Busta paga come leggerla e informazioni utili

 

 

 

Busta paga come leggerla e informazioni utili

 

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Busta paga come leggerla e informazioni utili


LA BUSTA PAGA

La busta paga è il documento che accompagna il pagamento dello stipendio o del salario.
La sua funzione è appunto quella di illustrare come si arriva alla quantificazione della retribuzione percepita dal lavoratore dipendente.

Pertanto nel prospetto della busta paga è indicato tutto il percorso che parte dalla retribuzione lorda ed arriva, una volta tolte tutte le trattenute, alla paga netta.

Non esiste una forma determinata per la busta paga e quindi ciascun datore di lavoro può utilizzare il modello che più preferisce.

La busta paga è sostanzialmente composta di due parti:
a)    una descrittiva, con tutti i dati anagrafici del lavoratore e le altre notizie relative al suo status lavorativo (qualifica, data di assunzione, giorni di ferie maturati e goduti, ecc…), per le quali comunque non c’è, generalmente, alcun obbligo informativo in busta paga
b)      una tabellare, con gli elementi necessari a capire qual è la remunerazione (lorda) percepita dal lavoratore e come si è formato l’importo netto che gli è stato pagato

Quest’ultima parte, che è ovviamente la più interessante, si può suddividere ulteriormente nelle seguenti:
a)      quella formata da tutte le voci retributive (cioè dagli elementi con segno +), ivi compreso l’assegno per il nucleo familiare
b)      quella delle trattenute (cioè le voci con segno –)
c)      una eventuale parte aggiuntiva in cui si specificano meglio i calcoli che hanno portato alle trattenute, per es. attraverso la puntuale definizione degli imponibili fiscali e contributivi

Nella lettura della busta paga la difficoltà maggiore sta proprio nel riconoscere le suddette componenti, perché ogni tipo di modello le riporta e colloca in modo differente.
Tuttavia, una volta individuate le varie voci, la strada per comprendere in modo chiaro la busta paga diventa, come vedremo, molto agevole.

 La parte delle voci retributive può così distinguersi:
a)    elementi della paga base, tutti stabiliti nel Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL), e cioè:
a.    minimo contrattuale, ovvero il vero e proprio stipendio lordo previsto nelle tabelle retributive del CCNL
b.    superminimo, il cui scopo non è altro che quello di alzare la retribuzione del lavoratore ed infatti è nato per estendere il terreno della contrattazione sindacale
c.     indennità di contingenza, un importo congelato ai tempi dell’abbandono della scala mobile
d.    E.d.r., è frutto del congelamento retributivo compiuto negl’anni ‘90 ed è pari a circa 10,33 euro mensili
e.    scatti di anzianità, previsti al compimento di un certo numero di anni di servizio presso la stessa azienda

b)    elementi della retribuzione complessiva, anch’essi stabiliti dal CCNL o dal contratto integrativo (aziendale o territoriale), i quali si differenziano dai primi – di paga basa – solo perché sono voci generalmente calcolate come percentuale della retribuzione base. Sono p.es. le seguenti voci
a.     straordinario, per lavoro svolto oltre il normale orario contrattuale e distinto in festivo, notturno e feriale
b.    premio di risultato o di produzione, legato ai risultati economici ottenuti dall’azienda
c.     indennità varie, se determinate in percentuale rispetto ad altri elementi retributivi
c)     assegno per il nucleo familiare, spettante al lavoratore con determinati requisiti di reddito familiare.
L’importo è determinato dal reddito complessivo di tutto il nucleo familiare e dal numero di componenti il nucleo stesso (maggiore è il numero di familiari e maggiore è l’assegno), tenendo eventualmente conto della presenza di membri disabili.
L’assegno per il nucleo familiare spetta solo se il reddito familiare derivante da lavoro dipendente non supera il 70% del reddito familiare complessivo.
Esso non costa niente al datore di lavoro, perché lo paga direttamente l’Istituto di previdenza (p.es. l’INPS), e va richiesto ogni anno al datore di lavoro certificando, con apposito modulo, i propri redditi e quelli dei familiari conviventi.
L’assegno per il nucleo familiare può essere richiesto fino ai 5 anni anteriori, per cui non viene perso se per qualche anno ci si è dimenticati di farne domanda.

 

La parte delle trattenute in busta paga può essere così elencata:

a)   ritenuta previdenziale obbligatoria, p.es. i contributi all’INPS, che vanno a formare la pensione cui si avrà diritto al raggiungimento dei requisiti di età anagrafica e di servizio.
Il grosso del peso previdenziale è a carico del datore di lavoro, mentre per il lavoratore subordinato il carico di previdenza obbligatoria si aggira generalmente su una percentuale che va dal 7 al 10 per cento dell’imponibile contributivo;

b)    ritenuta fiscale, cioè l’Irpef del dipendente, calcolata in base al suo reddito e tenendo conto delle detrazioni che gli spettano (l’imponibile fiscale è al netto dei contributi previdenziali);

c)    ritenuta di previdenza complementare, prevista in alcuni contratti, costituisce una forma ulteriore di previdenza, della quale si potrà godere anche qui al raggiungimento di certi requisiti anagrafici.
Può essere obbligatoria, cioè stabilita nel CCNL, o volontaria, qualora il lavoratore decida di versare discrezionalmente contributi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori, per aumentare l’entità della pensione complementare di cui beneficerà in futuro;

d)   ritenuta sindacale, dovuta da tutti gli iscritti ad un sindacato dei lavoratori;

e)    addizionali regionali e comunali, altro fardello fiscale a carico dei lavoratori e trattenuto in busta paga


 

Ecco un esempio di busta paga

 

Busta paga

 

 

Dipendente

 

Periodo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nato/a il

 

Codice fiscale

RSSFST970324E958K

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Matricola

 

Qualifica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Assunto il

 

 

 

Prossimo scatto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ferie maturate (gg.)

 

Ferie godute nell'anno (gg.)

 

 

Codice

Voce retributiva/ritenuta

Retribuzioni

Ritenute

 

 

01

Retribuzione base come da CCNL

 

 

 

02

Vecchia contingenza

 

 

 

02/b

E.d.r.

