Effetto serra definizione cause conseguenze

 

 

 

Effetto serra definizione cause conseguenze

 

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Effetto serra

È un fenomeno climatico di riscaldamento degli strati inferiori dell’ atmosfera terrestre,causato dall’ assorbimento da parte di alcuni gas della radiazione infrarossa emessa dalla Terra.


Il fenomeno dell’ intrappolamento del caldo,è causato dalle molecole che si trovano nell’aria.Ce ne sono di due tipi:
1)trasparenti:fanno passare indisturbata la radiazione solare.
2)opache:trattengono e assorbono le radiazioni termiche e il calore.
L’ effetto serra riveste un’ importanza fondamentale per gli organismi viventi,perché limita la dispersione del calore e determina il mantenimento di una temperatura costante della Terra.Negli ultimi anni questo effetto è aumentato a causa dell’ immissione di grosse quantità di gas serra in atmosfera da parte dell’uomo.
A provocare l’effetto serra sono:l’ anidride carbonica,il metano,l’ ossido di azoto,gas la cui concentrazione aumenta per una serie di cause tutte legate ad attività umane.Gran parte della responsabilità va addebitata alla produzione di energia a partire dai combustibili fossili.Il principale “gas serra”proviene dalla combustione di carbone,petrolio e metano.Le attività delle centrali termoelettriche,dei fumi delle industrie,degli scarichi delle automobili aumentano la produzione di questo gas.Oltre alla metà di emissioni di anidride carbonica e degli altri “gas serra” viene dai paesi industrializzati.la Terra non ha mai avuto costanza di clima ma ha alternato periodi in cui la temperatura era superiore a quella attuale,a periodi in cui era inferiore.In questo ultimo secolo,l’ intensa attività produttiva umana ha però provocato un aumento della concentrazione dei “gas serra” nell’atmosfera.Le cause sono,oltre a quelle già elencate prima un aumento di produzione di energia e la progressiva distruzione delle foreste.Altri dati ci danno un’ indicazione delle variazioni intervenute nell’ultimo secolo:dalla rivoluzione industriale ad oggi la concentrazione di anidride carbonica nell’ atmosfera è aumentata del 30%;nello stesso periodo la concentrazione di metano emessa principalmente dalle risaie e dall’allevamento,è cresciuto del 145%.    
L’ anidride carbonica aumenta l’effetto serra e quindi la temperatura,perciò negli ultimi dieci anni l’ evaporazione dell’acqua degli oceani è aumentata quindi aumenta il vapore in atmosfera che incrementa ulteriormente l’effetto serra.
Se le emissioni dei “gas serra” proseguiranno ai ritmi attuali,dovremo attenderci nei prossimi decenni un riscaldamento globale del pianeta compreso tra 1 e 3,5°.Se la concentrazione di “gas serra”continua ad aumentare ai ritmi degli ultimi decenni,c’è il rischio che si inneschi un rapido riscaldamento del clima terrestre,poiché la capacità dell’ atmosfera di trattenere il calore sulla Terra diventa sempre maggiore.

Gli effetti:
Innalzamento del livello dei mari
Il riscaldamento provoca lo scioglimento dei ghiacciai e l’espansione degli oceani con un innalzamento prevedibile del livello dei mari dai 15 ai 95cm.Regioni come Florida,costiera giapponese,delta del Po,Egitto,Atene,Boston,Tokyo,Amsterdam,Londra,Venezia o Trieste potrebbero venire parzialmente sommerse.

Alterazioni climatiche
I periodi di siccità si moltiplicherebbero e vaste aree intensamente coltivate che oggi forniscono cibo a tutto il mondo,potrebbero diventare zone aride e non coltivabili.Inoltre le praterie africane verrebbero colpite dalla siccità con un’ accelerazione della desertificazione.

Effetti sanitari sugli uomini,sulle piante e sull’ ambiente
Con l’aumentare dell’ effetto serra aumenterà anche l’ incidenza e la diffusione di malattie tropicali.
Le radiazioni ultraviolette emesse dal Sole sono causa di:
_rischio di tumori cutanei e di malattie degli occhi.
_diminuzione delle difese immunitarie.
_riduzione della fotosintesi e danneggiamento del DNA degli esseri viventi.
_riduzione della produzione di fitoplacton.

Riduzione delle specie animali
Il surriscaldamento accelererebbe l’ estinzione di migliaia di specie animali e vegetali.Lo scioglimento dei ghiacciai potrebbe distruggere interi ecosistemi.Le specie più a rischio sono gli orsi polari,i pinguini,i salmoni,le foche,le tigri o ambienti come le barriere coralline.
Ci sarebbe una crescente tropicalizzazione di mari temperati dove la fauna e la flora autoctone verrebbero progressivamente soppiantate da specie provenienti dai mari del sud.

I rimedi

Pianta e fai piantare nuovi alberi
Gli alberi infatti fanno diminuire di continuo l’anidride carbonica presente nell’aria.Così ogni albero “cattura”quando è in fase di crescita circa 6 Kg di anidride carbonica all’anno.
Scegli il mezzo pubblico
Quando usi l’automobile contribuisci alle emissioni di “gas serra”.Usa quindi più mezzi pubblici per arrestare l’effetto serra e vivere in città meno inquinate.

Marca a stretto i politici
Verifica quali impegni ha preso questo o quel candidato,questo o quel partito per combattere l’ inquinamento.

Scegli elettrodomestici meno energivori
Usa elettrodomestici che consumano il 30/40% di energia in meno rispetto a quelli tradizionali e usa lampade fluorescenti.

Il protocollo di kyoto
Un primo tentativo di limitare l’alterazione climatica indotta dall’uomo è il protocollo di Kyoto al quale alcuni paesi come gli Stati Uniti hanno deciso di non aderire,inizialmente citando studi in cui si metteva in dubbiosa responsabilità delle attività antropiche,poi nel 2005,sostenendo che l’ economia americana non sarebbe pronta ad effettuare la transazione verso minore impatto ambientale.

Fonte: http://www.salvaguardiadelcreatobg.it/effetto_serra.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

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L’Effetto Serra tra timori e fandonie

Di Antonio Gaspari

Sarà colpa del nuovo millennio che inizia, o forse il fascino intrigante delle storie morbose e catastrofiche, sta di fatto che da un pò di anni a questa parte, molti tra i dirigenti politici, illustri riviste scientifiche, funzionari e dipartimenti di istituzioni internazionali, sostengono che ogni attività umana in cui c’è combustione, genera anidride carbonica e gas-serra che contribuirebbero alla distruzione della civilizzazione, dell’ambiente e naturale e della vita umana.
Il Vice-presidente e candidato presidenziale Al Gore convinto sostenitore della teoria del riscaldamento globale ha affermato che la produzione umana di gas serra  è «il problema più serio che l’umanità deve affrontare ». Dello stesso parere l’ex Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton che ha dichiarato: «Dobbiamo fermare il riscaldamento globale. É una minaccia alla nostra salute, al nostro ambiente naturale e alla nostra economia. Il problema riguarda ogni settore dell’economia ».
In questo contesto la teoria del riscaldamento globale è diventata la mamma di tutte le calamità. Dal semplice innalzamento della temperatura si è passati agli sconvolgimenti climatici su scala planetaria.  A questo proposito un giornalista che si occupa di scienza ha scritto: «Migliaia di morti dovuti alle eccessive ondate di calore, maremoti ed uragani (come il ciclone Mitch in Centro America), segnalazioni di malattie tropicali ad alte latitudini (malaria a New York e in Canadà, dengue in Argentina e Australia) drastici mutamenti degli ecosistemi dei poli (scioglimento dei ghiacciai) e degli oceani (innalzamento del livello dell’acqua e mutamenti nella distribuzione della fauna marina): sono solo alcuni segnali di una possibile “catastrofe annunciata” » .
La descrizione dello scenario più catastrofico spetta a Ross Gelbspan, giornalista scientifico americano, il quale ha scritto: «Verso la fine dell’estate del 1995, seduto sulla veranda un pò cadente sul retro della casa appena fuori Boston, mi resi conto che il cambiamento climatico incombe:... tra la mia veranda e il lontano confine dell’atmosfera il diossido di carbonio sollevato dal flusso incessante dei fumi di petrolio e carbone aumenta incessantemente. Ancora più in alto il vapore acqueo continua ad accumularsi in silenzio, amplificando il riscaldamento della Terra ... L’oceano Atlantico cresce ad una velocità senza precedenti nella storia dell’uomo, quasi 2,5 millimetri l’anno..., gli abitanti delle montagne del Ruanda e del Kenya soffrono di malaria e di febbre gialla, portate da zanzare che in tempi recenti hanno abbandonato i livelli più bassi di quelle regioni ».
Secondo Gelbspan, il riscaldamento globale minaccia addirittura le basi della democrazia. «I cambiamenti climatici ed i loro effetti di ritorno - ha scritto il giornalista americano- riuscirebbero a sopraffare le fondamenta della democrazia e potrebbero altresì significare un ritorno alla vetusta piaga del totalitarismo ».
Siamo ovviamente di fronte a delle esagerazioni. Ipotesi che vanno bel al di là dell’immaginazione più catastrofica. Eppure, quando profetizzano queste immani calamità, i fautori del riscaldamento globale sembrano terribilmente seri. 

