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Il mare

 

In fondo al Mare

 

14.1 Il fondo marino
Il fondo marino presenta aspetti molto vari da luogo a luogo, è possibile tuttavia delinearne le caratteristiche comuni riscontrabili nei 3 grandi oceani (Pacifico, Atlantico, Indiano) quanto nei mari minori. Solamente negli anni 60 del secolo scorso si è iniziato a conoscere il pavimento degli oceani grazie agli ecoscandagli, usati già dopo la seconda guerra mondiale.
La profondità media si aggira intorno ai 3800 m, dato che si ricava dalla curva ipsiografica della superficie terrestre, una linea ondulata costruita in un sistema di assi cartesiani che mette in evidenza l’estensione delle terre emerse e quella dei fondali marini alle varie quote: in ascissa son riportate le aree in valori assoluti e in percentuale, in ordinata l’altitudine e la profondità.
Partendo dalla riva e procedendo verso l’alto mare non si passa subito alle grandi profondità: attorno alle terre emerse vi è una piattaforma continentale a debole pendenza (2 per mille) con profondità fino a -200 m, inferiore laddove le grandi catene montuose si accostano al mare. Tale piattaforma continentale occupa il 7% di tutti i fondali.
La piattaforma, geologicamente parlando, fa parte del continente vicino, il cui margine si estende anche nella scarpata continentale, più ripida e giunge in media fino ai 200 m di profondità (9% complessivo del fondale marino). Il bordo inferiore della scarpata è segnato da un dolce declivio, detto rialzo continentale, che segna il passaggio al dominio oceanico.
Oltre la scarpata, si estendono i fondi oceanici con profondità fino ai 6000 m (83% del fondale interrotti a tratti da rilievi sottomarini). La parte rimanente, (1%) è occupata dalle fosse o abissi, che comprendono le depressioni inferiori ai 6000 m situate nei pressi dei rilievi, emersi e sottomarini.

L’esplorazione del fondale è stata compiuta da strumenti e dall’uomo direttamente: da ricordare è il tentativo di A. Picard che con il suo batiscafo a forma di uovo è stato il primo essere umano a toccare il fondale marino nei pressi delle fosse delle marianne e a fotografare la vita abissale: celenterati gelatinosi, fosforescenti e disgraziati.
La pressione diminuisce di 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità. Successivamente, una nave francese trainò un veicolo simile a una slitta (Troika) dotato di telecamera e in grado di monitorare il fondale su cui si trovava. Attualmente, il fondale viene esplorato mediante sottomarini a 4 posti e immense navi oceanografiche dotate delle piu’ sofisticate attrezzature.

