • Movimenti legati alla respirazione: nella gabbia toracica c’è una pressione di circa 3 mm Hg inferiore alla pressione esterna (e del resto del corpo) depressione intertoracica. Inspirando le dimensioni della gabbia toracica aumentano aumentando la depressione a circa 7 – 10 mm Hg favorendo il ritorno venoso. Effettuando la “manovra di Valsalva” si espira fortemente con bocca e naso chiusi aumentando la pressione nella gabbia toracica. Basta questo per svenire.
  • Contrazioni muscolari + (4.) valvole venose: se si sta immobili in piedi si rischia di perdere coscienza. I muscoli contraendosi e rilasciandosi comprimono e dilatano le vene. Le vene che si contraggono chiudono le valvole in direzione opposta al flusso e aumentano la pressione verso il flusso. Quando si dilatano si chiude la valvola posta a valle e si apre quella a monte riempiendo nuovamente il vaso.

Lezione 03/11/03

I capillari

Attraverso i capillari si realizzano scambi con i tessuti di glucosio, aminoacidi, acidi grassi con i tessuti ma non di globuli rossi e proteine disciolte nel plasma (albumina...) perché troppo grosse per passare dai pori. All’inizio dei capillari, subito dopo lo sfintere precapillare, la pressione del sangue si aggira attorno ai 32 mm Hg, alla fine arriva soltanto a 15 mm Hg. I capillari sono formati da cellule epiteliali avvolte su sé stesse che contengono pori attraverso i quali si realizzano gli scambi sopra descritti.

Gli scambi si realizzano grazie a due pressioni:

  • Pressione idrostatica del sangue (quella che è di 32 mm Hg all’inizio) che spinge le sostanze fuori dai capillari attraverso i pori.
  • Pressione osmotica delle proteine presenti nel plasma sanguigno pari a 25 mm Hg.

 

Nel primo tratto del capillare, finche la pressione idrostatica > di quella osomotica le sostanze escono dai capillari ed avviene la filtrazione, quando la pressione idrostacica diventa < di quella osmotica avviene l’assorbimento del liquido interstiziale (pressione 0 mm Hg) che circonda tutte le cellule dei tessuti.

Lo scambio di liquidi attraverso i capillari dell’organismo è pari a circa 200l al giorno. Il sangue viene pertanto filtrato 40 – 60 volte al giorno.

In caso di trauma, quando un tessuto gonfia si forma un edema che è causato dal fatto che aumenta la filtrazione dai capillari con conseguente accumulo di liquido nei tessuti.

Chi ha problemi di circolazione (vene varicose) che ad esempio causano una pressione alla fine dei capillari di 20 mm Hg anziché 15, ha un differenziale con la pressione osmotica solo di 5 mm Hg con conseguente accumulo di liquido nei tessuti (gambe gonfie quando sta in piedi).

Il sistema capillare non riesce a riassorbire tutto il liquido che filtra. Al riassorbimento concorre il sistema linfatico che è simile a quello venoso e che presenta dei capillari a fondo cieco che sfociano in vasi simili alle vene e che contribuiscono al drenaggio del liquido interstiziale in eccesso. Se questo sistema va in crisi, come nel caso della filaria nei cani, vermi che crescono nei vasi linfatici fino ad otturarli, si creano edemi nei tessuti, specialmente negli arti inferiori.

 

La velocità del sangue
Importante all’esame!!!

La velocità è massima all’uscita del ventricolo sinistro, decresce nelle arterie, nelle artieriole, è minima nei capillari inizia a riscrescere dopo i capillari, nelle venule e nelle vene fino ad arrivare alla metà della velocità nell’aorta nelle due vene cave.

Questo è dovuto al fatto che, man mano che si passa dall’aorta ai capillari, il lume dei vasi diminuisce ma aumenta enormememente il loro numero, quindi la somma dei diametri trasversi dei vasi aumenta riducendo la velocità a parità di flusso. V=flusso (l/min)/somma sezioni trasverse.

 

Il diametro dell’aorta è di circa 2 cm così come quello delle due vene cave (quindi nelle vene cave la velocità e dimezzata). Il diametro dei capillari è di 0,5 micrometri.

  • Velocità del sangue nell’aorta: 30 – 40 cm/s
  • Velocità del sangue nelle vene cave: 15 – 20 cm/s
  • Velocità del sangue nei capillari: ~ 1mm/s

 

I capillari sono lunghi circa 1 mm, quindi 1 globulo rosso avrà circa 1 s per realizzare lo scambio ossigeno -> CO2 attraverso l’emoglobina (Hb). Durante l’esercizio fisico, la velocità di transito nel sangue arriva quasi al punto critico che non consente più gli scambi.

 

Regolazione locale del flusso di sangue e della pressione arteriosa

La regolazione opera attraverso la muscolatura liscia dei vasi (tonaca media) inducendone la contrazione o il rilasciamento.

Avviene attraverso 3 meccanismi:

  • Meccansimo intrinseco o miogeno: tutte le cellule muscolari liscie reagiscono contraendosi ad un loro allungamento. Se quindi aumenta il flusso (e la pressione del sangue) questo dilata i vasi che reagiscono comprimendosi riportando la pressione ai valori originari. Un uguale meccanismo riguarda la vescica, che se troppo distesa si contrae (spasmi). Una persona che da sdraiata si mette in piedi farà aumentare il flusso di sangue agli arti inferiori, questo stirerà le cellule muscolari liscie che si contrarranno riportando a livelli normali la pressione. A livello dell’encafalo avviene esattamente l’opposto: il flusso diminuisce, le cellule muscolari liscie non sono stirate e quindi si rilasciano facendo aumentare il flusso.
  • Meccanismo metabolico: se un muscolo dallo stato di riposo si attiva, diminuirà,  nel suo distretto, la quantità di ossigeno nel sangue, aumenterà quella di anidride carbonica. Se l’ossigeno che arriva al muscolo è insufficiente si avrà un accumulo di acido lattico, con conseguente diminuzione del Ph nel sangue (sempre a livello locale). Si avrà inoltre un aumento della temperatura. Ognuno di questi fattori provoca la vasodilatazione con conseguente aumento di flusso.
  • Meccanismo dipendente dalle cellule endoteliali (arteriole e sfinteri precapillari): I globuli rossi, passando sulle cellule endoteliali, le sfregano (shear stress) stimolandone la produzione di NO che, finendo sulla muscolatura liscia della tonaca media, la fa rilassare. Se manca flusso di sangue, i globuli rossi non sfregano le cellule endoteliali che non producono NO, che non rilascia la muscolatura liscia. L’NO ha anche effetti anticoagulanti, se non viene prodotto c’è un maggior rischio di trombi (aggregazioni di piastrine che ostruiscono i vasi). L’esercizio fisico protegge perché, aumentando il flusso di sangue, stimola la produzione di maggiori quantitativi di NO.

 

Al di là di questi sistemi di regolazione locale, l’omeostasi (equilibrio) dell’organismo va mantenuta, occorrono quindi dei sistemi di regolazione generale (se corro le mie gambe aumentano il loro flusso di sangue con sistemi di regolazione locale ma, se non c’è nulla che faccia pompare più sangue al cuore, il maggior flusso nelle gambe andrebbe a discapito di qualcos’altro, magari delle cellule nervose sensibilissime alla mancanza di ossigeno.

 

Regolazione sistemica della pressione e del flusso di sangue

Regolazione a breve termine:

La pressione arteriosa viene regolata da:

  • Attività del cuore (FC e gittata sistolica)
  • Resistenze periferiche (lume dei vasi)

 

Reazione riflessa: risposta involontaria ad uno stimolo. Lo stimolo agisce su un recettore che invia un segnale ad un centro del riflesso che agisce su degli effettori che determinano una risposta fino al permanere dello stimolo (feedback).

I recettori della pressione arteriosa si trovano all’interno dell’arco aortico e nelle due carotidi in prossimità del punto in cui si biforcano seni carotidei. Pressocettori o barocettori che sentono la tensione delle pareti dei vasi.

Quando la pressione aumenta i pressocettori mandano segnali elettrici, più è alta la pressione maggiore è la quantità (frequenza) del segnali elettrici.

Questi segnali esistono sempre in corrispondenza della sistole (quando la pressione raggiunge il picco). I nervi che trasportano i segnali dai pressocettori sono il glosso faringeo ed il nervo vago. Questi segnali vengono ricevuti dal bulbo dell’encefalo (parte più basale dell’encefalo subito prima del midollo spinale). Se il valore letto dal bulbo varia da quello di riferimento occorre agire su due fronti:

  • Quantità di sangue pompata dal cuore (FC + gittata sistolica: forza di contrazione)
  • Resistenze periferiche:

 

  • Se la pressione è troppo alta, il bulbo stimola il sistema parasimpatico, sempre attraverso il nervo vago, riducendo sia la FC che la forza di contrazione. Non solo, vine anche inibito il sistema ortosimpatico che, non producendo più noradrenalina, provoca il rilasciamento di tutti i vasi.
  • Se la pressione è troppo bassa si ha l’inibizione del parasimpatico e lo stimolo dell’ortosimpatico.

 

Il tempo richiesto dal ciclo stimolo->risposta è molto rapido, circa di 1/2 s. Se quindi la FC è di circa 60 BPM, praticamente la regolazione avviene ad ogni battito.

I recettori di pressione vanno incontro ad un fenomeno di adattamento che, induce, a parità di stimolo, una minore risposta. Per questo motivo negli anziani, in cui la pressione aumenta lentissimamente per molto tempo, questo sistema va in crisi.


Lezione 10/11/03

Regolazione a breve termine (a causa dell’adattamento) della P.A.: barocettori misurano la P.A., mandano i segnali al bulbo che agisce sugli S.N. parasimpatico (cuore) e ortosimpatico (cuore + resistenze pariferiche).

Ai centri bulbari arrivano anche informazioni dalla corteccia cerebrale (importanti nell’esercizio fisico, aumentano la FC anche prima dell’inizio dell’esercizio fisico. Nel caso degli scattisti, hanno un aumento di FC prima della partenza, comandato dalla corteccia che sa, consciamente, che ci sarà la partenza, proporzionale alla brevità della gara), dal sistema limbico (parte del SNC in cui hanno origine le emozioni), e dai centri della respirazione (aritmia sinusale). I valori di riferimento del bulbo riguardo alla FC e pressione in caso di esercizio fisico sono più alti di quelli della vita normale.



Meccanismi di regolazione della P.A. a lungo termine

Organi regolatori: reni, fegato, parti dell’encefalo e polmoni.

Fattori da cui dipende la P.A.:

  • FC (regolazione a breve termine)
  • Resistenze periferiche (calibro dei vasi) (regolazione a breve e lungo termine)
  • Volume del sangue (regolazione a lungo termine)

 

Il punto di partenza della regolazione della P.A. a lungo termine è il rene perché è un organomolto influenzato da essa nel suo funzionamento. Se la P.A. è troppo bassa il rene produce renina che agisce sull’angiotensiogeno prodotto dal fegato trasformandolo in angiotensina 1 che diventa angiotensina 2 che è la forma attiva. La angiotensina 2 agisce sulla parte nervosa dell’ipofisi stimolando la produzione di ADH (anti diuretic hormone) che nelle surrenali stimola la produzione di aldosterone e stimola la vasocostrizione della muscolatura liscia. L’ADH fa trattenere più acqua nel sangue el’aldosterone favorisce la presenza di sali nel sangue che a loro volta trattengono acqua. Tutto questo aumenta il volume del sangue.

Questo è il sistema che non funziona nei soggetti ipertesi. Per questa ragione una delle possibilità di cura per questi soggetti è la somministrazione di diuretici.

 

Adattamenti del sistema cardiovascolare durante la variazione della posizione del corpo rispetto alla forza di gravità

  • Da posizione coricata a posizione verticale:
    • < pressione nell’atrio destro a causa del minor ritorno venoso dalle zone basse del corpo solo in parte compensato dal maggior ritorno da quelle alte.
    • < gittata sistolica (legge di Frank-Starling, < prestiramento delle fibre muscolari per l’arrivo di minor sangue dall’atrio).
    • < volume minuto circolatorio
    • < P.A.
    • FC aumentata perché i barocettori percepiscono la minor pressione causata dai fattori precedenti. Questo recupera in parte la diminuzione di P.A. ma non del tutto a causa dello scarso ritorno venoso.
  • Da posizione verticale a marcia: il movimento muscolare degli arti inferiori aumenta il ritorno venoso nell’atrio destro.
    • > pressione nell’atrio destro
    • > pressione arteriosa e i barocettori non stimolano più l’ortosimpatico quindi
    • ritorno FC ai livelli normali

 

Adattamenti del sistema cardiovascolare durante l’esercizio fisico

  • Variazioni locali: vasodilatazione locale.
    • Esercizio isotonico (marcia o corsa): molto sangue nelle fasi di rilasciamento muscolare. Poco sangue nelle fasi di contrazione muscolare (i vasi sono compressi dall’allargamento delle fibre muscolari). Alla fine dell’esercizio il flusso di sangue decresce nello stesso modo in cui era cresciuto all’inizio (debito di ossigeno).
      • Leggero:
        • > FC
        • > Gittata sistolica
        • > volume minuto circolatorio
        • > PA sistolica
        • = PA media
        • = PA diastolica
        • < resistenze periferiche
      • Medio (sotto la soglia anaerobica):
        • > FC
        • > Gittata sistolica ma meno consistente che da fermo a leggero.
        • > volume minuto circolatorio
        • > PA sistolica
        • = PA media
        • < PA diastolica
        • < resistenze periferiche
      • Pesante (anaerobico)
        • > FC ma più consistente che leggero a medio (flesso di Conconi).
        • * gittata sistolica (perché la diastole non dura più 0,5 s ma molto meno, quindi il ventricolo non riesce a riempirsi, minore prestiramento e Frank-Starling)
        • > volume minuto circolatorio (circa 20 l/min in soggetti non allenati)
        • < resistenze periferiche
    • Esercizio isometrico (sollevamento pesi): i vasi sono sottoposti a schiacciamento tanto più intenso quanto più è intensa la contrazione muscolare. Il limite è il blocco totale della circolazione locale che, in situazione di insufficienza di ossigeno fa produrre al muscolo acido lattico che ne blocca la contrazione ripristinando la situazione precedente.
      • Le resistenze periferiche aumentano perché i vasi sono compressi dalle fibre muscolari contratte quindi
      • > PA media
    • L’esercizio isotonico è raccomandato per chi ha problemi cardiaci, l’isometrico no!
  • Dipendente dalla durata e frequenza dell’esercizio fisico:
    • Breve e incostante
    • Lungo e costante (allenamento)

 

Distribuzione del sangue negli organi e nei tessuti durante l’esercizio fisico:

Nel corso dell’esercizio fisico la maggior parte del sangue viene reclutato dai muscoli. Questo tuttavia non può in ogni caso andare a detrimento del sangue che va al SNC che è sensibilissimo alla mandanza di sostanze nutritive anche per brevissimo tempo.

  • Organi che ricevono maggior flusso di sangue con l’aumentare dell’intensità dell’esercizio:
    • Cuore (da 0,25l/min a 1)
    • Muscoli (da 1,2 a 22)
  • Minore:
    • Rene (da 1,1 a 0,25)
    • Sistema digerente (da 1,4 a 0,3) ecco perché in caso di prestazioni brevi e intense occorre non avere il sistema digerente impegnato.
    • Altri organi (da 0,6 a 0,1)
  • Maggiore in caso di esercizio submassimale che però decresce dal submassimale al massimale:
    • Cute che in fase di esercizio submassimale funge da dispersore di calore, ma che viene “sacrificata” nell’esercizio massimale (0,5 a 0,6)

 

Ad occuparsi di questa distribuzione è il sistema nervoso ortosimpatico attraverso la vasocostrizione.

Adattamento del sistema cardiovascolare nell’esercizio fisico regolare (allenamento)

Allenamento isotonico (resistenza)

  • Il volume circolatorio passa dai 20l di un soggetto sedentario ai 30,4 di un atleta olimpico.
  • La FCMax da 192 a 182
  • La gittata sistolica massima da 104 ml a 167 ml

 

L’allenamento alla resistenza aumenta il volume delle camere cardiache. Non è chiaro quale si lo stimolo che lo provoca.

Un soggetto allenato, in condizioni di riposo, ha una bradicardia funzionale perché ha una gittata sistolica più elevata. Se la FC è minore lo è anche il consumo energetico del cuore e ciò ne diminuisce lo stress.

Allenamento isometrico (potenza): aumento del volume cardiaco ma non a causa del maggior volume delle camere ma dell’ispessimento della muscolatura cardiaca. Il cuore deve vincere le maggiori resistenze periferiche.


Lezione 17/11/03

Il Sangue

E’ composto per il 45-50% da eritrociti (globuli rossi) e per il 50-55% da plasma. E’ un mezzo liquido capaca di muoversi e trasporta sostanze nutrienti, gas respiratori e sostanze di rifiuto. Nell’organismo ce ne sono presenti circa 5-5,5l (quanto un volume minuto circolatorio). Il plasma è la parte liquida, il resto è parte cellulare. E’ possibile separare le due parti prima impedendo al sangue di coagulare e poi mettendolo in provetta in una centrifuga per qualche minuto. La parte cellulare sedimenta, quella liquida rimane nella parte superiore della provetta. L’ematocrito (Ht) corrisponde al rapporto tra la parte cellulare ed il volume totale. I valori normali sono 45-50%. All’interno di questa gamma ce l’hanno più alto i maschi (+10%), chi vive in montagna e chi fuma (entrambe condizioni di scarsità di ossigeno). La carenza di ossigeno agisce sul rene che produce eritropoietina (EPO) che stimola la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo rosso. Se però l’Ht è troppo alto il sangue è troppo viscoso ed il cuore si affatica.

