Assonometrie e prospettive
Assonometrie e prospettive
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Assonometrie e prospettive
La geometria  descrittiva, che può considerarsi un completamento dell’ordinaria  geometria, raccoglie procedimenti e metodi che permettono di rappresentare  figure geometriche a tre dimensioni su di un piano.
  Le origini della geometria descrittiva sono pertanto  antichissime e si confondono con quelle della architettura e della pittura. Si  deve al matematico francese Gaspard Monge  il merito di avere ordinato nel suo trattato “Géométrie descriptive” (Parigi,  1798) tutte le esperienze precedenti riguardo questa disciplina dandone una  visione più organica e completa.
  Se oggi l’importanza pratica  della geometria descrittiva è diminuita a causa dello sviluppo di mezzi  meccanici e ottici e per un diverso orientamento delle arti figurative, non si  può dire altrettanto di quella teorica. Infatti il metodo della  rappresentazione è ancora un valido strumento nella matematica moderna, nella  quale spesso è più conveniente studiare le proprietà di determinate figure su  loro rappresentazioni di più facile lettura.
Gli scopi che si prefigge la geometria descrittiva sono essenzialmente due:
- Quello di disegnare su un piano p, detto quadro, una figura F' che riproduca le stesse sensazioni ottiche dell’oggetto F di cui è la raffigurazione. La F' si ottiene proiettando con rette uscenti da un punto O (centro di proiezione) i punti più significativi di F sul piano p ed è chiamata prospettiva di F da O su p. Se il centro di proiezione è
- a distanza finita si ottiene il sistema delle proiezioni centrali o coniche
- a distanza infinita si ottiene il sistema delle proiezioni cilindriche usato per le proiezioni ortogonali o assonometriche.
Se, da un lato, la raffigurazione di un oggetto, eseguita con una proiezione centrale, dà un’immagine di questo più simile a quella reale, dal momento che nella realtà il punto di vista non è mai a distanza infinita, dall’altro lato la proiezione parallela porta rette parallele in rette parallele, conserva i rapporti di lunghezza di segmenti allineati, quindi ad esempio porta i punti medi dei segmenti nei punti medi delle loro immagini, richiedendo così costruzioni più semplici di quelle della prospettiva.
- quello della rappresentazione di F su p, cioè dell’introduzione su p di una figura F' con requisiti tali che la conoscenza di F equivalga a tutti gli effetti alla conoscenza di F'. Gioverà o potrà giovare la prospettiva F', ma questa non basta, perché un punto P di F individua il suo prospettico P' ma P' è prospettiva di tutti i punti della retta OP' proiettante. Un sistema di convenzioni e di notazioni che consente la piena sostituibilità di F con F' si dice un metodo di rappresentazione.
I metodi di rappresentazione più usati sono quelli
- della doppia proiezione ortogonale (o di Monge),
- delle proiezioni quotate,
- della proiezione centrale
- della proiezione assonometrica.
Elementi fondamentali delle proiezioni assonometriche
Gli elementi fondamentali per eseguire una assonometria  possono essere riassunti nei seguenti quattro punti:
  
