Hard disk dischi rigidi

 


 

Hard disk dischi rigidi

 

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L’ Hard disk del P.C.

 

Considerazioni generali

 

Nella scelta del disco vanno considerati tre elementi tecnici fondamentali:

  1. La densità di registrazione
  2. La velocità di rotazione dei piattelli
  3. L’interfaccia          
  4. Il quantitativo di memoria cache

 

1. Nel primo caso si tratta della densità di impiccamento dei dati sulla superficie del disco. Attualmente si è giunti a valori oramai oltre i 100 Gbit per poliice quadro (Gb/inch2). Una maggiore densità implica che, a parità di velocità di rotazione, passano più dati sotto alla testina di lettura/scrittura per unità di tempo e quindi aumenta la velocità di lettura/scrittura.

2. Il disco si basa poi sul movimento meccanico di rotazione dei piattelli ed è facile intuire quindi che più è rapido il movimento, maggiori sono le prestazioni. Per quanto alcuni modelli raggiungano velocità di 15000 giri/minuto, il grosso del mercato per desktop si basa su unità a 7200 rpm. In ambiente server e Work station si utilizzano HD da 10000 rpm.

3. Sul fronte dell’interfaccia, praticamente l’EIDE (ATA100) è da ritenersi obsoleta, a favore dell’interfaccia Serial ATA (SATA) che, ormai diffusa a livello desktop, sta poco alla volta erodendo fette di mercato dell’interfaccia SCSI in ambiente Server e Workstation.
Lo standard EIDE ATA100, oggi in declino, ha un picco di trasferimento massimo teorico di 100 Mbyte al secondo e l’ultima delle sue evoluzioni, l’ATA-133, raggiunge i 133 MBps. Anche se i benefici reali sono talvolta alquanto modesti (*), tuttavia,  sarà il SERIAL-ATA  (SATA) la nuova interfaccia disco dei prossimi anni. Quest’ultima si basa sulla serializzazione del canale di comunicazione, alzando considerevolmente la frequenza di clock per raggiungere, nella prima versione, ampiezze di banda di 150 MBps. Il Serial-ATA farà anche finalmente sparire le scomode piattine a 80 fili in favore di cavetti compatti a 7 fili (4 di segnale e 3 di massa) di colore rosso.
Una differenza sostanziale rispetto allo standard parallelo è legata alla natura punto-punto dello standard SATA, che elimina la distinzione tra unità master e slave, secondo la quale, nel vecchio sistema, ciascuno dei due canali EIDE era condiviso da una coppia di dispositivi che, di conseguenza, condividevano anche la banda disponibile del canale. In un sistema SATA al contrario ogni unità è connessa al proprio host tramite un canale riservato, del quale può sfruttare l’intera banda passante.

(*) La modestia del miglioramento è dovuta al fatto che ad oggi non sono ancora diffusissimi sul mercato chipset che integrino a livello del NB il controller SATA. Pertanto molte schede madri che supportano lo standard oggi, lo fanno utilizzando integrati specifici che utilizzano il bus PCI per veicolare i dati. Ne consegue che il massimo trasferimento di dati non potrà superare le prestazioni del Bus PCI che, com’è noto, dispone di una banda di 133 MB/s. E’ chiaro quindi che solo il supporto da parte del chipset (SB) della scheda madre dello standard SATA garantisce reali miglioramenti nella banda passante del trasferimento dati.

4. La memoria cache è un’area di memoria interna all’apparecchiatura. Essa permette di memorizzare i dati in modo temporaneo così da creare un buffer di attesa per i dati che devono essere scritti nel disco oppure che sono stati letti dal disco e devono essere inviasi sul Bus. Questo buffer è utile in quanto le velocità di trasporto del Bus e di lettura/scrittura del disco sono diverse, quindi in generale maggiore è l’estensione della cache, meno probabile sarà il suo svuotamento o la sua saturazione.
Accanto alla tradizionale soluzione ATA, sono diffusi sul mercato anche i dischi rigidi esterni con interfaccia FIREWIRE e USB2, che garantiscono sulla carta ampiezze di banda teorica di circa 400 Mbps,  e dalle prove effettuate dalle riviste specializzate, si è  verificato come sia possibile ottenere con discreta facilità trasferimenti continuativi a oltre 10 Mbyte al secondo. Anche se il costo è decisamente più elevato rispetto agli HD interni, essi sono un’alternativa interessante come mezzi di archiviazione di massa rimovibili a caldo e facilmente gestibili dal S.O.

 

La Tecnologia utilizzata

 

Come si memorizza l’informazione

L’architettura tipica di un HD è riportata nella figura qui a lato.
Un disco rigido conserva le  proprie informazioni su piattelli sopra i quali è depositato uno speciale materiale magnetico.
Questo, sottoposto all’azione di un campo indotto dalla testina di scrittura, varia localmente il proprio orientamento in una particolare direzione, che viene mantenuta fino ad una nuova operazione di scrittura. Poiché di direzioni se ne possono avere due, a esse è possibile associare il bit di informazione 0 o 1.
Ogni bit quindi occupa una superficie precisa del disco. Alla testina spetta anche il compito di leggere l’informazione registrata, e per fare ciò individua proprio la direzione del campo. Questo processo è identico a quanto avviene nei nastri audio e nelle videocassette. Incrementare la quantità di dati memorizzabili significa perciò ridurre quest’area al  minimo senza compro,mettere la capacità della testina di operare correttamente. Particolare importanza riveste il valore comunemente espresso in Gbit/pollice2 e spesso indicato in inglese come ‘areal density’,  poichè rappresenta un primo indice della densità di registrazione raggiunta. Un altro fattore critico è la densità di registrazione delle tracce, quanto cioè è possibile accostare tra loro i percorsi circolari di memorizzazione dei dati.
Lo standard oggi utilizzato per il mercato desktop-workstation è quello con dischi da 3,5 pollici, in numero da 1 a 4. Per il mercato notebook lo standard prevede 1 o 2 piattelli da 2,5 pollici.
Un disco da 3,5 pollici può contenere oggi circa 80-100 GB di dati, mentre un disco da 2,5 pollici arriva a 40-50 GB.

 


Caratteristiche tecniche di un HD

Esempio di dati di targa principali di due modelli recenti di HD


Caratteristiche

MAXTOR DiamondMax 10

SEAGATE 7200.8

Interfaccia

ATA 133/SATA 150

ATA 100/ SATA 150

Capacità [Gbyte]

80/120/160/200/250/300

250/300/400

Numero piatti

1/2/2/3/3/4

2/2/3

Capacità per piatto [Gbyte]

80

n.d. (108 Gbit/inch2)

Buffer[Mbyte]

8/16

8/16

Numero testine

2/3/4/5/6/8

4/5/6

Velocità piatti [rpm]

7200

7200

Tempo nominale medio di ricerca [ms]

9

8

Latenza nominale media [ms]

4.17

n.d.

Transfer rate medio a/da buffer [MB/s]

N.D.

80

MTBF [103 ore]

N.D.

n.d.

Cicli start/stop [103]

50

n.d.

Temperatura operativa [°C]

0-60

0 – 60

Rumorosità [dB]

31-36

n.d.

Shock in funzione [impulso half-sin 2ms]

60 G

63 G

Shock non in funzione [idem]

300 G

350 G

Peso [g]

580

n.d.

Garanzia [anni]

2

2

 

Accesso ai dati

E’ il S.O. che decide l’organizzazione dei dati sul disco. Prima di poter utilizzare l’HD è necessario formattarlo, in modo da permettere all’unità di memorizzare e trovare i dati in modo ordinato. Vi è la necessità di creare in una apposita zona del disco uno schedario che permetta di recuperare i files per mezzo di indicazioni riguardanti la loro ubicazione sulla superficie del disco stesso.
Formattare il disco significa suddividere la superficie disponibile in settori e tracce concentriche; ciascuno  di essi sarà contrassegnato da codici magnetici inseriti nel disco stesso. Questa suddivisione permetterà una registrazione dei dati fatta con criteri logici, cosicché le testine di lettura/scrittura, in rotazione sopra ai dischi, possano rapidamente raggiungere i dati.
Il numero di settori e tracce determinano la capacità del disco. Il cluster è l’unità minima utilizzata dal S.O. per la memorizzazione di un dato: anche se il dato è costituito da 1 solo byte, verrà utilizzato un intero cluster. Nel settore zero del disco il il S.O. memorizza un file speciale detto FAT (File allocation table) per il vecchio DOS e VFAT (virtual fat) per i sistemi Windows. Questo file è una grande tabella che mette in corrispondenza un nome di file o directory con una sequenza di cluster, non necessariamente contigui. Se la contiguità è molto bassa si dice che il disco è frammentato; ciò rende la ricerca lenta, quindi occorrerà deframmentarlo attraverso software opportuni. Questa operazione deve essere svolta periodicamente e può protrarsi anche per diverse ore.
Per quanto riguarda l’accesso ai dati, esso avviene mediamente in una quindicina di ms. Questo tempo medio viene di solito suddiviso in due tempi: il tempo necessario alla testina per posizionarsi sulla traccia (tempo di seek) e il tempo impiegato dalla testina per trovare il settore richiesto (tempo di latenza). Il primo tempo può variare parecchio e dipende dalla posizione iniziale della testina, mentre il secondo molto meno e corrisponde al più a mezzo giro di disco:
7200 rpm = 120 rps  à quindi mezzo giro è percorso in 1/240 secondi = 4,17 ms (confrontare il dato trovato sui data sheet sopra)

 

Il limite dell’attuale tecnologia

Per avere un’idea dei progressi raggiunti, si pensi che si è passati da 0,9 a 100 Gbit/inch2 nel periodo dal 1990 ad oggi. Il limite fisico dell’attuale tecnologia si suppone sia rappresentato da un valore di circa 150 Gbit/inch2. Bit così piccoli infatti subiscono un effetto noto come ‘super paramagnetismo’. La direzione di campo può subire mutamenti casuali legati alla temperatura o alla presenza di elementi perturbativi circostanti.
Per quanto riguarda i piattelli, il materiale più comune è l’alluminio, anche se il vetro ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo. Materiale magnetico viene depositato sulle superfici del disco con processi di diffusione analoghi a quanto avviene nella fabbricazione dei circuiti integrati a semiconduttore. Attualmente vengono memorizzati fino a 80 Mbyte di dati per ciascun piattello di un HD. Comunemente un HD dispone di un disk pack formato da 1 a 3 piattelli.

NOTA:
Contrariamente alle convenzioni normalmente utilizzate in informatica, la capacità di un HD viene definita dai produttori in modo che 1 Mbyte risulti uguale a 1.000.000 di Byte (106)  e non a 1.048.576 Byte (220). Quindi un HD venduto come 20 GB conterrà soltanto 18,6 GB di dati.