Origine e sviluppo della teoria del riscaldamento globale
Più di cento anni fa, un professore svedese Svante Arrhenius pubblicò il primo scritto in cui si ipotizzava che l’aumento dell'anidride carbonica nell’atmosfera avrebbe potuto far innalzare la temperatura terrestre. Arrhenius calcolò manualmente che se la concentrazione di CO2  fosse cresciuta del 50%, come conseguenza la temperatura sarebbe salita di 4,1 gradi centigradi (C°)  sulla terra e 3,3 negli oceani . Il professore svedese era convinto che tale aumento della temperatura  sarebbe stato benefico soprattutto per i Paesi nordici .
Da Allora c’è chi ha predetto che la CO2 avrebbe favorito il caldo e chi il freddo. Entrambe le posizioni sono risultate errate. Nonostante tanti anni di studi è l’enorme bibliografia sull’argomento, non è ancora chiaro se e come la CO2  prodotta dalle attività umane influisce sulla temperatura e sugli eventuali cambiamenti climatici.
Bisogna anche precisare le parole utilizzate, perché nell'immaginario popolare si è creata una gran confusione tanto da confondere “l’effetto serra” con la teoria del “riscaldamento globale.
Tutti gli studiosi del clima sono d’accordo nel sostenere che noi viviamo grazie all’effetto serra. Se l’atmosfera non trattenesse il calore che arriva dal sole la temperatura media globale sulla terra sarebbe di -18 C°, al posto degli attuali 15 C°.  Con una temperatura media di  -18 C°, la maggior parte delle forme di vita inclusa quella umana non potrebbe sopravvivere . Senza atmosfera i raggi del sole una volta colpita la terra rimbalzerebbero nello spazio. La capacità dell’atmosfera di trattenere i caldi raggi di luce si chiama appunto “effetto serra”. Tra i gas che compongono l’atmosfera e che sono indicati come quelli in grado di trattenere il calore, il più importante è il vapore acqueo che contribuisce per il 98% all’effetto serra. Ci sono poi l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) i clorofluorocarburi (CFC) ed il protossido di azoto (N2O). Dall’inizio della rivoluzione industriale che ha utilizzato in maniera sempre più massiccia i combustibili fossili (carbone e petrolio) l’attenzione degli studiosi si è concentrata soprattutto sull’aumento dell’anidride carbonica,  anche se in realtà le attività umane contribuiscono alla crescita della CO2 in atmosfera di solo il 4,5% .  La maggior parte della CO2 è infatti di origine naturale, così come la produzione di metano proveniente soprattutto dalle risaie, dalla fermentazione dei rifiuti e dalle emissioni degli allevamenti di animali.
Seppure la teoria di un repentino innalzamento del calore abbia impressionato l’opinione pubblica e nonostante l’evidente tentativo di alcuni gruppi politici ed interessi economici di far credere a tutti i costi che l’aumento della temperatura terrestre sia ormai un fenomeno irreversibile, dal punto di vista scientifico la questione è molto controversa. 
Anzi, si può dire che è in atto una vera e propria rivolta degli scienziati contro tale teoria.  Alla conferenza delle Parti della Convenzione per i cambiamenti climatici di Buenos Aires è stato presentato un manifesto in cui era scritto: «Non ci sono evidenze scientifiche che il rilascio di anidride carbonica, metano o altri gas-serra, prodotti dalle attività umane sta causando, o lo farà nel prossimo futuro, un catastrofico riscaldamento dell’atmosfera terrestre ed un’eventuale cambiamento climatico. Al contrario ci sono sostanziali evidenze scientifiche che l'aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera  produrrà molti benefici sia per quanto riguarda la crescita delle piante che lo sviluppo dell’ambiente animale della Terra ».
Ma chi è l’autore di questo manifesto?. Alcuni hanno detto che si trattava di qualche lunatico estremista. Altri hanno parlato di qualche disperato oppositore della carbon-tax.  In realtà il manifesto è stato sottoscritto da circa 17.000 scienziati americani, metà dei quali sono docenti in fisica, geofisica, scienza del clima, metereologia, oceanografia, chimica, biologia e biochimica.  La petizione è accompagnata da una lettera scritta  da Frederick Seitz, l’ex Presidente della prestigiosa Accademia Nazionale delle Scienze .
Anche se i mezzi di comunicazione non hanno riservato abbastanza attenzione alle voci dissenzienti, queste sono di notevoli spessore, ampiamente diffuse e scientificamente molto credibili.  
In effetti i dubbi sulla teoria del riscaldamento globale sono innumerevoli.
Molti ambientalisti sostengono che il pianeta sta sperimentando il periodo più caldo della sua storia. Eppure la terra è vissuta per milioni di anni con temperature molto più alte. Alcuni studi fatti in proposito ci dicono che ottomila anni fa la temperatura media della Terra era di circa 2 gradi centigradi superiore a quella attuale , senza che questo abbia danneggiato la vita degli uomini, della flora e della fauna.
Si è creduto che la regione Antartica fosse ghiacciata da molte decine di milioni di anni, invece scoperte recenti hanno dimostrato che circa un milione di anni fa questo continente ha vissuto un periodo di clima temperato. Un gruppo di ricercatori ha trovato sotto il pack di una località che si chiama Cape Roberts  fossili marini che testimoniano di una stagione in cui il mare non ghiacciava .
Inoltre a più di 3600 metri sotto la calotta glaciale della base russa di Vostok è stato  scoperto un lago gigantesco grande quanto il Lago Ontario, con una superficie di oltre 19.000 chilometri-quadrati. Questo lago isolato dai ghiacci potrebbe riservare diverse sorprese tra cui forme di vita che popolavano il pianeta  più di trenta milioni di anni fa .
Quest’ultima scoperta conferma che l'Antartide  era un tempo un immenso territorio dal clima mite, coperto di boschi e foreste. Ancora oggi sulle montagne dell'Antartide i geologi hanno trovato resti fossili di felci e dinosauri carnivori.
Tali scoperte che fanno sorgere nuovi interrogativi circa la tesi del riscaldamento globale ed in particolare sulla capacità o meno degli uomini di influire significativamente sui cambiamenti climatici. A questo proposito, Marco Taviani, geologo del CNR di Bologna che ha partecipato alla spedizione in cui è stata effettuata la perforazione a Cape Roberts ha spiegato «Noi non siamo fuori della natura, ne siamo parte. E credo che la natura sia infinitamente più forte. É risibile pensare che I'uomo possa controllare il clima: è vero il contrario. Bisogna prima comprendere qual è I'evoluzione naturale, lavorare con la ricerca per colmare questa nostra ignoranza. Viceversa si esprimono sentimenti, a volte anche ben finanziati, ma non opinioni scientifiche ».
Un altro degli argomenti controversi riguarda la misurazione della temperatura.
Secondo le misurazioni comunemente accettate, l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera avrebbe generato un aumento della temperatura terrestre compreso tra 0,5 e 1 grado centigrado. 
I primi a mettere in dubbio la validità dei dati circa la presunta crescita della temperatura terrestre sono stati R. W. Spencer e John R. Christy due ricercatori della Nasa e dell’Università dell’Alabama, i quali dopo aver esaminato per oltre dieci anni i risultati forniti  dai satelliti metereologici,  si sono resi conto che lo strato di atmosfera compreso tra la superficie terrestre fino ai  tre chilometri di altezza si era raffreddato in media di circa cinque centesimi di grado. Questo risultato è in aperto contrasto con le misurazioni della temperatura che provengono dal suolo, le quali riscontravano nello stesso periodo un aumento di temperatura  di circa 0,15 gradi centigradi .
Gli scienziati Christy e Spencer hanno spiegato: «Non abbiamo riscontrato nessun aumento della temperatura nelle nostre rilevazioni. Inoltre i nostri satelliti coprono l’intera superficie terrestre, non solo le aree urbane come accade per le stazioni che misurano le temperature a terra».
I dati sul riscaldamento del pianeta normalmente citati vengono infatti  raccolti dalle stazioni di terra la cui distribuzione non è uniforme su tutto il globo. La maggior parte delle stazioni di rilevamento si trova nell'emisfero settentrionale sulla terraferma e vicino a regioni abitate, poche stazioni si trovano nelle regioni dell’emisfero sud e ancora meno nelle regioni oceaniche. 
Questo implica una raccolta dati molto parziale. Non stupisce quindi scoprire che le regioni più popolate ed urbanizzate sono anche le più calde, ma, è evidente che queste misurazioni non possono essere prese come riferimento per tutto il pianeta.
Ancora più controverso del calcolo delle temperature è la previsione del tempo che farà. Attualmente i più avanzati sistemi satellitari e computeristici utilizzati per descrivere i cambiamenti atmosferici riescono a malapena a prevedere il  tempo che farà nei successivi tre-sei giorni.  Nonostante ciò i sostenitori della teoria del riscaldamento globale chiedono di adottare misure draconiane sulla base di previsioni climatiche che assicurano come certe per i prossimi 50 o cento anni.
Da questo punto di vista, non sembrano esagerate le vignette che stigmatizzano i sostenitori del riscaldamento globale come maghi che decretano sentenze sul futuro del pianeta scrutando la palla di vetro.
Gli errori di valutazioni sono così numerosi che non si contano più. All’inizio del 1995 il «New York Times» annunciò che si trattava «dell’anno più caldo che si sia mai registrato» sostenendo che si trattava di una prova evidente del fenomeno del riscaldamento globale . L’articolo aveva ripreso un comunicato dell’ufficio metereologico britannico che utilizzava solo i dati dei primi 11 mesi del 1995. Dicembre fu un mese così freddo che la media delle temperature rientrò nella normalità. Ed a gennaio iniziarono le bufere di neve. Ironico il commento di Fred Singer, uno degli scienziati che non credono alla teoria del riscaldamento globale: «Ci avete provato ragazzi, ma con pessimo tempismo! »
Durante l’estate del 1998 uno dei più diffusi quotidiani italiani ha titolato in prima pagina «L’estate più calda » e nel servizio che seguiva in seconda pagina «Effetto Sahara sulla Terra, sei mesi di caldo record, aumentano morti e virus ».
Lo stesso quotidiano ha dedicato poche decine di righe in una pagina interna per raccontare della straordinaria bufera di neve e gelo che ha paralizzato il Midwest americano .  Eppure l’ondata di freddo polare che ha colpito gli Stati Uniti ha fatto molti più danni e morti della calda estate italiana. 
Per non parlare del mese di Novembre 1998 che è stato freddissimo. Temperature polari in montagna, neve sull’Appennino e sulla Sila , gelo record nel Bellunese con meno 17 gradi , Per l’alto numero di morti assiderati alcuni giornali hanno paragonato l’ondata di gelo che ha colpito l’Europa ad una vera e propria strage .
Come sempre accade con le fandonie, giunge prima o poi il giorno della verità. Ebbene il Corriere della Sera del 20 maggio 2001 ha riportato due notizie che da sole smantellano completamente la tesi dei catastrofisti.
Altro che siccità, le piogge non sono mai state così abbondanti come in questo ultimo anno, addirittura in Siberia con lo scioglimento dei ghiacci (che le cassandre verdi davano in ritirata) si sta assistendo ad alluvioni gigantesche.
Dalla Siberia è giunta notizia che il fiume Lena si è trasformato in una valanga di fango che ha travolto ponti e case e che ha minacciato la città di Yakutsk, 200 mila abitanti. L'avanzata delle acque è stata contrastata con barriere di terra sollevate dai bulldozer e da bombe a basso potenziale. La catastrofe è stata provocata dal disgelo: le nevicate eccezionali dell'inverno scorso hanno avuto come conseguenza lo straripamento dei fiumi .
Per quanto riguarda poi il sollevamento dei mari che secondo i profeti di sventura sarebbe stato inesorabile, si è scoperto che il Mediterraneo invece di sollevarsi si sta abbassando.
La notizia è incredibile se si pensa che il Ministro dell’Ambiente Edo Ronchi aveva previsto che con il sollevamento della acque del Mediterraneo metà Pianura Padana sarebbe finita sott’acqua.
La notizia del Mediterraneo che si è abbassato di circa due-tre centimetri proviene dal Centro di ricerche sugli oceani e l’atmosfera (Noaa) degli Stati Uniti, un organismo che pur essendo favorevole alle tesi del “riscaldamento globale” ha dovuto ammettere un fenomeno che smentisce la tesi del sollevamento generalizzato dei mari.
Nel corso di un  “work shop” che si è tenuto a New York John Antonov, oceanografo di  origine russa, che lavora al Noaa, in un gruppo che si dedica alla misure sulle temperature e il livello degli oceani, ha detto  che: «Una serie di misurazioni effettuate in dieci punti del Mediterraneo nell’arco di quindici anni ha mostrato che, pure nel quadro di aumento delle temperature medie delle acque, il Mediterraneo è sceso di 2-3 centimetri, piuttosto che salire ». Le sue acque, per un verso, si  espandono per il maggior calore; per un altro si riducono. «Il risultato netto è, per ora, un abbassamento del livello  medio. Per il futuro è arduo fare previsioni e capire quale tendenza prevarrà».
«Le misure di Antonov  non includono ancora l’Adriatico - ha osservato  Vittorio Canuto, fisico dell’atmosfera della Columbia University -. Se  fosse confermato un abbassamento anche nella Laguna, certo Venezia ne potrebbe trarre vantaggio. Anche se bisogna  considerare che l’immersione di Venezia è dovuta a fenomeni di subsidenza». Ma anche in altre parti del mondo -  ha aggiunto il professor Canuto - si stanno notando comportamenti differenti. Come è stato pubblicato in un recente  studio su Science , il livello del mare sale nel Sud Est Asiatico, alle Barbados e nel Canale di Bristol, mentre scende,  per esempio, nelle isole Quinsland, nella Baia di Hudson in Canadà e nella Svezia settentrionale».
Quanto sta accadendo nel Mediterraneo sta mettendo in difficoltà tutti coloro che hanno fatto del fenomeno del «Riscaldamento globale” un dato certo.
Il prof. Guido Visconti ha pubblicato due articoli su Corriere Scienza per cercare di salvare capra e cavoli, facendo convivere la teoria del riscaldamento globale con il comportamento anomalo del Mediterraneo . Ma è chiaro che bisognerà sviluppare ipotesi più complesse e meno condizionate dall’ideologia e dagli interessi particolari della lobby verde, per scoprire la realtà scientifica che sta dietro a questo fenomeno.
Nonostante che gli errori nelle previsioni si siano ripetuti più volte, i sostenitori del riscaldamento globale hanno continuato a ripetere le stesse argomentazioni, continuando a contrapporre la propaganda alla realtà. Nell’estate del 2001 diversi quotidiani nazionali, parlando dell’ultimo rapporto dell’International Panel on Climate Change (IPCC) «Cresce la febbre del Pianeta ».
L'argomentazione è ormai stantia, non cambia di una virgola quello che si va ripetendo da più di un decennio: a causa della anidride carbonica prodotta dalle attività umane la terra si scalderà fio a diventare un forno, e giù previsioni apocalittiche.  New York sommersa, l’Italia un deserto, e poi catastrofi di ogni tipo. Il polo si stringe, la Groenlandia si scioglie.
Siamo ormai all’isteria. Richard S. Lindzen, docente di meteorologia al prestigioso Mit (Massachusetts Institute of Technology) considerato uno dei massimi esperti mondiali sul clima  ha dichiarato: «La mia impressione è che, soprattutto l’Europa, sia oggi in preda alla religione ambientale e all’isterismo ». Infatti più la realtà smentisce clamorosamente le teorie dei sostenitori del riscaldamento globale più questi alzano la voce e ingigantiscono la misura del disastro. 
Ha fatto impressione soprattutto la previsione secondo cui la neve sparirà dalla maggior parte delle piste alpine e i ghiacciai saranno dimezzati. Per i Poli si prevede addirittura una riduzione della calotta polare artica del 40% ed una riduzione della superficie del 10-15%
Eppure le notizie che arrivano dalle Alpi e dall’Antartide sono in direzione esattamente contrarie di quanto indicato dai sostenitori del “global warming”. 
Pur con le temperature alte nel periodo estivo, in gran parte d’Italia e sulle montagne  si è sciato come non mai. Da decenni non era caduta tanta neve sulle Alpi. Le piste su tutti i ghiacciai dell’arco alpino dallo Stelvio alla Val Senales da Plateau Rosa alla Marmolada e al Tonale si sono mostrate in ottime condizioni.  In genere durante le prime settimane di estate a Cortina e Cervinia si fanno i pic nic, ma la neve caduta in abbondanza ha permesso di riaprire gli impianti .
In Antartide poi i ghiacciai invece di ritirarsi si stanno espandendo. 
Diversi studi condotti sulle temperature e sull’estensione dei ghiacci e delle nevi dell’Antartide mostrano  in maniera univoca che negli ultimi vent’anni la temperatura si è abbassata e i ghiacciai si sono allargati.
Secondo le misurazioni raccolte tra il 1979 ed il 1998 da 21 stazioni satellitari  la temperatura dell’Antartide si è raffreddata di 0,042 °C per anno. Le stazioni di misurazioni delle temperatura situate a terra  hanno registrato un raffreddamento  di  0.008°C per anno
Altri studi hanno messo in evidenza come tra il 1987 ed il 1996 i ghiacci che si estendono nell’Oceano del Sud stanno crescendo sia in superficie che in spessore .   
Da queste diverse misurazioni risulta che negli ultimi 18 anni si stia assistendo ad un’espansione dei ghiacciai di  0.011 gradi di latitudine ogni anno .
Anche l’idea che il riscaldamento del pianeta avrebbe favorito la desertificazione di zone sempre più vaste dell’Europa è stata totalmente smentita dai fatti. Secondo quanto registrato dai satelliti l'emisfero nord, sopra il 40° parallelo (New York - Madrid - Pechino), è diventato più verde dal 1981 . Secondo una ricerca dell’agenzia spaziale americana NASA, il nord del pianeta terra e in particolare l’Eurasia boreale - è diventato più verde, e la vegetazione è diventata più fitta e rigogliosa .

Processo all’anidride carbonica: l’imputato è innocente
I sostenitori della teoria del  riscaldamento globale guardano all’aumento della CO2 come al peggiore dei mali. Ma la CO2 non è un inquinante, anzi, è un gas vitale per la nostra sopravvivenza. Insieme alla luce ed all’acqua la CO2 è il terzo dei nutrienti fondamentali per le piante e per il processo di fotosintesi . Quando la concentrazione di CO2 è troppo bassa l’attività di fotosintesi si riduce notevolmente. Ci sono alcune piante che muoiono se la concentrazione di CO2 nella serra è inferiore alle 100 ppm (parti per milione). Secondo gli studi condotti nell’Institute for Biospheric Research dell’Arizona l’aumento della CO2 favorisce la crescita del fusto e del fogliame delle piante. Gli stessi studi hanno rivelato che con più CO2 le piante crescono richiedendo una quantità minore di acqua. Questo significa che le piante potrebbero crescere meglio in condizioni di clima secco, come si ha nelle terre marginali del Sahel e di alcune regioni dell’Africa.
Esistono prove abbondanti che l’arricchimento dell’aria di l’anidride carbonica aiuta le piante a crescere meglio. Il prof. Sherwood Idso del Dipartimento dell’Agricoltura Statunitense ha affermato che: «Riesaminando 342 studi condotti su questo argomento, è stato dimostrato che aumentando il contenuto dell’aria in CO2 di 300  ppm, da 350 a 650 ppm,  il tasso medio di crescita delle 475 varietà di piante studiate è incrementato di oltre il 50%. Una crescita della CO2 fino a 2250 ppm ha accresciuto la produttività del 165% ». Cosa c’è alla base di questo fenomeno? Molto semplicemente, esso deriva dal fatto che l’anidride carbonica è la principale materia prima usata dalle piante nel processo di fotosintesi. Più CO2 c’è nell’aria, più velocemente operano gli apparati fotosintetici presenti sulla Terra, e più CO2 viene incorporata nella biomassa della vegetazione del pianeta.
Studi diversi confermano quanto la CO2 porti benefici all’agricoltura. Per Silvan Wittwer  professore di orticoltura all’Università di Stato del Michigan, un raddoppio della CO2 accelererà la crescita della flora del 52% . Secondo un altro studio l'incremento dell’efficienza dell’utilizzo dell’acqua da parte delle piante renderà più economico l’utilizzo dei sistemi di irrigazione e permetterà di sviluppare sistemi agricoli più efficienti anche nelle zone dove le precipitazioni sono scarse .
In Olanda l’utilizzo della CO2 nelle serre ha avuto inizio diversi anni fa ed è ora utilizzata dalla maggioranza degli agricoltori. Ad un raddoppio della concentrazione di CO2 è corrisposto un aumento della crescita delle piante del 25%. Alcuni agricoltori hanno provato a triplicare la concentrazione di CO2 raggiungendo un aumento della produzione del 40% e, risultato sorprendente, utilizzando meno acqua .
Il terrore scatenato dai Verdi contro la CO2 , considerata come la massima responsabile del fenomeno conosciuto come “riscaldamento globale” è un insulto all’intelligenza. La CO2 in realtà è un fertilizzante naturale tra i più efficaci.
Un esperimento fatto nel deserto Mojave in California ha rivelato che Immettendo CO2 nell’aria con una concentrazione crescente da 360, 550 e 700 parti per milione (ppm), ha permesso al vegetale conosciuto come Larrea tridentata di crescere  in maniera florida superando con successo lo stress dovuto alla scarsità di acqua e alla alte temperature. Il risultato raggiunto è importante perché permetterà di rendere verde il deserto di Mojave .
Un altro esperimento condotto in Kenya ha mostrato che raddoppiando la concentrazione di CO2  è possibile ridurre gli effetti dannosi dei parassiti.
Il parassita conosciuto come “Striga hermonthica”  attacca alcune specie di mais, sorgo, canna da zucchero, miglio e riso in molte regioni tropicali e subtropicali.
In condizioni normali il parassita riduce la biomassa del riso coltivato in serra del 65%. Mentre raddoppiando la concentrazione di CO2  il parassita riduce la biomassa del riso del  27%.

