Disegno tecnico

 

 

 

Disegno tecnico

 

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Cap. 1 – Disegno e Disegno tecnico


(Rev. 9/2008)

 

Disegno

 

Il disegno è la rappresentazione su un piano bidimensionale di un oggetto, reale o immaginario. Il disegno è pertanto un mezzo di comunicazione basato sull'uso di segni (linee, curve, punti) tracciati su di una superficie, che devono essere visti e interpretati: è un’espressione grafica interpretata mediante percezione visiva.

Il disegno è anche un mezzo di comunicazione istintivo e immediato e precede l’invenzione della scrittura.
Il linguaggio e la parola scritta, quasi insostituibili quando si vogliano trasmettere sensazioni o stati d’animo, sono meno efficienti del disegno per fornire rapidamente dati su forma, dimensioni e caratteristiche costruttive di un oggetto.


Nella forma scritta le varie informazioni sono disposte una di seguito all’altra e bisogna procedere in sequenza dalle prime alle successive per capirne il significato, mentre nel disegno le informazioni presenti sono percepibili nel loro insieme e possono essere “lette” stabilendone l’ordine e l’importanza secondo diverse esigenze.
Per mezzo del disegno è possibile avere immediatamente sia la visione sintetica di molti dati integrati fra di loro, sia l’informazione specifica su determinate particolarità.

In questo insegnamento ci occuperemo del disegno “tecnico”, inteso come strumento operativo, in grado di fornire informazioni oggettive e quantificate.

 

Disegno tecnico

 

Il disegno tecnicoè la rappresentazione (su un piano bidimensionale, per mezzo di linee e segni) di un oggetto finalizzata ad utilizzazioni pratiche, alla trasmissione di informazioni.

 

Quando si pensa al "progetto", di una macchina o di un manufatto, immediatamente si pensa anche al “disegno”, cioè ad una rappresentazione dell’oggetto, da diversi punti di vista o scomposta in parti, per renderne più facile la comprensione e la costruzione. Ciò sembra oggi del tutto normale, addirittura ovvio, ma, in realtà, per scoprire le origini di questa associazione di idee non si risale molto indietro nel tempo: infatti, il disegno tecnico, come è oggi comunemente inteso, nasce in pratica solo alla fine del XVIII secolo, con la rivoluzione industriale, e non si trovano per i tempi più antichi documenti che si possano definire disegni tecnici costruttivi.

La definizione appena data esclude tutti quei disegni che si prefiggono di rappresentare gli oggetti per comunicare emozioni e sensazioni, od anche a scopo solo ornamentale, cioè quanto può essere definito “disegno artistico”.

 

La rappresentazione di un oggetto finalizzata ad utilizzazioni pratiche deve essere scelta in funzione degli utilizzatori e degli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Ad esempio, rimanendo nel campo dell’informazione tecnica, in un disegno utilizzato per scopi pubblicitari o per cataloghi si cerca di dare all’osservatore il senso di tridimensionalità spaziale (figg. 1 e 2), che manca nei disegni tecnici esecutivi, finalizzati invece alla fabbricazione.

 

 

 

 

 


Figura 1 – Rappresentazione di un automezzo, nella quale sono evidenziati, nella loro collocazione spaziale, l’abitacolo, il sistema di trazione e quello di trasmissione
 

 

 


Figura 2 – Illustrazione di tipo figurativo di una macchina

 

 

I disegni illustrativi, però, risultano di facile comprensione, ma di difficile utilizzo per la fabbricazione.

A questo riguardo, infatti, ogni prodotto industriale, prima di esistere materialmente, deve essere individuato mediante un’idea, un modello mentale, ma deve anche essere elaborato il ciclo di fabbricazione che porta alla sua realizzazione concreta. La forma del prodotto finale, oltre che rispondere ad esigenze tecniche e funzionali, deriva dalle differenti operazioni tecnologiche che deve subire partendo da uno stato "grezzo".

Il disegno è quindi il modo di realizzare un modello di supporto per una riflessione conoscitiva, e, di conseguenza, è fondamento dell’azione del progettare.
Sotto questo aspetto, il disegno di progetto è pertanto un elaborato grafico che, nella sua fase esecutiva, serve a definire e vagliare le ipotesi costruttive e di utilizzo del prodotto.

 

Ma, una volta esaurita la sua funzione primaria nella fase di modellazione del prodotto, il disegno viene poi usato per fornire le istruzioni necessarie per la costruzione, costituendo uno strumento insostituibile per integrare le diverse fasi del processo produttivo.
La rappresentazione grafica svolge dunque contemporaneamente il duplice ruolo di mezzo di comunicazione e di modello del prodotto.
Come mezzo di comunicazione, il disegno dovrà consentire al destinatario di formarsi un’immagine, mentale, dell’oggetto, completa di tutti gli attributi e le qualità che gli sono proprie.


Questo processo può avvenire soltanto sulla base di un codice,attraverso il quale la forma e gli attributi possono essere interpretati in modo univoco e completo.
Per tale motivo, l’impostazione di un elaborato grafico richiede la necessità di stabilire una “grammatica”, che stabilisca le regole di rappresentazione, ed una “sintassi”, con la funzione di integrare i processi di modellazione del prodotto con quelli di fabbricazione.
La necessità di una codificazione specifica, indirizzata in senso tecnico, aumenta il contenuto informativo del linguaggio, ma ne riduce l’aspetto di universalità (fig. 3).