Il plasma è composto per il 90% da acqua, da sali (di Na, K, Ca...), da sostanze organiche di piccole dimensioni (glucosio, aminoacidi, acidi grassi: sostanze nutritive), materiali di rifiuto (urea...), gas respiratori, sostanze organiche grandi (albumina 4% ed altre proteine), globuline (anticorpi) e fibrinogeno che serve a coagulare il sangue. Il tutto è sintetizzato dal fegato tranne le γ globuline che sono prodotte dai globuli bianchi.

La parte cellulare è composta da globuli rossi, globuli bianchi (leucociti) e piastrine (trombociti) che però non sono cellule complete.

Globuli rossi: (4,5 – 5 milioni per mm3 di sangue – 1mm3 = un miliolnesimo di litro). Nelle femmine +10% ecc. (vedi Ht). Vivono per circa 3-4 mesi e poi vengono “riciclati”, soprattutto il ferro, da parte di fegato e milza per produrne di nuovi. Il ferro entra nella composizione dell’Hb ed è difficilmente assimilabile da parte dell’organismo. Gli eritrociti servono esclusivamente a traportare ossigeno e CO2. Hanno la forma di dischi appiattiti nel mezzo perché privi di nulceo. L’Hb li compone per il 33%.

Leucociti: ce ne sono tanti tipi diversi. Hanno tutti funzioni immunitarie (riconoscere e aggredire le cellule estranee nel nostro organismo o le cellule modificate, tumorali). Sono presenti circa 4.000 – 11.0000 / mm3 di sangue, all’interno di questa gamma in numero maggiore dopo i pasti. Se il loro numero è maggiore, questo indica una patologia che stimola il sistema immunitario. Vengono sintetizzati dal midollo osseo tranne i linfociti che nascono dagli organi linfoidi (linfonodi, varicosità del sistema linfatico). Alcuni di essi (PMF neutrofili, vedi dopo) stanno in circolo molto poco, anche solo 6 ore, poi grazie alla diapedesi leucocitaria (capacità di movimenti ameboidi e di infilarsi tra le cellule endoteliali dei capillari), entrano negli interstizi cellulari dei tessuti “a caccia” di sostanze estranee).  Si classificano in base alla loro forma:

  • Polimorfonucleati: il nucleo ha forme varie o granulociti perché nel citoplasma hanno granuli di tre categorie:
    • Neutrofili: granuli che reagiscono poco ai coloranti. Inglobano e digeriscono i corpi estranei per fagocitosi. Se gli elementi estranei sono troppi producono sostanze tossiche (H2O2 e ipoclorito di sodio) che li uccidono ma che uccidono anche loro stesse. Il pus di una ferita è il prodotto del disfacimento dei PMN neutrofili e dei batteri. Costituiscono la 1° linea di difesa
    • Acidofili: granuli che reagiscono ai coloranti acidi. Rispondono ad antigeni particolari (granuli di polline, peli di animali, frammenti liberati dagli acari). Sono i responsabili delle risposte allergiche, presenti in tutti noi, in alcune persone esagerate. Producono istamina che, in quantità eccessive, può causare fibrillazione cardiaca (schock anafilattico).
    • Basofili: granuli che reagiscono ai coloranti basici. La loro funzione non è chiara. Producono istamina e eparina, sostanza coagulante. Forse regolano la capacità del sangue di coagulare.
  • Mononucleati:
    • Monociti: molto grandi. Intervengono qualche giorno dopo i PMN neutrofili in caso d’infezione. Si muovono come i PMN neutrofili. Nei tessuti si trasformano in macrofagi dove fanno gli scavenger (spazzini) ripulendo le zone infette mangiando i detriti prodotti dalla “battaglia” PMN neutrofili vs. sostanze estranee.
    • Linfociti:
      • B, producono gli anticorpi. Sono in grado di riconoscere gli antigeni di sostanze estranee. Producono anticopri che si legano ad essi “incollandole” e producendo una massa non più in grado di muoversi. A questo punto sono in grado di intervenire i PMN neutrofili con la fagocitosi.
      • T, aiutano i B (helpers) e sono killer di cellule infettate da virus (i PMN neutrofili non riconoscono i virus perché sono all’interno delle cellule del nostro organismo). Uccidono le cellule tumorali sul nascere. Sono attaccate dal virus HIV e, se non possono più aiutare i linfociti B la risposta immunitaria dell’organismo è bloccata.

 

La risposta immunitaria, per essere efficace, dev’essere molto rapida. La prima volta che una sostanza estranea penetra nell’organismo la risposta è lenta. Per questo motivo, una volta che la sostanza è distrutta, permangono uno o più linfociti B che hanno prodotto l’anticorpo come memoria immunitaria che fa da schema per produrre velocemente anticorpi in caso di nuovo attacco. Su questo si basa la vaccinazione che introduce nell’organismo solo gli antigeni (e non la sostanza infettante per intero).

Formula leucocitaria: la proporzione che esprime il rapporto dei diversi tipi di leucociti. La normale è:

60-70% PMN neutrofili; 20-30% linfociti; 4-8% monociti; 2-4% PMN acidofili; 0-2% PMN basofili.

  • Se aumentano i PMN neutrofili siamo nella prima fase del processo infettivo (fase acuta)
  • Se aumentano i linfociti siamo nella fase “cronica” (?) del processo infettivo.
  • Se aumentano i PMN acidofili è presente un parassita o si tratta di una reazione allergica.

Lezione 24/11/03

 

La coagulazione del sangue

 

Piastrine: frammenti di cellula prodott da cellule del midollo delle ossa. Ce ne sono circa 300.000 – 400.000 / mm3. Partecipano alla coagulazione del sangue. In condizioni normali le piastrine non coagulano grazie alle sostanze prodotte dalle cellule endoteliali (ossido d’azoto). Se un vaso si rompe innanzitutto avviene una vasocostrizione a monte della rottura per ridurre la pressione del sangue. Nei primi 1-2 minuti le piastrine vengono a contatto con la parte rotta del vaso e si attivano diventando appicicose incollandosi l’una con l’altra e alle pareti del vaso come un grumo gelatinoso (trombo piastrinico) che va ad attaccarsi al vaso dove è rotto. Nei successivi 5-10 minuti le piastrine producono sostanze che stimolano le cellule del vaso a crescere e a ricostruire la loro parete. Quando il vaso è ricostituito si attivano degli enzimi che digeriscono il trombo. I trombi possono anche verificarsi a causa di situazioni patologiche (trombi cerebrali. infarto). Se un infarto è molto recente (<2h), in ospedale è possibile iniettare al paziente degli enzimi che sciolgono il trombo.

Fibrina: proteina derivata dal fibrinogeno (componente del plasma) che forma fibre che avvolgono il trombo prodotto dalle piastrine. Servono ben 13 reazioni a catena per la trasformazione del fibrinogeno in fibrina. Basta una che non si verifica per mettere in crisi il sistema (emofilia).

La coagulazione funziona solo in vasi piccoli e a bassa pressione arteriosa.

Nel periodo 3 ci sarà un esonero su apparato cardiocircolatorio, sangue e apparato respiratorio.

 

Apparato respiratorio

 

Una molecola di glucosio, con il sistema anaerobico (alattacido) è in grado di formare 2 molecole di ATP, con il sistema aerobico 36! Il sistema aerobico è pertanto molto più vantaggioso ma richiede la continua fornitura di ossigeno all’interno dell’organismo, scopo a cui provvedono l’apparato circolatorio e quello cardiovascolare. Le cellule nervose, le più delicate, se stanno più di 12 secondi senza ossigeno vanno in coma e muoiono. Il 21% dell’aria è formato da ossigeno.

Il sistema respiratorio preleva l’ossigeno dall’aria e lo rende a disposizione dei tessuti.

Respirazione:

  1. Esterna (apparato respiratorio, superfici respiratorie, ricambio aria, scambi polmoni -> sangue).
    1. Anatomia del sitema respiratorio
    2. Meccanica del respiro
    3. Scambi respiratori
  2. Funzione respiratoria del sangue (o trasporto dei gas respiratori nel sangue)
  3. Respirazione interna (cellulare), ce ne occuperemo in biochimica.

 

Anatomia del sistema respiratorio:

I polmoni (2) sono cavità interne collegati con l’esterno a mezzo delle vie aeree (trachea, bronchi destro e sinistro che si ramificano in bronchioli, bronchioli respiratori, sacchi alveolari che hanno superficie ad alveolo). Nei bronchioli respiratori e negli alveoli la superficie è sufficientemente sottile da permettere gli scambi respiratori. La superficie di scambio con l’esterno corrisponde a ~ 60 –70 m2. Attorno ai sacchi alveolari si trovano i capillari circolatori.

 

La gabbia toracica è formata dalle coste, dai muscoli intercostali e dal diaframma.

Le pareti di scambio sono spesse 0,2-0,5 micrometri e sono formate dall’endotelio capillare da una parte e dall’epitelio alveolare (formato da pneumociti) dall’altra.

Funzione delle vie aeree: i polmoni hanno una superficie molto estesa con pareti molto sottili, situazione ideale per la penetrazione di sostanze nocive (microorganicmi & c.) all’interno dell’organismo nonché per la disidratazione e la perdita di calore. Le vie aeree pertanto fungono da condizionatore dell’aria inspirata ed espirata. Esse non sono soltanto condotti ma sistemi di trattamento dell’aria che la umidificano, riscaldano, e purificano prima che penetri nei polmoni. Le vie aeree costituiscono un percorso tortuoso che comincia dalle vie nasali ricche di vasi sanguigni. Quando si è raffreddati, le vie nasali sono tappate e respirando dalla bocca ci si disidrata.

Prima dei bronchioli ci sono delle cellule muscolari liscie che si contraggono in presenza di aria fredda (broncocostrizione) per proteggere gli alveoli ma questo, se avviene quando non occorre, può provocare asma.

Purificazione: lungo la parete delle vie aeree ci sono cellule produttrici di muco. Le cellule epiteliali delle vie aeree sono cigliate e continuamente in movimento dal basso verso l’alto e catturano ed espellono le polveri con l’azione combinata di muco e ciglia. Queste polveri vengono espulse assieme al muco o deglutite. L’aria, grazie a questo sistema, normalmente è pura quando arriva a contatto con le superfici respiratorie. Le polveri sottili però, così come l’amianto o il silicio, non vengono trattenute da questo sistema e riescono ad arrivare al polmone. Amianto e silicio hanno forma di aghi e non riescono ad essere espulsi.

Il sistema delle ciglia è inibito dalle basse temperature dell’aria. Un altro inibitore è il fumo di sigaretta.

 

Meccanica del respiro (ventilazione)

Si divide in due fasi: inspirazione ed espirazione.

Respiro tranquillo (stato di riposo):

Solo l’inspirazione è attiva, l’espirazione è passiva. Durante la fase di inspirazione, il diaframma si contrae abbassandosi (1 –1,5 cm) e aumentando il volume della cassa toracica a discapito dei visceri che, comprimendosi, premono lateralmente sulle coste allargandole e aumentando ulteriormente il volume della cassa toracica. I muscoli intercostali esterni inoltre alzano le coste verso la 1° (che è fissa) ruotandole e facendole avanzare.

La cavità intrapolmonare (interno dei polmoni) comunica con l’esterno, quella intratoracica no. In qualunque momento del ciclo respiratorio la pressione della cavità toracica è sempre minore dell’ambiente esterno. Questo impedisce ai polmoni di collassare. A fine espirazione (fase di minima espansione toracica e, conseguentemenente minima depressione, la differenza di pressione con l’esterno è pari a circa 3 mm Hg). I polmoni quindi non si svuotano mai.

Durante l’inspirazione aumenta il volume intratoracico, quindi diminuisce la pressione intratoracica (arriva a –6 mm Hg rispetto all’esterno alla fine dell’inspirazione).

La depressione intratoracica si è creata alla nascita. Il feto ha i polmoni completamente collassati. I primi atti respiratori del neonato sono particolarmente intensi ed espandono molto la gabbia toracica al punto di creare la depressione. I polmoni si espandono e non collassano mai più ma non si espandono quanto la gabbia toracica. Tra la parte esterna dei polmoni e la cavità intratoracica c’è quindi un vuoto con una depressione di 3-6 mm Hg. In caso d’incidente, se si buca la parete toracica e la cavità toracica entra in comunicazione con l’esterno, il polmone collassa. C’è ancora il mediastino che impedisce la comunicazione tra i due lati della cavità toracica e consente ad un polmone di continuare a funzionare anche se l’altro è collassato.

Respirazione forzata (durante l’esercizio fisico):

Tutte due le fasi sono attive. Il diaframma si abbassa anche di 7 cm. Gli intercostali esterni si contraggono maggiormente e intervengono anche tutti gli altri muscoli della gabbia toracica (compresi pettorali e dorsali...). Anche l’espirazione è attiva per aumentare la frequenza. In questa fase i muscoli intercostali interni abbassano forzatamente le coste e gli addominali si contraggono a spingere i visceri che aiutano il diaframma a risalire.


Lezione 01/12/03 (appunti di Gabriele Aprile)

Misure statiche -> spirometria -> misura i volumi statici polmonari (aria inspirata o espirata a seconda dell’intensità di contrazione dei muscoli respiratori). Ad ogni inspirazione entro un certo quantitativo, corrisponde un uguale espirazione.
Nel respiro tranquillo questo volume si chiama corrente ed è pari a circa 0,5 litri.
Se al termine di un’inspirazione normale faccio un’ulteriore inspirazione si parlerà di volume della riserva inspiratoria che è pari a circa 2,5 litri.
Con un’espirazione forzata troviamo il volume della riserva espiratoria che è pari a circa 1 litro.
Un’inspirazione forzata seguita da un’espirazione forzata ci da la capacità vitale che corrisponde a circa 4-5 litri.
Infine capacità vitale + volume residuo (1 litro) ci danno la capacità totale (circa 6 l).

Misure dinamiche -> capacità vitale temporizzata -> atto espiratorio il più rapido possibile. Riesco ad espirare l’80% della capacità vitale in un secondo (4 l).
F.E.V. 1 -> force expired volume in 1 second.
Se le vie aeree sono in condizioni normali, faccio uscire 4 litri in un secondo. Se sono ostruite (bronco costrizione) la capacità vitale è uguale, ma quella temporalizzata è minore.
Condizioni di riposo -> aria corrente x frequenza respiratoria -> ventilazione polmonare (0,5x12/min) -> 6 l/min.
Condizioni di esercizio -> 120-180 l/min.
Gittata sistolica x F.C. -> volume minimo circolatorio. A riposo 5l/min, mentre nell’esercizio fisico circa 20 l/min. La parte limitante nell’esercizio è l’apparato cardiovascolare.
Ad ogni atto respiratorio l’aria corrente (500 ml) non va tutta nelle vie aeree, perché c’è uno spazio morto di circa 150 ml. Solo 350 ml contenenti ossigeno possono essere utilizzati.
Se la ventilazione polmonare è di 6 litri, quello effettivamente utilizzato vale 4,2 litri.
Lo spazio morto è anatomico e fisiologico. Normalmente questi valori coincidono, ma se qualche alveolo è collassato, se una parte del circolo polmonare non funziona bene, se alcuni alveoli sono rovinati (fumatori -> enfisema polmonare), la parte fisiologica è maggiore di quella anatomica.

Perché è vantaggioso mantenere il volume residuo? Perché c’è la depressione toracica?
Se inizio a gonfiare un palloncino per la prima volta, all’inizio ci vuole una forza notevole, ma una volta dilatato è più facile soffiare al punto che con una forza maggiore esplode.
Questo tipo di comportamento è dovuto alla Legge di Laplance -> la pressione interna di un palloncino o alveolo o capillare è inversamente proporzionale al raggio -> tanto è piccolo l’oggetto, tanto è maggiore la pressione esercitata per farlo gonfiare.
Esperimento di Laplance -> ho due palloncini (uno più grande dell’altro) collegati da un rubinetto per il momento chiuso. Quando apro il rubinetto e circola l’aria, i due palloncini non tendono a diventare uguali, ma quello grande continua ad espandersi e quello piccolo tende a collassare.

Cosa c’entra con noi?
Ad ogni inspirazione, gli alveoli che stanno sulle pareti basali del polmone tendono a ricevere più aria degli altri.

Una volta distesi i polmoni non è conveniente farli collassare -> i muscoli respiratori fanno meno fatica ogni volta che si gonfiano.
Nel capillare sanguigno la pressione del sangue è di circa 30 mm Hg e la parete è di circa 0,2 nanometri -> come fa la cellula (diametro 5 nanometri) a resistere alla pressione? Più sono grandi, più le pareti sono grosse (aneurismi -> saltano le pareti).

Nei nostri polmoni, oltre ai pneumociti di 1° tipo (scambi respiratori) ci sono quelli di 2° tipo che producono una sostanza chiamata surfattante polmonare (tensioattivo).
Nella parete interna dell’alveolo c’è un sottile velo d’acqua e le molecole esercitano tra di loro una tensione superficiale (coesione). Il surfattante fa diminuire la tensione contrastando la tendenza dell’alveolo a collassare.
Esempi:

  • neonato prematuro -> tardiva maturazione dei pneumociti di 2° grado (circa seconda settimana dalla nascita) -> scarsa produzione di tensioattivo, non tutti gli alveoli tendono ad aprirsi -> bisogna immettere ormoni per far maturare i pneumociti.
  • Fumatore -> tendenza al collasso perché le sostanze contenute nelle sigarette inibiscono la produzione di surfattante.

Se manca il surfattante -> enfisema per le cellule grosse e collasso per quelle piccole.
Lo sbadiglio può servire per stabilizzare la situazione.

Gli scambi respiratori avvengono sulla base della diversa presenza di gas nell’area alveolare e nel sangue, nel sangue e nei tessuti (gradiente di ossigeno e anidride carbonica).

Aria atmosferica (pressione -> 760 mm Hg):

  • 21% ossigeno (pressione di circa 160 mm Hg)
  • 78% azoto
  • 1% gas rari
  • anidride carbonica a tracce.