Il costo insopportabile della riduzione della CO2
Dal 13 al 24 novembre del 2000 i delegati di 170 Paesi si sono riuniti all’Aia in Olanda con l’obiettivo di arrivare a un accordo guida come previsto dal Protocollo di Kyoto in merito alla riduzione dei gas serra. Nessun accordo è stato raggiunto soprattutto perché nessun governo sembra disposto ad assumersi l’elevatissimo costo richiesto dalla modifica della propria politica energetica basandosi su una teoria così labile. L’accordo di Kyoto prevede la riduzione dell’8% dei gas serra rispetto ai livelli raggiunto nel 1990. Una  valore altissimo che  significherebbe milioni posti di lavoro persi e una cifra in termini di spesa enorme.
Basti pensare che solo per l’Italia, la cui riduzione di gas serra dovrebbe essere del 6,5% entro il 2008-20012, la spesa prevista è di 100 mila miliardi di lire .
L'aspetto più paradossale dell’intera vicenda, ha fatto notare l’economista australiano Matt Ridley, è che pur accettando come possibili le previsioni fatte dagli ambientalisti, la cosiddetta carbon tax non riuscirebbe in nessun modo a fermare gli effetti catastrofici del “global warming” come da loro descritto. 
Gli stessi esperti affermano che con l’applicazione degli accordi di Kyoto l’aumento della temperatura invece che di due gradi centigradi entro il 2100 , sarà di 1,85 gradi centigradi. E comunque la crescita arriverebbe a 2 gradi centigradi nel 2106.
In altre parole l’applicazione del protocollo di Kyoto è del tutto irrilevante.
A queste considerazioni di carattere politico-scientifico bisogna aggiungere le conseguenze economiche. La percentuale di riduzione dei gas serra come prevista dal protocollo di Kyoto costerebbe all’economia dei Paesi più ricchi aderenti all’OCSE il 2% del prodotto interno lordo (Pil)  fino al 2050 ed il 4% fino al 2100.
Quale governo sarà tanto pazzo da sacrificare un tasso di crescita del 2% del Pil per rispondere alle teorie non ancora scientificamente certe dei sostenitori del “riscaldamento globale”?.

Ecofandonie
Per comprendere quanto può essere contagioso l’allarmismo ecologista basta leggere quanto è accaduto a Idaho Falls negli USA
Uno studente di scuola media di nome Nathan Zonher voleva “misurare il grado di allarme ecologico della gente”, per questo ha organizzato uno scherzo intelligente: Una raccolta di firme per la messa al bando del biossido di idrogeno. I ragazzi  al tavolo delle firme hanno distribuito un volantino in cui si spiegava la pericolosità del composto chimico. «Nella forma gassosa -si leggeva- il biossido di idrogeno può provocare ustioni; è il componente principale delle piogge acide; è la causa dell'erosione dei terreni; riduce I'efficacia dei freni nelle auto; se inalato accidentalmente, può uccidere. Inoltre, si trova presente nei tessuti di pazienti terminali di cancro».  
Il 76% dei cittadini interpellati ha firmato per la messa al bando della sostanza. E solo il 15% ha capito che la pericolosa sostanza chiamata “biossido di idrogeno” formula chimica H20, altro non è che I'acqua. Che come tutti sanno, in forma di vapore può ustionare, inalata può affogare, è presente nelle piogge acide e tutte le piogge in genere, nei tessuti cancerosi come in quelli sani, e ovviamente riduce I'efficienza dei freni sul bagnato.  
Lo scherzo ha suscitato così tanta ilarità al punto di muovere i mezzi di comunicazione. Ne ha parlato anche l’autorevole Wall Street Journal  iI quale, ha sottolineato come tutti gli effetti dannosi che il giovane Nathan ha attribuito all'acqua potrebbero essere reali, ha scritto: «Evidentemente, gli attivisti dell'ecologismo hanno tanto impaurito il pubblico, ed hanno creato una tale intolleranza ai rischi del vivere, che la gente può essere indotta a grande maggioranza a chiedere il bando di una sostanza, senza la quale non esisterebbe neppure la vita. Un tale atteggiamento dell'opinione pubblica rischia di spingere i politici a scelte disastrose in materia ambientalista ».
La tendenza di certi ambientalisti a raccontare frottole e soprattutto l’idea che si possa far credere ai lettori tutto quello che si vuole sembra aver superato ogni limite.
La Repubblica del 20 agosto del 2000 ha titolato in prima pagina: «Il polo Nord si sta sciogliendo», e nei sottotitoli: «Scoperta choc di una spedizione americana: nella calotta di ghiaccio uno specchio d'acqua largo due chilometri» «Un lago al Polo Nord  l'effetto serra ha colpito» «Allarme dagli Usa: si innalzeranno i mari». La scoperta, secondo La Repubblica, era frutto degli studi di «una recente spedizione di oceanografi e paleontologi americani».
In realtà la notizia si basava sulla testimonianza che due statunitensi imbarcati sul rompighiaccio russo Yamal avevano concesso al New York Times.
Durante una crociera verso il Polo Nord, James J. McCarthy, direttore del Museo di zoologia comparata dell'università di Harvard e consulente del Comitato Intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) istituito nel 1988 dall’ONU, e Malcolm C. McKenna, un paleontologo del Museo Americano di Storia Naturale, hanno raccontato di aver assistito ad un fenomeno impressionante e cioè lo scioglimento dei ghiacci fino a formare un lago. Malcolm McKenna ha dichiarato al New York Times che «È la prima volta nella storia che qualcuno, giunto a 90 gradi di latitudine Nord, trova l'acqua e non il ghiaccio».
Seppure la notizia non contenesse nessuna argomentazione scientifica, e senza nemmeno consultare fonti più autorevoli, il prestigioso  New York Times ha pubblicato il 19 agosto un articolo di prima pagina, scrivendo che «per la prima volta in 50 milioni di anni si era  sciolto il ghiaccio in una zona dell'Oceano Artico» e  che questa testimonianza era «una prova ulteriore della teoria del “riscaldamento globale” del pianeta».
Nei giorni successivi alla pubblicazione di questo articolo, ambientalisti di diversa natura e appartenenza politica si sono precipitati sulla scena pubblica per dire «noi l’avevamo detto ....». Finché il 29 agosto lo stesso New York Times ha pubblicato una smentita in prima pagina, spiegando che «C’è stato un errore, Un’apertura nella calotta polare probabilmente è sempre esistita. ed è un fenomeno normale che circa il 10% dell’Oceano Artico non sia ghiacciato durante un tipico periodo estivo».
Nell’inserto scientifico allegato alla smentita, il NYT, riporta come sia ricorrente ed usuale che una lunga giornata di sole estiva sciolga una parte del ghiaccio generando allagamenti simili a piccoli laghi.
La Repubblica dal 30 agosto, ha riportato la smentita del NYT in una nota di poche righe nascosta a pag. 29.
Ma come è possibile che giornali di tale fama e popolarità commettano errori così madornali?
Questo accade quando l’ideologia prevale sulla ricerca della verità. La  propaganda ambientalista è così diffusa da rendere credibili anche gli scenari più apocalittici. Fenomeni millenari, complessi e difficili da interpretare come l’andamento climatico delle stagioni, l’effetto serra, il buco dell’ozono, l’innalzamento o abbassamento degli oceani e dei poli sono entrati nel linguaggio comune come fenomeni scientificamente accertati e prevedibili. In realtà più della metà delle informazioni diffuse su questi argomenti sono pura propaganda. La strafottenza di certi ecologisti sui temi dall’ambiente sconfina spesso in “delirio di onnipotenza”. A questo proposito Ross Gelbspan uno degli autori che più hanno scritto in favore della teoria del “riscaldamento globale” si è addirittura autoattribuito il premio Pulitzer, il più prestigioso riconoscimento giornalistico americano. Paradossale che in Italia tutti gli hanno creduto al punto che la Baldini e Castoldi che ha pubblicato il suo libro «Clima Rovente» lo ha ribadito in copertina.
Nel libro, Ross Gelspan parla di una cospirazione mondiale diretta dalla compagnie petrolifere contro le associazioni ambientaliste al fine di negare l’evidenza del “riscaldamento globale” del pianeta. L’autore americano non spiega però perché tra i principali finanziatori delle associazioni ambientaliste ci siano proprio certe compagnie petrolifere come Exxon, Chevron, Mobil, Occidentale Petroleum, Amoco, Atlantic Richfield, Chevron.
Secondo Gelspan «i cambiamenti climatici potrebbero riuscire a sopraffare le fondamenta della democrazia» e a dimostrazione della sua credibilità ha sostenuto di essere un giornalista serio che ha vinto nel 1984 il premio Pulitzer.
Questa volta però la tendenza a raccontare bugie è diventata un boomerang. Greenpeace e l’apparato propagandistico ambientalista hanno emesso comunicati stampa in quantità industriali sostenendo il premio Pulitzer Gelspan, finché qualcuno non è andato a guardare la lista dei premiati con il premio Pulitzer scoprendo che il nome di Gelspan non compariva.  La farsa è continuata fino a quando è stato chiesto a Gelspan di presentare una copia del riconoscimento e lui ha risposto di non averla.