- Un sistema di assi cartesiani ortogonali x, y, z di origine O che individuano il triedro fondamentale sul quale si immagina di porre l’oggetto che si vuole rappresentare in assonometria. Chiamiamo p1, p2, p3 rispettivamente il piano determinato dagli assi x ed y, dagli assi y, z e dagli assi x e z.
Per comodità si assumono gli assi x, y orizzontali, mentre l’asse z verticale.
- Un pianop (quadro) sul quale proiettare l’oggetto ed il sistema di assi cartesiani x, y, z. Il piano p si suppone coincidente con il foglio sul quale si realizzerà la proiezione assonometrica.
- Un segmento unitario u che rappresenta l’unità di misura reale.
- Il centro di proiezione S¥ posto a distanza infinita e non appartenente al piano p, dal quale parte una stella di rette parallele, dette proiettanti, tangenti l’oggetto e incidenti il quadro.
Le proiettanti possono essere perpendicolari o no rispetto al quadro: nel secondo caso l’assonometria si dice obliqua, mentre nel primo è chiamata ortogonale.
 Quando si esegue un'assonometria  ortogonale, se la direzione di uno degli assi cartesiani x, y, z coincide con quella del centro di proiezione S¥, l’immagine di tale  asse sul quadro sarà un punto.  Inoltre se la direzione del centro di proiezione S¥ appartiene ad uno  dei piani pi (i=1, 2, 3) le immagini delle rette appartenenti a questo piano (o  a piani paralleli ad esso) risultano sovrapposte ed in particolare risultano  sovrapposti gli assi cartesiani appartenenti al piano stesso (o coppie di rette  incidenti, parallele a tali assi). Per questo motivo quando si esegue un'assonometria  ortogonale se il quadro p è  parallelo ad uno o a due degli assi cartesiani x, y, z il  disegno che si ottiene risulta illeggibile e di poca utilità.
Quando si esegue un'assonometria  ortogonale, se la direzione di uno degli assi cartesiani x, y, z coincide con quella del centro di proiezione S¥, l’immagine di tale  asse sul quadro sarà un punto.  Inoltre se la direzione del centro di proiezione S¥ appartiene ad uno  dei piani pi (i=1, 2, 3) le immagini delle rette appartenenti a questo piano (o  a piani paralleli ad esso) risultano sovrapposte ed in particolare risultano  sovrapposti gli assi cartesiani appartenenti al piano stesso (o coppie di rette  incidenti, parallele a tali assi). Per questo motivo quando si esegue un'assonometria  ortogonale se il quadro p è  parallelo ad uno o a due degli assi cartesiani x, y, z il  disegno che si ottiene risulta illeggibile e di poca utilità.
  Invece nel caso di un'assonometria obliqua se il piano p è  parallelo ad uno dei piani pi (i=1, 2, 3) la figura situata sul piano  pi',  proiezione di pi,  è identica a quella reale.
  In particolare i due assi assonometrici, proiezioni degli  assi cartesiani che individuano il piano pi parallelo a p,  saranno ortogonali e le rispettive unità assonometriche saranno uguali  all’unità di misura reale u.
  Intersecando il triedro fondamentale con il piano  assonometrico p  si hanno i lati di un triangolo ABC detto triangolo  fondamentale. 
  Il triangolo fondamentale ABC è sempre acutangolo. 
  Le proiezioni dei tre assi cartesiani x, y, z da S¥  su p  sono tre rette x' , y' , z'  uscenti dal punto O', proiezione del  punto O, dette assi  assonometrici.
  Infine, a partire da O, si riporti su ognuno degli  assi x, y, z e in un verso qualunque, il segmento unitario u. La proiezione su p dei tre segmenti unitari u individua tre  segmenti ux',  uy',  uz',  uscenti da O' e appartenenti  rispettivamente agli assi x', y', z'. Tali segmenti, che  in generale non sono più uguali tra loro né ad u, sono detti unità assonometriche, mentre i rapporti  si chiamano rapporti di riduzione.
 si chiamano rapporti di riduzione.
  Se  l'assonometria è ortogonale, ogni unità assonometrica è minore di u, se  si esclude che la direzione del centro di proiezione coincida con quella di un  asse e questo si richiede affinché si eviti la possibilità che risultino  sovrapposte tutte le immagini appartenenti al piano stesso e che l'asse  assonometrico risulti ridotto ad un punto.
  Invece se  l'assonometria è obliqua i detti rapporti possono avere valori qualsiasi, in  quanto la proiezione parallela di un segmento è un segmento che può avere  lunghezza minore, uguale o maggiore a quella del segmento stesso.
Nell'assonometria obliqua inoltre i vari elementi caratterizzanti la figura, quali gli angoli assonometrici, (formati dagli assi assonometrici presi a due a due) e le unità assonometriche sono indipendenti.
Questo  fatto è garantito dal seguente teorema di POHLKE:
  Tre segmenti complanari u1, u2,  u3 uscenti da un medesimo punto O' e di lunghezze arbitrarie,  formanti tra loro angoli arbitrari, possono considerarsi come proiezione  parallela di tre segmenti uguali mutuamente ortogonali, purché non più di uno  dei tre segmenti e non più di uno dei loro angoli sia nullo; questo comporta  che la immagine bidimensionale di un cubo è la proiezione parallela di un cubo  effettivo, purché spigoli paralleli abbiano immagini parallele. 
  Conseguenza  immediata del teorema è che ogni assonometria conserva il parallelismo di rette  e conserva il rapporto di segmenti paralleli, in pratica vale il teorema di  Talete.
Assonometrie ortogonali
Le assonometrie ortogonali più usate sono:
- assonometria ortogonale isometrica
- assonometria ortogonale dimetrica
- assonometria ortogonale trimetrica
 Assonometria  ortogonale isometrica
Assonometria  ortogonale isometrica
In questo tipo di assonometria il piano assonometrico p  forma con gli assi cartesiani x, y, z rispettivamente gli  angoli a,  b,  g  tali che  a = b = g.
  Inoltre valgono le proprietà:
- Le unità assonometriche sono uguali.
- Il triangolo fondamentale è equilatero.
- Gli angoli che gli assi assonometrici formano tra loro sono uguali.
- Il rapporto di riduzione, uguale per tutti e tre  gli assi assonometrici, assume il valore  . .
Assonometria ortogonale dimetrica
In questo tipo di assonometria il piano assonometrico p  forma con gli assi cartesiani x, y, z rispettivamente gli  angoli a,  b,  g  tali che a =  b  ¹  g  (oppure a  =  g  ¹  b  oppure b  =  g  ¹  a). 
  Inoltre valgono le proprietà:
- Le unità assonometriche sono due uguali e una diversa e precisamente sono uguali le due unità relative agli assi che formano angoli uguali con p.
- Il triangolo fondamentale è isoscele.
- Gli angoli  ). ).
Assonometria ortogonale trimetrica
In questo tipo di assonometria il piano assonometrico p  forma con gli assi cartesiani x, y, z rispettivamente gli  angoli a, b, g tali  che a  ¹  b  ¹  g. 
  Inoltre valgono le proprietà:
- Le unità assonometriche sono diverse tra loro.
- Il triangolo fondamentale è scaleno.
- Gli  angoli che gli assi assonometrici formano tra loro  sono diversi tra loro che gli assi assonometrici formano tra loro  sono diversi tra loro
Assonometrie oblique
Ci sono due tipi di assonometrie oblique più spesso usati di altri, sono:
- L'assonometria cavaliera.
- La proiezione militare.
Assonometria cavaliera
Nel caso in cui uno dei tre piani coordinati pi sia parallelo o coincidente con il piano assonometrico p, la proiezione obliqua assonometrica è detta assonometria cavaliera.
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A causa della particolare posizione del piano p le  proiezioni assonometriche degli assi cartesiani che individuano il piano pi parallelo a p,  saranno due rette ortogonali e le relative unità assonometriche saranno uguali  all’unità di misura reale u. 
  Il terzo asse assonometrico e la relativa unità di misura,  invece, possono essere disegnati a piacere (per il teorema di Pohlke) rispetto  ai primi due assi.
  Per esempio, consideriamo il caso in cui il piano  assonometrico p  coincida (o sia parallelo) al piano p2 cioè al piano (yz). Gli assi assonometrici   y' e z' formano un angolo  di 90° e  uy' = uz' =u.
  Il terzo asse x' viene generalmente scelto coincidente con la bisettrice dell’angolo di  90° e la ux' è presa convenzionalmente uguale a u/2.
  Questa particolare scelta di x' e ux' serve  per avere una rappresentazione dell’oggetto più simile a quella reale. 
  Nella assonometria cavaliera sono conservate le sezioni  parallele al piano assonometrico.
 Proiezione militare
Proiezione militare
L’altro tipo di assonometria, chiamata “proiezione militare”, è caratterizzata  dal fatto che le distanze verticali sono conservate, cosicché sono conservate  le sezioni orizzontali, che risultano solo “scalate e ruotate” rispetto  all’originale. 
  Nella figura a fianco sono rappresentati i cubi di lato  unitario, detti cubi di  riferimento, che servono a capire le proporzioni; in quella sotto due  proiezioni dello stesso locale, coi due metodi assonometrici. 
  
