Critica letteraria

 


 

Critica letteraria

 

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CRITICA LETTERARIA

 

UNA DIVAGAZIONE FILOLOGICA: IL CASO DI M. DE LA PALISSE:


 

Questa quartina ritmica è stata scritta la sera del 25 febbraio 1525 x cantare le lodi di Monsieur de La Palisse, morto eroicamente durante la battaglia di Pavia combattuta dai francesi di Francesco I contro gli spagnoli di Carlo V.
La battaglia di Pavia vede x la prima volta un massiccio uso di armi e i cavalieri, x difendersi, avevano rincominciato a portare armature molto pesanti. Secondo il giurista Zanetti, che ha un grande interesse verso le armature del tempo, questi versi sono da intendersi come una lode in quanto Monsieur de La Palisse ha combattuto fino alla fine nonostante vivesse un’agonia lenta dovuta alle ferite delle spade infilate nelle giunture dell’armatura.
CRITICA E POETICA:
Il termine critica è un po’ abusato nelle scuole e deriva dal greco krinéin, cioè giudicare, distinguere o discernere. Il giudizio comporta sempre l’esame e la valutazione del prodotto artistico dell’opera d’arte. La critica è stata esercitata fin dall’antichità → a partire da Aristotele la parola scritta acquista una funzione di analisi e approfondimento, non solo + di promemoria; il primo poema di critica è la “Poetica” (384 a.C.) di Aristotele in cui egli propone dei modelli, soprattutto x gli scrittori tragici, indicando le regole da seguire:
tempo – spazio – azione → sono le 3 unità d’azione ke permettono di rendere la verosimiglianza di un testo.
Aristotele fonda l’idea moderna di poetica → la poetica è l’abbreviazione di “poetiké tekné” cioè l’arte del comporre ed è l’insieme delle regole che caratterizzano e che servono a un testo (“poiéin” è invece il poema che indica un testo scritto in versi). Ogni poetica si muove precedendo le direttive del proprio tempo; ci sono diversi tipi di poetica x ogni tipo di arte (musica, matematica…); La poetica mantiene la sua funzione regolativa fino al 1674 quando il teorico del classicismo Boileau pubblica in Francia i 4 canti dell’”Arte Poetica” → esprime una dottrina fondata sull'imitazione degli antichi → l’Arte Poetica è l’ultimo manuale a carattere regolativo ke propone ancora i classici a modello → con l’illuminismo si mette in discussione il modello di Aristotele xkè la verosimiglianza non è più un valore e le 3 unità sono considerate superate.
La critica testuale nasce insieme alla critica stilistica ed è quella disciplina che si occupa di analizzare e ricostruire le diverse versioni dello stesso testo x vedere qual è tra tutte la più attendibile. Nel 1934 il fiorentino Pasquali in “storia della tradizione critica del testo” riprende la critica testuale occupandosi dello studio e dell’analisi di testi greci e latini.
CENNI DI STORIA DELLA CRITICA TRA 1700/1800
DA JOHNSON A SAINTE-BEUVE:
Il 1700 è il secolo dei giornali, della gazzetta, del periodico, c’è un grande interesse x il sapere enciclopedico e si assiste alla comparsa delle prime recensioni di libri (si diffondono le letture di intrattenimento) che preparano la nascita di un nuovo mestiere: quello del critico professionista che si mantiene con il proprio lavoro intellettuale (EX: Foscolo aveva fatto x diversi anni il giornalista). Questa figura si diffonde particolarmente in Inghilterra dove la rivoluzione industriale aveva creato una classe borghese che aveva tempo da dedicare ai romanzi (Richardson).
Il primo critico moderno è il londinese Johnson (1709-1784), fondatore di diversi periodici (il pettegolo, il chiacchierone) dedicati a un pubblico femminile e che a volte vedevano inserite cronache parlamentari (grande novità); dopo la sua morte un suo amico scrittore scrive la sua biografia e Johnson diventa quasi una leggenda e impone la sua autorevolezza di giudice critico. L’opera che segna l’inizio della sua attività di critica è “vite dei poeti” pubblicata in più volumi partendo dai poeti più antichi x arrivare ai contemporanei anche se 1/3 dello scritto è dedicato unicamente a Shakespeare. Johnson è il primo a parlare di Shakespeare (non era ovvio perché al tempo non era famoso come lo è oggi x noi) e identifica dei nuclei tematici importanti che secondo lui corrispondono alle caratteristiche esistenziali di Shakespeare:

  • il realismo di chi conosce meglio di chiunque l’uomo nella sua complessità; anche quando inventa sa rendere benissimo la realtà;
  • l’universalità in quanto in ogni suo personaggio si trova qualche aspetto in cui lo spettatore riesce ad identificarsi