Aria alveolare -> 35 ml + almeno 2 litri di aria già presente negli alveoli (pressione ossigeno -> 100 mm Hg). La pressione è data da 760-47 (vapore acqueo) -> 713 mm Hg.
Nel sangue venoso la pressione dell’ossigeno è pari a 40 mm Hg -> 100-40=60 mm Hg.
Se il tessuto è metabolicamente più attivo del livello basale, il gradiente aumenta ed è più facile effettuare scambi. Se la pressione fosse 0 -> 100-0=100 mm Hg.
Quando il sangue ritorna, la pressione dell’ossigeno nel sangue venoso è pari a 40 mm Hg e si ha una situazione di equilibrio.

Pressione anidride carbonica nell’atmosfera -> 0,25 mm Hg.
Pressione anidride carbonica alveolare -> 40 mm Hg.
Pressione anidride carbonica nel sangue venoso -> 46 mm Hg.
Pressione anidride carbonica nel sangue arterioso -> 40 mm Hg.
Pressione anidride carbonica nei tessuti -> 46 mm Hg.
Pressione anidride carbonica nel sangue venoso dopo il circolo -> 46 mm Hg.

La composizione dell’aria atmosferica è fissa. Durante il respiro i valori (pressione ossigeno -> 100 mm e pressione anidride carbonica -> 60 mm) non cambiano.
Ogni minuto noi introduciamo nel nostro organismo circa 250 ml di ossigeno che viene utilizzato dai tessuti (in condizioni di metabolismo basale). L’anidride carbonica eliminata è circa 200 ml/min.

Durante l’esercizio fisico il volume massimo di ossigeno consumato (massima capacità aerobica o VO2 max) è di circa 2 litri al minuto. Se la persona è allenata può arrivare anche a 3-4.


Lezione 15/12/03

Lezione scorsa: scambi respiratori (aria alveolare -> sangue; sangue -> tessuti)

Il trasporto di ossigeno e CO2 nel sangue (funzione respiratoria del sangue)

L’ossigeno viene trasportato attraverso l’emoglobina che si trova nei globuli rossi nella misura del 33% del loro peso. In media ci sono 15g/100ml di Hb nel sangue. Questo valore aumenta nelle persone acclimatate a quote alte o nei fumatori per compensare il fumo. L’ossigeno si trova anche come gas disciolto nel plasma, ma nell’emoglobina è presente 70 volte questa quantità. L’Hb è una proteina complessa (composta da una parte proteica, la globina, 150 aminoacidi in catena + una parte non proteica, il gruppo eme che contiene lo ione Fe++ cui si lega O2. La parte proteica serve per consentire un veloce legame O2 + Fe++ e un rapido sganciamento dello stesso.

Curva di dissociazione dell’Hb:

  • Nel capillare polmonare a contatto con l’aria alveolare l’ossigeno si trova ad una pressione di 100 mm Hg e l’emoglobina ha una saturazione dell’80%.
  • Prima degli 80 mm Hg la curva è molto ripida, questo significa che la saturazione aumenta in maniera maggiore della pressione.
  • La P50 è il valore della saturazione con il 50 mm Hg di pressione. In questo punto la pendenza della curva è massima e corrisponde al 85% di saturazione.
  • Nei tessuti a riposo (metabolismo basale) la pressione è di circa 40 mm Hg e i globuli rossi cedono solo il 25% dell’ossigeno che trasportano e tornano ai polmoni ancora con il 75% di saturazione. Questo non è uno “spreco” ma un modo per tenere una riserva di ossigeno in caso di improvviso esercizio fisico.
  • Se incrementa l’attività dei tessuti, ad esempio un muscolo sotto sforzo, in condizioni estreme, i globuli rossi possono cedere anche tutto l’ossigeno che trasportano. Il fatto che la curva da 0 a 80 mm Hg sia molto ripida significa che piccoli aumenti di attività nei tessuti permettono grosse differenze nell’ossigeno di cui possono disporre (molto vantaggioso).
  • Nel muscolo che passa dal riposo all’esercizio avvengono inoltre i seguenti fenomeni:
    • Diminuisce la quantità di ossigeno
    • Aumenta la quantità di CO2
    • Aumenta la temperatura
    • Aumenta il 2,3DPG (2,3 difosforoglicerato, precursore dell’acido piruvico, Metabolismo anaerobico: glucosio -> 2 molecole ATP + acido piruvico -> acido lattico).
    • Aumento degli ioni H+ (aumento dell’acidità del sangue).

La conseguenza di tutto ciò è lo spostamento a destra della curva di dissociazione dell’Hb  con conseguente maggior facilità di cessione di O2 ai tessuti muscolari. Quando il sangue torna ai polmoni accade quanto segue:

    • Diminuisce la quantità di CO2
    • Diminuisce il PH
    • Diminuisce la temperatura per il “contatto” con l’aria esterna
    • Diminuisce il 2,3DPG

La curva di dissociazione si sposta ancora più a sinistra della “media” considerata in origine rendendo l’emoglobina molto disponibile al legame con l’ossigeno.

Esistono 2 tipi di Hb:

  • Sangue adulto (soggetto con meno di 3 mesi di vita): tipo A. Le molecole di Hb si presentano come 2 catene di globina α (alfa) + 2 catene di globina β (beta). Entrambi contengono 2 gruppi eme + due ioni Fe++ e sono quindi in grado di trasportare 4 molecole di ossigeno per molecola di Hb.
  • Sangue fetale: tipo F. Le molecole di emoglobina contengono 2 catene di globina α e due di globina γ (gamma), entrambe con 2 gruppi eme e due ioni Fe++. La globina γ ha più affinità con l’ossigeno di quella α e quindi la curva di dissociazione si sposta a sinistra. Lo scopo di tutto ciò è di consentire l’apporto di ossigeno madre -> feto attraverso la placenta (se le curve fossero identiche nella madre e nel feto la cessione sarebbe impossibile invece il sangue del feto è più affine all’ossigeno di quello della madre). Alla nascita i neonati iniziano a produrre subito globuli rossi con Hb di tipo A. La vita media dei globuli rossi è di 90-120 e quindi, trascorso tale periodo dalla nascita, non ci sono più globuli rossi di tipo fetale. Se nell’adulto è presente Hb di tipo F si ha la talassemia che consiste in una cessione di ossigeno ai tessuti più difficile.

 

Nei muscoli (fibre rosse, ST, resistenti, tipo I) è presente la mioglobina la cui curva di dissociazione è molto spostata a sinistra. La saturazione del 50% è già presente ad una pressione di soli 6 mm Hg di ossigeno. La sua altissima affinità per l’ossigeno le consente di prelevarlo in maniera estremamente efficace dall’emoglobina e di cederlo solo in condizioni limite (pressione nel muscolo < 6 mm Hg). La struttura dell’emoglobina è a tetramero con 4 sfere di emoglobina disposte a quadrifoglio con globina di tipo α e β in diagonale e uno ione Fe++ in ciascuna sfera, quella della mioglobina è un’unica sfera contenente lo ione Fe++. La mioglobina rappresenta un serbatoio di ossigeno.

Trasporto CO2:

La CO2 si trova, nel sangue, nelle seguenti condizioni:

  1. Fisicamente disciolta nel plasma (10-15%)
  2. Legata all’Hb (10-15%)
  3. Per il 70-80% sotto forma di bicarbonati presenti nel plasma. La CO2 passa dai tessuti al plasma, dal plasma ai globuli rossi dove si lega all’acqua (acido carbonico) CO2 + H2O -> H2CO3 grazie all’enzima anidrasi. Il tutto deve avvenire nei capillari dove il globulo rosso sta, nella migliore delle ipotesi, meno di 1 s. L’acido carbonico si scinde immediatamente in bicarbonati e ione idrogeno (H2CO3 -> HCO3- + H+). Gli ioni di idrogeno si legano all’Hb e i bicarbonati escono dal globulo rosso e girano liberi nel plasma sanguigno. Nei capillari alveolari avviene il ciclo contrario e la CO2 viene ceduta.

 

La differenza di CO2 tra sangue arterializzato e venoso è abbastanza piccola. Nel sangue venoso la pressione di CO2 è di circa 46 mm Hg, in quello arterializzato di circa 40 mm Hg. I bicarbonati hanno una funzione tampone scindendosi, in presenza di ioni H+, provenienti ad esempio dall’acido lattico, in acqua e anidride carbonica (HCO3- + H+ -> H2O + CO2. Il sangue infatti deve sempre mantenere un PH di 7,4 con una tolleranza di ± 0,02, se no le prime a farne le spese sono le cellule nervose (se iperossigeno gira la testa perché il sangue si alcalinizza) e i bicarbonati sono essenziali. L’acidità del plasma è lo stimolo più importante che porta all’iperventilazione durante l’esercizio fisico.

Regolazione nervosa e chimica della respirazione:

Lo scopo è la generazione del ritmo respiratorio ed il mantenimento di un ritmo respiratorio regolare e dolce per il minimo dispendio energetico.

Il nervo frenico comanda il diaframma e i nervi intercostali i muscoli intercostali. Il bulbo (ultimo pezzo del cervello prima del midollo spinale) contiene il centro respiratorio bulbare. Il ponte (subito sopra il bulbo) il centro pneumotassico. Nel CRB c’è una parte inspiratoria e una espiratoria. La prima manda i segnali al diaframma e ai muscoli intercostali esterni, la seconda, solo in caso di espirazione forzata, ai muscoli addominali e intercostali interni. Le cellule che governano i muscoli respiratori godono di un’innervazione reciproca: si inibiscono a vicenda in modo da evitare la contemporanea contrazione di muscoli inspiratori ed espiratori.

Durante il respiro tranquillo si ha solo contrazione muscolare per la fase inspiratoria (l’espirazione avviene semplicemente smettendo di inspirare). Il CRB manda i segnali di contrazione ai muscoli inspiratori. Riceve poi un feedback dai recettori nervosi che misurano lo stiramento dei polmoni e mandano segnali al CRB attraverso il nervo vago facendo cessare la contrazione e i muscoli si rilassano, consentendo l’espirazione. La funzione del centro pneumotassico è di regolarizzare e addolcire il respiro. Il tetano respiratorio o apneusi causano una forte inspirazione e nessuna espirazione. Viene meno il controllo del CRB.


Lezione 22/12/03

La respirazione dolce e regolare è dovuta al centro pneumotassico (ponte) che inibisce il CRB e ai centri nervosi che misurano lo stiramento polmonare.

 

Ponte

Bulbo

Muscoli inspiratori

-

+

-

-

  • La respirazione volontaria è comandata dalla corteccia cerebrale
  • Le emozioni (ansia, affanno...) influenzano il respiro
  • Tosse, starnuto, sbadiglio, singhiozzo sono tipi particolari di respirazioni ciascuno con un suo centro dedicato. Tosse e starnuto servono a liberare le vie aeree, di sbadiglio e singhiozzo non è chiara la funzione. Tosse e starnuto sono costituiti da un’inspirazione forzata seguita da un’espirazione forzata inizialmente a glottide chiusa, in modo da creare una forte pressione, e successiva rapida apertura con “esplosione” di aria dalla bocca o dal naso.
  • Dolore e freddo improvviso provocano inspirazioni forzate o apnee transitorie. Non se ne conosce la funzione. Fa però tutto parte della regolazione nervosa.

Regolazione chimica del respiro

All’interno dell’organismo ci sono recettori capaci di misurare 3 indicatori chimici correlati con l’attività metabolica. Se l’attività metabolica aumenta (da seduto mi metto a correre) accadono, tra l’altro, tre cose:

  • Diminuisce O2 nel sangue arterioso
  • Aumenta CO2 nel sangue arterioso
  • Aumenta l’acidità del sangue (rilascio di acido lattico da parte dei muscoli scheletrici).

 

Questa situazione richiede l’aumento di ossigeno inspirato e trasportato e l’aumento di smaltimento do CO2 (prodotto per il 50% circa dal metabolismo cellulare e per il 50% dal tamponamento del Ph nel sangue).

Nell’organismo ci sono recettori chimici capaci di misurare i 3 parametri elencati sopra. Quando vengono stimolati mandano segnali al CRB che aumenta la frequenza e profondità della respirazione dando luogo a iperventilazione:

  • O2, chemorecettori (recettori chimici): sono corpi o glomi (ampollette) localizzate nell’arco dell’aorta e vicino alla biforcazione delle carotidi, vicini ai barocettori. Quelli dell’arco dell’aorta mandano segnali al CRB attraverso il nervo vago e quelli delle carotidi attraverso i nervi glossofaringei. Si attivano quando PO2 (pressione osmotica dell’ossigeno nel sangue) < 100 mm Hg.
  • CO2 e Ph sono misurati da chemocettori presenti all’interno del bulbo. Se PCO2 > 40 mm Hg e/o Ph < 7,38 il CRB viene stimolato all’iperventilazione. A riposo un individuo introduce circa 6l/min di aria. Piccole variazioni di PCO2 o Ph influenzano in maniera massiccia l’incremento di respirazione. Nel sonno la sensibilità alla CO2 è più bassa (vedi “anestetizzato” in figura). Questo spiega perché nel sonno il ritmo respiratorio è più basso e ci sono periodi di apnea e, in parte, perché in condizioni patologiche, una persona possa morire nel sonno per mancanza di respirazione (morte in culla nei neonati). Se l’apnea è volontaria si resiste fino a che la concentrazione di CO2 nel sangue arriva al “punto di rottura”, poi lo stimolo al bulbo costringe a respirare. La curva della risposta ventilatoria all’aumento della PCO2 ha una deflessione oltre i 100 mm Hg di PCO2. Questo significa che, oltre tale valore, lo stimolo respiratorio viene paradossalmente inibito ma non accade mai. Per il valore del Ph il discorso è simile e sinergico a quello della PCO2.

 

PO2, PCO2 e Ph stimolano anche il sistema cardiocircolatorio aumentando la frequenza e forza delle contrazioni.

I propriocettori (fusi neuromuscolari, OTG e recettori articolari) hanno anche uno stimolo sull’iperventilazione.

Curva del debito d’ossigeno con esercizio fisico a intensità costante.

A riposo la ventilazione corrisponde a circa 6l/min. Se si inizia un esercizio fisico c’è un immediato innalzamento della ventilazione, un mantenimento per alcuni secondi e poi un graduale innalzamento fino a raggiungere uno “steady state” (equilibrio in cui la ventilazione bilancia le esigenze metaboliche). L’area compresa tra l’inizio dell’esercizio e il reggiungimento dello steady state (parte superiore) rappresenta il debito d’ossigeno contratto. A fine esercizio c’è la situazione esattamente corrispondente ma in negativo: immediata caduta della ventilazione, breve stabilizzazione e poi discesa progressiva fino allo steady state a riposo. Questa rappresenta l’area del pagamento del debito d’ossigeno.

L’immediato innalzamento (o addirittura precedente) è spiegato da questioni emotive o razionali (la corteccia sa che devo partire e mi prepara) o dall’attività dei propriocettori. La salita graduale è dovuta ai chemorecettori.

Prima del raggiungimento dello steady state, il muscolo utilizza le riserve di O2 contenute nella mioglobina, l’ATP e la FC contenute al suo interno e un maggior prelievo di O2 dall’Hb (che normalmente ne trattiene il 75%). Tali scorte vengono ripristinate a fine esercizio.

Variazione della respirazione nel corso dell’esercizio fisico:

Nell’asse delle ordinate c’è la scala della quantità di ventilazione (sinistra) e la concentrazione di lattato nel sangue (destra), l’ascissa rappresenta l’intensità dell’esercizio fisico. La spezzata a sinistra la ventilazione, la curva a destra il lattato. Il punto di variazione della spezzata rappresenta il raggiungimento della VO2max (oltre all’aumento dell’esercizio fisico non può più aumentare la ventilazione e siamo in pieno metabolismo anaerobico). Il punto di deflessione della curva del lattato (4mmol rappresenta la soglia anaerobica). Il VO2max nei sedentari è circa 2l/min, nei soggetti allenati circa 4l/min. Negli atleti fondisti può arrivare a 6l/min.

Il muscolo cardiaco è quasi esclusivamente aerobico quindi non si affatica mai e non è soggetto a crampi.

Il VO2max rappresenta l’adattamento della persona a svolgere esercizio fisico ed è un ottimo indice dell’efficacia dell’allenamento.

Il muscolo scheletrico di un soggetto allenato subisce adattamenti come l’aumento della vascolarizzazione, l’aumento di mitocondri, di mioglobina e degli enzimi metabolici.

