Economia e strategie aziendali

 


 

Economia e strategie aziendali

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

 

Economia e strategie aziendali

ECONOMIA E STRATEGIA AZIENDALE                               
MODULO PRIMO
CAPITOLO PRIMO

L’economia aziendale è una scienza relativamente recente che spesso viene confusa con la ragioneria.
Il contabile è sempre esistito nella storia, si chiamava “logista” in Grecia, “scriba” in Egitto e “rationele” a Roma.
I primi teorici della ragioneria furono i grandi filosofi greci Socrate, Platone, Aristotile.
Passando dalla Grecia all’antica Roma le tavole si evolvono nei primi libri contabili romani quali: “adversaria” ovvero la prima nota contabile, le “tabulae” ovvero i libri di entrata e uscita.
Dopo l’oscurantismo culturale post romano gli studi di ragioneria risorgono nel Medioevo e nel Rinascimento.
Nasce una nuova ragioneria inventata da studiosi a forte matrice scientifico matematica, Leonardo Fibonacci
e Fra’ Luca Pacioli.
Il pisano Leonardo Fibonacci con i suoi “Liber abaci” scritti nel 1200 descriveva i calcoli computistici da
utilizzare nelle trattative commerciali. Altra scoperta l’utilizzo dei numeri arabi. Fra’ Luca Pacioli  pubblicava
nel 1494 il “Tractatus de computi set scripturis” in cui prendeva forma il dare e avere, il bilancio e l’inventario.
Nell’ottocento prendeva forma con Francesco Villa la scienza economica dell’amministrazione aziendale che
si basava sulla teoria dei conti a valori, si incominciava a studiare non solo la ragioneria ma anche la gestione
e l’organizzazione dell’impresa.
Prendeva così forma, verso la fine dell’Ottocento, la logismografia, che rappresentava un passo indietro, il
maggior studioso di quel periodo era il Ragioniere generale dello Stato il Cerboni (teoria dei conti aperti
alle persone).
La teoria personalistica, su cui si basava la logosmografia, era caratterizzata dai conti accesi al proprietario,
da quelli accesi alle persone che prendevano in consegna i valori (magazziniere, cassiere) detti genericamente
consegnatari e infine quelli accesi ai clienti, fornitori, personali, detti genericamente corrispondenti.
Agli inizi del 1900 si assisteva ad un profondo cambiamento negli studi di ragioneria con due studiosi Fabio
Besta e Gino Zappa.
Fabio Besta articolava l’amministrazione economica in tre momenti; gestione, direzione e controllo.
La ricerca accentrata sulla ragioneria portava Besta ad inventare il “sistema patrimoniale” che avrebbe
caratterizzato la ragioneria italiana fino agli anni 30 e sarebbe stato il sistema contabile adottato in quasi tutto
il mondo con la terminologia di sistema patrimoniale anglosassone.
La svolta fondamentale e decisiva per gli studi aziendali avveniva con “Tendenze nuove negli studi di
Ragioneria” discorso inagurale di Zappa del 1926 e successivamente con “Fabio Besta il maestro” del 1935
con “Il reddito di impresa” del 1937 e infine con “Le produzioni nell’economia delle imprese” del 1956.
Nel pensiero di Zappa si possono individuare concetti per lo più ancora validi ancora oggi:
AZIENDA; è un istituto economico destinato a perdurare che svolge operazioni economiche coordinate rivolte alla
produzione e al consumo di ricchezza.
ECONOMIA AZIENDALE; è la scienza che studia le operazioni economiche delle aziende al fine di individuare
leggi o principi che consentono di raggiungere i fini a cui tende l’azienda. L’economia aziendale si
articola in te dottrine: Organizzazione, Gestione, Rilevazioni o Ragioneria.
CONCETTO DI REDDITO; è la differenza fra il capitale a inizio periodo e il capitale a fine periodo espresso
dai valori dei beni aziendali.                                                                                                                                                                         
SISTEMA DI REDDITO; è il sistema che determina il reddito dell’esercizio prendendo in esame solo gli scambi
monetari fra l’impresa e i terzi.
Gli studiosi contemporanei hanno approfondito l’Economia Aziendale nella dimensione sistemica.
I più rappresentativi sono Amaduzzi, Caparra, Ceccarelle, Onida, Dell’Amore, De Minico, Renzi e susseguentemente
Amodeo, Ardemani, Cassandro, Coletti, D’Ippoliti, Ferrero, Giannesi, Guatri, Masini, Merlani, Riparbelli, Salzano,
Tancredi Bianchi e Vaccà.

CAPITOLO SECONDO

Preliminare all’individuazione dell’economia aziendale, è la definizione dell’azienda e la classificazione delle tipologie d’azienda.
Gli istituti in cui l’attività economica è rilevante sono:

  • le famiglie;
  • le imprese;
  • la pubblica amministrazione.

L’azienda è l’ordine economico con cui si sviluppano le attività economiche degli istituti.
Questa generale definizione di azienda deve tuttavia essere allargata prendendo in esame:

  • le attività economiche dell’azienda;
  • la finalità dell’azienda;
  • il soggetto dell’azienda sia economico che giuridico.

In relazione alle attività economiche le aziende si classificano in:

  • aziende di erogazione (famiglie, associazioni private);
  • aziende di produzione (acquisizione e produzione di beni e servizi);
  • aziende composte pubbliche (stato, regione, provincia, comune, ASL).

Il Masini formulava una divisione in:

      • aziende familiari;
      • aziende di produzione;
      • aziende composte pubbliche.

In relazione al fine (creazione, accrescimento, e distribuzione di valore) le aziende vengono suddivise:
aziende familiari: valori non economici quali la reciproca assistenza, l’equilibrio affettivo, l’educazione dei figli, con valori economici espressi dai consumi, dagli investimenti e dal risparmio.
aziende pubbliche:  le aziende pubbliche, oltre al principale fine di soddisfare bisogni pubblici, si propongono di creare, accrescere e distribuire valore non solo per la collettività a cui fanno riferimento (stato, regione ecc). In questi ultimi anni si è assistito ad un processo di privatizzazione delle aziende pubbliche.
aziende di produzione o imprese: hanno come fine diretto la produzione di beni e servizi e di conseguenza la loro cessione sul mercato, al fine di remunerare i fattori produttivi impiegati ed il capitale investito. Vengono più comunemente chiamate imprese, e vengono a loro volta classificate in relazione al settore a cui appartengono.

  • Imprese del settore primario (aziende agricole, minerarie)
  • Imprese del settore secondario (imprese industriali, costruzioni)
  • Imprese del terziario (imprese commerciali, mercantili, bancarie, aziende di credito, di servizi)
  • Imprese del terziario avanzato (imprese di informatica, consulenza, comunicazioni)

aziende no profit: dette anche enti non commerciali, sono associazioni, comitati, fondazioni cooperative aventi per oggetto una attività non commerciale. Una particolare categoria sono le ONLUS (organizzazioni non lucrative di utilità sociale) hanno particolari vantaggi fiscali e richiedono l’iscrizione all’anagrafe delle Onlus.
aziende mutualistiche: comprendono sia le società cooperative, sia le società di mutua assicurazione e consorzi di cooperative. Forniscono beni e servizi o lavoro direttamente ai soci della cooperativa, a condizioni più vantaggiose rispetto alle condizioni di mercato. Godono di particolari agevolazioni fiscali relativamente all’Irpeg.
La classificazione delle aziende in relazione al soggetto richiede una distinzione fra soggetto economico e giuridico.
Analizziamo il soggetto economico inteso nella tradizionale definizione di Onida, come le persone o il gruppo di persone che di fatto ha  o esercita il potere decisionale dell’azienda. Gli stakelholder (portatori di interesse nell’azienda) sono presenti, in maniera diversa nelle diverse tipologie di azienda.
Azionisti o soci di maggioranza: prevalenti nelle aziende di produzione, nelle no-profit, cooperative.
Azionisti o soci  di minoranza: presenti in tutte le tipologie di aziende.
Manager o dirigenti: sono presenti in tutte le tipologie di aziende.
I lavoratori dipendenti ed autonomi: sono presenti in tutte le tipologie di azienda.
I fornitori: : sono presenti in tutte le tipologie di azienda.
I finanziatori o istituti di credito: sono presenti in tutte le tipologie di azienda.
Amministrazione finanziaria o Erario: sono presenti in tutte le tipologie di azienda.
Clienti: sono presenti in tutte le tipologie di azienda, ad esclusione della famiglia.
Concorrenti: sono presenti in tutte le tipologie di azienda, ad esclusione della famiglia.
La classificazione dell’azienda in relazione al soggetto giuridico rientra negli studi di diritto commerciale.
L’impresa individuale: si ha quando un soggetto giuridico è una persona fisica, ovvero è l’imprenditore che personalmente risponde con i propri beni delle obbligazioni assunte dall’impresa, non ha autonomia patrimoniale, ed è assoggettabile alle procedure concorsuali, è soggetta a Irap e Irpeg, particolari tipologie di imprese simili sono a) l’impresa familiare, b) l’impresa coniugale.
La società: quando l’attività viene svolta da due o più persone si ha una azienda collettiva , avente come forma giuridica la società. Alla base vi è un “contratto di società” i cui elementi sono l’accordo tra le persone i soci e il conferimento dei beni nella società da parte dei soci. Le società hanno scopo di lucro. Si distinguono in:
società di persone: caratterizzate da una autonomia patrimoniale imperfetta, i creditori della società possono rivalersi sui beni dei soci. Esistono diversi ti pi di società di persone, a) società semplice, non può svolgere attività commerciali essenzialmente società agricole. a)società in accomandita semplice, ove esistono due categorie di soci (soci accomandatari e soci accomandati) non hanno un capitale sociale minimo, redigono il bilancio di esercizio, viene assoggettata all’Irap e per la parte pro-quota all’Irpef. c) società di capitali, soggetti giuridici totalmente autonomi , le società di capitali riconosciute nel nostro ordinamento sono:

  • società per azione;
  • società in accomandita per azioni;
  • società a responsabilità limitata.

Sono caratterizzate dalla presenza di un capitale sociale minimo, sono soggette a Irap e Irpeg.
Esistono altre forme di imprese quelle più rilevanti sono:

  • associazione temporanea di imprese;
  • consorzi;
  • gruppo europeo di interesse economico (geie).

Una classificazione frequentemente utilizzata delle imprese è basata sulla dimensione aziendale:

  • grande impresa;
  • media impresa;
  • piccola impresa.

 

CAPITOLO TERZO

Adesso esaminiamo più dettagliatamente le caratteristiche dell’impresa prendendo di seguito in esame:

  • il governo dell’impresa, o corporate governance;
  • le relazioni tra l’ambiente e l’impresa;
  • il sistema di impresa;
  • i gruppi di impresa.

Il governo dell’impresa: tematica di grande attualità . sotto il profilo più strettamente economico aziendale le modalità di governo dell’impresa dipendono dalla composizione della compagine azionaria e dal grado di stabilità di tale compagine. Da tale combinazione derivano tre distinti modelli di corporate governance:

  • la public company;
  • l’impresa padronale;
  • l’impresa consociativa.

La public company: modello più frequente nei paesi anglosassoni, caratterizzata da una pluralità di piccoli azionisti, o di investitori, senza un vero e proprio azionista di maggioranza e a volte di riferimento, il gruppo di comando è rappresentato dal management, deve essere obbligatoriamente quotata in borsa, hanno una elevata capacità finanziaria, rivolte ad obiettivi economici di breve periodo. La public company è la tipica grande impresa quotata sulle borse americane e inglesi, in Italia più volte si è tentato di crearle (Telecom, Enel Eni) con risultati molto insoddisfacenti.
L’impresa padronale: è fortemente caratterizzata dall’imprenditore che è non solo proprietario ma anche manager operativo, scarso peso agli azionisti di minoranza, spesso non sono quotate in borsa e se quotate sono non scalabili, il valore e rappresentato dall’utili distribuibile e il potere finanziario è relativamente basso, è frequente il ricorso all’indebitamento finanziario presso banche.
L’impresa consociativa: è caratterizzata da un nucleo di azionisti di riferimento senza nessuno in posizione dominante, il soggetto economico è rappresentato dalle banche e dal management, la circolazione delle azioni è limitata, il valore fondamentale è rappresentato dalla crescita occupazionale e dalla sopravvivenza dell’azienda, il potere economico è elevato, sono tipiche realtà tedesche o giapponesi.
Analizziamo le relazioni tra l’impresa e l’ambiente, quattro sottosistemi:

  • macroambiente;
  • microambiente;
  • sistema competitivo;
  • sistema interlocutori sociali.

Macroambiente e sottosistemi ambientali: l’ambiente è un sistema composto da numerosi sottosistemi con cui l’impresa interagisce, i più importanti sono : globale, europeo, nazionale, istituzionale. Ogni macroambiente è composto da numerosi sottosistemi ambientali quali per esempio l’ambiente politico, sociale, culturale, economico.
Microambiente o ambiente istituzionale: è detto ambiente istituzionale in quanto caratterizzato dalle istituzioni che influiscono sull’impresa. Fra le istituzioni che caratterizzano più da vicino l’impresa si possono ricordare:

  • mercato dei prodotti ovvero il settore in cui opera l’impresa;
  • mercato delle materie prime;
  • ambiente tecnologico (Silicon Valley californiana);
  • mercato finanziario;
  • mercato del lavoro;
  • ordinamento sindacale;
  • ordinamento tributario.

Il sistema competitivo: può essere definito come l’ambiente esterno all’impresa in cui vengono inseriti i prodotti dell’impresa, occorre individuare:

  • gli attori del sistema competitivo;
  • la tipologia di sistema competitivo.

Gli attori del sistema competitivo: sono in una visione più allargata:

  • i concorrenti;
  • i clienti:
  • i fornitori;
  • i produttori di prodotti sostitutivi ai prodotti dell’impresa;
  • entranti potenziali (imprese potenziali ad entrare sul mercato).

La tipologia di sistema competitivo: il sistema competitivo esistente su un determinato mercato è differenziato a seconda di due variabili fondamentali:

  • la possibilità di differenziare i prodotti nell’ambito del mercato;
  • la possibilità di mantenere nel tempo i vantaggi nei confronti dei concorrenti.

Sulla base del diverso grado di differenziazione e sostenibilità dei vantaggi competitivi è possibile individuare quattro tipologie di sistemi competitivi:

  • sistema competitivo frammentato;
  • sistema competitivo di specializzazione;
  • sistema competitivo di volume;
  • sistema competitivo bloccato.

Sistema competitivo frammentato: è frammentato quando è caratterizzato da molte imprese aventi quote di mercato molto basse (calzature, mobili, abbigliamento), è molto elevata la possibilità di differenziarsi ed è bassa la sostenibilità di vantaggi competitivi, può differenziarsi cercando di entrare in  sistemi competitivi di volume o di specializzazione.
Sistema competitivo di specializzazione: l’impresa riesce a diventare leader del mercato cercando di differenziare al massimo i suoi prodotti (alta moda, Ferrari, Swatch), in questo sistema la differenziazione dei prodotti è elevata ed i vantaggi competitivi sono duraturi nel tempo.
Sistema competitivo di volume: è tipico di quel mercato dove le imprese devono avere necessariamente elevati volumi produttivi per consentire una elevata redditività (personal computer, automobili), non è possibile differenziare la gamma dei prodotti  è invece elevata la possibilità di mantenere i vantaggi competitivi, può finire in un sistema competitivo bloccato se diminuisce la domanda del mercato.
Sistema competitivo bloccato: è caratterizzato dalla crisi della domanda e dal conseguente crollo dei volumi produttivi, per tanto non riesce ad ottenere vantaggi competitivi sui concorrenti.
All’interno dell’ambiente circostante all’impresa è possibile individuare il sistema degli interlocutori sociali, sono distinte in due fondamentali categorie:

  • esponenti interni all’impresa;
  • esponenti esterni all’azienda.

Numerosi sono gli esponenti esterni alla gestione dell’impresa, ricordiamo fra loro:

  • lavoratori dipendenti ed i lavoratori autonomi;
  • gli azionisti di minoranza;
  • gli enti finanziatori esterni (banche);
  • lo Stato inteso come diversi interlocutori;
  • i rappresentanti sindacali.

Gli interlocutori sociali si attendono dall’impresa delle ricompense in termini non solo economici ma anche sociali, a sua volta l’impresa si attende contributi dagli interlocutori sociali economici (finanziamenti, lavoro) e qualitativi.
Il sistema impresa: è così definito poiché si considera l’impresa come un sistema di input-output, riceve contributi dall’ambiente e fornisce un sistema di prodotti al sistema competitivo.
Al suo interno  è a sua volta articolata in tre sottosistemi che interagiscono fra loro:

  • la struttura o variabili strutturali di input;
  • l’attività articolata in attività strategica o di gestione operativa:
  • i risultati economici finanziari, competitivi, sociali, qualitativi e di sviluppo.

La struttura o variabili strutturali: rappresenta l’insieme delle risorse di cui dispone l’impresa sono divise in:

  • Risorse chiave o primarie: risorse imprenditoriali, direzionali, finanziarie. Sono le risorse imprenditoriali e manageriali con capacità di gestire il business e le risorse finanziarie rappresentate dai capitali apportati dai soci.
  • Risorse derivate: patrimonio tecnico,industriale e commerciale. Sono il patrimonio tecnico-industriale dell’impresa, e il patrimonio commerciale.

La struttura dell’impresa è anche: cultura aziendale, le capacità manageriali, la tecnologia, l’immagine.
L’attività: gestione e strategia: è rappresentata da decisioni, azioni operatività sia a livello di direzione che esecutivo finalizzato al raggiungimento dei risultati dell’impresa. Si distinguono in:

  • gestione operativa, intesa come capacità di ottenere risultati con il minimo costo;
  • gestione aziendale, intesa come modalità di pervenire al successo dell’impresa.

L’attività dell’impresa  crea valore che può essere misurato da risultati aventi diversa natura:

  • risultati economici finanziari, (capitale, reddito e cash flow);
  • risultati competitivi, (capacità di imporsi nel sistema competitivo);
  • risultati sociali e competitivi; (sistema di qualità volto soddisfare i clienti);
  • sviluppo aziendale, (crescita occupazionale, dimensionale, competitiva).

I gruppi di impresa: analizzeremo le più rilevanti tipologie di gruppo e le strutture formali dei gruppi di impresa.
La modalità di classificazione dei gruppi possono essere di diverso tipo in relazione di:

  • alla forma giuridica della capogruppo ( gruppi pubblici, privati, misti);
  • all’oggetto sociale (gruppi omogenei, bancari, assicurativi);
  • all’estensione territoriale (gruppi nazionali, internazionali);
  • al grado di integrazione produttiva (gruppi verticali o orizzontali).

Tra le varie classificazioni di gruppo si distinguono:
Gruppi economici: sono gruppi di imprese legati da una strategia di integrazione tra le diverse attività delle singole imprese facenti parte del gruppo, può essere a livello di prodotto, di catena di lavoro, di mercato.
Gruppi finanziari, o Holding finanziaria:  sono gruppi di imprese legate a una capogruppo da partecipazioni finanziarie prevalentemente di maggioranza, la caratteristica è la mancanza di una strategia comune fra le società partecipanti al gruppo e non interviene nelle scelte strategiche delle singole società.
Gruppi diversificati o misti o conglomerate: si differenziano dai gruppi economici in quanto operano in settori diversi e non omogenei tra di loro , si differenziano dai gruppi finanziari in quanto svolgono un azione di coordinamento e di controllo. La strategia di diversificazione dei rischi ha portato molti gruppi a trasformarsi da economici a conglomerate.
Le strutture formali dei gruppi: i gruppi di impresa devono presentare una struttura formale caratterizzata da:

  • purità di imprese aventi forma giuridica di società di capitali;
  • esistenza di partecipazioni fra le imprese del gruppo.

Capogruppo o holding o madre o controllante: l’impresa madre o controllante ha la maggioranza dei voti dell’impresa figlia, ha il diritto di nomina degli amministratori, esercita una influenza dominante in virtù di particolari contratti o clausole.
Impresa controllata: sono imprese controllate in cui un’altra società dispone della maggioranza assoluta nell’assemblea ordinaria,  sono imprese sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari contratti o clausole,sono imprese controllate da società a loro volta controllate da un’altra società, le imprese sotto influenza dominante per clausole statutarie consentite dalla legge, le imprese la cui maggioranza  è controllata da un socio per accordi tra soci, le imprese sotto influenza dominante provocata da vincoli contrattuali.
Le imprese collegate:  si definisce società collegate quelle società in cui un’altra società ha un’influenza notevole, si presume notevole quando il capitale è detenuto da un’altra società per di più di un quinto dei voti.
Altre imprese: ci posso essere altre imprese facenti parte di un gruppo in cui la capogruppo detenga meno del 20% o del 10% se quotata in borsa , ma soggette a una direzione di gruppo. Le partecipazioni all’interno di un gruppo possono essere di tre tipi: dirette, indirette, reciproche.
Partecipazioni dirette: solo le partecipazioni con cui la capogruppo controlla direttamente la società controllata; queste partecipazioni possono essere totalitarie, di maggioranza, di minoranza
Partecipazioni indirette: sono le partecipazioni con cui la capogruppo partecipa ad una controllata non direttamente, ma tramite una sua controllata.
Partecipazioni reciproche: le partecipazioni reciproche sono partecipazioni incrociate fra la società controllata e la capogruppo.

 

CAPITOLO QUARTO
La  teoria economica aziendale tradizionale risale allo Zappa che ha creato la nuova scienza nel periodo 1920-1950.
La teoria economico aziendale di Masini: un particolare interprete della teoria di Zappa è stato Masini nel suo studio fondamentale “Lavoro e risparmio”. Viene presa in esame la struttura dell’azienda nel suo assetto istituzionale, nelle combinazioni economiche e nell’assetto tecnico e nel patrimonio. 
La teoria economica aziendale di Onida: teoria fondamentale esplicitata in uno studio del 1960 “Economia d’azienda”.
In due volumi, nel primo approfondisce l’analisi dell’organizzazione aziendale e della gestione aziendale, nel secondo libro prende in esame la rilevazione, come logica economica aziendale delle quantità di aziende fondamentali: reddito, capitali e costi.
La teoria economico aziendale di Ferrero: viene sviluppata in “istituzioni di economia d’azienda” , al tradizionale approccio per processi viene sostituito un approccio per funzioni o aree funzionali e viene ampliata l’analisi dell’economia aziendale per diversi settori di attività.
Le teorie economico aziendali di Giannessi:  la pluralità di contributi comporta, pur nel quadro della teoria generale dell’azienda di Giannessi secondo cui l’economia aziendale è applicabile a qualsiasi tipologia d’azienda, (erogazione, produzione….), alcune differenziazioni di approcci.
La scienza economica aziendale nell’albero delle scienze: le scienze economiche a seconda che abbiano per oggetto la polis (la società) o l’azienda prendono nome di economia politica o di scienze economica aziendale.
Pertanto la scienza economica aziendale è:

  • una scienza che ha come oggetto di studio l’azienda;
  • una scienza economica, studia i mezzi limitati in relazione ai molteplici bisogni;
  • una scienza sociale, ovvero studia la società;
  • una scienza empirica, si ripropone di dare soluzioni concrete alle aziende;
  • una scienza generalizzata, individua leggi o principi generali validi per tutte le aziende.