  La proiezione militare è spesso usata nei videogiochi, in cui  l'"eroe" deve visitare case o sotterranei alla ricerca dei mostri, dà  una rappresentazione abbastanza chiara della conformazione, ma ha comunque zone  d'ombra, date da pareti dietro le quali mostri o nemici si possono nascondere.
  Prospettiva centrale
Si è detto che lo scopo della geometria descrittiva è quello  di rappresentare le figure spaziali sopra un piano, in modo tale che, dalla  rappresentazione piana, si possa risalire alla figura spaziale.
  La corrispondenza tra una figura spaziale e la sua rappresentazione  piana non è però purtroppo  biunivoca, quindi permette solo di rappresentare le figure, ma non di risolvere  graficamente, mediante solo costruzioni piane, problemi di geometria spaziale a  meno di non introdurre altri eventuali dati aggiuntivi. Ciascuno dei sistemi di  regole che permettono la rappresentazione piana costituisce un  "metodo" della geometria descrittiva. Poiché, la parte principale di  tutti i metodi più usati nel passaggio dalla figura spaziale alla sua  rappresentazione, è costituita da una proiezione, tali metodi si chiamano anche metodi di proiezione.
 ELEMENTI  PRINCIPALI della prospettiva:
  ELEMENTI  PRINCIPALI della prospettiva:
- Punto di vista (PV): punto dove si immagina l’occhio dell’osservatore.
- Piano di terra o geometrale (PG): piano sul quale è appoggiato l’oggetto da rappresentare.
- Quadro o piano prospettico (PP): piano perpendicolare al piano di terra posto fra l’oggetto ed il PV; è su esso che si forma l’immagine in prospettiva dell’oggetto.
- Piano di orizzonte (PO): piano immaginario passante per PV e parallelo al piano di terra.
- Punto principale (P): proiezione ortogonale del punto di vista sul quadro detta anche distanza principale o semplicemente distanza perché indica la distanza dell’osservatore dal quadro
- Punto di stazione (Ps): proiezione ortogonale del punto di vista sul piano geometrale
- Linea di terra (LT): retta d’intersezione fra il quadro ed il piano di terra
- Punto sulla linea di terra (Pt): proiezione ortogonale del punto principale e del punto di stazione sulla linea di terra
- Linea di orizzonte (LO): retta d’intersezione fra il quadro ed il piano di orizzonte. Per costruzione è parallela alla linea di terra e la sua distanza da essa indica l’altezza dell’occhio dell’osservatore.
- Raggi visuali: rette che congiungono il PV con i punti che costituiscono l’oggetto da rappresentare (quali ad esempio retta PV-A,PV-B,PV-C)
La scelta della  posizione del punto di vista rispetto all’oggetto assume un’importanza fondamentale per la nitidezza della visione e  per l’efficacia della prospettiva. In altre parole il punto di vista dovrà  essere scelto in modo tale che la rappresentazione dell’oggetto che ne segue  sia il più possibile simile alla rappresentazione reale. A tal fine è  necessario tenere ben presente il campo  visivo dell’osservatore cioè quella porzione di spazio misurata in gradi  che una persona può vedere tenendo testa ed occhi assolutamente immobili.
  Nella tecnica del disegno prospettico l’ampiezza del campo  visivo si identifica nel cono ottico ottenuto  tirando dal PV raggi visuali che hanno una ben precisa proprietà: non devono  formare con l’asse visivo PV-P angoli maggiori di 30°.
  Entro tali gradi, infatti, la percezione degli oggetti è  buona e tale risulta essere anche l’immagine prospettica. Se invece si  ampliasse il cono ottico in modo di avere angoli maggiori di 30°, si andrebbe  incontro a delle particolari impostazioni prospettiche che deformerebbero  l’immagine dell’oggetto in questione dando luogo alle cosiddette aberrazioni ottiche.
   La base del cono ottico (il cerchio  visivo) è determinato dall’intersezione dei raggi visuali con il quadro  e si dice che l’immagine è “percettivamente corretta” quando i raggi visuali,  portati agli estremi dell’oggetto, stanno all’interno del cono.
  La base del cono ottico (il cerchio  visivo) è determinato dall’intersezione dei raggi visuali con il quadro  e si dice che l’immagine è “percettivamente corretta” quando i raggi visuali,  portati agli estremi dell’oggetto, stanno all’interno del cono.
I punti di fuga
Il primo passo per costruire un’immagine prospettica è la  ricerca dei punti di fuga. Il punto di fuga di una retta è la  traccia sul quadro della parallela alla retta stessa passante per il PV. Poiché  esso appartiene alla linea di orizzonte, che rappresenta in prospettiva  l’immagine dell’infinito (tale infatti è la distanza tra LO e LT) il punto di  fuga di una retta rappresenta la prospettiva del suo punto all’infinito. Da ciò  discende immediatamente il fatto che rette  parallele hanno il medesimo punto di fuga F.
   In particolare:
In particolare:
- Le rette parallele al quadro non hanno punti di fuga, o meglio ammettono come punto di fuga il punto improprio della linea d'orizzonte.
Esse sono rappresentate prospettivamente da rette tutte parallele fra loro ed alla LT; la loro distanza reciproca cambia al variare della distanza dal quadro prospettico.

- Le rette perpendicolari al quadro hanno come punto di fuga il punto principale P. Se proviamo, infatti, a tracciare dal PV una parallela alla retta data incontreremo la LO in P.
 Le rette inclinate di 45° rispetto  al quadro hanno invece come punti di fuga punti particolari: essi sono  denominati punti di  distanza e sono le intersezioni del cerchio di distanza con la LO. Le rette inclinate di 45° rispetto  al quadro hanno invece come punti di fuga punti particolari: essi sono  denominati punti di  distanza e sono le intersezioni del cerchio di distanza con la LO.