Adattamenti del sistema respiratorio a condizioni anomale

  • Ipossia
    • Ipossica: meno quantità di ossigeno nel sangue arterioso. PO2 < 100 mm Hg o perché l’aria alveolare ha meno di 100 mm Hg o perché gli scambi respiratori sono inadeguati. Mal di montagna: al livello del mare la P corrisponde a 760 mm Hg (1atm). Il contenuto di O2 nell’aria è, a qualsiasi quota del 21%, quindi al mare la PO2 sarà 21%*760 mm Hg = 160 mm Hg. In cima all’Everest la P atmosferica è di 253 mm Hg, il contenuto do O2 è sempre del 21% quindi PO2 sarà di 53mm Hg. Fino ad una PO2 di 80 mm Hg non si avverte nulla perché, grazie alla forma della curva di dissociazione dall’emoglobina, a tale valore corrisponde ancora una saturazione di O2 quasi totale. Ad un’altitudine di oltre 2.800 – 3.500 m compare il “mal di montagna”. Sintomi: mal di testa, nervosismo, affaticamento, perdita di coscienza, coma, morte. In montagna si manifesta paradossalmente anche una carenza di CO2 a causa dell’iperventilazione indotta dalla carenza di O2. La carenza di CO2 si chiama ipocapnia porta alla basificazione del sangue. Inoltre, nel tentativo di compensare la mancanza di ossigeno, il ventricolo destro pompa sangue ai polmoni con una maggiore pressione. I polmoni si trovano in una situazione di minore pressione e questa differenza porta ad un trasudamento di liquido dai capillari alveolari agli alveoli: edema polmonare. Questo riduce ulteriormente la capacità dei polmoni di assumere ossigeno e inizia un circolo vizioso che, se non interrotto, porta alla morte.
    • Anemica: è una carenza del sistema di trasporto dell’O2. Può essere causata da avvelenamento di CO (inodore e dà poche avvisaglie prima di portare alla morte). Il CO è 200 volte più affine dell’O2 con l’Hb, quindi gli eritrociti che vi si legano diventano inutilizzabili.
    • Stagnante: dovuta ad una cattiva circolazione del sangue per cattivo pompaggio del cuore o ostruzione di vasi (come le coronarie ostruite che portano a infarto miocardico).
    • Istotossica: avvelenamento dei tessuti: il cianuro, ad esempio, blocca la sintesi dell’ATP.
  • Iperossia: se si respira O2 puro, peggio ancora se a pressione elevata, si hanno alterazioni del sistema respiratorio e nuromuscolare simili all’ipossia. L’ossigeno in elevate concentrazioni è tossico, tant’è che uccide i microrganismi (acqua ogginenata: 2H2O2 -> 2H2O + O2, è l’ossigeno liberato che uccide i microorganismi).
  • Pressione elevata: a livello del mare la pressione è di 760mm Hg. 10m sott’acqua è di 1.520 mm Hg, a -20 2.280 mm Hg. Perché un sub riesca a respirare, l’acqua che gli arriva dalle bombole deve essere alla stessa pressione cui è sottoposto il suo torace (se no non riesce ad espanderlo). I gas si disciolgono fisiologicamente nel sangue grazie alla pressione e se la pressione diminuisce vaporizzano (come accade quando si stappa una bottiglia di spumante). Quindi il  gas respiratori si sciolgono nel sangue ad una concentrazione consentita dai 2.280 mm Hg, se poi, quando il sub risale, la pressione torna troppo rapidamente a 760 mm Hg, i gas vaporizzano, producono bolle nel sangue che sono veri e propri emboli che possono ostruire i vasi o comprimere le cellule nervose e procurare paralisi. Di qui la necessità per i sub di effettuare la decmpressione. Le bombole inoltre non possono essere riempite di aria (che contiene il N2 al 78%) perché l’azoto ad elevate pressioni ha effetti esilaranti (come ubriachi: si perde la cognizione del tempo, il senso del pericolo, l’orientamento, la coordinazione e si arriva all’anestesia). Le bombole quindi sono riempite al 21% da O2 e per il resto da “gas rari”.

 

Fine del programma del primo esonero che sarà presumibilmente il 08/03/04.


Lezione 09/02/04

Chi fa l’esonero all’esame porterà soltanto di qui in poi.

Parte II

 

Il sistema nervoso

Parte cellulare

Il sistema nervoso è composto da cellule nervose (neuroni), e cellule della glia che hanno funzioni di sostegno e aiuto nella generazione e trasmissione del segnale.

Funzioni dei neuroni:

  • Ricezione dei segnali
  • Elaborazione dei segnali
  • Trasmissione dei segnali ad altri neuroni o altre cellule

 


L’insieme dei dendriti forma l’albero dendritico
La sinapsi è il punto di contatto tra un neurone ed un’altra cellula (nervosa e non).
I dendriti sono numerosi e corti, l’assone è unico e può anche essere lungo 1m.

  • L’albero dendritico riceve i segnali oppure li riceve direttamente il corpo.
  • Il corpo cellulare li elabora
  • L’assone li trasmette

 


Cellule a “T” o bipolari, ad esempio quelle che raccolgono i segnali dalla cute e lo portano al SNC.

Il sistema nervoso è un insieme di cellule nervose collegate a formare una rete.

Eccitamento

Il neurone è una cellula eccitabile, è cioé capace di rispondere a stimoli in maniera logica. Altre cellule eccitabili sono quelle muscolari, dei recettori sensoriali e alcune secernenti.

L’eccitamento funziona grazie a fenomeni elettrici. Le cellule eccitabili funzionano come delle pile e dei semiconduttori. Sono cioè in grado di separare le cariche negative (interno) da quelle positive (esterno) e di attivarsi solo in presenza di uno stimolo sopra soglia (al di sotto della quale non capita nulla).

Tra l’interno e l’esterno della cellula, in condizioni di riposo, c’è una differenza di potenziale di 0,1V nelle cellule muscolari e di 0,7V in quelle nervose. Le cariche sono rappresentate da soluzioi di acqua e ioni (Na+,  K+, e Cl-). All’interno della cellula c’è poca concentrazione di Na+, molta di K+ bilanciata da proteine -. All’esterno c’è molto K+, poco Na+ bilanciato da Cl-. In condizioni di riposo, i canali del sodio, presenti sulla membrana cellulare, sono chiusi e non lasciano passare il sodio da fuori, dove è più concentrato a dentro. Il potassio è libero di passare e tenderebbe ad andare a bilanciare la maggior concentrazione che c’è all’esterno. Se così facesse però la carica delle proteine- prevarrebbe e quindi il gradiente elettrico che trattiene il potassio all’interno della cellula bilancia quello chimico che lo attirerebbe fuori.

Quando le cellule vengono eccitate da uno stimolo elettrico, il loro potenziale scatta a + 0,3V per poi tornare, nel giro di 1ms circa, a – 0,7V:


Il potenziale d’azione è il periodo di questo ciclo.

La fase iniziale si chiama fase di depolarizzazione o di salita, quella di ritorno alla normalità fase di ripolarizzazione.

Legge del tutto o nulla: se lo stimolo è sotto soglia non si ha alcuna risposta. Sopra la soglia si ha la medesima risposta indipendentemente dall’intensità dello stimolo.

Refrattarietà: le cellule nervose ci mettono un certo tempo per essere in grado di esprimere un nuovo potenziale d’azione. Durante questo periodo non reagiscono allo stimolo (refrattarietà assoluta), se hanno appena espresso il loro potenziale. Se è già passato un certo tempo, ma non un “recupero completo”, esprimeranno una risposta parziale /refrattarietà relativa). Una cellula che ha un potenziale d’azione di 1ms può lavorare al massimo a 500 Hz. I muscoli lavorano a 250 Hz.

Quando la cellula riceve uno stimolo elettrico sopra la soglia, cambia il potenziale elettrico al suo interno perché i canali del sodio, presenti sulla sua membrana ma chiusi, reagiscono allo stimolo elettrico in ingresso aprendo i loro cancelli che permettono al sodio di entrare per compensare il gradiente di concentrazione più basso che all’esterno. Il sodio ha carica + e porta il potenziale elettrico all’interno della cellula a + 0,3V. All’esterno si trova un potenziale di 0V. Gli ioni di potassio, non più attratti dal -0,7V all’interno della cellula, escono da essa per diluire la maggiore concentrazione presente all’esterno riportando la carica della cellula a -0,7V. I cancelli del sodio hanno bisogno di un certo periodo di tempo prima di potersi nuovamente aprire (periodo di refrattarietà). C’è un momento in cui allo stimolo elettrico reagiscono solo alcuni (refrattarietà relativa).

Dopo tutto questo però, all’interno della cellula si trova più sodio e meno potassio che prima. Occorre quindi un sistema che ripristini le condizioni iniziali prelevando potassio dall’ambiente esterno e cedendo sodio. Questo sistema esiste: si chiama pompa del sodio o sodio potassioATPasi e utilizza una proteina “carrier”. Ha un costo energetico e l’energia la ottiene dalla scissione dell’ATP in ADP + energia. Questa pompa è presente in tutte le cellule dell’organismo ed è responsabile del consumo del 33% delle energie del metabolismo basale.

Trasmissione del potenziale d’azione

Perché la rete nervosa funzioni è necessario che il potenziale d’azione possa trasmettersi a tutta la cellula e a quelle attigue (nervose, muscolari, o secernenti)

Trasmissione all’interno della cellula: il potenziale si propaga all’interno dell’assone. I fattori che facilitano la trasmissione sono i seguenti:

  1. Dimensione dell’assone (la velcoità di trasmissione è direttamente proporzionale a suo diametro).
  2. Presenza di mielina.

 

La mielina è una proteina presente nelle cellule di Schwann che avvolgono l’assone come la guaina di un cavo elettrico (guaina mielinica). L’assone può essere lungo anche 1 m, le cellule di Schwann al massimo 2mm, quindi sono disposte in file ma, ogni 2mm, è presente uno spazio scoperto detto nodo di Ranvier.

Gli assoni privi di guaina mielinica si chiamano assoni non mielinizzati, gli altri mielinizzati. A parità di dimensioni i mielinizzati trasmettono molto più velocemente.

 


assone non mielinizzato

Il potenziale elettrico (+0,3V) si trasmette “eccitando” ogni sezione dell’assone (aprendo i cancelli del sodio...) e va solo avanti e non indietro grazie alla refrattarietà.


assone mielinizzato

Le guaine mieliniche sono ricche di sostanze grasse, elettricamente isolanti. Questo consente al potenziale d’azione di procedere a salti tra un nodo di Ranvier e l’altro. Conduzione saltatoria.

Velocità di conduzione delle fibre nervose.

  • La velocità maggiore viene raggiunta in un assone di grande diametro e mielinizzato: 120 m/s nei motoneuroni α (alfa) responsabili dei movimenti volontari.
  • La velocità minore, pari a 0,5 – 1 m/s viene raggiunta negli assoni piccoli non mielinizzati, come, ad esempio, le fibre della sensibilità dolorifica (dolori persistenti, non acuti che invece viaggiano velocissimi).

Lezione 16/02/04

L’esonero si terrà il 15/03. Il 08/03 si farà un ripasso solo sulle domande presentate dagli studenti. La settimana prossima non c’è nessuna lezione per il convegno (vedi appunti Muscolazione lezione 16/02).

Velocità di trasmissione nell’assone: dipende dal diametro dello stesso e dalla presenza di mielina che lo avvolge. I motoneuroni alfa (grandi e mielinizzati) sono i più veloci con velocità che arrivano a 120 m/s; le fibre C (quelle del dolore cronico), piccole e non mielinizzate, sono le più lente con velocità di trasmissione di 0,5 – 2 m/s.

Trasmissione del potenziale d’azione da cellula a cellula

Nel punto di congiunzione tra cellula nervosa e altra cellula (nervosa e non) ci sono le sinapsi (contatti). La trasmissione può essere:

  • Chimica
    1. Neuromuscolare (cellula nervosa -> cellula muscolare)

 

Figura pag. 7

L’assone, in prossimità della cellula muscolare, perde la guaina mielinica e prende contatto con la fibra muscolare in cui si va ad inserire.


Nella parte presinaptica sono presenti delle vescicole presinaptiche. Tra la parte presinaptica e la postsinaptica c’è uno spazio, lo spazio intersinaptico. Quando arriva il potenziale d’azione determina il movimento di un grande numero di vescicole che si fondono con la membrana cellulare e fuoriescono nello spazio intersinaptico (con un meccanismo simile all’esocitosi). Sulla parte postsinaptica sono presenti dei recettori cui si vanno a legare le vescicole. Questi recettori contengono dei cancelli che, aprendosi, fanno penetrare del sodio nella cellula. Il mediatore chimico contenuto nelle vescicole è l’acetilcolina. Il cancello (poro) aperto, fa penetrare degli ioni Na+ nella cellula rendendone meno negativo il potenziale (potenziale di placca). La cellula muscolare ha un potenziale a riposo di -0,08V e una soglia di -0,04V, quando passa questa soglia attiva altri pori sensibili al voltaggio che si aprono al variare del potenziale determinato dall’apertura dei pori sensibili all’ACH. Da questo punto in poi, il potenziale d’azione si propaga nella fibra muscolare come in un assone non mielinizzato. Il potenziale d’azione tra cellule nervose e muscolari e tra muscolari e muscolari si propaga secondo il “tutto o nulla”: se supera la soglia si propaga con potenziale uguale indipendentemente dalla potenza dello stimolo, se non la supera non si propaga.

Fasi della trasmissione neurone -> cellula muscolare:

      1. Potenziale d’azione presinaptico
      2. Liberazione ACH
      3. Legame ACH con i suoi recettori
      4. Apertura poro Na+
      5. Potenziale di placca (depolarizzazione)
      6. Apertura pori sensibili al voltaggio
      7. Potenziale d’azione si propaga nelle fibre muscolari

 

Sostanze che si legano al recettore ACH possono bloccarlo (curaro) e provocare paralisi motoria che porta alla morte per soffocamento. La stricnina provoca il rilascio di ACH anche in assenza di stimolo e porta il muscolo a contrazione continua. I gas nervini ed i sali di mercurio inibiscono l’azione della ACHesterasi, che è l’enzima che si trova nello spazio intersinaptico e che scinde l’ACH legato ai recettori quando ha esaurito la sua funzione permettendo alle cellule muscolari di tornare in una condizione di riposo, provocando la contrazione continua del diaframma.

    1. Neuroneuronale (cellula nervosa -> cellula nervosa)

Ha due differenze rispetto alla neuromuscolare:

      1. Non risponde al criterio del “tutto o nulla” perché la quantità dei mediatori chimici rilasciata è così bassa da provocare una variazione di potenziale di membrana della parte postsinaptica di soli 0,5 mv (ce ne vogliono 80 per arrivare alla soglia). Questo è il principio d’integrazione dei segnali. Sull’albero dendritico del motoneurone alfa arrivano da 10.000 a 100.000 contatti sinaptici. Ognuno sposta il potenziale di 0,5mv e più se ne attivano contemporaneamente (sommazione spaziale) più sale il potenziale. Oppure, una stessa sinapsi può sommare più potenziali attivandosi ripetutamente prima che l’effetto dell’attivazione precedente sia cessato (sommazione temporale). 80 sinapsi attive arrivano alla soglia.
      2. Esistono anche sinapsi di tipo inibitorio: il poro in questo caso fa entrare Cl- che rende il potenziale elettrico della cellula ancora più negativo (iperpolarizzazione) e richiede uno stimolo maggiore per arrivare alla soglia. Se arrivano contemporaneamente segnali eccitatori ed inibitori il risultato è nullo. Il corpo cellulare quindi in ogni istante integra (fa la somma) dei segnali ricevuti e fa o meno partire il potenziale d’azione.

 

    1. Sinapsi chimica ad effetto lento e persistente:

Quelle descritte prima erano ad effetto rapido e breve (millesimi di secondo). Nel caso del lento e persistente, il recettore è una molecola che produce a sua volta, legandosi al mediatore, una sostanza che va ad agire sui canali del Na+ o Cl-. Questa sostanza si chiama 2° messaggero. Nel caso della scarica di adrenalina, ad esempio, il 2° messaggero è l’MPciclico. Mediatore + recettore = 2° messaggero.

  • Elettrica:

Esistono le parti pre e post sinaptiche ma c’è assenza di vescicole e di spazio intersinaptico. Tra una cellula e l’altra ci sono delle strutture che mettono in comunicazione le due cellule attraverso le loro membrane. Queste strutture si chiamano connessoni (connexons), grossi canali che, se aperti, mettono in continuità il citoplasma delle due cellule. Il citoplasma è un conduttore di elettricità perché contiene ioni. I connessoni sono detti anche giunzioni elettriche. A questo punto, il meccanismo di propagazione del potenziale d’azione è lo stesso dell’assone non mielinizzato.

Differenze tra trasmissione chimica ed elettrica:

  1. La trasmissione chimica è più lenta (0,2 ms per cellula), quella elettrica no.
  2. La trasmissione chimica è a senso unico (vescicola -> recettore), quella elettrica può essere bidirezionale.
  3. La trasmissione chimica comprende la capacità di elaborazione dell’integrazione, quella elettrica no: tutto o nulla.

 

Le sinapsi elettriche si trovano nel sistema nervoso (poche), nella retina e in tutte le situazioni che richiedono velocità e affidabilità nella propagazione del potenziale d’azione.

Le cellule del muscolo cardiaco sono collegate da sinapsi elettriche, anche i muscoli lisci.


Le fibre muscolari scheletriche sono sincizi (le cellule non sono separate), quelle cardiache non lo sono in senso anatomico ma in senso funzionale grazie alle loro connessioni elettriche. Le cellule del ventricolo infatti devono contrarsi simultaneamente.

Il muscolo liscio (ad esempio l’intestino) presenta cellule collegate da connessioni elettriche. Parte un segnale dall’inizio dell’intestino tenue e si propaga ad onda a tutto l’organo (onda peristaltica).


Lezione 01-03-2004 appunti di Alessandro Giusiano

 

RECETTORI SENSORIALI

 

Sono cellule capaci di generare variazioni di potenziale elettrico. La loro funzione è quella di TRASDUTTORI, trasmettono un segnale elettrico.

Origine dello stimolo:

          • esterorecettori  (esterni al nostro corpo)
          • enterocettori  (interni al nostro corpo)
          • propriocettori

tipo di stimolo:

        • tipo meccanico, MECCANORECETTORI possono esserci esterocettori e enteroreccetori
        • Chemiorecettori, olfatto e gusto, captano sostanza chimica qualità e quantità
        • Nocicettori, recettori del dolore, nella cute e interno addominali
        • Temorecettori, caldo e freddo
        • Fotocettori, recettori della luce, interno occhio

I recettori sensoriali funzionano con capacità di ADATTAMENTO e CODIFICAZIONE di intensità e tipo di stimolo. Adattamento perché hanno la capacità di rispondere ad uno stimolo sempre uguale mantenendo oppure no la stessa risposta.

Recettore FASICO ad (alto adattamento), che risponde subito appena stimolato ma che smette altrettanto subito dopo l’attivazione.
Altro recettore di tipo fasico è quello all’interno dell’orecchio il quale ci fa percepire l’equilibrio e accelerazione. Si sente solo quando si rallenta. La velocità costante non è percepita.

Recettore TONICO (basso adattamento) per tutto il tempo della stimolazione portano sempre variazione di intensità, di potenziale. Ciascun potenziale di azione è uguale agli altri ma a seconda di intensità di stimolo, aumentano.