La scienza economica aziendale: la scienza economica aziendale positiva prende nome di economia aziendale, mentre la scienza economica aziendale normativa prende nome di politica o strategia aziendale. Pertanto l’economia aziendale formula leggi universalmente valide per ogni tipologia d’azienda basandosi su un unico aspetto: quello economico.
La strategia aziendale suggerisci modi di operare, norme di comportamento nelle aziende, alla luce di molteplici variabili, definite strategiche.
L’economia aziendale: macroeconomia aziendale o economia d’impresa, microeconomia aziendale o business administration.
Nell’ambito dell’economia aziendale occorre distinguere ulteriormente la scienza economica in relazione al livello di sintesi o di analisi con cui si studia l’azienda. Anche in economia politica si distingue la macroeconomia dalla microeconomia. Così nell’economia aziendale è opportuno distinguere:

  • lo studio dei sistemi e delle attività generatrici di valore all’interno dell’azienda (microeconomia);
  • lo studio dell’azienda nella sua unitarietà economica in relazione a criteri di omogeneità quali il settore di appartenenza, la dimensione, il territorio, l’internazionalizzazione (macroeconomia).

La macroeconomia aziendale o economia di impresa: studia l’impresa nella sua unitarietà, strettamente collegata con il settore di economico a cui appartiene. La macroeconomia si articola in relazione al settore di appartenenza in:

  • economia delle imprese industriali;
  • economia delle imprese commerciali;
  • economia delle aziende pubbliche;
  • economia delle aziende di credito;
  • economia delle imprese del terziario;
  • ecc.

Altri elementi di unitarietà, studiati dalla macroeconomia aziendale, sono:

  • economia dei gruppi, in relazione alla omogeneità di un gruppo;
  • economia delle imprese multinazionali, in relazione al grado di internazionalizzazione dei gruppi,
  • economia delle piccole e medie imprese, in relazione alle dimensioni aziendali;
  • economia del territorio o economia distrettuale.

Un sintesi la macroeconomia aziendale studia il sistema economico di un agglomerato di imprese omogenee.
La scienza normativa della macroeconomia aziendale è:

  • la politica aziendale nelle imprese industriali;
  • la politica aziendale nelle imprese commerciali;
  • le strategie nei gruppi;
  • le strategie nelle imprese multinazionali.

La microeconomia aziendale o business administration: la microeconomia è rivolta verso l’interno dell’impresa, sia pure nelle inevitabili relazioni con l’ambiente circostante, e prende in esame:

  • i sistemi interni all’azienda, detti anche tecniche aziendali;
  • le attività generatrici di valore interne all’impresa dette anche funzioni o processi aziendali.

I Sistemi aziendali: all’interno della microeconomia aziendale prendono forma i sistemi aziendali, sono:

  • sistema di gestione;
  • sistema di amministrazione e controllo;
  • sistema organizzativo;
  • il sistema della qualità.

Il sistema di gestione:il sistema di gestione può essere definito il sistema con cui viene governata l’azienda e le singole attività dell’azienda, può essere definito come sistema di management, si articola a livello aziendale, può essere anche articolata a livello delle singole attività aziendali.
Il sistema di amministrazione e controllo: i sistemi di amministrazione e controllo riguardano i flussi di informazioni aziendali e le quantità d’azienda che consentono di misurare i fenomeni aziendali. Sono la moderna evoluzione della ragioneria. Vengono anche definiti sistemi informativi. Si articolano a livello aziendale (bilancio) che a livello di attività (contabilità di magazzino). Si incrociano con gli altri sistemi aziendali:

  • con il sistema della gestione (controllo di gestione);
  • con il sistema organizzativo (controllo organizzativo);
  • con il sistema della qualità (costi di qualità).

Il sistema organizzativo: il sistema organizzativo o più semplicemente l’organizzazione riguarda il coordinamento di risorse e di tecnologie, alla luce di variabili individuali, sociologiche, strutturali, stili di direzione. Può essere articolato a livello aziendale o per singola attività. Entra in relazione con il sistema della qualità, con il sistema gestionale e con il sistema di amministrazione e controllo.
Il sistema qualità: rappresenta il più recente sistema aziendale, viene chiamato più comunemente qualità totale (T.Q.M.) in quanto interagisce su tutta l’azienda e si articola per attività.
Le attività generatrici di valore, o funzioni aziendali, o processi aziendali.
Per analizzare i fenomeni aziendali non sono sufficienti i sistemi aziendali, ma occorre prendere in esame le attività che vengono svolte dall’azienda. Queste attività sono anche denominate funzioni aziendali o processi aziendali.
Le attività generatrici di valore si distinguono in due fondamentali raggruppamenti:

  • attività primarie;
  • attività di supporto.

Attività primarie: le attività primarie sono le attività svolte dall’azienda dal momento dell’entrata delle materie prime in azienda fino all’assistenza al cliente  dopo la vendita del prodotto. Le attività primarie sono le seguenti attività:

  • logistica in entrata;
  • attività operativa, o attività di produzione;
  • marketing e vendite;
  • servizi, sono le attività di post fornitura.

Attività di supporto: le attività di supporto forniscono alle attività primarie le risorse materiali, umane, tecnologiche, finanziarie infrastrutturali necessarie per lo svolgimento delle attività primarie.
Queste risorse vengono raggruppate nelle seguenti attività:

  • approvvigionamento;
  • sviluppo delle tecnologie;
  • sviluppo delle risorse umane;
  • attività infrastrutturali.

Relazioni fra attività primarie e di supporto: esiste una relazione (secondo Porter) fra le attività primarie e le attività di sviluppo risorse umane e tecnologiche e di approvvigionamento. Le attività infrastrutturali invece non interagiscono sulle attività primarie, ma operano sull’intera catena del valore.
Le interrelazioni nella scienza economica aziendale: la scienza economica aziendale è soprattutto una scienza sistemica, ovvero per comprenderla occorre tenere conto delle interrelazioni che sorgono e che legano le singole discipline che la compongono. L’economia aziendale si distingue in macroeconomia aziendale articolata per imprese o aziende omogenee e in microeconomia aziendale articolata per attività e sistemi. Le relazione fra politiche aziendali ed economia aziendale non consentono ancora di spiegare le complesse interrelazioni esistenti nell’ambito delle scienze economiche aziendali. Esiste una relazione contemporanea fra quattro dimensioni:

  • economia delle imprese omogenee;
  • politiche e strategie;
  • sistemi (amministrazione e controllo, qualità, gestione, organizzazione);
  • attività generatrici di valore (attività primarie e di supporto).

Interrelazioni con la logistica in entrata: occorre in primo luogo porre in relazione l’attività della logistica in entrata con i sistemi di amministrazione e controllo, sottosistemi di magazzino materie prime.  Ma occorre anche porre in relazione l’attività logistica con:

  • il sistema di gestione (gestione magazzino materie prime);
  • il sistema organizzativo (procedure di magazzino);
  • il sistema della qualità ( controllo e collaudo del materiale in entrata).

Occorre infine  porre in relazione l’attività di logistica in entrata con le politiche delle scorte.
Interrelazione con l’attività operativa o di produzione: l’attività operativa in un impresa industriale riguarda il processo produttivo, pertanto le interrelazioni con il sistema di amministrazione e controllo danno origine al sottosistema della produzione, costi consuntivi, budget della produzione, analisi degli scostamenti. Ma occorre porla in relazione anche:

  • il sistema di gestione (gestione della produzione);
  • il sistema organizzativo (l’organizzazione della produzione);
  • il sistema della qualità (qualità del processo produttivo).

Occorre infine porre in relazione il sistema produttivo con le politiche aziendali.
Interrelazioni con il marketing e le vendite: il marketing e le vendite riguardano l’attività commerciali dell’azienda, pertanto le interrelazioni con il sistema di amministrazione e controllo danno origine al sottosistema distributivo, sistema ordini, sistema di fatturazione, contabilità clienti. Occorre porla in relazione anche con:

  • il sistema di gestione (gestione commerciale);
  • il sistema organizzativo (l’organizzazione commerciale);
  • il sistema della qualità (customer satisfaction).

Occorre infine porre in relazione l’attività di marketing e vendite con le politiche aziendali.
Interrelazioni con l’attività di servizio: dalle relazioni fra l’attività di servizio alla clientela, i sistemi e le politiche prendono forma i sistemi di fatturazione e di controllo dell’assistenza  post vendita, gestione dell’istallazione, avviamento e manutenzione dei prodotti.
Interrelazioni con l’attività di approvvigionamento: dalle relazioni fra l’attività di approvvigionamento, i sistemi e le politiche prendono forma i sottosistemi fornitori, la gestione, l’organizzazione e la politica degli acquisti.
Interrelazioni con l’attività di sviluppo tecnologico: dalle relazioni fra l’attività di sviluppo tecnologico i sistemi e le politiche prendono forma il sottosistema informativo dei cespiti, con la rilevazione, l’immatricolazione, ammortamento e libri cespiti, il sistema organizzativo dei cespiti e infine la politica di automazione degli impianti.
Interrelazione con l’attività di sviluppo delle risorse umane: dalle relazioni fra l’attività di sviluppo delle risorse umane, i sistemi e le politiche prendono forma il sottosistema informativo del personale.
Interrelazione con l’attività infrastrutturale: raggruppa le rimanti attività generatrici di valore, da origine ad una molteplicità di discipline (attività finanziaria, sistema amministrativo integrato, le politiche di bilancio).
Relazione tra scienza economica aziendale e le altre scienze: la scienza economica aziendale non può prescindere dal contributo e dalle interrelazioni con le altre scienze. Tra queste la business ethic o etica degli affari, notevoli sono le relazioni con la scienza giuridica (diritto commerciale, diritto tributario, diritto fallimentare, diritto del lavoro), rilievo anche le scienze matematiche e le scienze statistiche, particolare rilievo alle scienze sociologiche e alla psicologia, particolare rilievo alle tecniche di comunicazione.

 

2- IL SISTEMA DI AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO
Ci si riferisce a:
sistema  informativo          quantificazione  dei  fenomeni  aziendali  mediante  dati  che  si  trasformano  in  flussi  di informazioni aziendali
sistema amministrativo         rilevazione informazioni consuntive
sistema di programmazione e controllo  
sistema di previsioni aziendali: budget
sistema di reporting: perviene ad analisi mensile e della situazione  aziendale              

Il sistema amministrativo aziendale

E’ un sistema caratterizzato da:
-     input: alimentano data base amministrativo e producono output specifici
-  output: flussi in uscita dal data base amministrativo che alimentano contabilità generale, dalla contabilità gestionale che produrrà sistema di reporting.

I sottosistemi informativi amministrativi

Producono un flusso di informazioni e di documenti che possono essere uniti:
-  per gestione e per fisco
-  natura statistica
-  che alimentano altri sottosistemi
-  natura contabile: comuni alla contabilità gestionale e generale, civilistica, gestionaria, finanziaria



prima  di  entrare  nel  data  base  amministrativo  vengono  trascodificate  dal  sistema  di  codifica  del  sottosistema.  I sottosistemi informativi dipendono dalle caratteristiche dell’impresa e dal livello di automazione raggiunto. 
a)  Sottosistema del personale
Dal sottosistema paghe e contributi vengono forniti gli input di prima nota a:
  -  conti  comuni  stipendi,  salari,  contributi  e  conti  debiti  verso  dipendenti,  quota  trattamento  fine  rapporto, liquidazione
  -  conti gestionali accesi ai costi consuntivi per categoria
  -  conti gestionali accesi ai costi standard per mansione
  -  flussi di uscita per stipendi e dipendenti
Il sottosistema personale provvede all’elaborazione degli output fiscali e degli output specifici del sistema retributivo.
b)  Sottosistema del debito
Raccoglie  il flusso informativo relativo al processo  che va dal momento  di richiesta d’acquisto al momento finale di pagamento ai fornitori. Si articola in:
-  emissione della richiesta d’acquisto da parte del centro utilizzatore
-  emissione dell’ordine da parte dell’ufficio acquisti
-  inserimento della bolla di accompagnamento o della nota di eseguito lavoro 
-  inserimento degli estremi della fattura
-  scadenziamenti del pagamento della data prevista
-  emissione automatica dei documenti di pagamento da parte degli uffici finanziari
Nel sistema amministrativo vengono automaticamente trasferiti:
-  prime note relative alle fatture contabilizzate con conto, centro di responsabilita’, commessa
-  prime note  relative agli ordini  di cui è  pervenuta  la  bolla  di consegna o la nota di eseguito lavoro ma  non la fattura
c)  Sottosistema del credito
Raccoglie il flusso informativo relativo al processo che va dall’ordine all’incasso del credito:
1)  Sottosistema  fatturazione:  emette  le  fatture,  ricevute  bancarie  o  simili  e  movimenta  il  sottosistema  di magazzino con le relative bolle di consegna
2)  Sottosistema clienti: emette i documenti per l’incasso, contabilizza la posizione del singolo cliente, prevede un sistema di solleciti automatici, riceve dal sottosistema banche gli incassi.
d)  Sottosistema magazzino
Si articola nel:
- Sottosistema magazzino  materie  prime: trasmette  al  sottosistema  del  debito  le  quantità entrate rilevate  dalle bolle  di  accompagnamento  e  da  cui  riprende  i  valori  per  la  valorizzazione  a  costi  consuntivi.  Al  sistema amministrativo trasmette: le prime note gestionali relative ai movimenti di entrata e di uscita da magazzino; la prima nota civilistica
  • Sottosistema magazzino  prodotti finiti:  fornisca al sottosistema  di fatturazione attiva le     quantità  uscite  con la relativa bolla di  accompagnamento.  Al sistema amministrativo trasmette:  le  prime note gestionali 

e)  Sottosistema contratti
-  trasferisce al sottosistema del debito le informazioni per la contabilizzazione e il pagamento delle prestazioni
-  trasferisce al sistema  amministrativo automaticamente le prime note gestionali per alimentare i ratei o risconti gestionali
f)  Sottosistema immobilizzazioni
Riceve le informazioni  dal sottosistema del debito relative ai cespiti  acquistati  e dal sottosistema della produzione relative alla produzione interna. E’ strutturato per matricola e per centro di responsabilità. Produce flussi informativi verso il sistema amministrativo mediante:
-  prime note comuni relative ai costi originari
-  prime note civilistiche relative agli ammortamenti e ai fondi ammortamento civilistici
g)  Sottosistema banche
Rileva tutte le informazioni inerenti le banche nel momento in cui l’impresa ne viene a conoscenza. Produce prime note verso il sistema amministrativo:
-  relative alle contabili pervenute con scarico delle contropartite 
-  relative ai costi e interessi bancari
h)  Sottosistema input manuali
Informazioni inserite manualmente
i)  Database amministrativo
I  flussi  amministrativi  provenienti  dai  sottosistemi  amministrativi  prima  di  entrare  nel  data  base  amministrativo vengono codificati in relazione agli utilizzi. Le informazioni entrano così  sotto  forma di  prima nota automatizzata in quanto ripresa automaticamente dal sottosistema informativo. 

La contabilità generale

I sistemi di contabilità generale più usati sono:
1)  Sistema  patrimoniale anglosassone:  prende in esame sia  gli scambi monetari con  i terzi,  sia gli scambi all’interno dell’impresa pervenendo a struttura di conto detta a ricavi, costo del venduto, costo per funzioni.
2)  Sistema del reddito: fornisce informazioni in partita doppia relative agli scambi monetari tra l’impresa e i terzi.

a)  Rilevazioni di esercizio in contabilità generale
La  contabilità  generale è  l’insieme  delle  rilevazioni contabili  sistematiche  che utilizzano  la  partita  doppia  e che sono finalizzate a determinare il reddito d’esercizio analizzando le variazioni subite dal patrimonio numerario.
Il patrimonio numerario è determinato da:
-  valori attivi certi, contanti e valori bollati
-  valori attivi e passivi assimilati
-  valori attivi e passivi presunti
Le cause che possono provocare una variazione possono essere relative alla:
1)  gestione ordinaria e si procede alla rilevazione dei costi e ricavi mediante:
-  variazioni di esercizio
-  variazioni pluriennali
-  variazioni di crediti e debiti non numerari
-  variazioni delle unità economiche particolari
2)  gestione straordinaria e si procede alla rilevazione delle variazioni di capitale
b)  Operazioni di chiusura in contabilità generale
Si sviluppano nelle seguenti fasi:
-  inventario fisico del magazzino materie prime, semilavorati, prodotti finiti
-  scritture di completamento
-  scritture di integrazione
-  scritture di rettifica
-  scritture di ammortamento
Poi si procede  ad elaborare il  bilancio  di verifica che rappresenta  la  struttura tecnico contabile  di supporto al bilancio di esercizio.
Si procede poi alle operazioni finali:
-  scritture riepilogative
-  strutture relative al risultato economico
-  strutture a stato patrimoniale di chiusura relative a tutti gli altri conti rimasti ancora aperti
c)  Il bilancio d’esercizio
Il bilancio d’esercizio può essere definito in diversi modi a seconda sei seguenti profili:
-  profilo  formale  legislativo:  è  il  documento  che  deve  essere  redatto  a  fine  dell’esercizio  e  approvato dall’assemblea dei soci
-  profilo sostanziale: rappresenta la situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società
-  profilo  contabile  amministrativo:  output  annuale  del  sistema  amministrativo-civilistico  (contabilità
generale)

  • profilo fiscale: base per dichiarazione redditi

Il bilancio fotografa la situazione in alcuni momenti della vita aziendale:
bilancio ordinario: riferito all’impresa nel suo funzionamento

  • bilanci straordinari: redatti in momenti particolari

1)  Principi di redazione del bilancio
Esistono tre principi contabili generali:
•  chiaro: non influenzato da politiche fiscali e politiche di distribuzione dei dividendi
•  vero: attendibile
•  corretto: basato su regole di integra, onesta e consapevole amministrazione
 Ulteriori principi sono:
-  prudenza
-  continuazione attività: il bilancio deve essere redatto nell’ipotesi di impresa in attività
-  iscrizione degli utili realizzati
-  principio di competenza temporale
-  valutazione separata di elementi eterogenei 
-  continuità dei criteri di valutazione
2)  Contenuto del bilancio
Le norme che regolano il contenuto del bilancio d’esercizio si differenziano a seconda delle caratteristiche della società:
-  imprese con legislazione speciale
-  imprese  con  bilanci  in  forma  normale:  che  hanno  superato  per  2  anni  consecutivi  almeno  2  dei  limiti relativi all’attivo, ai ricavi e al numero di dipendenti
-  imprese di minori dimensioni: che non hanno superato per 2 anni consecutivi almeno due dei limiti
3)  Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico 
a)  Ordine delle voci 
b)  Contenuto delle voci
c)  Confronto con il bilancio dell’anno precedente
4)  Lo schema dello stato patrimoniale 
5)  I conti d’ordine
6)  Lo schema di conto economico
Il conto economico rileva il reddito prodotto nell’esercizio e la forma + di tipo scalare: 
-  primo livello : reddito operativo (valore – costi produzione)
-  secondo livello: risultato (reddito operativo  –  (proventi  –  oneri finanziari));  rettifiche di  valore  di  attività finanziarie, la differenza tra proventi e oneri straordinari
-  terzo livello: risultato dell’esercizio  
7)  Nota integrativa
E’ una delle tre componenti del bilancio stesso. 
8)  Relazione sulla gestione
Deve accompagnare il bilancio d’esercizio e deve contenere:
-  informazioni di carattere generale riguardo l’andamento della gestione nel suo complesso -> costi, ricavi e investimenti
-  informazioni di carattere specifico
d)  Gli altri output civilistici
Possono  essere  sviluppati  durante  il  corso  dell’esercizio  o  solo  in  sede  di  chiusura  dell’esercizio.  Durante l’esercizio  viene  elaborato  il  libro  giornale  in  cui  vengono  stampate le  scritture  contabili  in  ordine  cronologico.
L’azienda deve redigere il libro degli inventari in cui vengono rilevati tutti gli elementi del patrimonio numerario.
e)  Gli output fiscali
Possono essere sviluppati durante il corso dell’esercizio o a fine anno.
La contabilità gestionale
a)  Determinazione costi di produzione
b)  Determinazione costi di prodotto
c)  Contabilità industriale, dei costi, analitica a costi consuntivi.
Può  essere  svolta,  a  seconda  delle  caratteristiche  aziendali,  per:  centro  di  responsabilità,  commesse.  Inoltre  la configurazione di costi di produzione utilizzata può essere: a direct costing (costi primi variabili), costi industriali, sistema duplice misto, sistema duplice contabile, sistema unico diviso.
d)  Contabilità analitica a costi standard
Consente di determinare: variazioni di prezzo dei fattori produttivi, variazioni di efficienza e mix a livello di centri produttivi, conto economico a costo standard del venduto. Può essere sviluppata per centro di responsabilità, a costi industriali, con il sistema duplice contabile.
e)  Contabilità per attività
f)  Contabilità gestionale nel sistema amministrativo integrato
Presenta  caratteristiche  di  continuità  con  la  contabilità  analitica  che  riguardano  le  configurazioni  di  costo utilizzabili e alcune evolutive come: forte integrazione con la contabilità generale, con i sottosistemi, con gli aspetti economici-finanziari-patrimoniali,  fra  la  natura  di  un  fenomeno  la  responsabilità  la  destinazione,  forte  sviluppo delle dimensioni di analisi sia del capitale investito, sia del margine operativo per prodotto e per canale.

g)  Contabilità gestionale nel sistema amministrativo configurabile
Può essere sviluppata in una logica di sistemi amministrativi in relazione alle esigenze dell’impresa: numerosi piani dei conti, codifica dell’evento. Ogni sistema amministrativo può sviluppare al suo interno una serie di informazioni contenenti informazioni contabili e statistiche, budget e sistema di reporting.