 

 

 

03

Scatti di anzianità

 

 

 

04

Superminimo

 

 

 

05

Indennità varie

 

 

 

06

Altre retribuzioni come da CCNL (13°, …)

 

 

 

 

Paga base

 

 

 

07

Straordinario feriale

 

 

 

08

Straordinario festivo

 

 

 

09

Indennità varie in percentuale paga base

 

 

 

10

Premio di produzione

 

 

 

 

Retribuzione complessiva

 

 

 

11

Ritenuta previdenziale obbligatoria

 

 

 

12

Ritenuta prev. complementare contrattuale

 

 

 

13

Ritenuta prev. complementare volontaria

 

 

 

14

Ritenuta sindacale

 

 

 

15

Ritenuta fiscale

 

 

 

16

Addizionale regionale

 

 

 

17

Addizionale comunale

 

 

 

 

Totale ritenute

 

 

 

18

Assegno per il nucleo familiare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Imponibile previdenziale

 

 

 

 

Aliquota previdenziale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Imponibile fiscale

 

 

 

 

 

Detrazione coniuge a carico

 

 

 

 

 

Detrazione figli a carico

 

 

 

 

 

Detrazione lavoro dipendente

 

 

 

 

 

 

Detrazione altri familiari

 

 

 

 

 

 

Detrazione per oneri

 

 

 

 

 

 

Totale netto da pagare

 

 

 

 

APPRENDISTATO

 

E’ l’unico contratto di lavoro con una causa mista: formazione e lavoro.
Infatti l’apprendistato dovrebbe costituire un percorso formativo finalizzato a qualificare il lavoratore per il suo futuro inserimento nel mercato del lavoro.

Adesso, a differenza del passato, il contratto di apprendistato è utilizzabile in tutte le attività produttive.

La qualifica professionale ottenuta vale come credito formativo ai fini dei successivi percorsi formativi o di formazione professionale dell’apprendista.

Incentivi e contribuzione
Il grande vantaggio che ha il datore di lavoro nell’assunzione di apprendisti sta nella contribuzione ridotta (da calcolare sulla retribuzione imponibile a fini previdenziali):
a)      10% quando gli addetti sono da 10 in su
b)      con meno di 10 addetti:
a.       1,5% per gli apprendisti al 1° anno
b.      3% per gli apprendisti al 2° anno
c.       10% per gli apprendisti dal 3° anno in poi

Agli apprendisti sono estese le disposizioni generali previste per i lavoratori subordinati in materia di indennità giornaliera di malattia.
Inoltre, gli apprendisti sono generalmente esclusi dal computo dei limiti numerici stabiliti in alcuni casi dalle leggi e dai contratti collettivi di lavoro.

Tipologie di apprendistato
Esistono 3 diverse tipologie di apprendistato, ciascuna con particolari caratteristiche, come evidenziato in tabella.

Tipologia

Finalità

Età

Durata

Formazione

Apprendistato professionalizzante (il più frequente)

per il conseguimento di una qualificazione  professionale attraverso la formazione sul lavoro

giovani di età compresa tra i 18 (17 se già in possesso di qualifica professionale) ed i 29 anni

non superiore a 6 anni a tempo pieno o parziale

rimessa alle Regioni nel rispetto dei seguenti principi direttivi:

  • almeno 120 ore annuali di formazione
  • rinvio alla contrattazione collettiva per l'erogazione della formazione
  • riconoscimento, in base ai risultati conseguiti, della qualifica professionale a fini contrattuali
  • registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo
  • presenza di un tutore aziendale di supporto con adeguate competenze

Apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione

per l'acquisizione di una qualifica professionale

giovani con almeno 15 anni compiuti

non superiore a 3 anni a tempo pieno o parziale

rimessa alle Regioni nel rispetto dei seguenti principi direttivi:

  • definizione preventiva della qualifica professionale e previsione di un numero minimo di ore di formazione congruo al suo conseguimento
  • rinvio alla contrattazione collettiva per l'erogazione della formazione
  • riconoscimento, in base ai risultati conseguiti, della qualifica professionale a fini contrattuali
  • registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo
  • presenza di un tutore aziendale di supporto con adeguate competenze

Apprendistato per l'acquisizione di un diploma o titoli di studio universitari

per la specializzazione tecnica superiore ed il conseguimento di titoli di studio universitari (compresi dottorati di ricerca)

giovani di età compresa tra i 18 (17 se già in possesso di qualifica professionale) ed i 29 anni

a tempo pieno o parziale, con disciplina interamente demandata alle Regioni

interamente rimessa alle Regioni (in accordo con le associazioni sindacali e dei datori di lavoro, le Università e gli altri enti formativi)

 

Disciplina dell’apprendistato: principali diritti e doveri
La legge stabilisce alcuni principi fondamentali per le 2 tipologie di apprendistato professionalizzante ed espletamento del diritto-dovere di istruzione.
Invece la regolamentazione dell’apprendistato volto all’acquisizione di un’alta formazione è completamente rimessa alle Regioni, che provvedono con apposite leggi regionali.

E’ prevista la forma scritta del contratto, il quale deve specificatamente indicare, oltre ovviamente alla prestazione lavorativa oggetto dello stesso:
a)      il piano formativo individuale del lavoratore
b)      la qualifica che sarà conseguita al termine dell’apprendistato in base agli esiti della formazione

Il datore di lavoro non può recedere dal contratto se non per giusta causa o giustificato motivo.

Anche per l’apprendistato vale la regola per la quale può essere previsto un periodo di prova, così come il contratto con il lavoratore può essere a tempo parziale (part-time), se ciò è compatibile con gli obiettivi formativi.

La retribuzione e l’orario di lavoro sono stabiliti dai contratti collettivi, nel rispetto però per quest’ultimo del limite delle 8 ore al giorno e delle 44 ore a settima (che scendono a 40 per gli adolescenti, ai quali non può neanche essere imposto il lavoro notturno).

Gli apprendisti possono essere inquadrati ad un livello inferiore rispetto a quello relativo alla categoria cui è finalizzata la formazione dell’apprendistato, ma il sottoinquadramento non può scendere al di sotto di 2 livelli.

Limiti quantitativi
Esistono dei limiti numerici all’assunzione di apprendisti.
La regola generale è che il datore di lavoro non può assumere un numero di apprendisti superiore a quello degli altri dipendenti con una specializzazione o qualificazione.
Se gli altri dipendenti (non apprendisti) del datore di lavoro che hanno una specializzazione o qualificazione sono meno di 3, allora gli apprendisti che egli può assumere sono al massimo 3.

