PLC
PLC
Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.
Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).
PLC
L’ unità centrale del PLC
  In questo  capitolo verranno analizzate le principali caratteristiche strutturali e di  funzionamento di un’ unità centrale, indipendentemente dalla tipologia  costruttiva del PLC.
  Come  riportato nello schema a blocchi della figura 5, essa è costituita dalle  seguenti entità fondamentali:
- alimentatore,
- processore (CPU),
- memorie (dati e programma).
Alimentatore
  Il  microprocessore necessita di alimentazione ad una tensione continua e  stabilizzata di pochi volt (in genere 5 V); altri dispositivi complementari,  come ad esempio i circuiti adibiti al test autodiagnostico, richiedono una  tensione di 12 o 24 V sempre in corrente continua.
  L' unità  centrale di ciascun PLC é equipaggiata pertanto con un alimentatore in cui sono  raggruppati tutti i dispositivi necessari per fornire tale alimentazione  quali:
- trasformatore,
- raddrizzatore,
- stabilizzatore.
Le più comuni caratteristiche di un alimentatore sono:
- tensione di rete applicabile in ingresso (in genere 110 o 220 V);
- corrente di uscita, che varia a seconda dei modelli in base alla quantità di moduli che deve supportare; valori tipici sono compresi tra 0.1 e 15 A;
- separazione galvanica tra entrata e uscita dell' apparecchio, che evita disturbi provenienti dalla rete di alimentazione;
- protezione per i cortocircuiti costituita generalmente da un fusibile di tipo rapido;
- segnalazione attraverso un led (individuabile dalle sigle “Power” oppure “AC” oppure “ON”) del funzionamento o meno dell' unità, della presenza della tensione di rete in ingresso e della disponibilità di tensione in uscita, correttamente trasformata e stabilizzata.
La selezione della tensione di rete può avvenire, a seconda dei modelli,  in modo automatico, mediante un selettore manuale oppure tramite un connettore  jumper posizionato in prossimità dell’ alimentatore stesso.
  In alcuni  modelli monoblocco di taglia piccola è stato scelto, al fine di ridurre l’  ingombro dell’ apparecchiatura, di non installare l’ alimentatore; in tal caso  é prevista una morsettiera tramite la quale collegare una fonte in C.C., di  solito a 24 V.
  Per il  collegamento dell’ alimentatore ai circuiti esterni é invece disponibile una  morsettiera multipla con le uscite a 5, 12 e 24 V; tuttavia nella maggior  parte dei casi l' utente non deve effettuare alcun cablaggio poiché
- se il PLC é di tipo monoblocco i collegamenti sono già predisposti dal costruttore;
- se é di tipo modulare i morsetti vengono inseriti nell' apposito connettore del bus quando la scheda alimentatore viene installata sul rack; il bus é infatti un circuito stampato, montato in fondo al rack, contenente solo piste di collegamento e connettori femmina cui si collegano i maschi dei vari moduli del PLC.
In caso di  interruzione momentanea di alimentazione da parte della rete, alcuni tipi di  PLC hanno una protezione che interviene, mettendo a zero le uscite tramite un  bit di sistema, quando l’ evento indesiderato ha durata superiore a un tempo  compreso tra 10 e 200 msec. (a seconda dei modelli).
  Succede  infatti che in alcuni casi lo stato logico degli ingressi (0 o 1) possa essere  confuso se manca l' alimentazione agli stessi, mentre il PLC sta ancora  elaborando e quindi erogando delle uscite ; è  conveniente quindi, onde evitare malfunzionamenti, asservire lo stato logico  delle uscite a un bit sistema che ne inibisca il funzionamento (tecnicamente la  definizione è messa a zero), in caso  di mancanza di alimentazione.
  In tal caso  il sistema riprenderà ad operare quando l’ alimentazione ritornerà ad un valore  almeno pari, nella maggior parte dei casi, all’ 85% del valore nominale.
  Qualora l’  interruzione di tensione abbia durata inferiore a 10 msec., il circuito di  protezione non interviene e la funzionalità del PLC viene garantita dalla  presenza dei condensatori interni all’ alimentatore; durante questo intervallo  di tempo, infatti, questi componenti continuano ad erogare la potenza elettrica  necessaria al funzionamento dell’ apparecchio, senza che si scarichino a tal  punto da rendere inaffidabile il funzionamento dei circuiti di ingresso.
  Oltre all'  alimentatore il PLC è tipicamente provvisto di una batteria tampone, in genere  al litio, che ne salvaguarda l' autonomia di alimentazione in caso di  black-out; la sua durata varia dai due ai cinque anni, a seconda delle funzioni  che vengono ad essa asservite.
  In relazione  alla tipologia del PLC, la pila supporta la sola area di memoria sistema (firmware), o anche l' area di memoria dedicata al programma (se esso è  scritto su dispositivi RAM).
  In alcuni  modelli, quando la tensione ai morsetti della batteria scende al di sotto di un  certo valore (circa 2 V), si accende sul pannello un apposito indicatore a  led.
  Quando si  verifica questa situazione, ed il PLC sta funzionando con la RAM, occorre  provvedere immediatamente alla sostituzione della batteria tampone; è infatti  molto importante disporre in qualsiasi momento di un accumulatore in perfetta  efficienza, poiché l' improvvisa perdita di dati dalla RAM può dar luogo a  seri inconvenienti.
CPU (Central Processing Unit)
  Il cuore del  PLC è costituito da un microcontrollore (da non confondersi  con un microprocessore), la cui evoluzione tecnologica segue quella di tutte le  macchine a base informatica; sono in commercio infatti PLC che utilizzano  microcontrollori della prima generazione (Z8 della Zilog, 8051 della INTEL),  fino agli attualissimi dispositivi ad alto grado di integrazione e alte  velocità di elaborazione (INTEL i386).
  Il perchè  della scelta di questo tipo di dispositivo in qualità di governo di un PLC, a  discapito di un microprocessore, è da ricercarsi nella sue intrinseche  semplicità di interfacciamento e di programmazione.
  Benchè la  produzione a costi relativamente bassi di microprocessori sempre più potenti  sia alla base del forte sviluppo dei sistemi di elaborazione e di controllo  digitale, il loro utilizzo nei sistemi di controllo ha avuto una certa  limitazione, principalmente dovuta all' obbligo di dover collegare alla CPU  altri componenti in mancanza dei quali non è in grado di funzionare.
  Un  microprocessore, infatti, necessita di memoria esterna su cui vanno caricati i  dati ed i programmi ed un circuito di interfaccia I/O che gli consenta di  colloquiare con le periferiche.
