Tunisia

 

 

 

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LA TUNISIA

 

La Tunisia è lo stato più piccolo dell’Africa settentrionale, ma ha una storia ricca di avvenimenti importanti. Nel 1100 a.C. si stabilirono in questo paese i fenici, in una colonia presso Utica, facendone uno scalo tra la loro città madre di Tiro e la Spagna. Continuarono costruendo una serie di porti su tutta la costa nordafricana, i più importanti dei quali sono Hadrumètum, Hippo Diarrhytus e Cartagine, la principale nemica di Roma. Cartagine fu la capitale del mondo fenicio occidentale a partire dal VII secolo a.C. e divenne la principale potenza  del Mediterraneo all’inizio del V secolo a.C. La città durò fino alle guerre puniche che iniziarono nel 263 a.C. e si conclusero nel 146 a.C. con la caduta di Cartagine. Allora il territorio tunisino passò sotto Roma, che sviluppò l’agricoltura di questo paese. Dopo la caduta dell’Impero Romano i Vandali conquistarono la Tunisia, di cui restarono i possesso per dieci anni, prima che i bizantini se ne impadronirono tenendola per ben 150 anni. Nel VII d.C. gli Arabi conquistarono l’Egitto e la Tunisia, ma nel XII secolo la Tunisia divenne uno stato indipendente a causa delle rivolte delle popolazioni locali. La Tunisia cadde sotto la dominazione della Turchia nel 1547 dopo 50 anni di guerre tra la Spagna e la  Turchia durante la quale era passata nelle mani di una e dell’altra una mezza dozzina di volte. Nel 1705 il governo turco ottenne l’indipendenza che durò fino al 1881, quando i francesi vi inviarono 30'000 soldati col pretesto di sorvegliare il confine con l’Algeria. In breve occuparono Tunisi e costrinsero il bey (governatore) a cedere loro i propri poteri, appropriandosi delle migliori terre della Tunisia. Con la capitolazione della Francia nella seconda guerra mondiale il movimento nazionalista tunisino, con a capo Habib Bourguiba, rese indipendente la Tunisia. La Tunisia diventò indipendente il 20 marzo 1956, con Bourguiba a capo del governo. L’anno successivo fu proclamata la repubblica e Bourguiba ne fu il primo presidente. Bourguiba ridusse il ruolo sociale dell’Islam allontanandolo dall’istruzione e dalla legge, abolì i tribunali della shari’a (legge del corano) e confiscò le terre che avevano finanziato moschee e istituzioni religiose.
La presidenza di Bourguiba durò fino al 1987 quando dopo anni di lotta contro il partito islamico venne tradito dal suo ministro Zine el Abidine Ben Ali, che approfittando delle tensioni interne lo dichiarò mentalmente instabile e lo esiliò in un palazzo fuori Monastir. Ben Ali salì al potere ed oggi i principali partiti di opposizione sono emarginati e la censura è un fatto comune, così come la corruzione politica e la mancata libertà di stampa. Secondo la nuova riforma costituzionale, Ben Ali si potrà ricandidare per altri due mandati allo scadere del terzo, nel 2004.
La Tunisia confina a nord con il mar Mediterraneo, a ovest con l’Algeria e a est e sud con la Libia.
La Tunisia settentrionale gode di un clima tipicamente mediterraneo, con estati calde e asciutte e inverni miti e piovosi. La piovosità annua varia dai 1000 mm del nord ai 150 mm del sud, ma in alcune aree del Sahara la pioggia non scende per anni e anni. Il punto più basso del paese si trova a Chott el-Gharsa, a 17 m sotto il livello del mare, mentre il punto più alto è il monte Jebel Chambi, a 1544 m.
Il fiume più lungo della Tunisia è la Medjerda, lungo 365 Km.
La fauna della Tunisia ha attraversato periodi molto difficili nella storia. Gli elefanti da guerra usati da Annibale e i leoni impiegati nelle arene romane sono ormai estinti. Sono in via d’estinzione alcune specie di gazzella e il cervo di Barberia, mentre è molto raro il fennec notturno. Sono comuni il cinghiale, le manguste, le genette, i porcospini e il varano del deserto, parente del varano di Komodo.
Le piante più diffuse sono i sugheri, i lecci, le acacie e il corbezzolo.
L’Islam è la religione di stato e nonostante si stia registrando un forte ritorno alla religione il paese è sostanzialmente liberale. Grazie all’impegno dell’ex presidente Bourguiba la condizione della donna in Tunisia è migliore rispetto a quella degli altri paesi islamici:
Bourguiba vietò la poligamia, impose limiti alla tradizione di combinare matrimoni e ha portato alla graduale diminuzione dell’uso del velo.
I bagni pubblici, detti hammam, costituiscono uno dei punti focali della vita tunisina e vengono considerati anche come luogo per socializzare, oltre che come luogo di pulizia. I bagni sono separati per gli uomini e le donne.
Caffè e tè sono bevande molto diffuse. L’unico alcolico di produzione locale è un distillato di fichi chiamato boukha.