14.1.1 Una varietà di depositi sedimentari e una enorme risorsa di minerali utili
I sedimenti sono di tipo clastico–detritico presso la costa e di tipo fangoso-organogeno al largo. Si tratta di depositi in continua evoluzione. La piattaforma continentale presenta sedimenti che vanno modificandosi di caratteristiche a partire dalla costa fino al mare aperto. Sulla zona litorale contigua alla costa la deposizione dei sedimenti è influenzata: dalla vicinanza delle terre emerse, dall’azione delle onde e delle maree, dall’azione dei fiume che qui sfociano. I materiali più grossolani (ciottoli, ghiaia, sabbia) qui si depositano, mentre i detriti più sottili finiscono in sospensione nell’acqua e il moto ondoso li trasporta nella zona sublitorale (silt, argille).
In corrispondenza della scarpata e del rialzo continentale si trova la zona batiale (sabbie, silt, argille, fanghi).
Nella piattaforma continentale e lungo parte della scarpata continentale si osservano i prolungamenti subacquei di molti alvei fluviali scavati lungo le glaciazioni (il livello del mare era inferiore).
Le valli sottomarine a forma di canyon sono state originate dall’azione abrasiva dei sedimenti costieri che, scivolando ad alta velocità lungo il punto di maggior pendenza della scarpata continentale, scava visibili solchi sulle pareti rocciose. Un fenomeno simile, detto corrente di torbida, con i sui 90 km/h può rompere grandi cavi telefonici e telegrafici posati sul fondo marino: i materiali che essa trasporta si accumulano ai piedi della scarpata, sul rialzo continentale, formando depositi a forma di ventaglio chiamati conoidi sottomarini; può però capitare che essa oltrepassi il rialzo e depositi i suoi detriti a profondità maggiori. Granuli, ciottoli e detriti vari si trovano anche nei fanghi delle alte latitudini perché derivano dai frammenti di rocce contenuti nel ghiaccio, sprofondati nel momento della sua fusione.
Sui ripiani oceanici (3000-4000 m) estesi in tutti e 3 gli oceani vi sono i fanghi a “globigerine”: non si trovano a profondità maggiori perché i gusci calcarei dei protozoi (che vivono in superficie) sotto i 4000 metri tornano in circolo come CaCO3 (carbonato di calcio). Ciò non succede ai gusci silicei delle diatomee (alghe verdi unicellulari) e delle radiolari (protozoi) che resistono alle alte pressioni e alle basse temperature: sotto i 4000 m si trovano infatti i fanghi silicei.
Nelle pianure abissali (4000-5000 m fino alle massime profondità) troviamo distese di rocce basaltiche sommerse da strati di fanghi abissali, finissimi sedimenti alterati dalla formazione millenaria.
Vaste estensioni di fanghi abissali sono tappezzate di noduli, simili a ciottoli appiattiti di 5 cm in media. Tali noduli polimetallici (o manganesiferi) sono ricchi in Mn e Fe più tracce di altri elementi e si presentano con una struttura a laminari concentrici accresciutesi intorno a un frammento iniziale (nucleo di aggregazione). I componenti dei noduli derivano in parte dalle terre emerse e in parte dall’alterazione sottomarina dei materiali prodotti in seguito alle attività vulcaniche che si verificano lungo le dorsali. Da essi si possono estrarre metalli pregiati: dai 2 mila miliardi di tonnellate di noduli presenti sui fondali si potrebbero estrarre una quantità superiore di risorse minerarie maggiore di quante ne potremmo trovare sulla terra ferma. Strumenti e impalcature costruiti per il loro recupero prevedono l’utilizzo di lunghe pompe aspiranti o catene a tazze draganti, trascinate da navi cisterna all’interno delle quali vengono poi raccolti i materiali risucchiati. 

14.1.2 Da fondali accidentali e difformi emergono rilievi vulcanici e scogliere organogene
I fondali non sono globalmente concavi ma convessi per la curvatura della Terra. Sono movimentati, oltre che dalle dorsali oceaniche, anche da dossi e cupole di grandi dimensioni composte di basalto e da fosse e fratture. Frequenti sono anche gli edifici vulcanici (4000-5000 m di altezza) che ora sono sommersi e ora emergono: le Azzorre, le Canarie, le Hawaii sono rilievi, dovuti all’attività vulcanica, che si elevano dal fondo oceanico. Da ricordare è il caso delle isole effimere, isole che spariscono nel giro di poco tempo perché demolite dalle onde (1830, l’Isola Giulia al largo di Agrigento).
Sugli orli di crateri di vulcani estinti e posti a debole profondità i coralli possono impiantare le loro colonie: esse prosperano in corrispondenza dei tropici a profondità comprese tra 0 e 60 m [scogliere organogene, ovvero gli atolli: di forma circolare o a ferro di cavallo laddove i venti non permettono la chiusura della struttura con il loro soffiare costante, facendo sì che la laguna sia collegata al mare circostante]
Le barriere coralline prosperano su dorsali che giungono quasi in superficie. Se il supporto roccioso su cui vivono i coralli tende ad abbassarsi lentamente, le colonie crescono più in fretta verso l’alto, nel tentativo di non scendere sotto i 60 m di profondità; se il fondo è stabile le colonie tendono invece ad allargarsi; se vi è un lento innalzamento, una parte emerge formando delle isole.
Sono stati scoperti numerosi coni vulcanici subacquei con la cima troncata e coperta di coralli (500-800 m): i seamount o guyot [questi ultimi sono atolli sprofondati, perché le colonie non vivono a quelle profondità e i coralli sono fossili del Mesozoico]. Da allora ad oggi si è verificato un abbassamento del fondale, ma non manca chi ritiene che invece sia anche aumentata la quantità di acqua marina sulla Terra.

 

14.2 Le caratteristiche chimico-fisiche e la vita nelle acque marine
L’acqua del mare contiene in soluzione:

  • Sali prevalenti, costituenti principali;
  • Sali in quantità minore, costituenti minori;
  • Elementi in tracce non trascurabili.