  La necessità  di ridurre al minimo la circuiteria esterna e lo sviluppo delle tecniche di  integrazione hanno indotto alcuni costruttori di circuiti integrati a  fabbricare particolari dispositivi, i microcontrollori,  contenenti, oltre ad un microprocessore, anche gli altri accessori necessari  per farlo funzionare e per poterlo collegare facilmente a qualsiasi  dispositivo.
  Per la loro  completezza circuitale, questi dispositivi possono essere considerati dei microcomputer.
  La fetta di  mercato a cui sono destinati è, oltre alla produzione di schede di sistema per  PLC, quella delle apparecchiature dove siano richieste capacità di controllo  ad un costo contenuto: elettrodomestici, centraline per autoveicoli,  strumentazioni elettroniche, apparecchi fotografici non sono che alcune fra le  innumerevoli applicazioni che vedono il microcontrollore nella veste di  dispositivo di comando.
  Il primo  microcontrollore, l' 8048, fu proposto sul mercato dalla Intel intorno al 1980;  da allora, il continuo sviluppo della tecnica di integrazione ha portato i  costruttori a non identificare più un singolo dispositivo con una sigla, ma a  raggrupparne un certo numero di affini sotto la denominazione famiglia.
  I dispositivi  appartenenti a una famiglia hanno una architettura in comune e un unico set  base di istruzioni, ma vengono forniti in un ampio intervallo di  configurazioni, con diversi tipi e quantità di periferiche di ingresso/uscita.
  Una delle  famiglie di microcontrollori più diffuse è la 8051 della Intel, della quale  viene riportato in figura 9 lo schema a blocchi del dispositivo base (80C51);  di questa viene fornita una sommaria descrizione, rimandando a testi  appropriati per ulteriori approfondimenti.
|  Fig. 9 - Architettura del microcontrollore Intel 80C51 | 
La CPU  implementata è a 8 bit, con frequenza di clock che può andare da 12 MHz a 33  MHz, a seconda del modello.
  La famiglia  8051 presenta, come dotazione di base:
- 32 linee bidirezionali di I/O;
- una unità seriale di tipo full-duplex, ovvero capace di trasmettere e ricevere simultaneamente;
- due canali per temporizzazioni;
- due linee di interruzione.
Internamente  all’ integrato sono presenti due ben distinte aree di memoria: una,  genericamente definita “di sola lettura”, destinata a contenere il programma,  mentre l’ altra, di tipo RAM, adibita all’ immagazzinamento dei dati.
  A proposito  dell’ area programmi, i dispositivi appartenenti alla famiglia 8051 possono  essere prodotti in versione ROM o EPROM.
  Nel primo  caso sarà il costruttore che, su indicazione dell’ utente, provvederà ad  inserire il programma all’ interno del chip all’ atto della produzione dell’  integrato.
  Nel secondo  caso viene data ampia possibilità all’ utente di riutilizzare il dispositivo  per diverse applicazioni.
  L’ area RAM,  di dimensioni comprese tra 128 e 512 byte, viene utilizzata principalmente:
- per la mappatura di quattro banchi da otto registri presenti nel dispositivo;
- come registro di controllo delle varie periferiche inglobate nel componente.
Se la  quantità di memoria (sia ROM che RAM) presente nell’ integrato è insufficiente  per le necessità dell’ utente (è ciò che accade, ad esempio, nei PLC), è  comunque possibile espanderla fino a 64 Kbyte per entrambe le tipologie,  indirizzandola tramite 16 linee di 2 port.
  Nei modelli  più recenti ed evoluti della famiglia 8051 sono stati inseriti ulteriori  dispositivi, quali ADC con risoluzione fino a 10 bit, comparatori analogici,  watchdog e uscite PWM.
Ritornando  all’ applicazione relativa al PLC, nel microcontrollore vengono eseguite le  istruzioni del programma che, in base ai segnali che arrivano dai rilevatori  sul campo, generano le uscite corrispondenti.
  In  particolare le funzioni svolte sono:
- eseguire l' acquisizione dei segnali di ingresso, creandone una immagine negli appositi registri della memoria dati;
- controllare la sequenza con cui le istruzioni del programma prestabilito vengono lette nella memoria programma, interpretarle secondo i loro codici operativi e infine eseguirle secondo lo stato logico assegnato agli ingressi;
- interrompere la sequenza normale del programma in presenza di salti, di richiami a sottoprogrammi e interruzioni;
- generare le uscite abilitate dall' elaborazione delle varie istruzioni del programma, aggiornandole di volta in volta a ogni ciclo di scansione.
La memoria del PLC
  La memoria di  un PLC, costituita tipicamente da dispositivi a semiconduttore di tipo RAM,  ROM, PROM, EPROM, EEPROM, può essere suddivisa, in base alla sua funzione, in:
- memoria di sistema,
- memoria di programma,
- memoria dati.
Memoria di sistema
  La memoria di  sistema conserva tutte le informazioni che servono per la gestione ed il  controllo del funzionamento della CPU e che pertanto costituiscono il vero e  proprio “sistema operativo” (firmware)  del PLC; tra queste, ad esempio, si hanno
- le routine che, generando tutta una serie di autotest iniziali, consentono alla macchina di avviarsi;
- i dati del setup, che configurano il PLC secondo le specifiche desiderate dall’ utente; impostati via software, consentono ad esempio di stabilire la durata del tempo di scansione , la modalità operativa all’ accensione, la lingua utilizzata nei messaggi sull’ unità di programmazione, i parametri inerenti alla comunicazione seriale tra diversi PLC, ecc;
- le librerie, che consentono di tradurre in linguaggio macchina i parametri relativi ai dispositivi simulati dal PLC, passati dall’ utente durante la scrittura del programma.
Data la primaria importanza delle informazioni presenti nella memoria di sistema, il costruttore le immagazzina (ad eccezione dei dati del setup) nella ROM del microcontrollore, allo scopo di impedirne una involontaria cancellazione.
Memoria di programma
  In questa  memoria vengono registrate le istruzioni del programma che il PLC deve  eseguire.
  Normalmente  il controllore offre la possibilità, attraverso la commutazione di un  selettore, di usare in alternativa tra loro una RAM o una EPROM, al fine di  sfruttare le caratteristiche positive di entrambe.
  Per  sviluppare e mettere a punto il programma si utilizza la memoria RAM; questa  può essere scritta e corretta, restando installata nel PLC, mediante l' unità  di programmazione del controllore.