 

     Autore: Eugenio
http://eugen.altervista.org/ricerche.html

 

 


 

Tunisia

 

Un’altra Tunisia
di Mara di Mauro

Arrivando a Tunisi in aereo si può gustare dall’oblò  l’ultimo tratto di Mediterraneo prima di avvistare la costa e, cominciando a perdere quota, provare a chiudere gli occhi, immaginare tutto il continente africano, da Tunisi estendersi per migliaia di chilometri fino a Cape Town, lasciarsi ancora per un po’ cullare da immagini di deserti, praterie, foreste, genti e tribù in cammino, occhi neri, animali da favola  e quant’altro la più letteraria e sentimentale delle visioni ci possa evocare affinchè l’atterraggio sia dolce e carico di esotismo come previsto.
Qualche secondo ancora per poi riaprire gli occhi, guardare giù e  sgranarli una seconda volta per non credere alla visione che si presenta allo sguardo, pensare per un istante di non avere mai lasciato l’Italia e realizzare un attimo dopo, dolenti, che invece quella è proprio la Tunisia: chilometri di verdi vallate, reticolati infiniti di campi, fazzoletti di terra che scintillano sotto il sole, con la consueta moltiplicazione di colori dovuta alla variazione di colture. Non un solo centimetro di terra è nudo, immune dalla produzione intensiva: tutto è coltivato, sfruttato, sviluppato, moderno. Prima ancora di mettere piede a terra uno scorcio d’Occidente in terra d’Africa, precedendo qualsiasi altro pensiero, dice che la Tunisia è cambiata.
Cambiata da quando, alla fine del 1800 navi cariche di italiani, per lo più siciliani ma anche sardi, toscani e genovesi, attraversavano il Canale di Sicilia su imbarcazioni di fortuna e raggiungevano le coste tunisine con il loro unico bagaglio, la ferma volontà  di trovarvi l’America, un modo per dire fortuna, soldi, lavoro: una vita migliore.
Un movimento inverso e  in parte analogo a quello degli attuali migranti che, oltre un secolo dopo, sulle stesse imbarcazioni di fortuna, dalle coste maghrebine ri-attraversano il Canale di Sicilia e, dimezzato il loro carico umano lungo il tragitto, approdano a Lampedusa o sulla costa ragusana per ritrovarsi nella migliore delle ipotesi in uno CPT, senza alcuna distinzione tra quanti emigrano per necessità economiche, quanti sono in fuga da problemi con la giustizia e quanti invece chiedono asilo politico.
Un destino diverso quello toccato  agli italiani, ai fortunati di allora a cui l’Africa, al tramonto regalava un approdo indimenticabile, una lenta approssimazione alla distesa bianca di tetti e di cupole che si confondeva con l’ocra della sabbia, delle spiagge e all’orizzonte un preannuncio di deserti e  di dune, sotto un azzurro esagerato che lentamente si spegneva nel blu della notte. Ringraziavano il cielo di trovarsi lì, a Tunisi, di esser arrivati sani e salvi in Africa e  quanta bellezza li accoglieva,  quanta speranza.
Gli italiani, i siciliani furono operosi e fianco a fianco con i tunisini costruirono strade e porti, chiese, teatri e scuole persino un intero quartiere, La Goulette, a ridosso del porto di Tunisi, avviarono produzioni, attività e commerci, e naturalmente solidali contro i francesi i Protettori della Tunisia, cominciarono a superare la differenza culturale per trovare delle forme di sincretismo che ancora oggi persistono nel tessuto culturale della città, nei ricordi degli anziani, dovute al fare piu che al dire. Insieme,  italiani  e tunisini superarono anzi saltarono, senza drammi, senza clamori e soprattutto senza retorica, la fase del multiculturalismo per realizzare nella società e nella vita di ogni giorno una speciale forma di integrazione culturale, quel difficile tipo di relazione che ai giorni nostri gli specialisti auspicano e chiamano interculturalismo.