Il Presidente George W.  Bush e il protocollo di Kyoto
Lo aveva già detto durante la campagna elettorale, ma in molti avevano fatto finta di non capire, così il presidente degli Stati Uniti George W. Bush, ha annunciato in forma ufficiale che Gli Stati Uniti abbandonano il protocollo di Kyoto firmato nel 1997 .
Una così esplicita dichiarazione ha scatenato un terremoto nei Verdi di tutto il mondo. I dirigenti socialisti dell’Europa si sono scandalizzati, muovendo le accuse più incredibili al presidente Bush.
L’aspetto più incredibile dell’intera vicenda è che coloro che adesso strepitano ed urlano contro Bush non hanno nemmeno analizzato a fondo le motivazioni con cui il Presidente  americano ha deciso di stracciare l’accordo di Kyoto.
In una lettera inviata a quattro senatori americani che criticavano l’accordo di Kyoto, Bush ha scritto che «ha tutte le intenzioni di adottare politiche per eliminare lo smog e rendere l’aria sempre più pulita, ma questo non ha nulla a che fare con l’anidride carbonica (CO2) che non è un gas inquinante. Al contrario la CO2 favorisce la crescita delle piante e delle attività agricole. L’anidride carbonica è una componente naturale dell’atmosfera ed è esalata dagli uomini a da tutti gli esseri viventi ».
Inoltre essendo la produzione antropica di CO2 solo il 4% rispetto al totale prodotta dai fenomeni naturali, pur applicando i tagli previsti dagli accordi di Kyoto questi non avrebbero nessuna rilevanza nel processo globale.
Dal punto di vista economico Bush ha spiegato che: «Il protocollo di Kyoto non è compatibile con gli interessi economici degli Stati Uniti. I costi della sua applicazione per noi superano di gran lunga i benefici »
La percentuale di riduzione dei gas serra come prevista dal protocollo di Kyoto infatti costerebbe all’economia dei Paesi più ricchi aderenti all’OCSE il 2% del prodotto interno lordo (Pil)  fino al 2050 ed il 4% fino al 2100.
Bush invece difende la capacità produttiva statunitense e tiene a cuore soprattutto un enorme numero di operai che in seguito ai tagli sulle emissioni di CO2 perderebbe il lavoro. 
«Bush sempre più isolato » ha scritto in un titolo a tutta pagina la Repubblica. Ma andando a leggere la stampa internazionale ci si rende conto che sta succedendo esattamente il contrario di quanto detto da Repubblica.
Dal punto di vista parlamentare già nel 2000 il Senato americano aveva respinto la ratifica degli accordi di Kyoto per 95 a 0.  Un voto quasi unanime che ha visto democratici e repubblicani votare compatti contro le tesi ecologiste.
Stessa situazione in ambito sindacale. Già nel luglio del 2000 sei organizzazioni statunitensi in difesa delle minoranze tra cui l’AFL-CIO il principale sindacato americano hanno stilato un rapporto da cui risulta che le misure previste dall’accordo di Kyoto  porterebbero al licenziamento del 5% dei 25 milioni di lavoratori neri ed ispanici. Più di 864.000 lavoratori neri e 511.000 ispanici rischierebbero di perdere il loro posto di lavoro. Per questo si è addirittura parlato della carbon-tax come di una tassa razzista.
Quindi anche dal punto di vista della forza lavoro Bush gode del sostegno della popolazione.
Inoltre la Repubblica ha dimenticato di riportare che ben 17.000 scienziati americani, condividono totalmente l’abbandono del protocollo di Kyoto .
La Repubblica sostiene che l’industria si sarebbe schierata contro Bush, riportando la posizione del “Pew Center on Global Warming”, di cui  fanno parte una trentina di società che figurano tra le prime 500 della classifica di Fortune.
Anche in questo caso il giornale di piazza Indipendenza dimentica di dire che le altre 470 società della classifica di Fortune sono contrarie al trattato di Kyoto e che l’industria nel suo complesso ha salutato con grande entusiasmo la decisione del Presidente Bush. Per quanto riguarda il “Pew Center on Global Warming”, si sa che rappresenta una lobby particolarmente impegnata nel sostenere misure come la carbon tax e che aspira a conquistare posizioni di controllo nel mercato mondiale dell’energia.
Per avere un idea di quanto la posizione assunta da Bush sia condivisa anche in Europa, basta leggere che cosa ha scritto Kim Behnke , membro del Parlamentare Danese sull’edizione europea del Wall Street Journal .
«Caro signor presidente - ha scritto Kim Behnke - lei è stato criticato dai politici europei per aver rigettato il protocollo di Kyoto.  Io voglio essere il primo a congratularmi con lei. Come ogni razionale osservatore può constatare, quel trattato non fornisce risposte al problema dell’inquinamento atmosferico.    Al contrario  il mio paese la Danimarca sta pagando il costo finanziario di questo trattato. La maggioranza socialista del Parlamento introdusse nel 1990  la carbon tax e da allora la capacità competitiva delle nostre attività produttive e commerciali ha perso diversi punti.  
Ora la sua decisione potrà rappresentare un primo passo verso una risposta razionale al riscaldamento globale. Gli uomini d’affari in Europa hanno cercato di convincere i propri governi che non era realistica l’applicazione del protocollo di Kyoto senza l’adesione degli Stati Uniti. Il ministro dell’ambiente australiano Robert Hill, ha detto quello che tutti sanno e cioè che senza gli Stati Uniti il protocollo di Kyoto è morto.
Nuove tasse o altri ostacoli alla produzione non sono più tollerabili. Gli ecologisti devono capire che senza una crescita vasta e diffusa dell’’economia la maggior parte dei sogni delle persone rimarrà frustrata. La Confederazione delle Industrie Danesi ha preso esempio dalla sua azione per raccomandare al Parlamento Danese di mettere in atto un progetto realistico per affrontare il riscaldamento globale, ammesso che questo fenomeno esista.
Se il riscaldamento globale è provocato dalle emissioni prodotte dalle attività umane, allora troveremo una soluzione intelligente. In Danimarca non l’abbiamo finora trovata. Abbiamo speso più di 100 dollari per ogni tonnellata di CO2 che abbiamo ridotto. In Olanda hanno speso appena 10 dollari per tonnellata di CO2 ridotta  e nel Baltico hanno speso appena 3 dollari per ogni tonnellata di CO2. É evidente che abbiamo mostrato un atteggiamento più zelante degli altri oppure siamo stati meno efficienti. Stiamo facendo qualcosa di sbagliato in Danimarca e i cittadini ne stanno facendo le spese.
Gli esperti del clima hanno profetizzato l’Apocalisse se noi non avessimo preso queste misure. Voglio ricordarle signor Presidente che  l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che ha convinto le varie delegazioni a firmare il Trattato di Kyoto, nel suo ultimo rapporto ha parlato di effetti disastrosi nel cambiamento del clima. Hanno previsto uragani di violenza inaudita ed altri fenomeni meteorologici spaventosi.
Hanno detto che noi avremmo dovuto cambiare stile di vita per evitare la catastrofe. Abbiamo tagliato il nostro consumo di energia e le tasse sono aumentate.
Ma come lei ha sottolineato, le previsioni di un cambiamento drammatico del clima a causa delle attività umane è una teoria che non si basa su solide basi. Sappiamo che i meteorologi hanno misurato le variazioni della temperatura terrestre con 2500 stazioni la maggior parte delle quali situate in città e aeroporti, dove la temperatura è certamente più alta. Dal 1970 le misurazioni in campagna sono state dismesse. Di fatto avevano a disposizione 6000 stazioni.
Curiosamente per un pianeta che è per tre quarti coperto dalle acque, tutte le stazioni di rilevamento sono situate su terra. Da circa vent’anni i satelliti misurano la temperatura su basi quotidiane. E possono fornire ai profeti di sventura e ai membri dell’IPCC una solida base di informazioni. Ma i sostenitori della teoria del riscaldamento globale rifiutano l’uso dei satelliti perché i risultati non sono in linea con l’ideologia politica del momento. l’informazione raccolta dai satelliti prova che non ci sono stati cambiamenti nella temperatura.
Di fatto quelli dell’IPCC e i gruppi collegati non vogliono ascoltare altre teorie se non la loro. Accade così anche in campo politico. la reazione europea alla sua decisione dimostra che questi politici non vogliono discutere teorie alternative. Il loro approccio è troppo spesso dogmatico piuttosto che scientifico.  Devo confessare che non so per certo se l’IPCC e gli altri ecologisti hanno ragione nella loro teoria, ma sono sicuro che non ne conoscono nessun’altra».
L’onorevole Kim Behnke conclude il suo articolo dicendo:«Il riscaldamento globale è solo una teoria, utilizzata da certi politici per regolare le nostre vite. Il Protocollo di Kyoto non si basa sui fatti. L’IPCC e i politici che lo sostengono non vogliono discutere, non sono interessati ad aprire un dibattito sul clima, essi chiedono solo una resa incondizionata. Lei ha detto loro che si rifiuta di sottomettersi. E per questo motivo io la ringrazio ».

 


Melissa HEALEY, «Gore: Global Warming Earth’s Most serious problem» Los Angeles Times, 21 aprile 1994.

Commento di Bill CLINTON alla conferenza sui cambiamenti climatici tenuta alla Casa Bianca  il 19 ottobre 1993.

Davide PAVAN, «Business effetto serra, scontro sulle intese firmate a Kyoto», Tuttoscienze, n.850, 2 dicembre 1998, p.2.

Ross GELBSPAN, «Clima rovente» Baldini & Castoldi, Milano 1998, pp.12-13. La prima edizione del libro è stata  pubblicata  negli Stati Uniti  nel 1997 con il titolo «Heat is on».

Ibid. p.20.

Svante ARRHENIUS, «On the influence of Carbonic Acid in the Air upon the temperature of the Ground», Philosophical Magazine and Journal of Science,  aprile 1896, pp.237-76.

Come riportato  da Douglas COGAN, «The Greenhouse Gambit: Business and Investement Responses  to Climate Change»,  Investor Responsability Center, Washington 1992, p.82.

Hubert H LAMB, «Climate: Present, Past and Future, Fundamentals and Climate Now» Methuen, London 1972, vol. 1.

John R. JUSTUS, e  Wayne A. MORRISSEY «Global Climate Change» Congressional Research Service, Report  to Congress,  Washington 15 novembre 1995.

Jeff JACOBY, «The “Chicken Little”Mindset», articolo pubblicato sul Boston Globe e riportato dall’International Herald Tribune, del 7 novembre 1998. 

  Per  maggiori informazioni sulla rivolta degli scienziati contro la teoria del riscaldamento globale vai al capitolo nono di questo stesso volume.

Ronald BAiLEY «Eco Scam. The false Prophets of Ecological Apocalypse» St. Martin’s Press, New York 1994.

Attilio GIORDANO, «Il polo si scioglie? Di sicuro, anzi forse», Il Venerdì  de la  Repubblica   n.514, 16 gennaio 1998, p.79.

Tim  RADFORD,  «Un mondo perduto sotto i ghiacci», La Stampa,  primo aprile 1998, p.8.

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R. W.  SPENCER, , J. R. Christy and N. C. Grody «Global Atmospheric Temperature Monitoring with Satellite Micowawae Measurements: Method and results 1979-84 Journal of Climate 3 (1990) pp. 1111 -1128.

S.F. SINGER ««Rays oa a Setting Global Warming Sun» Washington Times 21 marzo 1966.

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«Usa, neve e gelo paralizzato il Midwest» La  Repubblica  4 gennaio 1999, p.12. 

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Stefano MONTEFIORI, «Maltempo, 5 morti per il freddo», Coriere della Sera 21 novembre 1998, p.19.

«In Polonia 28 vittime, 4 clochard assiderati in Francia» Corriere della Sera , 23 novembre 1998, p.15.

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Franco Foresta Martin  «Il livello del Mediterraneo sta scendendo» Corriere della Sera 20 Maggio 2001.

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«Terra il libro nero dell'ambiente» il Venerdì de la Repubblica n.693 29 giugno 2001.

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J.C. COMISO «Variability and trends in Antarctic surface temperatures from in situ and satellite infrared measurements».  Journal of Climate vol.13 /2000

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 X. Yuan e D.G. Martinson «Antarctic sea ice extent variability and its global connectivity».  Journal of Climate 13/ 2000.

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Claudia DI GIORGIO «Il nord del mondo è più verde l’effetto-serra allunga l’estate» la Repubblica 6 settembre 2001.

I primi due sono ossigeno e carbonio (ndr).

Sherwood B. IDSO «Plant Responses to Rising Levels of Atmospheric Carbon Dioxide», in «The Global Warming Debate» pubblicato da The European Science and environment Forum (ESEF) Bourne Press Limited, Londra 1996. Il prof. Idso lavora anche per  il Dipartimento per l’Agricoltura Statunitense e per l’US Water Conservation Laboratory di Phoenix  in Arizona.

S.H. WITTWER, «The Global Environment : It’s Good  for Food production» in State of Climate Report, New Hope Environmental Service, Western Fuel Association 1997, p.12.

J.T. BAKER e L.H. ALLEN, «Assesssment of the impactof Rising Carbon Dioxide and Other Potential Climate Changes on Vegetation» pubblicato da Environmental Pollution n.83 1994, pp.223-35. 

John EMSLEY, «carbon Dioxide as a Resource for Industry and Agriculture» in in «The Global Warming Debate» pubblicato da The European Science and environment Forum (ESEF) Bourne Press Limited, Londra 1996 p.38.

Elevated CO2 Aids Drought Recovery in desert Species» CO2  science magazine n.17, 25 aprile 2001 www.co2science.org

Per maggiori infoirmazioni vedere http://www.ipcc.ch/   e  http://www.ncar.ucar.edu/.

 Maurizio BLONDET, «”Al bando il vapore” Scherzi d’ecologismo», pubblicato da Avvenire,  24 settembre 1997, p.1.

Ennio CARETTO «Ambiente, Bush ritira la firma dal trattato» Corriere della Sera 29 marzo 2001.

S. Fred SINGER «BUSH AND GLOBAL WARMING: LETTING COOLER HEADS PREVAIL» National Post, 17 March 2001. http://www.nationalpost.com/home/story.html?f=/stories/20010317/503039.html .

Mariuccia CHIANTARETTO «Bush sull’effetto serra: “Prima di tutto l’interesse degli USA”», il Giornale 30 marzo 2001, pag. 12.

Antonio CIANCIULLO «Clima, Bush sempre più isolato anche il Giappone all’attacco» La Repubblica 5 aprile 2001.

Kim Behnke, a member of the Danish Parliament «Thank You, Mr. President» The Wall Street Journal Europe  April 2, 2001.

Kim Behnke, a member of the Danish Parliament «Thank You, Mr. President» The Wall Street Journal Europe  April 2, 2001.

 

Fonte: http://xoomer.virgilio.it/movazzvc/documenti/271003-Gaspari%20Effetto%20Serra.doc

 

EFFETTO SERRA

 

La pubblicazione del secondo rapporto di valutazione dello stato delle conoscenze sui mutamenti climatici (SAR,Second Assesment Report) dell’IPCC (Intergovernamental Panel On Climate Change) è un passo fondamentale nello studio dell’effetto serra. Il SAR raccoglie il lavoro di più di duemila scienziati di tutto il mondo e tiene conto delle ricerche di altri centinaia. Composto di quattro volumi di complessive 2000 pagine, è ricco di dati e ricerche scientifiche, per la prima volta gli esperti di tutto il mondo confermano l’influenza dell’uomo sul clima. L’IPCC afferma che “Le proiezioni contenute in questo rapporto indicano chiaramente che i futuri cambiamenti climatici saranno dominati dall’influenza dell’uomo, a meno che la composizione dell’atmosfera non venga stabilizzata”.

 

Il problema

Le attività umane stanno aumentando la concentrazione dei gas serra nell’atmosfera, che intrappolano il calore solare riscaldando la superficie del pianeta, L’IPCC prevede che considerando un moderato tasso di sviluppo delle attività umane, la concentrazione dei gas serra aumenterà tanto da causare nel prossimo secolo un aumento della temperatura media di 1,5 - 4 °C ( questo significa che in alcuni luoghi la temperatura potrebbe anche temporaneamente calare ed in altri aumentare di molti gradi).La temperatura della superficie terrestre, rispetto al secolo scorso è già aumentata di 0,3-0.6 °C. Man mano che il clima cambierà il pianeta reagirà, anche in modo diverso secondo le aree, a volte in modo tale da accelerare il processo di riscaldamento e in altre mitigandolo. I fattori critici comprendono l’effetto del riscaldamento delle nubi, delle foreste, dei ghiacci e delle correnti oceaniche, l’interconnessione di tali fattori è ancora difficile da prevedere ; questa lacuna scientifica spiega gli ampi margini di errore delle attuali previsioni.

 

I gas serra

Anidride carbonica, metano protossido di azoto, clorofluorocarburi, ozono. L’attuale concentrazione dell’anidride carbonica (CO2) di 358 parti per milione è del 30% più alta rispetto a 200 anni fa ed è responsabile per il 70% dell’effetto serra,è la combustione del petrolio, carbone, gas,legna e la deforestazione che comportano l’emissione di CO2. Un aspetto poco studiato è l’incidenza della CO2 proveniente dai terreni coltivati, infatti i terreni contengono grandi quantità di sostanza organica sotto forma prevalentemente di humus, questo ha un basso indice di mineralizzazione (trasformazione della sostanza organica ad opera dell’ossigeno e degli enzimi nei componenti originari CO2, acqua e sali minerali) pari ali1 1-3% annuo. Se si praticano scorrette pratiche agricole (lavorazioni frequenti e o profonde del terreno, lasciare il suolo scoperto dalla copertura vegetale soprattutto nelle stagioni calde bruciatura dei residui colturali ecc), l’indice può essere molto superiore ; per cui vi è la concreta possibilità che anche i terreni coltivati contribuiscano in modo significativo all’emissione netta di CO2. Gli scienziati non sono ancora riusciti a descrivere un bilancio esatto del ciclo del carbonio, hanno però quantificato in 5,5 miliardi di tonnellate la CO2 rilasciata dalla combustione a cui si aggiungono altri 1,6 miliardi di tonnellate causate dal disboscamento e da altri usi della terra nei tropici, in totale quindi 7.1 mi di t all’anno, di cui 3,3 rimangono nell’atmosfera, 2 vengono assorbiti dagli oceani e 1,8 sembra vengano principalmente utilizzati dalle foreste non tropicali dell’emisfero settentrionale, tuttavia questo processo potrebbe non mantenersi a lungo ( vedi foreste).Il metano nell’atmosfera è aumentato del 145% esercitando un effetto serra pari a un terzo di quello della CO2 cioè il 23%, le cause di questo aumento sono meno conosciute, fra di esse vi possono essere gli allevamenti dei ruminanti (i cui sistemi digerenti producono metano), le risaie e l’estrazione e l’uso del metano. I livelli di metano crescono oggi ad una velocità dimezzata rispetto a 20 anni fa, le ragioni di questo fenomeno non sono chiare. Tutti gli altri gas serra contribuiscono per il restante 7%, il protossido d’azoto è emesso soprattutto da alcune attività agricole, l’ozono nella bassa atmosfera è prodotto dalle reazioni fra gli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera, i clorofluorocarburi prodotti dall’industria grazie al protocollo di Montreal, firmato nel 1987, dovrebbero nei prossimi anni diminuire velocemente.

