Prove di corrosione in laboratorio

 


 

Prove di corrosione in laboratorio

 

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Prove di corrosione in laboratorio

 

Metodi per la RILEVAZIONE DELLA VELOCITA’ DI CORROSIONE. PROVE  DI CORROSIONE IN LABORATORIO E IN CAMPO. CORROSIMETRI INDUSTRIALI

 

Si descrivono 2 metodologie sperimentali per valutare la resistenza a corrosione dei materiali:

  • Prove di corrosione in laboratorio, soprattutto utili per comparare la resistenza a corrosione di diversi  materiali metallici in un particolare ambiente acquoso e in determinate condizioni sperimentali. Possono essere prove elettrochimiche (potenziodinamiche, potenziocicliche, di resistenza di polarizzazione), oppure prove di immersione in condizioni statiche o dinamiche (con fluido in movimento relativo);
  • Prove di corrosione in impianto, dove i provini, a volte veri e propri componenti, sono direttamente esposti al fluido di processo nelle reali condizioni di esercizio dell’impianto.

 

    • I test di laboratorio  permettono sostanzialmente un confronto tra diversi materiali nelle stesse precise condizioni di esposizione, al fine di mettere in evidenza il ruolo giocato dai numerosi fattori che concorrono al tipo e intensità del fenomeno corrosivo (temperatura, composizione chimica, potenziale redox, pH ecc..). Spesso queste prove sono condotte in condizione di esposizione più gravosa che nel caso reale (prove accelerate), in modo da ridurre il tempo di durata della prova in laboratorio; in tal caso, bisogna stare attenti nella valutazione dei risultati: accelerare il processo corrosivo agendo su alcuni fattori acceleranti potrebbe tradursi in un meccanismo di corrosione del materiale anche sostanzialmente differente rispetto al tipo di esposizione prevista in servizio per il componente. In questo caso il risultato del test accelerato potrebbe non essere significativo o addirittura fuorviante. Un caso pratico sono le prove di corrosione in ‘camera a nebbia salina’, particolarmente impiegate per valutare la protettività di riporti metallici, strati di conversione, pitture ecc su acciai al carbonio tal quali o acciai zincati. In tali prove si sottopongono i provini ad un ambiente saturo di umidità per nebulizzazione di una soluzione salina contenente NaCl, e vengono usate per valutare in modo comparativo l’efficacia dei riporti protettivi all’esposizione atmosferica. L’accelerazione del processo corrosivo è assicurata dalla forte concentrazione di ioni depassivanti e dalla temperatura mantenuta intorno a 38 °C. In tale ambiente, i fenomeni di passivazione sono fortemente inibiti e la capacità di un rivestimento protettivo si valuta nel tempo di esposizione necessario alla comparsa della ruggine rossa del substrato in acciaio.  La durata della prova non è in nessun modo correlabile alla resistenza che quel rivestimento avrà quando esposto all’atmosfera. Per di più, un rivestimento che resiste molto male in c.n.s. potrebbe invece comportarsi molto bene all’atmosfera, se nelle reali condizioni di servizio è in grado di passivarsi efficacemente. Tuttavia, il test è molto impiegato in quanto di durata relativamente breve (in genere di arriva fino a 1000 ore di esposizione) e abbastanza veritiero nella comparazione qualitativa della protezione offerta da riporti sottili, metallici e non. 

Nelle prove di corrosione per immersione, si impiegano provini prismatici sottili (intorno a 1 mm di spessore), forati ad una estremità per sospenderli con un filo di Teflon nella soluzione acquosa aggressiva. Prima dell’immersione i provini vengono pesati con una bilancia di precisione. Alla fine del test, si analizza visivamente il provino, si rimuovono i prodotti di corrosione in modo appropriato e poi si ripesano, in modo da valutare la perdita in peso per corrosione. Nel seguito di forniscono alcuni consigli pratici per la conduzione di questi test. E’ opportuno seguire con molto scrupolo le metodologie standard reperibili in letteratura. Si consiglia di consultare sull’argomento:

“Corrosion Tests and Standards; Application and Interpretation”. ASTM Philadelphia, Robert Baboian Ed., 1995.

 

 

I test in impianto si impiegano quando:

  • Le condizioni ambientali non possono riprodursi in laboratorio.

  • L’ambiente non è un ambiente naturale.

  • Bisogna valutare il comportamento reale di un componente reale.

  • Come verifica di indicazioni avute da test di laboratorio.

