Metallurgia delle polveri

 


 

Metallurgia delle polveri

 

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Metallurgia delle polveri

 

Perché sceglierla

 

La metallurgia delle polveri è competitiva rispetto alle tecnologie alternative in termini di costi e/o prestazioni

  • I componenti sinterizzati si possono produrre in grandissima serie con forme anche molto complesse (parti polifunzionali, con riduzione del numero dei componenti da assemblare), con ottimo grado di finitura superficiale e con tolleranze dimensionali tali da non richiedere ulteriori lavorazioni: componenti pronti per il montaggio.
  • Il grado di utilizzazione delle materie prime (le polveri) è elevatissimo, a differenza di altre tecnologie che, avendo molto più sfrido, obbligano ad un riciclo degli scarti: conservazione dei materiali e dell’energia.
  • L’entità del valore aggiunto è relativamente poco sensibile alle complicazioni di forma delle parti, in quanto si ha un impatto modesto sui costi di trasformazione: i sinterizzati sono vantaggiosi specie nel caso di forme complesse.

Qualsiasi altro metodo di produzione è tecnicamente inadeguato o non praticabile in casi quali:

  • filtri metallici e componenti autolubrificanti (boccole, parti strutturali come camme, giunti, snodi), che possono essere prodotti con una porosità controllata solo per questa via;
  • formulazioni metallurgiche aventi metalli o composti tra loro incompatibili nel processo di fusione, come utensili in metallo duro, contatti elettrici e spazzole per motori, pattini per freni e frizioni, mole diamantate;
  • elaborazione di metalli refrattari, come tungsteno e molibdeno.

 

Tecnologie di formatura nella metallurgia delle polveri

 

Se la metallurgia delle polveri ha rappresentato la scelta vincente tra le possibilità offerte dalle varie tecnologie di formatura atte a produrre un dato componente, ciò vuol significare che si sono soddisfatte non solo le specifiche economiche e tecniche ma anche il livello di qualità richiesto dall'applicazione. I processi di una certa rilevanza per la componentistica meccanica sono:
Stampaggio polveri ad iniezione: componenti di forma estremamente complessa e di piccole dimensioni;
Forgiatura di sbozzati sinterizzati: bielle per motori di autoveicoli, anelli sincronizzatori;
Pressatura isostatica a caldo: dischi ed alberi per turbine in superleghe, parti di grandi dimensioni;
Pressatura isostatica a freddo: utensili quali frese, maschi, creatori, camicie per cilindri, parti di grandi dimensioni;
Pressatura polveri in stampi rigidi: è di gran lunga il processo più usato (oltre il 90% dei componenti viene prodotto per questa via) e permette di ottenere forme complesse con relativa facilità, in genere senza ulteriori lavorazioni e con costi contenuti.

Il suo ciclo di produzione è presentato nello schema sottostante.

 

Ciclo di produzione dei componenti sinterizzati

 

Lo schema del ciclo illustra le tre fasi fondamentali:
le polveri vengono opportunamente miscelate e poi pressate a freddo in stampi rigidi; col parco presse in dotazione alle nostre aziende si possono produrre componenti il cui peso unitario va dal grammo al chilogrammo, con cadenze produttive che, nel caso di parti di media complessità, vanno di solito dal centinaio al migliaio di pezzi ora. I pezzi così formati sono quindi sinterizzati in forni speciali ad atmosfera controllata ed assumono a questo punto una struttura monolitica grazie alla formazione di legami metallurgici tra i granuli, che si erano compenetrati durante la pressatura, acquistando le proprietà d'impiego. Se è verificato che forma, tolleranze e proprietà fisico meccaniche corrispondono a quanto previsto a disegno, i pezzi sinterizzati sono avviabili direttamente al montaggio, in quanto non sono richieste operazioni di ripresa. Se necessario, i sinterizzati sono assoggettabili senza particolari difficoltà a lavorazioni secondarie per impartire loro determinate proprietà, non ottenibili col ciclo prima descritto.
Le lavorazioni generiche sono effettuate nella maggioranza dei casi dallo stesso produttore, ma le può eseguire anche l'utilizzatore, cui verranno consigliati i parametri operativi adatti; le lavorazioni specifiche sono praticate quasi esclusivamente dal sinterizzatore. L'introduzione di lavorazioni secondarie arricchisce le possibilità del ciclo produttivo, però fa crescere il costo dei componenti. Tenendo presente che il più delle volte è indispensabile eseguire lavorazioni analoghe sulle parti prodotte cogli altri processi di formatura, i costi relativi hanno praticamente la stessa incidenza e il sinterizzato mantiene i vantaggi acquisiti col ciclo fondamentale di pressatura e sinterizzazione.