La salinità complessiva si aggira sui 35 grammi per litro: esistono mari caldi in cui l’evaporazione è forte e si raggiungono valori come 68 gr/l e mari freddi in cui l’evaporazione riduce la salinità a 3,5 gr/l (1/20 della media). La salinità dunque varia nel complesso da mare a mare e nello stesso bacino da stagione a stagione, ma i rapporti proporzionali tra i costituenti principali rimangono invariati (NaCl presente al 77%) e naturalmente gli elementi chimici che compongono i Sali sono presenti nella soluzione acquosa sottoforma di ioni. Determinare la percentuale di un sale significa insomma individuare la salinità dell’acqua presa in esame.
I componenti minori sono in gran parte metalli, dal litio al cobalto e all’oro, in tracce. L’acqua del mare contiene in soluzione quasi tutti gli elementi chimici conosciuti in natura (84 dei 103 presenti sulla Terra), la maggior parte di essi è presente solo in tracce. La presenza dei metalli è spiegata con l’azione di solvente universale di cui è capace l’acqua marina in tempi sufficientemente lunghi.
Gli elementi presenti in tracce hanno rapporti di proporzionalità variabili nello spazio e nel tempo a causa della moltitudine di fattori biologici da cui dipendono. L’azoto e il fosforo vengono utilizzati dalle alghe verdi del plancton e quindi spariscono negli strati superficiali dove ancora avviene la fotosintesi; stessa sorte tocca al silicio nelle acque fredde, usato dalle diatomee per costruire il loro guscio (sono i costituenti di rocce organogene silicee). Siccome alcuni composti sono necessari alla vita, azoto, fosforo e silicio sono detti nutrienti. L’acqua e l’anidride carbonica non vantano questo appellativo dal momento che sono presenti in acqua e nell’atmosfera in quantità illimitate.
Non tutti i sali vengono dai fiumi: buona parte deriva dalla condensazione degli elementi gassosi contenuti nell’atmosfera originaria e dai prodotti dell’alterazione delle rocce di fondo, dalle esalazioni vulcaniche e dalla decomposizione degli organismi.
L’acqua contiene anche gas disciolti che derivano sempre dall’atmosfera. Alcuni di essi sono inerti (azoto), altri partecipano alle attività biologiche dell’ambiente marino (ossigeno e anidride carbonica). La loro presenza è dovuta alla pressione parziale che hanno nell’aria atmosferica, alla temperatura e alla salinità (sono più presenti nell’acqua fredda e poco salata).

14.2.1 Tante proprietà interdipendenti, collegate all’insolazione
La salinità dipende dalla temperatura, quindi dal riscaldamento solare.

  • L’acqua a salinità media congela a -2°C perché più densa dell’acqua dolce. La densità aumenta con l’aumentare della salinità (il punto di congelamento si abbassa con crescere della salinità), della pressione e della profondità. Varia in senso inverso al variare della temperatura.
  • La temperatura in superficie, pur variando con le stagioni e la latitudine, più costante rispetto a quella che si osserva sulle terre emerse; da ciò deriva la funzione “mitigatrice” del mare sul clima. In profondità la temperatura può presentare valori molto vari anche alla stessa latitudine.

La temperatura di profondità peraltro non è mai molto alta, perché le correnti fredde, proveniente dalle aree polari, scorrono rasenti al fondo verso l’Equatore e rimescolano le acque; la temperatura media dell’intera massa acquosa è 3,8°C.
Fino a profondità comprese tra 150 e 200 m di profondità la temperatura delle acque è omogenea per rimescolamento ad opera del moto ondoso e del vento. A maggiori profondità esiste uno strato caratterizzato da un forte gradiente verticale della temperatura, il termoclino, compreso tra 800 e 1000 m in base alla temperatura delle acque sovrastanti, alla latitudine e alla stagione.
All’aumentare della latitudine la profondità del termoclino aumenta; e alle alte latitudini questo manca del tutto perché le acque superficiali, riscaldate debolmente, hanno già una temperatura piuttosto bassa. Tra il termoclino e i 4000 m la temperatura diminuisce con un gradiente minore, quindi si stabilizza. Nelle regioni polari, nei mesi invernali soprattutto, la temperatura delle acque è anche più bassa nello strato superficiale, che quindi congela [a congelare è solo la patina superficiale e non l’acqua sottostante, dove vi è vita].