 

La contabilità finanziaria
Per  contabilità  finanziaria  si  intende  la  rilevazione  in  uno  schema  contabile  delle  entrate  o  incassi  e  delle  uscite  o pagamenti. 
a)  Contabilità finanziaria nelle imprese industriali
Il  sistema  scontabile  può  essere  definito  con  il  termine  contabilità  economica,  perchè  si rilevano  i  costi,  debiti, crediti sia all’interno dell’impresa che nel rapporto con i terzi. 
  
Il sistema di programmazione e controllo
Il sistema di amministrazione di distingue in relazione al tempo in:
-  controllo antecedente (ex ante): prima che si verifichi il fatto aziendale           sist. contr.: budget
-  controllo susseguente o consuntivo (ex post): dopo che si sia verificato il fatto      sist. contr.: contabilità analitica
              controllo feed back rivolto al passato         sist. contr: reporting
              controllo feed forward rivolto al futuro       sist. contr: forecasting
Sistema di programmazione e controllo nella scienza economico aziendale
a)  Controllo strategico: si propone di pianificare la strategia e verificare a consuntivo se le attività creano valore.
-  controllo antecedente        pianificazione aziendale
-  controllo susseguente           sistema di monitoraggio strategico sulle posizioni competitive e sui fattori di successo
b)  Controllo dei sistemi e delle attività aziendali
c)  Controllo delle diverse tipologie d’azienda
I principi del controllo di gestione
Il controllo di gestione si distingue in: 
-  controllo economico           costi e ricavi
-  controllo monetario            flussi finanziari
-  controllo patrimoniale           capitale investito
Si sviluppa su 6 dimensioni: 
3)  Natura           piano dei conti
a)  Natura rilevazioni economiche:
-  Ricavi:  determinazione  non  comporta  problemi  perché  facilmente  individuabili  le  destinazioni  o segmenti.  Strutture:  si prevedono a  budget e  si rilevano  a consuntivo per i ricavi netti;  si possono prevedere e rilevare a consuntivo per i ricavi teorici e per gli sconti articolati
-  Costi: ad ogni codice di budget corrisponde uno o più consuntivi
b)  Natura rilevazioni finanziarie: 
Flussi finanziari nel budget: si distinguono in 
•  Flussi correnti: sono relativi alla gestione ordinaria dell’impresa
•  Flussi non correnti: vengono determinati scadenziando mese per mese le entrate
e le uscite provenienti da fatti di gestione straordinaria
Flussi finanziari consuntivi: devono essere determinati con lo stesso livello dei precedenti
Flussi finanziari di forecasting: consentono di effettuare una gestione anticipata della tesoreria. è una  proiezione  finanziaria  a  :  breve  periodo  con  elementi  di  certezza,  a  medio  periodo  con elementi meno attendibili.
c)  Determinazione capitale investito
La  redditività  nasce  dall’incidenza  percentuale  del  margine  di  contribuzione  rispetto  al  capitale  investito ovvero al ROI.
-  Capitale investito per centro di responsabilità
I centri  di responsabilità quando accolgono attività e passività sono  detti centri di investimento e sono 3: 
1)  centro di investimento produttivo
2)  centro di investimento commerciale
3)  centro di investimento di struttura
-  Capitale investito per prodotto
-  Capitale investito per canale
E’  facilmente  individuabile  per  gli  investimenti  legati  ad  un  cliente mentre  è  più  difficile se  si tratta di una pluralità di clienti.

4)  Chi        centro di responsabilità
I centri di responsabilità riflettono la struttura organizzativa dell’impresa:
-  centri di spesa
-  centri di costo
-  centri di ricavo
-  centri di profitto
-  centri di investimento
-  centri finanziari
-  centri contabili
5)  Dove         canale
I canali commerciali sono rappresentati dalle reti di vendita dei prodotti. I mercati possono essere rappresentati dai mercati  di sbocco nazionali  e internazionali, distinti per diverse aree geografiche,  oppure  dai diversi settori in cui operano i clienti. 
6)  Che cosa         prodotto
I prodotti possono avere un diverso livello di analisi: elementare, aggregazione, linee.
7)  Quale           attività
Si  rilevano  i costi  di  attività specifiche  svolte  nell’ambito  di  uno o  più centri  di  responsabilità  e  si  imputano ai singoli prodotti o canali.
8)  Perché         commessa
La dimensione commessa viene usata per:
-  rilevazioni di costi prodotti/servizi lavorati su commessa
-  capire meglio perché sono stati sostenuti i costi
-  rilevare la produzione interna di impianti e macchinari
-  rilevare i costi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria
Le rilevazioni sono di natura consuntiva. 

Costi aziendali
Il costo di prodotto viene determinato per: 
-  valorizzazione magazzini semilavorati, prodotti finiti
-  determinazione prezzo di vendita
-  controllo efficienza economica gestione
-  decisioni aziendali

Costi dei fattori produttivi
a)  Componenti originari di costo
L’origine  dei  costi  proviene  dalle  variazioni  numerarie  certe,  assimilate  e  presunte  rilevate  nell’ambito  della contabilità generale. I componenti originari di costo sono:
-  costi numerari
-  costi stimati (apporti di soci)
-  costi nominali ( produzione interna)
In relazione al periodo di utilizzazione dei fattori produttivi si distingue in:
-  costi di esercizio
-  costi pluriennali
b)  Componenti derivati di costo
Occorre trasformare i componenti originari di costo in costi dei fattori produttivi:
1)  Costo delle materie prime: costo materie prime consumate + spese di trasporto delle materie prime 
2)  Costo del personale: può essere rilevato per
-  natura  retributiva:  retribuzioni,  tredicesima,  premio  di  produzione,  incentivi,  contributi,  quota  di trattamento di fine rapporto
-  fattore produttivo:  
           manodopera diretta: costo personale direttamente impiegato e rilevato su base oraria
           manodopera  indiretta:  svolge  attività  di  natura  produttiva  di  supporto  al processo produttivo
    impiegati,  quadri,  dirigenti:  funzioni  di  capi  intermedi,  coordinamento, direzione, rilevato su base       mensile
-  per orario di lavoro: costo ordinario e straordinario
3)  Costi  energetici:  rilevati  in  contabilità,  relativi  a  energia  utilizzata  nel  processo  produttivo  o  altri  usi  non industriali.
4)  Lavorazioni  presso  terzi:  in  alcune fasi  vengono  decentrate  presso  fornitori  esterne  che  possono effettuare lavorazioni su materie prime fornite dall’impresa o direttamente.
5)  Ammortamenti e leasing relativi a immobilizzazione tecniche 
6)  Costi di trasporto prodotti finiti 
7)  Costi delle provvigioni: deriva dalle provvigioni corrisposte all’agente e dai relativi contributi
8)  Costi di esercizio o costi operativi: sono solitamente fissi
c)  Costi variabili e fissi
Costi variabili: al variare dei volumi prodotti o venduti
Costi fissi: invariabili al variare dei volumi entro determinati livelli  
Costi semilavorati
Distinzione fra i 3 con dei limiti:
-  valida nel breve periodo
-  variabilità legata a volumi di produzione, vendita, attività
-  nel lungo periodo non esistono costi fissi
-  costi variabili sono pochi
d)  Costi speciali e comuni
-  Costi  speciali  o  diretti:  imputati in  modo  specifico  a  un  centro  di  responsabilità,  prodotto,  canale,  attività, commessa.
-  Costi comuni  o indiretti:  non  attribuibili direttamente ma  possono essere ribaltati su centri di responsabilità, prodotti, attività, canali e commesse con i seguenti criteri: a base unica o a base multipla.
e)  Costi dei fattori produttivi effettivi e ipotetici
-  Costi effettivi o a consuntivo: costi fattori produttivi effettivamente sostenuti a consuntivo
-  Costi di budget: costi f.p ipotetici che si prevedono in sede di formulazione del budget
-  Costi standard: qualità effettive di prodotto + (qualità standard di manodopera diretta * costo orario standard)
-  Costi misti standard/consuntivo: composti da quantità di f.p effettivamente utilizzata a costi unitari standard
-  Costi figurativi: costi che in realtà non si sostengono 

Costi per centri di responsabilità
Il  sistema  di centri di  responsabilità consente di pervenire  al costo di prodotto, costi commerciali,  costo  di  ricerca e sviluppo e ai costi delle singole funzioni aziendali.
Il criterio fondamentale per l’individuazione dei centri a cui imputare i costi dei fattori produttivi si basa sul principio di responsabilizzazione.
Si ha: 
-  centro di spesa se il centro non produce un output ben definito
-  centro di costo se il centro produce un output definito.
La struttura dei centri di costo è di tipo gerarchico piramidale ovvero ogni centro si aggrega al centro superiore.
I centri produttivi si distinguono in:
-  centri di struttura della produzione
-  centri di servizi o ausiliari
-  centri di produzione          processo di trasformazione della produzione
Imputazione dei costi dei fattori produttivi ai centri
1) Imputazione dei costi industriali primari 
I costi industriali primari sono i costi imputati con diversi criteri dal sistema contabile ai centri di produzione, ai centri di struttura della produzione, ai centri di servizi di produzione.
2) Imputazione dei costi industriali secondari
I costi dei servizi imputati ai centri sono detti costi secondari in quanto ribaltati sui centri in seconda battuta.
3) Metodologia tradizionale di imputazione dei costi
Prevede  dei  costi  dei  fattori  produttivi  per centro di  costo  e una successiva  imputazione dei  costi  dei singoli  centri ai costi di prodotto. 

Costi per attività
1)  Individuazione attività
Il termine attività viene collegato:
-  allo schema di Porter relativo alle attività generatrici di valore
-  alla gestione per attività
-  ai costi per attività
-  alla contabilità per attività
a)  Microattività  generatrici  di  valore:  sono  le  attività  individuate  da  Porter  che  corrispondono  alle  funzioni
aziendali e possono essere ottenute aggregando centri di responsabilità che svolgono la stessa attività
b)  Microattività: le attività vengono disaggregate raggruppando operazioni omogenee all’interno dei singoli centri di responsabilità: centro monoattività o centri pluriattività.
c)  Microattività multicentri: medesime attività collocate in centri diversi.
2)  Destinazione costi per attività
Può essere legata a due dimensioni:
-  cosa vendo
-  come, dove e a chi vendo
I costi delle attività sono divisi in diretti o indiretti in relazione alla destinazione presa in esame.

 

3)  Individuazione del cost driver
Tutti i fenomeni aziendali sono provocati da scelte di fondo effettuate in sede di formulazione della strategia e della politica aziendale, e condizionano i costi e il grado di differenziazione dei prodotti.
Il numero di componenti della distinta base è il cost driver ovvero l’unità di misura del fabbisogno dell’attività.
a)  Attività  svolte  all’interno  dei  centri  di  produzione:  specifici  cost  driver  per  singolo  costo  indiretto  o raggruppamenti omogenei di costi indiretti.
b)  Attività svolte all’interno del centro di servizio: i cost driver dipendono dalla natura dei centri di servizio
c)  Attività di struttura della produzione: utilizzo di cost driver uguali a quelli per attività di servizio
d)  Attività di natura commerciale: i cost driver riguardano sia i prodotti sia i canali.
e)  Attività di struttura aziendale: i cost driver devono essere individuati all’interno dei singoli centri di struttura.
4)  Metodologia di calcolo 
 Cax = ( Ca / P ) * Fx           Cax: costo attività prodotto x ; Ca: costo attività a ; P: parametro ; Fx: fabbisogno di unità di attività.    
Costi per processo organizzativo
I  costi  per  processo  prendono  in  esame  un  insieme  di  attività  aventi  natura  diversa  e  appartenenti  a  centri  di responsabilità diversi ma collegati tra loro dal comune obiettivo:
-  processi che ripercorrono sistemi aziendali
-  processi che ricalcano attività generatrici di valore
-  processi che raggruppano insieme diverse attività 
Procedimenti per determinazione costi di produzione
1)  Procedimenti indiretti
-  semplici : costi di prodotto = costi di input processo produttivo / quantità prodotto
-  per  processi:  costi  di  prodotto  =  costi  totali  singole  fasi  di  lavorazione  /  quantità  prodotte  +  costi
semilavorati 
2)  Procedimenti diretti:
a)  Per centri di responsabilità: si determina il costo del semilavorato del primo centro che rappresenta l’output del  centro  successivo  e  così  via.  Il  costo  dell’output  dell’ultimo  centro  =  costi  fattori  produttivi  ultimo centro + costo semilavorato penultimo centro.
b)  Per  commessa:  si  intende  un’entità  contabile  su  cui  vengono  imputati  i  costi  di  produzione  relativi  al prodotto. Il procedimento prevede:
-  imputazione costi materie prime direttamente su commessa 
-  imputazione costi di trasformazione dei singoli centri
Costi di prodotto
1)  Costi di prodotto relativi al processo produttivo
Occorre distinguere:
-  i  costi  di  produzione         costi  fattori  produttivi  diretti  e  indiretti  che  hanno   configurato costo prodotto entrato a magazzino
-  costo del venduto          costo prodotto uscito da magazzino
a)  Struttura costo di produzione: è caratterizzata dalla natura dei costi fattori produttivi
-  costi variabili o direct cost            materie prime + manodopera diretta + costi energetici
-  costi diretti               costi variabili + ammortamenti specifici 
-  costi industriali diretti            costi diretti + costi attività direttamente imputati ai prodotti
-  costi industriali composti            costi industriali diretti + quota costi di produzione indiretti
b)  Struttura costo  del venduto: quando  il prodotto  entra  a magazzino viene utilizzato  un costo  di prodotto
sintetico: costo primo variabile o direct cost; costo industriale o full cost. 
2)  Costi commerciali di prodotto
Sono distinti in:
-  costi commerciali variabili
-  costi commerciali fissi diretti 
-  quota costi commerciali fissi
3)  Costi fissi di struttura del prodotto 
Possono essere attribuiti al prodotto: 
-  direttamente
-  indirettamente
4)  Costi di prodotto figurativi: costi non sostenuti dall’impresa, ma che in teoria si dovrebbero sostenere.

Le configurazioni di costo di prodotto sono:
ー  Costi variabili e fissi di prodotto
ー  Costo pieno diretto
ー  Costo complessivo
ー  Costo economico tecnico

L’utilizzo delle configurazioni dei costi
1)   Utilizzo costi fissi e variabili di prodotto/canale
Il break event point rappresenta la situazione economica aziendale in cui i costi fissi e variabili eguagliano    i ricavi
              utile = 0.
La situazione economica di riferimento può essere relativa a:
-  singoli prodotti          b.e rappresenta volume di vendita che consente di non avere perdite
-  singoli canali             b.e ricavo relativo a un ipotizzato mix di prodotti
-  calcoli di convenienza economica relativi ad investimenti specifici
-  intera azienda
a)  Struttura b.e
Costi fissi = a (valore costante)
Costi variabili = Cvu * Vt (costo variabile unitario, volume prodotti)
Costi totali = Cf + Cvt
Ricavi totali = Ru * Vt (ricavo unitario)
Volume di prodotti corrispondenti al b.e: Vt = Cf / Ru – Cvu (volume critico)
Ricavo critico = Cf / 1 – ( Cvt / Rt )
b)  Indici
Indice profitto / volume:  P/V = Cf + Utile / Rt 
Margine di sicurezza: M/S = Ve – Vc / Ve
Percentuale di contribuzione marginale: 1 – (Cvt / Rt)

2)  Utilizzo costi diretti di prodotto/canale per analisi margini di contribuzione 
L’utilizzo dei costi diretti consente di determinare con maggiore precisione il margine di contribuzione dei prodotti e canali ai costi diretti aziendali
a)  Limiti del direct cost o costo primo variabile
Considerare  arbitrariamente  le  ripartizioni  dei  costi  fissi  aziendali,  commerciali,  produttivi  non direttamente attribuibili ai prodotti e ai canali
Tutti i prodotti sono positivi ma l’impresa perde. 

b)  Limiti del tradizionale costo industriale di prodotto
Nell’analisi  tradizionale  si  preferisce  utilizzare  il  costo  industriale  per  limitare  l’effetto,  ancora  più rilevante, del ribaltamento dei costi commerciali e di struttura aziendale indiretti. Ciò consente di assumere decisione di rilevanza strategica; decidere in modo più corretto la convenienza  a produrre o ad acquistare un prodotto; capire meglio la struttura dei costi diretti dei prodotti al fine di ridurli.
3)  Utilizzo dei costi standard per controllare l’efficienza della gestione
Il costo standard è indispensabile per la costruzione del budget e consente di individuare le varianti o scostamenti. Il tradizionale sistema di controllo di gestione a costo standard prevede l’analisi delle varianti a livello di centri di responsabilità.
4)  Utilizzo dei costi industriali consuntivi per la valorizzazione dei magazzini
Nell’ambito  delle  politiche  di  bilancio  assume  particolare  importanza  il  valore  attribuito  alla  variazione  delle rimanenze e alle rimanenze finali di prodotti finiti.  

I sistemi informativi
Sono  i  sistemi  che,  partendo  dai  singoli  fatti  aziendali,  individuano  i  dati  di  base  di  ogni  singolo  fenomeno  e  poi provvedono:
•  alla loro raccolta sistematica
•  al loro controllo
•  alla loro archiviazione in una banca dati.
I.  Definizione del sistema informativo
Il  sistema  informativo  produce  e  distribuisce  informazioni  agli  utenti  aziendali  in  relazione  alle  loro  esigenze
informative:
-  raccoglie, controlla, archivia dati  input
-  produce informazioni elaborando i dati  trasformazione
-  distribuisce le informazioni prodotte al personale aziendale  output
II.  Evoluzione dei sistemi informativi integrati
Si possono individuare 4 stadi di crescita dei sistemi informativi in azienda
1)  Stadio iniziale
I sistemi informativi sono nati in un’ottica orientata sempre all’area amministrativa
a)  Sistema di fatturazione: utilizzavano un gran numero  di personale,  con elevati gradi  di errore  derivati dalla manualità dell’operazione. Oggi fanno parte dei sistemi gestionali dell’area commerciale.
b)  Sistema  paghe  e  contributi:  uso  di  tale  sistema  era  particolarmente  soddisfacente  in  quanto  consentiva l’eliminazione di errori, una notevole riduzione del numero di addetti alle paghe e contributi.
c)  Contabilità generale:  vantaggi  in  termini  di  quadratura  contabile  e  di  riduzione  di  risorse  di  personale. Comprendeva  anche  la  contabilità  Iva,  il  calcolo  e  la  liquidazione  delle  ritenute  d’acconto,  i  singoli movimenti contabili, gli estratti conto e gli scadenziari relativi a clienti e fornitori.

2)  Stadio intermedio
a) Sistemi gestionali: 
L’informatizzazione si è sviluppata nell’ambito del processo produttivo e dei magazzini materie prime e prodotti finiti. E’ obbligatorio tenere la contabilità del magazzino.
b) Sistemi amministrativi: contabilità clienti, fornitori, magazzini
Si passa da un sistema di rilevazione contabile del cliente / fornitore ad un sistema di gestione del rapporto cliente / fornitore. C’è la possibilità di attuare una contabilità sezionale per i clienti ed una per i fornitori. In contabilità vengono ripresi i movimenti riepilogativi per categoria di cliente o fornitore. I sottoinsiemi clienti e fornitori nascono già integrati con la contabilità generale. La contabilità del magazzino si differenzia in quanto è sempre un sottosistema distinto dalla contabilità generale.
c) Sistemi di controllo
Possono essere di budget e consuntivi. Lo sviluppo informatico è avvenuto particolarmente sui sistemi di contabilità analitica.

3)Stadio di maturità dei sistemi informativi
Gli interventi di automazione si sono sviluppati sia nell’ambito gestionale, sia nel controllo della gestione
 a) Sistemi gestionali
Hanno cercato l’integrazione coni sistemi amministrativi e gestionali. Si sono messi a punto sistemi ordini da clienti, che consentono di alimentare giornalmente il sistema ordini dell’azienda. Dall’ordine si sviluppa automaticamente il processo distributivo o produttivo; successivamente l’ordine viene a confluire automaticamente nel sistema di fatturazione e quindi in quello amministrativo. Il ciclo attivo si conclude con gli ordini dai clienti. Analogamente, con l’automazione del sistema ordini a fornitori, si chiude il ciclo passivo, che prima era caratterizzato dalla contabilità fornitori.
Il sistema informativo che ha avuto maggior impatto nell’ambito dei sistemi gestionali è il sistema logistico che tende ad integrare sia l’order entry (ordini da clienti) e la fatturazione, sia il ciclo passivo, sia gli approvvigionamenti, la gestione dei magazzini e parti della produzione.
b) Sistemi di controllo
Nella fase di maturità del sistema informativo si sviluppano vari sistemi di controllo:

  • sistema di cash management: consente di tenere aggiornate in tempo reale le situazioni delle singole banche, dei flussi di entrata e uscita..
  • contabilità gestionale: consente di sviluppare il controllo consuntivo di gestione secondo il sistema patrimoniale anglosassone, per singoli segmenti di prodotto.
  • Sistema di reporting: collega i risultati consuntivi alle previsioni di budget
  • Ciclo di vita del prodotto: consente di ricostruire storicamente il cash flow dei singoli prodotti nel corso di vari esercizi.
  • Piano a medio termine: consente la formulazione di un piano strategico, di cui il budget rappresenta il primo anno di piano

4) Studio evolutivo dei sistemi informativi:
Nello stadio evolutivo gli utenti si rivolgono a produttori di software non più specialisti, ma capaci di fornire un sistema informativo aziendale integrato. Solo poche imprese a livello mondiale sono in grado di fornire una proposta completa ed integrata. Nello stadio evolutivo si possono individuare 3 aree applicative:

  • area finanziaria (financial, controlling)
  • area produzione (multi-mode manufacturing application): comprende la programmazione della produzione
  • area supplì chain management: quest’area comprende tutta l’attività aziendale con eccezione dell’area finanziaria, produttiva, paghe e contributi.

L’architettura dei sistemi informativi aziendali

 

 Nelle imprese il processo di cambiamento si sviluppa in modo dinamico e coinvolge anche i sistemi informativi. L’architettura dei sistemi informativi integrati deve essere dinamica e flessibile per adattarsi a continui cambiamenti. Questa configurabilità viene raggiunta utilizzando la tecnologia object oriented che si basa su:

  • business object: nell’ambito del sistema informativo integrato vengono standardizzati una serie di object validi a livello internazionale; l’impresa può riprendere questi oggetti e integrarli, o ampliarli con ulteriori oggetti informatici. Si utilizzano pacchetti software standard e ulteriori pacchetti software specifici integrati con i molteplici business object.
  • Frameworks : consente di integrare tra loro tutte le applicazioni object oriented
  • neutralità della piattaforma : i sistemi informatici del passato erano legati alla piattaforma. Una nuova architettura DOCA ha superato questo vincolo e consente l’utilizzo sia di differenti hardware che di differenti sistemi operativi rendendo cosi neutrale la piattaforma informatica
  • struttura client / server : la DOCA consente il passaggio da un prodotto monolitico ad una distribuzione intelligente del software su due distinti hardware denominati: server (macchina caratteristica della piattaforma hardware presso cui viene allocato il database dei sistemi applicativi e che fornisce un servizio o delle informazioni al client); client: è il personal computer con sistemi operativi e ambiente grafico di facile utilizzo dell’utente che richiede informazioni al server.
  • architettura message based : i sistemi integrati sono composti da Oggetti che possono essere elaborati da diversi produttori e che necessitano di integrarsi con gli altri Oggetti del sistema, scambiandosi flussi di informazioni e messaggi.