 

 

 


Figura 3 – Evoluzione della rappresentazione della filettatura di una vite, da realistica a           convenzionale, comprensibile solo a chi ne conosce le regole

Di conseguenza l’area di comprensione del disegno “tecnico” è limitata ai diretti utilizzatori del medesimo, a differenza di quello che accade per il disegno artistico e figurativo.

 

Ma anche la definizione di disegno tecnico come disegno a fini utilitaristici non riesce a delimitarne con precisione i confini.

Dire infatti che il disegno tecnico rappresenta un oggetto, esistente od ipotizzato, al fine di studiarlo o riprodurlo, farebbe appartenere a questa categoria ogni disegno illustrativo, non solo di oggetti creati dall’uomo, ma anche di realtà naturali, quindi una tavola anatomica, una sezione MR (Risonanza Magnetica), una carta geografica. D’altra parte, per rappresentare fenomeni strettamente tecnici si usano comunemente sistemi di linee sul piano, diagrammi e grafici di vario tipo, così come per studiare il funzionamento di elementi di macchina si usano rappresentazioni grafiche schematiche: tali rappresentazioni sarebbero a pieno diritto "disegni tecnici", in quanto finalizzate alla “comunicazione tecnica”.

 

Si può allora introdurre ancora una delimitazione, parlando di “disegno per la produzione industriale”, o, meglio, di “disegno meccanico (o navale)”, destinato a fornire le informazioni necessarie per costruire un oggetto mediante gli opportuni utensili e macchine, riproducendo, con un materiale indicato, quanto nel disegno è rappresentato in forma e dimensioni.


Infatti, disegni impiegati nel campo delle costruzioni (fig. 4) o degli impianti (fig. 5), pur avendo molti punti di contatto con il disegno meccanico, presentano caratteristiche loro proprie, elaborate per rendere più efficace la trasmissione di informazioni specifiche.

 

 

 


Figura 4 – Il disegno per l’edilizia segue un particolare codice di rappresentazione, pur rientrando nei metodi generali del disegno tecnico

 

 


Figura 5 – Il disegno di impianti fa largo uso di schemi e simboli

 

Sulla base di tutte le considerazioni esposte, si può quindi giungere alla seguente definizione di disegno tecnico:
Il disegno tecnico permette, tramite un assieme convenzionale di linee, di numeri, di simboli e di indicazioni scritte, di fornire delle informazioni sulla funzione, sulla forma, sulle dimensioni, sulla lavorazione e sul materiale relativi ad un determinato oggetto, che potrà quindi essere costruito anche senza necessità di contatto tra chi ha ideato e chi deve fabbricare”.
Indubbiamente questo tipo di disegno risulta di comprensione non immediata ed è di facile accesso solo per chi possiede il codice di lettura.
Il disegno tecnico risulta quindi un linguaggio universale, come spesso ripetono i testi, ma in un universo limitato, nei confini, relativamente ristretti, degli “addetti ai lavori”, cioè dei tecnici che hanno convenuto di usare tale metodo di comunicazione e l’hanno codificato (fig. 6).

 

 


Figura 6 – Disegno di fabbricazione del basamento della macchina di figura 2: nella rappresentazione sono indicate forme, dimensioni, errori ammissibili (tolleranze) e procedure di lavorazione

Il codice da usare per rappresentare in modo efficace ed oggettivo gli oggetti, reali e costruibili, deve rispettare alcune regole fondamentali, ovvero:

  • la rappresentazione deve essere univoca e fedele, non deve lasciare dubbi sulla sua interpretazione;
  • la rappresentazione deve contenere una codifica completa delle caratteristiche del componente, mettendo in evidenza tutti i particolari, con forme e dimensioni;
  • deve essere garantita la trasferibilità delle informazioni tra utenti diversi;
  • è necessaria l’integrazione del processo di disegno‑progettazione con le altre fasi del processo produttivo, quali la pianificazione dei cicli di lavorazione e la produzione;
  • la rappresentazione deve essere di facile interpretazione e manipolazione dei dati.

 

Disegno tecnico e Geometria

 

Il disegno, soprattutto nelle sue applicazioni tecniche, richiede di poter tracciare con precisione linee e curve, di costruire figure geometriche,e ha perciò con la geometria uno stretto rapporto, tenuto conto che la geometria classica prevede appunto l’uso di riga e compasso, per risolvere i problemi, procedendo quindi per via grafica.

 

Si deve ad Euclide, intorno al 300 a.C., l’organizzazione di tutto il sapere geometrico‑matematico greco in forma tale da poter sviluppare deduzioni assolutamente rigorose partendo da pochi principi evidenti. Il periodo romano e quello medioevale non apportarono sostanziali contributi a tale patrimonio che, invece, gli Arabi elaborarono ed in parte ampliarono. Il Rinascimento italiano sviluppò lo studio delle leggi della prospettiva, ponendo le premesse per i futuri sviluppi della geometria proiettiva e descrittiva.


Cartesio fondò la geometria analitica, in cui l’impostazione geometrica dei problemi viene condotta con gli stessi metodi della matematica, che, innestata nel filone italiano dello studio della prospettiva, portò all’organizzazione della geometria proiettiva come scienza autonoma separata dalla geometria elementare.
L’introduzione della geometria proiettiva permise di approfondire la rigorosità dei metodi di rappresentazione caratteristici della geometria descrittiva.

Il problema principale del disegno è quello di poter rappresentare su un piano bidimensionale (un foglio di carta) un oggetto spaziale a tre dimensioni.