Come fa a capire il sistema nervoso se si tratta di luce, pressione o…?
Il riconoscimento dello stimolo  è fatto su base ANATOMICA GEOGRAFICA. Perché esistono nell’encefalo zone in cui vanno a finire gli specifici segnali. Se si incrociano le strade si hanno le allucinazioni sensoriali.

MUSCOLO

STRIATI:

  • Scheletrico (m. volontario le fibre si contraggono solo con i segnali relativi)
  • Cardiaco (m. cardiaco involontario si contrae autonomamente)

LISCI:

  • Involontario, genera da se la propria attività, cmq controllato dal Sistema Nervoso

 

Muscolo Striato Scheletrico
È un SINCIZIO la fibra muscolare scheletrica
Fibra Muscolare = SINCIZIO struttura formata da tante cellule. Unità Funzionale

MIOBLASTI                 MIOTUBO                 FIBRA MUSCOLARE

Non tutti i Mioblasti maturano e rimangono tra le fibre m. e prendono il nome di cell. Satellite e sono in grado , dopo un trauma, di ripristinare il programma embrionale moltiplicandosi di nuovo in mioblasti per riformare i miotubi ed in seguito le fibre m.

M. Scheletrico formato da fibre m. ed in seguito MIOFIBRILLE( bande I o isotrope, chiare; bande A o Anisotrope, scure. Tra le due bande chiare e scure c’è la banda della linea Z.)
C’è una parte più chiara in mezzo alle zone scure (banda A), una linea chiara detta linea H (hell, chiaro); in mezzo a questa linea H c’è la linea M.

Per ogni filamento di MIOSINA c’è ne sono 6 di ACTINA disposti ad esagono.

FILAMENTO SPESSO: formato da una sola proteina MIOSINA
FILAMENTO SOTTILE: formato da 3 sostanze proteiche:

    • ACTINA
    • TROPOMIOSINA
    • TROPONINA

ACTINA formata da 2 catene di actina F (filamentose) e actina G
Due filamenti di Actina F formano il FILAMENTO SOTTILE

Assieme ai 2 filamenti di ACTINA F si lega ancora una corda più sottile che è la TROPOMIOSINA e ad intervalli regolari, in corrispondenza di teste di Miosina c’è la TROPONINA.
Nella Troponina ci sono 3 unità:

  • T: tropomiosina legato con miosina
  • I: inibitoria
  • C: calcio

Actina e Miosina non si contraggono scorrono gli uni sugli altri i filamenti.

 

TEORIA DELLO SLITTAMENTO DEI FILAMENTI
(teoria della contrazione)

ciò che fa scorrere l’Actina verso il centro del Sarcomero è la testa della Miosina, che ricava energia per fare ciò dall’ATP.
La testa della Miosina è sul filamento sottile e su Actina ci sono zone in cui può legarsi la testa della Miosina.
Ciò che collega la testa della M. con la parte bastoncellare è un punto particolare. L’ATP  viene scisso e le teste ruotano, quindi cambiano la posizione. Qui si stacca il gruppo fosfato e le teste della M. si legano più avanti nel sito dell’A. più vicino. Dopodiché ruota di nuovo sul suo perno ed impone il COLPO DI POTENZA e la trascina verso il centro del sarcomero.
ATP entra in gioco quando le teste delle M. si staccano. Carenza di ATP provoca fatica muscolare che tende a sviluppare contrattura.

“RIGOR MORTIS” ipercontrazione delle fibre m. delle persone morte.

 

DIFFUSIONE E SINCRONIZZAZIONE

Per risolvere questo problema esistono i TUBULI TRASVERSI che attraversano da parte e parte la fibra m. che è la continuazione della membrana plasmatici.

TRASFORMARE IL POTENZIALE DI AZIONE IN AZIONE MECCANICA
Accoppiamento tra eccitamento elettrico e la contrazione.

Il potenziale passando nei tubuli T libera IONI CALCIO che vanno a legarsi con la TROPONINA che cambia di forma e trascina con se la Tropomiosina e così le teste della Miosina si legano con l’Actina. Se il calcio viene ricatturato, la situazione si ripristina come all’inizio. Chi recupera il calcio sono le CISTERNE LONGITUDINALI.

 


Lezione 08/03/04

L’esonero sarà composto da 15 domande di cui 6 aperte con richieste, ad esempio di definizioni. Risposte brevissime, anche solo 1 parola se definisce il concetto. Le altre 9 domande saranno a scelta multipla con 4 risposte ciascuna di cui possono essercene 1 o 2 giuste. Le risposte sbagliate non danno punti ma nemmeno penalizzazioni. 30 minuti di tempo.

Ripasso:

  • Motivi per cui la pressione arteriosa sale nel corso dell’inspirazione:
    1. Il bulbo contiene sia il centro respiratorio bulbare che il centrocardiovascolare (la cui funzione è l’inibizione della contrazione cerdiaca) gli stessi impulsi che stimolano l’inspirazione, passando dal nervo valgo, inibiscono l’inibizione della contrazione aumentandola.
    2. Nel corso dell’inspirazione aumenta il volume della gabbia toracica e, conseguentemente, diminuisce la pressione intratoracica. Questo favorisce il ritorno venoso (pag. 21 par. 2 aumentando la pressione,
  • Differenze tra sistema nervoso autonomo, simpatico, ortosimpatico, e parasimpatico: Il sistema nervoso autonomo (o simpatico) è comporto dal s.n. ortosimpatico + il parasimpatico.
  • Regolazione della respirazione: Il Ponte contiene il Centro Respiratorio del Ponte (o pneumotassico) -> Bulbo (midollo allungato) contiene il Centro Respiratorio Bulbare che stimola sia l’inspirazione che l’espirazione.

 

Controllo della contrazione muscolare


  • La placca neuromuscolare diffonde l’eccitamento elettrico rilasciando acetilcolina lungo tutta la fibra attraverso la fessura sinaptica che va a legarsi ai recettori dell’acetilcolina sulla placca motrice della fibra muscolare.
  • Il potenziale d’azione scorre sul sarcolemma passando dai tubuli a T verso il reticolo sarcoplasmatico che contiene delle cisterne terminali in cui è contenuto il Ca++ che si attacca alla troponina dei filamenti sottili.
  • Le molecole di tropomiosina dei filamenti sottili ruotano scoprendo le teste di actina. I ponti trasversali della miosina sono legati a molecole altamente energetiche (ATP), si legano all’actina e usano questa energia per tirare i filamenti sottili verso il centro di ogni sarcomero.
  • Per ottenere il rilasciamento, il Ca++ viene ripompato nelle cisterne terminali dal reticolo sarcoplasmatico. Questo libera la troponina e consente alla tropomiosina di tornare in posizione.

 

Proprietà macroscopiche del muscolo

  • Relazione tra lunghezza del muscolo e la forza che sviluppa: grazie alla Legge di Frank Starling (la stessa del cuore), aumentando entro certi limiti la lunghezza della fibre muscolari, aumenta la forza di contrazione. Oltre questi limiti la forza di contrazione diminuisce. C’è una lunghezza ottimale dei singoli sarcomeri (che compongono le miofibrille, che compongono le fibre muscolari che compongono i muscoli) in cui la forza è massima: circa 2 micrometri. In questa situazione, i filamenti di actina sono parzialmente inseriti in quelli di miosina e, la parte che non lo è, è abbastanza vicina da esserne fortemente attratta. Se la lunghezza del sarcomero aumenta (3,5 micrometri), i filamenti di actina non sono più inseriti in quelli di miosina e sono troppo lontani per esserne attratti. Forza = 0. Se invece il filamento di actica è già tutto lungo la miosina (1,25 micrometri), tutti i legami possibili sono già stati stabiliti. Forza = 0.
  • Relazione tra frequenza di stimolo e forza: le fibre muscolari si possono stimolare attraverso l’alfamotoneurone o con l’elettrostimolazione. L’effetto è il medesimo. Se do solo 1 stimolo (situazione realizzabile solo in laboratorio) c’è una contrazione seguita da un immediato rilasciamento. Il tempo intercorrente tra lo stimolo e la contrazione è detto periodo di latenza. Se do una 2° contrazione dopo il rilasciamento ottengo, salvo un affaticamento del muscolo, una contrazione identica alla prima. Questa situazione viene detta scossa singola muscolare e si verifica con frequenze fino a 10 Hz. Se la 2° contrazione e le successive avvengono mentre il muscolo si sta rilasciando ma non si è ancora rilasciato (50 Hz, tetano muscolare incompleto), la forza sviluppata dalle nuove contrazioni si somma al residuo delle precedenti, aumentando la forza. Le contrazioni successive infatti avvengono prima che il Ca++ sia stato completamente riassorbito, il Ca++ nuovo quindi scopre un maggior numero di siti di actina e così via creando un effetto di fusione con somma. La forza dipende dal numero di teste di miosina che si legano ai siti dell’actina. Oltre ad una certa frequenza (200 Hz), le contrazioni successive avvengono mentre è ancora completo l’effetto delle precedenti, quindi c’è un mantenimento della forza ma non un suo aumento. Tutte le teste di miosina sono legate ai siti di actina. Tetano muscolare completo (o liscio o fuso). I tetani completo ed incompleto sono le situazioni normali di contrazione dei muscoli. Gli elettrostimolatori normalmente causano tetani incompleti. L’andamento della forza rispetto alla frequenza degli stimoli è una curva inizialmente in ripida ascesa che diventa orizzontale in prossimità dei 200 Hz. Questo è uno dei sistemi di regolazione della forza muscolare.
  • Relazione tra il carico e la velocità di accorciamento:
    • Una scossa singola senza carico causa una contrazione muscolare molto rapida.
    • Una scossa singola con carico medio causa una contrazione muscolare di media rapidità.
    • Una scossa singola con carico elevato causa una contrazione muscolare lenta.
    • Una scossa singola con carico massimale non causa alcun accorciamento (contrazione isometrica). In realtà i sarcomeri si accorciano leggermente perché le prime teste di miosina si legano ai siti dell’actina ma questo accorciamento non è apprezzabile.
    • La curva carico – velocità da a. a d. è un ramo di iperbole equilatera.
    • Una scossa singola con carico oltre il massimale causa una contrazione isotonica di allungamento (eccentrica, resistenza all’allungamento).
    • Siccome lavoro = forza x spostamento, la contrazione isometrica, a livello di fisica, non dà luogo ad alcun lavoro, quella eccentrica ad un lavoro negativo.

Lezione 22/03/04

Voto esonero: 12,5/15

Tipologia delle fibre muscolari:

  • S (Slow twitch), o I o rosse: si contraggono e decontraggono in modo lento (100 ms) e sviluppano poca forza. Stimolate ripetutamente, anche per più ore, si comportano sempre allo stesso modo.
  • FF (Fast fatigable) FTa, IIa o bianche: si contraggono e decontraggono molto velocemente (10 – 20ms) e sviluppano molta forza. Dopo pochi secondi di stimolazione ripetuta (60 – 90s) perdono la capacità di contrazione.
  • FR (Fast resistant) FTb, IIb, intermedie: mantengono la capacità di contrazione per 6 – 10 – 50’

 

I diversi tipi di fibre contengono tipi diversi di miosina la cui differenza è la capacità di idrolizzare l’ATP. Alcune hanno un’ATPiasi (ATP-> ADP + P) veloce nonché un reticolo molto veloce a riassorbire Ca++. Le fibre lente sono piccole e sottili, quelle veloci molto più grandi di diametro (contengono più filamenti di actina e miosina). Ipertrofia = più filamenti di actina e miosina.

Differenze metaboliche:

  • S: è il metabolismo aerobico a consentire la sintesi dell’ATP.
  • FF: l’ATP è sintetizzato attraverso il metabolismo anaerobico.
  • FR: l’ATP è sintetizzato attraverso i due metabolismi.

 

Il prodotto del metabolismo anaerobico lattacido è l’acido lattico il cui accumulo blocca la possibilità del muscolo di sintetizzare ATP. Nel metabolismo aerobico non si crea accumulo di acido lattico e le fibre possono mantenere il loro rendimento. Le fibre S sono molto ricche di mioglobina perché utilizzano l’ossigeno, per questo si chiamavano fibre rosse. Le fibre FF contengono poca mioglobina e hanno aspetto bianco.

 

Unità motoria

Un’unità motoria è costituita dall’alfamotoneurone + le fibre muscolari da esso innervate. Il numero di fibre innervate da ciascun alfamotoneurone è molto variabile (da 2, nei muscoli che muovono il globo oculare, a 3.000, nei glutei e polpacci) e dipende dalla precisione dei movimenti che devono compiere le fibre.

Nell’ambito dell’unità motoria vale la regola del “tutto o nulla”. Tutte le fibre di un’unità motoria (e non solo alcune) si contraggono se perviene loro il potenziale d’azione. Tutte le fibre di un’unità motoria sono dello stesso tipo, anzi esistono diversi tipi di motoneuroni per innervare i diversi tipi di fibre muscolari. Gli alfamotoneuroni con un corpo ed un assone grande innervano fibre muscolari FF, quelli con corpo e assone più piccolo le fibre S. Gli assoni degli alfamotoneuroni sono sempre mielinizzati. Alcuni muscoli hanno una composizione di fibre omogenea, altri mista.

Metabolismo muscolare

Il muscolo deve provvedere alla fornitura di ATP alle teste della miosina dove avviene l’idrolizzazione in ADP + P utilizzandone l’energia. L’ATP deve quindi essere continuamente prodotto dal muscolo attraverso queste tre vie:

  1. Fosforilazione diretta: ATP-> ADP + P e la sintesi, ADP + CP (creatinfosfato) -> ATP + creatina. La creatina viene poi ricaricata in CP. La reazione è molto veloce ma molto limitata nel tempo a causa delle scarse scorte di CP contenute nelle fibre muscolari.
  2. Glicolisi anaerobica: Glicogeno muscolare o glucosio ematico -> glucosio ->


(Glucosio -> ATP)
ATP -> ADP + energia + acido piruvico.
Questo sistema ha due problemi:

  • L’acido piruvico è tossico, quindi viene subito trasformato in acido lattico e poi smaltito attraverso il circolo sanguigno. La velocità è alta ma la durata limitata.
  • Si ottengono solo 2 molecole di ATP per molecola di gluscosio, con il metabolismo aerobico ben 36!
  • Fosforilazione ossidativa: l’acido piruvico si trasforma in due molecole di una sostanza composta da 2 molecole di carbonio che entra nei mitocondri dove vengono unite due molecole di essa (dando luogo ad un composto con 4) all’ossigeno dando luogo a CO2 + H2O completando così il ciclo (glucosio + O2 -> CO2+H2O + 36 molecole di ATP). La velocità di questo sistema è lenta, la durata illimitata. L’unico problema è che richiede un continuo apporto di O2. In questo meccanismo possono essere utilizzati gli acidi grassi.

Durata dell’esercizio fisico e consumi metabolici:

  • Per uno sforzo che si protrae per meno di 60s (10s secondo TTD) l’unico sistema che interviene è la fosforilazione diretta.
  • Tra 60s (10s) e 3’ la glicolisi anaerobica.
  • Oltre 3’ e fino a 3,5 ore la fosforilazione ossidativa con combustibile glicogeno muscolare ed epatico nonché il glucosio plasmatico.
  • Oltre 3,5 ore fosforilazione ossidativa con combustibile grassi liberi e trigliceridi del tessuto adiposo.
  • Dopo 20-30’ di esercizio fisico aerobico senza assunzione di cibo il consumo di grassi è maggiore di quello del glicogeno. Il massimo consumo di grassi si ottiene dopo le 1,5 ore di esercizio. Se però ci si nutre durante l’esercizio il glucosio e glicogeno viene ripristinato e l’organismo non utilizzera molti grassi. In stato di ipoglicemia soffrono soprattutto le cellule nervose.

 

La distribuzione delle fibre FF, FR e S all’interno dei muscoli è genetica? E’ possibile cambiare il tipo di fibre secondo l’attività svolta?

  • Un paraplegico che lo diviene improvvisamente, dopo alcuni mesi presenta quasi il 100% di fibre veloci.
  • Un atleta di endurance presenta il 95% di fibre lente.
  • Un sedentario 50% - 50%.
  • Una “persona attiva” ha una predominanza di fibre lente
  • Se uno sprinter fa allenamenti di resistenza c’è un leggero cambiamento di fibre muscolari. Non sembrano possibili cambiamenti totali ma leggeri si.

Lezione 29-03-2004 appunti di Alessandro Giusiano

SISTEMA NERVOSO
Si divide in:

  • Sistema nervoso centrale: ENCEFALO (cervello o corteccia cerebrale); MIDOLLO SPINALE
  • Sistema nervoso periferico: NERVI(spinali e cranici); ORGANI DI SENSO; S.N. AUTONOMO (parasimpatico e ortosimpatico)

MIDOLLO SPINALE quasi tutti i circuiti che si trovano qui regolano l’attività motoria. Infatti ha organizzazione segmentale, troviamo a qualunque altezza una struttura sempre simile. I diversi segmenti sono nominati secondo la loro funzione: segmenti CERVICALI, s. TORACICI, s. LOMBARI, s. SACRALICI. Da qui partono a dx e sx i nervi spinali.
I vari segmenti hanno nervi in corrispondenza della loro posizione ex T1 segmento toracico 1.
Questi segmenti sono dotati di SOSTANZA BIANCA e SOSTANZA GRIGIA, in quest’ultima troviamo i corpi nervosi e i dendriti da dove partono Assoni che escono dal M.S. e entrano a far parte dei NERVI SPINALI.
Assoni risalgono da periferia verso encefalo e portano informazioni, oppure da encefalo verso il basso transitano fibre nervose riguardanti il controllo del movimento.

Riflessi spinali: risposta involontaria ad uno stimolo.

RIFLESSI:

  • Spinali
  • Altri riflessi

Riflesso spinale più tipico è il riflesso patellare o riflesso da stiramento. Esiste dello stesso tipo il riflesso achilleo.
Questo riflesso patellare comporta la stimolazione di un fuso neuromuscolare che da una risposta involontaria producendo un movimento rapido. Questo tipo di riflesso è così strutturato: dando un colpo al tendine, modificandone la conformazione, io stiro il muscolo.