  

2- LA GESTIONE OPERATIVA

 

Gestione sotto l’aspetto OGGETTIVO: operazione economiche che si sviluppano nell’azienda
Gestione sotto l’aspetto SOGGETTIVO:norme di comportamento dell’imprenditore nell’operatività aziendale, relative al processo decisionale. Riguarda il processi di formulazione delle strategie.

Gestione operativa: operazioni economiche che riguardano l’azienda.

  • Operaz. di gestione ORDINARIA o STRAORDINARA ( Extragestionale )
  • Operaz. di gestione ESTERNA ( relazioni con l’esterno – clienti e fornitori ) e INTERNA    ( trasformazione produttiva )

 

Tre aspetti della gestione: MONETARIOFINANZIARIOECONOMICO

Il sistema dei valori espressi dalla gestione è rappresentato da:

  • REDDITO D’ESERCIZIO (misura gli aspetti della gestione)
  • CAPITALE (esprime fonti e impieghi relativi all’aspetto finanziario)
  • CASH FLOW (misura flussi di entrata e di uscita, relativi all’aspetto monetario)

 

Le operazioni economiche aziendali sono fatti aziendali coordinati e intrecciati. Bisogna individuare:
-operazioni economiche fondamentali
-ciclo di gestione integrale e operativo
-raggruppamento di operazioni economiche più significative

OPERAZIONI ECONOMICHE FONDAMENTALI

Operazioni di GESTIONE ORDINARIA:

 

    • FINANZIAMENTI:
  • capitale proprio o sociale messo a disposizione dai soci o dall’imprenditore ( debito dell’azienda verso i soci )
  • capitale di terzi messo a disposizione da enti, banche e istituzioni con l’obbligo di rimborsare ( vincolo di credito – debito dell’azienda verso terzi )
    • INVESTIMENTI:

Acquisizione dei fattori produttivi necessari per lo svolgimento dei processi aziendali.
-fattori a veloce ciclo di utilizzo
fattori finanziari acquisiti dall’azienda
L’acquisizione di questi fattori avviene con due modalità:
-cessione di mezzi monetari resi disponibili dai finanziamenti ( operazioni per contanti)
pagamenti successivi a fornitori ( debiti commerciali per l’azienda)

    • TRASFORMAZIONE

Trasformazione da INPUT (fattori produttivi) in OUTPUT ( prodotti o servizi venduti). E’ un’operazione interna all’azienda.

    • DISINVESTIMENTI:

E’ la cessione dei servizi e prodotti creati. Si disinvestono i mezzi finanziari ottenuti con i finanziamenti. I disinvestimenti avvengono con MEZZI MONETARI se il cliente paga subito, o con INCASSI SUCCESSIVI che vengono concessi ai clienti ( crediti commerciali per l’azienda)

  • OPERAZIONI DI GESTIONE STRAORDINARIA O EXTREGESTIONALE

 

Riguardano dei particolari momenti della vita dell’impresa e soddisfano indirettamente il fine dell’azienda.

    • COSTITUZIONE: si mettono a punto le operazioni di finanziamento che servono a fornire i mezzi monetari all’impresa x iniziare le oerazioni di gestione ordinaria.
    • LIQUIDAZIONE o CESSAZIONE: si mettono a punto le procedure x lo scioglimento dell’azienda + operaz. di rimborso ai soci
    • ALTRE OPERAZIONI: trasformazione giuridica / fusione con altre aziende / scissione dell’azienda in più aziende.

CICLO DI GESTIONE OPERATIVA E INTEGRALE

 

OPERATIVA : si considerano solo le operazione economiche che danno origine a investimenti o disinvestimenti ( acquisto di fattori produttivi e vendita di prodotti e servizi)

INTEGRALE: sequenza di operazioni che iniziano con i finanziamenti e terminano con rimborsi e remunerazioni. Da’ origine a variazioni di capitale.

I finanziamenti comportano la costituzione di capitale
Gli investimenti provocano la riduzione del capitale iniziale
I disinvestimenti ricostituiscono i capitali che sono stati precedentemente investiti
I rimborsi riducono nuovamente il capitale

La trasformazione dei fattori produttivi in fattori finiti è un’operazione interna all’azienda. Incide sul costo dei prodotti finiti ma no provoca variazioni di capitale.

RAGGRUPPAMENTO DI OPERAZIONI ECONOMICHE

 

  • PROCESSI DI OPERAZIONI: gruppi omogenei di operazioni ( di acquisto, di vendita..) Ci sono livellisottostanti ( acquisto materie prime, acquisto macchinari…)
  • PROCESSI PRODUTTIVI: processi di operaz. diverse ma coordinate tra loro per la produzione di beni:
  • aziende di produzione/imprese mercantili/commerciali: concatenamento di operazioni di acquisto e operazioni di vendita
  • aziende di produzione e imprese industriali: operazioni di acquisto -> trasformazione -> vendita. Nelle imprese industriali si dividono in: processi produttivi CORRENTI e processi produttivi PERMANENTI. Quelli correnti prendono in considerazione fattori produttivi a veloce ciclo di utilizzo(acquisto – trasformazione – vendita). Quelli permanenti considerano i fattori a lento ciclo di utilizzo come macchinari, impianti…

 

  • CICLI DEL PROCESSO PRODUTTIVO: è il tempo delle operazioni del processo produttivo
  • ciclo totale del processo produttivo: l’inizio coincide con la data di acquisto dei fattori produttivi, la fine con l’incasso della vendita

 

  • ciclo economico tecnico: l’inizio è l’investimento, la fine è il disinvestimento. Comprende le operaz. economiche + il processo “tecnico” produttivo ( trasformazione dei prodotti)

 

  • ciclo tecnico: L’inizio è il prelievo di materie prime dal magazzino, la fine è il versamento dei prodotti finite nel magazzino. Indica l’intervallo di tempo tra l’inizio e la fine del processo di trasformazione tecnica / produttiva( ciclo di lavorazione )
  • ciclo monetario/di cassa: l’inizio corrisponde ai pagamenti ai fornitori; la fine con l’incasso dai clienti. E’ l’intervallo di tempo in cui l’azienda deve avere i finanziamenti x pagare i fornitori.

 

  • COORDINAZIONE PRODUTTIVA: collegamento tra le operazioni economiche e ricerca di legami e interdipendenze economiche finanziari ( vedi esempio pag. 75)
  • COMBINAZIONI PRODUTTIVE: è il rapporto tra i vari fattori produttivi impiegati nel processo di trasformazione. Dove prevale il lavoro umano si parla di Labour Intensive. Dove l’utilizzo dei macchinari è maggiore si parla di Capital Intensive ( dove i finanziamenti sono elevati x l’acquisto di impianti)

 

  • ESERCIZIO AMMINISTRATIVO: sono tutte le operazioni fatte bel periodo amministrativo ( ogni 12 mesi ci si ferma a fare il punto della situazione). Nelle società di persone corrisponde con l’anno solare. Nelle società di capitali: sono soggette a tassazione sulla base dei bilanci entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio in assemblea; l’intervallo è sempre 12 mesi ma non sempre coincide con l’anno solare.

Deroghe sulla durata di 12 mesi: esercizio > a 12 mesi quando la società viene costituita poche settimane prima della fine dell’anno.

ASPETTI DELLA GESTIONE AZIENDALE

 

Le operazioni economiche del ciclo di gestione integrale ( finanziamenti, investimenti, trasformazioni, disinvestimenti, rimborsi ) sipossono analizzare sotto 3 aspetti:

ASPETTO MONETARIO

E’ l’aspetto della gestione che viene modificato in seguito a delle entrate monetarie ( cash inflow) e uscite ( cash outflow) provocate dalle operaz. di gestione.
Il ciclo monetario della gestione consente di cogliere l’intervallo di tempo che intercorre tra le entrate e le uscite monetarie. Per misurare l’equilibrio monetario si utilizza una quantità d’azienda chiamata cash flow che si ottiene dalla contrapposizione dei flussi in entrata e di quelli in uscita, in un determinato lasso di tempo.
L’equilibrio si raggiunge quando le entrate eguagliano le uscite. Un disequilibrio negativo obbliga a ricorrere a finanziamenti. Un disequilibrio positivo consente di effettuare rimborsi.

ASPETTO FINANZIARIO
Le variazioni di debito e credito sono chiamate FINANZIARIE
L’aspetto finanziario della gestione puo’ essere considerato unitamente all’aspetto monetario (gestione monetaria) o unitamente alla gestione patrimoniale perché le variazioni incidono sulla struttura dell’attivo ( per i crediti) e del passivo(per i debiti)

PATRIMONIO NUMERARIO: capitale composto da CONTANTE IN CASSA, CREDITI NUMERARI (temporanei in attesa di un’entrata in cassa) e DEBITI NUMERARI (temporali in attesa di un’uscita di cassa)

Le variazioni che subisce il patrimonio numerario si chiamano VARIAZIONI NUMERARIE e si distinguono in :

  • certe ( contanti in cassa)
  • assimilate ( variazioni relative a debiti e crediti espressi nella moneta di conto - €)
  • presunte ( variazioni relative a debiti e crediti espresse in valuta estera)

Le variazioni numerarie incidono sugli impieghi del patrimonio ( investimenti nei fattori produttivi, crediti, liquidità di cassa) e le fonti del patrimonio ( passività, debiti finanziari)

ASPETTO ECONOMICO

Quando si analizza l’aspetto economico delle operazioni di gestione ordinaria si considerano le variazioni che incidono sul reddito.
Al singolo esercizio si attribuiscono solo i costi che sono stati sostenuti per la vendita dei prodotti (ricavi)Risultato d’esercizio: contrapposizione tra costi e ricavi

LE CONFIGURAZIONI DEL RISULTATO D’ESERCIZIO

 

  • REDDITO D’ESERCIZIO: differenza tra valore della produzione, costi della produzione e altri componenti negativi e positivi. Se è positivo rappresenta l’utile che consente la remunerazione dei capitali investiti e la creazione di riserve x incrementare il patrimonio netto. Se è negativo c’è un perdita ( misura la quote da reinvestire x ristabilire l’equilibrio iniziale)
  • VALORE AGGIUNTO: si ottiene togliendo al valore della produzione i costi dei fattori produttivi ( acquisiti all’esterno). Il valore che si ottiene comprende i costi dei fattori produttivi interni all’impresa e il reddito ( è il valore che l’impresa aggiunge ai fattori produttivi acquistati da terzi ).

 

  • REDDITO OPERATIVO: non comprende i fatti di rilevanza finanziaria/ patrimoniale/ straordinaria/ fiscale. EBIT= earning before  interest and taxes ( utile prima di interessi e imposte)
  • MARGINE OPERATIVO LORDO ( M.O.L.): si ottiene togliendo al valore della produzione solo i costi dei fattori produttivi a veloce ciclo di utili
  • zzo ( es. materie prime). EBITDA= earning bifore interests, taxes, depreciatione and amortization)

 

  • RISULTATI PARZIALI DI ESERCIZIO (parziali sta per i singoli esercizi)

2-EQUILIBRIO ECONOMICO: si raggiunge quando le operazioni economiche permettono di ottenere un valore della produzione che è in grado di coprire i costi della produzione e remunerare il capitale investito. Il tempo a cui si fa riferimento è il ciclo economico ( la durata di tutte le operazioni economiche di investimento e disinvestimento)
Il reddito d’esercizio è un indicatore del raggiungimento dell’equilibrio economico
Se il reddito da UTILE: è il prelievo massimo per la remunerazione
Se il reddito da PERDITA: è la misura del capitale da apportare x ritrovare l’equilibrio

I VALORI CHE SI FORMANO NELLA GESTIONE AZIENDALE

 

  • Reddito d’esercizio
  • Capitale
  • Cash flow

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3-Le scelte di organizzazione. 
L'assetto organizzativo di un'impresa è l'insieme delle variabili che configurano l'organismo personale e che definiscono, indirizzano e coordinano i comportamenti delle persone che lo compongono. Quindi quando progettiamo l'assetto organizzativo, decidiamo: quante persone, con quali caratteristiche, quali insieme di compiti devono svolgere, quali obiettivi e secondo quali modalità, con quali risorse; come e quanto ogni persona deve essere retribuita, quali percorsi professionali sono coerenti con le dinamiche delle persone. Tutto questo va configurato in modo che i compiti vengano svolti secondo efficienza ed efficacia, con i massimi livelli di coordinamento e di integrazione, con molta flessibilità e capacità di fronteggiare il dinamismo ambientale.
Per attuare un buon assetto organizzativo, devono realizzarsi un insieme di condizioni chiamate condizioni di efficacia di un sistema organizzativo: 

  • Occorre un numero di persone adeguato al volume di attività da svolgere e equilibrati carichi di lavoro a livello di combinazioni economiche. Nessuna persona si deve trovare in una situazione di sovraccarico confronto carico di lavoro. 
  • Servono dei prestatori di lavoro con profili personali e professionali coerenti con il tipo di attività da svolgere nell'impresa. 
  • È necessaria una definizione dell'insieme di compiti che ogni persona deve svolgere, quindi la sua mansione.
  • Vanno definiti gli obiettivi di efficienza e di efficacia che ciascuna persona deve perseguire nello svolgimento della propria mansione e vanno decise quali sono le risorse messe a disposizione (impianti e macchinari......). 
  • Bisogna scegliere le modalità tecniche e le procedure da seguire nello svolgimento delle varie attività. 
  • Bisogna decidere quali gradi di rispetto delle procedure e quali gradi di esercizio della discrezionalità esercitare, quali deleghe di responsabilità decisionali fanno capo alle varie persone. 
  • Le persone vanno remunerate in maniera corretta.
  • Si devono sentire parte di una collettività sociale, si devono assumere anche responsabilità collettive
  • Le persone devono essere motivate al lavoro.
  • Occorre attivare potenti strumenti di coordinamento e di integrazione di modo che le attività svolte dalle singole persone  formino un insieme unitario efficace, in particolare vanno integrati i compiti, i tempi, i volumi. 
  • L'intero sistema deve avere adeguati gradi di flessibilità e di capacità di gestione del dinamismo interno ed esterno.

Le decisioni di organizzazione hanno forti contenuti tecnici, sono anche decisioni cariche di tensioni e di ambiguità perché:

  • Si opera in un mondo di variabilità e di incertezza. 
  • Comportamenti organizzativi delle persone non sono osservabili e controllabili facilmente. 
  • I risultati conseguiti dalle singole persone spesso non sono valutabili e sono sempre influenzati dei contributi di altre persone. 
  • Le attività, i comportamenti, le risorse e i risultati sono legati da forti relazioni di interdipendenza; ogni variazione di un elemento influenza gli altri e può richiedere interventi di riprogettazione dell'intero sistema. 
  • Le scelte organizzative sono soggette a vincoli di risorse; moltissime scelte sono scelte di compromesso. 
  • Molte imprese ricercano soluzioni organizzative originali che possono dare un vantaggio competitivo rispetto a concorrenti. 

Le variabili che vanno progettate x realizzare l'assetto organizzativo si chiamano variabili organizzative:

  • struttura organizzativa (di base e delle singole unità organizzative). 
  • distribuzione dell'autorità. 

sistemi operativi (di pianificazione strategica, di programmazione e controllo, di gestione del personale, informativi).

Progettare la struttura organizzativa di base vuol dire decidere quali unità organizzative attivare, quali insieme di compiti attribuire ad ogni unità, come collegare le varie unità in una struttura gerarchica. Con la struttura di base si divide il lavoro tra le varie unità e lo si coordina mediante le relazioni gerarchiche. Il capo è integratore, quindi responsabile di coordinare tutte le attività che dipendono da lui, e decisore, cioè responsabile di decidere a fronte di tutte le occasioni di decisione che si presentano all'interno delle unità che da lui dipendono.
Si progetta la struttura organizzativa delle singole unità, definendo le mansioni e le responsabilità delle singole persone e e dei gruppi di persone che formano le unità organizzative elementari, come un ufficio o reparto. Queste scelte sono cruciali sul fronte della motivazione perché da esse deriva la possibilità dei prestatori di lavoro di soddisfare i bisogni di socialità, di stima di realizzazione. 
Le scelte di distribuzione dell'autorità sono congiunte alle scelte di struttura organizzativa sia di base sia delle singole unità. Bisogna decidere in merito al decentramento (a quali unità organizzative fanno capo quali decisioni) e alla delega, ovvero quali gradi di libertà nelle scelte sono lasciate coloro che devono decidere. In generale è bene che il potere sia diffuso quando l'impresa vive in un contesto dinamico e scarsamente prevedibile.
i sistemi operativi di pianificazione strategica hanno ruolo critico per integrazione aziendale. Producono idee, orientamenti, visioni, missioni, politiche, strategie, piani che servono da quadri di riferimento comune per tutte le persone che operano in impresa; i piani strategici contengono anche specifici obiettivi di lungo periodo.
i sistemi di programmazione e controllo hanno molte funzioni: definiscono gli obiettivi di breve periodo di ogni unità, assegnano a ogni unità organizzativa le necessarie risorse; definendo obiettivi e risorse, determinano i carichi di lavoro di ogni unità; le risorse gli obiettivi sono definiti contemporaneamente a livello aziendale secondo una struttura internamente coerente; i sistemi di programmazione e controllo svolgono un ruolo essenziale in termini di coordinamento.
i sistemi di gestione del personale servono per decidere quante persone includere nell'organismo personale complessivo, quanto assegnarne a ogni unità, con quali profili assumerle e come retribuirle. 
I sistemi informativi raccolgono, producono, elaborano e distribuiscono i dati e le informazioni che alimentano di processi decisionali.  Un buon sistema informativo è uno strumento essenziale di coordinamento che costituisce una base comune di conoscenze e di interpretazione dei fenomeni aziendali.

l'organismo personale. 
L'organismo personale è l'insieme unitario delle persone che con il proprio lavoro partecipano allo svolgimento dell'attività aziendale. Sono elementi cardine della struttura di ogni impresa. Sono membri dell'organismo personale tutte le persone che fanno parte degli organi di governo economico, di direzione, di esecuzione. 
L'organismo personale è un complesso dinamico. In relazione al variare delle combinazioni economiche e degli assetti organizzativo e tecnico, variano le dimensioni e la composizione dell'organismo personale complessivo e delle sue parti.
una dinamica di particolare rilievo è l'apprendimento: apprendimento è fattore di crescenti livelli di efficienza nello svolgimento delle attività correnti
Flessibilità dell'organismo personale: l'organismo personale deve adattarsi alle variazioni di contesto nel rispetto dei vincoli dell'efficienza e dell'economicità.
La configurazione dell'organismo personale si qualifica in due aspetti: 

  • Le caratteristiche delle singole persone, variabili individuali
  • Le caratteristiche dei gruppi e degli aggregati di persone, variabili sociali.

le variabili individuali
L'unità elementare dell'organismo personale è la singola persona che presta lavoro nell'azienda. L'organismo personale di una azienda è qualificato dalle caratteristiche delle persone che lo compongono, quindi dalle variabili individuali. L'analisi e l'interpretazione dei comportamenti dei prestatori di lavoro richiedono la considerazione di una ampia gamma di variabili individuali, quindi di caratteristiche delle persone che prestano lavoro. Le variabili individuali rilevanti per l'analisi economico aziendale sono:

  • Competenze professionali: sono riconducibili a due grandi classi: le conoscenze delle capacità tecnico specialistiche e riconoscenza che le capacità di gestione delle relazioni interpersonali.
  • I valori sono analizzati in termini di convinzioni e di credenza in merito all'attività economica e alle sue modalità di svolgimento. 
  • I bisogni di sono definiti come percezioni di carenza di dati condizioni.

Le variabili sociali : i gruppi la coesione il conflitto e la cultura.
I gruppi sociali. 
Tra le persone che compongono l'organismo personale di una azienda è si formano sempre relazioni interpersonali che legano sottoinsiemi di persone influenzando direttamente i comportamenti delle persone. Le persone si comportano anche come membri di gruppi sociali, ossia rispettando le regole del gruppo. L'organismo personale è sempre caratterizzato dalle variabili sociali, cioè dall'intensità e dalla qualità delle relazioni interpersonali che legano le persone in gruppi.
Le 2 manifestazioni più importanti delle variabili sociali sono:

  • La coerenza tra gruppi sociali e gruppi formali; la coesione e la cooperazione e il conflitto. 
  • La cultura aziendale e la cultura organizzativa.

Coerenza, coesione, cooperazione e conflitto. 
Varie situazioni: 

  • Coerenza e sinergia tra gruppi sociali; la coesione e la cooperazione tra i membri dei gruppi sociali si manifesta anche come coesione e cooperazione nei gruppi formali. 
  • All'altro estremo, i fini e le norme di un gruppo sociale possono essere incompatibili con i ruoli formali aziendali. 

Quando le relazioni sono intense e positive si dice che il gruppo è coeso, da ciò deriva un elevato livello di cooperazione. Quando il gruppo formale si sovrappone a un gruppo sociale la coesione è rafforzata
Spesso fra le varie unità organizzative si formano forti tensioni di conflitto con negativi impatti sull'efficienza aziendale
Condizioni necessarie per realizzare buoni livelli di coesione all'interno sono: 

  • fare in modo che operino persone con valori simili o compatibili 
  • Prestare attenzione alle doti di leadership naturale delle persone; ogni gruppo dovrebbe essere guidato da un capo condotti di leadership, non dovrebbero mai operare più di una persona con spiccate doti di leadership. 
  • Progettare un sistema di incentivi che premi oltre le prestazioni individuali, le prestazioni collettive.