Le altezze in prospettiva
I segmenti perpendicolari  al PG e quindi le altezze di solidi, edifici, ecc., rimangono tali in  prospettiva. 
  Le lunghezze di tali segmenti dipendono dalla distanza che essi hanno  rispetto all’osservatore.
  Illustriamo ora il procedimento che si utilizza per  realizzare la prospettiva di un segmento AB perpendicolare al PG.
  Come primo passo costruiamo la prospettiva A' di A  intersecando il raggio visuale PV-A con il quadro. In secondo luogo conduciamo  da A la perpendicolare alla linea di terra che individuerà il punto A"; da  tale punto tracciamo perpendicolarmente alla LT un segmento A”B” appartenente  al quadro ed uguale ad AB. Uniamo B" con P; tale segmento interseca in B'  la perpendicolare a LT per A'.
  Il segmento A'B' così determinato risulta essere l’immagine  prospettica di AB.
  Si osserva che i triangoli PVAB e PVA'B' sono simili per  costruzione. 
I metodi usati in prospettiva centrale
Diversi sono i procedimenti usati in prospettiva per  ottenere l’immagine prospettica di una figura ma tutti portano allo stesso  risultato. 
  Nella prospettiva centrale i metodi più usati sono:
- Il metodo dei raggi visuali
- Il metodo del prolungamento dei lati
- Il metodo dei punti di distanza
- Il sistema di ribaltamento
 Il metodo dei raggi  visuali
Il metodo dei raggi  visuali
Consideriamo il piano geometrale PG visto dall’alto; in  questo caso la linea di terra LT coinciderà con la linea di orizzonte LO, il  punto di vista PV con il punto di stazione Ps ed il punto principale P con il  punto sulla linea di terra Pt.
  Supponiamo di voler determinare l’immagine prospettica di un rettangolo.
   Conduciamo quindi da PV  i raggi visuali a ciascuno vertice del rettangolo; essi incontreranno LT  rispettivamente nei punti A',B',C',D' e quindi proiettiamo ortogonalmente tutti  i vertici del rettangolo sulla LT ottenendo i punti A"(=D"),B"(=C")  (si noti che le coppie di punti A-D, B-C hanno la medesima proiezione)
Conduciamo quindi da PV  i raggi visuali a ciascuno vertice del rettangolo; essi incontreranno LT  rispettivamente nei punti A',B',C',D' e quindi proiettiamo ortogonalmente tutti  i vertici del rettangolo sulla LT ottenendo i punti A"(=D"),B"(=C")  (si noti che le coppie di punti A-D, B-C hanno la medesima proiezione) 
  Poniamo ora la nostra attenzione solo sul quadro ed uniamo  con P le proiezioni dei vertici del rettangolo su LT appena ottenute ottenendo  così le perpendicolari prospettiche del quadro. Costruiamo quindi i vertici  dell’immagine prospettica ottenuti come punti di intersezione fra le  perpendicolari alla LT passanti da A',B',C',D' e  le perpendicolari prospettiche.
  Immagine prospettica di un  esagono regolare.
   Tracciamo dal PV i raggi visuali a  ciascun vertice dell'esagono e chiamiamo A', B', C', D', E', F' le loro  intersezioni con la LT  (punti rossi).
Tracciamo dal PV i raggi visuali a  ciascun vertice dell'esagono e chiamiamo A', B', C', D', E', F' le loro  intersezioni con la LT  (punti rossi).
  Proiettiamo ortogonalmente tutti i vertici dell'esagono  sulla LT ottenendo i punti F", A2(=E"), B"(=D"), C"  (punti verdi) .
  Sul quadro determiniamo i vertici dell'esagono intersecando  le perpendicolari alla LT passanti da A', B', C', D', E', F' con le  perpendicolari prospettiche ottenute unendo P a F", A", B", C"  rispettivamente.
  
 Il metodo del  prolungamento dei lati
Il metodo del  prolungamento dei lati
Come nel caso precedente consideriamo dapprima una visione  dall’alto del piano geometrale.
  Vediamo, mediante tale procedimento, come fare per  determinare l’immagine prospettica di un esagono.
  Una volta disegnato l’esagono prolunghiamo i lati EF e DC  fino a determinare le rispettive tracce 1,2 sulla LT. Tracciando quindi da PV le  parallele ai lati ne determiniamo i punti di fuga in Fs e Fd. 
   Nel caso dell’esagono  regolare in figura, in Fs concorrono i lati FA, DC e la diagonale EB; mentre in  Fd i lati CB, EF e la diagonale DA.
Nel caso dell’esagono  regolare in figura, in Fs concorrono i lati FA, DC e la diagonale EB; mentre in  Fd i lati CB, EF e la diagonale DA.
Concentriamoci ora esclusivamente sul quadro e riportiamo su LO i punti P, Fs, Fd. Tracciando dai punti 1, 2, A, B le rette concorrenti ai rispettivi punti di fuga è possibile determinare tutti gli spigoli dell’esagono.
Nella figura sottostante si è ampliato il procedimento al  fine di ottenere la prospettiva di una pavimentazione a maglia esagonale. Per  ottenere ciò è sufficiente continuare a riportare sulla LT la misura del lato  dell’esagono per l’estensione voluta.
  È possibile completare il disegno in figura senza  determinare ulteriori tracce sulla LT ma unicamente completando il  prolungamento dei lati all’infinito.
  Il metodo dei punti di distanza
Questo metodo è basato sulla determinazione del cerchio di  distanza come luogo geometrico dei punti di fuga delle rette inclinate di 45°  rispetto al quadro. 
  Infatti per individuare il punto di fuga di una retta basta  portare da PV una parallela alla retta stessa: se questa è una retta a 45° il  suo punto di fuga D disterà dal punto principale P di una misura uguale a PV-P.  Viceversa, disegnare sul quadro il cerchio di raggio PD significa determinare  il cerchio di distanza e quindi i punti di fuga di tutte le rette a 45°.
  Consideriamo quindi la nostra solita visione dall’alto dove  l’oggetto da rappresentare in prospettiva è un quadrato e tracciamo da PV le  rette inclinate di 45° rispetto alla LO determinando i punti di distanza D e  D’. Per ciascun vertice del quadrato conduciamo le parallele ad una di queste  rette (ad esempio la retta per D') e quindi proiettiamo A, B, C, E su LT  ottenendo i punti A’(=E’) e B(=C’).
  