 

Lavorazioni secondarie specifiche

 

La presenza della porosità residua permette l'esecuzione di lavorazioni che risultano peculiari dei sinterizzati; alcune di esse impartiscono caratteristiche innovative rispetto alle tecnologie tradizionali.
Nella maggioranza dei casi queste operazioni sono praticate dal forrnitore stesso e richiedono cicli appropriati.

Calibratura
E' da richiedere nel caso in cui le tolleranze dopo sinterizzazione non soddisfano le prescrizioni a disegno. Il pezzo sinterizzato viene rimesso in uno stampo, specifico per questa operazione (e quindi diverso da quello di pressatura) e, mediante l'azione dei punzoni, sottoposto a deformazione plastica, con lieve riduzione della porosità residua.
Con questa operazione si ricuperano eventuali deformazioni originatesi nella fase di sinterizzazione, si correggono profili esterni (p. es. di camme, ingranaggi) e interni (fori sagomati), si impartiscono tolleranze più ristrette e una migliore finitura superficiale.

Ossidazione in vapore
Il trattamento, limitato ai sinterizzati ferrosi, consiste nel far agire il vapor d'acqua sui pezzi portati ad un opportuna temperatura, con formazione di una pellicola sottile di Fe3O4 in superficie e dentro la porosità interconnessa, eventualmente sigillandola (p. es. nel caso di componenti per compressori frigoriferi). Questa operazione, che induce variazioni dimensionali limitate, dà origine a un incremento assai sensibile di resistenza alla compressione e quindi di durezza (a spese però della tenacità), migliora la resistenza alla corrosione e, se è presente un lubrificante, garantisce una buona resistenza a usura.

Ricompressione
Dopo sinterizzazione il componente viene di nuovo sottoposto a pressatura a freddo (si riduce sensibilmente la porosità) e sinterizzato nuovamente. Questa operazione permette di ottenere densità relative superiori al 90% (r = 7,2Þ7,5 g/cm3 nel caso degli acciai) con un sensibile incremento di proprietà e può essere richiesto per componenti strutturali dinamicamente molto sollecitati e per nuclei magnetici.

Impregnazione con oli
Questa operazione satura con oli lubrificanti la porosità interconnessa e si può raccomandare non solo per le boccole ma anche per componenti strutturali tipo camme o ingranaggi (densità relativa 90%) funzionanti in meccanismi soggetti a strisciamento: l'usura viene evitata grazie al fatto che i pori conservano una riserva di olio, che sopperisce ad una eventuale carenza di lubrificazione esterna.

Impregnazione con resine
Ha lo scopo di rendere impermeabile il componente ed è da prescrivere su parti a contatto con fluidi in pressione o corrosivi. E' anche impiegata come trattamento preparatorio ai rivestimenti superficiali, per migliorare la lavorabilità all'utensile e ancora per conferire un effetto di lubrificazione.

Infiltrazione
La porosità interconnessa è saturata con leghe a temperatura di fusione non superiore a quella di sinterizzazione del metallo base del componente: i sinterizzati ferrosi si possono infiltrare con rame, di solito nella fase di sinterizzazione. L'infiltrazione rende impermeabili i pezzi (che possono così essere brasati) e c'è un certo aumento di proprietà meccaniche, ma a spese della precisione dimensionale. Il comportamento nel trattamento termico (p. es. nella cementazione o nella tempra a induzione) diventa simile a quello degli acciai compatti, a causa della sigillatura della porosità superficiale.

 

Fonte: http://spazioinwind.libero.it/arzu/files/metallurgia-polveri.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Parola chiave google : Metallurgia delle polveri tipo file : doc

 

LE FASI DELLA METALLURGIA DELLE POLVERI

 

La produzione delle polveri

Le caratteristiche di un prodotto finito dipendono in larga parte dal tipo e dalle caratteristiche delle polveri impiegate: in particolare la costituzione chimica, la purezza, le dimensioni, la forma delle particelle, la granulazione, la struttura della superficie. Metodi di produzione delle polveri diversi consentono di ottenere caratteristiche delle stesse differenti. Attualmente in commercio si trovano polveri a prezzi ragionevoli ottenute per:

  • Comminuzione meccanica

I processi meccanici di produzione di polveri sono usati per i pochi casi di metalli fragili, ad esempio antimonio e bismuto, o per triturare depositi spugnosi ottenuti per via elettrolitica. Tale tecnica non è molto usata oltre che per i costi dei molini che devono avere particolari proprietà meccaniche di durezza e resistenza, anche per l’inquinamento delle polveri per l’inevitabile usura dei martelli.