Ma oggi,  arrivando in aereo dal finestrino si scorge, un’altra Tunisia, fatta di industrie, fattorie, canali d’acqua artificiali, strade enormi, ponti, palazzi e grattacieli, fatta di progresso. Poi si atterra in un grande aeroporto, l’Aeroport International Tunis- Chartage ; in fila allo sbarco si scambia qualche parola col proprio vicino e si scopre che è uno dei tanti  uomini di affari- accanto a lui un uomo con la giacca di pelle ha aperto una filiale di un’azienda farmaceutica italiana; quello biondo nell’altra fila, a sinistra, che parla al cellulare, è un ingegnere siciliano che lavora per una ditta edile che ha vinto l’appalto internazionale per la costruzione di una gallerianel nord-ovest, davanti a lui c’è l’ing. Tal dei Tali che produce vino- e che vino!- si conoscono tutti si ritrovano la sera in Place della Casbah nel migliore ristorante della città, sono i nuovi immigrati, entusiasti di questa Tunisia come sempre feconda e generosa.
Girando lo sguardo ci si accorge che  la gente, con abiti -e forse anche andatura- occidentali, corre. Non ci vuole molto per capire che tutta Tunisi corre, a piedi, in auto o in tram, con l’idea di modernità addosso, corre. Si può tentare allora di percorrere strade secondarie e, se si è fortunati, trovare  qualcosa che evochi  la visione di Tunisi dei primi del novecento, dei caffè affollati lungo il viale Bourguiba, dei fasti del primo giornale in italiano all’estero, il  “Corriere di Tunisi”, delle sale da ballo e della processione per la festa della Vergine Maria con il corteo di arabi e cristiani nella calura d’agosto, del pesce fresco la domenica mattina alla “Goulette”. Si può provare ad arrivare al centro, cercare ancora, volare svelti alla medina. Ed ecco, finalmente, il cuore della città tutto bianco come prima! Invece no, è grigio, non è come prima.
Tunisi è inquinata, malata, di desiderio, di consumo, di malsana emulazione. Mentre ci si lascia superare dalla folla, che fluisce liquida come in qualsiasi altra grande città del mondo, conviene fermarsi. Cercare di capire. Capire cos’è avvenuto in questi anni, in cui la Tunisia- con un reddito reale pro-capite aumentato di circa il 20% dal 2000 ad oggi- è divenuta “paese emergente”, cioè con un’economia in transizione da una condizione di debolezza e deficit ad un’economia in via di sviluppo,  naturalmente secondo standard e target occidentali.
Certo, la necessità politica di cambiamento e di modernizzazione non è nuova per il  paese che già all’indomani dell’Indipendenza dal Protettorato francese (1956) aveva chiari gli orientamenti e le linee strategiche di sviluppo, sulla base del pragmatismo laico del suo primo presidente, Habib Bourguiba. Per un trentennio Bourguiba, il padre della patria, come molti lo ricordano ancora, trainò con coerenza e tenacia fino alla fine del suo mandato, il paese verso un lungo cammino di riforme politiche e soprattutto sociali che, se non fecero uscire il paese dalla condizione di insufficienza alimentare, ebbero però la responsabilità di modificare lentamente il tessuto sociale tradizionale (e metterlo in crisi), condizione ritenuta, dagli economisti più accreditati del mondo cosiddetto moderno, fondamentale alla modernizzazione economica e allo sviluppo in generale. Il costo fu alto per la popolazione che, rigidamente orientata dall’alto, rappresentata da un partito unico, con la mancanza cronica di pluralismo, rinunciava alla costruzione di valori democratici e alla salvaguardia dei diritti umani per “edificare una società migliore” come disse lo stesso Bourguiba nel discorso tenuto al congresso dei giovani destouriani nel 1968.
La vera svolta, però, si è avuta in quest’ultimo ventennio, da quando cioè nel 1987 Zine el-Abidine Ben Alì, l’homme qui a changé la Tunisie, così titolano in coro tutte le riviste e i giornali che circolano nel paese, con un golpe bianco, è succeduto a Bourguiba, ha avviato un processo di riforma chiamato etapisme e ha messo sottosopra il paese, aprendo le porte all’Occidente.  Più precisamente al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale e in seguito all’Unione Europea che hanno, da quel momento, dettato le nuove regole di sviluppo. Con dei piani di intervento chiamati PAS (Piano di aggiustamento strutturale) l’intero sistema economico tunisino (ma anche maghrebino) è stato sottoposto a modificazioni profonde, per essere adeguato al mercato internazionale; ingenti flussi d’investimenti seguiti alle previste liberalizzazioni, hanno cominciato a fluire nelle casse dello Stato, una nuova classe media è nata e si sta consolidando nei centri urbani; l’autosufficienza alimentare è stata raggiunta! e oggi la Tunisia è un paese che esporta e produce, prevalentemente in e per l’ Europa.