Sul piano di rappresentazione sono misurabili correttamente solo due dimensioni, e la terza può essere misurabile solo se messa in relazione con le prime due, realizzando delle alterazioni rispetto a quella che sarebbe un’immagine oggettiva complessiva dell’oggetto.

 

Questo risultato può, invece, essere acquisito applicando i metodi della geometria descrittiva, che si occupa della trasformazione sistematica di problemi della geometria dello spazio in problemi di geometria piana.
In particolare, almeno nella sua accezione grafica, la geometria descrittiva si occupa:

  • della definizione di elementi geometrici e della loro individuazione spaziale attraverso le proiezioni ortografiche;
  • della definizione della intersezione di diversi elementi tra loro;
  • dello sviluppo piano di superfici nello spazio.

I metodi della geometria descrittiva consentono, dato un oggetto tridimensionale, di ottenerne su un piano bidimensionale una rappresentazione con una precisa corrispondenza dimensionale. Nello stesso tempo, è possibile, data l’immagine di una figura piana e con la conoscenza di alcune regole matematiche di rappresentazione, ricostruire la figura nello spazio. In tal modo la rappresentazione è intesa come equivalente e perfettamente sostituibile all’oggetto reale, e ciò costituisce il fondamento del disegno tecnico.

 

Le basi teoriche della geometria descrittiva sono legate al nome di Gaspard Monge (1746‑1818), che sviluppò in Francia dal 1795 la prima trattazione sistematica della geometria descrittiva, in cui veniva esposto il metodo delle proiezioni ortogonalisu due quadri tra loro perpendicolari, che vengono poi ribaltati uno sull’altro. Questo metodo (chiamato spesso, ancora oggi, “proiezione di Monge”) consente la descrizione grafica in modo chiaro ed univoco di oggetti anche di notevole complessità.

I metodi di rappresentazione usati nella geometria descrittiva sono basati sul concetto geometrico di proiezione, di seguito presentato nella sua generalità, mentre nei capitoli successivi saranno sviluppate le regole di proiezione, sia nei loro aspetti geometrici sia nelle applicazioni tecniche.

Si definisce proiezione di un punto P su un piano π (detto piano di rappresentazione o anche quadro), secondo la direzione di una retta s, non parallela a π, l’intersezione P' di π con la retta (detta raggio di proiezione o proiettante) passante per P, parallela a s (fig. 7).

 

 

 

 


Figura 7 – Concetto di proiezione: proiezione di un punto e di un segmento su un piano secondo una certa direzione

 

Se due punti A e B sono estremi di un segmento AB, ed A’ e B’ sono le proiezioni di A e B sul piano π, il segmento A’B’ si dirà proiezione di AB su π.
Se la retta s é perpendicolare al piano π, si ha una proiezione ortogonale, altrimenti la proiezione si dice obliqua.

 

I metodi più comunemente usati come tecnica di rappresentazione, qui indicati e che saranno illustrati nel seguito, sono:

  • proiezione centrale o prospettiva;
  • proiezioni parallele.

Nella proiezione centrale i raggi proiettanti passano tutti per un punto detto“centro di proiezione”, mentre nelle proiezioni parallele i raggi di proiezione sono tra di loro paralleli (hanno in comune un punto posto all’infinito).

Le proiezioni parallele si suddividono in: proiezioni ortogonali e proiezioni oblique.

Le proiezioni ortogonali comprendono le proiezioni ortografichee l’assonometria ortogonale.
Nelle proiezioni ortografiche almeno uno dei piani principali della terna di riferimento spaziale dell’oggetto è parallelo al piano di proiezione, mentre nella assonometria ortogonale nessuno dei piani principali della terna di riferimento spaziale dell’oggetto è parallelo al piano di proiezione.

Alle proiezioni oblique appartengono le assonometrie oblique.

  • Proiezione centrale o prospettiva

 

Nella prospettiva i raggi proiettanti partono da un unico centro di proiezione posto a una distanza finita dal piano di proiezione, adatta a descrivere con effetto realistico la forma degli oggetti rappresentati.
Le figure che si ottengono sono quelle che soddisfano maggiormente le esigenze sia estetiche che visive, poiché questo metodo opera in modo simile alla visione dell’occhio umano, considerato come un punto in cui convergono le immagini dei punti disposti nello spazio circostante (figg. 8 e 9).
 

 

 


Figura 8 – Proiezione centrale o prospettica

 


Figura 9

Le prospettive sono assimilabili alle fotografie che si ottengono con un obiettivo a corta focale (Fig. 10).

 

 


Figura 10

Il metodo prospettico in pratica cerca di riprodurre, su di un piano, quanto appare dall’osservazione di un oggetto tridimensionale posto nello spazio, tuttavia in campo industriale il metodo non trova applicazione, perché risulta estremamente laborioso risalire dal disegno alle caratteristiche dimensionali dell’oggetto rappresentato, mentre è impiegato in campo architettonico, per la sua efficacia nel definire con maggior illusione realistica i rapporti spaziali (fig. 11).

 

 

 


Figura 11 – La proiezione centrale o prospettica nel disegno di architettura

 

b) Proiezioni parallele

Le proiezioni parallele, basate su una condizione astratta, cioè con raggi proiettanti provenienti tutti da un punto posto a distanza infinita e quindi fra loro paralleli, si possono a loro volta suddividere in ortogonali e oblique, a seconda della reciproca posizione dei raggi proiettanti e del quadro.