LA CULTURA AZIENDALE E LA CULTURA ORGANIZZATIVA
La cultura è l’insieme di idee, valori, credenze e convinzioni condivisi da un insieme di persone. Le idee e i valori condivisi di persone dell’azienda, in merito all’azienda stessa, costituiscono la cultura aziendale, che è causa ed effetto delle scelte aziendali di fondo.
Bisogna intendere la cultura come fatto dinamico. La cultura aziendale è l’insieme delle idee fondamentali che un insieme di persone ha sviluppato imparando a governare la dinamica dell’azienda. Sono idee che sono valide per governare questa dinamica e che vanno trasmesse ai nuovi membri dell’azienda.
La cultura aziendale va analizzata sotto 3 aspetti: analizzare manifestazioni visibili della cultura (modelli di comportamento, linguaggio..), ricercare nelle dichiarazioni esplicite delle persone valori, credenze, convinzioni che producono le manifestazioni fisiche, e infine le idee.
Quanto più il gruppo è stabile, tanto più la cultura del gruppo è forte. Le culture forti contribuiscono all’efficienza aziendale e svolgono una funzione di stabilizzazione dell’ambiente aziendale interno e delle sue relazioni con l’ambiente esterno. Le persone devono apprendere la relativa cultura, adattare le loro idee a quelle che si sono mostrate valide nel passato.

La cultura organizzativa è l’insieme di idee che hanno x oggetto gli aspetti critici del sistema organizzativo:

  • Rapporto persona azienda
  • Struttura organizzativa (in particolare distribuzione gerarchica dell’autorità)
  • Dinamica aziendale

I 3 tipi di cultura corrispondono a 3 modi diversi di intendere il sistema organizzativo: sistema naturale, sistema tecnico, e sistema politico.

  • Secondo la cultura del sistema naturale, il lavoro viene interpretato come dovere individuale.
  • Nel sistema tecnico il lavoro è inteso come fatto strumentale per l’ottenimento di ricompense.
  • Nel sistema politico il lavoro è interpretato come contributo variabile in funzione del potere esercitato e del potere subito.

3-PRINCIPI GUIDA NELLE SCELTE DI ORGANIZZAZIONE

  • Principio di coerenza dinamica

Ogni impresa deve progettare il proprio assetto organizzativo in funzione delle proprie caratteristiche specifiche. Non esistono soluzioni organizzative ottime e valide in ogni circostanza. Gli studi aziendali ci consentono di sapere quali sono le configurazioni fondamentali che ogni variabile organizzativa può assumere, e in base a quali regole scegliere la configurazione fondamentale più adatta per ogni impresa. Questa impostazione è detta: visione contingency, che si contrappone alla visione  universalistica, che propone soluzioni valide x tutte le imprese in tutti i momenti della loro vita.

Le principali regole contingency, di coerenza tra le variabili organizzative e le altre variabili dell’impresa riguardano le relazioni tra:

  • I bisogni delle persone e la struttura delle singole unità organizzative
  • Articolazione delle combinazioni economiche (la strategia) e la struttura organizzativa di base.

I bisogni delle persone e i contenuti delle mansioni: la regola contingency dice: quanto più forti sono i bisogni di socialità, di stima e di realizzazione, tanto più lavoro deve essere organizzato in forma di lavoro di gruppo e con contenuti ricchi.

La strategia e la struttura di base: la regola dice: le imprese più piccole e semplici devono adottare una struttura elementare; le imprese medio - grandi con una sola area d’affari devono adottare una struttura funzionale; le imprese medio - grandi con più aree d’affari molto disomogenee devono adottare una struttura divisionale; le imprese medie e grandi con più aree d’affari correlate possono adottare strutture miste o a matrice.

La coerenza tra le variabili organizzative e le altre variabili aziendali è la COERENZA DINAMICA. Continuamente si modificano i bisogni delle persone, e di conseguenza continuamente si producono adattamenti spontanei o con specifici progetti.

  • Principio di orientamento alle persone e ai gruppi di persone.

Le persone sono centrali nelle teorie dell’azienda. Questo permette di trovare soluzioni che permettono di unire l’efficienza aziendale con la soddisfazione delle persone (queste due finalità sono congiunte).
Le scelte di progettazione degli assetti organizzativi e le scelte di configurazione e di gestione dell’organismo personale devono ispirarsi al principio di orientamento alle persone e ai gruppi di persone. Principio etico che afferma la necessità che le imprese siano organizzate e gestite nel rispetto della dignità delle persone come individui e membri di società umane. E’ anche principio economico da applicare x realizzare condizioni di vita economica duratura nell’impresa.

Una applicazione del principio di orientamento alle persone consiste nel realizzare le condizioni che permettono alle persone di essere fortemente motivare a lavorare intensamente e in modo contributivo; un’alta motivazione al lavoro delle persone è una condizione tecnica di economicità.
Le imprese sono realtà dinamiche le cui attività sono solo parzialmente programmabili, cioè sono sempre aperti spazi ampi di discrezionalità che vanno colmati con impegno, iniziativa, capacità di giudizio critico delle persone.
Chi progetta gli assetti organizzativi e gestisce le persone deve essere orientato anche ai gruppi di persone, cioè deve creare un clima organizzativo favorevole e una forte coesione all’interno dei gruppi di persone che lavorano. E’ una condizione necessaria per soddisfare i bisogni di socialità delle persone e per una efficace gestione delle relazioni di interdipendenza nelle molteplici attività aziendali. I vuoti lasciati dagli strumenti tecnici ed organizzativi devono essere riempiti dallo spirito di squadra, dalla coesione di gruppo e dal senso di responsabilità collettiva per i risultati collettivi. La coesione sociale è un potente strumento di integrazione assolutamente essenziale.
La progettazione organizzativa orientata alle persone ruota intorno al principio di fiducia.
Le competenze delle persone sono individuali e collettive.
Molte persone pensano che la produttività del lavoro o di un’impresa dipende dall’impegno profuso dai lavoratori. Questa visione porta a una cattiva gestione del personale, orientata solo verso la pressione sullo sforzo dei lavoratori, invece sarebbe più giusto che gli organi direttivi e di governo creino condizioni favorevoli allo svolgimento efficiente dell’attività lavorativa; I crescenti livelli di efficienza vanno perseguiti mediante l’innovazione e l’innovazione tecnica.

LA SCELTA DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI BASE

La struttura organizzativa di un’azienda viene definita come la configurazione unitaria e coordinata degli organi aziendali e degli insiemi di compiti e responsabilità assegnati a ognuno di questi organi.
Il processo di progettazione della struttura organizzativa:

  • analizzare combinazioni economiche aziendali e definire l’insieme complessivo di compiti che devono essere svolti
  • scegliere criterio di divisione del lavoro: l’insieme dei compiti viene suddiviso in sottoinsiemi di compiti in base a tale criterio; ogni sottoinsieme corrisponde ad una unità organizzativa
  • le varie unità organizzative vengono aggregate a + livelli in una gerarchia; la gerarchia che lega le varie unità ha il doppio significato di linea di comando e strumento di coordinamento
  • il sottoinsieme di compiti assegnato a ogni unità organizzativa è suddiviso in aggregati corrispondenti alle singole posizioni che compongono tale unità; la posizione è l’elemento base della struttura organizzativa e è coperto da una sola persona; gli insiemi di compiti assegnati alle singole posizioni sono le mansioni

Gli output formali del processo di progettazione della struttura organizzativa sono:
A)  elenco di unità organizzative
B)  elenco di insiemi di compiti
C)  insieme di relazioni gerarchiche

Questi tre insiemi costituiscono la struttura organizzativa formale o ufficiale: se questa struttura è codificata in forma scritta, A e C sono rappresentati negli organigrammi, e B nei mansionari.
La struttura organizzativa si configura anche come insieme o sistema di ruoli. Ruolo: insieme delle attese di comportamento nutrite nei confronti di una persona che occupa una determinata posizione. La struttura può essere quindi definita come sistema di “ruoli ufficiali”.

La struttura può avere 4 diverse forme di base; la scelta dipende dalle caratteristiche dell’azienda e si sostanzia adottando differenti criteri di divisione e coordinamento del lavoro:

  • s. elementare
  • s. funzionale (pura o mista)
  • s. divisionale (pura o mista)
  • s. matriciale

STRUTTURA FUNZIONALE PURA
Impresa medie dimensioni e combinazioni produttive semplici; le coordinazioni parziali di trasformazione tecnica, commercializzazione e ricerca/sviluppo danno luogo a un solo prodotto, un solo mercato. Il lavoro è divisibile secondo un criterio: coordinazioni parziali.
Struttura funzionale: struttura organizzativa articolata per funzioni, cioè per coordinazioni parziali. E’ una struttura che deriva dalla divisione del lavoro secondo il criterio dell’omogeneità delle tecniche caratteristiche di ogni coordinazione parziale.
Dalla direzione generale (organo di governo economico) dipendono le direzioni di funzione (organi di direzione), e da queste dipendono gli organi operativi.
In questa struttura ogni direzione di funzione è responsabile dell’efficienza di svolgimento dei relativi processi.

LA STRUTTURA ELEMENTARE
Aziende piccole e semplici adottano struttura elementare; funzione di governo economico e funzione di direzione svolte da un unico organo di direzione generale, da cui dipendono direttamente le unità operative.

LA STRUTTURA DIVISIONALE PURA
Azienda con combinazioni produttive articolate in 3 combinazioni parziali (A B e C); ogni linea di prodotto è destinata a uno specifico mercato. Si hanno due criteri di divisione del lavoro: per funzioni ( vedi s. funzionale pura) o “per prodotti” (in questo caso prodotti-mercati). Adottando il secondo criterio otteniamo la struttura divisionale pura.
Si adotta questa struttura quando le varie combinazioni produttive sono molto disomogenee tra loro nei vari aspetti, sia tecnici che commerciali.
Dalla direzione generale dipendono le direzioni di divisione (A B e C) e da ogni direzione di divisione dipendono le unità funzionali (tecn, comm, ric/svil). In questa struttura ogni direzione di divisione è responsabile del risultato reddituale parziale della combinazione economica parziale corrispondente.

STRUTTURE MATRICIALI E MISTE
Consideriamo imprese con più linee di prodotto (A B C), legate da alcune linee di interdipendenza nelle varie coordinazioni parziali (t, c, r, )
Abbiamo più prodotti quindi, ma sono in qualche modo collegati; per definizione risulta quindi che le 2 alternative pure non sono soddisfacenti.  Vanno adottate strutture intermedie (miste o bidimensionali/a matrice).
Per scegliere la struttura si analizzano 5 variabili:

  • economie di scala ottenibili con funzioni centralizzate: ripartendo una funzione tra divisioni si hanno di solito aumenti di costi complessivi; le funzioni centralizzate invece producono economie di scala.
  • grado di specializzazione richiesto nell’ambito delle singole funzioni
  • economie di raggio d’azione che si possono realizzare con la gestione delle competenze centralizzate “core”, cioè competenze distintive comuni a tutte le combinazioni economiche parziali
  • interdipendenze tra le funzioni relative a ciascuna linea di prodotto: si considerino tA, cA, rA (funzioni relative alla linea A) se queste funzioni sono raggruppate in una divisione si realizza una forte integrazione gerarchica.
  • fabbisogno di differenziazione tra linee di prodotto, quindi l’esigenza di separare le attività (t c r) relative ad una linea di prodotto da quelle relative ad altre. Questa esigenza può manifestarsi quando si è in presenza di un nuovo prodotto che richiede l’assegnazione di risorse e attenzioni distinte per evitare il rischioo che esse vengano assorbite da attività correlate.
    • Se emergono forti indicazioni per la centralizzazione di ogni funzione e non c’è indicazione invece che fa pensare alla costituzione di una o più divisioni, si adotta struttura funzionale pura
    • Se sono alte le interdipendenze e le esigenze di differenziazione per tutte le linee di prodotto si propende per struttura divisionale pura.
    • Per economie di scala, di specializzazione e di raggio d’azione appare forte la convenienza di una funzione di ricerca e sviluppo; per tutte le linee di prodotto è alta l’interdipendenza tra f. tecnica e commerciale; risulta inoltre opportuno differenziare gli orientamenti manageriali di ogni linea. A questo punto si ricorre a struttura mista (struttura divisionale di base con funzione di ricerca centralizzata)
    • Se alte economie di scala x t, c , r ma solo per linee A e B; alta interdipendenza tra t, c, r per linea C; prodotto C va separato dalle altre linee. Si adotta struttura mista, con struttura funzionale di base ma con la divisione C distinta. Le tre funzioni centrali t, c, r operano solo per A e B.
    • Struttura bidimensionale: dalla direzione generale dipendono sia le direzioni di funzione che quelle di divisione; le due linee di comando si intersecano a matrice: le persone operanti in azienda sono soggette agli indirizzi di funzione e di prodotto.

MULTIDIMENSIONALITA’
Esistono altre dimensioni rispetto alla divisione del lavoro per prodotto o per funzioni (per tecnologia, per aree geoeconomiche, per categorie di clienti..)

3-SCELTE DI STRUTTURA DELLE DINGOLE UNITA’: BISOGNI E MOTIVAZIONE
La struttura organizzativa di base definisce l’insieme dei vari organi aziendali ordinati in una gerarchia. A parità di strutt. organizz. di base si possono dare forme di organizzazione del lavoro molto differenti all’interno dei singoli organi. Una volta che un organo è definito con la sua funzione e le sue attività, si tratta di articolare questo insieme di attività in compiti e mansioni corrispondenti alle posizioni che compongono l’organo in oggetto. Più semplicemente, bisogna stabilire come ripartire e integrare il lavoro tra le persone che prestano il lavoro in quell’organo.
Per progettare l’organizzazione delle singole unità, bisogna scegliere tra 3 logiche della divisione del lavoro:

  • divisione sequenziale (o per fasi)
  • divisione per attività autonome (o per risultati) -> individuale

                                                                          -> di gruppo

DIVISIONE SEQUENZIALE: assegna ad ogni persona la responsabilità di una fase del processo; la posizione risulta collegata da relazioni di interdipendenza sequenziale con le unità a monte e a valle. La singola posizione non produce un risultato autonomo, ma contribuisce per una fase ad un processo sovraordinato a cui corrisponde un risultato finale non riconducibile a nessuna delle unità in sequenza. Questa logica dà luogo a mansioni povere di contenuto, ripetitive e non motivanti.
ATTIVITA’ AUTONOME INDIVIDUALI: fa corrispondere ad ogni posizione un insieme relativamente autonomo di compiti e risorse che portano ad un risultato attribuibile direttamente alla posizione. Attività autonoma composta da: la posizione, le risorse, le mansioni, un risultato.
ATTIVITA’ AUTONOME DI GRUPPO: è una variante della precedente; si definisce un risultato autonomo per un insieme di posizioni ( x più persone considerando un insieme di compiti); si definiscono compiti, risorse ed obiettivi per un gruppo di persone senza specificare i compiti delle singole posizioni.

Le persone sono motivate ad adottare quei comportamenti che, nelle loro percezioni, prevedibilmente consentiranno loro di soddisfare direttamente o non direttamente i loro bisogni.
Questo vale anche per la motivazione al lavoro, cioè per la motivazione a prestare il proprio lavoro con impegno e spirito cooperativo e costruttivo.
Una persona svolge il lavoro in modo costruttivo e con impegno solo se tale prestazione gli consentirà di soddisfare i suoi bisogni; al contrario la persona può decidere di non svolgere attività lavorativa o svolgerla al minimo.
Le imprese sono interessate a far si che i lavoratori svolgano il lavoro con impegno; è fondamentale che il lavoro sia motivante. Per avere persone motivate bisogna capire i bisogni delle persone, sapere quali sono le condizioni e circostanze che permettono di soddisfare tali bisogni, e organizzare l’attività lavorativa in modo che si attivino le condizioni e le circostanze che permettono alle persone di soddisfare i loro bisogni.

Teoria dei bisogni di Maslow:                  ML = P X BI
ML= attività lavorativa    P= probabilità percepita     BI= intensità del bisogno
Motivazione a svolgere un’attività lavorativa con impegno e spirito di collaborazione è tanto più forte quanto è più alta la probabilità percepita (P) che tale comportamento produrrà una condizione utile a soddisfare un bisogno (B) e quanto maggiore è l’intensità (I) di tale bisogno.
Questa teoria ci aiuta a distinguere le varie classi di bisogni e ci fa capire i vari bisogni nella vita delle persone.

La teoria di Herzberg invece ci suggerisce come organizzare il lavoro x soddisfare le varie categorie di bisogni.
Maslow distingue 5 classi di bisogni ordinati in una gerarchia:

  • elementari (fame, sete, sonno)
  • di sicurezza (sicurezza ambiente di lavoro, stabilità..)
  • di socialità (positive relazioni interpersonali)
  • di stima (stima di sé e stima altrui)
  • di realizzazione

Ogni persona in una data fase della propria vita sente con particolare intensità i bisogni di una sola classe. Nella teoria di Maslow i bisogni si dispongono secondo una gerarchia, o scala. Idealmente ogni persona parte dal primo gradino e progressivamente sale la scala.
I bisogni critici per le persone che vivono oggi nella nostra società sono prevalentemente quelli di stima e realizzazione, gli altri si possono considerare soddisfatti (elementari, sicurezza, socialità).
Con la teoria di Herzberg possiamo vedere in che modo si soddisfano le categorie di bisogni.
I bisogni elementari si soddisfano mediante beni che si acquistano mediante scambi monetari. L’attività di lavoro permette alle persone di ottenere remunerazioni che consentono di acquisire tali beni.
Quando una persona passa al secondo gradino la retribuzione non è più il fattore motivante critico, le persone continuano ad attendersi una retribuzione ma la motivazione al lavoro dipende da soddisfacimento dei bisogni di sicurezza (ambienti fisici non dannosi, contratti di lavoro stabili…)
I bisogni di socialità sono soddisfatti quando le persone possono avere intense e positive relazioni interpersonali. Per favorire il lavoro di gruppo vanno eliminati gli ostacoli alle interazioni.
Una persona soddisfa i propri bisogni di stima quando riesce a ottenere risultati positivi svolgendo attività complesse, quando gli vengono assegnati compiti sfidanti che riesce a svolgere con successo
Il contenuto della mansione è la condizione essenziale anche per il soddisfacimento dei bisogni di realizzazione. Le persone si aspettano che l’attività lavorativa sia sfidante ma anche che consenta di esprimere le proprie competenze.

Una buona teoria economica afferma che gli organi direttivi e di governo devono creare condizioni di lavoro motivanti e devono agire su molti fronti, dalla retribuzione ai contenuti delle mansioni.
Vanno progettate mansioni che consentano interazioni intense e positive tra le persone, che diano luogo a un risultato valutabile autonomamente e attribuibile alla persona o al gruppo, e che consentano l’esercizio di una gamma ampia di competenze professionali.
I vantaggi dell’organizzazione per attività autonome sono:

  • si danno mansioni atte a soddisfare i bisogni di socialità, di stime e realizzazione
  • si consente l’esercizio della capacità di giudizio; produce soddisfazione ed efficienza
  • si ottengono miglioramenti di efficienza connessi ai + elevati livelli di soddisfazione
  • si gestiscono + agevolmente le eccezioni

SISTEMI DI PIANIFICAZIONE, PROGRAMMAZIONE/CONTROLLO E INFORMAZIONE COME VARIABILI ORGANIZZATIVE
I sistemi di pianificazione strategica, di programmazione e controllo e i sistemi informativi sono variabili che influenzano direttamente i comportamenti delle persone e quindi entrano nel quadro della progettazione dell’assetto organizzativo.
Il sistema di pianificazione strategica è strumento di integrazione poiché grazie ad esso si esplicitano i fini, le politiche e le strategie alle quali tutti i lavoratori dovrebbero ispirare le proprie decisioni.
I processi di pianificazione strategica possono essere condotti in modi diversi e possono coinvolgere solo i vertici aziendali o molti manager; la seconda opzione è utile quando il dinamismo aziendale è molto alto.
I sistemi di programmazione e controllo (sistemi di controllo di gestione o sistemi di budgeting) svolgono ruolo centrale nel formare le idee e nel guidare i comportamenti dei lavoratori (va rispettato quanto è previsto in budget). La centralità nel sistema di programmazione e controllo è frutto di 2 insiemi di fattori: questo sistema indica per ciascuna unità quali sono gli obiettivi da raggiungere con quali risorse, e inoltre il fatto che gli obiettivi sono stai più o meno raggiunti rispettando i limiti di risorse assegnate, diventa elemento importante di valutazione della performance della persona e quindi di progressione retributiva e di carriera. Questi sistemi svolgono ruolo fondamentale come strumenti di coordinamento ed integrazione infatti gli obiettivi e le risorse delle singole unità sono gli elementi particolari di un disegno complessivo elaborato centralmente; se ogni unità ottiene risultati, anche l’impresa nel suo insieme ottiene i risultati generali programmati; inoltre, partecipando ai processi di definizione degli obiettivi e di analisi dei risultati, le persone che operano in specifiche unità hanno l’occasione di conoscere le realtà circostanti.

I sistemi informativi raccolgono, producono, immagazzinano, elaborano e distribuiscono dati e info che alimentano i processi decisionali. Osservati in ottica organizzativa, questi sistemi sono critici in 3 aspetti:

  • influenzano direttamente la qualità e la direzione delle decisioni (sistemi lenti producono decisioni povere)
  • la distribuzione delle info tra le varie unità contribuisce a determinare la distribuzione del potere
  • un buon sistema informativo con info ricche, tempestive diffuse e accessibili è un forte strumento di coordinamento.

3-SCELTE DI GESTIONE DELL’ORGANISMO PERSONALE.
Le metodologie e i processi che portano a definire il numero di posizioni individuali (quindi di persone) che formano ciascun organo aziendale e l’insieme complessivo di tali organi, sono chiamati sistemi di dimensionamento degli organi parziali e totali d’azienda.
Il dimensionamento deve tener conto che vanno prodotti carichi di lavoro assoluti e relativi, percepiti come equi dai lavoratori, e che bisogna governare il costo del lavoro.
La dimensione dell’organismo personale destinato a svolgere un dato volume di attività è determinata dalla combinazione delle scelte in merito alle seguenti variabili:

  • forme e gradi di meccanizzazione e automazione dei processi aziendali
  • livello medio delle competenze professionali
  • volume di lavoro pattuito da contratto
  • qualità attesa dei risultati
  • investimento in funzioni di sviluppo
  • livelli attesi di efficienza dei processi economici
  • scelte di internalizzazione o esternalizzazione delle attività

SISTEMI DI RICERCA E SELEZIONE DEL PERSONALE
Le persone entrano a far parte dell’organismo personale d’azienda attraverso processi chiamati di ricerca e selezione del personale. Si basano su descrizioni di profili professionali e cioè su delle caratteristiche reputate necessarie per coprire in modo adeguato la posizione vacante.
A livello degli ingressi si possono adottare due politiche:
politica di ingressi riservati solamente a chi non ha precedente esperienza di lavoro (le posizioni invece che si rendono vacanti a livello medio alto sono coperto con promozioni dall’interno
politica di inserimenti dal basso e laterali, per persone con precedenti esperienze di lavoro; questo modo è utile per arricchire l’organismo di nuovi insiemi di competenze in tempi brevi. Vanno inoltre privilegiate le persone con competenze specialistiche o quelle persone con una base più ampia di competenze meno specifiche.
I sistemi di ricerca e selezione trovano complemento nei sistemi di accoglimento ed inserimento, che gestiscono la fase di ingresso in azienda e il primo periodo di lavoro.