Per le imprese artigiane la suddetta regola generale non si applica, perché esse hanno dei limiti ben precisi in relazione al tipo di attività:

Tipo di impresa artigiana

Limite quantitativo

Impresa che non lavora in serie

max 22 dipendenti di cui max 13 apprendisti

Impresa che lavora in serie, con lavorazioni non del tutto automatizzate

max 12 dipendenti di cui max 8 apprendisti

Impresa con lavorazioni artistiche, tradizionali o relative all'abbigliamento su misura

max 40 dipendenti di cui max 24 apprendisti

Impresa di costruzioni

max 14 dipendenti di cui max 9 apprendisti

 

LAVORO A PROGETTO

 

Erede della vecchia collaborazione coordinata e continuativa (detta co.co.co e rimasta solo per alcune specifiche collaborazioni, come p.es. la partecipazione ad organi di amministrazione e controllo di società), il lavoro a progetto è stato più volte rivisitato dal nostro legislatore.

Nato come un’alternativa al lavoro dipendente per tutti quei casi in cui il prestatore d’opera aveva ampia autonomia nell’organizzazione e nello svolgimento del proprio lavoro (e quindi, per questo motivo, chiamato lavoro parasubordinato), questo tipo di contratto ha conosciuto un’estesa degenerazione nel suo utilizzo, anche per la semplicità degli adempimenti a carico del datore di lavoro e del peso estremamente poco gravoso degli oneri retributivi, previdenziali ed assicurativi.

Proprio per l’utilizzo improprio della co.co.co da parte di una vasta platea di imprese, si è giunti all’attuale disciplina del lavoro a progetto, che però ha perso la sua originaria natura, scarsa onerosità e flessibilità d’impiego.

L’assunzione del collaboratore o lavoratore parasubordinato (non quindi dipendente) con contratto di lavoro a progetto è possibile quando:
a)      la prestazione lavorativa è riconducibile ad uno o più progetti o programmi di lavoro, come definiti dal committente (non quindi datore di lavoro)
b)      la prestazione è gestita autonomamente dal collaboratore, senza un rapporto gerarchico con il committente, pur nel rispetto delle sue direttive ed in coordinamento con la sua organizzazione, e prescindendo dall’orario di lavoro, valido invece per i normali dipendenti/lavoratori subordinati del committente

Caratteristiche fondamentali del lavoro a progetto sono dunque:
a)      il progetto
b)      l’autonomia del collaboratore (rispetto al rapporto gerarchico che caratterizza invece l’ordinario contratto di lavoro dipendente)
c)      la non rilevanza dell’orario di lavoro

Il progetto è definito come un’attività commerciale funzionalmente legata al raggiungimento di un determinato risultato finale.
La mancanza del progetto o la sua “scarsa consistenza” provoca la trasformazione del contratto in un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

Il contratto di lavoro a progetto deve essere redatto in forma scritta e deve espressamente contenere:
a)      la definizione puntuale del progetto
b)      la durata della collaborazione
c)      il corrispettivo pattuito, che è sostanzialmente a libera determinazione delle parti, anche se la norma impone una sua proporzionalità alla quantità e qualità della collaborazione prestata
d)      le modalità del coordinamento tra collaboratore e committente
e)      le eventuali misure a tutela della sicurezza del collaboratore

Il lavoro a progetto si esaurisce con il raggiungimento delle finalità del progetto, allo scadere del termine previsto, nei casi stabiliti dal contratto stesso oppure, prima della scadenza, per il verificarsi di una giusta causa.

Rientrano nel lavoro a progetto – e come tali vanno regolamentate – le prestazioni con lo stesso committente il cui compenso sia superiore ad euro 5.000 annui, mentre al di sotto di questa soglia remunerativa e quando la prestazione non superi i 30 giorni all’anno (con lo stesso committente) la prestazione è considerata occasionale e di conseguenza rileva fiscalmente non come rapporto di lavoro, ma come reddito diverso.

Invece il compenso derivante dallo svolgimento di lavoro a progetto è considerato fiscalmente come un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e come tale è soggetto alle trattenute alla fonte, alla stessa stregua del reddito percepito in busta paga dai lavoratori dipendenti. Tant’è che il collaboratore ha diritto anche alle detrazioni d’imposta tipiche dei redditi di lavoro dipendente.

Inoltre al collaboratore a progetto (parasubordinato) spettano molti dei diritti previsti per il lavoratore subordinato: assegno per il nucleo familiare (sia pure di diversa entità), maternità, congedo parentale, riscatto del corso di Laurea, ecc…

Previdenza obbligatoria
Ai collaboratori a progetto è fatto obbligo di iscriversi alla gestione separata Inps, in modo che maturi, anche per loro, un trattamento pensionistico, ovvero una pensione calcolata con il sistema contributivo.

I contributi da versare per questa forma di previdenza obbligatoria sono a carico del collaboratore per 1/3 e del committente aziendale per i restanti 2/3.

La misura attuale (2009) di questi contributi obbligatori da versare alla gestione separata Inps è indicata nella tabella seguente:

Contribuzione obbligatoria alla gestione separata Inps

Contribuzione complessiva

di cui 2/3 a carico del committente

di cui 1/3 a carico del collaboratore (trattenuta sul compenso)

Collaboratori senza altra forma di previdenza obbligatoria

26,72%

17,81%

8,91%

Collaboratori con altra forma di previdenza obbligatoria

17,00%

11,33%

5,67%

 

Assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro
Ai collaboratori è estesa anche l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro, ma solo qualora essi svolgano attività soggette a rischio (cosiddette protette, secondo la normativa di riferimento).
Tra queste attività assicurabili rientrano pure quelle per le quali il collaboratore è tenuto alla conduzione, non occasionale, di veicoli a motore per lo svolgimento del proprio lavoro. Il semplice uso dell’automobile per raggiungere il luogo di lavoro non comporta quindi obbligo assicurativo.

I premi assicurativi sono, come i contributi Inps, a carico per 1/3 del collaboratore e per 2/3 del committente.

 

PERIODO DI PROVA

 

Il datore di lavoro può prevede nel contratto di lavoro un periodo di prova per il nuovo assunto.
Questo periodo di prova è utilizzabile nei contratti:
a)      a tempo indeterminato
b)      a tempo determinato
c)      di apprendistato
d)      di inserimento
e)      di somministrazione

In qualsiasi momento del periodo di prova entrambe le parti (lavoratore e datore di lavoro) hanno diritto di interrompere il rapporto lavorativo in corso, senza necessità di rispettare la giusta causa ed i termini di preavviso.