  Consideriamo ora soltanto il quadro e riportiamo sulla LT i  punti 1, 2, 3 e A', B' mentre sulla LO i punti D, P, D'. Congiungiamo 1, 2, 3  rispettivamente con D' e A', B' con P. Le intersezioni di queste ultime con  forniscono i vertici del quadrato in prospettiva cercato.
  Osserviamo infine che avremmo ottenuto la stessa figura  prospettica se avessimo ripetuto lo stesso procedimento considerando le  parallele alla retta per D.
Il sistema di ribaltamento
 Tutti i metodi visti  finora presentano, sostanzialmente, una grossa scomodità dovuta al fatto che,  anche per determinare l’immagine prospettica di un oggetto molto semplice quale  ad esempio un quadrato, bisogna ricorrere alla suddivisione del lavoro in due  parti: la figura preparatoria sul PP e, in secondo luogo, la costruzione della  figura prospettiva sul quadro.
Tutti i metodi visti  finora presentano, sostanzialmente, una grossa scomodità dovuta al fatto che,  anche per determinare l’immagine prospettica di un oggetto molto semplice quale  ad esempio un quadrato, bisogna ricorrere alla suddivisione del lavoro in due  parti: la figura preparatoria sul PP e, in secondo luogo, la costruzione della  figura prospettiva sul quadro. 
  Con il sistema di ribaltamento, per preparare l’esecuzione  in prospettiva occorre ribaltare di 90° sia il semipiano su cui giace la  figura, sia il semipiano su cui sta il punto di vista in modo che entrambi si  trovino sullo stesso semipiano.
  In altre parole, con tale procedimento, si riportano  l’oggetto iniziale ed il PV sul medesimo semipiano in modo tale che  quest’ultimo si possa considerare come il prolungamento del quadro sotto la LT. 
  