Nel 1765 Johnson scrive la prefazione alle opere di Shakespeare → il dramma x Shakespeare è lo specchio della vita; egli si immedesima negli schemi di comportamento segnando la nascita del moderno (dice che anche un eremita può, leggendo le sue opere, conoscere il mondo) e crea dei dialoghi così semplici da non sembrare inventati ma tratti dalla vita comune.
Sainte-Beuve (1804-1869) incarna la nuova figura del critico; egli inizia a scrivere nel 1828 e ha subito molto successo. Sfruttando la sua posizione sociale e le sue conoscenze ogni lunedì riceve a casa sua scrittori, letterati e artisti prendendo nota delle conversazioni che pubblica dapprima su riviste periodiche e in seguito su 15 volumi dal ’51 al ’72 (alcuni sono postumi) → è importante che il critico si identifichi con l’artista x comprenderne la sua opera e x far ciò oltre agli incontri viaggia alla ricerca di materiale e di testimonianze su scrittori defunti → la documentazione è alla base dell’attività del critico in quanto è un’esigenza scientifica → siamo nell’età del positivismo in cui c’è spirito di osservazione e ci si rende conto dell’importanza di raccogliere dati → Sainte-Beuve dirà: “l’homme et l’oeuvre” che può essere inteso sia come “l’uomo e l’opera” e sia “l’uomo è l’opera”. Sainte-Beuve tenta di uniformare la critica al metodo scientifico x trasformarla in una scienza esatta.
CENNI DI METRICA:
Metastasio (è il nome d’arte, il suo vero nome è Trapassi) nasce nel 1698 a Roma da una famiglia umile di ciabattini e muore nel 1782 a Vienna; davanti alla bottega di suo papà passa Gravina (il fondatore dell’Arcadia) che rimane incuriosito da alcuni versi pronunciati dal giovane Metastasio perché non li aveva mai sentiti prima e scopre che li aveva scritti proprio lui; ogni giorno Gravina passa davanti alla bottega e gli da dei temi sui quali costruire dei versi (tecnica dell’improvvisazione è molto diffusa in Italia dove c’erano improvvisatori che si guadagnavano da vivere così); Gravina porta con sè il giovane e lo fa studiare; Trapassi cambia nome adottando la traduzione del suo cognome in greco “Metastasio”. Presso la corte di Maria Teresa d’Austria a Vienna negli anni ’30 è poeta di corte e la sua figura è fondamentale soprattutto come scrittore di drammi → prende dei soggetti della tradizione classica e costituisce una storia in cui l’accompagnamento musicale non andava a sminuire le parole. L’opera più importante è “Didone abbandonata” che parla della breve storia d’amore tra Didone, regina di Cartagine, ed Enea, il futuro fondatore di Roma che proprio x questo motivo è chiamato da Venere ad andarsene.
In un suo sonetto del 1733 “Sogni e favole io fingo” Metastasio spiega la propria poetica.
Il testo poetico va a capo secondo regole fisse e ogni verso deve avere la stessa misura metrica degli altri. La rima è l’uguaglianza di 2 o più parole dall’accento in poi. Dal medioevo al 1300, x risparmiare carta, i versi e le parole che li componevano erano scritti senza lasciare spaziatura e x distinguerli erano fondamentali il ritmo e la rima. I sonetti erano fatti x essere accompagnati dalla musica, sono composti da 14 versi divisi in strofe (2 quartine e 2 terzine → 8+6), ogni verso è endecasillabico (11 sillabe) e l’accento cade sulla 10° sillaba; in italiano la maggior parte delle parole sono piane (hanno l’accento sulla penultima vocale) quindi cade sulla decima; negli endecasillabi tronchi (hanno l’accento sull’ultima vocale) ho un endecasillabo di 10 sillabe mentre negli endecasillabi sdruccioli (hanno l’accento sulla terzultima)ho un endecasillabo di 12 sillabe.
IL ROMANTICISMO: LA SCOPERTA DELL’ORIGINALITA’:
Solo quando è venuto meno il bisogno di riferirsi a delle regole si ha iniziato a pensare liberamente → passaggio dal mondo delle regole a quello dell’originalità e dell’individualità. Il romanticismo apre la via al moderno perché è un periodo in cui cambiano i valori, si sviluppa la fantasia e si diffonde il disprezzo x il vero; anche il termine poetica cambia di significato assumendo la valenza di sistemi di contenuti che caratterizzano una determinata creazione artistica; così ogni arte afferma la propria poetica con una certezza che prima non c’era, cioè il fatto di essere variabile. In origine il poeta era colui in grado di esprimere dei messaggi morali che gli altri non riescono a percepire → poeta come tramite tra il mondo divino e il mondo reale → immagine del poeta-mago (EX: Leopardi nell’Infinito). Affermandosi il tema dell’originalità cambia anche il modo di fare critica che non viene più intesa come un commento x spiegare il significato e il valore di un testo ma che offre un interesse maggiore x il sapere e la conoscenza → critica in senso moderno.
LA CREAZIONE ARTSITICA: COLERIDGE E KUBLA KHAN:
“Kubla Khan” è stato scritto dal poeta inglese Coleridge nel 1797 ( ma alcuni ritengono che sia stato scritto più tardi, tra il 1798 e il 1800) e pubblicato per la prima volta nel 1816 da Byron. La storia del poema tra queste due date è un enigma e le circostanze della sua composizione molto vaghe e controverse; ancora oggi viene dibattuto se il poema debba considerarsi un frammento o se sia la mera trasposizione di un sogno (Coleridge sogna di comporre 200-300 versi senza sforzo e quando si sveglia inizia a metterli x iscritto -riesce a scriverne 40- quando un visitatore lo interrompe e gli impedisce di scrivere ciò che aveva in mente) o, se invece abbia subito molte revisioni prima della sua pubblicazione. Del poema si può dire, insomma, che sfugge ad ogni tentativo di interpretazione esaustiva. Kubla Khan rimane per molti versi enigmatico e perciò molto suggestivo.