Il periodo di prova deve risultare da atto scritto, redatto prima dell’inizio del rapporto e sottoscritto dal lavoratore all’atto dell’assunzione.

La durata del periodo di prova è definita dai contratti collettivi, nel rispetto del limite generale massimo di 6 mesi previsto dalla legislazione nazionale.

I contratti collettivi stabiliscono anche la retribuzione spettante ai lavoratori in prova e le altre disposizioni (non economiche) da applicare.

Il lavoratore può ricorrere contro il licenziamento avvenuto durante il periodo di prova quando:
a)      è fondato su motivi illeciti
b)      non è stata data al lavoratore la possibilità di dimostrare le proprie capacità
c)      la prova ha avuto esito positivo (ma spetta al lavoratore l’onere di dimostrarlo)

 

TEMPO DETERMINATO

 

La regola fondamentale del diritto italiano del lavoro è che il rapporto di lavoro è generalmente a tempo indeterminato.

Tuttavia è adesso ammessa, anche con margini molto ampi, la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, ovvero con la fissazione di una scadenza.
Infatti, si è passati da una situazione in cui tali contratti erano ben delimitati dalla normativa a quella attuale in cui le motivazioni che li consentono sono molto generiche: il contratto a termine è ammesso per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, che possono anche essere riferite all’ordinaria attività del datore di lavoro (una dicitura che in pratica non significa niente e che permette ai datori di lavoro di fare come vogliono).

Per alcuni settori le maglie per l’assunzione a termine sono ancora più larghe: trasporto aereo, servizi aeroportuali e concessionarie nel settore delle poste.
I dirigenti possono essere assunti a tempo determinato senza limitazioni, purché la durata del termine non sia superiore a 5 anni.

Tuttavia, l’assunzione a tempo determinato non è mai possibile nei seguenti casi:
a)      per la sostituzione di lavoratori che scioperano
b)      presso unità produttive che nei 6 mesi precedenti hanno operato licenziamenti collettivi all’interno delle mansioni per le quali si vorrebbe procedere ad assunzioni a termine
c)      presso unità produttive ove sia stata posta in essere una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto all’integrazione salariale, sempre nelle mansioni per le quali si vorrebbe procedere ad assunzioni a termine
d)      presso le unita produttive inadempienti circa la valutazione dei rischi

Nella stessa azienda produttiva esistono dei limiti quantitativi al numero di dipendenti con contratto a termine. Questi limiti quantitativi sono fissati dai contratti collettivi, ma non possono mai riguardare i contratti stipulati per:
a)      l’avvio di nuove attività
b)      la sostituzione di lavoratori assenti
c)      sopperire ad esigenze di stagionalità delle attività
d)      necessità legate a spettacoli e programmi radiotelevisivi
e)      lavoratori d’età superiore a 55 anni

Il contratto di assunzione a termine deve essere redatto in forma scritta, a meno che il rapporto di lavoro non duri più di 12 giorni, termine entro il quale è considerato meramente occasionale e quindi libero dai vincoli fissati dalla normativa sui contratti a termine.

La durata del contratto a termine non è mai superiore ai 3 anni, ad eccezione delle attività stagionali per le quali non si applicano vincoli di durata.

La proroga del contratto a tempo determinato è ammessa solo quando il termine iniziale non è superiore a 3 anni e comunque essa è possibile una sola volta, per ragioni oggettive, a condizione che la durata complessiva, proroga compresa, non faccia durare il rapporto più di 3 anni.

Il rinnovo (che differisce dalla proroga perché richiede la redazione di un nuovo contratto) è ammesso quando siano trascorsi:
a)      10 giorni dalla scadenza del contratto di durata inferiore o uguale a 6 mesi
b)      20 giorni dalla scadenza del contratto di durata superiore a 6 mesi

Se il lavoratore viene riassunto con contratto a tempo determinato entro i suddetti termini, il nuovo contratto è da intendersi a tempo indeterminato.
Lo stesso dicasi nel caso il rapporto di lavoro che continui oltre 20 giorni dal termine (per i contratti di durata inferiore o uguale a 6 mesi) oppure oltre 30 giorni dal termine (per i contratti di durata superiore a 6 mesi).
Stesso effetto (trasformazione del contratto in rapporto a tempo indeterminato) si realizza quando vengono superati i 3 anni complessivi di prestazione lavorativa, considerando pure le proroghe, i rinnovi, le interruzioni e quant’altro.
Alcuni contratti collettivi prevedono però la facoltà del datore di lavoro di stipulare un ulteriore unico contratto che gli permetta di assumere a termine lavoratori per una durata maggiore di 3 anni, ma per non più di altri 8 mesi.

Il licenziamento del lavoratore assunto a tempo determinato può avvenire prima del termine solo per giusta causa, non anche per giustificato motivo. La giusta causa si realizza quando si verifica un fatto così grave che il rapporto di lavoro non può essere proseguito, neanche provvisoriamente.

Il lavoratore a termine ha gli stessi diritti del lavoratore a tempo indeterminato (principio di non discriminazione), anche per quanto riguarda la formazione, che deve essere adeguata alle caratteristiche del contratto a tempo determinato.

Il lavoratore assunto a termine ha un diritto specifico di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato poste in essere dall’azienda ove ha svolto servizio (per le stesse mansioni) quando la sua prestazione lavorativa abbia superato i 6 mesi.
Lo stesso diritto di precedenza è attribuito al lavoratore stagionale per le nuove assunzioni a termine riguardanti le medesime attività stagionali.
I diritti di precedenza di cui sopra si estinguono trascorso 1 anno dalla cessazione del rapporto di lavoro a termine.

 

Inquadramento professionale del lavoratore e relative problematiche

 

Un discorso a parte, per la sua delicatezza, merita l’argomento dell’assegnazione al lavoratore della qualifica.

Le mansioni del lavoratore, ovvero le attività che deve svolgere nell’ambito della sua prestazione lavorativa, sono quelle:
a)      indicate nel contratto di assunzione
b)      di livello superiore, acquisite successivamente come naturale sviluppo di carriera
c)      corrispondenti alle ultime svolte, in quanto è vietata l’assegnazione del lavoratore a mansioni inferiori (così come il datore di lavoro non può in nessun caso diminuirgli la retribuzione)

Quindi, corollario dell’ultimo punto suddetto, le nuove mansioni alle quali il lavoratore può essere adibito devono essere sempre almeno equivalenti a quelle già svolte, in modo tale che le esperienze acquisite sul lavoro non vadano perdute.
A questo fondamentale principio dell’equivalenza delle mansioni il datore di lavoro può derogare solo al verificarsi di fattispecie ben definite dalla normativa, come nel caso dell’avvio di procedure di mobilità.