  • La penetrazione della luce solare è funzione della latitudine, della stagione e dell’ora del giorno (raggi che giungono verticali o obliqui) e della trasparenza dell’acqua, che a sua volta dipende dalla salinità e dalla presenza di minuscoli organismi. La lunghezza d’onda del rosso è assorbita per prima, quella verde-azzurra giunge a profondità maggiori.
  • Il colore del mare dipende sia dalle caratteristiche proprie dell’acqua che dalla riflessione del colore del cielo. Più nello specifico, il colore è legato alla diffusione della luce che interessa le lunghezze d’onda minori dello spettro visibile: perciò acque limpide saranno indaco, azzurre e in seguito verdi (presenza di fitoplancton); i coloriti giallastri dipendono da impurità torbide (scariche e rifiuti); il colore rosso è legato a sostanze in genere inquinanti.

14.2.2 L’ambiente marino: un’ecosistema imponente e complesso in un enorme e composto bioma
L’insieme delle componenti biotiche e abiotiche (esseri viventi e acqua & co.) forma un ecosistema, il più grande della biosfera. Al suo interno contiene mini ecosistemi tutti bene o male correlati tra di loro. Dal momento che i mari sono tutti collegati tra di loro e che le proprietà fisiche dell’acqua marina sono meno varie di quelle delle terre emerse e dell’atmosfera, possiamo considerare il mare un unico grande bioma anche se le specie animali contenute al suo interno variano sensibilmente da zona a zona.
L’ecosistema marino comprende il “benthos” (insieme di organismi che vivono a contatto con il fondale marino), il “necton” (esseri dotati di movimento proprio come i pesci), il “plancton” (organismi piccoli o microscopici animali e vegetali che vivono in superficie in balia delle onde). In mari non alterati da azioni antropiche si stabilisce automaticamente e naturalmente un equilibrio biologico alimentare: gli esseri voraci sono presenti in numero minore e le loro prede si riproducono in continuazione per evitare di estinguersi; è su questo naturale meccanismo che si basano le possibilità di utilizzazione del mare per l’alimentazione umana. Tale catena alimentare (o trofica) lega tra di loro e con l’ambiente fisico i vari organismi della comunità marina.

  • La maggior parte della sostanza organica su cui è basata la vita marina è fotosintetizzata nella zona eufotica (piena di luce) ad opera del fitoplancton che usa i Sali marini in soluzione. Essi sono preda del più grande zooplancton erbivoro e di alcuni pesci piccoli, nutrimento del necton, i pesci più grandi. I Sali che precipitano sui fondali, nutrimento del benthos e dei pesci abissali, risalgono lungo le scarpate continentali insieme alle correnti marine e vengono così rimessi in circolo.

14.3 I movimenti del mare: effetti dell’azione atmosferica e di corpi celesti
I movimenti del mare sono limitati se consideriamo l’estensione marina e lenti se consideriamo la rotazione terrestre ma non sono affatto trascurabili sia per la loro continua azione di modellamento delle coste che per tutto ciò che concerne le attività marittime in generale.
Fra i tanti movimenti citiamo:

  • Le onde, oscillazioni irregolari;
  • Le maree, oscillazioni periodiche dell’intera massa marina;
  • Le correnti, che fanno capo alla grande circolazione oceanica e assumono i caratteri di moti costanti.

14.3.1 L’agitazione delle acqua superficiali: le onde marine
Il moto ondoso è dovuto principalmente allo spirare del vento: con le sue frequenti pulsazioni di diversa intensità produce increspature che vanno aumentando di dimensione con l’aumentare dell’attrito e della pressione esercitate (onde forzate). Quando il mare è agitato a causa della propagazione del moto ondoso a distanza anche notevole dal luogo di origine si parla di onde libere, onde il cui movimento non si smorza al cessare del vento ma si attenua dolcemente.
Si distinguono nell’onda una parte chiamata cresta e una chiamata ventre (o cavo), ossia l’altezza e la depressione dell’onda rispetto al livello del mare (superficie orizzontale); l’altezza è la distanza tra la cresta e il ventre secondo la verticale; la lunghezza è distanza orizzontale tra 2 creste o 2 ventri successivi; la velocità di propagazione è lo spazio percorso nell’unità di tempo dalla cresta in km/h; il periodo è l’intervallo di tempo tra 2 passaggi consecutivi di una cresta nello stesso punto; la direzione dell’orizzonte da cui l’onda proviene (N, S, O, E).