 

Le testine

Le testine di Lettura/Scrittura sono in grado di individuare il microscopico campo magnetico generato localmente sulla superficie del disco dalle areole che rappresentano i bit. Si sfruttano i fenomeni fisici associati alle correnti elettriche e alla loro interazione con i campi magnetici per variare opportunamente la disposizione dei dipoli che rappresentano i bit di informazione. La tecnologia attualmente per la maggiore prende il nome di Gmr (Giant Magnetoresistive), e si basa sull’effetto resistivo prodotto dal campo magnetico su determinati materiali. In pratica, in un metallo percorso da una corrente costante, l’applicazione del campo magnetico causa una variazione della sua resistenza, ed è quindi possibile registrare una variazione della tensione. Si segue quindi la semplice Legge di Ohm V=R*I. Generalmente le testine Gmr utilizzano una particolare combinazione di strati di nickel, ferro, cobalto e rame particolarmente sottili (o.d.g. decine di Angstrom - 1 A°= 10-10 m).  Studi svolti presso la Washington University hanno sviluppato una nuova tecnologia, denominata EMR (Extraordinary Magnetoresistence, cioè Effetto Magneto Resistivo Straordinario) che potrebbe in futuro essere impiegata per creare HD con capacità almeno 40 volte superiori alle attuali.
L’effetto magnetoresistivo è utile solo nelle fasi di lettura, per questo motivo, accanto alla testina Gmr ne è presente un’altra di tipo induttivo che svolge le funzioni di scrittura.

 


Scrittura Longitudinale e Perpendicolare

 


In questi ultimi mesi ha preso piede l’idea di passare dalla registrazione dei microcampi magnetici  di tipo longitudinale a quella perpendicolare (vedi figure). Questa seconda ipotesi è stata finora accantonata perché non avrebbe offerto alcun vantaggio significativo rispetto alla scrittura longitudinale. D’altra parte un cambiamento tecnologico di tale portata comporta il rifacimento e l’aggiornamento di tutte le linee di produzione a livello industriale,  quindi , di fronte a tale scelta, i costruttori hanno sempre optato per investire sulla tecnologia consolidata, proprio perché economicamente più vantaggiosa. Ora che la scrittura longitudinale inizia a far sentire i propri limiti (super paramagnetismo) quella perpendicolare potrebbe fornire un margine di vantaggio sufficiente ad innescare la transazione da una tecnologia all’altra.
Già si è parlato dei problemi fisici legati all’aumento delle densità di registrazione dell’attuale tecnologia. Attualmente la scrittura prevede che il campo magnetico di ciascun bit sia orientato parallelamente alla superficie del piattello , mentre con la scrittura perpendicolare la direzione del campo sarebbe appunto perpendicolare al supporto magnetico. Per questo tipo di scrittura sono necessarie testine con diversa geometria e nuovi supporti magnetici composti da uno strato principale e da un sub strato in grado di fissare l’informazione. I vantaggi sarebbero nella minore sensibilità agli effetti super paramagnetici, con la conseguente possibilità di aumentare le densità di registrazione.

 

Il motore

I piattelli sono mantenuti in rotazione costante da sofisticati motori elettrici, i supporti dei quali costituiscono un altro dei punti critici di un disco fisso. Oscillazioni anche minime dell’asse di rotazione, infatti, determinano un disallineamento tra la traccia sul piattello e la testina, compromettendo le operazioni di lettura e scrittura. Il metodo che oggi garantisce prestazioni migliori (minime vibrazioni, bassa usura e poca rumorosità) è detto FDB (Fluid Dynamic Bearing) ed è caratterizzato da bronzine in bagno d’olio. Attualmente per i sistemi desktop la norma è costituita da una velocità di rotazione di 7200 giri/min, anche se sono ancora presenti in commercio unità a 5400 rpm. E’ interessante notare come le testine  che viaggiano sul disco rigido sono mantenute vicinissime alla superficie del piattello, senza tuttavia che avvenga alcun contatto, grazie al cuscino d’aria generato proprio dalla rotazione del disco. Quando questo si ferma, un meccanismo automatico porta le testine in una posizione protetta di ‘parcheggio’.

 

La funzionalità S.M.A.R.T.

Le funzionalità SMART per la comunicazione al sistema di situazioni anomale rappresenta un significativo strumento per evitare il crash improvviso, anche se nei desktop spesso non è sfruttata. La sua attivazione, qualora sia supportata dall’ HD, viene eseguita attraverso un apposito software ed attivata tramite BIOS.
La funzionalità SMART permette di tenere sotto controllo, in modo statistico (cioè su intervalli di tempo lunghi), molti parametri operativi dell’HD, in modo da prevedere con sufficiente anticipo eventuali crash.  I principali parametri controllati sono:

  • il numero di ricalibrazioni termiche effettuate dall’HD in un determinato intervallo di tempo
  • la temperatura del motore e dei cuscinetti
  • la temperatura dei piattelli.

 

La tecnologia RAID

Su talune schede madri di fascia alta sono presenti controller per dischi fissi di tipo RAID.
RAID è l’acronimo di Redundant Array of Inexpensive Disks (Università di Berkeley, 1987) e indica configurazioni realizzate mediante combinazioni di dischi per ottenere maggiori prestazioni o la sicurezza dei dati a differenti livelli.
Questa tecnologia è in grado di gestire più dischi in funzionamento contemporaneo secondo diverse modalità. Le fondamentali sono dette RAID 0  (Striping) e RAID 1 (Mirroring).

Con RAID 0 il compito del controller è quello di suddividere i dati in pacchetti (striping = ‘fare a strisce’) e di scriverli con una sequenza ciclica sui vari dischi. Grazie ad una tecnica di mappatura il controller è poi in grado di accedere in parallelo a questi dati nelle successive fasi di lettura. Il RAID 0 è quindi rivolto esclusivamente all’aumento del transfer rate, senza alcuna funzione di protezione dei dati.
Il RAID 1 (Mirroring) è, al contrario, rivolto alla sicurezza delle informazioni memorizzate. I dati non vengono più distribuiti sui vari dischi, bensì replicati sulle diverse unità, fattore che da un lato priva l’utente della metà dello spazio di archiviazione, ma dall’altra consente un back-up continuo e automatico dei dati, senza alcun uso di software specifici e con grandi risparmi di tempo.
Il RAID 5 fornisce prestazioni tipiche dello striping affiancate da stringhe per il controllo e la ricostruzione delle informazioni nel caso di crash di uno dei dischi. E’ utilizzato spesso in ambiente server. La configurazione RAID 5 permette di avere una capacità globale pari a n-1 unità che compongono l’array (ad es. per 3 dischi da 80 GB si ha una capacità di 160 GB) e permette di unire le elevate prestazioni tipiche del Raid 0 ad un buon livello di sicurezza come avviene per Raid 1.


Le figure seguenti illustrano le modalità viste.

 

 

 

 

Il futuro

Data ormai per scontata l’affermazione definitiva dello standard SATA, specie per il mercato desktop e workstation (ma sembra anche in ambiente server), è prevista a breve l’uscita del SATA di seconda generazione che aumenterà il transfer-rate a 300 MB/s.
Non è tuttavia ipotizzabile per ora una scomparsa completa e repentina dell’interfaccia SCSI nel segmento server, dove non sono solo le velocità di trasmissione a contare, ma soprattutto la robustezza del trattamento dei dati e la flessibilità nella manipolazione. Inoltre SCSI è recentemente passato alla versione Scsi-Ultra320 che presenta un throughput più che doppio rispetto a SATA.
Secondariamente lo standard SCSI è destinato anch’esso ad una futura serializzazione, sono infatti all’orizzonte le specifiche Sas (Serial Attached Scsi), che porteranno alla trasmissione seriale dei dati. Queste novità dovrebbero essere disponibili nel corso del 2005 e prevedono un transfer rate di 3 Gbps, fino a 128 dispositivi su un solo canale e cavi di lunghezza superiore a 15m, con la possibilità di collegare allo stesso canale anche dispositivi SATA.
Ciò apre alla possibilità futura di libera coabitazione dei due standard sulla medesima macchina.
Infine sullo scenario tecnologico sta facendo la propria comparsa Fibre Channel, il sistema di trasporto su fibra ottica che dovrebbe rivoluzionare la topologia delle SAN (Starage Area Network), consentendo di veicolare dati Scsi a distanze dell’ordine dei 10 Km con throughput di 2 Gbps e permettendo di collegare fra loro fino a 128 dispositivi in un singolo loop e di inserire nella rete switch dedicati in modo da ampliare la rete a piacimento.

 

Fonte: http://xoomer.virgilio.it/mlsoft/Files/TPC05-Hard%20disk.doc
Autore del testo non indicato nel documento di origine del testo

 

 

I DISCHI RIGIDI.
Alla scoperta degli hard disk.

 

Un articolo specifico sulla costruzione dei dischi fissi non poteva mancare. Un appuntamento interessante per chi vuole approfondire conoscere approffonditamente uno dei componenti del computer. Il disco fisso è un elemento indispensabile del PC ove "vivono" insieme il sistema operativo, i software, e i nostri dati. Le tecnologie di realizzazione, visti i diversi tipi di hard disk, sono abbastanza simili tra i produttori, e quindi basta conoscerne alcune per imparare quelle di tutti.
Capire il funzionamento dei componenti di un disco fisso aiuta a comprendere i "misteri" e i meccanismi dei sistemi hardware (i computer), e quest'intervento è una piccola guida nelle "interiora" di un disco rigido.

I COMPONENTI DI UN HARD DISK:
Scomponendo l'hard disk in più parti gli elementi principali sono:
1)I piatti del disco (supporti di memorizzazione)
2)L' asse di rotazione e motore del disco detto "spindle"(meccanismo centrale del disco) a corrente continua.
3)Lo strato magnetico di memorizzazione.
4)Le testine di lettura, e scrittura (meccanismo di memorizzazione dati)
5)Gli attuatori delle testine
6)La scheda logica o circuito stampato.
I piatti del disco.
Iniziamo dai dischi o Piatti del disco rigido, in cui vengono "salvati" i dati ed in cui è installato il sistema operativo.
"A proposito di sistema operativo, ricordo che nei primi anni dei calcolatori il programmatore doveva utilizzare una serie di schede per poterlo "caricare", e utilizzare nella compilazione di un programma, dando origine ad una procedura alla lunga molto dispendiosa. Negli anni '60, fortunatamente, sono apparsi i primi calcolatori con un sistema operativo sempre presente in grado di snellire i tempi dei programmatori".
Continuando il nostro discorso...
I piatti del disco sono realizzati in leghe di alluminio-magnesio o in leghe di vetro. Le seconde hanno soppiantato le prime poiché i dischi prodotti in alluminio erano spesso soggetti ad espansione termica, e diventavano poco stabili. La realizzazione dei piatti in lega di vetro (vetro pirex) ha ridotto lo spessore e il peso, dando la possibilità ai produttori di aumentare il numero di piatti presenti in un disco rigido, e quindi la quantità di informazioni memorizzabili. Grazie alla levigatura finissima del vetro pirex la percertuale delle particelle estranee sul substrato magnetico è diminuita, e di conseguenza la capacità (densità) di memorizzazione dei dati è aumentata.
Esistono diversi formati dei dischi rigidi, i più importanti sono indicati dalla tabella seguente:

 


Formato

Dimensione del disco (diametro in mm)

5,25 pollici

130 mm

2,5 pollici

63,5 mm

3,5 pollici

95 mm

1,8 pollici

45,7 mm

Tabella A.
(Formato dei dischi rigidi).
Ogni piatto del disco è installato sull'asse di rotazione (v. figura 1), e sopra e sotto di esso sono presenti due testine, una di lettura, e una di scrittura.



