Il verso

 


 

Il verso

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

 

Il verso


Il verso non è altro che una riga di una poesia, la sua unità ritmica minima di lunghezza variabile. È formato da sillabe, che nella tradizione della letteratura italiana possono variare da due a sedici. Ma non mancano poeti che sporadicamente hanno usato versi costituiti da un numero di sillabe più alto.
I versi italiani si classificano in base al numero delle sillabe di cui sono composti. Si hanno dieci tipi di versi, di cui cinque parisillabi (2, 4, 6, 8, 10 sillabe) e cinque imparisillabi (3, 5, 7, 9, 11 sillabe).

 

Bisillabo

Il bisillabo ha per forza un solo accento sulla prima sillaba:
Diétro
quàlche
vétro
quàlche
vìso
biànco
quàlche
rìso
stànco
quàlche
gèsto
lèsto
(G. A. Cesareo, Parte il treno, vv 6-17)
Dopo tanta
nébbia
a ùna
a ùna
si svelano
le stelle
(G. Ungaretti, Sereno, vv 1-6)

Ternario

Il ternario ha un unico accento ritmico sulla seconda sillaba:

Si tàce,
non gètta
più nùlla.
Si tàce,
non s’òde
romóre
di sòrta,
che fórse…
che fórse
sia mòrta?
(A. Palazzeschi, La fontana malata, vv 26-35) 
 
La mòrte
si scónta
vivéndo 
(G. Ungaretti, Sono una creatura, vv 12-14)

Quaternario

Il quaternario ha due accenti sulla prima e sulla terza sillaba:

Ècco il móndo
vuòto e tóndo
scénde, s’àlza
bàlza e splénde.

Ècco il móndo.
Sùl suo gròsso
antìco dòsso
v’è ùna schiàtta
e sózza e màtta,…
(A. Boito, Mefistofele, Atto II, Scena I)
 
Col mare
mi sono fatto
ùna bàra
dì freschézza
(G. Ungaretti, Universo)
 
Spesso questo verso è usato alternato con versi più lunghi come gli ottonari:
Paranzelle in alto mare
biànche biànche,
io vedeva palpitare
còme stànche:
o speranze. Ale di sogni
pér il màre!
(G. Pascoli, Speranze e memorie, vv 1-6)

Quinario

Il quinario ha due accenti: uno sulla prima o seconda sillaba, l’altro sulla quarta sillaba:

Vìva la chiòcciola,

vìva una béstia

che unìsce il mèrito

àlla modèstia.

Essa àll’astrònomo

e all’àrchitétto

fórse nell’ànimo

destò il concètto

del cànnocchiàle

e délle scàle:

vìva la Chiòcciola,

càro animàle.

(G. Giusti, La chiocciola, vv 1-12)

 

Anche questo verso spesso è usato alternato a settenari ed endecasillabi o come clausola:

Te, certo, te, quando la veglia bruna

lenti addiceva i sogni a la tua culla,

te certo riguardò la bianca luna,

biànca fanciùlla.

(G. Carducci, Vendette della luna, vv 1-4)

 

Lungo la strada vedi su la siepe

ridere a mazzi le vermiglie bacche.

nei campi arati tornano al presepe

                            tàrde le vàcche.

(G. Pascoli, Sera d’ottobre, vv 1-4)

Senario

Il senario ha due accenti ritmici: uno sulla seconda e l’altro sulla quinta sillaba:

E càdono l’óre

giù giù, con un lènto

gocciàre. Nel cuòre

lontàne risènto

paròle di mòrti…

(G. Pascoli, Il nunzio, vv 8-12)

 

Sul chiùso quadérno

di vàti famósi,

dal mùsco matérno

lontàna ripósi,

ripósi marmórea,

dell’ónde già fìglia,

ritórta conchìglia.

(G. Zanella, Sopra una conchiglia fossile, vv 1-7)

Settenario

Il settenario ha un accento fisso sulla sesta sillaba e l’altro mobile su una delle prime quattro:

L’àlbero a cui tendévi                

la pargolétta màno,                    

il vèrde melogràno                     

da’ bei vermìgli fiòr,                  

nel muto òrto solìngo                 

rinverdì tutto or óra                    

e giùgno lo ristòra                      

di lùce e di calór.                      

(G. Carducci, Pianto antico, vv 1-8)

 

Le suòre, a le finéstre              

del convénto, sul fiùme            

guardan passàr le bàrche:        

guardano mùte e sóle,             

mute e digiùne, al sóle.            