 

L’intensificazione dell’effetto serra è in corso da più di cento anni

Dal 1860 la maggior parte del globo ha avuto un aumento di temperatura della superficie di 0,3 - 0,6 °C, riscaldamento verificatosi soprattutto tra il 1910 e il 1940 e dopo il 1970, inoltre la maggior parte delle annate più calde del secolo si sono concentrate negli ultimi 15 anni. I nuovi dati ottenuti con i carotaggi dei ghiacci polari, dimostrano che l’incremento del riscaldamento negli ultimi 100 anni è stato il più veloce nei 10.000 anni passati. Il mare è salito di 10 - 25 cm e l’aumento della temperatura non interessa solo la superficie ma sta raggiungendo maggiori profondità, l’IPCC riporta alcuni recenti studi che rivelano un incremento della temperatura negli ultimi 20 anni di 0,3 °C nell’Oceano Indiano fino ad una profondità di 800 metri ed aumenti simili in alcune aree del Pacifico. La temperatura dei continenti è cresciuta soprattutto alle latitudini temperate dell’emisfero settentrionale, inoltre è aumentata in vaste aree particolarmente la temperatura notturna, ad esempio nella zona nord­orientale degli Stati Uniti le notti più calde hanno allungato di circa 11 giorni negli ultimi 30 anni la stagione priva di gelo. Anche il ciclo idrologico è cambiato, in tutto l’emisfero settentrionale il manto nevoso dal’88 è notevolmente al di sotto della media e lo scioglimento primaverile delle nevi è iniziato prima causando inondazioni in Canada e California. In molti paesi nordici i laghi ed i fiumi congelano con 1-3 settimane di ritardo e si sciolgono prima e la gran parte dei ghiacciai delle Alpi si sono notevolmente ridotti. Ricerche condotte sulla pesca sportiva del salmone nel fiume Sacramento hanno evidenziato causa l’incremento della temperatura una riduzione del 23% della popolazione. Dal 1950 l’atmosfera che sovrasta gli oceani è diventata più nuvolosa, ai tropici è aumentato anche il vapore acqueo al di sopra degli oceani e dal 1973 i temporali sono più frequenti, invece su una vasta area delle regioni tropicali e sub tropicali che va dall’Africa all’Indonesia, le piogge sono diminuite sin dagli anni 60. Dal 89 El Nino ( espansione di una corrente superficiale calda dell’oceano Pacifico meridionale) ha assunto periodicamente manifestazioni estreme, si è così registrato un improvviso aumento delle tempeste nell’area settentrionale dell’Atlantico ed un’eccezionale diminuzione delle piogge in alcune zone tropicali. Sembra che il clima si stia caratterizzando con una maggiore frequenza di manifestazioni meteorologiche estreme.

 

EFFETTO SERRA : CONSEGUENZE

 

 Previsioni

L’IPCC ha esaminato diversi scenari riguardanti le variazioni delle emissioni di gas serra nel corso del prossimo secolo, lo scenario medio assume le proiezioni delle Nazioni Unite per la crescita della popolazione, un continuo aumento dell’uso del carbone (il maggior emettitore di CO2 tra i combustibili fossili), sviluppi solo modesti dell’uso delle fonti energetiche pulite e rinnovabili e una limitazione graduale delle emissioni del 30%. In queste condizioni si prevede il raddoppio della CO2 nell’atmosfera entro la fine del prossimo secolo. Vi sono poi gli aspetti di feedback, cioè cambiamenti provocati dall’aumento della temperatura che causano essi stessi aumento di temperatura, l’insieme di tutto questo porta a prevedere aumenti medi di temperatura di 2-3 °C con vaste zone, come quella comprendente il nord Africa, l’Asia occidentale e centrale, l’Europa e gli Stati Uniti con aumenti di 4 -5°C e tutta l’area sub Artica con aumenti di 5- 10 °C. Principali fattori di feedback : ghiaccio e neve che riflettono la luce del sole raffreddando il pianeta, aumentandone lo scioglimento si scopre più terra e mare che assorbendo così più raggi solari si scalda provocando un ulteriore scioglimento di ghiaccio e neve. Inoltre le temperature più alte intensificheranno sia l’evaporazione sia la capacità dell’atmosfera di trattenere più vapore acqueo che essendo un potente gas serra incrementerà ulteriormente la temperatura. L’effetto dell’aumento delle nubi non è ancora chiarito, infatti riflettono parte delle radiazioni solari nello spazio, però creano anche una copertura che trattiene il calore con un effetto di riscaldamento soprattutto notturno. Le foreste rappresentano uno dei maggiori depositi di carbonio, tale funzione potrebbe essere scardinata (vedi pag. deforestazione) e una gran quantità di carbonio potrebbe passare da queste all’atmosfera sotto forma di CO2. L’interazione di tutti questi fattori è di difficile previsione rendendo ancora più inquietante la definizione delle reali conseguenze,così mentre il clima cambia velocemente è sempre più probabile che si verifichino sorprese e cambiamenti improvvisi ed inaspettati. L’IPCC ritiene che fra le manifestazioni inaspettate dobbiamo annoverare un consistente scioglimento della calotta di ghiaccio dell’Antartide che potrebbe causare un rapido innalzamento dei livelli del mare in tutto il mondo, potrebbe anche verificarsi un cambiamento delle correnti oceaniche profonde, il così detto “nastro trasportatore” (corrente del golfo) che attualmente mantiene nel Nord Atlantico ed in parte dell’Europa temperature più elevate di alcuni gradi, se ciò dovesse verificarsi si avrebbe come incredibile effetto un immediato abbassamento della temperatura in queste zone. Risulta così evidente che cambiamenti anche relativamente modesti delle temperature medie globali possono innescare mutamenti regionali ben più drammatici. Lo scenario medio dell’IPCC prevede un innalzamento del livello del mare di circa un metro, localmente però potrà essere anche solo di 30-50 cm oppure di 2-3 metri a causa delle differenze regionali di distribuzione del calore e dei cambiamenti nella circolazione oceanica. Tutte le catastrofi che risulteranno da questi cambiamenti riguardano comunque uno scenario medio, se poi non si riuscirà a ridurre del 30% le emissioni o se gli effetti feedback risulteranno superiori al previsto la situazione potrà essere molto peggiore.

 

Le foreste

I vegetali sono molto sensibili ai cambiamenti climatici perché molte specie sono caratterizzate da nicchie ecologiche con ambiti di tolleranza rispetto alla temperatura molto ristretti, un aumento di 1°C sarebbe sufficiente ad eliminare molte specie che dovrebbero migrare o soccombere, solo che la velocità di cambiamento climatico in molte aeree sarà tale che potrebbe provocarne l’estinzione. Così mentre i modelli più semplici indicano che le foreste tropicali si espanderanno è probabile che la realtà sarà molto diversa, l’aumento di temperatura previsto per il prossimo secolo potrebbe far spostare le zone climatiche tipiche delle latitudini medie di 160-640 km verso il polo,uno spostamento troppo veloce per le foreste, di conseguenza come afferma l’IPCC alcuni tipi di foreste potrebbero sparire del tutto. In alcune zone delle latitudini temperate ad esempio negli Stati Uniti si potranno verificare forti siccità che favoriranno gli incendi forestali e la proliferazione di insetti nocivi, anche ai tropici l’aumento di temperatura e soprattutto le variazioni nella piovosità indurranno forti rischi nella sopravvivenza delle foreste. Le strategie adottate finora per proteggere la biodiversità ne aumenteranno la vulnerabilità, infatti buona parte della biodiversità del pianeta viene protetta all’interno di parchi nazionali o riserve che con lo spostamento delle zone climatiche si trasformeranno in trappole in cui ecosistemi unici, in molte di queste aree si estingueranno.

 

Praterie e pascoli

In particolare le praterie africane, che negli ultimi 25 anni sono state teatro delle siccità e carestie più gravi, in futuro saranno probabilmente colpite da analoghi fenomeni con portata sempre maggiore, con il conseguente degrado ed una accelerazione della desertificazione. La desertificazione si trasformerebbe in fenomeno irreversibile se l’ambiente diverrà più arido e la terra subirà un processo di degrado causato dall’erosione e dalla compattazione del suolo. Nelle pampas sudamericane l’IPCC prevede che i raccolti e la produzione potrebbero scendere drasticamente. In tutto il mondo le condizioni dei pascoli peggioreranno, aumenterà il contenuto di carbonio nell’erba a scapito dell’azoto diminuendone il valore nutritivo per gli animali e favorendo lo sviluppo di specie legnose, tendenza già in atto in tutte le praterie.

 

I deserti

I modelli climatici indicano che i deserti diventeranno ancora più caldi, la pioggia quando arriverà, si presenterà sotto forma di violenti temporali e provocherà inondazioni e fenomeni erosivi, quindi la sopravvivenza di animali e piante che già vivono in condizioni limite sarà gravemente minacciata.

 

Le montagne

Se in pianura le specie devono migrare di circa 150 Km verso nord per neutralizzare l’aumento di 1 °C, in montagna basta salire di 150-200 metri di quota per avere lo stesso effetto, i fianchi delle montagne sono caratterizzati da un’ampia variabilità di habitat e di nicchie climatiche che si sviluppano una accanto all’altra, si verificherà quindi uno spostamento verso l’alto delle specie proporzionale all’aumento locale della temperatura. Con un aumento di 4°C avremo spostamenti verso l’alto di 600-800 metri con la conseguenza che le specie endemiche delle cime saranno a grave rischi di estinzione e visto che le montagne alle quote maggiori hanno superfici più limitate rispetto alle quote inferiori, le popolazioni delle specie che si rifulgeranno verso l’alto saranno destinate a diminuire.

 

I ghiacci

L’aumento di temperatura porterà allo scioglimento dei ghiacci e del permafrost e ridurrà la copertura nevosa invernale in vaste aree del pianeta, l’impatto sullo scioglimento stagionale delle nevi e sulla portata dei fiumi avrà conseguenze sull’ambiente e sull’uso del suolo in aree ancora più vaste, danneggiando numerose attività umane, dall’agricoltura alla produzione di energia idroelettrica. L’IPCC indica che i cambiamenti nella criosfera saranno la più rapida e drammatica manifestazione dei mutamenti climatici. Entro il 2100 potrebbero sparire da un terzo alla metà dei ghiacciai di montagna, ridursi del 70% la durata del manto nevoso nelle Grandi Pianure degli Stati Uniti, lo scioglimento del 16% del permafrost entro il 2050 e la sua scomparsa nell’Europa Settentrionale. Sempre per tale data l’intera costa artica rimarrebbe libera dai ghiacci per cinque mesi all’anno, permettendone lo sviluppo economico.

 

Laghi, fiumi e zone umide

Il ciclo idrologico sarà più veloce perché le temperature più elevate aumenteranno l’evaporazione aumentando le piogge, pioverà di più soprattutto nelle regioni costiere, mentre nelle regioni più interne, specialmente ai tropici, le piogge diminuiranno. Gli ecosistemi di acqua dolce verranno colpiti anche dall’aumento della temperatura, negli Stati Uniti ad esempio l’aumento anche di soli 2 °C delle acque fredde dei fiumi ridurrebbe di un quarto gli habitat riducendo la quantità e le specie di pesci. Cambiamenti anche modesti del regime delle piogge determinano generalmente una forte variabilità del flusso favorendo inondazioni di portata inusuale che fra l’altro scavando i letti dei fiumi impoveriscono la biomassa per lunghi periodi. Le zone umide occupavano il 5% della superficie terrestre, di cui la metà sono già state fatte sparire per estrarne torba o con opere di bonifica, con l’aumento dell’evaporazione diminuiranno ulteriormente. Con un aumento di 3-4 °C l’85% delle zone umide dell’Europa meridionale scomparirebbe e le grandi foreste paludose del Borneo rimarrebbero asciutte per alcuni periodi dell’anno ; favorendo gli incendi della torba che hanno già distrutto milioni di ettari di foresta negli ultimi anni, spargendo una coltre di fumo per migliaia di chilometri. Particolarmente gravi sarebbero gli effetti nella tundra e nelle regioni artiche, dove gli strati di permafrost impediscono il drenaggio del terreno, se questi si sciogliessero vaste aree di torba si seccherebbero e l’attuale copertura di abete nero, sfagno e licheni sarebbe sostituita dall’erba.