FUSO NEUROMUSCOLARE: recettore formato da fibre m. modificate e possiedono actina e miosina solo in periferia e nella parte centrale, una terminazione nervosa avvero ASSONE LUNGO di una cell. Nervosa, il cui corpo si trova in prossimità del M.S.
Le cell. Nervose cui faccio riferimento prendono il nome di  GANGLIO delle radici dorsali dei nervi spinali. Quando il muscolo viene stimolato queste fibre vengono stirate, deformate nella membrana plasmatici e questa deformazione viene segnalata al M.S. mediante i gangli.

Il riflesso da stiramento serve a mantenere una postura corretta. I m. addominali mantengono l’espansione dei visceri.
Actina e Miosina, cosa servono?

Stimolando il muscolo vengono stimolate le fibre m. intrafusali. Ogni volta che dai centri superiori arriva un segnale che porta un movimento involontario, questo segnale si sposta anche verso il mantenimento dei movimenti intrafusali.

MOTONEURONI dei movimenti extrafusali sono: motoneuroni ALFA
MOTONEURONI dei movimenti intrafusali sono: motoneuroni GAMMA

Questo riflesso serve a mantenere il tono muscolare, aumento del tono muscolare più adeguamento al carico; tutto ciò al di fuori del movimento volontario.

A cosa serve il controllo del movimento di riflesso?

Sui GAMMA M. arrivano altri segnali. La sostanza reticolare attivatrice porta segnali che ci tengono svegli e attenti, se diminuisce la sua attività siamo annoiati e sonnolenti. Ma questa sostanza manda anche segnali ai GAMMA m. . se lavora poco le fibre intramuscolari lavorano poco e sono flosce. Questo spiega il motivo per il quale durante il sonno perdiamo il tono muscolare e dobbiamo sdraiarci.  Se questa risposta a stimolo manca, significa che c’è qualche problema alla sostanza reticolare attivatrice. Al contrario può essere troppo attiva.

RIFLESSI SPINALI:

  • da Stiramento: stiramento ----- contrazione
  • Innervazione Reciproca dei m.agonisti e antagonisti (quando il m. agonista si stimola, si ha inibizione del m. antagonista)
  • Riflesso da stiramento inverso: stiramento------rilasciamento

Morbo di Parkinson: m. antagonista si contrae gli agonisti non si rilasciano o si rilasciano di colpo.

Il riflesso da stiramento inverso è diverso il recettore che si chiama ORGANO TENDINEO DEL GOLGI (dentro tendine); meccano recettori sensibili allo stiramento, prende contatto con il m. tramite un interneurone inibitorio.
Per stimolare l’organo tendineo del golgi ci vogliono degli stimoli più forti se contrazione è più forte si attivano questi organi. Serve ad evitare un eccessivo  stiramento, per evitare lesioni del tendine, strappi… finalità protettiva.

Organo t. del g. misura stiramento tendine, muscolo e la forza di contrazione che il m. sta sviluppando

Fuso n.m. misura solo stiramento
Organo t.del g. misura stiramento e forza di contrazione muscolare.
Si innesca il meccanismo di Feed-back, serve ad evitare forza di contrazione eccessiva.

Altro riflesso è quello di EVITAMENTO. Recettore di tipo dolorifico è il recettore stimolato, manda segnali attraverso fibre neurom. Poi attraverso sostanza bianca e poi grigia dove si distribuisce in tante strade diverse.
Scopo: allontanare dalla fonte di dolore la parte venuta a contatto, quindi devo ritirare l’arto flettendolo. Quindi contraendo il m. flessore e inibitore contemporaneamente il m. estensore.
È necessario che la risposta riflessa passi anche da altro arto che deve sopportare tutto il carico del corpo, quindi dovrò avere una iperestensione dell’arto, esattamente il contrario di ciò che è successo nell’altro arto.
Questo meccanismo si chiama IRRADIAZIONE DEL RIFLESSO.


Lezione 05/04/04

Controllo del movimento

  • Involontario (riflessi spinali). Il riflesso è una risposta involontaria ad uno stimolo: tono muscolare, aumento del tono per reggere un maggiore carico, ritrazione di un arto in presenza di uno stimolo dolorifico.
    • Riflesso da evitamento: se un arto è stimolato da un dolore (spina nel piede), esso si ritrae e contemporaneamente si estende l’arto controlaterale per reggere il maggior peso (irradiazione del riflesso). In un quadrupede, in presenza di stimoli di sufficiente intensità, il riflesso si irradia anche all’arto superiore omologo (che si estende), se ancora più forte all’arto superiore controlaterale (che si ritrae). Questo è il medesimo meccanismo che sovrintende alla locomozione al passo. La locomozione è pertanto un meccanismo involontario non controllato dall’encefalo ma dal midollo spinale. L’encefalo dà solo l’innesco al processo della locomozione che poi prosegue in modo autonomo fino a nuovo ordine. La figura degli arti ritratti ed estesi in diagonale è detta figura riflessa.
    • Riflesso da stiramento: Se un muscolo viene stirato, esso si ritrae. Questo meccanismo è quello che utilizzano gli animali per grattarsi: l’encefalo manda il primo impulso, si mette in moto un meccanismo che alterna stiramento e contrazione di muscoli antagonisti e cessa ad un successivo impulso dell’encefalo.
  • Ad innesco volontario e prosecuzione involontaria (locomozione e grattamento): dal mesencefalo, centro avviatore del movimento parte l’impulso.
  • Regolazione della forza di contrazione: tutti i segnali che vanno alle cellule muscolari (volontari e involontari) passano dall’alfamotoneurone. Questo è detto via finale comune. Esistono 2 sistemi di regolazione:
  • Variazione della frequenza di scarica dei segnali che vanno alle fibre (tetani singoli, incompleti, completi).
  • Che lavora assieme all’1, reclutamento delle unità motorie: in esse vale la legge del “tutto o nulla” ma si può variare il numero di unità reclutate.
    • Per sollevare un oggetto che pesa poco si reclutano le fibre lente.
    • Per sollevare un oggetto di peso medio si reclutano le fibre veloci resistenti.
    • Per sollevare un oggetto pesante o per farlo in modo veloce, le veloci affaticabili.
  • Volontario.
    • Controllo del movimento (fasi):
    • Pianificazione e programma: corteccia sensoriale associativa (mente, parte cosciente, Io).
      • Scelta dei muscoli, della quantità di forza, sequenza... pianificazione. A questa fase sono deputati i nuclei della base + il cerebro-cerebello (zona laterale degli emisferi del cervelletto).
      • I segnali da queste due aree convergono nelle aree premotorie corticali
      • E poi alla corteccia motoria
    • Esecuzione e controllo:
      • Movimento (encefalo -> midollo spinale -> alfamotoneuroni)
      • Verifica: verme e zona intermedia degli emisferi che invia il feedback alla corteccia motoria o ai centri di programmazione.

 

Oggi lo studio delle aree cerebrali si esegue utilizzando la TEP (tomografia ad emissione di positroni) che misura il flusso sanguigno che va alle aree cerebrali durante le varie attività. Più le cellule sono attive più ossigeno consumano e più vasodilatazione c’è. La TEP combinata alla TAC (tomografia assiale computerizzata) dà una vista in 3D anche delle aree più profonde.

Aree cerebrali

  • Area 4: area motoria principale, immediatamente davanti alla scissura di Rolando (l’altra è quella di Silvio... sul serio!!!).
  • Area 6: area motoria supplementare, immediatamente davanti alla 4.
  • Area 8: corteccia premotoria, immediatamente davanti alla 6.
  • Aree 3,1,2, dietro alla scissura: aree sensitive.
  • Aree 5,7, dietro le precedenti: aree miste che sovrintendono alla sensibilità e danno comandi motori.
  • Riguardo all’area 4, si può disegnare l’Homunculus Motorius che rappresenta la proporzione della vastità delle aree cerebrali dedicate a ciascun organo di movimento. La grandezza degli organi così rappresentati non ha nulla a che vedere con le masse muscolari ma con la precisione dei movimenti (la mano è molto più grande del piede, ecc...). Discorso simile a quello del n° di fibre muscolari facenti parte di un’unità motoria.
  • Fascio motorio o via corticospinale o via piramidale: circuito che parte dall’area 4 della corteccia e va al midollo spinale e attiva un movimento della parte opposta del corpo. L’incrocio può avvenire nell’encefalo o nel midollo spinale: controllo contro laterale.
    • Via piramidale diretta: alcuni assoni vanno direttamente dall’area 4 all’alfamotoneurone.
    • Via piramidale indiretta: alcuni assoni si interrompono nell’encefalo, formano una sinapsi da cui riparte un assone diretto all’alfamotoneurone. In questo caso il cervelleto (feedback e controllo equilibrio, tono muscolare, ...) può intervenire a questo livello. Nel caso precedente invece deve intervenire nell’area 4 all’origine degli stimoli motori.
  • Se si stimola l’area 4 con un elettrodo si ha un movimento di risposta.
  • Se si stimola l’area 6 non sempre, ma, se si ha, si hanno movimenti coniugati, che implicano il movimento di parte destra e sinistra del corpo, anche diversi ma coordinati (pressione frizione e rilascio acceleratore).
  • Una TEP di una soggetto che flette le dita evidenzia un lavoro nelle aree 4; 5 e 7 (sensibilità).
  • Una TEP di una soggetto che flette le dita in ordine (pianificando quindi il movimento) evidenzia un lavoro nelle aree 4,6,8,5,7.
  • Una TEP di una soggetto che pensa a flettere le dita evidenzia un lavoro nelle aree 6 e 8.

 

L’esame è spostato all’11/6.


Lezione 19/05/04

Il 24/05 ci sarà il preappello per la 2° parte per chi ha frequentato.

Controllo del movimento volontario:

  • Area motoria principale 4
  • Area motoria supplementare 6
  • Area premotoria 8
  • Nuclei (gangli) della base: si trovano nel telencefalo e nel diencefalo. Sotto la corteccia e sopra al mesencefalo e al tronco. Sono importanti per la progettazione e la pianificazione del movimento. Una loro lesione non provoca paralisi (come per l’area 4). Al loro danno conseguono queste patologie:
    • Morbo di Parkinson, che segue alla lesione anche solo di una parte della substantia nigra.
      • Ipercinesie: esempio tremore a riposo che interessa le estremità degli arti quando questi ultimi non sono utilizzati.
      • Ipocinesie: non efficace controllo dei muscoli agonisti ed antagonisti: il movimento che segue la contrazione di un muscolo non è immediato, veloce e fluido perché non c’è il rilasciamento del muscolo antagonista. Espressione “attonita” del viso per disfunzione dei muscoli mimici. Parola difficile: parola scandita.
    • Altri morbi: ipercinesia: una persona ferma muove gli arti superiori come se stesse camminando, oppure torce continuamente il tronco.
  • Funzioni del cervelletto: serve alla programmazione e alla correzione (feedback) del movimento. La sua lesione non provoca paralisi ma disturbi molto gravi della deambulazione o di altri movimenti.
    • Parte centrale: vestibolo del cervelletto e verme. Riceve le afferenze vestibolari (equilibrio), visive ed uditive. Il verme controlla i movimenti del tronco per mantenere l’equilibrio,
    • Parte laterale prossimale: afferenze spinali (propriocettori, cute) e trigeminali (dal viso). Controllo dell’esecuzione del movimento. Controllo del movimento degli arti per mantenere l’equilibrio.
    • Parte laterale esterna (emisferi): afferenze cortico-pontine: queste regioni ricevono una ripetizione dei segnali che l’area 4 invia agli alfamotoneuroni e li modificano integrandoli con quelli del vestibolo e del verme per mantenere l’equilibrio durante il movimento. Collaborano con i nuclei della base per progettare il movimento non naturale (quelli al di là del camminare, correre, saltare...). Movimenti non naturali: scrivere, guidare, andare in bici, sui pattini: hanno richiesto un apprendimento. Il cervelletto acquisisce dei piani di lavoro pronti per i movimenti che vengono ripetuti (per questo serve l’allenamento) così risparmia tempo quando li deve eseguire. Movimenti di destrezza fine: prendere la curva in moto, scrivere, suonare il pianoforte.

 

Apparato vestibolare: si trova nell’orecchio interno (parte superiore) ed è composto da:

  • 3 canali semicircolari disposti all’incirca secondo i tre assi cartesiani. I canali contengono un liquido detto endolinfa che hanno due ampolle agli estremi. Nelle ampolle ci sono delle cellule ciliate che misurano la pressione che il liquido esercita su di esse. Il liquido si muove in conseguenza dei movimenti e delle forze che agiscono sul capo dando la percezione del movimento. Nelle ciglia ci sono recettori ad elevato adattamento che percepiscono solo le variazioni della pressione. Nistagmo: grazie ai canali, se il capo ruota c’è una rotazione opposta e coniugata dei bulbi oculari che permette di continuare a fissare un oggetto mentre il capo ruota. Le ampolle percepiscono la rotazione e mandano i segnali ai muscoli che controllano i bulbi oculari.
  • Sacculo e utricolo: percepiscono la forza di gravità avendo sul loro pavimento delle cellule ciliate invischiate in una gelatina su cui si trovano degli otoliti, sassolini che rotolano seguendo la direzione della forza di gravità.

 

Integrazione dei segnali: se sono su una barca e c’è un’onda che ne provoca il beccheggio, posso variare l’inclinazione della caviglia per mantenermi perpendicolare al centro di gravità. Un allungamento del polpaccio causerebbe il riflesso di contrazione, ma i miei occhi vedono l’orizzonte e l’integrazione dei segnali fa si che io inibisca il riflesso e mi mantenga in equilibrio. Questa integrazione è eseguita dal cervelletto. Stare in equilibrio su un solo arto è più facile ad occhi aperti (vestibolo + vista) che ad occhi chiusi (solo vestibolo).

Lesioni del cervelletto possono dare il tremito intenzionale: tremore involontario nel corso dell’esecuzione di un movimento volontario. Dismetria: errata valutazione delle distanze nell’afferrare un oggetto o a portare un dito al naso. Andatura da ubriaco che richiede continui aggiustamenti (ma maldestri) mentre in soggetto malato cammina.

Sistema sensoriale

  • Sensi aspecifici: tatto, sensibilità termica, sensibilità dolorifica. La maggior parte dei recettori sono localizzati nella cute, sotto l’epidermide all’interno del derma. Il nervo perde la sua guaina mielinica e va ad avvogersi, nei corpuscoli di Pacini, ad esempio, in uno strato di tessuto connettivo che dà la sensibilità meccanica: meccanorecettori. Si tratta di terminazioni afferenti che mandano i segnali ai centri superiori. I corpuscoli di Pacini sono recettori del tatto ad elevato adattamento.
    • Recettori termici: terminazioni nervose ramificate nella cute. Misurano la temperatura della cute rispetto a quella fisiologica (36°C). I recettori del freddo rispondono a temperature < 35°, hanno un picco massimo a 25° poi non rispondono più. Per motivi sconosciuti rispondono anche a temperature > 45° (sensazione di freddo quando ci si scotta con qualche goccia di acqua bollente). I recettori del caldo rispondono dai 25° ma soprattutto dai 35° ai 40°. Dopo i 45° gradi non rispondono più e oltre ai 50° entrano in gioco quelli del dolore. Una parte metallica alla stessa temperatura di una di plastica dà una sensazione di minor calore perché, conducendolo meglio, lo sottrae meglio alla cute che si raffredda. I brividi della febbre sono dovuti all’organismo che, tentando di dissipare il calore, abbassa la temperatura della cute.
    • Recettori dolorifici: si attivano tutte le volte che avviene una lesione (tagli, ustioni, abrasioni...). Le cellule morendo liberano sostanze che attivano lo stimolo dolorifico (infiammazione). La percezione del dolore è estremamente soggettiva ed è molto influenzabile da farmaci.
      • Ipoalgesia: le vie nervose del riflesso, dal ganglio spinale, oltre che ai muscoli che reagiscono allo stimolo doloroso, partono verso l’encefalo alle aree della sensibilità e fanno percepire il dolore. Queste fibre hanno tutte una tappa intermedia nel talamo da cui parte un assone che arriva alle aree 1,3,2 della corteccia, le somatosensitive. In certe situazioni (maratoneta alla fine della gara), da alcune regioni dell’encefalo vengono liberate delle β-endorfine che agiscono sulle sinapsi che collegano le terminazioni nervose con le aree 1,3,2 inibendole e facendo pervenire all’encefalo il dolore azzerato o attenuato. Queste β-endorfine hanno anche effetto euforizzante. Gli oppiacei (morfina) sono gli antidolorifici più potenti perché agiscono in modo analogo.
      • Iperalgesia: in caso di ustioni, abrasioni, ecc. (infiammazioni) anche stimoli irrisori, come uno sfioramento, danno grande dolore, oppure, se si ha la febbre si ha dolore articolare. Tutto questo avviene perché l’infiammazione abbassa la soglia a cui sono sensibili questi recettori. I farmaci antiinfiammatori agiscono diminuendo l’infiammazione e riportando a livelli più normali la soglia del dolore.
      •  L’homunculus sensitivus ha sempre i piedi in alto e la faccia in basso e una faccia e pollice molto grandi (aree più sensibili in cui percepiamo molto bene l’esatta provenienza dello stimolo. In altre aree (coscia) non capiamo nemmeno se ci sta sfiorando un dito solo o due.
  • Sensi speciali: vista, udito, olfatto, gusto.

Lezione 26/04/04

Sensi speciali

Udito, vista, gusto e olfatto.

Udito: è composto dall’orecchio, divisibile in 3 parti:

  • esterno: composto dal padiglione, dal meato uditivo (condotto) e dal timpano.
  • intermedio: composto dagli ossicini (martello, incudine, e staffa). Il timpano poggia sul martello che sposta l’incudine che sposta la staffa trasmettendo le vibrazioni all’orecchio interno.
  • interno: composto dalla coclea e dall’apparato vestibolare. La staffa va a poggiare sulla parte basale della coclea che è riempita di linfa che trasmette le vibrazioni lungo tutta la coclea.