Nel caso di materiali costitutivi le tubazioni di movimentazione prodotto, bisogna predisporre dei bypass sulla tubazione, con delle valvole di intercettazione che permettano di ottenere nel bypass le stesse velocità di flusso della tubazione principale. I provini di corrosione, della stessa geometria prima descritta, vengono montati su  dei tappi portaprovini filettati, inseriti nei gomiti del bypass, avendo cura di esporli ad una distanza adeguata dal gomito (almeno due diametri di tubazione), in modo da evitare il flusso turbolento in corrispondenza della variazione di direzione del flusso.

 

Consigli pratici per la conduzione delle prove di corrosione per immersione.

1- Preparazione delle superfici. E’ preferibile avere le condizioni superficiali dei componenti reali (difficile). Si può pertanto scegliere una particolare condizione di prova uguale per tutti i materiali testati. I provini di corrosione devono avere larghe superfici piane e poca superficie di spigolo e dimensioni tali da poterle pesare in bilance analitiche (precisione 0,0001 g). Le superfici vanno sgrassate (stadio finale con alcool) ed essiccate.

A volte si preferisce eliminare tutti gli effetti di una finitura meccanica, mediante decapaggio acido. Nel caso degli inox, bisogna decidere se condurre un  pretrattamento chimico per indurre un certo stato di passività iniziale o meno, e questo in relaione alla condizione di messa in opera del materiale nell’impianto (come noto, negli impianti si conduce spesso un trattamento con una soluzione diluita di HNO3, al fine di eliminare le impurezze metalliche superficiali di ferro e favorire condizioni ottimali di passivazione iniziale).

Quando si testano rivestimenti protettivi metallici e non, può essere utile testare un campione rivestito insieme ad uno con un graffio superficiale (leggera incisione con un bisturi) che scopra il metallo del substrato, in modo da valutare qualitativamente l’effetto protettivo esercitato.

2-  Marcatura identificativa dei provini. I marchi identificativi possono cancellarsi durante la prova. Fare sempre un promemoria che permetta l’identificazione univoca. Possibilità: codici punzonati, forature differenziate, incisioni con penna a vibrazione ecc..

3- Numero di provini. Almeno due per ogni caso studiato. Per un’indagine statistica più accurata, almeno cinque provini. In genere la velocità di corrosione varia nel tempo in modo parabolico, per effetto dell’azione schermante dei prodotti di corrosione. Occorre quindi estrarre a tempi differenziati i provini, in modo da seguire l’evoluzione nel tempo della velocità di corrosione;

4- Volume della soluzione. Bisogna evitare che nel corso della prova si riduca in modo considerevole la corrosività dell’ambiente e che la formazione dei prodotti di corrosione sia troppo abbondante e tale da modificare pesantemente le caratteristiche chimico-fisiche dell’ambiente corrosivo iniziale. In genere si assicurano almeno 250 ml di soluzione ogni 6 cm2 di superficie metallica esposta.

5- Durata della prova. Deve essere adeguata per ottenere informazioni attendibili. La legge parabolica che spesso si presenta, è tale che un’estrapolazione condotta sulla velocità di corrosione iniziale potrebbe sovrastimare la reale entità del danneggiamento. Di norma si raccomanda per velocità di corrosione basse o moderate:

 

 

6- Controllo della temperatura (per test di laboratorio). Necessario termostatizzare con la precisione di ± 1°C. Attenzione alle prove a T > 60°C per la possibilità di avere impurezze provenienti dal recipiente usato (SiO2 inibitore per acciai al carbonio da impurezze del vetro, usare quarzo puro o contenitori in plastica).

7- Areazione della soluzione. Difficile variarla a piacimento. Nel caso si volessero fare esperienze con soluzioni acquose a differente contenuto di ossigeno, è meglio flussare diverse composizioni N2/O2 a velocità costante, piuttosto che tentare un dosaggio diverso di O2 variando la velocità di flussaggio.

8-Monitoraggio del danneggiamento (test di laboratorio). Dipende dalla finalità della prova. Il caso più comune è la determinazione della perdita di peso come conseguenza del danneggiamento corrosivo (almeno nel caso della corrosione uniforme). Dalla perdita in peso si deduce il mdd (mg/dm2 al giorno) comunque convertibile in penetrazione (millimetri/anno) con la formula:

 

Quando si applica questa formula bisogna ricordarsi che:

  • Si estrapola un valore di velocità di corrosione magari ottenuto in prove molto, o troppo,  accelerate.
  • Si suppone che l’attacco corrosivo sia perfettamente ripartito sull’intera superficie del provino, uniforme, prescindendo da possibili localizzazioni dell’attacco.

