Teorie organizzative

 

 

 

Teorie organizzative

 

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Teorie organizzative

TEORIE ORGANIZZATIVE

Nel tempo si sono susseguite diversi tentativi di codificare il modo di fare organizzazione, cioè di trovare delle regole esplicative per la comprensione del funzionamento delle organizzazioni.
Le principali scuole di teorie organizzative sono riportate nella tabella .

Tabella  – Principali scuole di organizzazione (non in ordine cronologico!)

Denominazione scuola

Autori principali

Scuola classica

Taylor

Principi organizzativi

Fayol

Relazioni umane

Scuola di Chicago – Roethlisberger – Dickinson

Motivazioni

Ma slow – Herzberg – Mc Gregor

Sistemi socio-tecnici

Istituto Tavistock – Davis – Emery – Rice

Modello burocratico

Weber – Hall – Gouldner – Selznicl – Merton – Crozier

H.Simon

Simon – March

Ipotesi evolutive

Chandler – Greiner

Ambiente e organizzazione

Burns e Stalcker – Lawrence e Lorsh – Galbraith

Tecnologia e struttura

Woodward – Newmann – Gruppo di Aston

Approccio sistemico

Boulding – Beer

 

Fino a qualche  anno fa si considerava il modello S – C – P (struttura, comportamenti, prestazioni).

Dobbiamo prima guardare all’evoluzione del pensiero organizzativo, per capire come a seconda dei criteri che si creano all’interno, prevale un certo tipo di struttura organizzativa in un periodo anziché un’altra in un altro periodo; si osserva che ciò è un qualcosa di ciclico, infatti anche se abbiamo la teoria di Taylor solo agli inizi del 1900 , ancora oggi in alcune fabbriche e industrie tedesche si parla di Taylorismo.

 

SCUOLA CLASSICA O DELLO SCIENTIFIC MANAGEMENT: TAYLOR

Il principale autore della scuola classico o dello scientific management (gestione scientifica) si considera Taylor (1856-1915). Taylor si era occupato delle officine e analizzò dettagliatamente le operazioni che vengono svolte nell’azienda.
Taylor propone (da una attenta analisi) il seguente modello organizzativo i cui punti di partenza sono i principi normativi di direzione secondo cui condurre le attività che portino, attraverso una prescrittività di struttura e comportamenti, all’obiettivo primario della massimizzazione dell’efficienza come schematizzato sotto:

 

[dai principi normativi di direzione discendono la struttura e i comportamenti che permettono la massima efficienza]
Taylor si proponeva di definire un approccio razionale volto ad individuare quei principi che consentissero di definire razionalmente la struttura dell’azienda e i comportamenti di essa che mi danno la massima efficienza.

Le principali ipotesi di base del lavoro di Taylor sono che:

  • è possibile identificare la singola posizione individuale (l’uomo ha sempre la propensione a fare un lavoro semplice senza troppe responsabilità)
  • non esista il desiderio da parte dell’uomo di assunzione di autorità e responsabilità nell’azienda, inoltre l’uomo è da essere considerato come una “estensione della macchina”, un fattore produttivo da ottimizzare al pari della macchina il cui compito è limitato, semplice, senza alcuna responsabilità.
  • il raggiungimento di una maggiore efficienza e produttività soddisfacendo sia il desiderio di limitatezza lavorativa, sia dando una giusta retribuzione per la sua attività  (quanto più l’uomo si specializza in una attività piccola e semplice [parcellizzazione] tanto più riuscirà a massimizzare l’efficienza produttiva e sarà in seguito più facile la sostituzione dell’operaio poiché per azioni semplici l’addestramento sarà praticamente nullo; l’uomo sarà soddisfatto solo da una adeguata retribuzione perché è estensione della macchina e considerato senza aspetti psicologici)

I principi fondamento sono allora:

  • studio dei migliori metodi lavorativi con una netta distinzione tra lavoro manuale e lavoro di programmazione, coordinamento e controllo;
  • selezione ed addestramento della manodopera;
  • consenso ottenuto tramite remunerazione monetaria;
  • ristrutturazione dell’apparato direttivo ed organizzativo in tre livelli: operai, quadri intermedi e capi di primo livello, livello direttivo (ma Taylor studiò soprattutto sull’efficienza della singola persona individuale).