Ovviamente quando il lavoratore  è chiamato a svolgere mansioni superiori ha diritto al relativo inquadramento (ed alla relativa maggiore retribuzione).
La regola vuole che l’assegnazione a mansioni superiori è da considerarsi definitiva, con tutte le sue conseguenze sul profilo retributivo, quando tale assegnazione duri più di 3 mesi, ad eccezione dei casi in cui essa è dovuta alla necessità di sostituire lavoratori assenti per malattia, gravidanza, ecc…
Questo periodo di 3 mesi può anche essere frazionato: ciò per evitare che il datore di lavoro aggiri la regola dei 3 mesi mediante assegnazioni sempre inferiori a tale limite.

E’ da ricordare anche che il distacco del lavoratore, dal quale derivi una modifica delle mansioni svolte, può avvenire solo con il suo consenso, così come il suo trasferimento ad altra unità produttiva, distante più di 50 km dalla precedente, può realizzarsi solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive (il che in pratica non significa niente ed autorizza il datore di lavoro a trasferire i suoi dipendenti come vuole).

Il lavoratore può ricorrere contro l’assegnazione a mansioni inferiori, anche nel caso le avesse inizialmente accettate.
Può ricorre anche contro il mancato inquadramento nella categoria superiore, nell’eventualità  di assegnazione a mansioni più elevate delle precedenti.
Egli ha quindi il diritto a definire precisamente la sua qualifica, per es. dimostrando lo svolgimento per più di 3 mesi di mansioni più qualificate di quelle per le quali è inquadrato.

Addirittura il lavoratore può rifiutarsi di svolgere mansioni nuove e diverse quando le ritiene illegittime rispetto al suo inquadramento di diritto o di fatto.

 

ORARIO DI LAVORO, RIPOSO SETTIMANALE E FERIE 

ORARIO DI LAVORO

L’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore di lavoro settimanale.

Tuttavia i contratti collettivi (CCNL) possono prevedere un orario inferiore, così come molti di loro stabiliscono delle rilevanti eccezioni alla regola del tetto delle 40 ore.

Per quanto concerne lo straordinario, esso è definito come il lavoro prestato oltre il normale orario di lavoro.

Il lavoro straordinario conosce un limite normativo inderogabile:
la durata media dell’orario di lavoro (quindi ordinario + straordinario) non può superare le 48 ore per ogni 7 giorni.

Tale regola è però complicata dal fatto che si riferisce appunto ad una settimana media e la media dei 7 giorni va calcolata su un arco di tempo non superiore a 4 mesi.
Pertanto ci potrebbero essere settimane in cui il lavoratore risulta aver lavorato per più di 48 ore: l’importante è che la media del periodo rimanga al di sotto del tetto delle 48 ore.
Il CCNL può comunque elevare i 4 mesi della media fino a 12, qualora ragioni tecniche obiettive lo richiedano.

Alcune categorie di lavoratori, come i dirigenti, non rientrano in questa regola del tetto medio settimanale di 48 ore.

Esiste anche un limite quantitativo riferito all’anno solare:
in assenza di disposizioni in tal senso nel CCNL, lo straordinario non deve superare le 250 ore annuali.
Tuttavia è possibile sostituire contrattualmente la maggiorazione retributiva dello straordinario con il godimento di riposi compensativi, sull’esempio della c.d. “banca ore” prevista in alcuni CCNL.

Per i bambini, cioè i minori di 15 anni liberi da obblighi scolastici, l’orario di lavoro non può superare le 7 ore quotidiane e le 35 settimanali, mentre per gli adolescenti, cioè i minori dai 15 ai 18 anni non compiuti, l’orario di lavoro non può superare le 8 ore quotidiane e le 40 settimanali.

Il lavoro notturno non deve superare le 8 ore di lavoro in media nelle 24 ore ed esso è vietato alle donne in stato di gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino.

 

RIPOSO GIORNALIERO E SETTIMANALE DEL LAVORATORE

Il lavoratore ha diritto ad un riposo giornaliero di 11 ore consecutive ogni 24 ore.

Inoltre il lavoratore deve beneficiare di una pausa nel caso l’orario di lavoro superi le 6 ore.
Le modalità della pausa sono fissate nei CCNL.

Il riposo settimanale è stabilito in 24 ore consecutive ogni 7 giorni di lavoro, generalmente coincidenti con la domenica.
Tuttavia i CCNL prevedono numerose e rilevanti eccezioni a questa regola, tra le quali quella per la quale il riposo settimanale è calcolato come media di un periodo non maggiore di 14 giorni.

 

FERIE

Le ferie (o giorni di riposo annuale) sono innanzitutto irrinunciabili: lo dice addirittura la Costituzione (art. 36).

Pertanto la frequente pratica di monetizzarle, ovvero di pagarle al lavoratore in cambio della sua rinuncia al loro godimento, è illegale, salvo il caso di cessazione del rapporto di lavoro durante l’anno.

La normativa afferma categoricamente che le ferie non devono essere inferiori a 4 settimane all’anno, delle quali almeno 2 consecutive.
Ovviamente il CCNL può prevedere condizioni più favorevoli per il lavoratore.

Le ferie non godute nel corso dell’anno vanno assegnate al lavoratore nel corso dei 18 mesi successivi alla fine dell’anno di maturazione delle stesse.
Se il lavoratore non ne beneficia neanche in questo ulteriore periodo di 18 mesi, allora il godimento delle ferie maturate in passato oppure la loro monetizzazione (possibile quindi solo in questo caso particolare) sarà oggetto di uno specifico accordo tra datore di lavoro e dipendente.

Le ferie sono decise dal datore di lavoro, che però nelle sue scelte dovrebbe tener conto delle richieste ed esigenze del lavoratore.

 


TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO

 

Il Trattamento di fine rapporto (TFR), meglio conosciuto come “Liquidazione”, è un credito del lavoratore subordinato verso l’azienda, che riscuoterà quando, per qualsiasi motivo (pensione, dimissioni, licenziamento), egli uscirà dalla stessa.

Per cui, alla cessazione del rapporto di lavoro presso l’impresa, tutti i lavoratori dipendenti possono contare sull’erogazione di questa somma, che è a completo carico del datore di lavoro.