  • Massima altezza= 7-9 m (onde di tempesta); 15-18 m (tsunami, causati da terremoti sottomarini).
  • Massima lunghezza= 180-200 m, ovvero 30 volte l’altezza circa; 600 m in casi eccezionali.
  • Massima velocità= quella del vento che non viene comunque mai raggiunta, 30-40 km/h; 70 km/h negli oceani soggetti agli alisei; 500-900 km/h in caso di tsunami.

Il comportamento e le caratteristiche del moto ondoso variano in funzione del vento e a seconda che tale movimento si effettui in alto mare o in vicinanza dalla costa. In mare aperto si hanno le onde di oscillazione: le particelle d’acqua sono soggette a soli movimenti circolari e non si hanno spostamenti orizzontali né trasporto d’acqua [moto di tipo oscillatorio]. Dato l’attrito, tale movimento dalla superficie è trasmesso agli strati sottostanti di acqua sempre più smorzato, fino ad annullarsi ad una profondità pari a metà della lunghezza d’onda.
A mano a mano che ci si avvicina alla costa si verifica un’accelerazione del moto delle particelle localizzate sulla cresta e una concomitante diminuzione del moto di quelle del ventre; la cresta si rovescia in avanti e ricade verso il basso, originando marosi e frangenti. L’attrito esercitato tra le masse d’acqua e il fondale trattiene l’onda e provoca una dispersione di energia: l’onda di traslazione consiste in un reale trasporto d’acqua. Il flutto di ritorno, che si muove sotto l’onda successiva, è detto risacca.
Quando le onde marine sbattono contro un ostacolo si riflettono, con le leggi dell’ottica geometrica.

  • Il fenomeno della riflessione delle onde prevede che l’onda, battendo, conservi parte della sua energia e tornando indietro si componga con la successiva onda, generando un’onda stazionaria, ovvero un movimento verso l’alto nei pressi dell’oggetto riflettore [cosa che accade nei fondali profondi, nei porti, dove le navi non son sospinte avanti e indietro, ma in alto e in basso];
  • Il fenomeno della rifrazione delle onde si verifica in fondali bassi (L/2) e prevede che le onde si smorzino da sole fino a divenire parallele alla costa; questo fenomeno è importante per l’accumulo dei materiali sabbiosi e ciottolosi lungo le spiagge.

14.3.2 Le cause e i ritmi periodici delle maree         
Le maree sono un fenomeno che si ripresenta periodicamente e che quindi può essere previsto: sono oscillazioni ritmiche con innalzamenti (flussi) e abbassamenti (riflussi) del livello marino provocati dall’azione gravitazionale della Luna e del Sole sulle masse d’acqua. Si ripresentano, in genere 2 volte al giorno (giorno lunare, 24 ore e 50 minuti). La differenza tra il massimo innalzamento (alta marea) e il massimo abbassamento (bassa marea) è l’ampiezza della marea.
Tra le forze generatrici delle maree concorrono l’azione gravitazionale esercitata dalla Luna sulla terra e la forza centrifuga dovuta al moto di rivoluzione che il sistema Terra-Luna compie attorno al baricentro comune. Nel fenomeno interviene anche la forza di attrazione del Sole che agisce in modo analogo a quello della Luna con intensità minore a causa della maggiore distanza dalla Terra.
Se la periodicità delle maree però fosse legata ai soli movimenti lunari dovremmo avere ogni giorno un solo flusso e un solo riflusso perché la Luna culmina su ogni meridiano una volta al giorno: la responsabile del secondo movimento acquatico è la forza centrifuga, che agisce agli antipodi dell’influenza lunare, dovuta alla rivoluzione del sistema Terra-Luna. In realtà tutti i corpi del sistema solare esercitano una forza attrattiva sulla Terra, trascurabile, però, per la loro notevole distanza.
Il comportamento delle maree è anche legato alla profondità e alla forma dei bacini marini, alla direzione e alla configurazione del litorale, dall’effetto delle forze di inerzia delle masse d’acqua e dal loro attrito sul fondo.
Si osservano 2 oscillazioni complete del mare durante un giorno lunare, cioè ogni 12 ore e 25 minuti (maree semidiurne); laddove se ne osserva una sola si manifestano le maree diurne; dove si verificano l’uno e l’altro caso abbiamo le maree miste. A causa dell’attrito con il fondo e tra le masse d’acqua, l’alta marea non si verifica quando la Luna culmina sul meridiano corrispondente, bensì con un certo ritardo - l’ora di porto – che varia di zona in zona e può arrivare alle 12 ore. La compilazione di una cartina in cui son segnate le linee cotidiali consiste nell’individuazione dei luoghi in cui l’alta marea si verifica contemporaneamente.
Il diverso comportamento delle maree è fornita dalla teoria dell’onda stazionaria o oscillante: i vari oceani e maripiù grandi sono suddivisi in tante unità di marea che oscillano con ampiezza e periodo autonomo, basati sulle forze lunisolari, ampiezza e forma del bacino stesso.
L’oscillazione possiede anche un moto circolare impartito dalla rotazione terrestre (forza di Coriolis) che fa girare l’alta marea in senso antiorario nel nostro emisfero (orario nell’emisfero australe) attorno ai punti nodali: i punti anfidromici sono settori in cui le maree non si verificano, dai quali si irradiano le linee cotidiali.
[Forza di Coriolis: 2xmassaxvelocitàxvelocità angolare di rotazionexsenA; lo spostamento del corpo è solo relativo, perché ciò che si sposta è la Terra che ha velocità lineare maggiore o minore rispetto alla latitudine: è una forza apparente]
Ogni bacino ha un suo periodo naturale di oscillazione.
Oltre ai moti verticali, le maree causano anche spostamenti orizzontali, le correnti di marea: non sono correnti marine in quanto interessano tutta la massa d’acqua in questione e cambiano periodicamente direzione. Si originano in vicinanza di stretti o coste, in cui le maree locali risultano sfasate. Il fenomeno di riflusso delle acque dalla foce di un fiume in direzione della sorgente è detto pororoca nel Rio delle Amazzoni ma è comunemente chiamato mascaret nei fiumi Europei che sfociano nell’Atlantico.