Si mira alla massimizzazione della produttività e se un compito complesso veniva svolto da più persone osservo che questi costi vengono ampiamente ammortizzati dall’aumento della produttività.

 

PRINCIPI ORGANIZZATIVI: FAYOL

Il principale autore si considera Fayol  (1841-1925) che estende il modello di Taylor centralizzato sull’attività e sull’efficacia. Fayol (contemporaneo di Taylor) afferma che l’analisi così dettagliata di Taylor non era possibile estenderla ad una attività industriale complessa e inoltre Taylor aveva diviso le attività svolte in tre livelli e parlò poco sugli altri due livelli se non solo esclusivamente dedicandosi a quello degli operai.
Quindi vengono definiti dei principi ispiratori che devono guidare nella strutturazione dell’organizzazione di una azienda;

Fayol considera 6 funzioni principali nell’azienda:

  • Operazioni tecniche di produzione e di trasformazione
  • Operazioni commerciali di acquisto, di vendita, di scambio
  • Operazioni finanziarie di ricerca e di gestione dei capitali
  • Operazioni di sicurezza per garantire la protezione dei beni e delle persone
  • Operazioni contabili per ottenere informazioni attendibili e complete sull’andamento ambientale
  • Operazioni direttive di programmazione, organizzazione, comando, coordinamento e controllo

 

In questa struttura complessa devo inoltre garantire il rispetto di alcuni principi fondamentali:

  • unità di comando: non deve esserci confusione di linea direttiva, ognuno deve sapere da chi prendere ordini e le direttive da seguire;
  • ampiezza di controllo: dall’analisi empirica delle aziende ci si rende conto che un capo non può gestire più di un certo numero di persone, ad ogni capo deve fare riferimento un numero limitato di persone che di solito variano fra i 5 ed 8;
  • eccezione: in questa struttura in cui esistono molti livelli (ad albero) e rimane valido il principio che l’uomo non svolge mansioni complesse, le attività routinarie devono essere svolte dalla posizione individuale lasciando a loro una minima autonomia, invece le eccezioni, cioè quelle attività di non routine devono richiedono la mobilitazione dei livelli superiori; a secondo del tipo di eccezione si fa riferimento a diversi livelli superiori. In questo modo lasciando un benché di minima autonomia ai livelli bassi è possibile elaborare strategie da parte degli organi superiori (un esempio è dato dalle piccole aziende con l’imprenditore padre-padrone e siccome è un produttore prende anche le decisioni a basso livello e non ha il tempo per svolgere le attività strategiche e direttive che invece gli competerebbero;
  • scalare: si sottolinea la necessità di avere rapporti gerarchicamente predefiniti e ben definiti fra i diversi livelli di organizzazione mediante una scala gerarchica;
  • potere e responsabilità: all’attribuzione di potere viene associata una certa posizione che è in stretta relazione alla responsabilità corrispondente;

A questi si possono aggiungere altri criteri quali:

  • Ripartizione del lavoro
  • Disciplina
  • Subordinazione degli interessi particolari rispetto all’interesse primario dell’organizzazione;
  • Equa e soddisfacente retribuzione del personale: non si devono percepire differenze di retribuzione a parità di mansioni svolte;
  • Equità : ci deve essere una equità e una giustizia di base;
  • Spirito di corpo: ci deve essere una sorta di partecipazione e un riconoscimento proprio all’appartenenza dell’azienda (subordinando così anche gli interessi particolari) => non è un aspetto di gratificazione appunto perché devono essere subordinati gli interessi particolari.