 

Le zone costiere e le piccole isole

Le conseguenze di un innalzamento del livello del mare, dell’aumento della violenza delle tempeste sarebbero gravissime in queste zone, già oggi 50 milioni di persone sono soggette alle inondazioni provocate da tempeste e diventerebbero molte di più se il livello del mare si alzasse anche solo di 1 metro. Studi recenti indicano che il 17% del Bangladesh potrebbe sparire mettendo a rischio 70 milioni di persone, altrettante in Cina. In tutto il mondo l’innalzamento delle acque determinerà il ritiro della linea costiera (il 70% dei litorali è già in contrazione) mettendo in pericolo le dune sabbiose, le lagune costiere e la loro fauna. L’aumento di temperatura aumenterà il rischi di invasione di specie esotiche con conseguenze che talvolta potranno essere catastrofiche. Le barriere coralline sono a grave rischio, fra l’altro pur coprendo solo 1%della superficie del pianeta contengono circa il 4-5% delle specie, alcune ricerche mostrano che le barriere coralline se sono in buono stato possono crescere mantenendo il passo con l’innalzamento delle acque ; dato che la temperatura ideale per la loro crescita si aggira tra i 25-28 °C sono molto sensibili ad aumenti della temperatura dell’acqua. Le temperature eccezionalmente calde registrate nei mari tropicali negli ultimi anni hanno causato un vasto fenomeno di “sbiancamento” dei coralli che se le condizioni persistono potrebbero portare alla loro morte. Gli atolli rappresentano secondo la definizione dell’IPCC “un ambiente tra i più sensibili alle variazioni climatiche a lungo termine e all’innalzamento del livello del mare”

 

Gli oceani

II riscaldamento del globo aumenterà la temperatura delle acque marine, specialmente vicino alla superficie, e modificherà le correnti oceaniche, le onde e la salinità ; anche i cambiamenti che si verificheranno sulle terre emerse influiranno sulle modificazioni negli oceani, soprattutto nelle aree costiere dove la quantità e la qualità della portata dei fiumi cambierà drasticamente, così la geografia degli ecosistemi marini subirà profondi cambiamenti, con la conseguenza del collasso di alcune zone di pesca e Implosione di altre a seconda di particolari eventi climatici e oceanografici locali. Nessuno sa come le correnti di risalita, che portano le sostanze nutrienti alla superficie risponderanno ai mutamenti climatici, ma si teme che il riscaldamento del pianeta possa indebolire la circolazione oceanica in generale, con una foltissima riduzione delle sostanze nutrienti che risalgono in superficie, la velocità del cambiamento sarà un fattore cruciale. Entro 50 anni afferma l’IPCC, le variazioni climatiche potrebbero diventare più importanti della pesca eccessiva come minaccia per le risorse ittiche, sarà comunque difficile distinguere i due fattori dal momento che avanzano insieme, ad esempio il crollo della pesca del merluzzo al largo delle coste del Canada è stato causato dal combinarsi dello stress ambientale e della pesca eccessiva

 

L’agricoltura

Le ricerche condotte fino ad oggi mostrano che nel complesso si avranno effetti moderati sulla produzione agricola mondiale, grazie anche all’effetto fertilizzante di una maggiore concentrazione di CO2 nell’atmosfera ; però le variazioni regionali dei mutamenti climatici produrranno sostanziali variazioni locali nei raccolti che saranno più a rischio nelle aree tropicali e subtropicali proprio dove vivono i popoli più poveri del mondo. Ai fini della valutazione del rischio di fame, malnutrizione e carestie è più importante la disponibilità locale di alimenti che la produzione mondiale, inoltre molto dipenderà dalla capacità degli agricoltori di adattarsi al cambiamento e alla crescente incertezza del clima, tutto questo potrebbe rivelarsi un peso insostenibile per i paesi in via di sviluppo situati nelle aree più critiche.

 

Industria e infrastrutture

Questi sistemi soprattutto se ben strutturati dovrebbero essere più resistenti ai mutamenti climatici, considerando poi che vengono regolarmente rinnovati, potranno essere adattati ai cambiamenti, tuttavia come indica il rapporto, le infrastrutture che hanno una vita lunga, come ponti, dighe e costruzioni su coste basse sono sensibili a variazioni rapide ed all’aumento della frequenza e dell’intensità di manifestazioni climatiche estreme.

 

La salute

I cambiamenti climatici eserciteranno un’influenza molto vasta e dannosa sulla salute dell’uomo, con consistenti perdite di vite ; nelle città, anche comprese in zone temperate, ondate di calore più lunghe e più intense causeranno la morte di migliaia di persone per problemi di cuore e di respirazione. Con l’aumento delle temperature, alcune forme di inquinamento, i pollini, le spore, le muffe diventeranno più pericolosi ; manifestazioni climatiche estese come gli uragani, uccideranno e feriranno, anche contaminando l’acqua potabile e infliggendo seri danni psicologici. In molte aree la penuria di cibo e di acqua causerà malattie e carestie. L’attuale clima già più caldo e talvolta anche più umido sta favorendo la diffusione di alcune malattie infettive come la malaria, le febbri emorragiche, la febbre gialla e l’oncocercosi al di là delle regioni dove erano endemiche pendenza destinata purtroppo ad intensificarsi, entro in 2100 il 60% della popolazione mondiale vivrà in zone potenzialmente malariche, compresi gli abitanti di alcune zone temperate. Gli sbalzi di pressione destinati ad intensificarsi causa l’aumento della variabilità influenzano il sistema neurovegetativo e neuroendocrino con alcune spiacevoli conseguenze : aumento della sensibilità al dolore soprattutto per chi soffre di reumatismi, dolori muscolari o ha subito fratture ossee ; possono influire anche sulla psiche con cambiamenti di umore e comportamento carenza di concentrazione ed irritabilità,ansia e depressione.

 

IL PROTOCOLLO DI KYOTO

II Protocollo di Kyoto per la convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (1997). II Protocollo di Kyoto è un documento redatto e approvato nel corso della Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici tenutasi in Giappone nel 1997. Nel Protocollo sono indicati per i Paesi dell’Annesso I** gli impegni di riduzione e di limitazione quantificata delle emissioni di gas serra (anidride carbonica, gas metano, protossido di
azoto, esafloruro di zolfo, idrofluorocarburi e perfluorocarburi). Con più precisione le Parti dovranno, individualmente o congiuntamente,
assicurare che le emissioni antropogeniche globali siano ridotte di almeno il 5% rispetto ai livelli del 1990 nel periodo di adempimento 2008-2012. Per
il raggiungimento di questi obiettivi, i Paesi possono servirsi di diversi strumenti che intervengono sui livelli di emissioni di gas a livello
locale-nazionale   oppure       transnazionale. Nell’ampio ventaglio di strumenti, ne vengono espressamente indicati tre, tutti appartenenti alle cosiddette misure di flessibilità. Queste misure sono l’Emissions trading, il Clean Development e la Joint Implementation.


L’Emission trading è una misura ammessa tra i Paesi appartenenti all’Annesso I e si sostanzia nella creazione di un mercato dei permessi di emissione. La Joint Implementation (implementazione congiunta) è una misura che prevede la collaborazione tra Paesi sviluppati e che consente a un Paese dell’Annesso I di ottenere dei crediti di emissione grazie a dei progetti di riduzione delle emissioni oppure di assorbimento delle emissioni di gas a effetto serra sviluppati in un altro Paese dell’Annesso I. Il Clean Development Mechanism (meccanismo di sviluppo pulito) è uno strumento analogo alla JI e si differenzia da quest’ultima in quanto coinvolge attori diversi ovvero Paesi appartenenti all’Annesso I e Paesi che non vi appartengono. Le misure di flessibilità vengono considerate supplementari rispetto alle azioni domestiche. Le regole che permetteranno di rendere operativi i meccanismi di flessibilità devono essere ancora precisate.
Il Protocollo di Kyoto entrerà in vigore solo nel momento in cui “venga ratificato, accettato, approvato o che vi abbiano aderito non meno di 55 Parti responsabili per almeno il 55% delle emissioni di biossido di carbonio (emissioni quantificate in base ai dati relativi al 1990).”
Attualmente solo 14 Paesi hanno ratificato il Protocollo e rappresentano, complessivamente, una percentuale irrisoria delle emissioni quantificate di gas a effetto serra.
Un commento a questa breve presentazione del Protocollo può essere utile per comprendere lo stato attuale: se tutti i Paesi dell’Annesso I (e in particolare i Paesi sviluppati) sono decisi ad assumersi degli impegni nella riduzione delle emissioni grazie soprattutto all’accoglimento del cosiddetto principio di responsabilità (principio secondo il quale i Paesi che hanno maggiormente contribuito ai livelli attuali di concentrazione di gas devono essere i primi a sostenere i costi e il peso di una riduzione delle emissioni) ciò che suggerisce agli stessi Paesi di essere cauti nell’adozione del Protocollo risiede in questa ragione. I Paesi non sviluppati o in via di sviluppo (come Cina oppure India), che secondo le previsioni saranno nel futuro i maggiori emettitori di gas antropogenici, non sono sottoposti a nessun tipo di vincolo e non sono obbligati a ridurre le emissioni di gas serra. Lo sforzo compiuto dai Paesi dell’Annesso I per contenere le emissioni dei gas serra potrebbe essere, quindi, completamente vanificato dal comportamento dei Paesi meno sviluppati. In altri termini, ad un sacrificio attuale di alcuni Paesi, corrisponderebbe un miglioramento solo presunto del problema globale connesso con le emissioni di gas serra.


** L’elenco dei Paesi appartenenti all’Annesso I e i rispettivi obiettivi di riduzione e di limitazione delle emissioni di gas antropogenici sono indicati al termine di questa presentazione.
Annesso B (Protocollo Di Kyoto,1997)


Parti

Obiettivi di

 

riduzione o di

 

limitazione

 

quantificata

 

delle

 

emissioni(perce

 

ntuale dell’anno

 

o del periodo

 

base)

Australia

108

Austria

92

Belgio

92

Bulgaria*

92

Canada

94

Croazia*

95

Danimarca

92

Estonia*

92

Federazione

100

Russa*

 


Finlandia

92

Francia

92

Germania

92

Giappone

94

Grecia

92

Manda

92

Islanda

110

Italia

92

Lettonia*

92

Liechtenstein

92

Lituania*

92

Lussemburgo

92

Monaco

92

Norvegia

101

Nuova Zelanda

100

Paesi Bassi

92

Polonia*

94

Portogallo

92

Regno Unito e Manda del Nord

92

Repubblica

92


Ceca*

 

Romania*

92

Slovacchia*

92

Slovenia*

92

Spagna

92

StatiUniti d’America

93

Svezia

92

Svizzera

92

Ucraina*

100

Ungheria*

94

Unione Europea

92

*Paesi che stanno intraprendendo il processo di transizione verso un’economia di mercato
Esempio di lettura della tabella: l’Unione Europea deve ridurre le emissioni di una percentuale pari all’8 % rispetto ai livelli del 1990 ( livello di produzione 1990: 100; livello di emissione nel periodo 2008-2012: 92; la differenza in termini percentuali: 100-92=8)
Italia


Il nostro Paese appartiene al gruppo delle Nazioni incluse nell’Annesso B del Protocollo di Kyoto (1997). L’obiettivo di riduzione dei gas serra indicato nel suddetto Protocollo è fissato ad una percentuale dell’8% (ovvero la stessa percentuale indicata per tutti i Paesi appartenenti all’Unione Europea).
In sede comunitaria, nel Giugno 1998, sono state stabilite le percentuali di riduzione a carico dei diversi Paesi. Per l’Italia, è stata fissata una percentuale del 6.5% (per l’elenco completo degli impegni a carico di tutti i Paesi UÈ, si veda dati e statistiche: emissioni di gas a effetto serra nella UE).
Al preciso scopo di favorire una riduzione delle emissioni di gas antropogenici (nonostante il nostro Paese non abbia ancora ratificato il Protocollo di Kyoto, come tutti i Paesi dell’Annesso I, ma lo abbia solo siglato nell’Aprile 1998), il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) ha, nel Novembre 1998, individuato le azioni nazionali che permetterebbero di ottenere tale riduzione delle emissioni. Nella tabella seguente, estratta dalla delibera CIPE e pubblicata nella G.U. n. 33 del 10-2-99, sono individuate le azioni nazionali e le corrispondenti riduzioni ottenibili espresse in Mt CO2 equivalenti:


Fonte: http://www.scuolepie.it/scuolepie/progetti/ACQUA/Ambito%20scientifico/EFFETTO%20SERRA.doc

Autore del testo : non indicato nel documento di origine del testo

 

L'EFFETTO SERRA, Prof. dr. Arturo Romer

 

Abstract
The author describes the physical aspects of the greenhouse effect. He first analyses the main agents of global warming, making a distinction between a natural and an anthropogenic greenhouse effect and considering in particular the long-lived greenhouse gases such as carbon dioxide (CO2), methane (CH4), nitrous oxide (N2O, laughing-gas) and halogenated chlorofluorocarbons (CFCs). One of the most important conclusions is that today's radiative forcing caused by long-lived greenhouse gases, estimated at 2.45 ± 0.3 W.m-2, is already equivalent to an increase in solar radiation of more than 1%. The author then evaluates the demographic situation and its future development and he presents a set of energy consumption scenarios according to the assumptions described. The most important consequence in this respect is that, for the next decades, more than 80% of primary energy will still be of fossil nature. This means that it will not be easy to reduce emissions of greenhouse gases. Big efforts and agreements between north and south, i.e. between rich and poor countries, are necessary. The author considers and suggests some interesting possible solutions and strategies, that could help to reduce and limit at least partly the increase of greenhouse gases emissions: adopting a rational and efficient use of energy, higher conversion efficiencies, more efficient engines, encouraging the use of biomass (gasification, hydrogen, methanol and ethanol production), fostering the utilisation of hydropower, clean coal technologies, promoting coal gasification, combined cycles, cogeneration, heat pumps and fuel cells, improvements in the automobile technology, technology transfer from industrialized nations to developing countries, reflecting about a sensible and responsible use of nuclear power (fission and fusion). The electricity sector is expected to play a central role in the effort of reducing CO2 emission. It is demonstrated that not all the new renewable energies have the same possibilities and chances. Investments have to be realised where money produces the best environmental and social benefits. A number of techniques exist for valuing environmental impacts of energy production plants. Such evaluation approaches must be used to incorporate environmental costs into methodologies for least-cost planning and estimating marginal costs. The greenhouse effect is a very serious problem and we cannot wait for the final proof of its menace.

 

1. Introduzione

L’equilibrio climatico si è spezzato: è quanto si è portati a credere se si presta attenzione alla letteratura, alle cronache sui giornali e in televisione e più in generale al dibattito su quel fenomeno che la stampa ha battezzato “effetto serra”. Il mantenimento di un ambiente incontaminato e conforme alle esigenze della vita è uno dei compiti prioritari dell’umanità. I cambiamenti climatici hanno superato negli ultimi 50 - 100 anni quantitativamente le fluttuazioni verificatesi negli ultimi 10'000 anni. Anche se non sono ancora valutabili singolarmente con precisione, essi costituiscono dal punto di vista delle ripercussioni ecologiche, economiche e sociali certamente un rischio e una minaccia per l’umanità. Questo rischio è aggravato dal fatto che il fenomeno “effetto serra” si insinua in modo quasi invisibile - perlomeno per l’uomo comune - invece di manifestarsi come una violenta catastrofe. Considerati i lunghi tempi durante i quali si verificano i cambiamenti climatici, le precauzioni non sono dettate - come spesso accade - dalla ricerca di un profitto a breve termine, bensì da un profondo atteggiamento etico. Faremmo un pessimo gesto nei confronti dei nostri figli e nipoti se ci fissassimo unicamente sugli eventi istantanei e non fossimo in grado di riconoscere in anticipo i pericoli che prendono lentamente forma e di adottare le misure necessarie.


Il cambiamento climatico
globale è un problema serio.
Non possiamo più
permetterci di imparare
solamente per
esperienza vissuta.
La scienza ci ha messo
a disposizione degli strumenti
per guardare verso il futuro
e per prevedere gli effetti
a medio e lungo termine.