FIGURA 1.
(i piatti sono sovrapposti sul motore di rotazione. Due testine di lettura e di scrittura sono presenti sotto e sopra la superficie dei dischi).
L'asse di rotazione, e il motore "spindle".
Il motore "spindle" è responsabile della rotazione dei piatti del disco rigido, e quest'ultimi sono direttamente connessi ad esso senza l'ausilio di alcun componente. I requisiti minimi del "White Horse", altro nome del motore "spindle" possono essere così riassunti: una bassa rumorosità, e una longevità elevata dei meccanismi di rotazione. Con queste caratteristiche, l'hard disk diventa una memoria di massa sicura, e poco inquinante.
Come potete vedere nella figura 2, i piatti del disco posseggono ciascuno un foro uguale al diametro dell'asse del motore; I dischi o piatti sono mantenuti ad una distanza costante da degli anelli di metallo, ed un "tappo" superiore li blocca definitivamente al sistema con alcune viti di tipo Torx.



FIGURA 2.
Passando oltre, la ricerca si è dedicata allo studio dei cuscinetti di rotazione, ossia il cuore interno del motore stesso. In principio, nei vecchi dischi rigidi (ma anche in alcuni recenti) si utilizzavano dei cuscinetti di rotazione BALL BEARING, ma la rumorosità prodotta dal contatto delle sfere interne, l'elevata temperatura, e l'usura meccanica hanno decretato per sempre la loro fine (almeno in parte). Attualmente, all'interno dei cuscinetti trovano posto dei liquidi oelici (FLUID DYNAMIC SPINDLE) con i quali si ottengono delle elevate prestazioni, e soprattutto diminuiscono i problemi di rumorosità, di temperatura, e d'usura (aumenta anche la resistenza agli urti).
Il motore "spindle" di un hard disk dovrebbe essere:
1) Di qualità, e garantire una certa sicurezza.
2) Stabile durante la rotazione dei piatti (le vibrazioni dovrebbe essere minime)
3) Silenzioso (si dovrebbero adottare delle strategie per ridurre l'emissione di decibel prodotti.
4) Non dovrebbe surriscaldarsi (la temperatura non dovrebbe superare i valori limite imposti dagli stessi costruttori).
Nei motori FDB (come già detto), le sfere metalliche sono state sostituite con un olio particolare che riduce significativamente la rumorosità prodotta: l'attrito tra sfera, e sfera non esiste più. A tal proposito, dai test condotti da Seagate per i propri prodotti, si verifica un abbassamento di rumorosità degli hard disk Cheetah X15, che utilizzano un motore FDB (Fluid Dynamic Bearing), rispetto ai precedenti dischi rigidi con motori BB (Ball Bearing), ottenendo allo stesso tempo un incremento di prestazioni. L'immagine seguente mostra l'evoluzione dell'abbattimento del livello acustico prodotto dai dischi rigidi Seagate fino all'ultimo modello il Cheetah X15 con motore FDB.

FIGURA 3.
(Grafico dell'impatto acustico dei dischi Seagate).
I piatti sono sovrapposti sull'asse di rotazione, e girano a velocità incredibili grazie ad un motore generalmente connesso alla parte inferiore dell'albero. I dischi possono ruotare sino a 15.000 giri al minuto senza alcun problema, e senza alcun rumore (dovrebbero!). Dei sigilli impediscono all'olio dell'asse motore di fuoriuscire, e un conduttore a terra presente tra il motore, e il case del disco scarica l'elettricità statica prodotta durante la rotazione (v. figura 4). I giri al minuto, o rotazioni al minuto (RPM), rappresentano l'efficienza complessiva del disco fisso poichè incidono sul tempo di latenza di rotazione e sul transfer rate



FIGURA 4.
(Motore dei dischi collegato direttamente all'asse di rotazione).
A questo punto sono d'obbligo alcune domande.
I piatti del disco variano la loro posizione lungo l'albero di rotazione (asse)?
Impossibile, essi devono rimanere immobili altrimenti si danneggerebbero le testine e si perderebbero i dati. Per poter "bloccare" i dischi in altezza, sono stati sviluppati ed inseriti dei distanziatori che permettono ai dischi di restare fermi senza possibilità di movimento lungo l'asse (v. figura 5).

FIGURA 5.
(I distanziatori permettono di mantenere immobili i piatti del disco).

Spostando il PC posso provocare un crash del sistema?
Ovviamente, muovere un PC in funzione è una cosa da non fare mai, i dischi rigidi potrebbero collassare a causa delle vibrazioni dell'albero motore e le testine potrebbero danneggiare la superficie di un disco (ricordate che le "puntine" di scrittura e di lettura sono sollevate di pochi micron rispetto alla superficie del piatto, e quindi un piccolo movimento può avere conseguenze disastrose).
Strato magnetico di memorizzazione.
Generalmente i supporti di memorizzazione dei dati sono realizzati in ossido di ferro, o costituiti di uno strato a film sottile. Il primo tipo di supporto, molto morbido, viene utilizzato nei dischi di fascia economica poiché poco resistente ai "crashes" delle testine di lettura/scrittura sulla superficie del disco. Il secondo tipo, i supporti a film sottile sono costituiti normalmente da 4 strati (v.figura 6) o layer: il primo, una lega di alluminio o vetro, costituisce il piatto del disco; Il secondo strato, non magnetico, di cromo o una lega di NiAl influenza la granulometria del materiale ferromagnetico; Il terzo strato ferromagnetico è composto da una lega di cobalto, ed è utilizzato per la memorizzazione dei dati, e infine l'ultimo strato protettivo ha la funzione di evitare l'ossidazione, e il contatto con le testine di lettura, e scrittura.

FIGURA 6.
(La struttura multi-strato di un piatto del disco).
Ovviamente i produttori dei dischi fissi utilizzano più strati diversi, ciascuno con la propria funzione.
Inoltre, dovete sapere, che la deposizione dello strato del materiale ferromagnetico sullo strato non magnetico realizzato in cromo o lega di NiAl, avviene per SPUTTERING: un plasma ottenuto per riscaldamento di un gas inerte (Argon) estrae da una lega di cobalto gli atomi che formeranno il film policristallino, ossia lo strato ferromagnetico. Lo spessore, la dimensione, e l'orientazione della grana del film dipendono dai parametri del processo di Sputtering, e dalle caratteristiche del secondo strato magnetico di deposizione.
Ed è proprio la grana, o più precisamente la dimensione dei grani cristallini del materiale ferromagnetico che permette di incrementare la densità di memorizzazione.
Infatti, per aumentare la capacità di memorizzazione degli hard disk bisogna ridurre la dimensione dell'unità elementare, capace di contenere un bit di informazione. Più piccole saranno le dimensioni dei grani cristallini, meno spazio occuperà la TRACCIA, e maggiore potrà essere la densità di memorizzazione.

FIGURA 7.
(La traccia come elemento elementare di memorizzazione dei BIT).
Come si esprime la DENSITA' DI MEMORIZZAZIONE DEI DATI?
Il parametro densità di memorizzazione si misura in GIGABIT PER POLLICE QUADRO, e si può dividere in DENSITA' DELLE TRACCE espressa in TPI (numero di tracce longitudinali per pollice), e la DENSITA' DI INFORMAZIONE espressa in BPI, ossia numero di bit per pollice.
Per memorizzare un singolo bit di informazione sono necessari dai 500 ai 1000 grani cristallini che costituiscono il materiale ferromagnetico. Incrementare la capacità di memorizzazione significa ridurre la dimensioni dei grani del terzo strato.

FIGURA 8.
(Per un singolo BIT ci vogliono dai 500 ai 1000 grani di materiale ferromagnetico).
Purtroppo, diminuendo le dimensioni dei grani si manifesta sia l'effetto superparamagnetico (SPE), che il fenomeno dell'instabilità termica con conseguente perdità dei dati. Le tecniche che permettono un ulteriore miglioramento della densità di memorizzazione sono proposte più avanti in questo articolo, e nulla hanno a che fare con la tecnologia di memorizzazione appena discussa.
Infine, un esempio della continua ricerca di una maggiore densità di memorizzazione proviene dalla tecnologia adottata per la costruzione degli hard disk per notebook, che hanno un valore di GIGABIT PER POLLICE QUADRATO elevato date le "piccole" dimensioni obbligate.
Le testine di lettura, e scrittura.
Le testine di lettura e scrittura sono presenti in entrambi le superfici di un piatto, ciò significa che un disco rigido con due piatti possiede quattro testine. Lo strato di memorizzazione è presente sulle due facce di un piatto dando la possibilità alle testine di "incidere" i dati. Uno spazio quasi infinitesimo, quantificabile in pochi micron, divide le testine dalla superficie del piatto durante la rotazione dell'albero, mentre a riposo, a rotazione zero, esse poggiano delicatamente sulla superficie del disco.
Come si ottiene lo spazio quasi infinitesimo esistente tra testina di lettura/scrittura ,e piatto del disco?
La testina di lettura/scrittura è sospesa sopra al piatto del disco con l'aiuto di un cuscino d'aria sviluppato dalla rotazione del disco.
La distanza tra piatto, e testine è molto importante; Più la testina di lettura / scrittura è prossima al disco, e più è piccola l'area di registrazione dei dati (con la possibilità di ottenere grandi capienze), più è lontana dal disco, e minore sarà la capacità di memorizzazione dati.
Ovviamente le tecnologie di realizzazione delle testine si sono evolute, anche se il meccanismo di scrittura, e lettura è rimasto lo stesso. Ora, la scienza moderna ha permesso la costruzione di testine munite di sensore magneto resistivo; In pratica tale dispositivo varia la propria resistenza elettrica in funzione di un campo magnetico indotto. In ogni caso, le testine magneto resistive possono soltanto effettuare la lettura dei dati, e quindi sono state accoppiate con le testine magneto induttive capaci di scrivere i dati (v. figura 9).

FIGURA 9.
(le testine magneto resistive sono state accoppiate con le testine magneto induttive).


Lettere

Descrizione

A

La freccia determina il verso della magnetizzazione del supporto di memorizzazione.

B

Sensore magneto resistivo (MR o GMR) a sola lettura.

C

Elementi protettivi che isolano il sensore magneto resistivo da campi magnetici adiacenti per evitare disturbi in lettura.

D

Elemento di lettura composto dalla testina a sola lettura.

E

Elemento di scrittura composto dalla testina magneto induttiva.

F

Supporto di memorizzazione.

G

Traccia.

Tabella della figura 9.
Quali sono le tecnologie adottate nel corso degli anni per la realizzazione delle testine di lettura e scrittura?
L'evoluzione tecnologica delle testine è riassunta brevemente dalla tabella seguente.


Tipo di testine

Materiale di sviluppo

Testine di ferrite

Consistono in un nucleo di ossido di ferro avvolto da una bobina elettromagnetica. Nel corso degli anni il nucleo è stato prodotto anche in vetro per alleggerire la struttura. Naturalmente, questa tecnologia di produzione è ormai divenuta obsoleta.

MIG (Metal-in-Gap)

Tali testine rappresentano un'evoluzione rispetto a quelle in ferrite.

TF (Thin Film)

Sono costruite come un semiconduttore e pesano poco.

MR (Magneto-Resistive)

Utilizzano una corrente elettrica interna alla testina. La testina rileva un bit, cambia la resistenza e l'intensità di corrente, trasferendo così i dati. Sono le più utilizzate e sono molto leggere.


GMR (Giant Magneto Resistance)

La tecnologia di progettazione si basa su conoscenze quantistiche dell'elettrone.