 

  • Metodo elettrolitico

Alcuni metalli sono precipitabili in forma di polvere incoerente mediante una reazione di spostamento da una soluzione acquosa di un loro sale, ad esempio il rame mediante spostamento con zinco o ferro da una soluzione del suo solfato. Si ottiene con tale metodo un composto polverulento poco coerente che si frantuma facilmente per azione meccanica. Nella figura si possono osservare particelle di rame ottenute per via elettrolitica caratterizzate da una forma molto irregolare e da un’area superficiale molto elevata.

 

  • Riduzione di ossidi

Per la decomposizione di ossidi si possono impiegare come agenti riducenti l’idrogeno, l’ossido di carbonio o il carbonio secondo le reazioni:
MO+H2=M+H2O
MO+CO=M+CO2
MO+C=M+CO
Alcuni metalli facilmente volatili, cioè che presentano alta tensione di vapore a temperature non molto elevate, possono ottenersi in forma di polveri, facendone condensare rapidamente su una superficie fredda il vapore prodotto con un sufficiente riscaldamento.

 

  • Atomizzazione

Il metodo più utilizzato di produzione di polveri metalliche consiste nella cosiddetta atomizzazione, cioè nella dispersione di una vena liquida della sostanza con un forte getto di gas o vapore. Inizialmente si produce la lega di cui si vuole ottenere la polvere nel forno elettrico e una volta pronta si spilla nella camera di atomizzazione. Lo spillo viene investito da un getto di acqua o gas inerte e ridotto in goccioline più o meno sferiche le quali solidificano e cadono sul fondo dove vengono raccolte.

 

Una variante di questo metodo è l’atomizzazione centrifuga dove non si parte dal bagno fuso ma dalla barra di materiale del quale si vuole ottenere le polveri. La barra è montata su un dispositivo che la fa ruotare ad alta velocità attorno all’asse. L’estremità è all’interno della camera di atomizzazione dove attraverso un induttore porto a fusione la superficie della barra, la quale ruotando ad alta velocità proietta le goccioline fuse verso l’esterno. Queste vengono poi raccolte sul fondo come polveri. Questo metodo è utilizzato per produrre polveri di titanio per protesi mediche.

 

La pressatura delle polveri

Le polveri presentano uno spazio vuoto che varia tra il 70 ed il 90% del volume complessivo occupato, a seconda della morfologia della polvere. Applicando una pressione crescente, la percentuale di spazio vuoto si riduce finchè la densità del pezzo compattato raggiunge dei valori simili a quella del materiale non polverizzato. Una pressione di compattazione sufficientemente alta rende la massa pressata abbastanza consistente da poterla togliere dalla pressa senza che riacquisti lo stato di incoerenza. Il tipo di compattazione più utilizzata è quella assiale bilaterale (Fig.2.1), caratterizata dal movimento opposto di due punzoni ,uno superiore ed uno inferiore.

 

Questo sistema consente di ottenere una densità più uniforme ed è utilizzata per pezzi con altezza fino a 80 mm.
Una variante della compressione bilaterale è l‘uso di matrici flottanti, dove, la parte di stampo laterale non è fissa, ma è posizionata su delle molle, mentre il punzone inferiore è fisso. Il punzone superiore spostandosi verso il basso comprime le particelle, che per attrito muovono la matrice. In questo caso la distribuzione di densità è molto più omogenea.
Le particelle del verde, cioè del pezzo pressato, sono tenute assieme dal loro concatenamento e dalla formazione di microsaldature dovute alle elevate pressioni specifiche raggiunte nel processo di compattazione.
La forza che deve essere applicata dalla pressa, risulta proporzionale alla proiezione del pezzo su di un piano ortogonale alla retta d‘azione della forza stessa: questo costituisce un limite dimensionale dei pezzi da sinterizzare.