Le cellule trasduttrici cigliate (che trasformano gli stimoli meccanici in stimoli elettrici: meccanocettori) si trovano sulla struttura che taglia a metà la coclea e hanno le loro ciglia distese quando questa vibra. Questo stimolo meccanico viene trasformato in stimolo elettrico attraverso la creazione di potenziali d’azione che vengono poi trasmessi ai centri superiori. Le aree acustiche si trovano sotto la scissura di Silvio in entrambi gli emisferi. Solo nell’emisfero sinistro, vicino all’area acustica, si trova anche l’area del linguaggio. Il SNC è anche in grado di stabilire la direzione di un suono misurando la differenza di tempo di arrivo dei segnali tra le due orecchie (arrivano prima all’orecchio dalla cui direzione provengono) e anche valutando da quale orecchio il suono arriva puro e da quale con le frequenze modificate dal passaggio attraverso le ossa del cranio.

Vista:

Ciascun occhio contiene due lenti: la cornea ed il cristallino che consentono la messa a fuoco delle immagini sulla rétina. Ha capacità di accomodazione (messa a fuoco) agendo sul cristallino che può sfericizzarsi per mettere a fuoco gli oggetti vicini o distendersi per mettere a fuoco quelli lontani. Il cristallino è formato da cellule elastiche ed è trattenuto dai tendini della muscolatura intrinseca (muscoli striati) dell’occhio. Quella estrinseca permette invece i movimenti del bulbo. Quando i muscoli si rilasciano il cristallino si sfericizza, quando si tendono si distende. Oltre i 40 – 45 anni di età il cristallino si irrigidisce causando presbiopia.

La pupilla è il diaframma dell’occhio che permette ad una quantità di luce maggiore o minore di andare a colpire la retina. Nell’iride c’è un muscolo liscio controllato dal SNA. Contrariamente a quanto accade per il cuore, il sistema parasimpatico stimola la contrazione (ed il restringimento) mentre quello ortosimpatico il rilasciamento (e l’allargamento).

Nella retina sono presenti due tipi di fotorecettori: bastoncelli e coni. I bastoncelli permettono di distinguere chiaro e scuro, i coni (di tre tipi per i tre colori primari) i colori. I bastoncelli sono molto sensibili alla luce e permettono la visione anche in condizioni di scarsa visibilità mentre i coni hanno una soglia di attivazione minore (motivo per cui in scarse condizioni di luce non vediamo in colori). Le vie visive (occhio, nervo ottico, talamo in cui c’è una sinapsi e nuovo assone) afferiscono all’area 17 (area visiva primaria) situata nel punto più distale del lobo occipitale. Accanto all’area 17 si trovano la 18 e la 19 che sono le aree visive supplementari. L’area visiva primaria permette di vedere, le supplementari di associare ad esempio una persona ad un viso o di effettuare le rappresentazioni simboliche. Prosopagnosia (non la chiede all’esame): incapacità di riconoscere le persone pur vedendole e le espressioni (rabbia, felicità...): aree visive supplementari danneggiate. La sinapsi nel talamo ha lo scopo di sincronizzare le nostre attività con i ritmi circadiani e di controllare il movimento dei bulbi. Una persona che abbia il nervo ottico leso dopo il bulbo non vede nulla ma segue inconsciamente con lo sguardo un punto luminoso in una stanza buia.

Gusto:

I gusti, come gli odori, si percepiscono grazie a dei chemocettori che reagiscono alla presenza di determinate sostanze chimiche. I recettori del gusto si trovano sulla lingua e, nell’ordine a partire dalla punta verso la base, dolce, salato, acido, e amaro. Di recente è stato scoperto un 5° recettore per la glutamina presente nella carne. Questi recettori si trovano all’interno di bottoncini gustativi e hanno delle ciglia che vanno a prelevare le sostanze in superficie. La via nervosa seguita dai segnali del gusto è molto simile a quella percorsa delle sensibilità tattili, termiche, e dolorifiche. Gli stimoli incrociano, hanno una tappa intermedia nel talamo e terminano nelle aree 3, 1, 2 (della sensibilità) assieme alle sensazioni tattili, termiche e dolorifiche della lingua.

Olfatto:

I chemocettori, ciliati anche loro, si trovano nell’epitelio olfattivo che riveste le vie nasali. I segnali olfattivi sono gli unici che non fanno tappa nel talamo e non terminano nella corteccia. Gli stimoli olfattivi finiscono nell’encefalo olfattivo (o rinencefalo), sotto la corteccia, dove ci sono anche i centri del comportamento sessuale, emotivo e sociale. Secondo una teoria un po’ datata esisterebbero 7 odori primari a ciascuno dei quali sarebbe dedicato un recettore. Secondo una teoria più recenti invece gli odori sarebbero migliaia, ciascuno con il suo tipo di recettore.

Le funzioni superiori del SNC

Si tratta della memoria, della coscienza, del pensiero e del ragionamento. E’ presente anche negli animali più evoluti (anche cani e gatti), anche se in misura diversa dall’uomo. Sono localizzate nella corteccia in tutte le aree che non sono quelle già trattate (aree motorie, premotorie, somatosensitive, acustiche, del linguaggio, visive...) e sono aree associative. Si sono studiate misurandone l’attività elettrica attaverso l’EEG (elettroencefalogramma). Tale esame misura l’attività elettrica complessiva e non quella di aree specifiche dell’encefalo. L’EEG evidenzia diversi tipi di onde la cui frequenza ed ampiezza (voltaggio) sono inversamente proporzionali:

  • Onde alfa: sono le onde presenti in una persona inserita in un ambiente silenzioso ad occhi chiusi e che non pensa a nulla di particolare. Hanno frequenza bassa e ampiezza elevata.
  • Onde beta: sono presenti in una persona in stato vigile, attento. Frequenza alta, ampiezza bassa.
  • Onde teta: hanno frequenza ed ampiezza mediamente elevate. Sono presenti in una persona che si sta addormentando.
  • Onde delta: sono molto ampie ed infrequenti. Sono sintomo di sonno profondo e di scarsa ossigenazione delle cellule nervose (stato fisiologico durante il sonno profondo).

 

Esistono 2 tipi di sonno, il REM (rapid eye movements) in cui si sogna ed il non REM. In quest’ultimo  sono presenti 4 diversi stadi, dal più leggero a più profondo (1-4):

1. Onde alfa e teta stato di “quasi veglia”.
4. Onde delta.

Il sonno REM è anche chiamato “sonno paradossale” perché si ha la presenza di onde alfa e beta nonché aumento della frequenza cardiaca, della respirazione e del tono muscolare come in stato di veglia. E’ presente in tutti gli animali e non ne è ancora stata ben compresa la funzione, anche se si ipotizza che serva al cervello per riorganizzare la memoria e per decidere quali ricordi tenere e quale scartare.

L’EEG cambia secondo l’età perché, all’aumento di essa, aumentano le sinapsi presenti nel cervello (le cellule nervose diminuiscono già fin dal 6° mese di vita intrauterina, le sinapsi invece aumentano fino alla vecchiaia quando calano anche loro anche se in maniera minore se l’anziano si mantiene attivo).

L’EEG durante il sonno ha messo in evidenza quanto segue:

  • Bambini: hanno cicli di circa 90’ che partono dal tipo 1, per scendere al 4, risalire all’1 e poi al REM, dopodiché riparte il ciclo. Verso il mattino tende a calare il tempo dello stadio 4 e ad aumentare quello del sonno REM.
  • Giovani: hanno un andamento simile.
  • Anziano: nell’anziano sono presenti pochi stadi di sonno di tipo 4, molti risvegli e periodi di REM brevi.

 

I segnali che regolano lo stato di sonno e veglia arrivano dalle regioni più profonde del cervello: la sostanza reticolare attivatrice (segnali di veglia). Questi segnali agiscono anche sui gamma motoneuroni mantenendo alto il tono muscolare. Queste regioni sono a loro volta stimolate dalle cellule sensitive. L’attivazione della sostanza reticolare inibitrice causa invece scarsa attenzione, sonnolenza, e sonno. La sostanza reticolare attivatrice ha come messaggero la noradrenalina mentre quella inibitrice la serotonina.


Lezione 03/05/04

Regolazione della vita vegetativa

Per “vita vegetativa” si intendono le funzioni vitali (respirazione, circolazione del sangue, digestione...)

Sovrintende anche alla:

  • Assunzione di cibo.
  • Assunzione di acqua.
  • Termoregolazione

 

I centri che regolano la vita vegetativa sono localizzati nel bulbo (zona basale dell’encefalo), nel ponte (sopra al bulbo) e nell’ipotalamo (sopra il ponte).

Nell’ipotalamo esistono 2 centri (2 nel lobo destro e due nel sinistro) che regolano l’assunzione del cibo:

  • Centro della fame: se non funziona si ha anoressia fino alla morte di fame. E’ stimolato dall’esercizio fisico e dall’ormone GH. Le anfetamine agiscono su questo centro inibiendolo.
  • Centro della sazietà: se non funziona si ha bulimia e obesità. Riceve i valori della glicemia nel sangue e se sono oltre certi livelli inibisce il centro della fame. Un altro stimolo è costituito dall’entità dei depositi di lipidi e dagli stimoli meccanici della distensione delle pareti del sistema digerente. Negli umani è anche influenzato da stimoli psichici.

 

Sempre nell’ipotalamo esistono 2+2 centri della sete sensibili alla pressione osmotica dei liquidi del corpo (quantità di sali / acqua). Se la concentrazione di sali è troppo alta si ha uno stimolo ad assumere liquidi (sete) e produzione di ormone ADH che si oppone all’eliminazione di liquidi (urine molto concentrate). Se si è bevuto troppo, la pressione osmotica diminuisce, viene prodotto poco ADH e l’urina è molto acquosa.

Termoregolazione: il centro per la termoregolazione si trova ancora nell’ipotalamo. I mammiferi sono animali omeotermi il cui organismo cerca di mantenere costante la temperatura corporea (36° - 36,5°C nell’uomo) per favorire il funzionamento corretto dell’organismo stesso. Se la temperatura è troppo bassa si ha:

  • Vasocostrizione cutanea per impedire la dissipazione di calore attraverso la cute. Se questo non è sufficiente:
  • aumento dell’attività muscolare involontaria (brividi) e
  • aumento dell’attività muscolare volontaria (camminata, battere i piedi...). Se ancora non è sufficiente, dopo alcune ore di temperatura troppo bassa:
  • aumento del metabolismo cellulare e stimolo al centro della fame.

 

Se la temperatura invece si alza:

  • Vasodilatazione cutanea per far funzionare la pelle da radiatore.
  • Diminuzione dell’attività muscolare (sensazione di spossatezza)
  • Diminuzione del metabolismo cellulare
  • Sudorazione

 

Ci sono due casi in cui il centro della termoregolazione consente o stimola un innalzamento della temperatura:

  • Esercizio fisico: i muscoli funzionano meglio se più caldi, gli stimoli nervosi sono più rapidi. Dal punto di vista del trasporto dell’ossigeno, è favorita la cessione di ossigeno a muscoli (spostamento della curva di dissociazione dell’emoglobina) ma è meno facile l’assunzione di ossigeno dall’aria alveolare.
  • Febbre: la temperatura più alta favorisce l’aumento dell’attività dei linfociti che producono gli anticorpi.

 

Sistema Nervoso Autonomo (SNA)

Regola le funzioni di diversi organi ed apparati e organi senza il controllo della volontà (cuore, respirazione, digestione). In generale, in condizioni di riposo prevale il sistema parasimpatico e se il corpo compie esercizio fisico o la persona è stressata prevale l’ortosimpatico.

  • Parasimpatico: i corpi delle cellule nervose sono nel ponte e nel bulbo e nelle vertebre sacrali. Per questo è detto anche sistema cerebrosacrale. Il corpo si trova nelle zone scritte sopra e da qui parte un assone molto lungo che arriva fino all’organo interessato dove c’è una sinapsi con un’altra cellula da cui parte un assone cortissimo già nell’organo. Il mediatore chimico di questo sistema è, con poche eccezioni, l’acetilcolina sia dalla prima cellula alla seconda che dalla seconda all’organo.
  • Ortosimpatico: i corpi sono localizzati nella colonna vertebrale da T1 a L3 e si chiama anche toracolombare. Dal corpo cellulare parte un assone corto che ha quasi subito una sinapsi con un’altra cellula che ha invece un assone molto lungo. La 1° sinapsi si trova in una catena di gangli che corrono paralleli al midollo spinale. Il mediatore chimico è l’acetilcolina dalla prima alla seconda cellula e la noradrenalina dalla seconda all’organo. Con poche eccezioni. Questo sistema innerva anche le ghiandole midollari del surreno che liberano adrenalina che, andando in circolo, ha effetto stimolante sull’intero organismo.

 

In generale i sistemi para e ortosimpatico hanno effetti antagonisti:

  • Il sistema ortosimpatico è eccitatorio su cuore e vasi e inibitorio su pupilla, muscolatura dei bronchi e sul sistema digerente.
  • Il sistema parasimpatico è il contrario.

 

Questo è il motivo per cui fare esercizio fisico intenso dopo un pasto abbondante può dare dei problemi. Il nervo vago (sistema parasimpatico) infatti innerva sia il cuore con effetto inibitorio che il sistema digerente con effetto eccitatorio. Nel caso di esercizio fisico e digestione sia il cuore che il sistema digerente devono essere stimolati.

Sistema digerente

Lo scopo del sistema digerente è l’assunzione di alimenti e la loro scomposizione in molecole utilizzabili dalle cellule. Gli alimenti sono composti da polimeri (macromolecole). Tutto questo si svolge nelle seguenti fasi:

  • Digestione (scomposizione da polimeri in molecole semplici).
  • Assorbimento (passaggio delle sostanze nutritive dal tubo digerente al sangue).
  • Motilità: movimenti del sistema digerente e delle sostanze al suo interno.

 

Al sistema digerente sono annesse ghiandole che producono enzimi digestivi (ghiandole salivarie, fegato, pancreas, ghiandole della parete del tubo digerente: stomaco e intestino tenue).

  • Bocca: la masticazione ha lo scopo di scomporre il cibo in parti più piccole. La lingua impasta il cibo con la saliva formando il bolo alimentare. Le ghiandole salivarie, situate in prossimità dell’orecchio (parotidi), sottomandibolari e sottolinguari secernono saliva (1 – 1,5l/giorno) che contiene acqua, amilasi salivare (ptialina) e muco. La ptialina inizia la digestione degli amidi (polimeri di glucosio) scindendoli in molecole più piccole. Gli amidi sono costituiti da molecole concatenate linearmente (amilosio) e ramificate (amilopectina). La ptialina non è in grado di scindere l’amilopectina (ma altre sostanze presenti nel sistema digerente si) ma solo l’amiloso. Per questo motivo gli amidi vanno cotti: l’acqua ed il calore spezzano le catene di amilopectina rendendo gli amidi più facilmente digeribili.

 

Amidi crudi amidi cotti

 

La saliva contiene anche bicarbonato di sodio che si lega agli acidi presenti negli alimenti che se no scioglierebbero il carbonato di calcio di cui sono costituiti i denti. La secrezione salivare è involontaria e avviene secondo 2 riflessi che non sono spinali visto che non passano dalla colonna vertebrale:

      • Innato: il gusto del cibo stimola il centro salivatorio presente nel bulbo che attraverso il sistema parasimpatico eccita le ghiandole salivarie.
      • Condizionato: (pavloviano). L’encefalo associa la vista o anche solo il penisero del cibo con il suo gusto eccitando le ghiandole salivarie.

 

Nella saliva è presente muco costituito da mucina che invischia il bolo perché possa essere compatto e scivoloso.

  • Esofago: è il condotto che va dalla laringe allo stomaco. Siccome incrocia le vie respiratorie, al fine di far sì che il cibo prenda la strada dell’esofago e non della trachea, è necessario il processo di deglutizione: l’epiglottide deve chiudere la trachea e il respiro si deve arrestare mentre si deve aprire lo sfintere esofageo superiore. Nell’esofago sono presenti i movimenti peristaltici che consistono nella contrazione della muscolatura liscia a monte del bolo assieme al rilasciamento di quella a valle al fine di spingere il bolo verso valle. Il bolo arriva infine allo sfintere esofageo inferiore o cardias e di qui entra nello stomaco.
  • Stomaco: il cibo vi permane per un tempo più o meno lungo secondo la sua composizione a quantità. Il glucidi sono i più veloci e vi permangono per 1-1,5h. Le proteine per un tempo medio e i grassi per un tempo lungo >4h. Nel sistema digerente si trova muscolatura liscia regolata dal SNA. Nello stomaco il bolo alimentare si mescola al succo gastrico secreto dalle ghiandole della parete dello stomaco. Il succo gastrico contiene un enzima proteolitico (che scompone le proteine) detto pepsina che riduce le catene proteiche in catene di 10 – 12 molecole di aminoacidi. Il succo gastrico contiene anche acido cloridrico (HCl) che ha la funzione di attivare e di permettere il funzionamento della pepsina. Se infatti quest’ultima fosse già in forma attiva distruggerebbe le cellule stesse che la secernono. Le cellule producono quindi pepsinogeno che, a contatto con l’HCl diventa pepsina. La pepsina poi funziona soltanto in ambiente acido e quello dello stomaco, grazie all’HCl ha Ph 2-3. Un’altra funzione dell’HCl è quella di sterilizzare gli alimenti uccidendo i microorganismi che contengono. I succhi gastrici contengono anche muco che si dispone sulle pareti dello stomaco proteggendole dall’autodigestione che se no avverrebbe a causa della pepsina e dell’HCl. L’ultimo componente dei succhi gastici è il fattore intrinseco.

Nello stomaco arriva il bolo che si mescola con il succo gastrico, il Ph acido blocca subito l’attività della ptialina e inizia la digestione delle proteine.