Borges nel 1951 scrive “il sogno di Coleridge” facendo una serie di considerazioni sul poeta-mago che crea un proprio universo senza scopo. Nel brano tratto dalle “altre inquisizioni di Borges”, “la sfera di Pascal” del 1952 si parla del fatto che la sfera è l’unico elemento in grado di rinviare alla perfezione divina in quanto ogni punto è ugualmente distante dal centro; il centro sta dappertutto ma la circonferenza in nessun luogo (definizione di infinito).
IL PARADIGMA INDIZIARIO DELL’ETA’ POSITIVISTICA:
Cuvier (1769-1823), paleontologo di anatomia comparata dopo la sua morte diventa celebre x il metodo classificatorio nella paleontologia → ipotizza la struttura di animali preistorici sulla base di ritrovamenti di ossa, denti e frammenti → approccio positivista dell’analisi indiziaria → partendo da un elemento minimo lo si fa diventare il tassello di una costruzione più complessa → questo metodo si applica a diversi campi → Morelli (1816-1891) parla del problema dell’attribuzione dell’opera d’arte (della maggior parte delle opere d’arte non si sa chi sia l’autore) e rende scientifico l’attribuzionismo dando attenzione ai dettagli x riconoscere l’autore; anche i romanzi gialli nascono dall’applicazione di questo metodo seminando nella storia indizi x arrivare a una soluzione finale.
LA CENTRALITA’ DEL ROMANZO DAL 1800 A OGGI:
Zola (1840 Parigi-1902) ha origini italiane e fa parte della corrente naturalista; concepisce l’idea di comporre un ciclo di romanzi ke illustrassero la società del 2° impero attraverso l’epopea di una famiglia → tra il 1870 e il 1883 Zola scrive “Rougon-Macquart”, un insieme di 20 romanzi, dove insiste su un’analisi della società con metodi sempre più legati alla metodologia scientifica e all’analisi clinica, → ogni personaggio del romanzo rappresenta uno stereotipo ke permette di osservare e analizzare la società → secondo i criteri del naturalismo si delinea un programma di denuncia sociale.
Zola dice di non inventare le storie ma lascia ke il romanzo si scriva da sé.
Nel 1880, mentre Verga inizia a pubblicare a puntate i Malavoglia, esce Nanà ke è un violento atto d’accusa contro la borghesia ipocrita e degenerata del Secondo Impero → è protagonista di uno dei più famosi romanzi del ciclo dei Rougon Maquart discendente da un ceppo famigliare già segnato da pecche ereditarie, è l’amante ambita dalla buona società parigina del Secondo impero ke diventa oggetto di ammirazione pubblica e oggetto di piacere per una società che non sembra richiedere altro che la soddisfazione dei sensi e la realizzazione del piacere in relazioni amorose clandestine ed ambigue. Nanà diviene l'emblema spregiudicato di questo sfruttamento del fascino femminile - ormai profondamente congiunto al mondo dello spettacolo e della prostituzione - ma sa anche divenire protagonista in questo gioco di conquista senza amore fino alla sua rovina. La bellissima ballerina, ammirata da tutta Parigi, finirà sfigurata dal vaiolo portando a compimento il suo destino di degradazione.
Nel frattempo Zola aveva aderito alle dottrine socialiste e nel 1894 interviene con impegno nell’affare Dreyfus, prendendo le difese dell’accusato con la celebre lettera aperta al Presidente della Repubblica col titolo “j’accuse”, ke gli costa un anno di carcere e un breve esilio in Inghilterra ma ke lo conferma come guida morale e spirituale di statura europea.
Per Marx i testi letterari, ma soprattutto il romanzo (è il genere letterario che meglio rappresenta la struttura sociale borghese con i suoi feticci quali il denaro, la merce, l’arrivo al potere), sono importanti x definire una società perché offrono elementi x interpretare la sua struttura soprattutto economica → la letteratura x comprendere il  tessuto sociale ed economico di un ambiente in un determinato periodo. L’opera x Marx non serve a produrre un capitale perché è una sovrastruttura ed è estranea alla logica produttiva.
Il romanzo contiene vari generi di discorso orale (conversazione, oratoria…) e di scrittura (lettere, documenti…) e x Bachtin lo stile del romanzo è l’unione degli stili e la lingua del romanzo è il sistema delle lingue. Il romanzo è composto da parole attribuibili a varie voci, non è solo quella del narratore, ma anche quella dei vari personaggi. In contrasto con Lukacs vede il quadro sociale come qualcosa che il romanzo deve rendere nella sua contraddittorietà e pluralità, e non dare x risolto in una prospettiva già decisa in partenza. La realtà sociale x Bachtin non deve essere documentata direttamente ma passare attraverso il filtro delle voci ideologico-sociali di un’epoca, cioè attraverso i personaggi del romanzo. X lui l’unico genere letterario rivolto al futuro è il romanzo perché è passibile di sviluppo e capace di vitalizzare altri generi “romanzizzandoli”.
Doblin (1878-1957) nasce e vive a Berlino laureandosi in psichiatria e diventando amico del regista Eišenštein; nel 1929 scrive il romanzo sperimentale “Berliner Alexander platz” ke risente degli influssi del cinema e dei futuristi italiani → è un romanzo ke ben si presta alle regole cinematografiche tanto ke l’anno dopo la sua pubblicazione ne viene fatto un film (la cui versione integrale dura 13 ore); nel saggio “il romanzo storico” pubblicato tra il 1938/1945, Doblin affronta il problema del rapporto del romanzo con la storia → il romanzo storico x lui è la forma moderna della fiaba ke diventa storico xkè ambientato in un determinato periodo e rispetta alcuni caratteri della società (ogni romanzo diventa un romanzo storico); il realismo inoltre non deve x forza essere socialista xkè non esiste l’arte, esiste solo l’artista → l’arte è l’insieme di ciò ke fanno gli artisti esprimendosi secondo scelte individuali senza subire i condizionamenti del potere.