  Nella fase esecutiva si proiettano sulla LT i punti  significativi della figura che, in un secondo tempo, vengono uniti ai relativi  punti di fuga mediante le rette proiettanti. L’intersezione delle linee  proiettanti forniscono i punti che uniti fra loro determinano l’immagine  prospettica dell’oggetto.
  Osserviamo che l’oggetto da rappresentare, considerato nel  semipiano sottostante al quadro, risulta rovesciato in pianta rispetto alla  relativa immagine prospettica e che tali risulteranno essere anche le rette necessarie  per determinare i punti di fuga.
Riassumendo, tre sono le caratteristiche di tale procedimento:
- ci consente di vedere in modo istantaneo il variare dell’immagine prospettica al mutare delle dimensioni dell’oggetto considerato.
- Possiamo vedere su un unico piano l’oggetto iniziale e la sua immagine prospettica (e quindi non abbiamo più la necessità di suddividere il lavoro)
- Permette una notevole rapidità esecutiva.
Quest’ultimo metodo appena descritto appare pertanto come il più semplice ed allo stesso tempo il più completo nella determinazione delle immagini prospettiche.
La prospettiva accidentale
La prospettiva  accidentale si differenzia da quella centrale per la diversa disposizione del  quadro prospettico. Questo, in genere,  non è parallelo ai lati dell’oggetto da rappresentare rispetto ai quali assume  inclinazioni varie. Ciò dipende dagli effetti prospettici a cui si vuole  giungere.
   Una buona prospettiva si  ottiene disponendo il quadro nella figura preparatoria con inclinazioni  diverse, per esempio 30°, 60° rispetto ai lati del rettangolo entro il quale è  inquadrato l’oggetto, qualora lo stesso non presenti tali caratteristiche.
Una buona prospettiva si  ottiene disponendo il quadro nella figura preparatoria con inclinazioni  diverse, per esempio 30°, 60° rispetto ai lati del rettangolo entro il quale è  inquadrato l’oggetto, qualora lo stesso non presenti tali caratteristiche.
  L’angolo minore è bene riferirlo al lato più importante della costruzione.
  La scelta del punto di vista ha una parte predominante per  la buona riuscita del disegno prospettico: la posizione è arbitraria ma è  consigliabile porlo ad una distanza tale che l’angolo formato tra i raggi  visuali r ed r', che dal PV vengono diretti verso gli estremi della figura  rappresentata in pianta, sia contenuto attorno ai valori di 45°. In questo modo  ci assicuriamo che i raggi visuali stiano all'interno del cono ottico e quindi  che l'immagine risultante sia percettivamente corretta evitando così il  fenomeno dell'aberrazione ottica.
  L’ampiezza di tale angolo dipende sempre dalle dimensioni  dell’oggetto da rappresentare in prospettiva. Inoltre è bene che il  prolungamento della proiezione del PV sul quadro cada all’interno della pianta.
I metodi usati in prospettiva accidentale
Come la prospettiva centrale, anche la prospettiva accidentale ha i suoi procedimenti per determinare l’immagine prospettica dell’oggetto considerato. Essi sono:
- Il metodo dei raggi visuali
- Il metodo dei punti di distanza
- Il metodo dei punti di fuga e delle perpendicolari al quadro
- Il metodo dei punti misuratori
Osserviamo che i primi due metodi si utilizzano anche nella prospettiva centrale.
Il metodo dei raggi visuali
 Consideriamo dapprima il piano geometrale visto dall’alto e riportiamo  la linea di terra LT (coincidente con LO), il punto di vista PV e la sua  proiezione su LT  Pt (coincidente con P).
Consideriamo dapprima il piano geometrale visto dall’alto e riportiamo  la linea di terra LT (coincidente con LO), il punto di vista PV e la sua  proiezione su LT  Pt (coincidente con P).
  Supponiamo di voler determinare l’immagine prospettica di un rettangolo ABCD.
  Seguendo le ormai note operazioni preparatorie, si conducono  dal PV le parallele ai lati del rettangolo di cui sopra che determinano i punti  di fuga Fs ed Fd. 
  In essi concorrono rispettivamente tutte le rette parallele  alle semirette che li hanno determinati.
  Dal PV si conducono i raggi visuali verso i punti della  pianta che intersecano la LT nei punti 1, 2, 3, 4 (si osservi che il punto 3 è  coincidente con A).
 Per la costruzione della  prospettiva consideriamo il solo quadro e tracciamo su di esso la LT e la LO  alla distanza che crediamo più opportuna.
Per la costruzione della  prospettiva consideriamo il solo quadro e tracciamo su di esso la LT e la LO  alla distanza che crediamo più opportuna.
  Sulla LO riportiamo, nel rapporto stabilito, i punti di fuga  e sulla LT i punti 1, 2, 3, 4.
  Successivamente da 3 conduciamo le concorrenti a Fs e Fd  che, intersecate dalle verticali condotte dai punti 1 e 4 riportati sulla LT,  forniscono i punti D' e B'. 
  Poiché rette parallele hanno il medesimo punto di fuga,  tracciamo da B' la retta per Fs e da D' la retta per Fd.
  Queste ultime due rette si incontreranno nel punto C' che  dovrà coincidere con la perpendicolare a LT tracciata dal punto 2.
 Il metodo dei punti di  distanza
Il metodo dei punti di  distanza
Anche questo metodo ricalca fedelmente la costruzione fatta  nel paragrafo precedente.
  Consideriamo sempre il nostro piano geometrale visto  dall’alto e costruiamo la prospettiva di un quadrato avente uno dei vertici  appartenente alla LT.
   Una volta scelto il PV,  tracciamo sulla LT (coincidente con la   LO) il punto Pt e i punti di distanza D e D'. Quindi dai  vertici del nostro quadrato conduciamo le parallele alla retta passante per PV  e D che intersecheranno la LT  nei punti 1, 2, 3 rispettivamente.
Una volta scelto il PV,  tracciamo sulla LT (coincidente con la   LO) il punto Pt e i punti di distanza D e D'. Quindi dai  vertici del nostro quadrato conduciamo le parallele alla retta passante per PV  e D che intersecheranno la LT  nei punti 1, 2, 3 rispettivamente.
  Tracciamo poi le proiezioni dei vertici B, C, E sulla LT  ottenendo i punti B', C' (coincidente con 1), E'. 
  Abbiamo così ottenuto tutti gli elementi essenziali per  determinare la nostra immagine prospettica.
  Poniamo ora la nostra attenzione esclusivamente sul quadro.
  Riportiamo la LO  con i punti P, D, D' e la LT  su cui tracciamo i punti appena determinati.
  Uniamo le proiezioni dei vertici con il punto principale P e  congiungiamo i punti 1, 2, 3 con D.
  Abbiamo così trovato i vertici B", C", E"  dell’immagine prospettica cercata.
Il metodo dei punti di fuga e delle perpendicolari al quadro
 Questo metodo si basa  sul principio dell’individuazione di qualsiasi spigolo dell’oggetto attraverso  la ricerca del punto di fuga della retta passante per esso.
Questo metodo si basa  sul principio dell’individuazione di qualsiasi spigolo dell’oggetto attraverso  la ricerca del punto di fuga della retta passante per esso. 
  Determiniamo la prospettiva di un quadrato iniziando a determinare i punti necessari alla  costruzione sulla pianta.
  Consideriamo la visione dall’alto del nostro piano  geometrale. 
  Come primo passo determiniamo i punti di fuga Fd, Fs dei  lati del quadrato tracciando dal PV rette parellele ad essi. Quindi  prolunghiamo i lati del quadrato in modo da ottenere i punti 1, 2  come intersezione di questi ultimi con la LT.
   Consideriamo ora solo il  quadro e riportiamo i punti trovati sulla LT.
Consideriamo ora solo il  quadro e riportiamo i punti trovati sulla LT.
  Uniamo A' (prospettiva di A) con Fs e Fd ottenendo così la  prospettiva dei lati AE ed AB rispettivamente. In modo analogo congiungiamo il  punto 2 con Fs ed il punto 1 con Fd ottenendo così la prospettiva dei lati BC  ed EC rispettivamente. Per ultimare la figura basterà segnare le intersezioni  di queste ultime rette che forniranno i vertici A', B', C', E' del quadrato  prospettico.
  Osserviamo che, qualora uno dei due punti 1 e 2 fosse  risultato in pianta troppo lontano dal punto Pt, avremmo potuto trovare  ugualmente la prospettiva della figura ricorrendo almeno ad altri due procedimenti.  Il primo ricorre al metodo delle rette perpendicolari al quadro, il secondo si  avvale dell'aiuto della geometria proiettiva. Applichiamo entrambi al nostro  esempio.
 Metodo delle rette  perpendicolari al quadro
Metodo delle rette  perpendicolari al quadro
Supponiamo che il prolungamento del lato CB cada sulla LT  troppo lontano e che quindi il punto 2 esca dal nostro piano di lavoro.
  Per ovviare il problema consideriamo il vertice di tale lato  che si trova più vicino alla LT (B) e proiettiamolo ortogonalmente su di essa.  Otteniamo un nuovo punto 2'.
 Per la costruzione della  figura si procede esattamente come in precedenza: uniamo i punti 1 ed A' con Fd  e 2' con P. L’intersezione fra le rette A'Fd e 2'P fornisce il vertice B' del  quadrato che una volta unito con Fs darà luogo al vertice C'.
Per la costruzione della  figura si procede esattamente come in precedenza: uniamo i punti 1 ed A' con Fd  e 2' con P. L’intersezione fra le rette A'Fd e 2'P fornisce il vertice B' del  quadrato che una volta unito con Fs darà luogo al vertice C'.
Ricerca dell'asse di collineazione
 Come è possibile  congiungere un punto P con  l’intersezione di due rette che si intersecano fuori del foglio di lavoro?
Come è possibile  congiungere un punto P con  l’intersezione di due rette che si intersecano fuori del foglio di lavoro?
  La geometria proiettiva, di cui non parliamo, serve a  rispondere al problema.  Tracciamo per P due segmenti che intersecano r ed r'  in A e B e in A' e B' rispettivamente,  in modo tale che le due rette AA' e BB' si intersechino nel foglio, in un  punto O. 
  