  Nel  funzionamento normale conviene sfruttare le caratteristiche delle EPROM che  offrono i notevoli vantaggi di non poter essere accidentalmente modificate, di  non aver bisogno di batteria tampone in caso di mancanza di alimentazione  elettrica e di poter essere duplicate.
  Quest' ultima  proprietà si dimostra utile per l' archiviazione dei programmi e per il  trasporto degli stessi da un PLC ad un altro.
Memoria dati
  La memoria dati è suddivisa in due parti:
- memoria di ingresso,
- memoria di uscita.
Nella prima  viene memorizzato lo stato, continuamente aggiornato, dei sensori di campo  collegati al controllore.
  Nella seconda  il processore scrive, ad ogni esecuzione del programma, lo stato delle uscite  che deve essere trasmesso all' esterno.
  Sono  necessariamente realizzate con memorie RAM; nel funzionamento normale sono  accessibili solo al processore, ma per favorire la fase di messa a punto è  possibile attivare una modalità di lavoro che consente l' accesso alla memoria  dati anche all' utente.
  In questo  modo diventa possibile, simulando lo stato, o come si dice in gergo “forzando gli I/O”, verificare la  rispondenza del programma alle specifiche.
La capacità di memoria, cioè il numero di  byte che il PLC consente di memorizzare, è una delle caratteristiche salienti  della macchina: una memoria programma di 24 Kbyte sta a significare che si può  sviluppare un programma che, tolta la parte di memoria che serve per il  firmware, potrà comprendere un numero di istruzioni che occupano, ad esempio,  un massimo di 12000 word (1 word = 2 byte = 16 bit).
  Poichè il PLC  basa il suo funzionamento sull’ utilizzo di un microcontrollore, è evidente  come la sezione di memoria ROM presente all’ interno del dispositivo venga  gestita come memoria di sistema, mentre la sezione RAM svolga la funzione di  memoria dati.
  Per quanto  riguarda la memoria di programma, questa viene ottenuta inserendo delle  cartucce di memoria (RAM, EPROM o EEPROM) esterne al microcontrollore, ma da  esso comandate, in ordine alle caratteristiche di funzionalità ed economicità.
  In pratica  sono di solito installate memorie di tipo RAM che, supportate dalla pila  tampone, soddisfano l' esigenza di velocità elevate e di costo relativamente  basso.
  Quando il  programma è stato messo a punto e testato si travasa in una cartuccia EPROM o  EEPROM, avente funzioni di back-up; per ogni evenienza il programma applicativo  è quindi disponibile in copia, e potrà essere in ogni momento reinstallato sul  PLC.
Altri dispositivi dell' unità  centrale
  I tre  componenti fondamentali dell' unità centrale (CPU, memorie ed alimentatore)  sono affiancati da altri dispositivi che, pur essendo secondari dal punto di  vista teorico, non lo sono da quello pratico.
Selettore della modalità operativa
  Tutti i PLC  possono essere usati in almeno due diverse modalità  operative selezionabili tramite un comando esterno: il modo esecuzione ed il modo  apprendimento o programmazione.
  In modalità  programmazione le uscite sono disabilitate e pertanto possono essere introdotti  o editati programmi; in modo esecuzione le uscite vengono abilitate e quindi il  programma contenuto in memoria é operante.
  Alcuni PLC  hanno una terza modalità di lavoro detta di  monitoraggio che consente di attivare le funzioni di simulazione del PLC  per effettuare la messa a punto del programma; in tal caso si avrà un selettore  a tre posizioni.
  In alcuni  modelli é previsto un indicatore led esterno che informa l' utente del modo di  funzionamento in atto.
Connettore per unità di programmazione
  Per inserire  i programmi nella memoria del controllore occorre collegare ad esso una delle  unità di programmazione previste dal costruttore; è necessario quindi un  opportuno dispositivo di comunicazione tra la memoria di programma ed il  programmatore.
Selettore RAM/EPROM
  Si è gia  discusso della possibilità di funzionamento sia con RAM che con EPROM; per  rendere possibile questa prestazione il PLC deve essere dotato di uno zoccolo  portamemoria estraibile, per l' interscambio RAM/EPROM e viceversa, oppure di  un zoccolo porta EPROM supplementare e di un selettore che avvisa il processore  circa il tipo di memoria che deve leggere.
Circuiti di autodiagnosi
  Durante il  funzionamento del programma il controllore esegue un test autodiagnostico; se  si verifica un guasto ad uno qualsiasi dei dispositivi controllati si  interrompe la scansione del programma e si apre il contatto di uno speciale  relè, detto “di RUN” presente all’ interno del PLC.
Relè di RUN o inibitore delle uscite
  Si tratta di  un dispositivo di sicurezza che in modo esecuzione è attivato e pertanto  abilita le uscite.
  Quando si  verifica una qualche irregolarità rilevata dall' autodiagnosi o viene a mancare  tensione, il relè si disattiva automaticamente interrompendo il programma e  disabilitando le uscite.
  Tale  dispositivo può essere fornito di due contatti esterni utilizzabili, da parte  dell’ operatore, per realizzare un allarme in caso di guasto.
Indicatori dello stato degli I/O
  Sul pannello  frontale dei controllori monoblocco sono sempre previsti led luminosi, in  quantità pari al numero dei punti I/O, che si accendono quando gli ingressi o  le uscite corrispondenti sono attive; nel caso dei PLC modulari sono disposti  su ciascuna scheda I/O in modo da risultare sempre ben visibili.
Morsetterie I/O
  Ogni  controllore presenta una morsettiera su cui cablare gli ingressi e le uscite  esterne.
  Allo scopo di  non dover ricablare tutti i punti I/O ogni volta che si deve smontare il PLC,  spesso tali morsettiere sono separabili da esso per mezzo di un connettore  speciale appositamente predisposto.
Connettore per espansione I/O
  Nel caso dei  PLC monoblocco è previsto un connettore per collegare all' unità centrale un'  eventuale unità di espansione allo scopo di aumentare il numero degli I/O  disponibili.
Sistema di raffreddamento
  I PLC possono  operare senza problemi fino ad una temperatura di circa 50°C; quando si  prevede, in prossimità del controllore, il verificarsi di temperature  superiori si inserisce nell' unità centrale un ventilatore per favorire lo  smaltimento del calore.
Unità  ingressi/uscite (I/O) 
  I moduli di  I/O collegano il PLC agli organi di rilevazione e agli attuatori del processo  automatico da controllare.