 

Fig. 1 Una riflessione di fondo
Il presente articolo si propone di analizzare con occhio critico e realismo il fenomeno dell'effetto serra e di indicare possibilità concrete di ridurlo. Le strategie di risposta ai rischi dell'effetto serra dipendono dall'orizzonte temporale che si intende considerare. Per orizzonti temporali che non superano i 10 - 15 anni, si può fare riferimento a proiezioni, costruite estrapolando al futuro i comportamenti del recente passato e del presente. Per orizzonti che si estendono a 50 anni e più, conviene far capo a metodologie in grado di fornire anticipazioni sulle possibili modifiche dei sistemi e delle tecniche energetiche.
Nel corso della storia, l'uomo è riuscito a migliorare costantemente la sua qualità di vita grazie ad una crescente disponibilità di energia primaria, il fuoco, l'agricoltura, l'animale, il carbone, il petrolio, il gas, l'acqua, il vento, l'uranio. Se la sua inventiva, il suo agire e la sua ricerca saranno guidati ed accompagnati da uno spirito etico, la sua sopravvivenza e la sua qualità di vita saranno salvaguardati anche in futuro. Se l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile sarà compreso fino in fondo dagli scienziati, dai tecnici, dai politici e dalla società civile, allora gli scenari apocalittici non avranno più ragion d'essere.

 

2. L'effetto serra

Si distingue tra un effetto serra naturale della terra e un effetto serra antropogenico, causato o accentuato dall'emissione sempre maggiore di determinati gas a effetto serra.
Desidero prima parlare dell'effetto serra naturale.
Le riflessioni partono dalla constatazione seguente: il sole, che, con una temperatura centrale di circa 20 milioni di Kelvin, trasforma in energia 4,2 milioni di tonnellate di materia al secondo in base all'equazione che collega massa ed energia (E = mc2), presenta una temperatura superficiale di circa 6000 K ed emette enormi quantità di energia sotto forma di radiazioni di fotoni visibili.

Fig. 2 La radiazione solare entrante e quella riflessa (fonte: W. Seifritz, p. 20)
Una parte di questa energia elettromagnetica, che viene irraggiata in tutte le direzioni, è assorbita dalla terra, la quale avrebbe una temperatura di 255 K (= -18° C) se fosse priva di atmosfera, benché la sua superficie riceva pur sempre un flusso radiativo pari a 1367 ± 0,5 W/m2 (costante solare So).
Con un raggio terrestre R = 6378 km, la potenza di radiazione complessiva P assorbita dalla sezione terrestre è quindi di
P = .R^2.So = 175 PW = 175.10E12 kW,
mentre il flusso radiativo medio che colpisce la superficie totale della terra nel ritmo notte-giorno è di
P = So /4 = 343 W/m2.
Una parte di questo calore viene assorbito dalla terra, la quale raggiunge così una temperatura di superficie di 288 K (= 15 °C). Per mantenere questa temperatura media , la terra deve a sua volta riflettere la maggior parte dell'energia ricevuta dal sole - altrimenti sarebbe come un forno, il che è perfettamente possibile in uno spazio cosmico con una temperatura di soli 3 K. Tale energia viene irradiata dalla terra sotto forma sia di luce visibile che di calore (radiazione infrarossa), percepibile non con la vista ma con il tatto. Per quanto riguarda l'energia luminosa, il 51 % dell'energia incidente è assorbito dalla superficie terrestre, il 19 % dall'atmosfera, mentre il 30 % viene riflesso nello spazio (la cosiddetta albedo della terra), principalmente tramite la diffusione delle nubi. Il tenore di vapore acqueo dell'atmosfera ha quindi un forte influsso sul bilancio delle radiazioni di luce visibile.
Siccome il bilancio delle radiazioni deve quadrare anche a livello globale, occorre indagare sul resto dell'energia. Infatti, solo il 30 % della radiazione incidente è riflesso sotto forma di luce visibile; di conseguenza, il 70 % deve essere riflesso sotto forma di raggi infrarossi, di cui il 64 % proviene dall'atmosfera. Qui si verifica uno scambio di energia complesso, che non comprende unicamente processi d'irraggiamento, ma anche fenomeni di altra natura (convezione, turbolenza, evaporazione, condensazione).
La legge di Stefan - Boltzmann fornisce il seguente bilancio:

dove è la costante di Stefan - Boltzmann (= 5,67. 10E-8 W/m2.K4) e A la albedo della terra.
In base all'equazione si ottiene una temperatura della superficie della terra To = 255 K. Ma siccome la terra presenta una temperatura media di 288 K, si ha un innalzamento della temperatura per effetto dell'atmosfera terrestre di 33 K. È proprio grazie a questo effetto serra naturale dell'atmosfera che la terra è abitabile, pur presentando notevoli differenze locali di temperatura.
La figura 3 rappresenta i gas che costituiscono l'effetto serra naturale. Si noti il ruolo essenziale del vapore acqueo.

Fig. 3 L'effetto serra naturale (T = 33 °C) (fonte: CH. Schönwiese, Klimaänderungen, 1995, disegno: A. Romer)

Fig. 4 La forzatura radiativa (in W.m-2) in funzione della concentrazione volumetrica (ppmv) di alcuni gas a effetto serra (fonte: T.E. Graedel, P.J. Crutzen, Chemie der Atmosphäre)
Passiamo ora all'effetto serra antropogenico:
Quanto descritto finora si riferisce a un effetto serra naturale, non influenzato dall'uomo, come si verifica sulla terra da milioni di anni: in base alle annotazioni del Medioevo, infatti, non emerge alcun influsso dell'uomo sul clima. Le cause risiedono da un canto nella popolazione della terra, in passato relativamente poco densa (ha superato la soglia dei 2 miliardi solamente nel 1925), e dall'altro nel fatto che i manufatti realizzati fino al ventesimo secolo, anche se molto inquinanti in base agli attuali parametri, anche se responsabili di grandi quantità di rifiuti nocivi, erano presenti sulla terra in misura tanto limitata e sparsa che era impensabile un qualsiasi effetto sul clima. Tutto ciò, però, è cambiato con l'avvento dell'industrializzazione, un processo che in Inghilterra e in Germania iniziò già all'inizio del diciannovesimo secolo ed è tuttora in corso.
Dall'inizio dell'industrializzazione, quindi, l';uomo ha creato un quarto livello energetico, che si situa tra 288 e 800 K circa, in alcuni casi (altiforni, caldaie di centrali elettriche, ecc.) raggiunge anche 1500 K, e che completa i tre livelli energetici naturali sole (5700 K), terra (ca. 288 K) e universo (ca. 3 K). Il calore liberato da questo quarto livello energetico viene irradiato a sua volta nell'universo o viene riflesso dalle nubi, il che rafforza ulteriormente l'effetto serra: l'anidride carbonica prodotta dalla combustione di vettori fossili ostacola la radiazione infrarossa nello spazio, provoca una congestione termica e di conseguenza tutta una serie di reazioni, che fanno ulteriormente salire la temperatura. L'aumento di concentrazione dei gas a effetto serra di lunga durata ha provocato un disturbo dell'equilibrio delle radiazioni pari a 2,34 W/m2.
La figura 5 rappresenta i gas serra dovuti all'attività umana.

Fig. 5 L'effetto serra dovuto all'attività umana (fonte: Ch. Schönwiese, Klimaänderungen, 1995, disegno: A. Romer)
Il CO2 costituisce il principale gas a effetto serra antropogenico. Le sue fonti sono ben note e possono essere stimate con buona approssimazione (nel 1997: 8 Gt (C), corrispondenti a ca. 30 Gt (CO2)). L'aumento attuale del CO2 nell'atmosfera ammonta a circa 1,8 - 1,9 ppmv all'anno, pari allo 0,5%. In questo aumento sono compresi la deforestazione e il consumo di energia fossile non commerciabile (p.e. dung e legna nei paesi in via di sviluppo).

Fig. 6 Il ciclo annuo del carbonio nel 1997. 1 Gt (C) corrisponde a 3,67 Gt (CO2) (fonte: World Energie Council, disegno: A.Romer)
Tra le fonti principali del CO2 prodotto dall'uomo figurano la combustione dei vettori energetici fossili, i disboscamenti e, in misura minore, la produzione di cemento. Nei paesi industrializzati, il consumo energetico si ripartisce in parti grosso modo equivalenti tra economie domestiche (32 %), industria (35 %) e trasporti (33 % circa), ma non si può dire lo stesso per le emissioni di CO2, per via delle differenze tra i vari vettori energetici. Nelle economie pianificate europee, finora, il 60 % dell'energia era consumato dall'industria e il 13 % dai trasporti, mentre nelle economie pianificate asiatiche il 50 % era consumato dalle economie domestiche, il 45 % dall'industria e il 5 % dai trasporti; nei paesi in via di sviluppo con un'economia di mercato, invece, il 49 % era consumato dall'industria, il 27 % dai trasporti e il 24 % dalle economie domestiche.

Fig. 7 La formazione di CO2 (disegno: A. Romer)
Il consumo energetico in un'economia nazionale (diverso da un paese all'altro) dipende dalla popolazione, dal clima, dal livello e dalla struttura della produzione, dall'efficienza dell'utilizzazione dell'energia e dalla ripartizione della produzione. In Francia e in Brasile, per esempio, il settore della produzione di energia genera pochissimo CO2, perché si fa forte ricorso all'energia nucleare e idroelettrica. In Svizzera, addirittura, il settore energetico-elettrico praticamente non produce CO2, poiché il 60 % dell'elettricità è generato in centrali idroelettriche e il 40 % restante in centrali nucleari; i circa 40 milioni di t di CO2 tuttavia prodotti provengono dal petrolio (83 %), dal carbone (8 %) e dal gas naturale (9 % circa ). In Europa, i combustibili fossili coprono più dell'80 % del fabbisogno di energia primaria.
Negli ultimi 250 anni la concentrazione di CO2 nell'atmosfera è cresciuta in modo esponenziale. Se attorno al 1750 si situava ancora sulle 270 ppmv, oggi raggiunge 365 ppmv.

Fig. 8 Concentrazione di CO2 a Mauna Loa, Hawaii (fonte: D.J. Wuebbles, Global atmospheric chemical change)

Fig. 9 L'effetto serra antropogenico dovuto all'aumento di CO2. Non sono considerati gli effetti retroattivi. (disegno: A. Romer)
Il solo CO2 implica oggi un aumento annuo della temperatura terrestre di 0,01 K. Ammettendo l'attuale consumo energetico per 100 anni, l'aumento della temperatura terrestre sarebbe di 1 K. Ma vi sono anche gli altri gas serra come pure gli effetti indiretti (p.e. aumento di vapore acqueo). Gli attuali modelli climatici prevedono perciò un aumento medio che si situa tra 2,5 e 4,5 K entro l'anno 2100.

Fig. 10 La variazione del CO2 durante le ere glaciali (disegno: A. Romer)

Fig. 11 La correlazione tra la concentrazione di CO2 (risp. CH4) e la variazione della temperatura sulla base delle misurazioni effettuate su carote di ghiaccio estratte in Antartide (fonte: F. Gassmann, Was ist los mit dem Treibhaus Erde)

 

3. Le conseguenze dell'effetto serra

Presumibilmente, dal punto di vista biosferico-ecologico e socio-economico, il principale problema per l'umanità è costituito dalle ripercussioni dei cambiamenti climatici antropogenici previsti a livello mondiale. È questo il problema di cui ci si dovrà occupare in maniera approfondita, forse spinti più da motivi emotivi che non razionali, e ciò nonostante l'incognita legata al suo verificarsi. Se i modelli climatici sono già abbastanza insicuri, lo saranno ancora di più se li si assocerà con i cosiddetti modelli d'impatto, volti a rilevare gli effetti dai cambiamenti climatici. Ma anche qui è d'obbligo la prudenza, soprattutto quando si parla di previsioni regionali. Analizzando l'impatto sul clima in termini di zone climatiche e classi di vegetazione, si constata una tendenza alla riduzione delle superfici boschive (misurate in base al potenziale bosco naturale, senza considerare i disboscamenti e i danni causati da sostanze nocive) con una velocità a volte drammatica, così come al netto aumento dei deserti, della steppa e della savana. Ciò rappresenta una grave minaccia per l'agricoltura, che rischia di subire siccità, fenomeni di carsismo, dilavamenti del suolo o il dilagare di organismi nocivi grazie alle condizioni più calde e umide alle latitudini medie. Altri effetti del genere, magari ancora sconosciuti, potrebbero a loro volta sommarsi in seguito all'utilizzazione di sostanze nocive o nutritive, creando effetti combinati non ancora noti dettagliatamente, ma che celano un notevole pericolo potenziale.
L'effetto serra potrebbe determinare modifiche della sfera vitale a causa di:

  • un aumento o una diminuzione regionale della temperatura
  • un innalzamento o anche un abbassamento del livello del mare
  • un aumento o una diminuzione dell'umidità dell'aria
  • un aumento o una diminuzione delle precipitazioni
  • l'influsso di altri elementi climatici, come il vento, gli uragani, le tempeste, ecc.

4. Il vertice di Kyoto

Due anni dopo la Conferenza delle Nazioni Unite per la Convenzione sui cambiamenti climatici di Berlino si è svolto a Kyoto in Giappone dal 1° all'11 dicembre 1997 il vertice sul clima. L'obiettivo era l'accettazione di una proposta di protocollo che dovrebbe impegnare in particolare le nazioni industrializzate nella riduzione di emissioni di gas ad effetto serra, prima di tutto CO2.