Quando nel luglio del 1995 il governo Tunisino firmò, per primo rispetto al resto del Maghreb, l’accordo di associazione con l’UE, colse l’occasione che aspettava per consolidare (attraverso gli aiuti Meda) i propri successi economici da un lato e per fare il proprio ingresso nell’economia globale dall’altro.
Poco importava  che il paese fosse letteralmente spaccato in due da un divario economico regionale incolmabile, che il processo democratico fosse ancora in fase embrionale, che i media siano praticamente imbavagliati  e che se non fosse per i rapporti sul rispetto dei diritti umani di Amnesty International poco o nulla sapremmo di quanti prigionieri politici si trovino ancora nelle carceri tunisine.
Oggi si parla del partenariato euro-mediterraneo, del Processo di Barcellona, dell’area di libero scambio prevista per il 2010, come se fossero bandiere di rinnovato progresso e la sola chiave di cooperazione e di crescita nel Mediterraneo. Eppure, a ben vedere, sono molti gli esperti che sollevano legittimi dubbi sulla disparità economica e produttiva, che invece di essere diminuita è cresciuta tra le due rive; sulle asimmetrie di redditi, di condizioni di lavoro e di welfare,  sulla impossibilità di essere realmente competitivi per i paesi della riva sud, in una ipotesi di  mercato unico; sul flusso migratorio in aumento dalle coste maghrebine; in una parola sulla valenza di sfruttamento post-neo-colonialista, rivisitata in chiave moderna e  globale che tutta questa operazione del Mediterraneo porta con sé, retoricamente.
La prima immagine dell’arrivo in Tunisia è dunque la rappresentazione di questo sforzo di trasformazione? La visione di un paese che insegue modelli culturali, di sviluppo e di consumo, che non appartengono alla sua storia,  di centri commerciali affollati come in tutto l’Occidente, di giovani attaccati ai telefonini, con le strade intasate di automobili, affollate di  imprenditori europei  intenti a sfregarsi le mani per le grandi opportunità di guadagno che questo paese offre loro.
E’un’altra Tunisia che si trova  mentre si cerca la vecchia. C’è da perdere la speranza.
C’è da chiedersi se la globalizzazione sia la più grave fra le  malattie con cui il nord ha infettato il sud, non solo nel Mediterraneo,  tutti i sud  del mondo, attraverso il colonialismo prima, le nuove politiche europee filostatunitensi e l’imposizione del sistema di mercato globale adesso. C’è da chiedersi se i paesi in via di sviluppo possano ancora percorrere, qualora siano in grado di sganciarsi dal treno del progresso occidentale, una propria inedita via di modernizzazione, diversa, altra e tuttavia possibile, eticamente possibile, sostenibile.
C’è da farci due passi su queste considerazioni prima di ripartire con l’amaro in bocca, tirare giù la tendina dell’oblò e mettersi a dormire. Magari  arrivare al suk, nella medina di Tunisi e fermarsi davanti la moschea El Zitouna, dove ancora fortunatamente i visitatori stranieri non sono ammessi con i loro clic  e i loro flash; una volta lì, lasciarsi solleticare le narici dal buon profumo che proviene da uno dei tanti piccoli negozi di essenze dirimpetto alla moschea, un odore forte di rosa, di ambra e di gelsomino.  Con l’intenzione di comprare qualche boccettina e dei saponi-souvenir entrare nel negozietto per farsi poi indicare gentilmente ma risolutamente dal commerciante, un giovane poco più che ventenne, di uscire. Deve andare alla preghiera delle cinque. Già, l’adnan, il richiamo alla preghiera lanciato cinque volte al giorno, dall’alto del minareto anche nell’occidentale, laica, moderna Tunisia. Presi dallo shopping il canto può sfuggire ad un  orecchio europeo ma non al giovane commerciante che per questo non esita a chiudere le porte, infilarsi le babbucce  e andare a pregare anziché cogliere l’ultima occasione per vendere, per fare un affare. Qualcuno, a ragione, ha detto “la tete dans la modernitè, le pieds dans la tradition, les tunisiens sont simplement tunisiens”.