  La loro  funzione è quella di trasformare i segnali elettrici provenienti dai  dispositivi esterni alla logica programmabile in segnali interpretabili dalla  CPU e viceversa.
Ingressi  binari (ON/OFF)
  I dispositivi  di ingresso binario (ON/OFF) trasducono una tensione tutto o niente in uno stato logico interpretabile dalla CPU del  PLC.
| 
 | INGRESSO ON/OFF 24 V C.C. | |
| TENSIONE IN VOLT | STATO LOGICO | |
| 0 - 5 | 0 (LOW) | |
| Tab. 4 - Stati logici di un ingresso ON/OFF 24 V C.C. | 
Il  costruttore definisce un range di tensione per il quale l' ingresso deve  considerarsi allo stato logico 1 o 0: si avrà, per esempio, che alla chiusura  di un interruttore l' ingresso corrispondente sul PLC sarà allo stato 1, mentre  quando lo stesso interruttore sarà aperto lo stato logico dell' ingresso sarà  0.
  Nella tabella  4 si possono verificare le corrispondenze tra i valori di tensione ai capi  dell' ingresso e i relativi stati logici acquisiti dalla CPU, nel caso in cui i  sensori siano alimentati alla tensione di 24 V in c.c. e abbiano un funzionamento  di tipo ON/OFF:
- se la tensione sarà compresa tra 0 e 5 V lo stato logico dell'ingresso sarà 0, cioè si considera che il circuito a esso collegato sia aperto;
- se la tensione sarà compresa tra 11 e 24 V lo stato logico dell' ingresso sarà 1, cioè si considera che il contatto a esso connesso sia chiuso;
- per evitare errori nell' interpretazione, si prevede un range di tensione ibrido, che non dia luogo a cambiamenti di stato logico; nel caso in esame la tensione compresa tra 6 e 10 V non cambia lo stato logico assunto dall' ingresso.
La CPU quindi  interrogherà periodicamente i vari ingressi traducendo il loro stato logico  nella memoria dei dati.
  Per evitare  danneggiamenti irreparabili dovuti a sovratensioni o ad altre interferenze, il  modulo di ingresso viene costruito con disaccoppiatori ottici realizzati  con un led e un fototransistor, che interrompono la continuità galvanica con il  campo.
  Il led emette  una luminosità che è modulata dal segnale di ingresso; a sua volta il  fototransistor trasforma le variazioni di luce che riceve in variazioni del  segnale elettrico sui terminali di uscita.
  Fanno parte integrante del modulo:
- un circuito comprendente un trigger di Schmitt che opera una quadratura dell' onda, in modo da ottenere due soli livelli (alto e basso) corrispondenti agli stati logici 1 e 0;
- un secondo circuito, costituito da un filtro passa-basso che elimina le componenti parassite ad alta frequenza; da notare che tanto più elevata è l' immunità ai disturbi dovuta a un filtraggio più raffinato, tanto più alto risulta essere il tempo di commutazione (tempo necessario affinché il segnale che ha raggiunto l' ingresso sia memorizzato nel registro immagine della memoria dati del PLC).
Per gli  ingressi in corrente continua si distingue tra due moduli di input, detti a logica negativa e a logica positiva.
  NPN (logica negativa)
  Avrà un  collegamento interno per cui il dispositivo di ingresso (sensore, trasduttore)  sarà collegato tra il morsetto di input del modulo e la fase negativa dell'  alimentazione, mentre la conseguente fase positiva sarà collegata al morsetto  comune del modulo PLC.
  PNP (logica positiva)
  Con i moduli a logica positiva il sensore sarà cablato tra il morsetto di  input e la fase positiva dell' alimentatore; il morsetto comune del modulo sarà  collegato alla fase negativa dell' alimentatore.
  Ogni unità di  ingresso può essere collegata a più sensori; sono divenute ormai uno standard  le schede a 8 o 16 ingressi nel caso di PLC di taglia piccola o media, mentre  per PLC di taglia media o grande si possono raggiungere le 64 entrate.
  È possibile  contare infine sull' utilizzo di ingressi veloci i quali, non essendo  filtrati, hanno un tempo di commutazione molto più breve degli altri;  tipicamente vengono impiegati per collegamenti a dispositivi quali gli encoders ottici, o in situazioni in cui  sia richiesto lo svolgimento di task rapide, cioè quei  sottoprogrammi che vanno attivati in condizioni di massima velocità disponibile.
  Oltre agli  encoders ottici, i dispositivi più spesso collegati agli ingressi del PLC sono finecorsa, pulsanti, selettori, contatti di relè.
  Sebbene le  circuiterie ideate per acquisire i segnali dal campo siano molteplici, è  possibile comunque ricondurle a tre categorie principali; si hanno quindi  realizzazioni:
- per soli segnali in corrente continua (5 - 12 - 24 V),
- per soli segnali in corrente alternata (110 - 220 V),
- universali.
Un ingresso universale potrà funzionare con segnali sia in C.A. sia in C.C., ma a un costo decisamente superiore rispetto agli altri.
Uscite  binarie (ON/OFF)
  I moduli di  uscita binari (ON/OFF) trasducono gli stati logici assegnati al registro  immagine delle uscite in segnali elettrici che commutano fisicamente il punto  di uscita.
  I dispositivi  di commutazione delle uscite possono essere di tipo elettronico o  elettromeccanico; si avranno quindi uscite a triac, transistore e relè, a  seconda del tipo di carico che si dovrà comandare.
  Questo potrà  funzionare in corrente continua o alternata, ed essere alimentato ad una  determinata tensione in funzione della potenza da esso assorbita.
  Per questo  motivo possono essere trovati in commercio PLC con uscite:
- a relè per carichi in C.A. (110 - 220 V),
- a triac per carichi in C.A. (110 - 220 V),
- a relè per carichi in C.C. (5, 12, 24 V),
- a transistor per carichi in C.C. (5, 12 ,24 V).
Naturalmente  la scelta della configurazione di uscita da utilizzare va fatta considerando  anche l’ intensità di corrente assorbita dagli organi di comando degli  attuatori e quella massima che può circolare nei circuiti di uscita del PLC,  che viene indicata dal costruttore nelle specifiche.
  Qualora la  prima risultasse più elevata della seconda, diventa necessario realizzare un servocomando del dispositivo da pilotare; ciò si configura, ad esempio, facendo  commutare dall’ uscita un contattore ausiliario che a sua volta agisce sull’  elemento di comando dell’ attuatore.
  Anche per i  moduli di uscita sono previsti circuiti di protezione per i disturbi e circuiti  optoisolatori; è inoltre affidato a fusibili il compito di operare una  protezione contro i sovraccarichi e i cortocircuiti.