L’impresa si trova con un certo insieme di persone che devono essere dinamicamente assegnate alle varie unità organizzative. La gestione della dinamica interna del personale deve tenere conto che le persone da inserire in una stessa unità abbiano obiettivi e bisogni simili, in modo che si formi una forte coesione e si sviluppino buone relazioni sociali; deve anche considerare che i passaggi interni devono essere visti come strumenti alla crescita professionale e personale delle persone. Vanno bilanciate più esigenze: efficienza ed efficacia di breve periodo, qualità del clima organizzativo, sviluppo do competenze utili nel medio lungo peridio e attese di crescita personale e professionale.

SISTEMA RETRIBUTIVO
Il sistema di retribuzione definisce le politiche, livelli e strutture generali delle retribuzioni e determina le retribuzioni periodicamente liquidate ai singoli lavoratori.
Le retribuzioni individuali sono determinate da 3 fattori:

  • valore attribuito dall’azienda alla posizione occupata
  • livello delle prestazioni conseguito dalla persona
  • livelli retributivi correnti nel mercato del lavoro.

La valutazione delle mansioni consiste nell’analizzare ogni posizione e darle una valore che verrà correlato ad un livello retributivo.
Determinati i valori delle mansioni, vi si correlano i livelli retributivi: si costruisce la curva retributiva; a ogni mansione corrisponde una retribuzione. Le retribuzioni determinate dalla curva retributiva sono retribuzioni riferite alle posizioni, quindi impersonali. Le effettive retribuzioni tengono conto della valutazione delle prestazioni.

PROGRAMMAZIONE E GESTIONE DELLE CARRIERE
I sistemi di carriera definiscono i percorsi professionali tipici che le varie categorie di persone potranno seguire in azienda e determinano i criteri in base ai quali le singole persone possono compiere i passi previsti. Sono passi di carriera le promozioni e le variazioni di posizione.
La carriera è la modalità con cui l’azienda gestisce la dinamica delle persone; è il modo con cui le persone trovano modi di porre in atto le competenze che si sviluppano; è anche una modalità di ricompensa sotto forma di incrementi di remunerazione, status e autorità.
A questo sistema è strettamente collegato il sistema di valutazione del potenziale: occorre valutare quali persone posseggono le nuove competenze richieste: sono competenze non espresse, cioè competenze potenziali.
I percorsi di carriera possono essere formalizzati in sentieri di carriera: ogni sentiero si riferisce a una categoria di persone o posizioni. Il sentiero stabilisce quali sequenze di posizioni sono percorribili. Le persone progrediscono in senso verticale (unicamente nell’ambito della funzione in cui hanno iniziato la loro esperienza lavorativa), o in orizzontale (carriere inlinea o per rotazione).

ADDESTRAMENTO E FORMAZIONE DEL PERSONALE
I sistemi di addestramento e formazione determinano le conoscenze, capacità, atteggiamenti e orientamenti dei lavoratori. Possono essere corsi in aula, o processi di apprendimento sul campo (affiancamento, per rotazione, assegnazioni temporanee). Troviamo anche corsi tecnici – specialistici e culturali – interfunzionali.
Gli interventi di formazione si concentrano in particolari momenti della dinamica personale o aziendale (inserimenti, promozioni..)

GESTIONE DELLA COMPLESSITA’
Molte importanti scelte di assetto organizzativo sono scelte per fronteggiare la complessità dell’impresa.
La complessità è definita dal volume delle informazioni da raccogliere e da elaborare, quindi il volume di decisioni da prendere, durante lo svolgimento di un’attività. La complessità è espressa dalla differenza tra le informazioni necessarie per svolgere un’attività, e quelle disponibili prima di iniziare la stessa.
Quanto più complessa è l’attività da svolgere, tanto più forte deve essere il sistema decisionale. La complessità è alta se le info prima di iniziare la stessa sono scarse.
La complessità è determinata da:

  • numerosità elementi da governare: complessità + alta se sono + numerosi gli elementi da governare (differenti mercati, varie linee di prodotto, funzioni, tecnologie…). E’ anche complessa l’impresa che ha differenziato le proprie combinazioni economiche in diverse aree d’affari.
  • Disomogeneità degli elementi da governare: complessità + alta se elementi sono disomogenei. Due mercati diversi richiedono infatti due distinti sistemi di informazione e maggior volume complessivo di informazioni
  • Variabilità degli elementi da governare: Il fabbisogno di info utili per decidere si rinnova nel tempo, se gli elementi nel tempo cambiano.
  • Interdipendenze tra gli elementi da gestire:  interdipendenze creano complessità perché sono elementi in più da gestire.
  • Pressione esterna sui risultati: la complessità è più elevata se è maggiore l’efficienza da realizzare ( x realizzare l’efficienza si devono attuare processi decisionali attenti ed intensi)
  • Pressione interna sui risultati

LIVELLI DI COMPLESSITA’

  • Liv. 1: complessità nulla; nella realtà non esistono aziende con complessità nulla.
  • Liv. 2: livello tipico delle piccole imprese monoprodotto/mercato, che operano in un contesto stabile. Azienda è sequenza di nuclei di attività dove si manifestano eccezioni/problematiche che richiedono intervento di decisione.
  • Liv. 3: complessità media – alta, si riferisce ad aziende che hanno superato la soglie delle piccole dimensioni ma non si trovano nemmeno all’estremo opposto. Sequenza di nuclei di attività più articolata e dove si manifestano problematiche con più frequenza (eccezioni + numerose, disomogenee per contenuto funzionale..)
  • Liv. 4: complessità alta e altissima. Tutte le sei variabili che definiscono la complessità si manifestano con gradi elevati. Di solito sono aziende grandi, diversificate, che devono conseguire elevati livelli di efficienza e redditività.

LOGICHE E MODALITA’ DI GESTIONE DELLA COMPLESSITA’
Ci sono nove modi per gestire la complessità:

  • regole programmi e procedure: ( x gestire complessità livello 1). Non esistono imprese a livello 1, ma ci sono dei sottoinsiemi di attività dette di routine o programmabili che sono stabili. Per governare tali attività si usano regole, programmi e procedure
  • I capi (gerarchia): livello 2; l’attività programmabile va programmata; le eccezioni sono gestite dai capi
  • Delega su obiettivi: livello 3; eccezioni molto numerose. Occorre che si formalizzi una struttura organizzativa che preveda un livello direttivo a cui fanno capo unità organizzative ampie e responsabilità esplicite. Le eccezioni meno critiche sono gestite mediante delega, quelle critiche di rilievo strategico invece gestite dall’alta direzione
  • sistemi informativi verticali: per contribuire a risolvere le complessità si possono compiere investimenti nei sistemi informativi (verticali = particolari per aree/funzioni; migliorano la capacità decisionale dell’area aziendale corrispondente).
  • relazioni laterali: comitati, task forces (gruppi di progetto), perni di collegamento, organi di integrazione (product e project manager) per i problemi di coordinamento e integrazione tra le varie unità organizzative.
  • socializzazione: i processi decisionali sono anche sociali. La socializzazione si attiva favorendo le occasioni in cui le persone possono operare insieme x periodi non brevi.
  • attività autonome (self contained tasks): per evitare la paralisi del sistema quando si raggiungono livelli di complessità elevati, si spezza il sistema in parti relativamente autonome; si ottiene un sistema funzionante anziché paralizzato.
  • gestione dell’ambiente: se c’è una pressione esterna molto forte, per ridurre la complessità si può agire sull’ambiente (revisione contratti con fornitori, modifica scelte internalizz./esternalizz. attività..)
  • risorse eccedenti (slack resources): se un’azienda non può/vuole risolvere complessità, si creano delle risorse eccedenti che sono fenomeno ma del tutto eliminabile. Sono la differenza tra le risorse impiegate x un’attività e quelle idealmente necessarie per la stessa. Per ridurre la complessità si possono ridurre gli obiettivi e aumentare le risorse.

 

LA DINAMICA ORGANIZZATIVA
Il sistema organizzativo è un sistema dinamico; la progettazione organizzativa deve essere orientata al dinamismo; deve stimolare il cambiamento e anticiparlo. Le scelte di assetto organizzativo influenzano direttamente i livelli di innovatività, creatività e imprenditorialità.
Il cambiamento organizzativo richiede tempi di analisi, progettazione e attuazione molto lunghi; è importante adottare una logica di anticipazione; si tratta di compiere sistematicamente analisi e previsioni della dinamica delle variabili di contesto e di avviare i cambiamenti necessari “prima”.

ASSETTI ORGANIZZATIVI RIGIDI E FLESSIBILI
L’assetto rigido è caratterizzato dal prevalere della logica meccanicistica, mentre per quello flessibile è il contrario.
L’assetto rigido meccanicistico è caratterizzato da:

  • netta separazione di compiti tra le varie unità
  • orientamento di ogni unità in direzione della massima efficienza interna
  • definizione delle mansioni e delle modalità di lavoro con elevati gradi di dettaglio
  • prevalenza delle linee gerarchiche
  • prevalenza processi decisionali gerarchici, con accentramento autorità
  • dominanza delle norme dell’obbedienza ai superiori e lealtà verso l’istituto
  • correlazione del prestigio e dell’autorità delle persone

Per l’assetto organizzativo dominato dalla logica organicistica invece i caratteri sono:

  • visione dinamica di compiti e funzioni
  • estensione della funzione dei diversi organi alla finalità di efficacia complessiva
  • rilevanza gerarchica come sede di competenze e informazioni, non autorità formale
  • intense relazioni interpersonali
  • autorità distribuita
  • dominanza dei valori e delle norme di comportamento connessi alla razionalità e allo sviluppo
  • prestigio ed autorità correlati alle competenze professionali e ai contributi forniti

Nell’assetto rigido si privilegia la divisione del lavoro per fasi e tecniche specialistiche; in quello flessibile c’è il criterio delle attività autonome.
In tempi recenti si tende ad adottare il secondo tipo di assetto; è necessario per perseguire congiuntamente obiettivi di efficienza e flessibilità delle combinazioni produttive, e di soddisfazione dei prestatori di lavoro.

ORGANIZZAZIONE E TECNOLOGIA
Tecnologia: insieme di tecniche, impianti e macchine che servono per la produzione economica di beni; è un fattore fondamentale nel lavoro organizzato. Il progresso tecnologico offre la possibilità di moltiplicare l’efficienza dei processi economici. Per trarne vantaggio si devono adottare certe forme di organizzazione; l’assetto organizzativo dipende dalla tecnologia. E’ una relazione forte, ma non univoca né esclusiva.

GESTIONE DEL CAMBIAMENTO ORGANIZZATIVO
I processi di cambiamento organizzativo includono attività di analisi e progettazione, e anche la fase di attuazione del cambiamento, che è la più difficoltosa.
Molti interventi falliscono. Una condizione necessarie per il cambiamento efficace è la diffusione del fabbisogno percepito di cambiamento. E’ un processo che va attivato con forza sin dall’inizio. Se non si diffonde la convinzione dell’utilità del cambiamento si manifestano atteggiamenti di indifferenza e opposizione.
Nello svolgimento di processi di cambiamento si manifestano chiari fenomeni di resistenza al cambiamento. I cambiamenti richiedono sempre variazioni degli atteggiamenti e dei comportamenti di un certo numero di persone.
La resistenza al cambiamento può essere un fenomeno naturale, ed inevitabile; è una caratteristica della natura umana; le persone non amano il nuovo, temono l’incerto e rifiutano la sperimentazione.
Un’altra interpretazione del rifiuto è data dalla manifestazione di un possibile giudizio negativo in merito al bilancio dei vantaggi e svantaggi percepiti, indotti dal cambiamento. Ogni persona si oppone al cambiamento in caso di previsione di un risultato complessivo negativo.
Un ultima interpretazione è che si ha resistenza quando le persone che devono modificare i propri atteggiamenti e comportamenti non hanno le risorse necessarie per realizzare tali variazioni: il tempo ( necessario per comprendere e sperimentare nuove modalità di lavoro; tempo da sottrarre a quello da dedicare alle attività in corso); competenze professionali ( richieste dai nuovi compiti; interventi di addestramento e formazione); altre condizioni (numero e caratteristiche dei collaboratori, gli impianti, le informazioni..)
Per impostare e gestire efficacemente il cambiamento organizzativo occorre quindi individuare e rendere disponibili per ogni persona e per ogni unità le risorse necessarie.

 

PROJECT MANAGEMENT E STRUTTURE MATRICIALI

Le aziende che operano e diversificano programmi e progetti, definiti come iniziative singole, hanno affermato la struttura a matrice (az. Impiantistica, cantieristica, costruzioni, ingegneria) lavorano PER PROGETTI (impianto petrolchimico) o PER PROGRAMMI (attività di ricerca).
Queste aziende esprimono una grande varietà nell’offerta produttiva, lavorano su specifiche committenze: è una produzione discontinua, i progetti sono temporanei.
La struttura x matrice realizza un incrocio di responsabilità e di autorità mediante 2 linee di influenza:

  • funzioni specialistiche
  • project o program managers: ruoli di coordinamento operativo nel progetto assegnato. Non hanno però autorità sulle risorse utilizzate ma devono negoziarle con i responsabili di funzione per dirigere il progetto loro affidato.

La struttura a matrice è ambigua perché non rispetta il principio manageriale dell’unicità di comando, accetta infatti una doppia linea di autorità.
Se l’azienda attua occasionalmente dei progetti o programmi, può ricorrere a strutture per progetti: sono dei teams appositamente costituiti in via temporanea x particolari progetti.

FORMULAZIONE DI STRATEGIE AZIENDALI

Le strategie nascono attraverso un processo di FORMULAZIONE , chiamato PIANIFICAZIONE STRATEGICA; è un lavoro concettuale che deriva le strategie dai fini aziendali.
E’ un processo complesso.

  • I fini istituzionali confermano o modificano la missione dell’azienda, e fanno da punto di riferimento per tutte le fasi successive.
  • L’analisi delle minacce/opportunità ambientali e dei punti di forza e di debolezza relativi all’azienda.
  • Studi di tipo revisionale.
  • Definizione obiettivi strategici.
  • Produzione di diverse alternative strategiche
  • Selezione della strategia aziendale: il suo sviluppo permette di definire il GAP STRATEGICO, cioè l’impegno e il fabbisogno di risorse necessarie per realizzare la strategia in base agli obiettivi delineati.
  • Formulazione di un piano strategico (documento triennale) che descrive i contenuti della strategia aziendale, le ipotesi e i vincoli, i mezzi e le risorse. Serve x chiarire l’idea strategica e sottoporla ad una verifica preventiva, per responsabilizzare gli organi di vertice, per esplicitare il contenuto della strategia a vantaggio dei soggetti che vogliono coinvolgere, per disporre di un elemento come parametro per il controllo della strategia in fase di implementazione.

Si conclude dunque che la pianificazione strategica è n modo per far impegnare il vertice ad occuparsi della gestione dell’azienda strategica.

STRATEGIE DI LIVELLO
Nelle aziende a struttura complessa il processo strategico tende a stratificarsi x coinvolgere diversi livelli organizzativi.
Articolazioni delle strategie di livello:

  • strategie di divisioni di prodotto
  • strategie funzionali: mirano allo sviluppo delle specifiche aree funzionali
  • strategie di aree strategiche d’affari (ASA): queste rispondono alle esigenze della aziende che affrontano la competizione globale, richiedendo una differenziazione strategica coerente con i diversi contesti concorrenziali.

Le strategie aziendali possono perseguire obiettivi non immediatamente competitivi ma essenziali per la generale economicità dell’azienda nel lungo periodo: strategie sociali (x rinforzare consenso esterno verso l’azienda), ambientali (x ridurre inquinamento), di qualità (x eliminare difetti dei prodotti venduti).

FORMAZIONE DELLA STRATEGIA (diversa dalla FORMULAZIONE)
Ci sono sentieri di gestione strategica non pianificati che determinano col tempo delle STRATEGIE EMERGENTI di carattere intuitivo e immaginativo, prodotte da sequenze coerenti di comportamenti diffusi nel personale, che producono vantaggi competitivi all’azienda: accumulo di esperienze, rafforzamento della reputazione e immagine dell’azienda, miglioramento qualità processi di produzione.
Si parla di FORMAZIONE DELLE STRATEGIE, in cui concorrono tutti in azienda alla realizzazione di fattori di successo.
Quando un’azienda è predisposta a sviluppare strategie emergenti, si parla di orientamento strategico di fondo: sistema di condizioni strutturali dell’azienda che favoriscono l’avvio di genuini processi di formazione di idee vincenti.

STRATEGIE DI CRESCITA ESTERNA E I GRUPPI AZIENDALI
Crescita aziendale:

  • interna: entro i confini legati all’azienda che aumenta le proprie dimensioni sotto lo stesso e unico soggetto giuridico
  • esterna: estende il grado di influenza dell’azienda al di fuori dei suoi confini legali, investendo una pluralità di soggetti giuridici.

GRUPPO AZIENDALE unisce caratteri di unitarietà e pluralità. E’ un insieme di aziende giuridicamente autonome, la cui gestione è coordinata sotto l’indirizzo strategico unitario di un unico soggetto economico.
Convivono pluralità dei soggetti giuridici (aziende che ne fanno parte) e l’unicità del soggetto economico (quello dell’azienda capogruppo).
Questi gruppi assumono ruolo di primo piano nel quadro della globalizzazione dei mercati e in questo scenario la competizione è tra gruppi aziendali.
Nel mercato nazionale i gruppi sono diffusi e apportano vantaggi:

  • è più facile modificare la struttura complessiva
  • crescita rapida
  • semplificazione organizzativa
  • responsabilizzazione economica diffusa, dovuta alla pluralità di organi societari e aziendali
  • importanti vantaggi finanziari, possibilità di avvalersi di finanziamenti di credito delle diverse aziende.

I gruppi aziendali, sul piano strategico, sono la forma tipica di realizzazione delle strategie di internazionalizzazione, consentendo di operare in paesi diversi.
Grado di autonomia e di decentramento decisionale verso le aziende del gruppo:

  • azienda capogruppo – holding – con ruolo di leadership strategica e di governo / funzione di generale coordinamento del gruppo
  • aziende controllate: tendono a essere aziende a sovranità limitata, per il ruolo centrale dato alla capogruppo; il successo strategico va però calcolato in funzione del gruppo come entità.

Il gruppo rappresenta un’unità economica di secondo grado rispetto alle singole aziende che ne fanno parte (unità economiche di primo grado), compresa la capogruppo.
Gruppo è entità economica a sé stante, anche rispetto all’azienda capogruppo. E’ un’istituzione economica che ha carattere della pluralità al suo interno.
Nei gruppi societari il controllo è realizzato tramite la partecipazione di controllo, cioè mediante il possesso di azioni di maggioranza da parte della holding.
La gestione del gruppo è più complessa di quella di un’azienda singola.

GESTIONE ESTERNA: vanno individuate le operazioni realizzate dal gruppo con l’esterno, cioè con le altre istituzioni presenti sul mercato. Bilancio consolidato di gruppo esprime equilibri patrimoniali, finanziari e reddituali come rappresentazione dell’andamento della sua gestione esterna.

GESTIONE INTERNA: sottosistema delle operazioni interne del gruppo.

  • partecipazioni intersocietarie: strumenti x controllo all’interno del gruppo
  • finanziamenti intergruppo: realizzano processi di allocazione interna dei capitali
  • trasferimenti di beni e servizi intergruppo.

Dirottamento di utili: si può attuare attraverso politiche di prezzo interni difformi dai prezzi di mercato. I motivi del dirottamento sono:

  • creare incentivo x rafforzare cooperazione interna
  • ridurre gli utili dove c’è un peso consistente delle minoranze esterne
  • conseguire vantaggi fiscali dirottando utili verso società in perdita

Lo sviluppo a catena dei gruppi societari consente di conseguire vantaggi di una doppia leva finanziaria:

  • creditizia: accumulo progressivo dei finanziamenti di credito (passività) delle società controllate dalla holding, che partendo quindi dal proprio livello di indebitamento (passività / capitale netto), accentua IL peso del numeratore con il vantaggio di venire a disporre di capitali aggiuntivi grazie allo sviluppo a catena.
  • Azionaria: accumulo di capitali di rischio delle minoranze esterne delle diverse società. Questa leva è tanto maggiore, quanto più limitata è la percentuale di possesso nei capitali delle controllate.

IMPRESA  POST-FORDISTA
Management in possesso di competenze specialistiche. La specializzazione dei ruoli è valorizzata come prerogativa di competenza e efficienza, ritagliando con questo criterio delle aree funzionali all'interno dell'azienda: 

  • Approvvigionamenti 
  • Logistica 
  • Ricerca e sviluppo 
  • Produzione e 
  • Marketing 

Sono aree funzionali operative, quindi direttamente orientate al business dell'impresa. 
Si sviluppano anche altre aree non operative, ma che si dedicano ad attività di servizio e di supporto per l'intera azienda (risorse umane, organizzazione, legale e fiscale).
Queste aree tendono a rafforzare le capacità di coordinamento interno delle aziende; alcune di queste aree svolgono funzioni obbligatorie, come l'area fiscale. 

I caratteri dell'impresa post fordista. 
Si intende modello emergente di impresa, fatto per superare lo stereotipo dell'impresa fordista, detta così perché ancorata a modelli organizzativi di gestione nella fase ormai obsoleta di capitalismo industriale. 

Impresa fordista si basa su determinati presupposti:

  • persegue l'efficienza tramite specializzazione dei compiti e standardizzazione dei processi produttivi e di prodotti (uniformità un'bassa varietà delle gamma offerta); 
  • Ricerca di economie di scala attraverso crescita volume produttivo; 
  • Leadership di costo come fattore competitivo;
  • in cerco di tecnologie rigide; 
  • Accentramento al vertice delle decisioni, basso grado di dedica. 
  • Lunghi cicli di vita dei prodotti; 
  • Nessuna attenzione ai problemi ambientali 

 Si ha quindi un tipo di azienda che difficilmente può sopravvivere nei nuovi assetti competitivi. 