Tabella delle testine di lettura e scrittura.
L'evoluzione delle testine degli hard disk si può riassumere in cinque momenti importanti:
1) Le prime testine di lettura, e scrittura funzionavano come un classico elettromagnete, e sfruttavano il fenomeno dell'induzione elettromagnetica. Quando la testina di lettura rilevava un diverso campo magnetico del supporto (del piatto), avveniva un cambio di polarità che determinava successivamente il valore di bit 0 e 1. Normalmente, esse erano composte da un ferro (MnFe) a forma di cavallo avvolte da un cavo in rame, praticamente un elettromagnete. Attualmente, nelle operazioni di scrittura interviene ancora il meccanismo dell'induzione elettromagnetica.
2) Il secondo momento di evoluzione è costituito dall'introduzione delle testine Metal-In-Gap (MIG), che essezialmente funzionano come le precedenti, ma sono composte da una lega di metallo molto più sensibile ai campi magnetici.
3) Nella terza evoluzione le testine induttive riducono la loro dimensione, il loro peso, e diventano più precise; Vengono comunemente chiamate Thin film, e assolvono alla funzione di scrittura, e di lettura.
4) Le testine Magneto-Resistive Anisotropiche (AMR) rappresentano il quarto stadio di evoluzione. Esse non funzionano più per induzione elettromagnetica, ma utilizzano un materiale speciale che modifica la propria resistenza al passaggio della corrente elettrica in presenza di un campo magnetico. L'elemento di lettura è composto da un sensore magnetoresistivo la cui resistenza al passaggio della corrente elettrica varia al variare del campo magnetico a cui viene sottoposto.
Più specificatamente l'effetto magnetoresistivo si basa sulla velocità degli elettroni di conduzione del materiale magnetoresistivo: se gli elettroni si muovono nella stessa direzione della polarizzazione magnetica, la loro velocità è minima, e quindi la resistenza al passaggio della corrente elettrica sarà massima; Nel caso contrario, la velocità degli elettroni sarà massima, e quindi, minima sarà la resistenza al passaggio della corrente elettrica. Il valore massimo o minimo della resistenza verranno interpretati come valori di informazione 1 e 0.
E' da aggiungere, che solo le testine di lettura utilizzano la tecnologia Magneto-Resistive (MR). Ricordiamo, che il fenomeno della magnetoresistenza fu scoperto nel lontano 1857 da Lord Kelvin, e che nel 1968 presso il centro di ricerca della AMPEX CORPORATION fu realizzata la prima testina magnetoresistiva.
5) Nel 1988 fu scoperto l'effetto Giant magnetoresistive, e dal 2000 le testine di lettura del disco rigido usufruiscono di tale tecnologia; La seguente immagine vi può aiutare nel comprendere il funzionamento della tecnologia di lettura GMR (Giant Magneto-Resistive).

FIGURA 10.
Cos'è il fenomeno GMR? Come funziona?
Se siete a digiuno di fisica, meglio iniziare a leggere qualcosa, poichè il fenomeno GMR si basa sulle proprietà quantistiche dell'elettrone. L'elettrone può essere caratterizzato da due valori: il valore di spin up, e quello di spin down. In un strato sottile metallico magnetizzato, gli elettroni con direzione parallela all'orientazione magnetica possono muoversi liberamente, mentre quelli con spin opposto collidono più facilmente. In quest'ultimo caso si verifica un aumento della resistenza al passaggio della corrente elettrica, mentre nel caso di orientamento parallello la resistenza al passaggio delle corrente elettrica misurata è bassa. L'immagine seguente vi aiuterà a capire come funziona il fenomeno GMR.

FIGURA 11.
Una testina di lettura GMR è composta principalmente da quattro strati: il primo il Free layer, legge le informazioni sul supporto magnetico, il secondo divide il Free layer dal Pinned layer, il terzo, il Pinned Layer, orienta la propria polarità in seguito ad un cambiamento dell'orientamento degli elettroni del primo strato; L'ultimo strato, l'Exchange layer mantiene la polarità magnetica del Pinned Layer.Tutto ciò funziona così: quando gli elettroni del Free layer sono allineati con il Pinned layer la resistenza della testina è bassa.
Gli attuattori delle testine.
Gli attuattori o meccanismi di spostamento permettono alle testine di leggere/scrivere sulla superficie del disco (v. figura 12). Possiamo dividere in due gruppi tali sistemi: i motori passo a passo e i motori a bobina mobile. I primi sono costituiti da un motore elettrico passo a passo, e ogni traccia del disco corrisponde ad un passo dell'attuattore. Purtroppo però il metodo di posizionamento dipende esclusivamente dal motore passo a passo e nel tempo tale sistema potrebbe non funzionare correttamente (usura meccanica). Nei secondi, il posizionamento sulle tracce del piatto avviene tramite la repulsione o l'attrazione di una bobina (nella quale è situata la testina di lettura e scrittura) e di un magnete (fisso e vincolato alla struttura). Il meccanismo di posizionamento delle testine sulle tracce non è meccanico, ed è controllato dai dispositivi di posizionamento delle testine del disco rigido.

FIGURA 12.
(Dispositivo guidato di posizionamento delle testine di lettura / scrittura).
Com'è possibile il riconoscimento della superficie del disco da parte del dispositivo guidato di posizionamento delle testine?
Durante la produzione del piatto (disco) è stato inserito uno speciale codice in notazione binaria (codice gray), in grado di identificare con precisione le tracce e i settori. I dispositivi di posizionamento leggono il codice gray e si collocano precisamente sulla traccia o sul settore richiesto.
La scheda logica o circuito stampato.
La meccanica del disco rigido è controllata da una scheda logica: l'albero (asse) del disco, e l'attuattore della testina sono gli elementi più monitorizzati. Molte volte la causa di un malfunzionamento del disco rigido dipende da un problema della scheda logica, e non per una disfunzione meccanica.

FIGURA 13.
(Scheda logica di un disco SAMSUNG).
Naturalmente l'identificazione del guasto non è sempre una procedura immediata, e quello che a prima vista può apparire un problema meccanico, alla fine si rivela un malfunzionamento della scheda logica.
Come si dispongono i dati sulla superficie del disco?
I dati sono organizzati sulla superficie del disco in maniera concentrica in TRACCE; Quest'ultime sono anelli di dimensione uguali alla larghezza della testina di lettura/ scrittura. Inoltre, dovete sapere, che i dati vengono trasferiti da e verso il disco in BLOCCHI, i quali hanno una superficie minore rispetto alla superficie coperta dalle TRACCE. Ogni TRACCIA può contenere da 10 a 100 SETTORI o più (v. figura 14). I settori normalmente contengono 512 Kbyte di dati, preceduti da un "preambolo", e seguiti da un codice di correzione degli errori (ECC). Il preambolo permette alla testina di sincronizzarsi prima di leggere o scrivere nel disco, mentre il codice ECC, Hamming o Reed Solomon corregge gli errori.

FIGURA 14.
(Tracce e settori costituiscono gli elementi principali dell'organizzazione della superficie di un disco).
Come potete vedere, le tracce adiacenti sono separate da un intervallo (o traccia d'intervallo vuoto) per evitare, errori, dovuti ad un mancato allineamento della testina, o ad interferenze tra campi magnetici.
Anche i settori sono divisi da intervalli (intersector gap), perchè, così facendo, non si richiedeno elaboratissimi sistemi di precisione.
Per individuare le posizioni dei settori sulla superficie del disco ogni traccia, e ogni settore devono essere identificati da un punto di inizio, e uno di fine. I dispositivi di posizionamento leggono questi parametri, e riescono con precisione a raggiungere un ben determinato settore.
Infine, ricordate che la capacità formattata di un disco rigido non tiene conto dei preamboli, dell'ECC e cosi via, e quindi un disco di 40 Gb potrebbe contenere dati per 1 o 2 Gb in meno. Alcuni produttori, ad esempio IBM, normalmente aumentano di 1 o 2 Gb la capacità formattata del disco rigido, così da rendere i tutti i 40 Gb effettivamente disponibili per i dati.
L'INTERFACCIA ATA ULTRADMA.
Per trasmettere i dati dal disco rigido al resto del sistema ci serve un collegamento fisico, e tal compito è assolto sufficientemente dall'interfaccia ATA. L'evoluzione dell'interfaccia ATA è cominciata dal PIO MODE 4 (16 Mb/s), per poi passare all'ATA 33 (UltraDma 2 - 33 Mb/s), all'ATA 66 (UltraDma 4 - 66 Mb/s) per poi terminare con l'ATA 100 (UltraDma 5 - 100 Mb/s). Maxtor ha introdotto recentemente l'ATA 133 (UltraDma 6 - 133 Mb/s), di cui potrete leggere un "Maxtor White Paper" al seguente indirizzo:
http://www.maxtor.com/en/documentation/white_papers/fast_drives_white_papers.pdf
Comunque, nonostante l'evoluzione dell'interfaccia ATA fino a 133 Mb/s, vi è un limite fisico imposto dalle specifiche del Bus PCI.
Dovete sapere che, l'interfaccia ATA invia i dati al controller del disco integrato nel Chipset della scheda madre. Successivamente, quest'ultimo trasmette i dati ricevuti al resto del sistema servendosi del Bus PCI ad una velocità massima teorica di 133 Mb/s. Normalmente tale valore scende a 120 Mb/s in condizioni normali, e l'interfaccia ATA non riesce a superare tale limitazione fisica.
Ma perchè interviene il Bus PCI nel trasferimento dati dei dischi rigidi?
In questa parte dell'articolo approffondiremo la conoscenza del Bus PCI, o più specificatamente Peripheral Component Interconnect Bus. Esso funziona a 66 Mhz, può gestire trasferimenti di 64 bit per una larghezza di banda complessiva di 528 Mb/s, ed è un Bus sincrono. Ciò significa che tutte le transazioni effettuate sul Bus PCI avvengono tra un MASTER chiamato "Initiatore", e uno SLAVE chiamato "target". Possiamo descrivere con un esempio il funzionamento del Bus PCI in relazione ad uno MASTER ed uno SLAVE. Nel primo ciclo di clock il "dispositivo" MASTER mette nel Bus PCI l'indirizzo dei dati richiesti; Nel secondo ciclo di clock il MASTER toglie l'indirizzo, e libera per lo SLAVE. Nel terzo ciclo di clock il "dispositivo" SLAVE invia al MASTER i dati richiesti mettendoli sul Bus PCI. Se per qualche motivo, lo SLAVE tarda ad inviare i dati (quindi un tempo superiore al terzo ciclo di clock), si inseriscono dei fastidiosi tempi di attesa.
L'INTERFACCIA SERIAL ATA: IL NUOVO STANDARD.
Ormai, l'interfaccia Ultra-ATA ha raggiunto i suoi limiti, e nel corso di questi due ultimi decenni ha subito numerosi miglioramenti giungendo all'ultima revisione con l'ULTRA ATA 133 utilizzata esclusivamente dai dischi MAXTOR.
Recentemente ha preso piede una nuova tecnologia, che ben presto diventerà lo standard di collegamento dei dischi rigidi: lo standard Serial o più semplicemente SATA. L'architettura Serial ATA prevede un affidabilità maggiore rispetto all'ATA garantita da un controllo di ridondanza ciclica (CRC) dei dati e dei comandi. Ricordo, per chi non lo sapesse, che nello standard ATA il controllo di ridondanza ciclica avviene soltanto sui dati. Tutti i cavi da 40 e 80 contatti (pin) che siamo abituati a vedere saranno sostituiti da dei cavi sottili, che miglioreranno la circolazione del flusso d'aria all'interno del Cabinet, e potranno disporre di un estensione maggiore di quella attuale, così, finalmente potremmo utilizzare anche dei case megalitici!.
L'attuale velocità max di trasmissione del SATA è di circa 150 Mb/s, che con il SATA II aumenterà fino a 300 Mb/s e con il SATA III raggiungerà i 600 Mb/s.
L'utilizzo dei dischi SATA richiede un cavo di collegamento seriale, e un adattatore di alimentazione (v.figure 15,16). Alcuni hard disk posseggono sia il connettore molex che il connettore seriale di alimentazione.