  Il tempo di commutazione di una uscita,  cioè l' intervallo che intercorre tra la presenza di un determinato stato  logico nella memoria del PLC riservata alle uscite e la commutazione fisica del  punto di uscita, varia a seconda dei dispositivi; per gli organi  elettromeccanici è compreso tra alcuni millisecondi e una decina di  millisecondi e dipende essenzialmente dal tempo di eccitazione dei relè, mentre  per le uscite di tipo elettronico è molto inferiore (qualche decina di  microsecondi).
  I dispositivi  da collegare alle uscite di un PLC sono prevalentemente bobine di relè, contattori, elettrovalvole a solenoide e lampade di segnalazione.
  Il numero  standard di uscite collegabili per ciascun PLC va da un minimo di 4 a un  massimo di 64.
| 
 | 
 | 
 | 
 | 
 | 
Ingressi analogici
  Nei moduli  ON/OFF il segnale viene determinato da uno stato logico 0 o 1.
  Nel caso di  una funzione che varia nel tempo e assume valori diversi che devono essere  decodificati, si parla di grandezza analogica.
  La gestione  di questo tipo di segnale può avvenire in due modi: digitalizzazione del segnale oppure rilevazione  di soglia.
Digitalizzazione  del segnale.
  Si utilizza  un dispositivo denominato convertitore  analogico/digitale che opera una trasformazione della grandezza misurata in  una parola digitale di n bit.
  La  risoluzione, cioè il grado di precisione con cui la grandezza viene  controllata, dipende dal numero di bit disponibili nel dispositivo (tipicamente  8, 12, 16).
  Per esempio,  se il dispositivo è a 8 bit e si vuole controllare una variazione di  temperatura da 0 ° a 10 °C, si avranno 28 (256) combinazioni possibili di temperatura  misurata, con una precisione data dalla relazione
  (10  - 0) / 256 = 0. 039 °C
  cioè il  dispositivo sarà in grado di sentire una variazione di 0.039 °C, al di sotto  della quale non si genera alcun cambiamento del codice di uscita digitalizzato.
Rilevazione  di soglia.
  Con questa  tecnica viene confrontato un livello di riferimento (quasi sempre fisso) con il  valore della grandezza in esame: se quest’ ultimo ha entità inferiore al  livello di riferimento si avrà livello logico 0, mentre quando sarà maggiore si  avrà livello logico 1.
Indipendentemente dalla circuiteria con la quale sono realizzati, i moduli di ingresso analogici possono ricevere un segnale in tensione (tipicamente -10/+10 V) o in corrente (4/20 mA); sono equipaggiati con i dovuti dispositivi che ne permettono la regolazione e l' adattabilità ai vari trasduttori, con compensazione dell' errore di guadagno, linearizzazione del segnale, compensazione dell' errore di offset e compensazione della temperatura del giunto freddo, nel caso di interfacciamento con termocoppie.
Uscite analogiche
  Parallelamente  a quanto succede per gli ingressi di tipo analogico, un convertitore digitale/analogico trasformerà, nelle uscite, un  valore digitale, contenuto in una stringa di bit che occupa una certa locazione  di memoria nel PLC, in un valore di tensione da -10 a +10 V oppure in corrente  da 4 a 20 mA.
  Le tipiche  applicazioni di queste uscite sono quelle della regolazione della velocità di  motori elettrici, del comando di valvole proporzionali, del controllo di  processi continui.
Nei PLC muniti di ingressi/uscite analogici, la CPU è comunque sempre isolata dai convertitori A/D - D/A mediante l’ interposizione di optoisolatori.
Moduli  speciali 
  Oltre ai  collaudati moduli di ingresso e di uscita di tipo digitale e analogico, viene  prodotta anche una schiera di moduli per applicazioni particolari, che  soddisfano le esigenze della fabbrica automatica.
  La strada  imboccata dai produttori di PLC è quindi quella di asservire a funzioni  speciali dei moduli speciali; i  benefici che se ne traggono sono:
- liberare la CPU dall' onere di gestire tali funzioni speciali, demandando a essa la sola gestione delle operazioni fondamentali di controllo;
- la possibilità di offrire all' applicazione (controllo assi, posizionamento, conteggio veloce, ecc.) una velocità di risposta molto elevata.
Questi moduli  si prefigurano come dei dispositivi di preelaborazione del segnale, in quanto  sono dotati di un proprio microprocessore.
  Costruiti per  soddisfare le esigenze di funzioni particolari (ad esempio sentire tensioni  estremamente deboli come quelle delle termocoppie, o applicazioni con  frequenze di commutazione elevate) e per ridurre il carico di lavoro della CPU  del PLC, i moduli speciali consentono soprattutto di ampliare notevolmente l'  utilizzo del PLC in ambito industriale.
Moduli  intelligenti
  Sono  denominati “intelligenti” quei moduli, aggiuntivi alla dotazione normale del  PLC, che sono provvisti di un proprio processore.
  Ad esempio,  vengono prodotti dei moduli in grado di trasformare direttamente un valore  analogico in digitale senza utilizzare la CPU del controllore programmabile per  l' operazione di conversione.
  Hanno un  campo di applicazione variabile e le seguenti caratteristiche:
- a seconda della configurazione è possibile collegare ingressi in corrente, in tensione, per termocoppie;
- possibilità di scegliere il numero di vie da scrutare in base al programma che si è costruito, inibendo in tal modo le vie non utilizzate; questo si traduce in una minore durata nello svolgimento del programma stesso, che non deve più “perdere tempo” a controllare dei punti non sfruttati;
- si possono elaborare direttamente i valori convertiti, in quanto la conversione delle misure avviene in unità direttamente utilizzabili dall' operatore nel programma (unità fisiche, unità normalizzate). Per esempio, se un sensore 0 -100 °C fornisce un segnale in corrente 4 ÷ 20 mA, dichiarando i limiti di 4 mA per 0 °C e di 20 mA per 100 °C le misure disponibili nella parola registro saranno comprese tra 0 e 100 °C e verranno espresse direttamente nell' unità di misura della grandezza fisica controllata.
Moduli per  l' interfacciamento di termocoppie
  Questi moduli  sono confezionati in modo da poter ricevere segnali direttamente da  termocoppie; tali segnali sono caratterizzati dal presentare un livello  bassissimo di tensione (difficilmente superiore a 100 mV).