Se l’oggetto da rappresentare è una figura piana posta parallela al quadro, la sua proiezione sarà uguale all’oggetto, indipendentemente dalla inclinazione dei raggi proiettanti.
Se la figura è disposta obliquamente rispetto al quadro, le sue dimensioni in proiezione variano secondo proporzioni dipendenti sia dall’inclinazione dei raggi proiettanti sia da quella dell’oggetto rispetto al quadro, ma mantenendo i rapporti fra le dimensioni presenti nell’oggetto reale.

L’ulteriore suddivisione delle proiezioni parallele ha significato solo se si tratta di oggetti tridimensionali: la posizione di questi rispetto al quadro ed alla direzione dei raggi proiettanti dà origine alle assonometrie e alle proiezioni ortografiche.
Per comprendere la differenza fra i due tipi di proiezione si deve pensare di proiettare su un piano un insieme di tre segmenti fra loro ortogonali uscenti da un punto: nelle proiezioni assonometriche i segmenti sono orientati in modo che sul quadro compariranno sempre tutti e tre (anche se alterati nelle dimensioni a causa della loro inclinazione rispetto al quadro), mentre nelle proiezioni ortografiche ne appariranno soltanto due posti in un piano parallelo al quadro e quindi nella loro vera grandezza, mentre il terzo, perpendicolare al quadro, risulta invisibile, proiettandosi in un punto.

 

Un’assonometria consente la rappresentazione di un corpo tridimensionale per mezzo di un’unica proiezione (fig. 12) e dà una visione spaziale completa, abbastanza simile alle configurazioni percepite dall’occhio umano (specie per oggetti abbastanza piccoli).

 

 


Figura 12 – Le assonometrie possono essere ortogonali od oblique; in entrambi i casi un opportuno orientamento dell’oggetto rispetto al quadro consente la proiezione di immagini soddisfacenti per la comprensione e anche sotto l’aspetto estetico

 

Le assonometrie sono assimilabili alle fotografie che si ottengono con un teleobiettivo (figura 13).

 

 


Figura 13

Le assonometrie trovano applicazione nel campo tecnico perché, pur soddisfacendo le esigenze visive meno della prospettiva, sono di più facile esecuzione e permettono anche una descrizione dimensionale accettabile.

 

La figura ottenuta si discosta spesso dall’immagine reale, ma risulta adatta ad individuare immediatamente le reali dimensioni dell’oggetto e permette di rappresentare facilmente le concezioni spaziali sia delle masse che dei particolari in esse inseriti. A questo è dovuta la  fortuna del metodo che, specie nel caso della rappresentazione di organi meccanici, ha sostituito l’uso della prospettiva.

L’assonometria consente utili rappresentazioni di schemi di impianti complessi ed è oggi resa di più economica realizzazione dalle moderne tecniche di elaborazione dell’immagine.

 

Viene particolarmente impiegata per realizzare la rappresentazione "esplosa" di un meccanismo, che, distaccando fra di loro (secondo opportune direzioni) i vari componenti, consente una maggiore evidenziazione dei relativi rapporti e posizioni. In particolare risulta preziosa per illustrare operazioni e sequenze di montaggi anche complessi (fig. 14).


 

 

 

 

 Figura 14 – Vista assonometrica esplosa

               

 

La proiezione ortografica(proiezione parallela in cui almeno uno dei piani principali della terna di riferimento spaziale dell’oggetto è parallelo al piano di proiezione),basata sulle proiezioni ortogonali elaborate da Monge, ha scopi quasi esclusivamente tecnici, è effettuata in modo convenzionale, non ha lo scopo di soddisfare l’occhio, ma solo di facilitare il massimo grado di rilevamento delle dimensioni, delle caratteristiche delle superficie, della struttura interna dell’oggetto, in definitiva di tutto ciò che è necessario per la costruzione dell’oggetto.
Il sistema consiste nel proiettare ortogonalmente, da distanza infinita, sul piano del disegno, l’oggetto da rappresentare: i raggi proiettanti disegneranno sul quadro il contorno esatto delle figure parallele al piano di rappresentazione, mentre non risulteranno visibili i segmenti perpendicolari al piano stesso. Un unico disegno non è perciò sufficiente per rappresentare completamente l’oggetto e si dovrà provvedere a proiezioni, sempre ortogonali, su altri piani, per vedere le altre parti dell’oggetto (figura 15).
Si può dire che il prezzo da pagare per ottenere una rappresentazione bidimensionale esatta della forma e delle dimensioni dell’oggetto è quello di disgregarla in diverse parti, rinunciando ad un’unica rappresentazione dell’oggetto nella sua interezza.

 

 

 

 

 

 

 


Figura 15 – Rappresentazione ortografica completa di un oggetto, mediante tre proiezioni ortogonali su tre piani coordinati ortogonali (per comprendere facilmente la collocazione dell’oggetto rispetto ai piani e la sua forma occorre però ricorrere all’aiuto di una rappresentazione assonometrica)

In compenso la proiezione ortografica restituisce all’utilizzatore l’essenza geometrica della forma, senza le alterazioni delle misure e degli angoli comuni alla percezione fisiologica (fig. 16).
 