Paese

Emissione pro capite
in t CO2 (1990)

Quota parte mondiale %

Gran Bretagna

10.4

2.8

Italia

7.1

1.8

Canada

16.4

2.3

Giappone

8.6

4.9

Austria

7.6

0.3

Svezia

6.5

0.3

Svizzera

6.5

0.2

USA

20.0

23.5

Australia

15.9

1.3

 

Tab. 1 Emissione di CO2 di alcuni paesi (1990) (Tabella: A. Romer, fonte: AIE, 1993)
Dopo faticose ed estenuanti trattative si è raggiunto l'11 dicembre 1997 a Kyoto il primo accordo mondiale sulle riduzioni dei così detti "gas serra". Questa "maratona" è durata 11 giornate. Si tratta comunque del primo passo operativo dopo 5 anni di negoziati. Le quote di riduzione dei gas a effetto serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto, idrofluoroidrocarburi, perfluorocarburi, esafluoro di zolfo) sono circa del 5,2% entro l'anno 2010, sempre riferite alle emissioni dell'anno 1990. L'impegno della Svizzera è dell'8%, quello degli USA del 7%. Ricordiamo che gli USA rappresentano circa il 4% della popolazione mondiale, ma emettono globalmente circa il 24% dei "gas serra". I paesi in via di sviluppo sono per ora esclusi dagli obiettivi di riduzione, possono ovviamente contribuire alla riduzione su base volontaria. Il protocollo di Kyoto entrerà in vigore soltanto se sarà sottoscritto da 55 nazioni responsabili di almeno il 55% delle emissioni di "gas serra" a livello mondiale.
Chi oggi in materia di "Effetto serra" assume la posizione del catastrofismo e dell'isterismo ad oltranza, attribuendo ogni uragano, ogni temporale e ogni alluvione ai gas ad effetto serra, dimentica o ignora che durante gli ultimi 10'000 anni la temperatura media della terra (15 °C) ha subito variazioni importanti, indipendentemente dall'agire dell'uomo:


Epoca

Temperatura media emisfero nord (°C)

10'000 anni fa

14.5

6'500 anni fa

15.8 - 16.2

5'800 anni fa

14.5

4'500 anni fa

16

2'400 anni fa

13.8

2'000 anni fa

15.6 - 15.8

1'600 anni fa

14.8

1'000 anni fa

15.6

325 anni fa

14.0 - 14.2

oggi

15.3

 

Tab. 2 Le oscillazioni della temperatura media dell'emisfero nord (Tabella: A. Romer)
Queste oscillazioni sono dovute ai così detti parametri orbitali (traiettoria della terra, inclinazione dell'asse della terra, precessione dell'asse della terra). Un influsso sul clima viene esercitato pure dall'attività solare (macchie solari) che cambia nel tempo. Ma attenzione, non intendo essere frainteso dal lettore, non faccio parte di quelli che negano l'effetto serra. Anzi, sono convinto sulla base delle mie ricerche che questo fenomeno si farà sentire in modo serio a partire dalla metà del prossimo secolo. Ecco perché è irresponsabile e rischioso prendere alla leggera o persino negare l'effetto serra. Per i prossimi decenni la priorità va dedicata allo studio approfondito del fenomeno e alle misure dette di "non rincrescimento" (no regret measures): efficienza massima degli impianti energetici, uso intelligente e razionale di ogni forma di energia, promozione di reattori nucleari intrinsecamente sicuri, nonché promozione di energie rinnovabili, in particolare la forza idrica, la biomassa e l'energia termica solare. Apro ancora una volta una breve parentesi: la delegazione svizzera di Kyoto si è presentata al vertice con un obiettivo ambizioso: ridurre le emissioni di CO2 del 10% entro l'anno 2010. Ha però sottaciuto che le emissioni svizzere aumenterebbero subito del 35% se rinunciassimo oggi all'opzione nucleare. Non intendo strumentalizzare il lettore, il mio è semplicemente un obiettivo informativo. Per poter decidere democraticamente e liberamente, il cittadino deve innanzitutto sapere, sapere tutta la verità.

Fig. 12 L'effetto serra e le strategie di risposta. (Disegno: A. Romer)
La Svizzera potrebbe dare a livello mondiale un contributo importante nell'ambito della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Un contributo soprattutto indiretto, esportando tecnologia e know-how nei paesi in via di sviluppo. Certo, la nostra Autorità politica dovrebbe in questo caso cambiare l'attuale mentalità catastrofista e di autoaccusa in una mentalità imprenditoriale e solidale. Sono convinto e sfido chiunque che potremmo creare decine di migliaia di nuovi posti di lavoro con incremento di valore aggiunto, offrendo tecnologie e servizi energetico-ambientali e quindi qualità di vita a chi ne ha urgentemente bisogno.


Regione

Consumo annuo di energia primaria pro capite (1990)

 

in tep

in tec

Nord America

7.82

11.21

Unione Stati Indipendenti

5.01

7.18

Europa Occidentale

3.22

4.62

Europa occidentale e dell'est

2.91

4.17

America latina

1.29

1.85

Vicino Oriente e Africa del Nord

1.17

1.68

Pacifico

1.02

1.46

Africa sub-sahariana

0.53

0.76

Asia del sud

0.39

0.56

Media mondiale

1.66

2.38

Tab. 3 Il consumo di energia primaria nel 1990 (fonte: AIE 1993, tabella: A. Romer) (tep = tonnellata equivalente petrolio, tec = tonnellata equivalente carbone)
Ma torniamo al vertice di Kyoto. Se le decisioni prese saranno ratificate dai singoli paesi, allora il vertice di Kyoto rappresenta un buon punto di partenza. Non dimentichiamo che il cambiamento climatico è solamente una delle tante emergenze planetarie: esplosione demografica, fame, acqua, energia, malattie, guerre, fondamentalismi, clima, istruzione, mercato globalizzato privo di regole etiche, ecc... .

 

5. La situazione svizzera

La Svizzera dipende dal punto di vista energetico in larga misura dall'estero. L'unica e importante fonte primaria indigena è la forza idrica. Vi è naturalmente un'altra risorsa, ossia un immenso know-how nel campo energetico e ambientale. La tab. 1 dimostra che praticamente l'80% dell'energia finale è costituita dai vettori fossili (petrolio, gas naturale, legna e carbone).


VETTORE

CONSUMO

CONSUMO IN TJ

%

Prodotti petroliferi

11'670'000 t

488'150

60.9

Elettricità

47'882 GWh

172'380

21.5

Gas Naturale

26'539 GWh

95'540

11.9

Carbone

284'000 t

7'910

1.0

Legna

1'993'000 m3

17'520

2.2

Calore a distanza

3'330 GWh

11'970

1.5

Rifiuti industriali

-

8'450

1.0

Tab. 4 Consumo di energia finale - CH, 1995 (Fonte: ufficio federale dell'energia; tabella: A. Romer)
L'elettricità assume a livello di energia finale il 21,5%. Nell'anno idrologico 1993/94 il 62% dell'energia elettrica è prodotto con la forza idrica, il 36,2% con impianti nucleari e l'1,8% con energia fossile.
Oggi e nei prossimi anni il nostro paese e l'intera Europa disporranno di molta energia elettrica. Questa situazione non è in primo luogo il risultato di programmi d'azione come p.e. il programma "Energia 2000". No, questa situazione ha una sola e gravissima causa: la crisi economica. Con questa osservazione non intendo assolutamente denigrare il programma "Energia 2000". Anzi, sono dell'avviso che si tratti di una delle migliori iniziative nel campo energetico a livello mondiale. Dovremmo però passare dalla fase dell'apprendimento "in casa" alla fase dell'esportazione di questo importante know-how all'estero, in particolare nei paesi in via di sviluppo.

Fig. 13 Produzione di elettricità in Svizzera nell'anno idrologico 1993/1994. (Fonte: Unione delle Centrali Svizzere UCS; disegno: A. Romer)
Il futuro fabbisogno di elettricità dipenderà da una molteplicità di fattori. Taluni di questi causeranno un aumento della domanda, altri invece una diminuzione. Per esempio, il miglioramento dell'efficienza delle varie macchine (motori, turbine, celle a combustibile, cellule fotovoltaiche, gassificazione del carbone e della biomasssa ecc.) implicano una certa riduzione, mentre l'aumento della popolazione e la crescente informatizzazione daranno luogo ad un incremento della domanda di energia elettrica. Nel nostro paese molto dipenderà nel futuro dalla politica energetica che si intende adottare. A partire dal 2010, le attuali centrali nucleari raggiungeranno man mano il limite di età. Se il sovrano deciderà di non rimpiazzare queste centrali né con altre centrali nucleari, né con centrali termoelettriche fossili, allora si prevede per l'anno 2030 una grave penuria di energia elettrica. Mancheranno annualmente da ca. 20 a 30 miliardi di kWh di elettricità secondo le previsioni odierne. Se altre nazioni (p.e. la Francia) dovessero pure rinunciare in futuro alla scelta nucleare, allora l'Europa potrebbe trovarsi ad un tratto in una posizione molto seria e preoccupante.

Fig. 14 Costo specifico ambientale della produzione di elettricità (Fonte: P. Suter, ETHZ; disegno: A. Romer)
Pochi anni or sono molti paesi europei (tra cui la Svizzera, la Germania, l'Italia, la Francia ecc.) diedero grande e giustificata importanza al rispetto per l'ambiente in generale e alla qualità dell'energia elettrica in particolare. Oggi la parola "qualità" ha ceduto il suo posto al termine "liberalizzazione" del mercato dell'elettricità. Pare che i termini "qualità dell'energia" e "costi esterni" siano stati messi da parte. Siamo disposti ad aprire le frontiere a qualsiasi tipo di "kWh", poco importa se prodotto con il carbone, con la lignite oppure da reattori obsoleti e pericolosi come quelli di Chernobyl. Oggi si guarda unicamente al prezzo basso. Il problema ambiente e quindi il problema dei costi esterni viene rinviato alle generazioni future. La nostra energia idroelettrica e quella di origine termonucleare (tutte e due rispettose dell'uomo e dell'ambiente) devono cedere il posto e la competitività a tecniche energetiche molto meno rispettose dell'ambiente (maggiore emissione di CO2, maggiore rischio di incidente).
La maggioranza dei cittadini purtroppo non sa che l'energia elettrica svizzera di oggi è particolarmente rispettosa dell'ambiente, il nostro "mix" elettrico produce appena 16 g di CO2 per ogni kWh di elettricità, mentre a livello europeo vengono raggiunti addirittura 500 g. Con grande miopia rischiamo di prestarci a un baratto che si rivendicherà sui nostri nipoti. Si parla oggi di molti miliardi di franchi di perdite per investimenti non ammortizzabili, e ciò per la liberalizzazione del mercato che ignora gli aspetti etici dello sviluppo sostenibile. L'energia elettrica prodotta con lignite, con carbone e gas naturale costa molto meno solo perché si ignorano i costi esterni (= costi sociali). Questi impianti si ammortizzano in pochi anni, ma lasceranno un impatto ambientale che punirà soprattutto tramite l'effetto serra le future generazioni.
Personalmente sono convinto che gli impianti idroelettrici e quelli nucleari (intrinsecamente sicuri) saranno di nuovo competitivi sotto ogni punto di vista tra trent'anni. Purtroppo per ora, con l'obiettivo di aprire e liberalizzare i mercati, l'intera Europa sembra di voler ignorare il rispetto per l'ambiente e i principi dello sviluppo sostenibile. Nei prossimi anni conterà solamente il prezzo del prodotto che esce dalla presa elettrica. La qualità della produzione e il rispettivo impatto ambientale non hanno più importanza. Anzi, chi in passato ha investito sulla qualità (vedi forza idroelettrica e impianti nucleari), ora sarà punito dai cosiddetti "Stranded investments" (= investimenti non ammortizzabili).
La natura non ragiona al ritmo delle brevi legislature dei politici. Essa ubbidisce con rigore alle leggi fondamentali della fisica e queste non si lasciano né ignorare né calpestare. La risposta l'avranno i nostri figli e nipoti.

 

6. Conclusione

Coprire il fabbisogno energetico futuro non è cosa facile e ciò soprattutto per la forte crescita demografica da un lato e per le conseguenti implicazioni ambientali dall'altro. La soluzione dei problemi energetici rappresenta uno degli obiettivi di sviluppo più importanti. Lo slogan "l'energia è vita, la vita è energia" enuncia in modo sintetico ed efficace una profonda verità. Il progresso dell'umanità dipende in maniera sostanziale dall'approvvigionamento energetico sufficiente e sicuro. Viceversa il forte consumo di energia fossile ha conseguenze di natura ambientale. L'implicazione più temuta è il così detto "effetto serra". Si deve però sapere che esiste un effetto serra naturale senza il quale non ci sarebbe vita su questa terra. I gas che contribuiscono da sempre a questo effetto naturale sono in primo luogo vapore acqueo (H2O), anidride carbonica (CO2), ozono (O3), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O). Senza questi gas la temperatura media sulla superficie della terra sarebbe di circa -18 °C. La temperatura media è invece di +15 °C. L'effetto serra naturale comporta quindi un aumento di 33 °C. Tra i gas citati il CO2 ha un ruolo chiave. Esso funge da filtro delle radiazioni solari. Lascia passare l'energia (incidente) a onde corte e assorbe invece quella a onde lunghe, ossia l'irradiazione termica

emanata dalla terra verso lo spazio cosmico. Le attività umane (produzione agricola e industriale, traffico, economie domestiche, ecc.) implicano un forte consumo di energia e causano perciò un sensibile aumento dei gas (CO2, CH4, CFC, N2O, O3) che rafforzano l'effetto serra naturale. L'anidride carbonica (CO2) gioca un ruolo centrale. Le misurazioni rivelano che dall'inizio dell'ultimo secolo la concentrazione di CO2 nell'atmosfera è aumentata di un quarto. In questo periodo la temperatura media è aumentata di 0,7 °C. L'incremento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera è dovuto in primo luogo alla combustione di carbone, olio e gas e in minore, ma non irrilevante misura alla intensa deforestazione.
Il contenimento delle emissioni di CO2 deve perciò avvenire sia a livello di produzione che di consumo di energia. Le nazioni industrializzate dovranno fare uno sforzo particolare in questo ambito. Esse rappresentano circa il 25% della popolazione mondiale e sono responsabili di circa il 75% del consumo energetico. Questo quarto di popolazione ha ovvie responsabilità di guida nella ricerca di soluzioni. L'effetto serra può essere contenuto mediante le seguenti misure:

  • - ridurre i consumi usando l'energia in modo più razionale e più intelligente;
  • - costruire macchine e apparecchi con alti rendimenti;
  • - promuovere lo sfruttamento delle energie rinnovabili (forza idrica, collettori solari, pannelli solari, biomassa, vento);
  • - mantenere l'opzione nucleare (con reattori intrinsecamente sicuri; questa tesi è pure enunciata nell'ultimo libro del Club di Roma, La prima rivoluzione globale, 1992);
  • - investire nella ricerca energetica (compresa la ricerca sulla fusione nucleare);
  • - informare i cittadini in modo oggettivo su tutte le problematiche energetico-ambientali.

La quasi totale mancanza di energia e di beni in vaste regioni della terra non ammette più soluzioni fittizie e rinvii nel tempo. La sola forza fisica dell'uomo non è in grado di risolvere il problema energetico. Determinante è la forza mentale dell'uomo, il suo senso di responsabilità, la sua capacità creativa e la sua inventiva. Hiroshima e Chernobyl sono veri insulti alla scienza. La scienza deve diventare strumento di pace e di dignità umana e non strumento di distruzione. Questo ovviamente è possibile solo in un mondo libero e democratico nel senso più profondo e autentico. L'obiettivo principale di una politica energetico-ambientale resta in definitiva la qualità di vita che presuppone uno sviluppo sostenibile.


Prof. Dr. Arturo Romer, Direttore Elettricità Svizzera Italiana

 

Fonte: http://finazzi.ch/documenti/serra.doc

 

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