  Il modulo  compie operazioni di filtraggio, linearizzazione, amplificazione del segnale e  conversione in valore digitale; uno speciale circuito compensa la temperatura  del giunto freddo, che altrimenti falserebbe la misura effettuata.
Moduli di  conteggio veloce
  Quando la  frequenza dei segnali di ingresso assume valori rilevanti, le entrate normali  del controllore non riescono a soddisfare le esigenze del caso, poiché la scansione  del  PLC è troppo lenta (al massimo qualche decina di msec.) rispetto all’  intervallo di tempo con cui commutano i segnali di ingresso.
  In questo  caso si utilizzano particolari moduli di ingresso veloce, che sono equipaggiati  con un proprio processore in grado di rilevare segnali che arrivano anche a 80  KHz.
  Le  applicazioni tipiche sono quelle di conteggio pezzi, misure di lunghezza o di  posizione, misure di velocità, misure di durata.
  Una  particolare funzione svolta da questi moduli è la camma elettronica; grazie a questa opzione viene consentito di  fissare un certo numero di soglie che, confrontate con il valore corrente  misurato, determinano l' attivazione di un certo numero di uscite secondo una  matrice predefinita.
  Generalmente  un modulo di conteggio veloce è completamente autonomo rispetto al programma  principale gestito dalla CPU del PLC, e il tipo di funzione da effettuare  (conteggio semplice o bidirezionale, misura di lunghezza, di velocità, camma  elettronica, ecc.) viene determinato con la configurazione software.
  Una variante  di questo oggetto è in grado di gestire segnali in codice Gray inviati da un  encoder assoluto.
Moduli di  posizionamento assi
  Il modulo di  comando assi costituisce una valida soluzione per il controllo sincronizzato di  più assi; il processore esegue infatti il programma stabilito e controlla in  tempo reale la retroazione del motore asservito.
  Il segnale di  retroazione può essere fornito da trasduttori resolver o da encoder calettati  sullo stesso asse del movimento.
  Lo  spostamento dell' attuatore è controllato tramite un programma interno al  modulo, costituito da una serie di passi che descrivono i movimenti da  effettuare al fine di realizzare traiettorie anche molto complesse.
  Il modulo  genera un treno di impulsi a frequenza variabile da programma, che comanda  tipicamente dei motori passo passo; la frequenza è crescente all' avviamento,  costante a regime, decrescente alla decelerazione del motore.
  Il modulo  possiede una propria memoria interna di dati nella quale vengono inserite le  quote in base alla procedura di apprendimento; dispone inoltre di contatori  che consentono di effettuare sequenze ripetitive del programma funzione.
Moduli  ASCII
  Questi moduli  permettono lo scambio di informazioni in formato ASCII tra il PLC ed eventuali  periferiche.
  Il codice  ASCII è un codice che consente, tramite l' utilizzo di 8 bit, di codificare un  qualsiasi carattere alfanumerico e determinati caratteri di controllo.
  Per evitare  quindi l' occupazione di memoria RAM del PLC si utilizzano tali moduli, che  sono configurati con una propria memoria RAM e un proprio processore.
  Se richiesto  durante l’ esecuzione del programma, Il PLC invierà al modulo un codice  corrispondente al messaggio da trasmettere precedentemente memorizzato e,  conseguentemente, il modulo ASCII provvederà a trasferirlo alla periferica  (monitor, visualizzatori, stampanti, computer).
  Un classico  esempio di utilizzo è l' invio di messaggi di tipo diagnostico a  visualizzatori, che monitorizzano lo stato dei processi automatici di  fabbrica.
Moduli di  comunicazione
  Lo scambio di  dati, messaggi, informazioni tra un insieme di PLC è possibile tramite i moduli  di comunicazione; questi gestiscono i protocolli  di comunicazione per le diverse tipologie di reti informatiche che possono  essere coinvolte nel sistema (bus di campo, reti proprietarie, ETHERNET, etc.)
  Generalmente  ogni casa produttrice di PLC sfrutta un suo protocollo di comunicazione;  attualmente esiste una regolamentazione che normalizza tali protocolli al fine  di evitare che la comunicazione sia possibile esclusivamente tra  apparecchiature provenienti dalla stessa fabbrica.
Moduli PID  (Proportional Integrative Derivative)
  I moduli PID  (Proporzionale Integrativo Derivativo) vengono impiegati nelle applicazioni ad  anello chiuso, dove determinate caratteristiche funzionali debbono rimanere  invariate.
  Nelle  applicazioni di controllo (di temperatura, di flusso, di livello, ecc.) vengono  stabiliti dall’ operatore i valori prefissati (set point) del processo, ovvero i valori che dovrebbero essere  mantenuti dal sistema a fronte di qualsiasi variazione ambientale.
  I moduli PID  consentono il confronto tra questi parametri di riferimento del processo e i  dati effettivamente rilevati dal campo; qualora manchi la convergenza, il  modulo è in grado autonomamente di generare dei messaggi di errore e dei  segnali in grado di attivare le soluzioni atte a riportare il processo al  normale funzionamento, in base del programma precedentemente memorizzato.
Orodatario
  Nei PLC più  recenti può essere inserito all' interno dell’ unità centrale un orologio  calendario.
  Questo  accessorio consente di elaborare programmi dove è necessario attivare dei  processi in determinate ore del giorno, considerando anche le variabili giorno  della settimana/mese/anno.
  Generalmente  le funzioni caratteristiche dell' orodatario sono programmazione temporale, giornale e misurazione  di durata.
  Programmazione  temporale
  Questa funzione permette di programmare eventi a orari e date  predefinite; è possibile stabilire, ad esempio, che l' accensione del riscaldamento  di un edificio avvenga dal 21 ottobre 1998 al 21 marzo 1999, dal lunedì al  sabato, dalle ore 6:00 alle 14:30.
Giornale
  È possibile  attribuire una data e un' ora a eventi che accadono, servendosi di determinate system-words (parole sistema) che ne  memorizzano i valori correnti; successivamente, dato un segnale esterno o  tramite un bit sistema, si ha la possibilità di far emettere al PLC un messaggio  (visualizzazione su display o stampa) che indica l' ora e la data in cui un  certo evento si è attivato.
Misurazione  di durata
  Servendosi di  parole sistema predefinite all' interno del PLC, si possono effettuare  misurazioni dell’ intervallo di tempo intercorso tra due eventi.
  Al  verificarsi di ciascun evento, vengono immagazzinati in apposite word i valori  correnti relativi a data e ora; successivamente queste word verranno manipolate  con operazioni aritmetiche, al fine di fornire informazioni circa la durata di  un determinato processo.