 

Nel caso si verifichi un attacco localizzato tipo pitting, la perdita in peso di materiale nel corso della prova può risultare assai esiguo, anche se il reale danneggiamento apportato al componente può essere assai gravoso. In questo caso, bisogna ottenere diverse sezioni trasversali del provino, inglobarle in resina con una pressa a caldo, lucidarle con carte abrasive di granulometria decrescente (SiC 300/600/800/1200) fino a panno diamantato (granulometria 1 mm) e osservarle con un microscopio metallografico ad ingrandimento adeguato. Bisogna infatti rilevare la profondità dei 10 pits (almeno) più profondi. Come risultato della prova sperimentale si riporterà la media di queste profondità assieme alla profondità massima rilevata. Per maggiori dettagli consultare gli standard prima citati.

 

9- Rimozione dei prodotti di corrosione.  Fare attenzione a:

  • La durata della procedura deve essere la minore possibile; i prodotti di corrosione poco aderenti vanno rimossi preventivamente (ad esempio mediante spazzolatura).
  • L’azione combinata dei trattamenti è la più efficace.
  • La velocità di attacco del reagente chimico impiegato per il decapaggio dev’essere valutata sul materiale vergine, ed eventualmente tenuta in considerazione.
  • Considerare la possibilità di rideposizione del metallo dai prodotti di corrosione. In tal caso procedere con un ulteriore trattamento per rimuovere il film prima della determinazione della perdita in peso.

 

Per la pulizia Chimica dei provini di corrosione si consiglia:

Rame e sue leghe: Immersione per 1 ¸ 3 minuti in HCl 1:1 o H2SO4 1:10 a TAMB; spazzolare leggermente sotto acqua corrente.

Leghe di alluminio: Immersione per 5 ¸ 10 minuti in soluzione al 2 % in acido cromico (Cr2O3) + 5 % vol. di  H3PO4 a T = 80°C. Lavare con acqua e spazzolare. In caso di film aderente, immergere in HNO3 concentrato e ripetere la procedura precedente.

Leghe di stagno: Immersione per 10 minuti in una soluzione al 15 % di Na3PO4. Lavare con H2O spazzolando. Asciugare.

Zinco: Immergere per 5 minuti in una soluzione calda al 10 % di cloruro di ammonio, lavare e spazzolare. Immergere dunque in una soluzione bollente (15 ¸ 20 secondi) contenente il 5 % di acido cromico e 1 % di AgNO3. Lavare con acqua calda ed asciugare.

Ferro e acciaio. Soluzione di Clark (HCl 100 parti, ossido Sb2O3 2 parti, SnCl2 5 parti) fortemente agitata, a caldo, per 20 minuti. Rimuovere i depositi formati in acido fosforico a 15 % vol + inibitore organico 0.15 % vol a TAMB. In alternativa, usare una soluzione al 20% di acido cloridrico inibita con inibitore filmante (ammine, almeno 5% in peso).

Acciai inox: Pulire in HNO3 al 20 % per 20 minuti a 60°C.

 

 

 

CORROSIMETRI E RILEVAZIONE in campo dellE velocità di corrosione.

 

      • Metodo della Resistenza Elettrica.  In questi corrosimetri si espone al flusso gassoso o liquido un campione costituito da filo o un tubo o una lamina del materiale metallico da testare.   La corrosione del campione si traduce in una riduzione della sua sezione trasversale e quindi in una variazione della sua resistività. La differenza di lettura in misurazioni successive (in genere con frequenza giornaliera) viene riportata in grafico in funzione del tempo e l’inclinazione delle curve ottenute viene messa in relazione alla velocità di corrosione mediante relazioni di taratura fornite dal produttore del corrosimetro. E’ possibile disporre di campioni di diversi materiali metallici di uso ingegneristico e quindi ottenere informazioni sul loro comportamento nelle condizioni reali di impianto. Esistono modelli con portacampioni fissi o retrattili, vedi figure. La temperatura massima di prova è intorno a 600 ° e le pressioni massime intorno a 200 atm (dipende dal tipo). Il principale svantaggio di questi corrosimetri è che sono necessari diversi giorni, se non settimane, per ottenere dati sulla velocità di corrosione. Inoltre, se la variabilità delle condizioni di esposizione corrosiva induce un sensibile scatter di letture di resistività, occorre condurre un gran numero di rilevazioni prima di disporre di dati affidabili. Infine, se l’ambiente è fortemente corrosivo, la vita operativa del campione è relativamente breve, poiché sono in genere disponibili campioni di dimensioni limitate.

 

 

Fonte: http://www1.diccism.unipi.it/De_Sanctis_Massimo/Corrosione/Appunti%20di%20corrosione.doc

Sito web da visitare: http://www1.diccism.unipi.it/De_Sanctis_Massimo

Autore del testo: Massimo De Sanctis

 

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