CRITICI SCRITTORI,
ELIOT, WOOLF, PROUST, ECO:
La storia della critica non può prescindere da alcuni autori che sono più critici che teorici e che si interrogano sulla propria arte → l’arte non si esegue ma implica delle domande le cui risposte definiscono i modelli e gli antimodelli propri dell’autore delineando così l propria poetica. Molti autori, soprattutto americani, affiancano all’opera una riflessione teorica che si oppone alla critica accademica perché lo scrittore vuole affermare qualcosa di diverso; molti autori antiaccademici acquistano di prestigio e x questo motivo gli viene offerta una cattedra di scrittura creativa diventando a loro volta degli accademici.
Uno di loro è Eliot che nasce negli USA da famiglia inglese ma vive la maggior parte della sua vita in GB dove vince anche un premio Nobel; rende famosa in GB la poetica di Dante che egli definisce quasi metafisica; negli anni ’20 fonda la rivista “Criterion” che diventa la rivista letteraria più autorevole anche perché pubblica le prime traduzioni in inglese di diversi letterati stranieri come Montale. Nel 1920 scrive una raccolta di saggi “il bosco sacro” che parla del rapporto tra l’artista e la tradizione (secondo lui è un argomento poco trattato dalla cultura accademica) affermando che c’è sempre un innovatore che in seguito entra a far parte dell’innovazione; inoltre nel saggio “tradizione e talento individuale” del 1919 aggiunge che nessun artista in sé può essere assolutamente originale (respinge l’idea romantica dell’originalità) e che ogni autore istituisce un proprio personale rapporto attento e attivo con la tradizione → ogni artista crea una propria tradizione e dei proprio precursori.
Virginia Woolf (1882 a Londra -1941) è figlia di Stephen Woolf che era un classicista e uno storiografo. Vive a Cambridge, sede di un importante circolo di intellettuali tra i quali Wittgenstein (filosofo) e Forster (critico e romanziere). Scrive una serie di saggi raccolti in “il lettore comune” (1925/1932) nel quale si propone come una lettrice qualunque x favorire l’identificazione di sé stessa con i lettori; rimane legata la metodo di Sainte-Beuve x la sua forte sottolineatura degli elementi biografici dei suoi personaggi.
Nel saggio di Proust (1871-1922) “contre Sainte-Beuve” pubblicato postumo nel 1954, lo scrittore nega il valore del metodo di Sainte-Beuve perché ritiene che le opere siano i prodotti di un altro io e che quindi è inutile parlare con gli autori perché quell’io emerge solo nella scrittura perché sta nel profondo dell’uomo; quando questo saggio viene pubblicato fa scalpore perché il maggior scrittore del 1900 si schierava contro il padre della critica.
Pirandello (1867 ad Agrigento-1936 a Roma) nel 1908 scrive un saggio “l’umorismo” in cui studia la storia del concetto di umorismo con le sue evoluzioni nel tempo (da Ariosto a Dante, Cervantes, Manzoni); x lui l’umorismo è soprattutto ironia volontaria o involontaria.
I 3 critici-scrittori più importanti del dopoguerra sono:

  • Pasolini: romanziere, poeta, scrittore di teatro e regista
  • Calvino: teorico degli strumenti e delle tecniche della letteratura (celebri sono le sue Lezioni Americane)
  • Eco: nasce nel 1932 a Novara; è il creatore del DAMS di Bologna; negli anni si occupa di fumetti e di tv e collabora con la RAI occupandosi della cultura di massa (popolare) e avvicinandosi così a quel mondo da sempre ritenuto estraneo all’arte accademica. È un grande semiologo, emerge dapprima come critico e solo dopo i 50 anni come scrittore → il suo esordio narrativo è del 1982 “Il nome della rosa”. A proposito della cooperazione del lettore afferma che questi deve essere in grado di applicare le sceneggiature di volta in volta pertinenti; anche quando il testo devia dal modello standardizzato, è rispetto al modello che si percepisce l’effetto-sorpresa.

LA CRITICA MARXISTA,
LUKACS E BENIAMIN:
Nel 1828 Dickens scrive “il circolo Pickwick” che segna la nascita del mercato editoriale in quanto esce in edicola a dispense ed ha un enorme successo. Nel 1844 Dickens scrive “tempi difficili” a Bruxelles (dove non c’era la censura) in cui racconta della città di Cochetown in mano ad un unico proprietario che sfrutta gli operai; un operaio, che x motivi ideologici non aderisce alla rivolta organizzata dai suoi compagni, conosce Luisa, la figlia del proprietario.
Marx (1848-1883) è uno dei primi lettori di questo romanzo anche perché in quegli anni viveva in un Inghilterra segnata da una rapida evoluzione. Marx, come Freud, ama gli autori classici greci e il teatro inglese (soprattutto Shakespeare) ma anche autori francesi (come Stendal, Balzac e Flaubert); simpatizza x i movimenti come il socialismo e quelli utopistici (movimenti orientati alla fratellanza universale e con fini sociali) e nel 1848 con Enge’s scrive il manifesto del partito comunista (nel manifesto sono contenuti slogan come “proletari di tutto il mondo unitevi” e “uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del partito comunista”). X Marx ed Enge’s esiste una letteratura funzionale al comunismo che è quella realista perché rappresenta caratteri tipici di circostanze tipiche. Allo stesso momento entrambi riconoscono che l’artista deve essere un libero creatore perché se no le sue sarebbero opere a tesi che non rispecchierebbero quello che vuole esprimere. Nel “il capitale”, che viene pubblicato postumo in Germania, Marx afferma che il valore di un documento artistico è molto vicino alla realtà storica e dichiara la libertà dell’artista privilegiando xò le opere realistiche x il marxismo. Marx non risolve il problema teorico nel definire arte e storia anche perché gli interessava poco x i suoi scopi; tuttavia dal1920 in poi, quando in URSS si afferma il comunismo, il problema si ripropone e nasce la teoria della letteratura marxista → ci si rende conto che ciò che nel ragionamento di Marx non filava era che l’opera d’arte non poteva essere libera e doveva invece essere a tesi → nasce il realismo socialista in cui si recupera il concetto di realismo (tuttavia non dovrebbero esistere diverse realtà a seconda del credo politico perché tutti i movimenti devono rispecchiare un‘unica realtà e quindi “realismo socialista” è una contraddizione dei termini). Tra gli esponenti del tempo ricordiamo Plechanov, ministro della cultura che idealizza il realismo socialista, e Zdanov che crea il movimento detto zdanovismo che afferma l’ossequio incondizionato dell’arte al partito politico. In contrapposizione Brecht afferma che un artista è tale in quanto non viene condizionato e l’arte deve avere una funzione educativa come il teatro e in seguito il cinema (meno controllabile).
Lukacs (Budapest 1885-1971) è un ebreo appassionato di autori francesi (soprattutto Flaubert) che durante il nazismo si rifugia in URSS occupandosi di problemi di estetica; quando torna in Ungheria diventa dapprima docente universitario e poi ministro dell’educazione anche se in seguito all’occupazione russa viene cacciato x le sue idee. Nelle sue raccolte di saggi “saggi sul realismo” del 1948 e “il marxismo e la critica letteraria” del 1952 afferma che in ogni opera d’arte, se ne viene definita una funzione politica, questa può incorporare su di sé questa funzione; inoltre, in accordo con Marx, il realismo resta il carattere più apprezzabile in un’opera d’arte anche se grazie alle sue letture di autori francesi ne riesce a dare una definizione: il realismo non è il semplice descrivere ma  è la capacità di narrare (narrare = cogliere l’essenza di un fatto) → questa definizione lo porta a privilegiare la letteratura classica e a maturare un pregiudizio contro le avanguardie che vengono da lui schedate come forme di espressione tardo capitaliste e irrazionali.
Beniamin (Berlino 1892-1940 suicida in Spagna) è un ebreo che si laurea nel 1925 con la tesi sul dramma barocco tedesco e che in Francia vede il grande sviluppo urbanistico e l’esposizione universale della Tour Eiffel definendo Parigi la città che meglio rappresenta il  XIX secolo →  scrive “Parigi capitale del 1800” che viene pubblicata postuma nel 1982 in cui riconosce all’elemento della folla una grande importanza anche perché elimina la responsabilità individuale; la folla assume un posto di rilievo anche nell’opera “la ribellione delle masse” del 1826 dello spagnolo Gasset e in “homo ludens” del 1939 dell’olandese Huizings (le ultime pagine le scrive in un campo di concentramento nazista). Beniamin nel 1936 scrive “l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” in cui si interessa a dettagli tecnici di un’opera d’arte come la condizione economica dell’artista e la grande
FORMALISMO E STRUTTURALISMO:
Tra il 1910 e il 1917 in Russia hanno rapida diffusione i circoli letterari in cui ci si dedicava ad attività artistiche ma con un approccio molto aperto alla realtà contemporanea (saranno i promotori della diffusione del futurismo). Nel 1927 Propp scrive “morfologia della fiaba” dove nota che in tutte le fiabe russe raccolte ricorrono gli stessi elementi che lui chiama funzioni → introduce i principi del formalismo:

  • sistema: l’evoluzione della natura presuppone un avvicendamento di sistemi, uno dopo l’altro (l’evoluzione avviene solo x il passaggio cronologico); il sistema più importante di tutti è il sistema linguistico → nasce il concetto di funzioni linguistiche
  • funzione: elemento ricorrente che può variare a seconda del sistema in cui viene incluso

Il formalismo è quel movimento letterario fiorito in Russia che considerava la letteratura come arte della parola e non sotto il profilo dell'ideologia sociale. Le sue ricerche hanno favorito lo sviluppo della critica stilistica e sono a fondamento degli odierni studi critici strutturalisti. Il formalismo si occupa di fare un’analisi formale di testi culturali x scoprire le proprietà del linguaggio letterario. Il compito dei formalisti non è di valutare ma di spiegare com’è fatto un testo scoprendo il funzionamento dei meccanismi letterari.
Mentre Propp aveva lavorato sulle fiabe, un materiale fortemente stereotipato, Bremond si occupa di applicare le funzioni sul romanzo → si accorge dell’impossibilità di decidere in anticipo la successione delle funzioni; x lui l’unità minima della narrazione è una sequenza che raggruppa più funzioni e non una funzione isolata → ogni sequenza apre una possibilità narrativa che può essere sfruttata o meno.
Greimas costituisce il modello attanziale che riconosce alcuni ruoli e funzioni dei personaggi → un soggetto volto verso un oggetto; un destinatore che predispone l’oggetto x un destinatario; a questi vanno aggiunti un aiutante e un oppositore. Inoltre si deve a Greimas il quadrato semiotico dove un temine-chiave si sviluppa in una dialettica complessa combinandosi con i termini contrari e contraddittori.
Grazie al lavoro del circolo linguistico di Praga “mélanges linguistiques dédiés au premier congrés del philologues slaves” nel ’29 viene elaborato lo strutturalismo. Si definisce strutturalismo una tendenza metodologica che, nata originariamente in ambito linguistico con Saussure, si è estesa ad altri settori (dall'antropologia alla critica letteraria) dando luogo, negli anni Sessanta e Settanta, a una specifica "atmosfera culturale", che aveva come centro di irradiazione la Francia. Tale atmosfera non si è storicamente espressa in un movimento omogeneo e compatto, ma ha dato luogo a un certo numero di dottrine diverse tra loro. Lo strutturalismo afferma che la realtà è un sistema di relazioni i cui termini costituenti non esistono di per se stessi, ma solo in connessione tra loro. Lo strutturalismo trova che tutto è un segno, non solo i linguaggi veri e propri ma anche le espressioni non verbali, l’abbigliamento, l’immagine pubblicitaria… Dell’analisi dei segni fa le spese l’autore il cui ruolo è messo in secondo piano. La struttura si presenta come un sistema di trasformazioni. Tali trasformazioni, contribuendo alla formazione dell'identità stessa del sistema, rendono inutili i ricorsi ad altri elementi o strutture esterne al sistema studiato → la struttura è quindi un elemento autosufficiente che non ha bisogno di ricorrere ad elementi estranei alla propria natura per essere colta.
Dal ’29 lo strutturalismo ha una biforcazione:

  • linea ortodossa → è la linea dominante che si costituisce nelle scuole ed è caratterizzata da una forte componente antistorica; si occupa dello studio del linguaggio e dei fenomeni letterari x poi trovare applicazione in tutti i campi dell’attività umana → x l’antropologo Lévi-Strauss tutto è un segno e nella sua opera “antropologia della struttura” fa dello strutturalismo un metodo generale delle conoscenze umane; Barthes (1915-1980) teneva una rubrica nella rivista femminile “elle” dove analizzava le tendenze della cultura contemporanea tra cui la moda → applicazione dello strutturalismo anche ad ambiti minori. X lui la struttura è uno strumento metodologico e l’attività strutturalista di ritaglio del testo e di coordinamento degli elementi ricavati doveva curare i passaggi del testo esaustivamente.
  • linea eterodossa → rimane più isolata perché si affida a singoli individui. Il russo Bachtin (1895-1975) pagò con una dura emarginazione il suo non allineamento verso il formalismo e il marxismo (i suoi testi rimasero inediti fino agli anni ’70 quando vengono tradotti in italiano e poi in tutte le altre lingue conoscendo una grande diffusione); è un insegnante universitario i cui libri sono stati pubblicati solo sotto forma di dispensa x i suoi studenti. Parte dalla considerazione del linguaggio che x lui è prima di tutto dialogo in quanto ogni parola è dialogica. L’analisi dei testi basata su metodi linguistici non basta. La sua distanza dal formalismo sta nel fatto che lui preferisce parlare di senso e non di significato → il formalismo si limita a ritagliare dei particolari staccandoli dal loro insieme senza alcun riferimento al coordinamento interno dell’opera, mentre il linguaggio deve essere collegato con la società e con la storia. Inoltre, in contrasto col formalismo, ritiene che nessun testo possa essere autonomo e autosufficiente perché ogni parola è già stata detta e ogni enunciazione interviene come risposta a discorsi preesistenti → il testo deve essere considerato come un anello della catena e collocato nell’avvicendarsi della tradizione.