Moduli di backup
Sono moduli  che, inseriti in due PLC differenti e collegati tra loro, permettono di avere  una funzionalità di backup.
  Attraverso  tali moduli il processore del PLC principale informa costantemente il  processore situato nel PLC di riserva sullo stato delle operazioni in  esecuzione; quest’ ultimo, che esegue lo stesso programma, può, in caso di  malfunzionamento del PLC primario, sostituirlo in tempi brevissimi nella  gestione degli ingressi e delle uscite.
LA SCANSIONE DEL PLC
Il PLC ha un  funzionamento ciclico di tipo sequenziale; è in grado di eseguire le funzioni  programmate con ripetività, da quando viene alimentato e messo in stato di RUN  fino a quando o lo si porta in stato di STOP e si toglie alimentazione oppure  si presentino condizioni che generino situazioni di guasto o di errore, con  conseguenti malfunzionamenti e fermate del ciclo.
  Il ciclo che compie è denominato ciclo  di scansione, mentre il tempo che impiega a compierlo si chiama tempo  di scansione.
  Ciascun PLC è costruito per  operare secondo uno dei seguenti tipi di scansione:
- sincrona di ingresso e di uscita;
- sincrona di ingresso e asincrona di uscita;
| 
 | 
- asincrona di ingresso e di uscita.
La scansione sincrona  di ingresso e di uscitaè  schematizzata nella figura 18.
  Questo ciclo  si configura in una lettura dello stato di tutti gli ingressi presenti, con  successiva elaborazione sequenziale delle istruzioni del programma precedentemente  stabilito; solo alla conclusione di questa fase avviene l’ attivazione delle  uscite.
  La CPU  acquisisce tutte le informazioni riguardanti lo stato dei moduli di ingresso,  una dopo l' altra, con una certa gerarchia data dall' indirizzamento dei punti  di input; lo stato logico di questi input viene memorizzato nella parte di  memoria dedicata (memoria dati), formando quindi una sorta di immagine dello  stato logico di tutti gli ingressi.
  Segue poi l'  elaborazione del programma da parte della CPU; durante questa fase gli stati  delle uscite che man mano si determinano sono assegnati al registro immagine  delle uscite, senza che siano inoltrati ai moduli di output.
  Solamente  dopo l’ esecuzione dell’ ultima istruzione del programma tutte le uscite  vengono effettivamente aggiornate, in modo sequenziale con gerarchia data  dall’ indirizzamento dei punti di output.
  Terminato un  ciclo la scansione riprende dal primo passo, ripetendosi in continuazione;  questo vale, ovviamente, finché il PLC è mantenuto in stato di RUN.
  Se durante lo svolgimento  del ciclo appena descritto si verifica una variazione degli ingressi, è quasi  certo che questa non potrà essere rilevata che all' inizio di una nuova  scansione.
  Bisogna infatti considerare  che la maggior parte del tempo di scansione è riservato all’ esecuzione delle  istruzioni del programma, ed è quindi molto probabile che una modifica degli  ingressi avvenga proprio durante questa fase; di conseguenza la CPU non potrà  tenere conto di questo evento durante l’ elaborazione in corso.
  Il tempo  di risposta, ovvero il tempo che passa tra la variazione degli ingressi  e la corrispondente variazione delle uscite, è quindi di solito sempre  superiore al tempo di scansione.
  L'  inconveniente non si dimostra particolarmente grave per molte applicazioni,  dato l' ordine di grandezza molto piccolo di questo tempo; è infatti di solito  compreso tra 5 e 45 msec. a seconda della quantità di istruzioni contenute nel  programma e del tipo di CPU.
  La scansione sincrona di ingresso ed asincrona di uscita é schematizzata in figura 19.
  Questo tipo  di ciclo è sincrono di ingresso in quanto tutti gli input vengono letti  contemporaneamente, ed asincrono di uscita poichè l' invio dei risultati alle  uscite viene fatto in tempi diversi.
  Gli ingressi  vengono letti tutti ed una sola volta all' inizio della scansione; le uscite  vengono invece trasmesse all' esterno via via che maturano i risultati durante  lo svolgimento del programma: ogni uscita viene perciò attivata nel momento in  cui è stata elaborata la funzione logica ad essa assegnata.
  Con questo  tipo di scansione si ha un aggiornamento delle uscite più rapido di  quello che consente il ciclo precedente.
|  Fig. 20 - Scansione asincrona di ingresso e di uscita | 
| 
 | 
Il terzo modo  di operare è quello asincrono di ingresso e di uscitaed è schematizzato nella figura 20.
  Gli ingressi  sono aggiornati ogni volta che durante lo svolgimento del programma la CPU  incontra un’ istruzione che la obbliga a acquisirne lo stato.
  Se un bit del  registro immagine delle uscite viene modificato durante l’ elaborazione, si ha  un immediato invio dello stato logico risultante al modulo di output corrispondente.
  Questo modo  di funzionamento di un PLC, molto simile a quello di un computer, consente di  ottenere un tempo di risposta notevolmente ridotto rispetto ai primi due  casi.
La scansione  non è che una delle attività svolte dalla CPU dal momento in cui viene alimentata;  questa e tutte le altre funzioni possono essere effettuate grazie a un sistema operativo, memorizzato su ROM,  residente nella scheda processore.
  La figura 21  mostra un diagramma di flusso delle operazioni sequenziali che vengono  compiute dalla CPU di un PLC OMRON Sysmac C20H; da notare che la fase di  inizializzazione viene eseguita soltanto alla messa in tensione del PLC, mentre  le altre operazioni sono svolte ciclicamente in modo ripetitivo.
  Generalmente  i PLC hanno un timer di macchina, denominato watchdog (cane da  guardia), che viene regolato ad un certo valore (tipicamente 150 msec.); questo  congegno ha la funzione di fermare il ciclo se la scansione supera tale tempo  massimo, onde evitare che si generino dei cicli di programmi ripetitivi (loop)  dovuti a malfunzionamenti.
  Nel processo  di scansione è piuttosto interessante definire la differenza esistente tra una  situazione di errore e una di allarme; questa varia tra macchina e macchina, e  ad essa si può risalire esclusivamente consultando il relativo manuale di  funzionamento.
  Nel modello C20H una situazione di errore si verifica, ad esempio, nel caso di:
- interruzione dell’ alimentazione per più di 10 msec.;
- errore nella CPU, con watchdog timer superiore a 30 msec.;
- errore nella memoria, derivante o da DIP switch male impostati o da EPROM non installata nel modo corretto;
- mancanza dell’ istruzione di fine programma;
- errore sul bus di collegamento con gli altri moduli;
- errore di sistema, come tempo di scansione maggiore di 130 msec.