  Ora tracciamo un'ulteriore retta per O, che intersecherà r e r' in C e C' rispettivamente.  Intersechiamo i segmenti BC' e B'C, otterremo un punto Q.   La retta PQ passa per il punto  comune alle due rette (si chiama asse di collineazione della prospettività di  centro O tra le due rette).
 Ecco l’immagine che illustra la costruzione della figura del cubo, se dobbiamo  congiungere un punto D con il punto 2 fuori dal foglio.
  Ecco l’immagine che illustra la costruzione della figura del cubo, se dobbiamo  congiungere un punto D con il punto 2 fuori dal foglio.
Il metodo dei punti misuratori
 Tutti i metodi finora  descritti presentano una certa difficoltà nella riproduzione delle dimensioni  reali dell’oggetto nell’immagine prospettica, infatti, le misure degli spigoli sono  sempre proiettate sulla LT con rapporti di riduzione od ingrandimento e mai  nelle loro dimensioni effettive.
Tutti i metodi finora  descritti presentano una certa difficoltà nella riproduzione delle dimensioni  reali dell’oggetto nell’immagine prospettica, infatti, le misure degli spigoli sono  sempre proiettate sulla LT con rapporti di riduzione od ingrandimento e mai  nelle loro dimensioni effettive. 
  Il metodo dei punti misuratori, che deriva direttamente da  quello dei punti di fuga, supera queste difficoltà basandosi sui principi  contenuti nel teorema di Talete sui segmenti proporzionali: rette parallele che  intersecano due qualsiasi rette appartenenti allo stesso piano determinano, su  queste ultime, segmenti proporzionali. Ne segue che le dimensioni dell’oggetto  vengono riportate fedelmente od in modo proporzionale sulla LT.
  Costruiamo quindi la figura preparatoria considerando la  visione dall’alto del geometrale.
  Una volta scelto il PV determiniamo sulla LT i punti di fuga  Fs e Fd relativi ai lati AD (CB) e AB (DC) rispettivamente.
  Centriamo quindi in Fs ed Fd e ribaltiamo il PV sulla LT  dando luogo ai punti Ms ed Md rispettivamente. Successivamente centriamo in A e  ribaltiamo i punti B e D sulla LT dando origine ai punti B’ e D’.
  Poiché il segmento che congiunge B con B’ risulta parallelo  al segmento che congiunge il PV con Md, quest’ultimo sarà il suo punto di  concorso o misuratore.
  Lo stesso vale per Ms che risulta essere il punto misuratore  del segmento DD’ (parallelo al segmento PVMs)
   Passando all’immagine prospettica, posizionati  gli usuali elementi della prospettiva LO, LT, P, ed i punti di fuga Fs ed Fd  riportiamo sull’orizzonte anche i punti misuratori Ms ed Md.
 Passando all’immagine prospettica, posizionati  gli usuali elementi della prospettiva LO, LT, P, ed i punti di fuga Fs ed Fd  riportiamo sull’orizzonte anche i punti misuratori Ms ed Md.
  I punti misuratori sono punti di fuga che esercitano la loro  influenza nelle porzioni di spazio in cui si sono eseguiti i ribaltamenti, per  cui nel disegno prospettico, una volta determinate le linee principali della  prospettiva (ovvero le rette AFs ed AFd) dobbiamo percorrere, dalle tracce  sulla LT, le porzioni di spazio comprese fra la LT e le linee principali della  prospettiva concorrendo ai propri misuratori situati dal lato opposto; nella  restante porzione di spazio, compresa fra le AFs ed AFd, le rette concorreranno  normalmente ai rispettivi punti di fuga. 
Proiezioni di curve.
Consideriamo una curva in forma parametrica  . Le sue proiezioni ortogonali sui  piani coordinati si ottengono semplicemente sostituendo 0 al posto della  variabile opportuna, quindi sono:
. Le sue proiezioni ortogonali sui  piani coordinati si ottengono semplicemente sostituendo 0 al posto della  variabile opportuna, quindi sono:
  
  Su un piano parallelo ad un piano coordinato si ottengono  sostituendo un opportuno valore numerico al posto della variabile opportuna.
  
  Per proiettare una curva su un piano generico, il discorso  si fa più complesso: 
  sia p: ax + by + cz + d = 0 l’equazione del piano. 
  Allora la generica retta, passante per un punto della curva  e ortogonale al piano ha equazioni
  
  e le equazioni   parametriche della proiezione si ottengono intersecando r con p.  Il conto può non essere banale; più semplice è determinare la matrice della  proiezione: per far questo consideriamo il piano passante per l’origine e  parallelo a p; tale piano ha equazione ax + by + cz = 0. Calcoliamo le  proiezioni dei tre versori coordinati su tale piano ottenendo le colonne della  matrice della proiezione: posto r = a2 + b2 + c2  è
  
  Si può verificare che tale matrice ha determinante nullo e  così deve essere, poiché i trasformati dei tre vettori della base canonica sono  dipendenti, in quanto complanari. 
  La matrice consente di trasformare qualsiasi curva;  bisogna però tener conto del vettore traslazione, in quanto il piano dato non  passava per l’origine.
  Vediamo casi particolari di proiezioni.
  
Equazioni matriciali delle assonometrie
Per quanto detto, le assonometrie sono collineazioni, e sono  tali da conservare il parallelismo di rette; questo comporta che sono  omomorfismi dello spazio affine  e che  quindi possono essere espresse mediante matrici; poiché sono omomorfismi  suriettivi di uno spazio affine di dimensione 3 su uno di dimensione 2, la  matrice dell’omomorfismo deve avere rango 2.
  Per costruire la matrice dell’omomorfismo, basta determinare  i trasformati dei versori degli assi.
  Per l’assonometria  cavaliera risulta: i   ®  ;   j  ®  i’ ; k  ®  j’    da cui la matrice è
;   j  ®  i’ ; k  ®  j’    da cui la matrice è 
   .
.
Per l’assonometria  monometrica risulta invece: i ®  ; k ®  j'
; k ®  j'    
   quindi  la matrice è
quindi  la matrice è 
   .
.
  Si usa non scrivere la riga di zeri,  quindi le equazioni matriciali sono rispettivamente:
  
  Allo stesso modo si procede per le altre. Si ricordi che  esiste un fattore additivo di traslazione, se l’origine O non viene trasformata nell’origine O'.
  Come si è detto per le trasformazioni geometriche, è comodo  conglobare la matrice della trasformazione affine e il fattore additivo di  traslazione in un’unica matrice. L’equazione matriciale v’=Av+(Aw –w) ove   w= è il vettore di traslazione, prende la  forma
 è il vettore di traslazione, prende la  forma
   per le assonometrie.
per le assonometrie.
  Questa matrice viene chiamata in Computer Grafica matrice aumentata, ed è  molto usata, come pure sono chiamate coordinate estese le coordinate di un  punto. 
  Come vedremo nel caso della prospettiva, le coordinate estese (x, y, z, e), dove:
   ,
 ,
  hanno un importante significato geometrico.  
Le prospettive dal punto di vista analitico

  Osservando la figura a fianco si può notare che:
- posto l’occhio dell’osservatore nell’origine del sistema di riferimento spaziale, in cui l’oggetto (pensato come puntiforme) ha coordinate (x, y, z),
- posta l’origine del sistema di riferimento del quadro nel punto O' º (0, d, 0), per il teorema di Talete sulle parallele, le coordinate (x', y') dell’immagine sono legate alle coordinate dell’oggetto dalle seguenti proporzioni:
x : y = x': d     e anche    y' : d = z : y
  da cui si ricava che  
   .
. 
  Queste relazioni consentono di trovare legami utili per i  calcoli.
  Il numero d è  detto distanza oculare e controlla la dimensione  dell’immagine. 
  