 

 


Figura 16 – La rappresentazione prospettica può portare ad interpretazioni errate: la figura di sinistra può apparire come un cubo, e la sua vera forma si rivela e si rileva solo con proiezioni ortografiche

 

Il sistema risulta graficamente piuttosto semplice, specie se, come consuetudine nel disegno tecnico, si assumono, quali piani di riferimento, dei piani paralleli alle superfici principali dell’oggetto da rappresentare.
In realtà è implicito in esso un elevato grado di astrattezza e non è in grado di fornire in modo immediato una completa illustrazione della realtà materiale.
E’ però logico che, ai fini del disegno tecnico, vengano scelti quei metodi che presentano la maggiore semplicità e tra essi il metodo delle proiezioni ortografiche è il più funzionale.

Tuttavia, per riuscire a percepire l’immagine tridimensionale dell’oggetto occorre la capacità (basata anche sull’esperienza) di ricomporre mentalmente le diverse immagini proiettate su diversi piani (che devono perciò avere fra loro precise relazioni).
Pertanto, poiché, per oggetti di forma complessa, il metodo delle proiezioni ortografiche richiede uno sforzo mentale non indifferente per risalire alla forma dell’oggetto rappresentato, può essere conveniente affiancarlo con disegni ottenuti mediante altri metodi di rappresentazione, e in particolare, nel campo del disegno tecnico, con l’assonometria, come si vede nella precedente figura 15, magari in scala diversa.

 

Fonte: ftp://ftp.aula.dimet.unige.it/squarzoni/DTN1%202008.09%20-%20Cap.%2001%20Disegno%20e%20disegno%20tecnico.doc

Sito web: www.unige.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine (Squarzoni ?)

 

Cap. 2 – Norme per il disegno tecnico


(Rev. 9/2008)

 

Normazione e Unificazione

Il Disegno tecnico è regolato da “norme”.

Una norma è
un documento, elaborato con il consenso degli interessati ed approvato da un organismo ufficialmente riconosciuto, che fornisce regole, indicazioni e caratteristiche, relative a determinate attività ed ai loro risultati allo scopo di ottenere il miglior ordine in un determinato contesto, per usi comuni e ripetuti.
In particolare, secondo la Direttiva Europea 98/34/CE, “norma” è una specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività normativa, la cui osservanza non sia obbligatoria.

Le norme sono il risultato dell’attività di normazione.
L’attività di normazione è appunto un’attività che porta a stabilire specifiche, cioè indicazioni precise su insiemi di condizioni che devono essere soddisfatte da un determinato prodotto, sistema o processo, comprendenti i metodi di verifica delle stesse.

Oggetti tipici di normazione sono i termini (definizioni e terminologia) e i simboli che devono essere utilizzati nei diversi campi applicativi, le unità di misura, i metodi e le procedure di misura e di prova, i prodotti, la sicurezza delle persone e delle cose, la qualità, ecc.

Una particolare forma di normazione è l’unificazione, che stabilisce, per prodotti con la stessa funzione e con riferimento alle loro dimensioni o ad altre caratteristiche, i tipi disponibili, in modo da soddisfare le esigenze prevalenti e da definire prodotti intercambiabili od accoppiabili (fig. 1), creando, attraverso la limitazione della molteplicità di tipi di prodotti, le premesse per la produzione in grande serie, la collaborazione fra le varie aziende e l’abbattimento dei costi.

 

 

 

 


Figura 1 – L’unificazione degli elementi (dadi) semplifica la disponibilità degli attrezzi (chiavi) riducendone il numero

 

Le norme sono emanate dagli Enti di normazione, stabiliti a livello mondiale, europeo (continentale) e nazionale, e costituiti da Comitati di esperti.

 

Norme tecniche

 

La tabella 1 elenca i principali Enti di normazione, a livello tecnico, stabiliti a livello mondiale, europeo e nazionale.
 

 

 

Tabella 1 – Enti di normazione a livello mondiale, europeo e nazionale

In campo meccanico, gli Enti di normazione di riferimento sono:

  • a livello mondiale, l’ISO (International Organisation for Standardisation):
  • a livello europeo, il CEN (Comitè Europèen de Normalisation);
  • a livello italiano, l’UNI, Ente Nazionale Italiano di Unificazione.

In campo navale, l’Ente nazionale di normazione (standardizzazione e controllo), che non appartiene all’UNI, è il RINA (Registro Italiano Navale).

A seconda dell’Ente di normazione che l’ha emessa, una norma può essere internazionale (ISO), europea (EN) o nazionale (UNI, per l’Italia).

La Comunità Europea ha individuato, fra le barriere da eliminare come ostacoli all’integrazione continentale, quelle “tecniche”, dovute a norme e regolamentazioni diverse nei vari stati.
Di conseguenza, gli stati europei sono impegnati ad armonizzare le norme esistenti, facendo riferimento ad una normazione internazionale elaborata in particolare dal CEN.

Le norme sono identificate da numeri e da sigle. Queste ultime indicano l’ente che ha elaborato la norma e, per quanto riguarda l’Italia, sono:

  • UNI. La sigla UNI identifica tutte le norme nazionali italiane e se è l’unica sigla sulla norma ciò significa che questa è stata elaborata direttamente dalle Commissioni UNI (o dagli Enti Federati).
  • EN. La sigla EN identifica le norme elaborate dal CEN. Le norme EN devono essere obbligatoriamente recepite dai Paesi membri del CEN, servono ad uniformare la normativa tecnica in tutta Europa, per cui non è consentita l’esistenza a livello nazionale di norme che non concordino con il loro contenuto; la sigla di riferimento, per l’Italia, è UNI EN.
  • ISO. La sigla ISO per le norme elaborate dall’ISO, che sono un riferimento applicabile in tutto il mondo. Si può decidere di rafforzarne ulteriormente il ruolo adottandole come norme nazionali: in Italia la sigla diventa allora UNI ISO (UNI EN ISO se adottata anche a livello europeo).