 

RELAZIONI UMANE:

Queste scuole criticano le precedenti in quanto bisogna tenere conto anche degli aspetti sociali e psicologici dei lavoratori.
Essi schematizzano il loro pensiero in maniera diversa di Taylor:

 

Questa scuola si caratterizza per lo studio di alcuni principi di relazioni umane:

  • relazione capo subordinato: cioè in che maniera si pongono le relazioni formali ed informali tra capo e dipendente;
  • influenza dei piccoli gruppi: si ragiona sul fatto che nell’organizzazione si formano dei gruppi anche legati da interessi umani, ed essi si orientano in un modo o nell’altro influenzando il comportamento dell’organizzazione globale;
  • motivazione: gli aspetti motivazionali sono molto complessi e sono influenzati non solo dall’aspetto economico, ma anche da quello psicologico.
  • cambiamenti innovativi: come l’organizzazione reagisce all’innovazione e quali sono i processi che accelerano o inibiscono i processi innovativi all’interno dell’organizzazione;
  • bisogni umani: l’uomo ha certi bisogni il cui soddisfacimento ha delle influenze sulla struttura dell’organizzazione à sono bisogni sociali e di gratificazione diversa da quella economica.

MOTIVAZIONI: MASLOW

L’autore principale è MASLOW (1943) che identifica la motivazione in uno stato di  tensione dovuta alla consapevolezza di un bisogno, che impone la ricerca dei mezzi per soddisfarlo.
Egli postula nell’uomo l’esistenza di bisogni fondamentali organizzati a livelli successivi. Una volta soddisfatto un bisogno questo verrà sostituito da altri, di livello superiore e così via. Un desiderio soddisfatto cessa di essere un desiderio. Viene postulata l’esistenza di 5 livelli di bisogni:

  • fisiologici primari  come i bisogni di cibo, sesso, asilo; un buon metodo per bloccare e motivazioni superiori è quello di far si che l’uomo sia posto in condizioni di avere un bisogno primario insoddisfatto;
  • di sicurezza  come il bisogno di protezione dal pericolo e dalle minacce, sicurezza del posto di lavoro per la sopravvivenza;
  • di appartenenza e di amore, detti anche bisogni sociali di ricerca di relazione affettive con altre persone e di avere un posto in un gruppo;
  • di stima che sfocia nel desiderio di ottenere forza, adeguatezza, fiducia, indipendenza, reputazione o prestigio, riconoscimento, attenzione ed apprezzamento
  • di autorealizzazione e di autocompletamento nel far ciò per cui ci si sente portati .

 

 

Questi bisogni possono essere rappresentati come i gradini di una piramide in cui i bisogni di livello successivo vengono solo dopo aver soddisfatto in gran parte quelli precedenti. Dietro questa piramide c’è il concetto di sequenzialità e di progressività che può guidare l’azienda al soddisfacimento dell’operaio nell’azienda. Infatti non avrà senso parlare di autorealizzazione se non ho un lavoro sicuro.

 

Negli anni ’60 un altro autore importante in questo filone di studi è stato F. HERTZBERG che a partire da indagini di campo in numerose aziende identificò i fattori che possono avere effetti motivazionali sul lavoro semplificando questa piramide di bisogni sopra disegnata in due step principali:

  • hygiene factors  che sono molto vicini ai bisogni del primo e del secondo gradino della piramide e che se non realizzati provocano insoddisfazione nel lavoratore; essi comprendono:
  • stile di supervisione
  • rapporti con i colleghi
  • sicurezza del lavoro
  • motivator factor  che sono molto vicini ai bisogni del terzo, quarto e quinto gradino della piramide e che se assicurati provocano soddisfazioni nel lavoro; essi comprendono:
  • responsabilità
  • autonomia crescita professionale

La realizzazione dei primi evita l’insoddisfazione sul lavoro, i secondi provocano soddisfazione, ma non possono eliminare eventuali mancanze nei primi.
Viene data poca importanza al fattore prestigio ed alla retribuzione e non si considera l’aspetto organizzato del lavoro. Si sottolinea come il lavoro ha sempre un duplice significato: strumentale (per le ricompense) ed espressivo (delle capacità del lavoratore).

Un ulteriore contributo è quello portato da MC GREGOR  che focalizza i punti di differenza con la scuola precedente e contrappone alla visione classica di direzione denominata teoria X, una visione basata sui principi di Maslow denominata teoria Y:

  • La teoria X classica evidenzia il desiderio dell’uomo di sfuggire alla responsabilità sempre in cerca di compiti semplici e ripetitivi.