Jakobson nel dopoguerra si trasferisce negli USA divulgando le tesi dello strutturalismo. Dobbiamo a Jakobson la teoria delle funzioni del linguaggio verbale. In tale teoria, Jakobson assegna a ciascun elemento del processo comunicativo una particolare funzione comunicativa; il rapporto tra elementi comunicativi e funzioni si articola secondo questo schema:
mittente → funzione emotiva
contesto → funzione referenziale
messaggio → funzione poetica
contatto (o canale)→ funzione fatica
codice → funzione metalinguistica
destinatario → funzione conativa
Lotman definisce l’arte letteraria un sistema di simulazione secondario → secondario perché utilizza il sistema lingua, simulazione perché rappresenta la realtà; x lui l’opera d’arte è un segno integrale perché il significato è dato solo dal testo preso x intero → il testo diventa segno e i segni che lo compongono ne diventano elementi.
POSTSTRUTTURALISMO, DECOSTRUZIONISMO, RELATIVISMO
E TEORIA DELLA RICEZIONE:
Il poststrutturalismo è una corrente filosofica che si sviluppa all'interno dello strutturalismo e che porta i suoi assunti alle estreme conseguenze. Il prefisso "post" non è da interpretarsi come una contrapposizione rispetto allo strutturalismo, ma come una sua prosecuzione critica che lo porterà alla dissoluzione. I poststrutturalisti danno una grande importanza al linguaggio ma perdono la fiducia nella struttura.
L'importanza che lo strutturalismo aveva assegnato allo studio delle strutture come fatti, descrivibili scientificamente nei rapporti tra le loro parti, viene sostituita dall'interesse per la loro genesi. I suoi maggiori esponenti in Francia sono Focault (1926-1984) e Derrida (1930-2004). Il punto d’appoggio della teoria derridiana è l’equivocità del linguaggio perché l’intenzionalità del parlante non può tener conto di tutte le possibilità di equivoco, tanto più nei testi scritti che continuano a significare nel tempo anche in assenza dell’autore. X lui il testo è aperto e vede nella sua spiegazione il dispiegamento delle molteplici direzioni contenute nel testo. Il decostruzionismo parte da qui con Derrida che smembra il testo x mostrarne le sue disfunzioni → queste incoerenze del testo vengono usate x decostruire il sistema di opposizioni su cui si basa la tradizione filosofica occidentale. Questo nuovo modo di leggere e interpretare i testi trova seguito soprattutto negli USA, dove la teoria assume un aspetto più focalizzato sull’interpretazione del testo letterario e sui suoi fraintendimenti che ne derivano, ma dove comunque non si può parlare di un movimento compatto. Il saggista Man (1919-1983) considera la letteratura come forma retorica, cioè con un doppio livello di senso: letterale e figurale che, pur in conflitto tra loro,  non possono prescindere l’uno dell’altro. Ne emerge uno scetticismo che porta a dubitare che l’interpretazione porti alla verità. Mentre x l’ermeneutica la tradizione garantisce la comprensione dei testi, x il decostruzionismo la tradizione è vista come un susseguirsi di falsificazioni; ciò non comporta l’abbandono dell’attività critica né l’assoluta libertà dell’interprete nei confronti del testo. Secondo il relativismo di Fish x l’osservatore tutto è relativo ed è il lettore che sulla base dei modelli acquisiti scorge in una serie di segni un testo letterario. Non sarebbe comunque possibile dire qualsiasi cosa su di un testo perché nessuno inventa un proprio metodo interpretativo ma si basa e si orienta tra le convenzioni che trova già applicate da altri.
La teoria della ricezione nasce in un’università tedesca e vede tra i maggiori esponenti Iser e Jauss; mette a fuoco il momento della lettura come base dell’attività dei soggetti che leggono; con ricezione si intende la registrazione delle oscillazioni della fortuna di un autore o di un’opera mentre con efficacia si intende l’impatto di un’opera sul pubblico. Bisogna ricostruire un orizzonte d’attesa x determinare l’incidenza di un’opera. Iser è più interessato al processo della lettura attuato su di un testo e più che ricezione preferisce parlare di risposta → stimoli forniti dal testo ai quali il lettore è chiamato a rispondere. Secondo Iser perché ci sia coinvolgimento è necessario che le aspettative del lettore verso un testo vengano disattese modificando quelle costellazioni di figure individuate; il critico infatti non fa altro che cercare di tradurre il suo coinvolgimento in un linguaggio referenziale.
LA LINGUSITICA E LA CRITICA STILISTICA:
La nuova critica stilistica si serve di diversi strumenti come la linguistica, la retorica, la storiografia… Rimane il problema di dare una definizione di stile individuale → la stilistica nasce in ambito linguistico con Saussure come riflessione sulla lingua → Saussure nel “trattato di stilistica francese” (1909), che doveva essere destinato solo a studi grammaticali ma che invece viene esteso ad altre discipline, definisce lo stile personale come la grammatica elaborata da un individuo. Saussure fa riferimento alla stilistica francese perché è l’unica lingua che ha il vantaggio di coincidere con la lingua di Parigi parlata da tutti i francesi (ha un suo centro linguistico, è durevole ed ha già un suo canone). X Saussure il segno è bifacciale perché racchiude in sé la parte del significato e del significante; inoltre distingue anche la langue (il codice lingua) dalla parole (l’esecuzione individuale dei singoli parlanti) e la diacronia ( studia i processi di mutamento della lingua) dalla sincronia (studia una lingua in un determinato momento). Un grande contributo viene dall’allievo prima e collega poi di Saussure, Baully (1865-1947) che mette x iscritto il corso di linguistica generale con altri ex compagni e trasforma la teoria della langue e della parole estendendola al campo della stilistica. La linguistica poteva essere utilizzata o come strumento x interpretare le opere letterarie o come modello x ricostruire il sistema di regole del linguaggio letterario.
È a Hjelmslev che si deve la distinzione tra espressione e contenuto e chiarisce anche che entrambi hanno sia una forma sia una sostanza.
LA CRITICA DELLE VARIANTI,
CONTINI SU LEOPARDI:
Dal 1920 il fascismo provoca un isolamento politico, economico e culturale che si sintetizza nella parola autarchia, letteralmente reggersi da soli →  la conseguenza è che i critici italiani possono lavorare solo su opere di autori italiani (manca il contatto e lo scambio con gli altri paesi) e frequentano le biblioteche riscoprendo dei manoscritti, dei documenti di archivio, dei diari e dei carteggi e mettendoli in confronto tra loro (la letteratura italiana è una delle più vaste e di più lunga tradizione al mondo) → nella biblioteca di Napoli si scoprono i documenti autografi di Leopardi che vedono i vari passaggi x arrivare alla poesia “A Silvia”; con questo metodo vengono riscoperte anche le varie edizioni dei Promessi Sposi (dal romanzo storico Fermo e Lucia del 1821, al Renzo e Lucia del ’27 e all’edizione fiorentina del ’40) e dell’Orlando Furioso del ferrarese Ariosto (la cui 1° edizione è del 1516, seguita da quella del ’21; nel ’25 quando il letterato cardinale veneziano Bembo scrive la 1° grammatica italiana rivolta solo agli scrittori, Ariosto riscrive nel ‘32 la sua opera, usando la grammatica come testo di riferimento, attingendo quei termini di cui non era a conoscenza essendo la sua lingua un ibrido tra l’emiliano e il mantovano).
Contini (1912 a Domodossola-1990) nel suo saggio del ’37 “come lavora Ariosto” si occupa della critica delle varianti o critique genetique → questa disciplina ha una forte base scientifica perché si lavora su documenti precisi, e studia le varianti (le variazioni delle diverse edizioni dello stesso testo) e le invarianti (ciò che nelle diverse edizioni rimane costante). I filologi a differenza dei critici si occupano esclusivamente dello studio attento dei testi senza commentarli.
Contini nel saggio del ’47 “Implicazioni leopardiane” da uno dei maggiori contributi alla critica delle varianti che lui divide in 3 tipi:

  • varianti x opposizione → nelle 1° versioni della poesia “A Silvia” Leopardi usava verbi all’imperfetto come “splendeva “ ma dopo decide di modificarli preferendo “splendea” → x non cambiare la metrica quando il verbo si trovava all’inizio o alla fine della riga faceva sì che venisse pronunciato con la E più lunga x renderlo bisillabico, mentre se il verbo era inserito all’interno della riga questo veniva pronunciato normalmente
  • varianti x compensi contigui → x evitare di ripetere le stesse parole tra versi vicini, l’autore decide di cambiarle anche x dar loro piùmusicalità
  • varianti x compensi a distanza → x evitare di ripetere le stesse parole in versi lontani tra loro, l’autore decide di cambiarle