 

Una norma tecnica:

  • deve essere approvata con il consenso di coloro che hanno partecipato ai lavori (consensualità);
  • deve dare la possibilità a tutte le parti economico/sociali interessate di partecipare ai lavori (democraticità);
    • deve seguire un iter di approvazione riconosciuto che consenta l’individuazione delle tappe
  •  fondamentali, tenendo il progetto a disposizione degli interessati (trasparenza);
  • costituisce un riferimento che le parti interessate si impongono spontaneamente (volontarietà).

Il processo di elaborazione di una norma può essere schematizzato in quattro fasi: messa allo studio, stesura, inchiesta pubblica e ratifica.
La messa allo studio di un progetto di norma può nascere da proposte dei settori produttivi interessati o nascere all’interno degli stessi enti di normazione nell’ambito di una revisione critica della documentazione esistente.
La stesura del documento avviene nell’ambito dell’organo tecnico incaricato dello studio, strutturato in gruppi di lavoro costituiti da esperti che rappresentano le parti economiche e sociali interessate (produttori, utilizzatori, commercianti, centri di ricerca, consumatori, pubblica amministrazione, ... ). In genere, una Commissione tecnica dell’ente normatore svolge una funzione di pianificazione e di controllo, mentre la parte più “creativa” viene affidata a un Gruppo di lavoro incaricato della redazione del progetto.
Il progetto di norma approvato viene reso pubblico a tutte le parti economico/sociali interessate, al fine di raccogliere commenti ed ottenere il massimo consenso possibile: è la fase di inchiesta pubblica.
La pubblicazione della norma corrisponde infine alla sua entrata in vigore.

Una norma fornisce riferimenti certi agli operatori e perciò può assumere una chiara rilevanza a fini contrattuali; la conformità dei prodotti alle norme, se certificata da specifici organismi, garantisce anche i consumatori sul rispetto di determinate caratteristiche e funzionalità.

A questo riguardo le norme, pur restando di applicazione volontaria (a parte il caso di norme tecniche divenute provvedimenti legislativi o regolamenti), si distinguono anche per un diverso livello di cogenza (si pensi al differente significato se in una norma è scritto “si deve” o “si dovrebbe”).
Non esiste una classificazione codificata delle norme sotto questo aspetto, ma nelle pubblicazioni UNI si può distinguere tra norme tecniche, specifiche tecniche e rapporti tecnici.
Si tratta in tutti e tre i casi di documenti ad applicazione volontaria elaborati e pubblicati sulla base di specifiche procedure UNI, ma:

  • la norma tecnica nazionale (UNI) è un documento tecnico messo a punto consensualmente da tutte le parti interessate che svolgono attività a livello nazionale e rappresenta lo “stato dell’arte” di prodotti, processi e servizi;
  • la specifica tecnica nazionale (UNI/TS) è un documento tecnico messo a punto consensualmente da parti interessate, rappresenta uno “stato dell’arte” non ancora consolidato e viene sottoposto ad un periodo di verifica della validità;
  • il rapporto tecnico nazionale (UNI/TR) descrive prodotti, processi e servizi a scopo informativo.

Si ricorre quindi alle norme tecniche quando non ci sono difficoltà di rappresentare all’unanimità e univocamente lo stato dell’arte; si preferirà una specifica tecnica al fine di consentire un periodo di applicazione e di verifica delle conoscenze; si opterà per un rapporto tecnico per descrivere diversi approcci e prassi in uso.

È infine opportuno precisare la differenza fra:

  • regole tecniche, ovvero specifiche particolari la cui osservanza è obbligatoria nell’interesse della salute e della sicurezza dei cittadini e che vengono emanate dalle Pubbliche Amministrazioni,

e

    • norme tecniche, ovvero norme emanate dagli Enti normatori, tenuto conto del livello tecnologico, la cui osservanza è volontaria, ma che garantisce per chi la osserva il riconoscimento di conformità alle direttive che ne autorizzano la circolazione sul mercato.

 

Norme per il disegno tecnico

Scrittura

La scrittura sui disegni tecnici è normata  dalla UNI EN ISO 3098, che, nelle sue varie parti, prescrive alcuni requisiti generali e successivamente esemplifica i caratteri dell’alfabeto latino, ma anche greco e cirillico, nonché i vari segni particolari in uso nelle varie lingue europee.

Il riferimento è alla scrittura a mano libera, con normografi, con caratteri trasferibili, ma anche con computer.

Per tutte le scritture (dritte o inclinate di 15° verso destra) sono previsti:

    • il carattere leggero(tipo A), con rapporto 1:14 fra grossezza della linea ed altezza dei caratteri maiuscoli e 10:14 fra altezza dei caratteri minuscoli e maiuscoli;
    • il carattere pesante(tipo B), con rapporti 1:10 fra grossezza della linea ed altezza dei caratteri maiuscoli e 7:10 fra altezza dei caratteri minuscoli e maiuscoli.

Oggi, nei programmi di disegno automatizzato, si trovano serie numerosissime di caratteri (fonts), per cui è prevedibile che anche la normativa liberalizzi l’uso di diversi caratteri nei disegni tecnici, fatte salve chiarezza ed univocità di interpretazione.