Una situazione di allarme si verifica, ad esempio, nel caso di:
- batteria scarica;
- errore nell’ area di registrazione del setup;
- superamento del tempo di scansione a causa di errori nel programma.
È importante che il tempo di scansione sia il più breve possibile, principalmente per due motivi:
- avere un tempo di risposta del PLC il più ridotto possibile (indipendentemente dal tipo di scansione implementata sulla macchina);
- evitare malfunzionamenti (per esempio alcuni timer rapidi non funzionano al meglio con tempi di scansione superiori ai 10 msec.).
Nel ciclo di scansione vi sono delle operazioni precostituite sulle quali  l’ operatore non può intervenire, e altre che invece hanno una durata  variabile, a seconda del numero di moduli di I/O da scrutare e della lunghezza  del programma.
  Al fine di  aiutare l’ operatore nella scrittura di programmi compatti e veloci, i  costruttori forniscono delle tabelle che riportano i tempi richiesti da ogni  operazione che costituisce il ciclo di scansione.
|  Fig. 21 - Diagramma di flusso della scansione di un PLC OMRON C20H | 
Cicli  monotask, bitask, multitask
  In genere un  PLC è equipaggiato con un microprocessore che gestisce il ciclo di scansione  della macchina; in gergo questo tipo di logica programmabile viene denominata monotask poiché risulta essere uno solo  il lavoro (programma) da eseguire.
  Si sono  sviluppate recentemente anche macchine bitask che possono lavorare su due programmi, che vengono immagazzinati in due  ipotetici contenitori chiamati task  master e task fast.
  La task  master contiene il lavoro che il PLC deve eseguire correntemente; la task fast  (rapida) è invece destinata alle elaborazioni di breve durata con tempi di  risposta brevi ( < 2 msec.), e viene attivata su eventi esterni oppure  interni al PLC o ancora in modo periodico.
  La comparsa  di una situazione particolare (per esempio input su ingressi rapidi, raggiungimento  valore di preselezione di contatore rapido o del temporizzatore rapido),  interrompe la normale scansione in task master e attiva la task rapida; il PLC  esegue il piccolo programma custodito nella task fast, per poi tornare al  punto in cui si era interrotto nella task master e proseguire il ciclo normale .
  Questa  architettura è dunque in grado di intervenire in modo opportuno rispetto a  problematiche diverse, anche se la gestione delle due task è affidata a un  unico processore.
  Se la  modalità bitask può essere sufficientemente apprezzabile per risolvere  determinate situazioni, risulta insufficiente per livelli di gestione più  complessi; non è in grado, infatti, di risolvere i problemi che intervengono  qualora dovessero essere gestiti contemporaneamente più avvenimenti di carattere  diverso.
  Rimane  comunque validissima l' applicazione dei sistemi a interrupt per la gestione di  situazioni di allarme, dove la task master viene interrotta momentaneamente per  eseguire il programma (in task fast) che risolve o semplicemente segnala l’  anomalia.
  A livelli di  gestione di automazioni medio - alte, l' architettura monotask o bitask non è  più in grado di svolgere le operazioni complesse necessarie, ed ecco allora una  evoluzione ulteriore dei PLC: la struttura multitask,  progettata per una gestione dei sistemi automatici più integrata e completa.
  La sua  configurazione vede da una parte la presenza di più task, ognuna dedicata a  funzioni diverse, che possono essere eseguite simultaneamente, grazie a un'  architettura hardware multiprocessore.
  La struttura  multitask prevede una serie di task indipendenti governate da una. task  principale; tra queste si possono ricordare:
- task master,
- task di interrupt,
- task rapida,
- task ausiliaria,
- task sistema.
In ciascuna task si potranno dichiarare dei moduli di I/O non configurati in altre task; in questo modo si potranno avere scansioni molto più veloci in quanto ogni task scandirà solo gli I/O che gli interessano e non tutti quelli presenti, abbreviando notevolmente i tempi di risposta.
Criteri  per la di scelta del PLC (Hardware) 
  Per valutare  correttamente un PLC non bisogna dimenticare che esso si compone di due parti  di natura molto diversa tra loro come l' hardware ed il software; il giudizio  deve essere complessivo, ossia riferito alle prestazioni consentite dall'  insieme della macchina e delle tecniche di programmazione che essa utilizza.
  In questo  paragrafo si fissa l' attenzione sui parametri che consentono la valutazione  dell' hardware; in linea di massima la potenzialità di un controllore  programmabile é valutabile in base ai quattro parametri:
- numero di entrate e di uscite esterne;
- capacità della memoria di programma espressa in word;
- tipo e numero degli elementi funzionali interni;
- velocità di scansione.
La scelta  deve essere ponderata con particolare attenzione quando si utilizza un PLC  monoblocco che ha delle caratteristiche fisse.
  Nel caso dei  controllori modulari, le prestazioni possono essere aumentate in funzione delle  esigenze e quindi un eventuale sottodimensionamento in fase di scelta é meno  grave che nel caso precedente.
  Naturalmente  quanto appena detto si riferisce alla valutazione delle prestazioni funzionali  mentre dal punto di vista della validità costruttiva, dell' affidabilità e  dell'assistenza valgono gli stessi criteri che si utilizzano per scegliere una  qualsiasi altra apparecchiatura elettromeccanica o elettronica.
Questa eventualità è dovuta al fatto che gli ingressi lavorano a 24 V e il microprocessore a 5 V; una mancanza improvvisa della tensione di rete determina la scarica dei condensatori presenti nell’ alimentatore. Ciò produce il passaggio al di sotto della soglia dei 24 V in uscita dall’ alimentatore ben prima di quello relativo ai 5 V, per cui il microprocessore può continuare a lavorare anche quando gli ingressi non sono più in grado di funzionare correttamente.
Fonte: ftp://ftp.isii.it/Didattica/Corso%20ET1/TDP/Quarta/PLC/Plc1.doc
Sito web da visitare: ftp://ftp.isii.it/Didattica
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Nota : se siete l'autore del testo sopra indicato inviateci un e-mail con i vostri dati , dopo le opportune verifiche inseriremo i vostri dati o in base alla vostra eventuale richiesta rimuoveremo il testo.
Parola chiave google : PLC tipo file : doc
PLC
Visita la nostra pagina principale
PLC
Termini d' uso e privacy