Impresa post-fordista invece ha i seguenti caratteri distintivi:

  • si orienta al cliente invece che al prodotto; 
  • Ricerca della qualità con fattore critico di successo; 
  • utilizzo di tecnologie avanzate flessibili;
  • gamma dell'offerta produttiva e personalizzazione del prodotto;
  • versatilità del personale; 
  • Gestione per processi, per privilegiare il coordinamento delle fasi operative in cui si articola il processo di produzione; 
  • Decentramento decisionale e coinvolgimento diversi livelli organizzativi;
  • brevità dei cicli di vita dei prodotti e innovazione continua; 
  • Globalizzazione dei mercati. 

L'impresa post fordista rappresenta il modello di impresa che è più capace ad adattarsi al nuovo ambiente e che il capitalismo attuale tende ad affermare. Il management deve essere quindi preparato ad operare in questo contesto, con maggiore abilità di apprendere di negoziare. 

Verso nuovi modelli d'azienda: l'azienda rete. 
Le strategie di integrazione e di diversificazione già analizzate presuppongono la costante crescita dimensionale dell'azienda come condizione durevole di successo. Questo modello di sviluppo (congeniale all'impresa fordista) appare rischioso e pieno di problemi nei nuovi assetti capitalisti. 
Sorgono dei problemi: 

  • Controllo solo proprietario, che implica la proprietà dei mezzi di produzione;
  • Personale dipendente e numeroso; 
  • Elevati fabbisogni finanziari a fronte degli investimenti per la crescita; 
  • Rigidità delle strutture organizzative; 
  • Alti costi organizzativi; 
  • Lentezza di crescita. 

Il modello di impresa rete si basa invece sulla prevalente crescita per via esterna. Si afferma il ruolo di un'impresa centrale, che allaccia relazione di collaborazione e di stretta cooperazione con altre aziende giuridicamente autonome. Si crea un sistema di aziende con obiettivi economici e regole di coordinamento comuni, sotto la regia dell'impresa centrale.
La rete di aziende, costituita da flussi ripetitivi di scambi di beni e servizi e di relazioni contrattuali e informali, è flessibile poiché si adatta alle esigenze del contesto competitivo, che cambiano continuamente.
Le reti competono con altre reti con aziende concorrenti nello stesso settore. All'interno della rete abbiamo altri ruoli come quelli delle imprese nodali che coordinano delle proprie sub-reti.
Il controllo e il coordinamento, assicurate dalla regia dell'impresa centrale, si realizzano attraverso due tipologie di meccanismi: 

  • Restrizioni e vincoli che servono a coordinare e disciplinare parzialmente i comportamenti delle aziende fatte; 
  • Incentivi finalizzate a creare un mutuo il specifico di fedeltà alla rete per rinforzare comportamenti collaborativi e realizzare barriere all'uscita della rete. 

Degli esempi di reti aziendali sono i sistemi di franchising, le reti di concessionari, reti di ricerca, reti informatiche.
Vantaggi: 

  • Controllo non proprietario dei mezzi di produzione; 
  • Bassi fabbisogni finanziari;
  • poco lavoro dipendente o prevalenza di partnership esterni, 
  • Strutture organizzative snelle e piatte, con pochi livelli gerarchici e bassi costi organizzativi;
  • fatto fra attività e crescita richiesta terna; 
  • Elevata flessibilità strutturale.

 

Il modello reticolare ha però dei limiti e dei rischi specifici:

  • Rispetto alla azienda integrata e unitaria, non assicura il "controllo forte" necessario per proteggere e sviluppare le risorse fisiche e competitive.
  • Un'impresa rete troppo sbilanciata verso le relazioni esterne agisce solo da architetto del sistema.

La produzione flessibile nell’impresa post-fordista.
L’azienda di produzione post-fordista tende a fare ampio ricorso a sistemi di produzione avanzati, caratterizzati da elevata flessibilità: sistemi FMS – flexible manufacturing systems.
Le caratteristiche e di questi sistemi sono quelle di un utilizzo di impianti automatici facilmente riconvertibili da una produzione all’altra.  Si cerca quindi di superare i limiti di una produzione tradizionale, dove le tecnologie sono altamente specializzate e non riconvertibili. Le imprese hanno bisogno di lavorare su processi variati che favoriscono la produzione non di un flusso di prodotti standard, ma di molteplici lotti variati, quindi più piccole produzioni differenziate nelle caratteristiche funzionali, nel design, nei materiali......
Eccone alcuni esempi: 

  • Macchine a controllo numerico computerizzato CNC, che possono eseguire diversi programmi di lavorazione selezionati mediante computer. 
  • Robots, strumenti versatili funzionali per lavorazioni di precisione, in grado di sostituire il lavoro manuale. 
  • Magazzini automatici, consistenti sistemi integrati controllati attraverso computer in cui si gestiscono le diverse sequenze della gestione dei magazzini, sovente con l'impiego di codice mare. 
  • Sistemi logistici computerizzati, che consistono in sistemi integrati di gestione automatica dei flussi di materiali, di semilavorati, di prodotti finiti da immagazzinare, con vantaggi in termini di rapidità e coordinamento dei flussi.
  • Sistemi CAD/CAM (computer aided design e computer aided manfuacturing) che consistono in gestioni assistite da computer delle fasi di progettazione industriale e di lancio delle commesse di produzione. Questo ha dei vantaggi:
  • efficienza nelle fasi di progettazione e di produzione;
  • integrazione tra le fasi di progettazione di produzione, utile anche per un coordinamento che migliori attività logistiche e di magazzino, ma anche per perfezionare la qualità produttiva e per accorciare il time to market, cioè il tempo che intercorre dall'idea alla realizzazione del prodotto.

Questi sistemi CAD/CAM sono particolarmente utili nelle produzioni con diverse varianti di design e anche dove esiste una complessità nella configurazione di un prodotto. Per sistemi di produzione flessibile si intende l'integrazione di tutte o quasi le fasi di progettazione-produzione-logistica mediante la tecnologia informatica.
I vantaggi dell'integrazione sono efficienza, flessibilità, qualità, e affidabilità, velocità delle produzioni. 
Sul piano manageriale si afferma la logica del gioco di squadra, con ruoli manageriali di integrazione e di coordinamento: capi commessa, project emergere, program manager, product manager. 
Sono ruoli che lavorano per ottimizzare il risultato complessivo di processo e non singole fasi e  prestazioni isolate. La manodopera assume compiti di controllo a computer, di osservazione e monitoraggio di processi e di fasi, di partecipazione a squadre di lavoro e a gruppi di progetto. Il ruolo del personale e del management è anche di gestione strategica, perché le risorse umane divengono depositari delle condizioni di successo e di competitività dell'impresa, con una prontezza di risposta agli eventi gli stimoli esterni, impensabile nella statica impresa fordista che era caratterizzata da tempi lunghi di routine produttiva tra un cambiamento e quello successivo.

la qualità totale 
Le attuali logiche competitive hanno affermato l'orientamento alla qualità totale come fattore strategico di successo. 
Si tratta di una reinterpretazione dell'intera azienda e della sua gestione. La qualità totale insieme alla produzione flessibile è diventata l'emblema dell'azienda post-fordista, impegnata nella competizione globale e attenta ai valori universali e a livelli di performance emergenti a livello mondiale.  è un orientamento strategico adatto per le economie più avanzate. La qualità totale è  ineludibile se si vuole competere nei mercati più ricchi e in una dimensione globale; essa si ripropone di coniugare l'economicità aziendale con la soddisfazione della clientela, ponendosi come contributo generale al miglioramento della qualità della vita. 
Il fatto di incorporare negli obiettivi aziendali delle autentiche esigenze esterne espresse in particolare dalla clientela, relativizza maggiormente il comportamento dell'azienda e la costringe sempre più ad essere un attore del sistema sociale. L'impresa deve saper esprimere nei prodotti e nei servizi offerti anche i valori condivisi dalla società:

  • Compatibilità con l'ambiente naturale 
  • identità  con modelli di vita emergente 
  • Trasparenza, semplificazione procedurale e rispetto dei diritti 
  • Autentici valori etici.

Qualità totale può essere il modo per introdurre nei processi operativi e aziendali importanti innovazioni, organizzative e gestionali e tecnologiche, ma anche culturali e comportamentali. Qualità totale significa dunque una profonda revisione di processi operativi aziendali, con particolare attenzione sul coinvolgimento delle risorse umane.

Le origini della qualità aziendale partono dalla diffusione in Nord America, fra le due guerre mondiali, di metodi statistici e gestionali di controllo sulla qualità dei prodotti, per ridurre la percentuale dei difetti, ritenuti entro certi limiti incomprimibili. E' una funzione specialistica concentrata nelle competenze di tecnici e analisti di qualità di prodotto. 
Al giorno d'oggi si sta diffondendo presso molte aziende europee l'attuazione delle direttive CEE norme ISO-9000 ai fini della certificazione della qualità dei prodotti di servizi che è necessaria per partecipare a gare pubbliche, per ottenere forniture per società e enti di primaria prima importanza  e opportuna per elevare la reputazione delle aziende.
la certificazione viene rilasciata da società di certificazione indipendenti, che esprime un'opinione di conformità dell'attività aziendale a determinati standard previsti dalle direttive specifiche.

La qualità totale è invece gestione strategica che richiede un approccio di interventi. Essa trae origine dall'esperienza degli ultimi decenni e in particolare dalla Toyota. 
I presupposti della qualità totale sono: 

  • flessibilità organizzativa e produttiva:

La qualità totale consiste nella capacità dell'azienda di ottenere la soddisfazione della clientela.  Per fare ciò bisogna eliminare i difetti e appagare in senso psicologico il cliente finale, con il vantaggio per l'azienda di conquistare la fidelizzazione.
Sul piano organizzativo le strutture reticolari sono più adatte per la loro flessibilità a fornire       supporto alle strategie di qualità, rispetto alle aziende burocratiche e largamente dimensionate all'interno delle quali il contatto con il cliente non esiste perché parte del  personale trascorre la propria vita lavorativa lontana dal mercato e distante dal cliente.
Sul piano tecnologico non si può rinunciare nelle imprese industriali ai sistemi di produzione basati sull'automazione flessibile per la versatilità e il contenimento assoluto dei costi di riattrezzaggio; la qualità totale, in  un mercato globale, va infatti coniugata con l'efficienza dei costi per assicurare posizioni competitive di leadership congiuntamente di prezzo e di qualità.

  • sistema di valori definibili con il concetto KAIZEN, ovvero un miglioramento continuo :

l'azienda è un sistema di incentivi, ed è importante la sfera psicologica come causa efficiente dei risultati aziendali.
Il successo dell'azienda è il prodotto di azioni umane individuali rette da giuste motivazioni, da slanci ed entusiasmi. Il KAIZEN è un fattore intangibile, un'aspirazione umana verso il miglioramento continuo. Questo valore si deve affermare perché le aziende tendono col tempo a sclerotizzare il proprio comportamento a causa di routine e ritmi ripetitivi, devono inseguire i mutevoli livelli di soddisfazione della clientela e devono sapersi rinnovare rapidamente.
Il miglioramento è il risultato di un comportamento intenzionale e disciplinato, che viene realizzato perseguendo progetti di miglioramenti aziendale, o utilizzando meccanismi di pianificazione e controllo, e affermando valori aziendali come qualità e ricerca del miglioramento progressivo.

  • (vedi ruota di Deming: esperto mondiale di qualità - strumento che serve per interpretare il circolo vizioso PLAN -DO -CHECK - IMPROVE, che consiste nell'utilizzo di strumenti di programmazione volti ad anticipare i rischi di errori e difetti).
  • valorizzazione delle risorse umane SOKOFU

Per affermare la qualità totale bisogna anche che ci sia l'impegno delle persone e che siano capaci di sostenere questo impegno nel tempo. Il personale quindi va considerato soggetto del miglioramento continuo. La strategia di qualità è quindi performance di gruppo e azione quotidiana, con uno sviluppo graduale che necessita la partecipazione di tutto il personale.
Qualità totale quindi come ricerca collettiva di prestazioni migliori. Le risorse umane vanno valorizzate attraverso formazione e addestramento permanenti, arricchimento delle mansioni, turnover dei compiti operativi, gioco di squadra, versatilità delle competenze, autorità anche a bassi livelli di intervenire per eliminare difetti e rimuovere cause della "non qualità" all'origine, creazione rapporti cliente-fornitore, organizzazione di circoli di qualità.

  • il JUST IN TIME unitamente al suo braccio operativo: KANBAN

Just in time è risultato gestionale che concretizza la soddisfazione del cliente fornendo un prodotto conforme alle sue specifiche esigenze (personalizzato o adeguato), senza attese e nel luogo più opportuno per lui, con livelli di assistenza e di servizio affidabili, e soprattutto senza difetti. (zero difetti è lo slogan con cui il JIT si è affermato).
Kanban significa cartellino: uno strumento di informazione tecnico - operativa che serve a comunicare tra le interfacce di fasi sequenziali lungo il processo di produzione.
la comunicazione è essenziale x trasmettere lungo tutto il processo i messaggi della clientela e  le specifiche tecniche che strumentalmente traducono un prodotto finito conforme alle esigenze del cliente in componenti industriali, in cicli di lavorazione, in materie prime da prelevare in magazzino... È quindi il mezzo per comunicare in un  rapporto cliente-fornitore interno, traducendo l'ordine del cliente in prelievi a monte di beni e servizi conformi.
E' un processo che va a ritroso: parte dell'ordine del cliente per gestire via via tutte le interfacce tra le diverse fasi contigue del processo produttivo, per assicurare conformità durante l'intero processo: realizza così l'effetto qualità totale inteso come soddisfazione del cliente finale.
Questo percorso a ritroso è chiamato sistema pull, perchè la produzione è trainata dalle informazione del cliente finale e il KANBAN, come anello di trasmissione, replica i rapporti cliente-fornitore all'interno. Nell'impresa fordista il processo va da monte a valle (sistema push).
Con JIT si abbassano o si azzerano le giacenze di magazzino. L'azzeramento delle scorte è fonte di notevoli economie di costo per l'impresa industriale.

Sono soluzioni complesse ed integrate che realizzano un continuo e sistematico ed irreversibile processo di cambiamento virtuoso dell'azienda.

Economia della qualità.
la qualità totale non è solo un fattore critico di successo per la competizione globale, ma è anche condizione per conseguire rilevanti vantaggi economici.
Gli interventi migliorativi per affermare la qualità determinano dei costi aggiuntivi (costi di qualità - CQ)

  • Per prevenire difetti (consulenze, formazione...)
  • Per controllare la qualità (analisi e test di laboratorio, statistiche sulla qualità..)

I vantaggi dovuti all'eliminazione dei costi della non qualità (CNQ) possono essere largamente superiori grazie ad interventi volti a ridurre verso l'azzeramento i difetti interni (di lavorazione, gli scarti, i guasti...) e i difetti esterni (lamentati dalla clientela mediante reclami, resi di merce difettosa..). In generale l'economia della qualità si basa sulla presenza diffusa nelle diverse realtà produttive della seguente relazione: C

 

3- SCELTE DI ESTENSIONE VERTICALE E ORIZZONTALE

Le dimensioni di un’impresa non sono determinate solo dalle dimensioni delle singole produzioni, ma più in generale dalle scelte di estensione delle combinazioni economiche: estensione interfunzionale, orizzontale e verticale. Un’impresa è tanto più grande, quanto maggiori sono le capacità produttive installate, quanto maggiore è il numero delle funzioni, quanto più numerose sono le aree strategiche d’affari (ASA).

 

ESTENSIONE INTERFUNZIONALE:
ogni impresa deve prendere 2 ordini di decisioni: quante risorse investire in ogni funzione, oltre i livelli minimi imposti, e decidere quali finzioni svolgere all’interno o all’esterno dell’impresa. Le scelte fatte influenzano fortemente le dimensioni complessive dell’azienda.
Le scelte di estensione interfunzionale si ispirano ai seguenti criteri:

  • efficienza ed economicità di produzione: esternalizzando una attività è possibile che il fornitore della stessa possa realizzare economie di scala non possibili invece per l’impresa.
  • Costi di transazione: le imprese tendono a mantenere al proprio interno le attività i cui contenuti e risultati sono scarsamente definibili; internalizzano le attività che, se esternalizzate, comporterebbero alti costi di transazione.
  • Criticità strategica: le imprese internalizzano le attività che costituiscono competenze distintive d rilevanza strategica, che devono essere protette dall’imitazione esterna.

ESTENSIONE ORIZZONTALE:
Ogni impresa deve riflettere e decidere in merito alla numerosità e disomogeneità delle aree d’affari (combinazioni economiche parziali) nelle quali operare, ovvero al suo grado di diversificazione. Abbiamo quindi imprese monobusiness (1 sola combinazione parziale, lavorano su 1 solo prodotto e su una sola nicchia di mercato), imprese che gestiscono molti business diversi. La maggior parte delle imprese si trovo tra questi due estremi.
Le strategie di diversificazione sono anche chiamate strategie di portafoglio: l’impresa deve sempre avere a disposizione un portafoglio equilibrato di ASA.
Il problema delle strategie di portafoglio riconduce ad un prevalere delle considerazioni finanziarie rispetto alla ricerca delle sinergie fra le diverse aree di attività e all’orientamento.
Affinché la diversificazione porti ad un aumento del valore dell’impresa, la strategia di portafoglio deve mirare ad accrescere il vantaggio competitivo delle singole attività, individuando e perseguendo sinergie tra diversi business. I criteri a cui si deve far riferimento nel prendere decisioni di questo livello sono:

  • attitudine a generare o assorbire mezzi monetari: bisogna cercare di combinare ASA che assorbono risorse finanziarie con ASA che invece le generano, così da non sbilanciare eccessivamente la struttura patrimoniale dell’impresa. L’attitudine a generare risorse è legata alla fase del ciclo di vita del business. Le attività in settori maturi tendono ad assorbire meno risorse finanziarie.
  • Fase del ciclo di vita del prodotto: è uno dei fattori che influenzano l’attitudine a generare o assorbire risorse finanziarie. Influenza anche: tasso di cambiamento tecnologico, attrattività del settore in termini di tassi di sviluppo della domanda, modalità competitive. Una strategia equilibrata dovrebbe combinare ASA che si trovano in diverse fasi del ciclo di vita in modo da favorire uno sviluppo dimensionale graduale e continuo. Inoltre bisogna sfruttare i prodotti in fase di maturità come fonti di risorse finanziare e investire nei prodotti in fase di introduzione e sviluppo.
  • Attrattività del mercato: dipende dalla configurazione del sistema competitivo e dalla fase del ciclo di vita del prodotto. La strategia di portafoglio dovrebbe favorire ASA che presentano struttura del sistema competitivo più favorevole e che consentono tassi più alti di crescita del fatturato.
  • Posizione competitiva dell’impresa nell’ASA: questo è un altro elemento che serve per decidere se investire o disinvestire da una determinata ASA. La redditività di un ASA dipende dalla struttura del sistema competitivo, dalla posizione strategica occupata, dalla quota di mercato, dal raggruppamento strategico dove si vuole operare. La strategia di portafoglio dovrebbe consolidare le ASA con buone posizioni competitive e selezionare le ASA con posizione competitiva debole. Il rafforzamento della posizione competitiva richiede investimenti rilevanti sia in termini finanziari che organizzativi, e è difficile che un’impresa possa avere successo impegnandosi su più fronti contemporaneamente.
  • Sinergie non finanziarie: possono esistere molte sinergie, che vanno assiduamente individuate e perseguite. Possono essere materiali ( condivisione rete distributiva, delle attività di ricerca e sviluppo…), immateriali (condivisione del marchio, del know-how, di esperienze..). Molte sinergie rimangono solo a livello potenziale perche l’impresa non è capace di coordinare adeguatamente le diverse ASA: le diverse attività sono gestite come fossero tante imprese singole e non un’unica grande impresa. La struttura organizzativa di base e tutti i sistemi operativi devono essere orientati al coordinamento per perseguire attivamente tutte le sinergie.
  • Attitudine a generare know-how strategico: a volte la gestione di una certa ASA consente di sviluppare esperienze, conoscenze, tecnologie che possono essere utili ad altre ASA dell’impresa.

In conclusione quindi la strategia di portafoglio deve tenere in considerazione tutti i criteri riportati, evitando posizioni rigide in merito alla modalità scelta.

 

ESTENSIONE VERTICALE:
L’estensione verticale, o integrazione verticale, delle combinazioni economiche di un’impresa esprime il numero e la disomogeneità delle fasi della filiera produttiva svolte al proprio interno; è un’impresa è scarsamente integrata verticalmente quando svolge una sola specifica fase (es distribuzione solo all’ingrosso); è invece fortemente integrata verticalmente quanto svolge “tutte” le fasi dalla produzione alla vendita. Le imprese tendono a monte o a valle per economicizzare in termini di costi di transazione, per ottimizzare le integrazioni tecnologiche, per interiorizzare le competenze o le risorse strategiche, e per ridurre l’accesso di concorrenti alle risorse strategiche.
Ciò che frena invece l’integrazione verticale sono gli investimenti finanziari richiesti per aggiungere nuove combinazioni economiche, la rigidità strategica e la concentrazione del rischio.

ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE (O DI SCOPO)
Le economie ottenibili grazie all’ampliamento della varietà dei beni prodotti, ossia all’allargamento dei confini dell’impresa in senso orizzontale, sono chiamate economie di raggio d’azione o di scopo, o sinergie non finanziarie. Abbiamo economie di scopo quando producendo unitariamente 2 o + beni, si realizzano vantaggi economici rispetto alla loro produzione disgiunta. Queste economie derivano dal fatto che si usano risorse comuni a 2 o + beni.
Le economie di raggio d’azione riguardano il vantaggio che si ottiene quando 2 o più beni vengono progettati, realizzati, e venduti utilizzando risorse comuni, rispetto alla situazione nella quale gli stessi beni o servizi vengono realizzati separatamente.
Le strategie di ampliamento della gamma dei prodotti e servizi offerti si chiamano strategie di diversificazione. Per ottenere vantaggi economici occorre che le diverse attività produttive utilizzino risorse materiali o immateriali, condividendole e gestendole unitamente.
Le risorse materiali (macchinari, impianti produttivi..) hanno il vincolo della capacità produttiva, ovvero affinché si realizzino i vantaggi economici per l’azienda, nell’introduzione di nuovi prodotti, che utilizzino risorse materiali presenti in azienda, è necessario che queste risorse abbiano ancora capacità produttiva disponibile non utilizzata (insatura).
Le risorse immateriali (immagine dell’azienda, marchio, creatività..) non hanno limiti fisici,possono essere usate all’infinito, anzi il loro utilizzo più intensivo spesso consente un loro arricchimento. (esempio: marchio disney – quanto più il marchio è utilizzato, tanto maggiore è la sua conoscenza da parte del pubblico a cui è destinato e tanto maggiore sarà il suo valore).
Le risorse immateriali sono legate al vincolo della coerenza, ovvero l’utilizzo del marchio deve essere agli occhi del cliente sempre coerente, se invece si dimostra non coerente con gli altri prodotti può portare all’immediata riduzione del valore del marchio. Un altro vincolo è la difficile appropriabilità: le risorse immateriali spesso risiedono nelle singole persone e non sono quindi trasferibili ad altri all’interno dell’azienda.
Le economie di raggio d’azione si misurano confrontando i costi di realizzazione di due o più beni che condividono le risorse (produz. integrata), rispetto ai costi sostenuti per produzioni autonome, ossia che non condividono le risorse (produz. disgiunta).
Possiamo raggiungere economie di scopo nella produzione di due o più beni, se i costi della produzione integrata sono minori della somma dei costi della produzione disgiunta.
Le economie di raggio d’azione possono essere misurate come rapporto tra il risparmio di costi realizzabile con le produzioni integrate e il costo totale delle produzioni disgiunte:
ERA= somma costi produz disgiunte – costi produz integrate / somma costi produz disgiunte

FONTI DELLE ECONOMIE DI RAGGIO D’AZIONE
La gestione unitaria consente un migliore sfruttamento delle risorse (materiali, immateriali, intangibili). Le economie di scopo sono dovute a:

  • condivisione elementi materiali della struttura produttiva: impianti ed attrezzature
  • condivisione elementi materiali delle strutture di vendita: canali e reti distributive
  • condivisione risorse immateriali

Effetto ombrello: è un effetto dello sfruttamento congiunto di risorse immateriali, ovvero sfruttare un marchio o immagine su un ambio numero di prodotti. Si creano dei marchi che contraddistinguono un numero elevato di prodotti il cui effetto immagine si ripercuote su tutti i prodotti sotto il marchio stesso.Le campagne pubblicitarie e le attività di comunicazione effettuate sul marchio ombrello consentono di dividere i costi delle attività stesse su un numero + ampio di prodotti. Inoltre qualsiasi nuovo prodotto inserito sotto l’ombrello può godere immediatamente dell’immagine degli altri prodotti già presenti.

3-ECONOMIE DI SCOPO NEGLI AGGREGATI INTERAZIENDALI
Economie di scopo possono essere anche raggiunte attraverso accordi e alleanze fra imprese differenti nell’ambito di aggregati interaziendali. Un esempio sono le campagne pubblicitarie congiunte; le aziende condividono le spese pubblicitarie e cercano di rafforzare la propria immagine associandosi ad un partner di successo.

 

3-SCELTE DI INTERNALIZZAZIONE E ESTERNALIZZAZIONE E ECONOMIE DI TRANSAZIONE

  • INTEGRAZIONE VERTICALE

Un’importante categoria di scelte economiche è rappresentata dalle decisioni riguardanti l’integrazione verticale dell’azienda, quindi quali attività svolgere all’interno dell’azienda e quali far svolgere ad altri attori economici.

  • COSTI DI TRANSAZIONE

Una transazione si manifesta quando un bene o un servizio è trasferito attraverso un’interfaccia tecnologicamente separabile: una fase di un’attività finisce e l’altra inizia. Con il termine TRANSAZIONE ci si riferisce a qualsiasi passaggio tra le fasi produttive tecnologicamente separabili.
Transazioni esterne: scambi tra attori economici giuridicamente distinti, i cui costi sono costi per l’esternalizzazione delle attività
Transazioni interne: passaggio tra attività tecnologicamente separabili svolte all’interno di una stessa impresa, i cui costi sono costi di gestione della transazioni interne.
L’identificazione delle attività tecnologicamente separabili, delle transazione fra queste e dei relativi costi, è un passaggio fondamentale per definire i confini aziendali. Una volta identificati questi elementi, il problema consiste nel decidere quali transazioni internalizzare e per quali invece ricorrere ad altri operatori e in che modo.
Per decidere quali attività internalizzare e quali esternalizzare dobbiamo mettere a confronto le seguenti categorie di elementi:
costi di realizzazione interna + costi coordinamento interno
rispetto a:
costi di acquisto + costi di transazione esterna
oppure:
prezzi di vendita + costi transazione esterna

I costi di acquisto e i prezzi di vendita sono influenzati dai costi di realizzazione che gli attori sostengono o dovrebbero sostenere per svolgere le attività considerate.
Anche i prezzi di vendita sono influenzati dal costo che la controparte sosterrebbe per internalizzare l’attività  e dal potere contrattuale relativo dei contraenti.
I costi di realizzazione, di acquisto e i prezzi di vendita sono importanti ma non sufficienti per prendere una decisione di internalizzare o no. Occorre quindi aggiungere i costi del coordinamento interno e della transazione esterna.
I costi del coordinamento interno sono rappresentati dal costo della funzione direttiva: occorre che qualcuno stabilisca come allocare le risorse, quali attività svolgere, come dimensionare la capacità produttiva. L’internalizzazione richiede anche l’impiego di consistenti risorse x tenere sotto controllo costi ed efficienza. I costi della funzione direttiva e di controllo rappresentano una quota minore dei complessivi costi di coordinamento interni. I costi più rilevanti sono rappresentati dagli sprechi, dai maggiori costi, dalla minore efficacia, dall’inefficienza indotti da errori di coordinamento. Al crescere delle dimensioni aziendali l’insieme delle attività da coordinare diventa sempre più complesso e aumentano le possibilità di errore.
Esternalizzando le attività diminuiscono i costi di coordinamento, ma si devono sostenere i costi delle transazioni esterne. Gestire transazioni esterne costa perche:

  • bisogna raccogliere info necessarie su ogni singola transazione
  • occorre negoziare e predisporre contratto per ogni transazione
  • bisogna premunirsi x prevenire comportamenti indesiderati da parte degli altri contraenti.

Una volta effettuata la transazione possono emergere costi ex post:

  • disallineamenti tra esigenze dei diversi contraenti
  • per eliminare questi disallineamenti si sostengono ulteriore costi di negoziazione
  • occorre predisporre delle strutture di gestione delle transazioni e delle dispute che possono scaturire.

LE DETERMINANTI DEI COSTI DI TRANSAZIONE
Gli elementi che influenzano il costo di una transazione:

  • complessità informata: i costi di transazione sono legati alla complessità informativa della transazione stessa. All’aumentare della complessità informativa il mercato diventa meno trasparente e aumenta il grado di incertezza sull’esito della transazione.
  • specificità delle risorse: si ha specificità delle risorse quando 1 o + contraenti in una transazione devono sostenere dei costi più o meno rilevanti per cambiare interlocutore. Se manca la specificità delle risorse non c’è alcun vincolo all’interruzione della relazione e ogni contraente può rimettersi sul mercato eliminando immediatamente il costo di transazione insorto ex post. La specificità delle risorse può avere diverse forme: di luogo, e dei beni fisici. I costi legati a queste due forme possono essere ridotti separando la proprietà dei beni dal loro utilizzo.
  • possibilità di comportamenti opportunistici o inadeguati: molti dei costi di transazione verrebbero meno se le persone non tendessero a comportarsi in modo opportunistico. Se non esistesse questo comportamento, non sarebbe necessario premunirsi con complesse clausole contrattuali e nessuno penserebbe di approfittare delle specificità delle risorse. Senza opportunismo anche contratti incompleti non comporterebbero rischi. A volte il comportamento inadeguato della controparte potrebbe non essere legato all’opportunismo, ma bensì all’incapacità.

 

3-SCELTE DI INTEGRAZIONE INTERAZIENDALE
Molti istituti includono nei propri confini combinazioni e coordinazioni economiche che in teoria potrebbero essere svolta da altri istituti. Sono le cosiddette scelte di delimitazione dei confini di istituto. Moltissime relazioni che intercorrono tra gli istituti non sono solo semplici relazioni di scambio, ma invece relazioni lungo le quali si dispongono anche forze e legami politici, contrattuali, culturali, etici…Sono le relazioni istituzionali.
Scelte di aggregazione interaziendale: tratta i temi delle scelte dei confini aziendali e delle relazioni istituzionali

Tra due o più istituti (M e N) si possono manifestare dei vantaggi di aggregazione. A seconda dei tipi e dei livelli di vantaggi, si possono scegliere diverse forme di aggregazione:

  • M e N rimangono entità giuridicamente e operativamente indipendenti
  • M e N formano un aggregato, cioè mettono in comune una parte o la totalità delle loro combinazioni economiche:
  • possono formare un aggregato mono aziendale  (unica entità giuridica),
  • oppure aggregato interaziendale (M e N sono 2 entità giuridiche distinte): si possono unire medianti relazioni di capitale di rischio (joint venture), oppure tramite contratti (franchising);
  •  oppure ancora non fanno nessuna mossa formale, non stipulano contratti ma adottano taciti comportamenti di forte integrazione

LE TEORIE DELL’ORGANIZZAZIONE ECONOMICA
Teorie dei costi di transazione e della dipendenza dalle risorse: inducono a ritenere che le imprese tendono a gestire la complessità delle relazioni tra gli istituti inglobando (internalizzando) quelle più problematiche (ossia eliminandole). Altre teorie invece sostengono che al crescere dell’incertezza le imprese intensificano le loro relazioni per difendere e rafforzare i loro patrimoni di conoscenze distintive; il principale effetto dell’incertezza ambientale è l’intensificarsi di rapporti con partner esterni affidabili.
Il tema degli aggregati e delle alleanze si può trattare dando peso alle condizioni sociali. Infatti le imprese operano immerse in reti di contatti esterni, di relazioni sociali; le variabili sociali hanno una grande importanza nello spiegare le dinamiche e gli esiti delle alleanze.
Un’altra teoria sostiene che le aziende si aggregano per forze di varia natura; ci sono altre forze invece che ostacolano l’aggregazione; alcune condizioni nel contesto possono facilitare o rendere difficile l’aggregazione; ci sono molte forme di aggregazione e ogni azienda può adottare più forme contemporaneamente.

SPINTE ALL’AGGREGAZIONE
Le spinte che portano all’aggregazione sono:

  • Economie di scala: espresse dai minori costi unitari associati a maggiori dimensioni di capacità produttiva installata; contribuiscono direttamente a determinare le aggregazioni di combinazioni economiche. Molte imprese si aggregano in reti di franchising per realizzare grandissime dimensioni sfruttando combinazioni varie di economie di scale e di replicazione
  • Le economie di raggio d’azione spingono all’aggregazione di attività disomogenee. Si danno questo tipo di economie quando sono disponibili condizioni di produzione utili per combinazioni economiche non simile e l’aggregazione porta costi totali inferiori a quelli che si avrebbero in vaso di combinazioni attuate in modo separato.
  • Si ricorre spesso anche a competenze distintive possedute da imprese differenti: si mettono in comune competenze diverse; le forme di aggregazione sono varie, ci può essere la fusione, la creazione di joint venture, scambio di brevetti/licenze.
  • La condivisione dei rischi tra imprese può essere fattore di aggregazione; due o più soggetti condividono lo stesso rischio, soprattutto quando si avviano attività innovative.
  • Anche le economie di transazione stimolano le aggregazioni; abbiamo economie di transazione quando aggregando più combinazioni economiche, i costi di gestione dell’interdipendenza sono minori rispetto a quelli che si avrebbero nel caso contrario. Le opportunità di economie di transazione sono alla base del formarsi di aggregati aziendali integrati verticalmente (reti in franchising, dove il franchisor è produttore di beni distribuiti dal franchisee)
  • Rendite monopolistiche: sono sfruttate per far fronte alla pressione competitiva; è una strategia che riflette un atteggiamento di avversione alla pressione competitiva.
  • Reti di relazioni sociali: aggregarsi significa cooperare; i rischi di selezione avversa e azzardo morale si tengono sotto controllo se si collocano in un contesto positivo di relazioni sociali.  Le alleanze interaziendali si formano tra imprese che nel passato hanno avuto occasione di costruire rapporti di stima e fiducia. Se le relazioni sociali sono deboli, l’aggregazione si deve perciò basare su forti meccanismi contrattuali
  • Le aggregazioni sono frutto di strategie di dominio, economico e non: il controllo di grandi aggregati non ha come motivazione primaria la realizzazione principi di economicità (di economie di scala, per esempio) ma solo la realizzazione di obiettivi personali.
  • Infine all’origine degli aggregati ci possono essere anche particolari relazioni di solidarietà (relazioni di parentela …)

 

OSTACOLI ALL’AGGREGAZIONE:

  • Ultracomplessità organizzativa: aumenta il livello di complessità organizzativa con gli aggregati; ci sono più operazioni che possono rendere economicamente meno conveniente l’aggregato aziendale; ci sono troppi costi di governo
  • Fabbisogno di differenziazione degli orientamenti manageriali: esigenza di gestire secondo diverse modalità delle combinazioni economiche il cui successo è basato su leve competitive differenti
  • Rischio di erosione delle conoscenze e delle competenze distintive: c’è il rischio che le competenze e conoscenze vengano messe in circolazione e cancellino l’unicità delle competenze possedute da una singola azienda. Le aziende quindi proteggono le competenze distintive sulle quali si fonda il loro vantaggio competitivo.
  • Separazione dei rischi
  • Orientamento all’indipendenza e alla competizione: ogni aggregato comporta parziali riduzioni di autonomia dei membri del soggetto economi: A volte si rinunci all’aggregazione a favore dell’autonomia e dell’indipendenza. A volte addirittura singoli membri formano nuove aziende. Orientamento alla competizione invece ostacola la formazione di aggregati collusivi di aziende concorrenti
  • Divergenze di valori e interessi: le differenze negli interessi possono ostacolare l’aggregazione e suscitano disaggregazioni

Ci sono poi dei fattori ambientali che possono facilitare o ostacolare l’aggregazione e sono:

  • sistemi di comunicazione e trasporto: se sono poco estesi possono spiegare situazioni di frazionamento di combinazioni economiche; spesso gli aggregati operano su aree geografiche molto estese
  • mercato dei capitali: le operazioni di aggregazione comportano ambi movimenti di capitali; il livello di efficienza del mercato dei capitali può essere una fattore determinante in senso positivo o negativo
  • Normativa economica (antitrust): le regole antitrust evitano che si formino aggregazioni orientate a comportamenti collusivi dannosi per la comunità
  • Cultura economica e politica prevalente

3-GLI AGGREGATI AZIENDALI
Le varie forme di aggregati aziendali si presentano secondo differenti combinazioni di caratteri distintivi.
GRUPPI ECONOMICI:
quando più combinazioni economiche sono istituite per un soggetto economico unitario. Le diverse combinazioni economiche hanno autonomia giuridica, ma costituiscono un unico complesso economico nel loro svolgersi dinamico in connessione a fini istituzionali del medesimo complesso economico.
L’unico soggetto economico ha potestà di governo economico estesa a tutte le scelte di tutte le aziende del gruppo.

Invece dal punto di vista della struttura giuridica abbiamo strutture molto varie: con o senza società capogruppo, con società capogruppo di varia configurazione giuridica, spesso le capogruppo finanziarie sono chiamate holding. L’esistenza di un gruppo può essere resa manifesta dalla presenza delle stesse persone negli organi di governo economico di più aziende.

 

Una forma particolare è quando due o più aziende di produzione danno vita a una combinazione economica congiunta mantenendo relativamente autonome le altre combinazioni economiche. Sono le joint venture, ovvero una nuova azienda il cui soggetto economico è formato dall’insieme delle persone che compongono i soggetti economici delle aziende che l’hanno originata. L’aggregazione nella forma joint venture spesso è temporanea; l’aggregazione si forma per realizzare un progetto dal quale si attendono risultati congiunti non convenientemente perseguibili autonomamente.
Altri gruppi economici si possono formare attorno al nucleo di una famiglia (soprattutto nel caso di famiglie con gestioni patrimoniali particolarmente vaste e articolate).

ASSOCIAZIONI FORMALI AZIENDALI

  • Consorzio: aggregato costituito da più aziende che si uniscono per svolgere in comune una coordinazione parziale del tipo acquisti, vendite, ricerca e sviluppo. Formare un consorzio vuol dire costituire una struttura comune che svolge operazioni quali l’acquisto di beni, acquisizione di capitali, copertura dei rischi…Alla formula del consorzio ricorrono istituti pubblici territoriali; l’aggregazione di forma per servizi pubblici non economicamente producibili dai singoli istituti.
  • Un cartello è un insieme di aziende che si associano per elaborare l’attuazione di politiche e programmi comuni atti a ridurre la pressione competitiva ambientale. Sono composti da aziende concorrenti o potenziali concorrenti con prodotti scarsamente differenziati. Spesso gli accordi tipici dei cartelli non sono formalizzati esplicitamente; si dice allora di taciti accordi di regolazione della concorrenza
  • Franchising: azienda centrale detta franchisor che è collegata a un numero elevato di aziende dette franchisee. L’azienda centrale trasferisce ai franchisee il diritto di uso di marchio e conoscenze; le aziende associate devono rispettare le modalità di svolgimento delle combinazioni economiche stabilite dal franchisor. l franchising è molto diffuso nelle aziende che si occupano di vendita al dettaglio di beni di largo consumo, nella ristorazione, nell’hotellerie. I vincoli che impone l’azienda centrale se si limitano alla cessione del diritto d’uso di marchio e brevetti, sono le relazioni di licenza o di concessione.
  • Accordi quadri: definiscono le condizioni di scambio di lungo periodo e anche le modalità di svolgimento delle operazioni interne delle aziende in relazione di scambio. Sono contratti che includono esplicite condizioni di continuità, esclusività e reciprocità del rapporto di fornitura, con la specificazione delle modalità di recesso e delle penali se non si rispettano le condizioni contrattuali pattuite. Spesso si tratta di rapporti asimmetrici: una delle parti può vedersi diminuita l’autonomia di esercizio delle prerogative di governo economico.
  • Le associazioni di categoria invece servono per perseguire interessi istituzionali e sono configurate per settore, dimensioni, natura del soggetto economico.
  • Associazioni di famiglia: servono x tutelare gli interessi in merito alla qualità dei beni di consumo acquistati; sono le cosiddette associazioni di consumatori.

ASSOCIAZIONI INFORMALI DI AZIENDE

  • Reti di subfornitura: composte da un’azienda principale con combinazioni economiche esternalizzate e un vario numero di aziende caratterizzate dal fatto che la loro attività economica trova sbocco in tale rapporto di fornitura e si svolge secondo delle modalità che sono determinate dall’azienda principale.
  • Costellazione di aziende: l’aggregato è composta da un numero ridotto di imprese (medio piccole) con combinazioni economiche strettamente complementari; infatti a seconda della caratteristiche dei settori e dei mercati a cui la costellazione partecipa, il ruolo di “guida” è riconosciuto alle aziende che governano le competenze tecnologiche o commerciali
  • Distretto: vasti insiemi di imprese connesse da relazioni di mercato e di settore, localizzate in una stessa e ristretta area geografica: vengono identificati per prodotto e località ( I mobili di Cantù)
  • Infine abbiamo intese informali, che si possono attuare in relazioni interaziendali di ogni tipo.

3-AGGREGATI INTRAZIENDALI
Sono le pluralità di combinazioni economiche aggregate in una stessa entità giuridica:

  • aziende multi unità: che inglobano più unità di trasformazione (stabilimenti, filiali..) che sono relativamente autonome e cercano di sfruttare economie di scala
  • aziende integrate verticalmente: combinazioni economiche parziali connesse in sequenza per sfruttare economie di transazione
  • aziende diversificate con combinazioni economiche parziali identificate da prodotti destinati a mercati diversi e sfruttano economie di raggio d’azione.

 

STRATEGIE E STRUTTURE AZIENDALI
Azienda hanno vari assetti istituzionali.
Azienda: fenomeno collettivo caratterizzato dall’azione di gruppo. L’azione individuale è sempre organizzata, perché condizionata da relazioni interpersonali e meccanismi burocratici interni all’azienda.
Azienda può essere vista come sistema di incentivi, influenze, condizionamenti vari.

AZIENDA IMPRENDITORIALE
A base familiare, potere nel Soggetto Economico, di solito è proprietario e amministratore unico.
SE: ha il potere, svolge diverse funzioni aziendali (commerciali, finanziarie, di rilievo strategico).
BASE OPERATIVA: vi viene affidata la gestione esecutiva.

AZIENDA MANAGERIALE ( a struttura complessa)
SE: azionista di comando, spesso una famiglia, titolare del pacchetto azionario di maggioranza, che viene trasferito x via dinastica.  Esprime il suo potere nelle assemblee.
CDA: funzioni di maggiore responsabilità. Formato da SE + rappresentati di fiducia. Nomina 1 presidente che ne coordina il funzionamento, esprime un comitato esecutivo -> 1° + amministratori delegati, con funzioni di governo.
Le assemblee deliberano sulle proposte del CDS e sugli eventi principali (fusione, trasformazione..).
TOP MANAGEMENT (GOVERNO E ALTA DIREZIONE): direttore generale + altri dirigenti hanno contratto di dirigente e funzioni di general management (coordinamento generale).
MEDIA DIREZIONE: sono dirigenti di medio livello, funzionari, quadri con competenze tecniche.
BASE OPERATIVA: direttamente coordinata dalla direzione intermedia, hanno compiti esecutivi specialistici; valorizzata verso la ricerca di soluzioni di miglioramento continuo.

RAPPORTI TRA STRATEGIE E STRUTTURE AZIENDALI
STRATEGIE: ricerca delle condizioni di successo aziendale nel contesto competitivo attraverso percorsi di cambiamento volti a modificare il rapporto azienda – ambiente. (strategie competitive: innovazione prodotti a seguito dell’evoluzione tecnologica; ingresso in nuovi mercati; riduzione sostanze inquinanti…)
Il successo di una strategia aziendale dipende dalla coerente realizzazione di una struttura organizzativa adeguata a quella strategia.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA: assetto morfologico che ordina i livelli e le sfere del potere all’interno dell’azienda attraverso le deleghe, le responsabilità e il disegno dei flussi relazionali formali.
Le aziende attuano strategie x perseguire i loro fini aziendali.

 

Fonte: http://www.scienzeturismo.it/wp-content/uploads/2010/06/domande1.doc

Sito web da visitare: http://www.scienzeturismo.it/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Nota : se siete l'autore del testo sopra indicato inviateci un e-mail con i vostri dati , dopo le opportune verifiche inseriremo i vostri dati o in base alla vostra eventuale richiesta rimuoveremo il testo.

Parola chiave google : Economia e strategie aziendali tipo file : doc

 

Economia e strategie aziendali

 

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Economia e strategie aziendali

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

 

Economia e strategie aziendali