14.3.3 I grandi flussi delle masse acquee: le correnti marine
Mentre le onde e le maree sno movimenti del mare che avvengono generalmente senza trasporto di acqua, le correnti consistono in spostamenti orizzontali di masse acquee; sono paragonabili a fiumi sottomarini che scorrono con direzione costante e velocità propria, distinguendosi dalle acquee circostanti per rapidità e temperatura, colore e salinità. L’azione congiunta del movimento di rotazione e dell’influenza eolica deviano le correnti che, in loro assenza, disegnerebbero uno spostamento costante di acque calde tropicali verso i poli in superficie e un movimento in profondità di acquee fredde verso l’Equatore (dove le acquee si riscaldano e tornano in superficie).

Dato il surriscaldamento marino all’Equatore, l’acqua qui presente tenderà ad espandersi e provocherà un innalzamento complessivo del livello marino. A causa della gravità che ostacola tale innalzamento questa spinta verso l’alto viene deviata verso i poli: l’acqua calda equatoriale sarà così sostituita dalla nuova arrivata acqua fredda giunta dai tropici. A causa della forte evaporazione, le acque equatoriali saranno più salate, spostandosi verso i poli distribuiranno la salinità eccedente la media e diverranno più dolci verso i poli. (correnti di convezione: ciclo completo dai poli all’equatore, dalle acquee calde superficiali salate e meno dense a quelle fredde sottomarine dolci e dense).
La corrente oceanica è più complessa in realtà. Data la rotazione terrestre le masse d’acqua sono soggette alla forza di Coriolis che le devia dal loro percorso originario per cui le correnti superficiali non fluiscono secondo linee rette bensì secondo circuiti chiusi e distinti nei diversi bacini (la circolazione nell’emisfero boreale è in senso orario, in quello australe è in senso antiorario). Da non trascurare sono l’azione dei venti (siano essi costanti come gli alisei o periodici come i monsoni, i venti possono modificare la velocità delle correnti e addirittura invertirla, come nel caso dell’Oceano Indiano, in cui cambia 2 volte all’anno) e la morfologia dei bacini marini (che devia e modifica il percorso delle correnti). Anche nei mari minori si verificano correnti sottomarine e superficiali, più ridotte di quelle oceaniche, prevalentemente legate a discorsi di squilibrio tra bacini contigui e differenze di salinità, densità e temperatura.

 

Fonte: http://unitiresistiamo.altervista.org/Mare.doc

Sito web : http://unitiresistiamo.altervista.org/

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