Lezione 10/05/04

Motilità dello stomaco: nella parete dello stomaco è presente muscolatura liscia (involontaria), molto abbondante nell’antro pilorico (sezione che precede l’intestino tenue). Nella parte superiore dello stomaco, i movimenti dati dalla muscolatura liscia favoriscono il mescolamento del contenuto con il succo gastrico, nella parte inferiore, i movimenti sono più energici e tali da macinare il contenuto rendendolo liquido e pronto per essere immesso nell’intestino tenue. Quando il contenuto dello stomaco è pronto per essere immesso nell’intestino, si apre lo sfintere pilorico e ad ogni apertura di esso si ha il passaggio di un certo quantitativo di chimo acido nell’intestino. Il funzionamento dello stomaco è regolato secondo le necessità dei cibi ingeriti: se infatti si mangiano carboidrati non conditi, la digestione è molto più rapida che non per cibi ricchi di lipidi. I meccanismi di regolazione dell’attività gastrica sono riflessi su base nervosa e umorali (ormonali). I due meccanismi collaborano.

  • Parte nervosa: la presenza di cibo nella bocca manda segnali al bulbo (midollo allungato) da cui parte il nervo vago (sistema parasimpatico) che stimola la produzione di succo gastrico e la motilità dello stomaco. Quando il cibo transita nello stomaco, le fibre afferenti, sempre del nervo vago, portano segnali al bulbo che stimola la motilità gastrica attraverso le fibre efferenti dello stesso nervo.
  • Parte ormonale: nello stomaco sono presenti delle cellule “G”, produttrici dell’ormone gastrina che non entra direttamente nello stomaco, ma va nel circolo sanguigno e di qui va a colpire lo stomaco con un’azione stimolatrice. I segnali di tipo inibitorio arrivano invece dall’intestino tenue al cui ingresso si trovano delle cellule che, stimolate dall’acido e dai lipidi presenti nel chimo, secernono l’ormone secretina che, entrando nel circolo sanguigno, arriva allo stomaco inibendolo e rallentandone l’attività in modo che all’intestino non arrivi più sostanza di quella opportuna per la lenta digestione dei lipidi.

 

Intestino tenue

Il primo tratto dell’intestino tenue è il duodeno. Annesse all’intestino ci sono due ghiandole indispensabili: il fegato ed il pancreas. Il fegato produce la bile, il pancreas il succo pancreatico. La bile è l’unico liquido presente nel sistema digerente che non contiene enzimi, ma solo acidi biliari “che le conferiscono il caratteristico gusto amaro”, i pigmenti biliari che la colorano di verde – giallo e bicarbonato di sodio (Na+HCO3-). Gli acidi biliari servono ad emulsionare le gocce lipidiche rendendole più piccole, con maggiore superficie di contatto verso l’esterno, più facili da digerire. La lipasi pancreatica è l’enzima, presente nei succhi pancreatici, che digerisce i lipidi. Le goccioline emulsionate di lipidi si chiamano micelle. I pigmenti biliari non servono per la digestione ma sono dei succhi che finiscono nell’intestino crasso per essere espulsi essendo sostanze di scarto. La parte che ne viene assorbita dall’intestino tenue finisce nel circolo sanguigno ed è poi espulsa nell’urina (che da essi prende il colore giallo) dai reni. Anche il colore delle feci deriva dalla presenza dei pigmenti biliari. I pigmenti sono il risultato della degradazione dell’emoglobina dei globuli rossi riassorbiti: il ferro viene recuperato ed il resto smaltito. La bile si accumula nella cisti fellea (colecisti) e si riversa nell’intestino quando necessario. Se si formano dei calcoli nel dotto coledoco (cisti fellea -> intestino) si hanno spasmi dolorosi della muscolatura liscia della cisti fellea: coliche epatiche e l’organismo non è più in grado di espellere le sostanze tossiche che entrano nel circolo sanguigno provocando l’ittero caratterizzato dalla pigmentazione gialla della pelle. Queste sostanze sono tossiche per le cellule nervose e, se in quantità eccessive, possono portare al coma. Il bicarbonato di sodio serve per tamponare le sostanze acide che arrivano dallo stomaco, l’HCl infatti non deve danneggiare le pareti intestinali che, a differenza di quelle gastriche, sono poco protette dal muco. Anche il succo pancreatico contiene bicarbonato di sodio. Il succo pancreatico è quello, tra tutti, più ricco di enzimi, tutti quelli necessari a digerire ogni tipo di alimenti (tranne la cellulosa che non siamo in grado di digerire):

  • Lipasi pancreatica per i lipidi.
  • Amilasi pancreatica per gli amidi.
  • Proteasi pancreatica per le proteine:
    • Tripsina e chimotripsina che funzionano come la pepsina, ma in ambiente a Ph neutro.
  • Desossinucleasi per digerire il DNA
  • Desossiribonucleasi per digerire l’RNA.

 

La produzione di bile e succo pancreatico sono entrambe regolate da ormoni. Il chimo contiene essenzialmente HCl e lipidi, occorrono quindi principalmente bicarbonato e lipasi pancreatica. La produzione di bicarbonato è stimolata dalla stessa secretina che inibisce l’attività gastrica. La produzione di lipasi pancreatica è stimolata dalla colecistochinina (CCK) che viene secreta in presenza di lipidi. Questo ormone stimola la produzione di tutti gli enzimi pancreatici e della bile.

Motilità intestinale: le pareti intestinali sono composte da 4 strati, dall’esterno verso l’interno:

  1. Muscolatura liscia orientata in senso longitudinale.
  2. Muscolatura liscia orientata in senso trasversale (circolare, a spirale).
  3. Strato connettivo contenente vasi sanguigni, linfatici e fibre nervose.
  4. Mucosa intestinale in cui sono presenti i villi che hanno lo scopo di aumentare la superficie intestinale (300 – 350 m2 in un adulto).

 

La motilità è dovuta alla muscolatura liscia e al controllo delle fibre nervose che connettono le varie parti dell’intestino.

Movimenti intestinali:

  • Peristalsi: contrazione delle fibre muscolari a monte e dilatazione a valle del contenuto da spostare. Scopo: spostamento del contenuto.
  • Segmentazione: interessa dei segmenti, alcuni contratti, altri rilasciati che si alternano. Nel momento successivo quelli rilasciati si contraggono e viceversa. Scopo: rimescolamento.
  • Movimenti pendolari: sono una via di mezzo tra i due precedenti: il segmento contratto si muove e onde che vanno e vengono per circa 10 cm.
  • Contrazione dei villi: contengono muscolo liscio che li fa contrarre in maniera telescopica. Scopo: rimescolamento. I villi sono lunghi ca 1mm e sulla loro superficie sono presente dei microvilli, anche loro contrattili, che misurano circa 1 micrometro (1/1000 mm).

 

Assorbimento intestinale: è lo scopo della digestione, passare le sostanze nutritive nel circolo sanguigno.

  • Amidi:
    • Amilosio: dopo la digestione da parte dell’amilasi pancreatica, gli amidi si trovano sotto forma di maltosio (2 molecole di glucosio) che, scisse dalla maltasi diventano molecole di glucosio che possono entrare in circolo dove poi vengono utilizzate o immagazzinate sotto forma di glicogeno nel fegato e nei muscoli.
      • Saccarosio (zucchero da tavola): 1 molecola di glucosio legata ad una di fruttosio. L’enzima è la saccarasi.
    • Amilopectina: occorre scindere le molecole di glucosio ramificate (destrine) in molecole semplici. La scissione avviene grazie alla destrinasi.

Tutti questi enzimi sono prodotti dalle cellule dell’epitelio intestinale.

  • Proteine: scissione dei legami tra i diversi aminoacidi. Inizia a farlo la pepsina nello stomaco. La tripsina e la chimotripsina proseguono nell’intestino arrivando alla scomposizione in singoli aminoacidi che possono essere assorbiti.
  • Lipidi: tutta la loro digestione avviene nell’intestino da parte degli acidi biliari e della lipasi pancreatica. I lipidi si trasformano in glicerolo + acidi grassi.

L’intestino assorbe inoltre acqua, sali minerali e vitamine. I prodotti di rifiuti passano, attraverso i movimenti peristaltici, nell’intestino crasso o colon, dove viene ancora assorbita dell’acqua, e poi espulsi (feci). Tra l’intestino tenue ed il crasso c’è la valvola  ileo (intestino tenue) cecale (intestino crasso), che ha la funzione di tenere sterile l’intestino tenue che ha pareti molto sottili ed il cui contenuto è stato sterilizzato dall’HCl presente nello stomaco. Nell’intestino crasso si trova la flora intestinale ed il suo contenuto non è sterile.

Aspetti generali del metabolismo

Il metabolismo è l’insieme dei processi energetici che trasformano gli alimenti per ricavarne energia o materiale di costruzione per nuova materia organica.

  • Catabolismo: tasforma gli alimenti in energia
  • Anabolismo: trasforma gli alimenti in materia organica

 

Il metabolismo può essere misurato attraverso metodi:

  • Diretti: misurano il dispendio energetico misurando il calore prodotto da una persona. Calorimetria diretta: si pone un individuo all’interno di una camera stagna in cui si immette O2 e si preleva CO2 e si misura il calore che produca. Metodo in disuso.
  • Indiretti: utilizzando un parametro correlato al metabolismo, ad esempio il consumo di ossigeno. 1l di ossigeno consumato corrisponde a n calorie.

 

Metabolismo:

  • Basale: quello occorrente a mantenere le funzioni vitali di un individuo a riposo. Nel corso della sua misurazione l’individuo dev’essere a riposo e da un certo numero di ore perché non paghi eventuali debiti di ossigeno. Deve essere a digiuno da almeno 12 ore perché la digestione fa consumare calorie extra. Deve inoltre essere a riposo psichico e in condizione di “neutralità termica”: non deve sentire né caldo né freddo, se no queste sensazioni altererebbero il metabolismo. Il valore del metabolismo basale dipende da età e sesso. Nel neonato è circa 2 volte rispetto all’adulto. Durante la crescita rallenta tranne un lieve picco nel corso della pubertà. Fino ai 40 anni poi rimane costante per poi discendere. I maschi hanno in media il 10% di metabolismo basale più delle femmine. Gli obesi, ben nutriti, hanno un metabolismo più alto delle persone che controllano la loro alimentazione: questo è il motivo del buon successo iniziale di tutte le diete. In media, il metabolismo basale di una persona di media corporatura va dalle 1.700 – 2.000 kcal / giorno.
  • Di funzione: si somma al metabolismo basale quando si compiono attività. Un sedentario ha + 200 – 300 kcal /giorno. Un campione di ciclismo nel corso di una tappa di montagna anche 10.000 – 12.000 kcal!!!

 

Potere calorico dei cibi: è stato misurato bruciando dei cibi in una camera stagna (calorimetria diretta) e misurando il calore prodotto.

  • Glucidi: ~ 4,50 kcal / g
  • Proteine: ~ 5 kcal / g
  • Lipidi: ~ 9 kcal / g.

 

Metabolismo basale: il 67% del fabbisogno calorico proviene dagli acidi grassi ed il 33% dal glucosio. Le cellule nervose sono in grado di utilizzare solo glucosio.


Lezione 17/05/04

Il Rene

Le funzioni del rene sono:

  • Depurazione del sangue (plasma) che viene filtrato eliminando le sostanze tossiche: urea (catabolita degli aminoacidi), farmaci... trattenendo le sostanze utili (acqua, glucosio,...)
  • Mantenimento dell’equilibrio idrico – salino per il mantenimento della pressione osmotica regolando la concentrazione dell’urina.
  • Mantenimento del pH del sangue.
  • Mantenimento dei valori normali di pressione arteriosa attraverso la secrezione di renina e la regolazione della quantità di acqua nel sangue.
  • Produzione di vitamina D per fissare il calcio nelle ossa.

 

Anatomia del rene:

  • Parte esterna: corticale
  • Parte interna midollare
  • Nella parte concava confluiscono i condotti che raccolgono l’urina.
  • Lobi che formano degli spicchi al cui interno si trovano i dotti collettori che, uniti in un fascio, formano le piramidi di Malpighi.
  • Bacinetto renale in cui confluiscono i dotti e da cui origina l’uretere che porta alla vescica da cui esce poi l’uretra. La vescica è costituita di muscolatura liscia che si contrae autonomamente raggiunto un certo stiramento. Capacità della vescica 1,5l circa.
  • L’arteria renale porta il sangue da filtrare al rene e origina dall’aorta addominale.
  • La vena renale porta il sangue filtrato in circolazione.
  • Un circolo capillare per la filtrazione.
  • Un circolo capillare, in serie al 1° per i normali scambi respiratori.

 

Funzionamento:

L’unità costitutiva del rene è il nefrone. I reni di un adulto ne contengono circa 1.000.000. I nefroni hanno un filtro formato dal corpuscolo di Malpighi a sua volta formato da una parte circolatoria, il glomerulo renale che è una matassa di capillari attorno a cui si avvolge una struttura di cellule epiteliali: la capsula di Bowman da cui origina il tubulo contorto prossimale cui seguono 2 tratti di tubulo rettilineo il primo dei quali scende nella parte midollare e il secondo che risale nella parte corticale in cui c’è l’ansa di Henle con la sua parte discendente e ascendente. Dopo la parte ascendente origina il tubulo contorto distale che si unisce ad altri a formare il tubulo collettore. L’arteriola afferente porta il sangue al gromerulo dopo i cui capillari si trova l’arteriola efferente. Il glomerulo filtra il sangue. Intorno al tubulo contorto prossimale c’è il 2° circolo capillare che serve anche all’apporto di ossigeno ai tessuti del rene. In alcuni casi il sangue che esce dal glomerulo finisce nei vasi dritti che si trovano attorno alle anse di Henle.

Fisiologia del nefrone:

  • Filtrazione del plasma nei capillari del glomerulo e la capsula di Bowman. A differenza che in tutti gli altri capillari in cui il sangue si trova ad una pressione di 32mm Hg che, sottratta alla pressione osmotica di 25 mm Hg dà una pressione residua di 25 mm Hg, nei capillari del glomerulo la pressione del sangue è a 60 mm Hg che, sottratta a quella osmotica, dà 35 mm Hg. Anche alla fine del capillare la pressione del sangue non scende mai sotto quella osmotica, pertanto, in questi capillari, non si ha mai assorbimento ma solo filtrazione. La pressione nei capillari del glomerulo è maggiore che negli altri perché prima di essi non si trova lo sfintere precapillare che è la parte che la riduce. La venula che segue il capillare, inoltre, ha un calibro minore dell’arteriola che lo precede, creando così una resistenza a valle che aumenta la pressione a monte. Dal capillare filtrano sostanze con peso molecolare < 65.000 – 70.000 (acqua, sali minerali, glucosio, aminoacidi, acidi grassi liberi, pigmenti biliari, creatinina, urea) e non albumina e le altre proteine, emoglobina perché è contenuta nei globuli rossi. La filtrazione di tutti i glomeruli è pari a circa 125 ml /min = 180 l / giorno. In liquido che fuoriesce si chiama ultrafiltrato. Siccome produciamo meno di 1,8l di urina al giorno, la maggior parte dell’ultrafiltrato (oltre il 99%) verrà recuperato dai tubuli (acqua e altre sostanze).

Sostanza

Concentraz. plasma

Concentraz. urina

 

 

 

Sodio

150

90

Urea

15

900

Creatinina

1

150

  • Funzioni tubulari: il glucosio viene recuperato dal tubulo e torna in circolo attraverso i capillari peritubulari. In caso di diabete mellito rimane del glucosio nelle urine (glicosuria) perché i carrier delle cellule del tubulo prossimale non sono sufficienti a trasportarlo tutto. Normalmente la glicemia è 100 mg / ml. I carrier sono in grado di smaltirne fino a concentrazioni di 180 mg / ml, oltre rimane glucosio nelle urine. Le sostanze la cui concentrazione nelle urine è maggiore di quella del plasma vanno incontro al processo di secrezione. Nel tubulo ci sono quindi dei carrier che prelevano queste sostanze (farmaci, creatinina, urea...) dal sangue presente nei capillari peritubulari. La maggior parte dei processi di assorbimento e secrezione avvengono nella prima metà del tubulo contorto prossimale, il resto del tubulo serve principalmente a mantenere l’equilibrio idrico. Dai glomeruli filtra 100 volte l’acqua eliminata con le urine.
    • Riassorbimento idrico:
      • Obbligatorio (avviene sempre, indipendentemente dalla sudorazione e dall’acqua ingerita). Questa parte avviene nel tubulo contorto prossimale e nell’ansa di Henle. Le sostanze assorbite (glucosio, aminoacidi, sali) trascinano con sé anche acqua per osmosi (67% di quella filtrata dai glomeruli). Il 10% dell’acqua filtrata viene riassorbita dall’ansa di Henle.
      • Facoltativo: avviene attraverso il tubulo contorto distale ed il tubulo collettore ed è regolata dalla quantità di ormone ADH che agisce sulle pareti dei tubuli promuovendo il riassorbimento dell’acqua. In presenza di ADH si può arrivare a produrre anche solo 0,5l di urina al giorno (se si beve molto poco o si suda molto).
      • Diabete:
        • Mellito: il glucosio, per osmosi, trattiene l’acqua impedendo l’assorbimento.
        • Insipido: in assenza o ridotta quantità di ADH, fattore che impedisce l’assorbimento facoltativo.

Ruolo del rene nel tamponamento del valore di pH nel sangue che deve rimanere a 7,38:

Il bicarbonato HCO3- tampona l’acidità del sangue. Gli ioni di bicarbonato sono piccoli e ultrafiltrano, quindi devono essere riassorbiti, le cellule dei tubuli contorti sono poi in grado di produrre ioni di bicarbonato utilizzando l’acqua e l’anidride carbonica presente nel plasma acidificando le urine che, infatti, hanno un pH attorno a 5: H20 + CO2 = HCO3 + H, eliminato con le urine).

 

Appunti di Luca Asberto

 

http://www.asberto.net/Anno%202/Fisiologia%20umana.doc

 

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