Possono tuttavia valere ancora alcune regole:

    • distinguibilità dei caratteri (evitare confusioni fra lettere e cifre simili: ad esempio nelle indicazioni alfanumeriche che compaiono sui disegni si dovrebbero evitare per quanto possibile i caratteri D, I, J, l, O, Q per la possibile ambiguità con le cifre 1 e 0);
    • spaziatura fra i caratteri di spessore almeno doppio rispetto a quello delle linee (per assicurare chiarezza in fase di riproduzione in riduzione);
    • stessa grossezza di linee per caratteri maiuscoli, minuscoli e cifre (salvo particolari esigenze di differenziazione);
    • altezze caratteri normalizzate, ovvero: 1,8; 2,5; 3,5; 5; 7; 10; 14; 20 mm; non minore di 3,5 mm per disegni su fogli di formato A0 ed A1 (ved. paragrafo relativo ai formati);
  • opportuno contrasto fra scritte e sfondo.

Linee

Il disegno è costituito da un insieme di linee ed è possibile affidare alle linee stesse il compito di trasmettere particolari informazioni, oltre che delineare il contorno di un oggetto.
La ISO prevede una norma (UNI EN ISO 128-20), dedicata alle linee da usare in ogni tipo di disegno e comunicazione tecnica, e una norma (UNI IS0 128‑24) per le linee da usare nei disegni di ingegneria meccanica ed industriale. Un’altra norma, la UNI ISO 128‑21 precisa i procedimenti per la preparazione di linee con sistemi CAD.

Le linee previste dall’unificazione secondo la norma UNI EN ISO 128-20 si distinguono per spessore e tipo di tratto e sono indicate nella tabella 2.

 

 


Tabella 2 – Tipi fondamentali di linee da impiegare nei disegni tecnici secondo la norma UNI EN ISO 128-20

Altre tipi di linea sono raffigurate nella tabella 3, come variazioni dei tipi fondamentali.

 

 

 


Tabella 3– Altri tipi di linee normalizzate

Sono anche possibili combinazioni fra linee differenti (tab. 4) e linee con elementi pittoriali che interrompono la linea continua o sovrapposti ad essa (tab. 5).

 

 

 

 


Tabella 4 – Linee ottenute con l’accoppiamento di linee fondamentali

 

 

 


Tabella 5 – Linee ottenute con inserzione o sovrapposizione di segni sulle linee fondamentali

 

Gli spessori (o grossezze) di linea unificati variano da 0,13 a 2 mm (tab. 6).

Spessori di linea unificati (mm)

0,13

0,18

0,25

0,35

0,50

0,70

1,00

1,40

2,00

 

Tabella 6

Nei disegni tecnici si usano due spessori, definiti grossoefine,in rapporto 2:1 fra loro e in valore assoluto proporzionati alle dimensioni del disegno.
Lo spessore base per le linee grosse è 1 mm.
Lo spessore base per le linee fini è < 0,5 mm.

Le linee per i disegni di ingegneria industriale, scelte fra i tipi della tabella 2, con un’ulteriore distinzione che tiene conto dello spessore di linea, sono indicate nella tabella 7, con i relativi campi di applicazione.

 

 

 

 

 

 


Tabella 7 – Linee in uso nei disegni tecnici, con alcuni esempi di impiego. Il tipo di linea è indicato, oltre che secondo la norma UNI ISO 124-24 (ad es.: 01.2), anche con le lettere di riferimento previste dalla precedente norma UNI 3968 (ad es.: A).

Nell’impiego delle linee unificate vige una specie di ordine gerarchico, per cui, nel caso in cui risultino sovrapposte, la linea più significativa prevale sulle altre, secondo il seguente ordine:

  • contorni e spigoli in vista (linea continua grossa, tipo 01.2);
  • contorni e spigoli nascosti (linea a tratti, tipo 02);
  • tracce dei piani di sezione (linea mista fine, grossa alle estremità ed alle variazioni della traccia dei piani di sezione, tipo H della precedente norma);
  • assi di simmetria o tracce di piani di simmetria (linea mista fine, tipo 04.1);
  • linee per applicazioni particolari (linea mista fine, tipo 04.1);
  • linee di riferimento per la quotatura (linea continua fine regolare, tipo 01.1).

La distanza minima fra due linee parallele in un disegno non dovrebbe essere inferiore al doppio dello spessore della linea più grossa usata e comunque non minore di 0,7 mm.

 

Quando due linee a tratti si incontrano, l’intersezione è evidenziata come incrocio di tratti.

 

Scale di disegno

Sarebbe conveniente rappresentare gli oggetti nel disegno con le loro dimensioni vere, per meglio valutarli nei loro rapporti di forma e dimensione. E’ tuttavia evidente che oggetti di grandi dimensioni devono essere riprodotti con dimensioni inferiori a quelle reali per poter essere contenuti nel foglio, e viceversa oggetti di piccole dimensioni devono essere ingranditi per poterne comprendere le reali relazioni formali.

 

Il rapporto fra le dimensioni reali di un oggetto e le dimensioni con cui viene riprodotto sul disegno si dice scala del disegno.
L’indicazione sul disegno si fa generalmente scrivendo, per le scale di riduzione, scala 1:k, dove k indica il fattore di scala, cioè di quanto si deve dividere la dimensione reale per ottenere quella da riportare sul disegno (ad esempio, nella scala 1:10, 100 mm nella realtà divengono sul disegno 100:10 = 10 mm).
Nel caso delle scale di ingrandimento, l’indicazione diviene scala k:1,dove k è il fattore per cui bisogna moltiplicare la dimensione reale per avere quella da riportare sul disegno (ad esempio, scala 5:1 significa che un segmento lungo 2 mm nella realtà sul disegno sarà lungo 2x5=10 mm).