  Supponiamo ora invece che il  quadro sia il piano zy (quindi abbia  equazione x = 0). 
  Sia PV º (a, b, c) e sia P º  (x’, y’, z’) il punto da proiettare.
  La retta PVP ha equazioni parametriche  
  Tagliando col piano di equazione x = 0 si ricava  da cui sostituendo si hanno le equazioni della  proiezione:
 da cui sostituendo si hanno le equazioni della  proiezione:
  
  Si osservi che il denominatore di tali frazioni non si  annulla mai, a meno che il PV stia sul quadro, ma questo non può essere.
  Come si vede, questa applicazione  non è lineare, ma una razionale fratta, con numeratore e  denominatore di primo grado, quindi la proiezione non è un omomorfismo dello  spazio affine tridimensionale, come invece succedeva per le assonometrie. Inoltre,  mentre le assonometrie (o proiezioni parallele) sono tali da conservare il  parallelismo di rette (quindi, ad esempio, gli spigoli opposti di un cubo  restano paralleli), questo non è vero per le prospettive, in cui restano  parallele solo le rette “verticali”, cioè che rappresentano le rette dirette  come l’asse z; anche per questo  motivo le prospettive non sono affinità, e dunque non si possono esprimere  mediante matrici 3×3 a determinante non nullo. 
  Sono comunque collineazioni,  quindi si possono sì esprimere mediante matrici, ma del tipo 4×4 e poiché lo  spazio viene trasformato nel piano, tali matrici avranno determinante nullo e rango 3; in  realtà poi per comodità si usano addirittura matrici 3×4, sempre di rango 3.
Coordinate omogenee
Il discorso dovrebbe avere uno spazio e una profondità molto  più ampia, ma vediamo il minimo indispensabile per comprendere i termini usati  nella computer grafica.
  Lo spazio che si ottiene è detto spazio proiettivo, ma,  appunto, quella qui data è solo una visione ridotta.
  Per quanto detto, si può, con opportune considerazioni,  arrivare a costruire la matrice di una proiezione, pur di introdurre un sistema  di coordinate completamente diverso.
  Consideriamo il generico punto P º  (x, y, z) dello spazio e  poniamo
  
  (naturalmente dobbiamo supporre che sia x4 ¹ 0 perché tale scrittura abbia un senso).
La quaterna (x1, x2, x3, x4)  costituisce le coordinate omogenee del punto P.
  Osserviamo, per come sono state costruite, che: 
- Quaterne proporzionali indicano lo stesso punto
- Gli usuali punti dello spazio affine possono essere espressi in modo univoco come P º (x, y, z,1)
- Le quaterne (x1, x2, x3,0) non hanno significato nello spazio affine.
Ora pensiamo, però, alle operazioni che facciamo sui punti, o meglio sulle loro coordinate:
- se sottraiamo  le coordinate di un punto P da quelle  di un punto Q  otteniamo le componenti del vettore  ; dunque se P º  (xP, yP, zP,1) e Q º  (xQ, yQ, zQ,1) , risulta: ; dunque se P º  (xP, yP, zP,1) e Q º  (xQ, yQ, zQ,1) , risulta:

  cioè possiamo pensare le quaterne  (x1, x2, x3,0) come le componenti di un vettore che ha come direzione quella  della retta per P e Q, quindi “un punto meno un punto fa un vettore”.
- sommando ad un punto il multiplo (variabile con un parametro lineare) di un vettore (x = x0 + kv) si ottiene un punto variabile su una retta, quindi “un punto più un vettore fa un punto”.

- Non ha senso invece sommare due punti.
Le coordinate estese dunque rappresentano:
- i punti dello spazio proiettivo, i punti propri, cioè quelli dello spazio affine, se l’ultima coordinata è non nulla,
- i punti impropri detti anche punti ideali sono i vettori, e individuano le direzioni delle rette, e hanno l’ultima coordinata nulla.
Nel piano  proiettivo ci sono solo rette incidenti, o in un punto proprio (questa è  la definizione affine d’incidenza), o in uno improprio (questa è la definizione  affine di parallelismo); ricordando la teoria dei sistemi lineari, si ha, dette x, y, u, le coordinate  estese di un punto del piano:  
  
  Nello spazio  proiettivo, invece, sono sia rette incidenti o parallele (e quindi  complanari) sia rette sghembe
  Se consideriamo una retta dello spazio affine, di equazioni  parametriche .
.
  Più in generale una retta dello spazio proiettivo avrà la  forma  , ove h e k sono parametri  omogenei. Tale retta passa per i due punti di coordinate omogenee (m, n, p, q) e (a, b, c, d).
, ove h e k sono parametri  omogenei. Tale retta passa per i due punti di coordinate omogenee (m, n, p, q) e (a, b, c, d).
In coordinate estese, la proiezione della figura  precedente risulta avere equazione matriciale 
  
  ove il fattore moltiplicativo k dipende dal fatto che terne (o quaterne) proporzionali danno lo  stesso punto.
Un po' più complicato è trovare la matrice di ciascuna delle  prospettive viste, ma il metodo è sempre il medesimo visto per le proiezioni  parallele: si cercano le componenti dei vettori trasformati dei vettori della  base e si considera il fattore additivo che dà l’eventuale movimento  dell’origine, che non c’era nel caso visto. 
  Se la figura da trasformare è un poliedro (ad esempio un  cubo) conviene trovare la matrice che ha per colonne le coordinate estese di  tutti i vertici (e la matrice delle connessioni, per sapere quali segmenti  disegnare). Il prodotto della matrice della proiezione per tale matrice dà le  coordinate dei vertici trasformati; la matrice delle connessioni rimane la  medesima.
Fonte: http://www.dti.unimi.it/citrini/GC/Assonometrie%20e%20prospettive.doc
Autore del testo: Laura Citrini
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