Il TFR deve essere accantonato ogni anno al 31 dicembre.
In particolare l’accantonamento annuale dell’azienda sarà la somma delle quote di ciascun lavoratore in servizio.

Il calcolo della quota annuale di TFR per ogni dipendente è più semplice di quanto si creda.
È sufficiente applicare questa formula:

Retribuzione annua / 13,5

(il denominatore di 13,5 rappresenta il numero medio di mensilità previsto nei vari contratti).

Se il rapporto di lavoro ha avuto una durata inferiore all’anno, l’importo risultante dalla suddetta formula va proporzionalmente ridotto in base ai mesi effettivamente lavorati.

Inoltre, sempre al 31 dicembre di ogni anno, il datore di lavoro deve, oltre che calcolare la quota complessiva di TFR da accantonare, rivalutare il fondo totale già accantonato negli anni precedenti.

La rivalutazione monetaria del TFR si effettua applicando un tasso pari a:

1,5% + il 75% del costo della vita, così come rilevato dall’Istat da dicembre a dicembre dell’anno precedente.

Il TFR è anche uno strumento per finanziare le spese fondamentali riguardanti la vita del lavoratore.

Il dipendente può infatti chiedere un anticipo del TFR per pagare le spese relative:
a)        all’acquisto della prima casa, per sé o per i figli
b)        alle terapie sanitarie ed agli interventi chirurgici, riconosciuti dalle strutture pubbliche
c)        ai primi 8 anni di vita dei figli, nell’ambito della relativa astensione facoltativa dal lavoro
d)       ai congedi di formazione

L’anticipo non deve essere superiore al 70% dell’importo maturato e può essere richiesto una sola volta nel corso del rapporto con lo stesso datore di lavoro.
Infine, per aver diritto all’anticipo del TFR, è necessaria un’anzianità di servizio di almeno 8 anni presso la stessa impresa.

Attualmente il lavoratore deve scegliere se mantenere il TFR in azienda o destinarlo ad un fondo di previdenza complementare (cioè ad un ente di gestione che investirà il TFR in titoli di credito).
Il silenzio del lavoratore a questo riguardo è considerato un atto di assenso a favore dell’attribuzione del TFR al fondo di previdenza complementare.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/salbo80/sogesa/labustapaga.doc

Sito web da visitare: http://digilander.libero.it/salbo80

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Come leggere la busta paga

LA BUSTA PAGA

 

Vediamo oggi le "parole chiave" che si incontrano nella lettura di un cedolino, cioè di una busta paga. Premettiamo che è un discorso molto generale:
la busta paga varia a seconda dell'azienda e della qualifica del lavoratore.

 

ELEMENTI DELLA RETRIBUZIONE

La busta paga è composta da:
- elementi previsti dal contratto nazionale (generalmente la parte economica viene aggiornata ogni due anni): essi sono il "minimo contrattuale" e - in molti casi - la "indennità di contingenza " (la vecchia scala mobile - oggi congelata - che legava il salario al costo della vita);
- elementi legati al contratto aziendale;

- superminimo individuale (retribuzione individuale prevista dalla contrattazione tra azienda e lavoratori).
La somma dei tre elementi dà la "Retribuzione mensile lorda", da moltiplicare per il numero delle mensilità (che vanno da un minimo di 13 a un massimo di 15).

 

DAL LORDO AL NETTO

- il datore di lavoro funge da "sostituto di imposta"; provvede cioè a trattenere contributi e tasse del lavoratore e si occupa di versarli agli enti preposti);
- sul lordo si calcolano i contributi a carico del dipendente (nella misura del 8-9% sul totale);
- sottraendo i contributi al lordo si ottiene il cosiddetto "imponibile fiscale", ovvero la somma su cui vengono calcolate le tasse;
- le tasse sono progressive, in ragione di quanto si guadagna (parliamo di "scaglioni di imposta");
- sull'imposta calcolata vengono applicate delle detrazioni, che la riducono in virtù del reddito annuo e dei carichi familiari.

 

Fonte: http://www.dplmodena.it/la%20busta%20paga.doc

Sito web da visitare: http://www.dplmodena.it

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Busta paga come leggerla e informazioni utili

CHE COSA È LA BUSTA PAGA.

 

Il diritto alla retribuzione e alla busta paga decorre dall’assunzione. L’azienda deve comunicare per iscritto al lavoratore, tutte le condizioni stabilite dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato (luogo di lavoro, inizio rapporto di lavoro, periodo di prova, durata del rapporto, inquadramento, livello, qualifica, retribuzione, orario di lavoro, ferie ecc) entro 30 giorni dall’assunzione. Questo documento deve essere sempre conservato dal lavoratore..

 

La busta paga è il prospetto che indica, nel dettaglio, la somma che il lavoratore percepisce come compenso per un determinato periodo di lavoro.

 

 L'azienda ha l'obbligo (previsto dalla legge 5 gennaio 1953, n° 4) di consegnare con la retribuzione un prospetto paga in cui devono essere chiaramente indicati tutti gli elementi che concorrono a determinare la retribuzione lorda e la paga netta.

 

La busta paga esprime l'insieme dei rapporti tra lavoratore e:

  • Azienda (la paga vera e propria)
  • Enti previdenziali (ad esempio le ritenute inps per il fondo pensioni).
  • Stato (le imposte)

La busta paga deve portare la firma, sigla o timbro del datore di lavoro o di chi ne fa le veci. Al ricevimento della busta paga, occorre verificare che l’importo corrisposto, sia uguale alla retribuzione riportata sulla busta paga stessa.

La busta paga va controllata in tutte le sue voci e costituisce la base per poter rivendicare differenze sull’applicazione del contratto o degli accordi aziendali e/o individuali, per intraprendere azioni legali, poter richiedere un mutuo bancario e per l’accredito dei contributi pensionistici Inps. Pertanto la busta paga va conservata.

 

GLI ELEMENTI DELLA RETRIBUZIONE

 

PAGA BASE O MINIMO CONTRATTUALE. E' la retribuzione minima prevista dai contratti collettivi nazionali di categoria per le diverse qualifiche.

Per conoscere quale è la propria paga base il lavoratore può fare riferimento al contratto nazionale di lavoro e alla categoria attribuitagli al momento dell'assunzione dall'azienda (o quella acquisita successivamente) o a quella spettante per le mansioni effettivamente svolte.