FIGURA 15.
(L'adattatore di alimentazione SATA e il cavo SATA).

FIGURA 16.
(Gli estremi di un cavo SATA).
Infine, caratteristica importante da non sottovalutare dei dischi SATA è il collegamento a caldo al sistema, questo significa che in ogni momento si potrà aggiungere un disco fisso al PC (non sempre questa opzione è disponibile); Tale soluzione finora è stata adottata solo nei sistemi server e con tecnologie costose, e ora, finalmente, è disponibile per tutti.
I produttori di motherboard stanno implementando il nuovo standard anche in soluzione RAID (v. figura 17).

FIGURA 17.
(Il Chipset Promise PDC20376 si occupa della gestione di due canali Serial ATA ,e gestisce il livello RAID 0 e 1).
Rapidamente possiamo elencare nella tabella seguente le innovazioni introdotte dal nuovo standard SATA.


Cavi di collegamento

Di ridotte dimensioni, meno ingombranti dei cavi ATA

Lunghezza dei cavi

Fino a 1 metro di lunghezza

Connettori di alimentazione

Nuove caratteristiche di alimentazione. Il +3.3 V è stato introdotto per supportare le tecnologie future a basso consumo

Velocità max di Transfer rate buffered o di picco

150 Mb/s con il SATA I
300 Mb/s con il SATA II
600 Mb/s con il SATA III

Hot Plug

A computer accesso è possibile collegare i dischi rigidi SATA

CRC

Controllo di ridondanza ciclica sui dati, e sui comandi per un maggiore controllo degli errori

Interferenze minori

Prima della trasmissione dei dati avviene la loro pacchettizzazione che diminuisce il rischio delle interferenze

Basso costo dell'interfaccia

L'implementazione della nuova tecnologia SATA, in termini di costi, è equivalente alla precedente ATA

Tabella della tecnologia SATA.
Forse è ancora troppo presto per ottenere dei buoni risultati dai dischi Serial ATA, ma sicuramente il nuovo standard sarà sicuramente il degno successore del'ATA, a meno di nuove soluzioni di memoria di massa secondaria.
SVILUPPI FUTURI.
Per aumentare la capacita di memorizzazione dei dischi rigidi sono state sviluppate nuove tecnologie di realizzazione dei piatti, del supporto di memorizzazione, e delle testine di lettura, e scrittura. Di seguito parleremo di disk texturing e catene magnetiche di atomi.
Disk texturing.
La superficie del disco è divisa in due zone: l'area ad alta planarità, e l'area dei rilievi. Le zone in rilievo sono utilizzate per l'atterraggio delle testine in posizione di riposo, e vengono prodotte con un laser a bassa potenza. Le altre zone, o superfici ad alta planarità permettono la memorizzazione dei dati.

FIGURA 18.
(la parte chiara rappresenta la superficie di memorizzazione dati, mentre le parti in rilievo sono utilizzate come zone di atterraggio delle testine nella posizione a riposo).
Catene magnetiche di atomi.
Grazie alla collaborazione internazionale tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), il Politecnico di Losanna, il centro di Ricerca di Juelich e Max Planck di Stoccarda, si è riusciti a riprodurre una catena magnetica della larghezza di un solo atomo, disposta su una superficie microscopica (Carlo Carbone). Ciò significa che in futuro si potranno costruire dei supporti di memorizzazione ad alta capacità, moltiplicando così la 'potenza' dei nostri computer.
IL DISCO RIGIDO FUNZIONA?
Ora, cercheremo di definire una strategia di interventi grazie ai quali riuscirete ad identificare un malfunzionamento del disco rigido. Prima di "gettare" l'hard disk nella spazzatura, o tirarlo in testa al negoziante (e questa è l'opzione da preferire), provate a rispondere alle seguenti domande, e magari il vostro problema si risolve nel migliore dei modi.
I jumper del disco rigido sono configurati correttamente?
Quando i jumper (ponticelli presenti nella parte anteriore del disco fisso) dell'hard disk non vengono impostati nel modo corretto, può accadere di tutto: il PC non si avvia, il sistema operativo non si installa, al boot del PC le periferiche IDE vengono visualizzate con caratteri strani, e cosi via. Quindi, verificate i jumper (v.figura 19), e per la loro impostazione leggete i seguenti consigli.

FIGURA 19.
(1-jumper, 2-alimentazione molex a 4 pin, 3-collegamento interfaccia ATA).
Nell'immagine sopra, i jumper sono posizionati nella zona numero 1, e solitamente sulla superficie superiore del disco, o sulla parte più vicina ad essi, sono serigrafate le varie posizioni per ottenere le diverse modalità di funzionamento MASTER, SLAVE, o CABLE SELECT.
Ecco i consigli, e seguiteli, perchè così il vostro sistema funzionerà più velocemente, e senza alcun problema!
Quando colleghiamo un cavo ATA ad una singola unità, data l'alta frequenza prodotta dal trasferimento dati, bisognerebbe connetterla all'estremità del cavo (solitamente vige una scritta MASTER), poiché funge da terminatore. In poche parole, connettere l'unità singola al connettore centrale del cavo ATA, produce un impoverimento del segnale, poiché una parte del segnale percorre il cavo fino all'estremità e poi ritorna unendosi al segnale dell'unità intermedia in modo non speculare, creando delle interferenze.
Nel caso in cui, due unità vengono connesse allo stesso cavo ATA, la presenza di una periferica IDE che funziona da terminatore limita le interferenze non speculari. Devo aggiungere, che la funzione dell'unità Master (unità superiore), consiste nella decodificazione del segnale per le due unità MASTER & SLAVE.
Quando siamo in presenza di quattro unità, due per ogni canale, sebbene non esistano particolari indicazioni sulla posizione e sulla scelta del dispositivo, se si posseggono un unità CD-ROM/DVD e un unità CD-RW, è bene assegnarle a due canali diversi. Il disco Master (o di sistema), bisognerebbe connetterlo al CANALE PRIMARIO (IDE 1) e assegnargli la condizione MASTER, poiché tale configurazione, è identificata come quella con trasferimento dati maggiore. Se siamo in presenza di due hard disk, meglio assegnarli a due canali diversi, poiché due canali differenti (IDE1 e IDE2) possono processare i dati in modalità MULTITASKING, mentre due dispositivi appartenenti allo stesso canale possono eseguire una sola operazione (SINGLETASKING).
Riassumendo, la configurazione migliore per quattro unità IDE, in presenza di due Hard disk e altre due periferiche ide risulta essere la seguente.


CANALI

POSIZIONE DELLE UNITA' IDE

CANALE 1: (IDE 1)

MASTER = HARD DISK DI SISTEMA
SLAVE = CD-ROM/DVD

CANALE 2: (IDE 2)I

MASTER = MASTERIZZATORE
SLAVE = SECONDO HARD DISK di DATI

TABELLA DELLE POSIZIONI DELLE UNITA' IDE.
Purtroppo, tale soluzione non è "universale" e potrebbero sussistere alcuni problemi di incompatibilità tra le unità.
Come esempio di corretto collegamento tra le varie periferiche IDE abbiamo pubblicato due immagini (v. figure 20,21) con il collegamento delle periferiche IDE ai canali primario, e secondario della motherboard.

FIGURA 20.
Come potete vedere nella figura 20, il masterizzatore (il numero 1 rosso) è collegato al CANALE SECONDARIO della scheda madre, e configurato per utilizzare la modalità MASTER. Gli altri dispositivi, il DVD (indicato con il numero due), e il disco fisso (numero 3 rosso), sono collegati al CANALE PRIMARIO della motherboard, e sono configurati rispettivamente in SLAVE il primo, e in MASTER il secondo.

FIGURA 21.
Nella posizione 1 trova posto un lettore CD-ROM collegato al CANALE SECONDARIO della scheda madre configurato in modalità MASTER. Al CANALE PRIMARIO, in modalità MASTER è stato collegato l'hard disk di sistema (posizione 2).
Inoltre, fate attenzione alle seguenti osservazioni:
·Non installate un Hard disk ATA 33 sullo stesso canale di un Hard disk ATA 66/100, poiché ciò diminuerebbe le prestazioni generali del sistema.
·Non utilizzate cavi ATA 66-100 su controller ATA 33, potrebbero verificarsi dei problemi (anche se molto remoti).
·Verificate nel Bios l'attivazione della modalità UDMA della vostra motherboard.
·Non è possibile collegare allo stesso cavo (canale) dispositivi configurati in MASTER & SLAVE ed in CABLE SELECT.
·Non è possibile collegare periferiche ide configurate in CABLE SELECT su controllers ATA 33.
Dopo aver verificato l'impostazione corretta dei cavi e dei jumper, è il momento della seconda domanda:
Il molex di alimentazione a 4 pins, e il cavo ATA sono collegati al disco fisso?
Fate attenzione al cavo di alimentazione, e al cavo ATA, essi devono esser connessi al disco rigido, altrimenti quest'ultimo non partirà.
Il motore del disco si avvia?
Normalmente, quando un disco fisso si avvia produce un debole segnale acustico, e delle piccole vibrazioni avvertibili posizionando la mano sopra la superficie del disco, dalla parte opposta alla scheda logica. Se non sentite nulla, e non avvertite nulla, significa che il vostro disco rigido non funziona.
I parametri del Bios sono impostati correttamente?
All'avvio del PC premete "CANC" o "DEL", dalla schermata principale del BIOS selezionate la voce "STANDARD CMOS FEATURES" e poi, controllate le opzioni "IDE PRIMARY MASTER, IDE PRIMARY SLAVE, IDE SECONDARY MASTER e IDE SECONDARY SLAVE; All'interno dei menu ad esse dedicato, le voci IDE PRIMARY e SECONDARY, MASTER o SLAVE devono essere impostate su "AUTO", come pure per l'opzione "Access Mode".
I programmi di diagnostica del disco hanno rilevato qualche problema?
Prima di "certificare" il buon funzionamento di un disco rigido eseguite le utility offerte dal costruttore, e potrete così verificarne l'integrità fisica. Leggete più avanti le informazioni su alcuni TOOLS DI DIAGNOSTICA disponibili attualmente in Rete.
Sicuramente, dopo aver letto le domande e le risposte della nostra strategia di verifica dei dischi rigidi, riuscirete a dormire sonni più tranquilli, ma ricordate, un disco fisso è fatto di componenti elettronici, costruiti in serie, e alcune volte in economia, quindi non affidate mai ad essi il compito di conservare "il backup" dei vostri dati più importanti poichè dall'oggi al domani potrete perderli.
IL PROBLEMA DELLA CONDENSA.
Il problema della condensa, e della sua formazione, potrebbe influire negativamente sul corretto funzionamento di un hard disk; Infatti, se quest'ultimo viene immagazzinato in un ambiente freddo, e poi in pochi secondi viene trasportato in un ambiente caldo e umido, sulle pareti fredde si ha la formazione della condensa, mettendo in pericolo le parti meccaniche, e non solo. Questo genere di "pericolo" si verifica frequentemente nei periodi invernali, e con i "portatili", i quali possono essere spostati più facilmente dei computer domestici (desktop). La condensa potrebbe rovinare irreversibilmente il disco rigido, proprio per questo la tabella seguente vi può aiutare nell'evitare spiacevoli conseguenze.