 

  • la direzione aziendale è responsabile dell’organizzazione avendo come unico obiettivo l’interesse economico;
  • le persone devono essere orientate, motivate e controllate per migliorare le condizioni organizzative;
  • naturalmente le persone rimarrebbero passive ;
  • l’uomo medio è per natura indolente e cerca di lavorare il meno possibile;
  • l’uomo è privo di ambizioni, non gradisce la responsabilità, preferisce essere guidato;
  • l’uomo è centrato su sé stesso, indifferente alle esigenze organizzative
  • l’uomo è resistente ai cambiamenti
  • La teoria Y di Maslow evidenzia come l’uomo materialmente gradisce avere una certa responsabilità e prestigio e non è vero che sia involente o pigro;

 

  • l’uomo desidera naturalmente effettuare sforzi fisici e mentali;
  • l’uomo desidera esercitare l’autodirezione e l’autocontrollo per raggiungere gli obiettivi nei quali è impegnato;
  • l’impegno nel conseguimento degli obiettivi è funzione dei premi;
  • in condizioni medie l’uomo ricerca la responsabilità;
  • la capacità di esercitare immaginazione è ampiamente ma scarsamente distribuita.

 

Mc Gregor aggiunge che l’uomo deve essere adeguatamente motivato e si sente gratificato e soddisfatto tanto più quanto maggiore è  la sua autorità nello svolgere l’attività; inoltre tutti i lavoratori hanno aspirazioni più elevate, il problema è che ne hanno poche in genere, ma tuttavia esistono individualmente dei picchi che devono essere trovate (dall’azienda) e motivate adeguatamente.

 

 

 

SISTEMI SOCIO-TECNICI: ISTITUTO TAVISTOCK

L’approccio prende spunto dagli studi dell’ISTITUTO TAVISTOCK  di Londra (1970) sulla meccanizzazione dell’industria carbonifera inglese, sulla creazione di squadre di 50-60 persone e sulla parcellizzazione del lavoro. In questo approccio l’organizzazione del lavoro viene osservata come combinazione dei due elementi tecnico e sociale.
Il sistema tecnico viene inteso non solamente come il complesso di macchine ed attrezzature produttive, ma anche i sistemi tecnici ed informatici per programmare e controllare il sistema produttivo.
Il sistema sociale è costituito dall’organizzazione formale ed informale delle persone e dalle norme e ruoli sociali presenti nell’unità lavorativa.

Nel caso ad esempio di queste miniere se si cercava di aumentare l’efficienza del sistema dividendo le persone che facevano parte di una squadra in squadre di 2-3 persone non si aveva il risultato sperato: non si teneva conto dell’aspetto sociale (ma migliorava la tecnica). Infatti ogni gruppo costituiva un nucleo tipo piccola famiglia con legami quasi di tipo fraterno.
Invece costituendo delle squadre di 5-8 persone si riuscivano a mantenere i rapporti sociali iniziali e al tempo stesso a massimizzare l’efficienza.
Era per cui necessario un approccio socio tecnico.
I sistemi socio tecnici misero a punto dei principi organizzativi:

  • Autonomia responsabile per programmare e regolare tutta o parte delle sue attività;
  • Sviluppo professionale per imparare ad adattarsi al cambiamento;
  • Varietà di esperienze per avere un contesto stimolante;
  • Partecipazione alle decisioni inerenti al proprio lavoro.

 

Di questa scuola faceva parte anche DEVIS che descrisse i problemi dell’organizzazione in base alla stabilità o instabilità dell’ambiente esterno (esempio stabilità del mercato) o settore con cui si confronta l’azienda (e che quindi non basta ragionare solo in base alle attività svolte).

 

Fonte: http://members.xoom.it/elett_mq_ct/appunti/economia/ORGANIZZAZIONE%20AZIENDALE%202.doc

Sito web da visitare: http://members.xoom.it/elett_mq_ct/

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