 

Fonte : http://www.flingue.unict.it/mediterraneo2010/docs/b01.doc

 

Studio Regionale - LA TUNISIA ALLE SOGLIE DEL 2010
Mara Di Mauro

Il Mediterraneo è oggi uno spazio denso di complessità, di legami storici, di affinità socio-culturali;  un luogo dove si intensificano sempre più le relazioni politiche e di cooperazione  economica tra i paesi che vi si affacciano ma anche il  divario crescente tra la sponda nord, ricca e moderna, dove sono collocate alcune tra le regioni più industrializzate del pianeta e la riva sud, ricca di materie prime e di forza lavoro ma deficitaria di know how e spesso con apparati politici scarsamente  democratici. Nel 1995 il processo di Barcellona ha nuovamente consacrato questa regione ad area strategica nello scacchiere internazionale  considerando in nuova prospettiva le problematiche ma anche le potenzialità comuni.
In quest’area in cui convivono dimensioni divergenti, la Tunisia rispetto al resto del Maghreb, emerge come partner privilegiato dell’Europa partecipando dell’idea di costruire una comunità  mediterranea che anziché alimentare i rapporti di disuguaglianza  e tradizionale squilibrio tra le due sponde, afferma la propria antica vocazione al dialogo e allo scambio, su un piano paritario, di natura culturale, politica  ed economica.
La Tunisia è stata attraversata, da un ventennio a questa parte, da un significativo processo di modernizzazione che, procedendo per tappe attraverso la programmazione e l’attuazione di riforme strutturali in tutti i settori dell’economia e della società civile, ha condotto il paese al superamento  della tradizionale condizione di “sottosviluppo” per accedere allo status di paese “in via di sviluppo”, definizione che serve ad indicare il raggiungimento di alcuni importanti standard occidentali di sviluppo economico ed umano.
Da alcuni anni l’istituzione dell’Osservatorio Mediterraneo 2010 presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Catania ha permesso di sistematizzare le conoscenze acquisite negli anni e nei progetti di ricerca precedenti relativi alla geografia del Mediterraneo con particolare attenzione all’area del Maghreb.
Allo studio di carattere generale sono state affiancate nell’ultimo periodo  ricerche tematiche per aree regionali specifiche come quella condotta nell’ultimo anno sulla Tunisia  dal gruppo di ricerca coordinato dal prof. Nunzio Famoso.
Il progetto si basa sull’analisi multidisciplinare dei legami tra sviluppo, territorio e ambiente muovendo dalla consapevolezza che le problematiche  socio-economiche tunisine  non possono  prescindere da una contestualizzazione anche sistemico-territoriale. A questo proposito è stato fondamentale il contributo fornito dalla missione di ricerca condotta da un gruppo ristretto di dottorandi nel Nord della Tunisia dall’11 al 18 dicembre 2006, per la raccolta di dati e documenti, per l’osservazione e l’analisi diretta del territorio tunisino e delle sue problematiche.
Questo approccio metodologico ha consentito al gruppo di ricerca di procedere per via complementare e sinergica  utilizzando al meglio le diverse risorse e  competenze scientifiche, dando vita ad unico studio di carattere regionale che dovrebbe vedere la luce in tempi brevissimi.
Questo almeno  è quanto emerso dall’ultima riunione di progetto svoltasi lunedì 25 giugno 2007 presso la presidenza della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania con l’obiettivo primario di valorizzare quest’esperienza di lavoro comune e dare un contributo scientifico a quanti tra osservatori e studiosi   si occupano dell’area maghrebina.