Temperatura di provenienza

Ore di acclimatizzazione

+4°C

13 ore

-1°C

15 ore

-7°C

16 ore

-12°C

17 ore

-18°C

18 ore

-23°C

20 ore

-29°C

22 ore

-34°C

27 ore

TABELLA.
Come si legge la tabella ?
Per esempio, se il vostro hard disk proviene da una situazione con una temperatura di +4°C, ed è trasportato in luogo a temperatura ambiente occorrono 13 ore circa per un acclimatizzazione completa, in modo tale potrete evitare l'insorgenza del fenomeno della condensa.
I "TOOLS" DI DIAGNOSTICA.
In rete, e non solo, esistono dei programmi di verifica ed integrità dei dischi fissi, con i quali potrete controllare l'attività del disco rigido, o la presenza di errori sulla superficie dei piatti, oppure, diagnosticare altri guasti.
Iniziamo con POWERMAX sviluppato dalla MAXTOR un programma di verifica dei dischi Maxtor ATA & SATA. L'utility è utilizzata soventemente per diagnosticare dei problemi fisici (cluster danneggiati) ai piatti del disco rigido. La potete trovare al seguente indirizzo internet:
http://www.maxtor.com/en/support/downloads/powermax.htm
DATA ADVISOR rappresenta una seconda utility di diagnostica dei dischi rigidi sviluppata da Ontrack, ed è disponibile al seguente indirizzo internet in versione demo:
http://www.ontrack.com/freesoftware/#dataadvisor
Per i dischi della Western Digital sono presenti al seguente indirizzo internet alcuni software di diagnostica:
http://support.wdc.com/download/index.asp#windlg
Dopo aver acquistato l'ultimo hard disk, dal vostro negoziante di fiducia, sottoponetelo a diverse ore di test, solo così potrete avere la garanzia di possedere un ottimo prodotto.
E' IL MOMENTO DI VALUTARE LE PRESTAZIONI DEL NOSTRO DISCO RIGIDO.
Quando si valutano le prestazioni di un sistema hardware, normalmente si fa riferimento alla potenza della CPU, alla velocità della scheda video, e alla dimensione in Mb della memoria di sistema, mentre del disco rigido consideriamo soltanto la capacità in Mb. In realtà, l'efficienza di un disco fisso è importante, poichè il traferimento dei dati deve essere veloce, in grado di soddisfare qualsiasi esigenza.
L'indice più adatto che permette di valutare la velocità del disco fisso è il valore RPM, o il numero di rotazioni dei piatti per minuto. Tale parametro incide sul TEMPO DI LATENZA ROTAZIONALE, sul TRANSFER RATE DI PICCO, e sul TRANSFER RATE SEQUENZIALE, quest'ultimi anche chiamati TRANSFER RATE  ESTERNO, e TRANSFER RATE INTERNO. Un valore basso di numero di giri è indice di latenze superiori, e di un transfer rate minore.
Ora, cerchiamo di capire in maniera più approfondita quanto detto poch'anzi.
Quando il disco fisso è in funzione, il disco ruota con una VELOCITA' COSTANTE. Per leggere, e scrivere su una traccia ben determinata la testina di lettura/scrittura si deve spostare, e questo intervallo di tempo è detto TEMPO DI RICERCA (SEEK TIME). Poi, una volta che la traccia è stata selezionata, il controllore del disco attende un settore ben preciso, e quest'intervallo di tempo è chiamato RITARDO ROTAZIONALE, o LATENZA DI ROTAZIONE.
E' chiamato TEMPO DI ACCESSO (ACCESS TIME) la somma del RITARDO ROTAZIONALE, e del TEMPO DI RICERCA (se presente) ed è misurato in millisecondi (ms). Ovviamente, più basso è tale valore, e più veloce sarà l'unità disco nell'accedere ,copiare e trasferire i dati.
In aggiunta a questi intervalli di tempo, si accodano altri tempi di attesa I/O del dispositivo. Quando un processo richiede il disco fisso, emette una richiesta I/O, la quale viene accodata finchè il dispositivo non sia libero. Se lo stesso canale di I/O dell'hard disk è condiviso con altri dispositivi (altri drive) si può aggiungere un altro tempo di attesa, e cioè bisogna aspettare che il canale I/O sia libero.
Successivamente, dopo che la testina di lettura e scrittura si è posizionata sul settore corretto, avviene la fase di trasferimento dati, e possiamo misurarla con il TEMPO DI TRASFERIMENTO DEI DATI. Come appare chiaramente il TEMPO DI TRASFERIMENTO DATI (Transfer-rate) è direttamente proporzionale alla velocità di rotazione del disco, e alla DENSITA' UNITARIA, e lo possiamo suddividere in due valori: il TRANSFER RATE di PICCO, e il TRANSFER RATE SEQUENZIALE. Il primo è indice di trasferimento dati tra il buffer del disco, e la memoria ram attraverso l'interfaccia ATA ed è anche chiamato BUFFERED SPEED.
(N.B: Il buffer del disco rigido equivale normalmente ad un area di memoria per l'immagazzinamento dei dati, disponibile grazie ad un chip presente nella scheda logica; Esso funziona come una cache: se dei dati richiesti sono presenti, vengono inviati alla memoria ram senza attivare la parte meccanica per la ricerca su disco).
Se i dati richiesti non sono presenti all'interno del BUFFER del disco, entra in funzione la ricerca "meccanica" dei files sulla superficie del disco, e la velocità con cui essa li trasmetterà alla memoria ram è detta TRANSFER RATE SEQUENZIALE. Dovete sapere che, normalmente la velocità di trasferimento dati di picco (TRANSFER RATE di PICCO) è circa il 60% superiore alla velocità di TRANSFER RATE SEQUENZIALE.
Un esempio vi chiarirà la differenza tra velocità di TRANSFER RATE di PICCO e velocità di TRANSFER RATE SEQUENZIALE.
Poniamo il caso di dovere trasferire un file di 60 Mb da un disco ad una unità di backup. Dopo la richiesta al disco di tale operazione, la ricerca verrà effettuata all'interno del buffer del disco rigido con successo perchè qui si trovano 2 Mb (capacità del buffer del disco) del file. Tale parte del file viene inviata alla memoria ram con una velocità di TRANSFER RATE di PICCO. I rimanenti 58 Mb, verranno cercati sulla superficie del disco, e in seguito ai tempi di ACCESSO (Access Time), la velocità con cui i dati saranno trasferiti alla memoria RAM è quella di TRANSFER RATE SEQUENZIALE.
E' ANCHE VERO, CHE LA VELOCITA' DI TRANSFER RATE SEQUENZIALE PUO' ESSERE A SUA VOLTA SUDDIVISA IN MASSIMA E SOSTENUTA, CERCHIAMO DI CAPIRE IL PERCHE'.
A causa dei preamboli, del codice di correzione ECC, dei tempi di ricerca, della latenza di rotazione, dei "gap intersector", delle zone vuote esistenti tra tracce adiacenti, la massima velocità di trasferimento dati ottenuta in un intervallo di tempo limitato (BURST) è diversa dalla massima velocità di trasferimento dati eseguita in tempo illimitato (SUSTAINED). Ciò significa, che per un settore, il disco può sostenere la velocità massima di trasferimento dati, mentre se si valuta la velocità di trasferimento dati per più settori quest'ultima diminuisce. Proprio per tale motivo, quando si utilizzano delle applicazioni multimediali dobbiamo ottenere il massimo valore di velocità di trasferimento dati per più tempo (o più settori).
Inoltre, quando i piatti del disco ruotano ad elevate velocità (120 giri/s ed oltre), si scaldano, e si dilatano cambiando la loro geometria, e quindi i meccanismi di posizionamento delle testine di lettura/scrittura devono ricalibrarsi, aggiungendo altri tempi di attesa, e diminuendo così la massima velocità di trasferimento dati per più settori (o sostenuta). Per ovviare a questo problema di surriscaldamento alcuni produttori hanno sviluppato i dischi "audio-visual disk drive" che non devono ricalibrare il posizionamento sul disco.
Infine, ma non ultimo è il parametro della PERCENTUALE DI UTILIZZO DELLA CPU. Se il valore è basso significa che il nostro disco rigido è veloce, e non richiede nessun intervento da parte della CPU. Devo aggiungere che esso dipende dall'attivazione della modalità DMA.
Un programma che permette di rilevare tale valore è HDTACH 2.61 scaricabile dal seguente indirizzo internet: (v.link).
Adesso, analizzeremo approffonditamente i tempi di attesa più importanti: IL TEMPO DI RICERCA, IL RITARDO ROTAZIONALE, e IL TEMPO DI TRASFERIMENTO DATI.
Il TEMPO DI RICERCA è composto dai due elementi: il tempo iniziale per l'avviamento del braccio, e il tempo necessario affinchè quest'ultimo attraversi le tracce fino alla traccia desiderata (tale valore non è lineare, ossia il rapporto tra tempo di attraversamento, e il numero di tracce non è una costante).
Possiamo comunque approssimarlo in questo modo:
TS = K X NT X TA
ove TS è uguale al Tempo di ricerca approssimato, K è una costante che dipende dal disco rigido, NT è il numero di tracce attraversate, e TA è il tempo di avviamento del braccio.
Il RITARDO ROTAZIONALE è dato dalla velocità del disco fisso, cioè dischi a 7200 rpm, impiegano una rotazione completa in 8,3 ms (in media quindi 4,15 ms), dischi a 3600 rpm, eseguono una rotazione completa in 16,7 ms (in media 8,3 ms), dischi a 15.000 rpm eseguono una rotazione completa in 4 ms (in media 2 ms).
IL TEMPO DI TRASFERIMENTO dipende dalla velocità di rotazione del disco. Il tempo è così calcolato:
TR = Nb / r X NbT
Ove, TR è uguale al tempo di trasferimento, Nb è il numero di byte da trasferire, è la velocità del disco in giri al secondo e NbT sono i numeri di byte su una traccia.
IL TEMPO TOTALE MEDIO DI ACCESSO E' DATO DALLA SEGUENTE:
TMA = TS + 1/2r + Nb/r X NbT
Ove, TMA è il tempo totale medio di accesso, TS è il tempo medio di ricerca, 1/2r è il tempo medio rotazionale e Nb/r X NbT è il tempo medio di trasferimento.
COS'E' LO SCHEDULING DEL DISCO?
Ogni volta che un processo deve compiere delle operazioni di INPUT/OUTPUT con l'unità disco deve inviare una richiesta al sistema operativo; Essa contiene il tipo di operazione, l'indirizzo nel disco nel quale avverrà il trasferimento, l'indirizzo di memoria da dove trasferire i dati, e infine la quantità di byte da trasferire. Se, disco rigido, e controllore sono disponibili la richiesta verrà soddisfatta immediatamente, altrimenti verrà accodata nell'attesa di essere eseguita. Le code di I/O possono aumentare considerevolmente nel tempo, sicchè spetta al sistema operativo decidere quali richieste eseguire per prime.
Per gestire le richieste di I/O ed eseguirle il più velocemente possibile vengono impiegati degli algoritmi per lo scheduling del disco. Ecco un elenco dei più comuni: i FCFS (first come, first served), gli SSTF (shortest seek time first), gli SCAN, i C-SCAN, i LOOK, i C-LOOK, ed infine i LIFO.
Iniziamo dagli algoritmi FCFS, chiamati First Come, First Served, ossia le richieste di I/O del disco vengono eseguite in ordine di arrivo. Per esempio, se la coda di richieste dell'unità disco contiene i cilindri 23, 184, 120, 45, 89, 90, 1, e la testina del disco si trova nel cilindro 46, essa dovrà spostarsi al cilindro 23, poi al succesivo 184, e via via sino all'ultimo. La distanza totale coperta dalla testine del disco risulta di 457 cilindri (v. figura).
Attenzione: i grafici, dove necessario, mostrano i cilindri 0, e 200 che rappresentano gli estremi opposti, e non appartengono alla coda delle richieste I/O;