Giùngono a le finéstre             

(come tàrde le bàrche!)          

un odór di bitùme,                  

un odóre silvéstre.                 

(G. D’Annunzio, Le tristezze ignote, vv 19-27)

 

Il settenario molto spesso è alternato a quinari ed endecasillabi:

Silvia, rimèmbri ancóra

quel tempo della tua vita mortale,

quando beltà splendèa

negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,

e tu, lieta e pensosa, il limitare

di gioventù salìvi?

(G. Leopardi, A Silvia, vv 1-6)

 

Ottonario

L’ottonario ha gli accenti ritmici sulla terza e sulla settima sillaba:

Quant’è bèlla giovinèzza                  

che si fùgge tuttavìa:

chi vuol èsser lieto, sìa,

di domàn non c’è certèzza.

Quest’è Bàcco e Ariànna,

belli, e l’ùn dell’altro ardènti:

perché ‘l tèmpo fugge e ingànna,

sempre insième stan contènti.

(Lorenzo il Magnifico, Canzona di Bacco, vv 1-8)

 

Oggi è il giórno del giudìzio, 

delle bèlle ne vedrèmo;         

seri sèri dall’inìzio                 

lo scrutìnio noi farèmo.         

(Z. Drisoli, La ballata dello scrutinio finale, vv 5-8)

Novenario

Il novenario ha tre accenti ritmici che cadono sulla seconda, sulla quinta e sull’ottava sillaba:

Il giòrno fu pièno di làmpi;      

ma óra verrànno le stélle,

le tàcite stélle. Nei càmpi

c’è un brève gre gré di ranèlle.

Le trèmule fóglie dei piòppi

trascórre una giòia leggièra.

(G. Pascoli, La mia sera, vv 1-6)

 

Le véle le véle le véle

che schiòccano e frùstano al vènto

che gònfia di vàne sequèle

Le véle le véle le véle

che tèsson e tèsson: laménto

volùbil che l’ónda che ammórza

ne l’ónda volùbile smórza

ne l’ùltimo schiànto crudèle

Le véle le véle le véle.

(D. Campana, Barche amorrate)

 


Decasillabo

Il decasillabo ha gli accenti ritmici sulla terza, sulla sesta e sulla nona sillaba:

Soffermàti sull’àrida spónda,

volti i guàrdi al varcàto Ticìno,

tutti assòrti nel nòvo destìno,

certi in còr dell’antìca virtù,

han giuràto: Non fìa che quest’ónda

scorra più tra due rìve stranière;

non fia lòco ove sòrgan barrière

tra l’Itàlia e l’Itàlia, mai più!

(A. Manzoni, Marzo 1821, vv 1-8)

Endecasillabo

L’endecasillabo è un verso di undici sillabe con accenti in posizione libera, se si esclude l’ultimo che cade sempre sulla decima sillaba; tuttavia gli schemi più usati per gli accenti principali sono: sulla sesta e sulla decima; sulla quarta, ottava e decima; sulla quarta, settima e decima.


Tanto gentìle e tanto onésta pàre         

la donna mìa quand’ella altrùi salùta,  

ch’ogne lingua devèn tremando mùta,  

e li occhi no l’ardìscon di guardàre.      

(Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare, vv 1-4)

 

Sempre caro mi fù quest’ermo cólle,      

e questa sièpe, che da tànta pàrte             

dell’ultimo orizzónte il guardo esclùde.  

Ma sedendo e miràndo, interminàti         

spazi di là da quèlla, e sovrumàni           

silenzi, e profondìssima quiète                 

io nel pensiér mi fingo; òve per pòco       

il cor non si spaùra. E come il vénto        

odo stormìr tra queste piànte, io quéllo   

infinito silénzio a questa vóce                   

vo comparàndo: e mi sovvién l’etérno,     

e le morte stagiòni, e la presénte                

e viva, e il suón di lei. Così tra quésta       

immensità s’annèga il pensier mìo;            

e il naufragàr m’è dolce in quésto màre.    

(G. Leopardi, L’infinito)

 

...

né più nel cór mi parlerà lo spìrto        

delle vergini Mùse e dell’amóre,          

unico spìrto a mia vìta ramìnga…        

(U. Foscolo, Dei Sepolcri, vv 10-13)

 

Fonte: http://federicozucchini.altervista.org/text/ilverso.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Parola chiave google : Il verso tipo file : doc

 

 

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Il verso

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

 

Il verso