 

Fonte: http://www.flingue.unict.it/mediterraneo2010/docs/b03.doc

 

Tunisia, se la conosci la ami
In viaggio tra antiche rovine, comunità berbere e moderne città

Martina Panarello II D

La Tunisia è stata, sin dai tempi più remoti, scenario di diverse guerre e dominazioni da parte di popoli differenti. Primi fra questi troviamo i fenici che vi si insediarono fondando importanti città tra cui Cartagine la quale dal 264 a.C divenne scenario delle tre guerre contro Roma conosciute come guerre puniche. In seguito vi sono stati i romani, i vandali,i bizantini, gli arabi e, per ultimi, dalla fine del XIX secolo fino a metà del XX, i francesi. Il 20 marzo 1956 la Tunisia si dichiara indipendente e dal 1957 è una repubblica presidenziale suddivisa in ventiquattro governatorati. Oggi, in Tunisia,il cui nome, Tūnus, pare abbia origine dalla lingua berbera, con il significato di promontorio, o, più probabilmente, "luogo in cui passare la notte", sopravvivono piccole tracce delle diverse dominazioni che però sono state quasi del tutto soppiantate da quella araba-mussulmana. Tunisi, la capitale, è una città dai forti contrasti. Troviamo il viale principale in perfetto stile europeo, francese per l’esattezza, pieno di bar, alberghi lussuosi e palazzi con architettura moderna.  Il lungo colonnato di alberi che incornicia la strada si conclude con una riproduzione del Big Ben londinese. Per strada si possono incontrare donne vestite con abiti occidentali e altre con i tipici vestiti mussulmani, tra cui il classico velo che copre loro il capo che a seconda delle caratteristiche prende nomi diversi. Quelli che solitamente troviamo in Tunisia sono lo chador e l’haik.  La donna in questa nazione non si trova più ad affrontare la difficile situazione di cui è stata schiava fino alla seconda metà del ‘900, quando il presidente Habib Bourguiba, eletto il 1°giugno del 1959, attuò diverse riforme tra cui quella della libertà della donna di vestire come preferisce.   A Tunisi e nei dintorni, comunque, sopravvivono diversi reperti di età romana tra cui il sito archeologico di  Cartagine e i bellissimi mosaici del museo del Bardo, dove si trova quello famoso di Virgilio con le muse. Luogo di interesse economico è “la medina”, il centro commerciale, che si presenta circondata da mura all’interno delle quali si alternano spazi aperti e chiusi e dove i negozi sono molti e di ogni genere: dall’oro ai vestiti, dagli oggetti per la casa alle essenze e alle spezie. Ma allontanandosi dal centro troviamo quartieri sempre più poveri, lontani dal movimento e dall’occidentalizzazione del centro.
Percorrendo la costa tunisina si incontrano poi città prettamente turistiche, come Hammamet e Monastir piene di alberghi e locali dove poter fumare il tipico narghilè. Monastir è però anche città natale dell’amato presidente Bourguiba al quale è stato eretto un grandissimo mausoleo, privo di qualsiasi valore artistico ma molto scenografico in quanto progettato secondo il tipico stile arabo. Vicino queste due città vi sono due grossi centri archeologici, Dougga e Sbeitla, i cui resti sono ben mantenuti, soprattutto gli anfiteatri e i templi in onore della triade capitolina Giove, Giunone e Minerva. Altra meta importante ma dal punto di vista religioso è la città di Kairouan considerata la quarta città santa dell’Islam. Essa ospita la Grande Moschea,un imponente edificio costituito da alte mura esterne che custodiscono un cortile interno dove, in uno dei quattro lati, si apre l’entrata della sala della preghiera. E’ vietato per legge l’ingresso ai turisti di altre religioni che devono limitarsi a vedere la sontuosa sala da fuori. Essa è abbellita da bellissimi tappeti e alti colonnati di marmo. Scendendo più a sud, il paesaggio, insieme al clima, cambia completamente: si lasciano le immense distese verdi di prati, ulivi e alberi di agrumi per far posto a scenari prettamente desertici. Qui inizia la vera e propria Tunisia. La sabbia prende il posto della terra e gli alberi sono sostituiti da altissime palme e piccoli cespugli. Le città cambiano e spesso al loro posto si trovano piccoli villaggi i cui abitanti vivono dei frutti che la terra da loro giorno dopo giorno. Tozeur è una delle città più grandi e lo scenario che offre è davvero bellissimo. Lì vicino l’oasi di Nefta è un paradiso di palme. Percorrendo le strade in mezzo al deserto capita di imbattersi in dromedari selvatici che camminano in gruppo. Il deserto, distinguibile in roccioso e sabbioso, è la casa di popolazioni antiche come i berberi e i trogloditi che vivono in case scavate nella roccia. È la vera Tunisia, incontaminata e mai toccata dall’occidente.

 

Fonte: http://www.lafarina.it/files/14_la_tunisia_e_stata_stoa_4.doc

                                                                                                                                                                               

 

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