FIGURA 22.
Il secondo algoritmo lo SSTF (shortest seek time first), o scheduling per brevità esegue tutte le richieste di I/O della coda più prossime alla posizione corrente della testina prima di elaborarne altre; Per tale motivo esso è chiamato algoritmo di servizio secondo il più breve tempo di ricerca.
Se utilizziamo l'esempio precedente, la testina del disco dal cilindro 46 si sposterà al cilindro 45, poi al cilindro 23 e cosi via fino al cilindro 184. La coda verrà soddisfatta nell'ordine seguente: 46,45,23,1,89,90,120,184, per una distanza coperta totale di 228 cilindri (v. figura).

FIGURA 23.
Lo scheduling del disco che utilizza l'algoritmo SCAN sposta la testina del disco da un estremo all'altro nella sola direzione possibile. In pratica le testine dell'unità disco lo attraversano nelle due direzioni. Nel nostro esempio pratico, le richieste verrebberò così soddisfatte ammesso che le testine si stiano spostando verso il cilindro 0: 46,45,23,1,giungendo fino al cilindro 0; Successivamente le testine si sposteranno verso l'estremo opposto servendo le richieste ai cilindri 89,90,120,184. Nel nostro esempio la distanza coperta totale è di 229 (v. figura). Se la testina del disco si muovesse verso l'ultimo cilindro le richieste verrebbero soddisfatte in quest'ordine: 46,89,90,120,184, poi, essa proseguirebbe fino al cilindro 200, e a questo punto invertirebbe la direzione del braccio, e verrebbero servite le richieste ai cilindri 45,23,1, per un totale di 353 cilindri(v. figura). Questo tipo di algoritmo è anche conosciuto come l'algoritmo dell'ascensore. Infine, se durante lo spostamento della testina verso una direzione venisse richiesta un operazione su un cilindro posto davanti alla stessa, essa verrebbe soddisfatta quasi immediatamente; Se invece, la richiesta viene posta su un cilindro già superato, bisognerà aspettare l'inversione di direzione.

FIGURA 24.

FIGURA 25.
Un altro algoritmo molto utilizzato nello scheduling del disco è il C-SCAN (circular SCAN) che rappresenta una variante del precedente algoritmo SCAN. Ma vediamo come funziona: la testina dell'unità disco si sposta nelle due direzioni, ma solo in una direzione serve le richieste I/O; Nel nostro esempio, la coda di richieste I/O dei cilindri 46,23,184,120,45,89,90,1 è così elaborata: 46,89,90,120,184, e poi la testina prosegue fino al 200 cilindro; Successivamente la testina ritorna al cilindro 0, ed elabora le richieste al cilindro 1,23,45 per un totale di 399 cilindri.

FIGURA 26.
Gli algorimi SCAN e C-SCAN con una piccola variazione possono modificare il loro meccanismo di risposta alle richieste I/O, e diventare rispettivamente le varianti LOOK, e C-LOOK. Quest'ultime "guardano" se sono presenti altre richieste dopo l'ultima richiesta I/O soddisfatta nella direzione di marcia corrente, nel qual caso le servono, oppure in caso contrario invertono la direzione. Nel nostro caso la variante LOOK di SCAN dovrebbe funzionare come mostrato in figura. Il numero totale di cilindri coperti è 321.

FIGURA 27.
Mentre, la variante C-LOOK di C-SCAN dovrebbe funzionare come mostrato in figura. Il numero totale di cilindri percorsi è 367.

FIGURA 28.
L'algoritmo LIFO (Last In First Out) rappresenta l'ultimo "meccanismo" di risposta alle richieste di I/O di quest'articolo, e consiste nel servirle in ordine inverso di arrivo. Nel nostro caso, la coda di richieste I/O dei cilindri 46, 23, 184, 120, 45, 89, 90, 1 verrebbe servita così: 1,90,89,45, 120,184,23 come mostrato nel grafico seguente. La distanza coperta totale è di 479 cilindri.

FIGURA 29.
ALTRE CONSIDERAZIONI SULLO SCHEDULING DEL DISCO.
Le prestazioni nell'esecuzione della coda degli accessi al disco dipendono dal tipo, e dal numero delle richieste I/O. Se un programma legge, o scrive un file in più parti sparse nel disco, o in parti contigue, lo spostamento della testina del disco sarà diverso nei due casi. Nel primo, il movimento della testina, e quindi il tempo di esecuzione della coda sarà elevato poichè la distanza da percorrere sarà maggiore. Nel secondo caso, la lettura o scrittura avverrà più velocemente poichè il movimento della testina sarà il più piccolo possibile. Gli algoritmi di scheduling del disco da adottare saranno diversi a seconda del tipo di distribuzione dei file sulla superficie del disco. Alcuni produttori hanno integrato nei controllori del disco gli algoritmi di scheduling, e quando il sistema operativo invia le richieste di I/O, essi vengono utilizzati a seconda della situazione. In pratica, oltre alle prestazioni I/O dell'unità disco, il sistema operativo deve poter soddisfare le richieste più importanti, e così alcune richieste di I/O (una pagina di memoria virtuale) diventano più urgenti di altre. In tale contesto, il sistema operativo dovrebbe controllare lo scheduling del disco nel modo più opportuno (infatti esso dovrebbe essere implementato come un modulo a sè stante del S.O.), e inviare al controllore dell'hard disk le richieste di I/O nel modo migliore. Ciò significa, che le le richieste I/O vengono elaborate in base alla loro urgenza, e gli algoritmi di scheduling vengono utilizzati dal sistema operativo, e al controllore del disco vengono inviate solo le richieste.
COSA SUCCEDE QUANDO "FORMATTIAMO" UN DISCO RIGIDO?
Come abbiamo già detto, un disco rigido è costituito da uno o più piatti, i quali devono essere "formattati" a basso livello via software prima di poter essere utilizzati. In pratica, il nostro hard disk è una "tabula rasa" che prima di memorizzare i dati deve essere formattato fisicamente. Questa operazione si chiama FORMATTAZIONE A BASSO LIVELLO, e consiste in una divisione del disco in speciali strutture per ogni settore. Dopo tale modifica un settore è costituito da un preambolo, uno spazio per i dati, e un campo ECC; Il primo contiene dei bit che permettono all'hardware di riconoscere l'inizio del settore; Il secondo, normalmente di 512 byte è la dimensione di spazio dati riservato all'utente, e infine l'ultimo è lo spazio riservato al controllo degli errori e al ripristino delle informazioni. La formattazione fisica del disco è normalmente eseguita dal costruttore.
Dopo aver effettuato la formattazione fisica, si procede con la divisione dell'hard disk in partizioni (note anche come minidischi o volumi) . Per esempio: una partizione potrebbe contenere il sistema operativo, mentre un altra partizione potrebbe gestire solo i file degli utenti. La divisione in partizioni è possibile in fase di caricamento del sistema operativo (Windows 2000, Windows XP) o tramite dei software di configurazione delle partizioni (FDISK, CFDISK e cosi via). Quindi, il disco rigido può essere diviso in più partizioni, e allora una domanda sorge spontanea: ma come avviene il caricamento della partizione con il sistema operativo?
Dovete sapere, che il settore 0 del disco si chiama MBR (record di avvio o Master Boot Record), ed è utilizzato per avviare il PC. Alla fine del settore 0 si trova la tabella delle partizioni. Quando si accende il PC il BIOS legge il MBR, ed avvia la partizione attiva (resa tale durante la creazione delle partizioni), legge il BLOCCO DI AVVIO, e carica il sistema operativo. Tutte le partizioni contengono il BLOCCO DI AVVIO anche se non contengono un sistema operativo, ma soltanto quella attiva è la prima ad essere avviata (chiamata anche BOOTABLE).
Le partizioni rappresentano ancora una struttura a BASSO LIVELLO, e in esse sono contenuti i file, e le directory.
Il passo successivo alla creazione delle partizioni è la FORMATTAZIONE LOGICA del disco, e cioè la creazione del FILE SYSTEM. Per esempio: il Windows 2000 utilizza il file system NTFS, il Windows 98 SE crea il file system FAT32, il LINUX solitamente utilizza il file system EXT3, e un file system di SWAP ,e cosi via. L'implementazione di un file system rende disponibile la gestione, e l'organizzazione dei file, e delle directory. I file diventano un unità di memoria logica disponibile su un supporto di memorizzazione fisica (l'hard disk), e le directory rappresentano un elemento di informazione sui file registrati, e un "dispositivo" di organizzazione.
QUALI PROGRAMMI POSSIAMO UTILIZZARE PER VERIFICARE LE PRESTAZIONI DI UN DISCO RIGIDO?
In commercio esistono numerosi software che analizzano l'efficienza di un disco fisso, nell'articolo ne riportiamo alcuni, forse i più significativi: PC Mark 2002, TecBench, e SiSoft Sandra 2003.
Risulta quasi impossibile usufruire di un solo test per determinare l'efficienza di un disco rigido poichè i valori ottenuti potrebbero rivelarsi falsi a causa di alcune lacune del software di test. A questo punto, sembra necessario utilizzare i datasheets offerti dai costruttori, e confrontare i valori dei nostri test con i loro. Ovviamente, più il test si avvicina al valore dei datasheets più l'errore è minimo, più si allontana e più il dato ottenuto risulta fuorviante (naturalmente tale operazione può essere ritenuta esatta se i valori indicati dai costruttori sono corretti).
Ma vediamo passo a passo come utilizzare i programmi suddetti per analizzare le prestazioni dei dischi rigidi.
Iniziamo con PC MARK 2002 software di test sviluppato dalla Futuremark, e reperibile dal seguente indirizzo in versione limitata: http://www.futuremark.com. Una sezione del programma si dedica esclusivamente ai test sul disco fisso, e alla verifica delle prestazioni di quest'ultimo in ambiente casa, ed ufficio.
Una volta effettuato il download, avviate il file .exe, e il software si installerà automaticamente nel vostro sistema. Ad operazione conclusa apparirà un icona sul vostro desktop (v.figura 30).