SCATTI DI ANZIANITÀ. Rappresentano quella parte della retribuzione legata alla permanenza del lavoratore nella stessa azienda e nella stessa categoria professionale. Essi si calcolano in cifra fissa o in percentuale sulla paga base più la contingenza (ma in alcuni casi solo sulla paga base) e sono regolamentati dai contratti di categoria.

COTTIMO. (o indennità di mancato cottimo). E' l'istituto che lega parte della retribuzione al rendimento del singolo lavoratore o di un gruppo di lavoratori.

 

COMPENSO PER LAVORO STRAORDINARIO, FESTIVO, NOTTURNO E A TURNI.

Il prolungamento dell'orario di lavoro oltre il limite (giornaliero o settimanale) previsto dal contratto o il lavoro su turni, festivo o notturno vengono retribuiti con la maggiorazione della retribuzione prevista dai contratti nazionali.

SALARIO AZIENDALE. E' la parte di salario contrattato in azienda, varia da azienda ad azienda. Può essere:

  • collettivo: (es. premio di produzione, 3°elemento, premio feriale ecc.)
  • legato alla presenza;
  • variabile o su obiettivi concordati a livello di contrattazione aziendale.
  • superminimo individuale; molto speso assorbibile in caso di passaggio di categoria
  •  indennità

MENSA ED INDENNITÀ DI MENSA. Si è consolidato negli anni del dopoguerra il diritto dei lavoratori alla mensa con costo a carico dell’azienda. La mensa è gestita direttamente dall’azienda o affidata a terzi.

Negli ultimi anni dove non esiste il servizio mensa viene corrisposto un ticket.

 

 Laddove esiste il servizio mensa, in caso di mancato utilizzo per festività, malattia, infortuni, ferie ecc, al lavoratore spetta l’indennità mancata mensa con un valore definito a livello provinciale.

Secondo la legge n. 359 del 1992 l'importo della mancata mensa, non fa parte della retribuzione e non incide su nessun istituto. Il valore convenzionale della mensa è utile ai fini del calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza.

ALTRE INDENNITÀ. I contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono indennità: per disagiata sede, di alta montagna o sottosuolo, di cassa, ecc.

INDENNITÀ DI CONTINGENZA. Con l'accordo del 31 luglio 1992 tra Governo, Confindustria e cgil-cisl-uil, è stato abolito il sistema di indicizzazione dei salari (la contingenza) all’aumento dei prezzi.

Infatti non si è dato luogo ad alcun incremento di contingenza dal mese di maggio 1992. Il valore in atto è quello vigente al momento dell’accordo e in alcuni contratti è stato conglobato nella paga base.

EDR ( ELEMENTO DISTINTO DELLA RETRIBUZIONE).

L’accordo che abolisce la scala mobile prevede l’erogazione di una somma forfettaria di 10,33 € mensili per 13 mensilità a copertura dell’intero periodo 1992/93. In alcuni contratti è conglobato in paga base

 

Fonte: http://lavoratoriipercoopcentroluna.myblog.it/files/documenti/Come-leggere-la-busta-paga.doc

Sito web da visitare: http://lavoratoriipercoopcentroluna.myblog.it

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Busta paga come leggerla e informazioni utili

LA BUSTA PAGA

La busta paga è il prospetto che indica la somma che il lavoratore percepisce come compenso per un determinato periodo di lavoro.
Essa esprime, in termini monetari, l'insieme dei rapporti del lavoratore con il datore di lavoro(la paga), con lo Stato (le imposte) e con gli enti previdenziali (per esempio le trattenute INPS).
Il datore di lavoro ha l'obbligo di consegnare, insieme alla retribuzione, un prospetto di paga in cui deve essere indicato, oltre al periodo lavorativo in questione, tutti gli elementi che concorrono a determinare la retribuzione lorda e le detrazioni che portano alla paga netta.
La busta deve essere firmata dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci. In alternativa può bastare la sigla o un timbro del medesimo datore.
Le voci economiche di cui si compone la busta paga possono essere suddivise in quattro gruppi,  vale a dire:

  • Gli elementi fissi della retribuzione;
  • La parte variabile;
  • Le trattenute fiscali;
  • Le trattenute previdenziali;

La retribuzione vera e propria si compone di tre parti:

  • Diretta, relativa all'effettiva prestazione del lavoratore;
  • Indiretta, derivante da specifici istituti contrattuali (per esempio, tredicesima mensilità, quattordicesima mensilità, ferie, festività, permessi retribuiti, ecc.);
  • Differita, riferitesi cioè a quella parte della retribuzione che viene accantonata dal datore di lavoro per essere poi consegnata al lavoratore al termine del rapporto di lavoro (trattamento di fine rapporto o liquidazione).

In generale gli elementi fissi della retribuzione sono:

  • La paga base, che è la retribuzione minima prevista dai CCNL per le singole qualifiche;
  • Gli scatti d’anzianità, che sono quella parte della retribuzione legata alla permanenza del lavoratore nell'azienda. Si deve in ogni modo far riferimento ai singoli CCNL in quanto sono regolamentati in maniera diversa sia nel numero, che nella percentuale o quantificazione come nella cadenza temporale;
  • Eventuale ex contingenza (pregressa o conglobata);
  • Terzi elementi ove richiesti;
  • Premi aziendali fissi.

Gli elementi variabili sono:

  • Straordinari;
  • Indennità varie;
  • Assegni per nucleo familiare;
  • Valori convenzionali.

LE TRATTENUTE PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI

Sia il datore di lavoro che il lavoratore sono tenuti a versare i contributi previdenziali (per le pensioni di vecchiaia, invalidità, superstiti, ecc.) ed assistenziali (malattia e Gescal).
L'ammontare delle trattenute a carico del lavoratore è commisurato al 9,89% della retribuzione nelle aziende industriali fino a 15 dipendenti, commerciali fino a 50 dipendenti, nei pubblici esercizi e negli studi professionali.
Nelle aziende commerciali con oltre 50 dipendenti la misura è elevata al 10,19%.

Trattenute previdenziali

Al datore di lavoro compete, oltre all'obbligo del versamento mensile dei contributi, la presentazione all'INPS o agli Istituti sostitutivi del regime generale obbligatorio previdenziale, della denuncia individuale delle retribuzioni corrisposte a ciascun dipendente nell'anno precedente. Copia di tale denuncia deve essere consegnata al lavoratore.
Questo documento è importante in quanto il lavoratore è in grado di controllare l'esattezza delle retribuzioni denunciate all'INPS dal datore di lavoro.