 

Le scale previste dall’unificazione sono riportate nella tabella 8.
 

 

 


Tabella 8

Si noti che una riduzione in scala 1:2 comporta una riduzione delle superfici ad 1/4 del reale e dei volumi ad 1/8.
Nel disegno industriale in genere non si usano scale di riduzione inferiori a 1:20.
Riduzioni maggiori si usano invece nei disegni di impianti, in edilizia e nelle carte topografiche.

Una regola per scegliere la scala si basa sull’assumere 2 mm sul disegno come dimensione minimaper elementi significativi.

Dettagli che apparissero troppo piccoli nella rappresentazione principale devono essere rappresentati accanto ad essa in opportuna scala maggiorata.

Come si vedrà nel capitolo dedicato alla quotatura, l’indicazione delle misure dovrà sempre essere effettuata scrivendone il valore reale, indipendentemente dal fattore di scala.

Talora si fa uso (e ciò avveniva anche in disegni tecnici antichi) di una scala di riferimento grafica, cioè un segmento su cui sono riportate lunghezze con l’indicazione del loro valore reale.

Fogli da disegno

 

Anche per quanto riguarda il formato dei fogli da usare per il disegno esistono regole precise. La norma UNI EN ISO 5457 riguarda esclusivamente i fogli per il disegno tecnico.
Il formato base è un foglio di area pari a 1 m2, di forma rettangolare, con lato maggiore di 1.189 mm e lato minore di 841 mm.
Il rapporto fra le dimensioni dei lati è perciò , il che consente il dimezzamento dell’area  dimezzando il lato più lungo, mantenendo invariato il rapporto fra i lati (fig. 2).

 

 

 

 

Figura 2 – Relazioni tra i formati dei fogli

 

In pratica, ogni formato unificato si ottiene dal precedente dividendo per 2 il lato maggiore.
Nella tabella 9 sono indicati i formati unificati contraddistinti dalla lettera A, seguita dal numero di dimezzamenti effettuati per giungere al formato considerato, partendo dal formato base indicato ovviamente con A0.
 

 


Tabella 9

 

Oltre a quelli indicati, sono in pratica usati anche formati corrispondenti ad A5 ed A6, ma non per il disegno tecnico, per cui il formato A4 costituisce il formato minimo di riferimento.
Sulle dimensioni dei fogli si ha una tolleranza di ± 2 mm (± 3 mm per misure > 600 mm).

Se il foglio viene usato tenendo come base il lato maggiore si dirà usato in orizzontale,se ha come base il lato minore si dirà in verticale.

In genere i disegni tecnici riportano, in corrispondenza dell’angolo inferiore destro, un riquadro per iscrizioni. Tale riquadro, che non è unificato, fornisce l’indicazione per il senso di lettura del disegno.

I fogli vengono squadrati con una incorniciatura tracciata con linea continua di grossezza minima 0,7 mm, posta almeno a 10 mm dal bordo del foglio (a 20 mm per il bordo sinistro, quando devono essere effettuati fori per la fascicolazione o l’archiviazione (fig. 3).

 

 

 


Figura 3 - Margine

 

I formati precedentemente visti devono essere piegati secondo precise regole.
Il formato A4 non va piegato e deve essere letto ponendo il lato corto di 210 mm in posizione orizzontale.
Tutti gli altri formati devono essere piegati in modo da ridursi a un formato A4 ancora con il lato corto di 210 mm in posizione orizzontale e con il riquadro delle iscrizioni in facciata, con evidente comodità di archiviazione.
I tipi di piegatura sono sintetizzati in figura 4 (sui fogli possono essere posti appositi segni per indicare le linee di piegatura).

 

 


Figura 4 – Esempi di piegature normalizzate dei fogli da disegno (quella a sinistra, per il formato A0, e quelle a destra, per i formati A2 e A3, consentono l’inserimento nei raccoglitori a fori o la rilegatura)

 

Norme di riferimento per il Cap. 2

 

UNI EN ISO 3098

Documentazione tecnica di prodotto - Scrittura

UNI EN ISO 128-20:2002

Disegni tecnici - Principi generali di rappresentazione - Convenzioni di base delle linee

 

UNI ISO 128-21:2002

Disegni tecnici - Principi generali di rappresentazione - Preparazione delle linee con sistemi CAD

 

UNI ISO 128-22:2006

Disegni tecnici - Principi generali di rappresentazione - Parte 22: Convenzioni fondamentali e applicazioni per le linee di richiamo e le linee di riferimento

 

UNI ISO 128-24:2006

Disegni tecnici - Principi generali di rappresentazione - Parte 24: Linee utilizzate nei disegni di meccanica e di ingegneria industriale

UNI EN ISO 5457:2002

Documentazione tecnica di prodotto - Formati e disposizione degli elementi grafici dei fogli da disegno

 

 

Fonte: ftp://ftp.aula.dimet.unige.it/squarzoni/DTN1%202008.09%20-%20Cap.%2002%20Norme%20per%20il%20disegno%20tecnico.doc

Sito web: www.unige.it

Autore del testo: non indicato nel documento di origine (Squarzoni ?)

 

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