Pressando la polvere la densità apparente aumenta, e dovrebbe tendere a quella del metallo massivo. Nella realtà le curve costruite dai dati sperimentali dimostrano che la densità teorica non si raggiunge, in quanto all‘aumentare della pressione applicata si verificano due condizioni:
1. La deformazione plastica delle particelle è accompagnata dall‘incrudimento del metallo, che si oppone alla deformazione stessa.
2. L‘area di contatto tra le particelle aumenta e quindi diminuisce lo sforzo di taglio locale, necessario per l‘ulteriore deformazione plastica.

Le proprietà di resistenza dei componenti sinterizzati aumenta con l‘aumentare della densità, ma la loro economicità diminuisce all‘aumentare dell‘energia utilizzata e all‘aumentare del carico sull‘utensile per la pressatura. Per ragioni tecniche ed economi che, si cerca, perciò, il più possibile di ottenere un‘alta densità del compatto con una bassa pressione applicata.
La rappresentazione delle curve densità-pressione ci dà un‘indicazione per raggiungere un compromesso.
Le curve sono ottenute da prove di laboratorio dove un certo numero di compatti vengono prodotti a pressioni diverse. In base alle densità ottenute, si tracciano le curve di comprimibilità. Una caratteristica di queste curve è che la pendenza decresce all‘aumentare della pressione di compattazione e che non si arriva alla densità del materiale massiccio.
Una descrizione del processo di densificazione delle polveri, può essere spiegato analizzando in sequenza i seguenti meccanismi:

- Addensamento della polvere mediante la ridistribuzione delle particelle nello spazio, con passaggio ad una configurazione relativamente più densa.
- Fine dell‘addensamento derivante dalla ridistribuzione delle particelle e deformazione elastica progressivamente crescente. La deformazione puramente elastica delle particelle metalliche porta ad una parte trascurabile di addensamento. Fino a questo punto non si ha coesione tra le particelle, e la massa di polvere ritorna allo stato incoerente se tolta dallo stampo.
- Addensamento della polvere mediante deformazione plastica diffusa delle particelle metalliche. Queste si aggrovigliano e si compenetrano fra di loro mediante le loro asperità e cavità iniziando ad aderire incastrandosi reciprocamente. Il cedimento plastico diffuso dà luogo ad un incrudimento altrettanto diffuso e la velocità di addensamento inizia a diminuire. L‘estendersi dell‘incrudimento comporta un aumento delle pressioni richieste per un ulteriore addensamento. In questa fase i pezzi sono quasi completamente coerenti.
- Addensamento della polvere mediante la deformazione plastica estesa a tutta la massa delle particelle metalliche. L‘incrudimento aumenta sempre più causando una notevole e sempre maggiore resistenza all‘ulteriore addensamento. In questa fase il materiale acquista coerenza in tutto il volume.
L‘aggiunta di lubrificanti, indispensabile per ridurre l‘attrito, ha un effetto di riduzione della densità teorica della polvere. Infatti, nel processo di compattazione, parte del lubrificante aggiunto viene costretto a passare fra stampo e parete dove assolve la sua funzione e parte rimane intrappolato all‘interno dei pori chiusi e si oppone al processo di densificazione.

 

Sinterizzazione

 

La sinterizzazione è sicuramente la parte più importante di tutto il processo. Infatti, è quella che maggiormente influenza tutte le caratteristiche della polvere fino ad ottenere le proprietà del sinterizzato.

  • Descrizione della fenomenologia

 

Le polveri fini sono caratterizzate da una elevata area superficiale; ad essa è associato un elevato valore di energia libera totale, che costituisce parte della forza motrice necessaria al processo di sinterizzazione, che porta alla riduzione dell‘energia libera, diminuendo l‘area superficiale totale.

 

L‘evoluzione del compatto, ovvero la modifica della sua struttura e proprietà, è un processo che avviene per formazione e crescita di un legame tra i grani di polvere a seguito di molteplici fenomeni di trasporto di materia.
Questo processo si può dividere in tre stadi principali:
- nel primo i grani di polvere aumentano la superficie di contatto con conseguente arrotondamento dei pori. L‘aggregato comincia a densificare per effetto della diminuzione della porosità e dell‘avvicinamento dei grani di polvere; in questa maniera si verifica un ritiro del pezzo.
- Nel secondo stadio le polveri cominciano a non essere più distinguibili e si possono avere dei fenomeni di accrescimento del grano. La morfologia dei pori diventa liscia e cominciano a integrarsi con i bordi di grano. Quando la velocità di crescita del grano è particolarmente elevata, cioè quando la temperatura di sinterizzazione è alta, il poro tende a staccarsi e rimanere isolato, dando così il via alla formazione di porosità chiusa.
- Nel terzo stadio, infine, i vuoti nel sinterizzato diventano isolati e rotondeggianti che tendono ad ingrossare a scapito di quelli più piccoli. Questo pregiudica la possibilità di ottenere densificazione completa anche per tempi di sinterizzazione estremamente lunghi.
Tutti i fenomeni finora descritti prevedono meccanismi che coinvolgono il materiale in fase solida (SPS).
A causa però della presenza di polveri metalliche che possono fondere a temperatura inferiore a quella di sinterizzazione, si può avere la sinterizzazione in fase liquida (LPS).
Tutto il processo può essere suddiviso in tre punti:

1. Fusione e riarrangiamento: il liquido bagna le polveri e per effetto delle forze di capillarità e di una complessiva ridistribuzione delle particelle, provoca una rapida densificazione. In seguito il liquido penetra fra i bordi di grano frantumandoli ed ottenendo così un secondo riarrangiamento; il risultato è un aumento del volume del pezzo.

2. Soluzione e riprecipitazione: si ha un‘ulteriore densificazione a causa della fusione dei grani più piccoli che facilitano l‘accrescimento di quelli più grossi.

3. Stato solido: è simile alla SPS dove si ha l‘accrescimento del grano con formazione di uno scheletro rigido e nessun processo di ritiro o crescita dimensionale.
Tutta la teoria descritta tratta la sinterizzazione allo stato solido nella stessa maniera dello stato liquido, tenendo conto solo dell‘energia superficiale; si suppone, quindi, che il fenomeno sia regolato da caratteristiche di bagnabiltà, dall‘attrazione capillare e da diminuzioni volumetriche a causa della porosità. Se questa teoria fosse completamente esatta, si avrebbero delle percentuali di variazioni dimensionali negative. Questo può essere spiegato affrontando un discorso di tipo chimico, invece di considerare l‘energia superficiale, consideriamo l‘energia di omogeneizzazione che è 10 volte superiore rispetto alla prima; per cui il processo è governato da una diffusione tra le varie specie, invece, di una riduzione superficiale. Questa energia è caratterizzata dalla temperatura e dal tipo di diagramma di fase; una riduzione di energia libera, causata dall‘energia di omogeneizzazione, porta al raggiungimento di un equilibrio chimico prima di quello fisico.
L‘energia libera totale è uguale alla somma dell‘energia di alligazione e l‘energia superficiale; può capitare che la prima diminuisca e la seconda aumenti notevolmente, ma il risultato tende lo stesso a essere minore di quello di partenza. L‘aumento dell‘energia superficiale, infine, porta ad un accrescimento dei pori: ecco spiegato perché il pezzo tende ad aumentare di volume.
Un altro concetto molto importante è il meccanismo delle fasi: il processo di sinterizzazione si dice attivato se la formazione della lega coincide con l‘effetto capillare; in caso contrario il processo si dice disattivato. Un errore da non compiere è pensare che il solido passa a liquido perché i coefficienti di diffusione nel liquido sono maggiori che viceversa:
essi non si possono paragonare come se fossero uguali perché siamo in presenza di due fasi distinte. Gli atomi del solido per cambiare fase devono oltrepassare un elevata barriera di energia (data dalla somma dei calori latenti di fusione e dall‘energia necessaria per raggiunge la temperatura di fusione), così da ottenere la rottura del legame tra l‘atomo e il bulk.
Per cui, in una prima fase iniziale, il liquido passerà nel solido e, nella fase successiva, avverrà la dissoluzione del solido nel liquido.

Fino a questo punto abbiamo analizzato come si comportano a livello chimico le due fasi (solido/liquido) durante la sinterizzazione. Ora affronteremo le delle eventuali variazioni dimensionali causate da questo trattamento termico.

Di solito si cerca di mantenere, entro stretti margini, le tolleranze dei pezzi pressati sinterizzati poiché, un'elevata variazione dimensionale, può causare delle distorsioni dei pezzi sinterizzati ed, eventualmente, il loro scarto. Le composizioni delle polveri, pertanto, sono formulate in modo che possano essere prodotti dei componenti che combinano buone proprietà meccaniche con piccole variazioni dimensionali durante la sinterizzazione.

 

Fonte: estratto - citazione da http://www.ing.unitn.it/~colombo/zincatura_a_caldo/TESINA%20DELLAI/word/LE%20FASI%20DELLA%20METALLURGIA%20DELLE%20POLVERI.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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