FERIE
Ogni dipendente ha diritto, per ogni anno di servizio, ad un periodo di ferie retribuito. Tale periodo è di 28 giorni lavorativi (26 per i nuovi assunti nei primi tre anni di servizio). Ogni dipendente ha diritto inoltre a quattro giornate di riposo da fruire nell’anno solare (festività abolite).
Nell' anno d’assunzione, o di cessazione, la durata delle ferie è determinata in proporzione dei dodicesimi di servizio prestato.
Le ferie (o vacanze) sono le giornate d’astensione dal lavoro.
Le prescrizioni normative a tal proposito previste da più ordinamenti, si rivolgono generalmente solo alla categoria dei lavoratori dipendenti, non ai lavoratori autonomi né ai liberi professionisti.
Per i lavoratori dipendenti di ogni professione e tipologia contrattuale, le ferie sono giornate di non lavoro, pagate per diritto al 100% del salario giornaliero lavorativo e quantificate annualmente per norma o contratto. La durata minima delle ferie, quando prevista dalle Costituzione (come in molti stati) è fruibile anche se il contratto di lavoro non lo specifica.

Italia

La Costituzione italiana sancisce che ogni lavoratore ha diritto personale e inalienabile ad un periodo di ferie al quale non può rinunciare e di cui deve fruire (art. 36). La Costituzione non specifica la durata minima di tale periodo (né nel testo originale né nelle successive integrazioni).
Per la legge, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane, che non possono essere liquidate in economico (art. 10 del decreto legislativo n° 213 del 2004). Il minimo di 20 giorni annuali, previsti da tutti i contratti collettivi, è stato introdotto dal D.lgs. n. 66 del 2003.
Per i giorni restanti, se non sono concesse le ferie al lavoratore, questi ha diritto che gli siano retribuite. I Contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria possono aumentare le ferie cui ha annualmente diritto il lavoratore.
Secondo parte della dottrina giuslavorista, tali benefici dovrebbero essere estesi anche ai lavoratori autonomi o liberi professionisti, mettendo a carico della previdenza sociale anche il periodo di ferie del lavoratore autonomo, definendone limiti e benefici, per garantire la salute del lavoratore stesso, i periodi di gravidanza, e più in generale il sistema social-lavorativo del paese.


Straordinario
Definizione
Di norma è considerato lavoro straordinario quello eseguito, dopo l'orario giornaliero, fissato in ogni singola azienda, per far fronte ad esigenze di carattere eccezionale. Tradizionalmente, per le aziende, quest’istituto rischia di trasformarsi in un modo per allungare il giornata lavorativa e, spesso, per coprire mancanze d’organico strutturale.

L'orario normale                                                                                                               (previsto dalla legge)
L'orario normale aziendale deve rispettare i vincoli previsti dal contratto nazionale che, a sua volta, deve rientrare nelle prescrizioni delle leggi in materia. La normativa più recente (art. 13 della legge 196/97, Pacchetto Treu), dedicata alla promozione dell'occupazione, ha modificato il limite dell'orario ordinario di lavoro preesistente. Ha fissato, in 40 ore, la durata normale dell'orario di lavoro settimanale. Il limite giornaliero non è stato modificato, di conseguenza è rimasto quello stabilito in precedenza: pari a 8 ore.


L'obbligo di comunicazione                                                                                  (previsto dalla legge)
In caso di superamento delle 45 ore settimanali, per lavoro straordinario, il datore di lavoro e' tenuto a informare, la Direzione provinciale del Lavoro. L'adempimento deve essere soddisfatto entro 24 ore dall'inizio della 46. Tale termine si congela se ricade nel giorno festivo e, in caso di settimana corta, anche nella giornata di sabato.
Quando la prestazione straordinaria sarà determinata da esigenze tecnico-produttive o per casi di forza maggiore, analoga comunicazione dovrà essere inoltrata alla Rsu o, in mancanza, alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative aderenti alle confederazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Sanzioni:
Si applica la sanzione pecuniaria (che va da 258,23 a 1549,37 euro) nel caso di ritardata o omessa comunicazione della prestazione straordinaria oltre la quarantacinquesima ora alla Direzione provinciale del lavoro..

L'obbligo di informazione e di contrattazione
(previsto dal contratto nazionale)
L'azienda, salvo casi eccezionali e imprevedibili, darà informazione preventiva del lavoro straordinario, di norma in apposito incontro, alla Rsu.
Per le aziende di installazione, manutenzione e montaggio e' prevista la semplice comunicazione alle Rsu. Nel caso di lavoro straordinario nella giornata di sabato è necessario un vero e proprio accordo sindacale.


Part time

E considerato part time quel particolare contratto di lavoro con un orario ridotto rispetto a quello normale (giornaliero o settimanale) di quaranta ore stabilito dalla legge vigente - o anche meno secondo quanto prevedono alcuni contratti collettivi. 

Il rapporto di lavoro part time può essere: 

  • Orizzontale quando la riduzione d’orario è riferita all'orario normale giornaliero (ad esempio: 5 ore invece di 7 ore e trenta minuti); 
  • Verticale quando l'attività lavorativa si svolge a tempo pieno ma solo in alcuni periodi nel corso della settimana, del mese, dell'anno (ad esempio: alcuni mesi l’anno o tre giorni la settimana); 
  • Misto quando si combinano il part-time orizzontale e quello verticale (ad esempio: alcune giornate lavorative a orario ridotto e alcuni periodi a orario normale)  

 

 Quando si può applicare il part time 

È possibile per legge utilizzare il contratto a tempo parziale in tutti i settori e con tutte le professionalità (qualche esclusione è prevista in alcuni contratti di categoria).  

Recentemente con la vigente normativa si è estesa la possibilità di ricorrere al part-time nel settore agricolo, nei rapporti di lavoro a tempo determinato, nei contratti a contenuto formativo, quali l'apprendistato e l'inserimento - purché l'articolazione dell'orario non fosse d’ostacolo alle finalità formative medesime. La nuova normativa del lavoro a tempo parziale non si applica al personale della Pubblica Amministrazione.

 

Fonte: http://gestione-del-personale.wikispaces.com/file/view/RETRIBUZIONI+(LAVORO+DE+MARCO).doc

Sito web da visitare: http://gestione-del-personale.wikispaces.com/f

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