FIGURA 30.
Fate doppio clic sull'icona "PCMark2002" e dopo alcuni attimi potrete interagire con la schermata principale del benchmark (v. figura 31).

FIGURA 31.
La prima operazione da fare è selezionare i test che a noi interessano, e precisamente quelli dell'hard disk; A tal proposito fate clic sul pulsante "Select" e apparirà la finestra di dialogo "Select Tests". A questo punto basterà selezionare il test standard "HDD Test" e il gioco è fatto! Confermate la scelta premendo il tasto "OK" e finalmente potrete effettuare il test del vostro disco fisso.

FIGURA 32.
Ritornati alla schermata principale di PC MARK 2002 selezionate il pulsante "Benchmark" (v.figura 33), e inizierà la fase di analisi delle prestazioni del disco fisso.

FIGURA 33.
Dopo i test di valutazione del disco fisso apparirà una schermata con il punteggio HDD SCORE (v.figura 34), e con l'opzione "detail" potrete leggere più approffonditamente i risultati. La versione registrata del benchmark vi permetterà di confrontare il valore del vostro hard disk con un database ricchissimo presente nel sito di Futuremark, un altro modo per valutare effettivamente le prestazioni del vostro sistema hardware.

FIGURA 34.
Nella finestra di dialogo "Details" (v. figura 35) appaiono cinque risultati molto interessanti: Hard Disk -Cached file write, Hard Disk -Uncached file Write, Hard Disk -Cache file read, Hard disk - Uncached file read, e infine Hard Disk - File copy. Per l'articolo e per il discorso che finora abbiamo portato avanti i primi quattro valori rappresentano per noi i dati più interessanti. Come potete notare, vi sono molti modi di dire la stessa cosa, e così la velocità di TRANSFER RATE di PICCO (Buffered o Burst speed) diventa velocità di CACHED misurata in MB/s. Allo stesso modo, la SUSTAINED TRANSFER RATE (transfer rate sequenziale) diventa velocità di UNCACHED sempre misurata in MB/s. I valori di CACHE ed UNCACHED si riferiscono sia alla scrittura, che alla lettura dei file.
FIGURA 35.

TECBENCH.
E' il momento del secondo benchmark, TecBench Disk Benchmark compreso nella Suite distribuita da TecChannel, e scaricabile al seguente indirizzo internet: http://www.tecchannel.de/download/796/tecChannelBenchmarkSuite.zip.
Dopo aver effettuato il Download, fate doppio click sull'icona TecChannel Benchmark Suite (v. figura 36), e vi apparirà la prima schermata della procedura d'installazione (v. figura 37). A questo punto premete il tasto "Next" e nella seconda finestra di dialogo scegliete l'opzione "I Agree" premendo successivamente il tasto "Next".

FIGURA 36.

FIGURA 37.

FIGURA 38.
Ora, dopo aver accettato le condizioni di utilizzo, dovreste selezionare il percorso di installazione del programma. Nel riquadro "Folder" potrete digitare qualsiasi percorso disponibile. Per esempio: se volete installare il programma nella cartella C:\TESTDISK, basterà scriverla nel riquadro indicato. Attenzione, poiché nel vostro disco fisso potrebbero essere presenti più partizioni, e quindi scegliete quella corretta.

FIGURA 39.
Premete il tasto "Next", e la prossima schermata vi fornirà una serie di unità disco presenti nel vostro sistema. Nel nostro esempio, sono state rilevate: il floppy disk (unità A:), le partizioni C: e D: del disco fisso, e infine l'unità fisica dell'hard disk Phys0.

FIGURA 40.
Dopo aver selezionato l'unità da sottoporre al benchmark premete il pulsante "Start", e inizierà la fase di test vera e propria. L'unità rilevata nel nostro esempio apparteneva ad un notebook Compaq, e prevedeva due partizioni rispettivamente di capacità 17 Gbyte (C:) la prima, e 3 Gbyte (D:) la seconda. Nel primo riquadro nell'asse delle X (ascisse) è rappresentata la lunghezza del disco in test in Gbyte. L'asse delle ordinate rappresenta il valore di transfer rate in lettura espresso in Mb/s. Un alto valore dell'indice di transfer rate è chiaramente auspicabile nei limiti dell'architettura utilizzata.
I due riquadri in basso analizzano i risultati del test: il primo a sinistra mostra quattro valori, i primi tre di Sustained transfer rate (transfer rate sequenziale), l'ultimo di Burst transfer rate (transfer rate di picco o burst speed). Nel secondo riquadro potrete leggere due valori di tempo di accesso al disco: il primo indica il valore minimo, mentre il secondo il valore massimo.
Con il pulsante "Reference" potrete aggiungere al database i risultati del test, e con il quello "Export" potrete salvarli in immagini bitmap.

FIGURA 41.

FIGURA 42.
Premendo il menu "Evaluation" potrete leggere i tempi medi di transfer rate, e di tempo di accesso al disco. Inoltre, con il tasto "Export" potrete salvare in immagini bitmap i risultati del test. Se, il vostro database contiene altre misurazioni, con il tasto "Add" potrete aggiungerle al grafico, così il confronto con altre unità disco risulterà più efficace. Ovviamente, con il tasto "Remove" potrete togliere i risultati dei test dal grafico.
Iniziamo con SisoftSandra 2003, un utility di monitor del sistema, forse una delle più complete attualmente in circolazione.Dopo aver scaricato l'ultima versione di Sisoft Sandra dal sito http://www.sisoft.com (vedere link sito internet), avviate il file .exe compresso, e il software si installerà automaticamente nel vostro PC.

FIGURA 43.
Dal menu Start selezionate l'icona Sisoft Sandra (cercatela all'interno del menu "Programmi", e dalla schermata principale avviate il test File system Benchmark. Pochi attimi dopo, vi apparirà la finestra di dialogo "File System Benchmark".

FIGURA 44.
Selezionate dal riquadro "Selected Drive" l'unità da analizzare, e il test inizierà; Non toccate nulla altrimenti comprometterete il risultato. Alla fine otterrete i risultati del test, e ora cercheremo di comprenderli uno per uno.
Leggiamo i risultati di un test di un disco rigido MAXTOR da 80 GB a 7200 RPM ATA 133 (UltraDma 6).

FIGURA 45.
I valori importanti del test sono senza alcun dubbio i seguenti:
1) Buffered Read (Trasmissione dei dati tra il buffer del disco rigido, e la memoria di sistema attraverso l'interfaccia ATA).
2) Sequential Read (Trasmissione dei dati tra la parte meccanica, e la memoria di sistema senza l'intervento del buffer del disco rigido, valore espresso in Mb/s).
3) Buffered Write (I dati vengono trasferiti al buffer del disco rigido, e successivamente vengono memorizzati sui piatti del disco. In questo test si misura la velocità di memorizzazione sul buffer del disco).
4) Sequential Write (I dati si trovano nella memoria di sistema, e vengono trasferiti sulla superficie del disco, non essendo presenti nel buffer del disco rigido).
5) Average Access time (Tempio medio di accesso al disco dato dal tempo medio di ricerca + il tempo medio di latenza rotazionale).
SCOMPOSIZIONE DI UN HARD DISK SEAGATE BARRACUDA ATA IV.
In questa parte dell'articolo, sia per studio, che per curiosità, abbiamo deciso di smontare un disco rigido Barracuda ATA IV da 20 Gb prodotto da Seagate. Iniziamo con una foto generica del disco rigido oggetto d'esame, non lo trovate interessante?

FIGURA 46.
Come potete osservare, sulla parte superiore del disco è presente un'etichetta con le caratteristiche dell'hard disk (v. figura 46).
Ma passiamo ad altro, ora con un cacciavite rimuoviamo le viti di tipo torx che bloccano la parte metallica superiore dell'hard disk. Fate attenzione, poichè una vite torx è posizionata sotto l'etichetta adesiva, e finchè non l'avrete rimossa, o tolta nella parte che vi interessa, il coperchio superiore non potrà essere asportato (v. figure 47,48).

FIGURA 48.
Finalmente, il coperchio è stato rimosso ed è una piacevole sorpresa vedere i componenti interni di un disco rigido (v. figura 49).

FIGURA 49.
Una bella immagine d'insieme, in cui i dischi brillano sullo sfondo "grigio" del disco rigido. Nella foto possiamo distinguere la testina di lettura e di scrittura, il piatto del disco, il motore spindle, e l'attuattore.
Adesso, togliamo anche il coperchio inferiore, e notiamo immediatamente la tecnologia di insonorizzazione studiata da Seagate per i propri dischi rigidi (v. figure 50,51).

FIGURA 50.

FIGURA 51.
Per rendere meno rumorosi le unità a disco, Seagate ha progettato delle vere e proprie barriere acustiche, e la differenza si sente! Sotto al coperchio troviamo la scheda logica (v. figura 52).

FIGURA 52.
Ora, possiamo con aspostare delicatamente la scheda logica rimuovendo le viti torx. Capovolgiamo il disco rigido, togliamo la viti di blocco dell'attuattore della testina di lettura e scrittura, e in pochi secondi possiamo ammirare il braccio, e la testina in tutto il loro splendore tecnologico (v. figure 53,54,55).

FIGURA 53.

FIGURA 54.

FIGURA 55.
Dopo aver completamente rimosso la testina, e l'attuattore del disco rigido, cerchiamo di togliere il piatto del disco svitando le viti torx presenti sul "tappo" di chiusura (v. figura 56). Successivamente asportiamo l'anello A, e togliamo il piatto di memorizzazione dati, leggero come una piuma!

FIGURA 56.


FIGURA 57.
Rimuoviamo ancora poche viti di sicurezza del motore di rotazione del disco, e in men che non si dica abbiamo il pezzo svincolato da ogni cosa! (v. figure 58,59).



FIGURA 58.

FIGURA 59.
Ecco il motore FDB (Fluid Dynamic Motors).
CONCLUSIONI.
Infine un piccolo, ma utile consiglio: non aprite mai un disco rigido funzionante, poiché non potrete più "resuscitarlo". Quindi, prima di sezionare un hard disk siate certi del suo malfunzionamento.
Fonte: http://www.lastellinadelweb.it/Guide_e_manuali_pc/I%20dischi%20rigidi.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

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Struttura dell’HARD DISK

 

Nel caso degli HARD DISK il n° delle facce varia

 

Struttura di un Floppy DISK

 

Nel caso dei FLOPPY DISK il n° delle facce è 2

Ad es. la dimensione di un floppy è data da: n° tracce x n° settori x n° facce x dimensione settore
18 x 80 x 2 x 512 = 1474560 byte cioè 1,44Mb
Uno o più settori  costituiscono le unità di allocazioni o cluster.

Un disco è suddiviso in quattro aree fondamentali:

  • Boot sector ( contiene informazioni fondamentali del sistema operativo utilizzato su quel disco)
  • FAT (“File Allocation Table” contiene i riferimenti di tutti i file )
  • Root ( directory principale, nel caso dell’Hard Disk si identifica con C, nel caso di un floppy con A ect.)
  • Area dati ( spazio in cui vengono allocate le directory ed i file ) 

 

Fonte: http://www.itcgmerendino.it/Public/Pubblicazioni/Prova.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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