LA CRITICA PSICANALITICA DI FREUD:
La critica psicanalitica nasce con Freud (1856 a Vienna-1938 a Londra); Freud ha una formazione di letture quali Goethe, Shakespeare e autori teatrali ma si occupa anche di medicina e fisiologia. Nel 1885 ottiene la cattedra in neuropatologia (odierna psichiatria). A Parigi conosce Charcot che lavora in ospedale curando le nevrosi attraverso l’ipnosi (metodo catartico) e Freud ne rimane molto colpito tanto da adottare anch’egli lo stesso metodo; tuttavia lo abbandona ben presto perché nel 1895 (anno della pubblicazione di “studi sull’isteria”) lo sostituisce con il metodo delle libere associazioni in cui il paziente si rilassa e parla liberamente all’analista. Le sue due opere più importanti sono “interpretazione dei sogni” del 1900 e “la psicopatologia della vita quotidiana” del 1904.
Dal 1920 Freud è docente ordinario a Vienna e ciò è sintomo che alla sua disciplina viene riconosciuto un rigore scientifico. Nel ’38 va in esilio a Londra dove muore.
“Interpretazione dei sogni” si può dividere in 3 parti:

  • storia sul problema del sogno (elaborazione)
  • analisi degli elementi costitutivi del sogno (cause)
  • teoria della formazione tripartita del sogno (significati) → x Freud non si possono fare sogni senza immagini perché il sogno è un pensiero che si svolge x immagini; il sogno rappresenta la realizzazione di un desiderio anche se non tutto ciò che desideriamo può essere trasformato in immagine → le immagini che non si possono rappresentare si trasformano in modo da poter essere immaginate  magari attraverso un simbolo apparentemente innocente → in origine c’è una censura interna perché il desiderio è condannato dal senso etico → il sogno è come un’entità bipartita formata dal contenuto manifesto e dal contenuto latente che noi vogliamo nascondere perché è portatore di un significato profondo e segreto. Freud identifica uno sostrato comune a tutti i sogni che è la pulsione sessuale → x arrivare alla liberazione terapeutica del paziente bisogna eliminare man mano tutti gli strati fino ad arrivare alle cause profonde. Inizialmente l’inconscio è detto “il non so che” che è la zona di contatto tra il corpo biologico e il suo riflesso fisico immediato, il regno dell’ambivalenza affettiva in cui coesistono gli opposti e della censura che reprime il desiderio comune fondamentale del piacere.

Freud analizza l’Amleto → Amleto è l’antieroe x eccellenza, è colui che non agisce; secondo il principio di Edipo il figlio è spinto a uccidere il padre; dato che il padre di Amleto è stato ucciso dallo zio, Amleto si identifica con lui e pur volendo vendicare la morte del padre (non perché è stato assassinato dallo zio, ma perché spettava a lui ucciderlo) non può uccidere sé stesso → nascita dell’isteria di Amleto che Freud fa risalire al fatto che Shakespeare aveva scritto questa tragedia poco dopo la morte del padre → rapporto padre-figlio sempre presente.
FILOLOGIA TESTUALE vs PSICANALISI,
TIMPANARO E IL LAPSUS FREUDIANO:
Nel 1904 un giovane ebreo austriaco, col quale Freud attacca conversazione in treno, si lagna della condizione di inferiorità in cui sono tenuti gli ebrei in Austria – Ungheria: si accalora nel parlare di questo problema e vuol concludere il suo discorso appassionato col verso che Virgilio fa pronunciare a Didone abbandonata da Enea e prossima al suicidio: Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor (E sorgi, vendicatore, dalle mie ossa, Eneide, IV, 625). Ma la memoria gli fa difetto, ed egli riesce soltanto a dire Exoriare ex nostris ossibus ultor → cioè omette aliquis e inverte le parole nostris ex.
Freud nel 1904 scrive “psicopatologia della vita quotidiana” → partendo da aliquis e invitando il suo compagno ad abbandonarsi al libero gioco delle associazioni riconduce, attraverso una serie di passaggi acrobatici e tortuosi, quella dimenticanza a un timore che assillava in quei giorni il giovane ebreo, quello di non avere preso sufficienti precauzioni durante un rapporto sessuale e quindi di essere in procinto di divenire padre.
Secondo il filologo fiorentino Timpanaro (1923-2000), Freud sbaglia in questa sua analisi e muove delle obiezioni in “lapsus freudiano”, pubblicato x la prima volta nel ’74. Timpanaro fornisce una spiegazione di quella citazione basandosi sulla critica testuale: l'eliminazione di aliquis mette a disposizione una frase perfettamente trasponibile in lingua tedesca e quindi non è caratterizzante. Decine di esempi, addotti puntualmente da Timpanaro, dimostrano che fenomeni analoghi sono all'ordine del giorno. X Timpanaro la spiegazione data da Freud è arbitraria perché, se si tiene conto della suggestione fortissima a cui il giovane viene esposto dal suo autorevole interlocutore, a quel punto di arrivo si sarebbe potuto giungere da qualsiasi punto di partenza → x Timpanaro non è un metodo scientifico poiché non può essere spiegato empiricamente.
Steiner, amico di Timpanaro, scrive il romanzo “il correttore” in cui il protagonista è proprio Timpanaro.
LA PSICANALISI E LA CULTURA ITALIANA:
La psicanalisi italiana ha origine nella cosmopolita Trieste ai primi del ‘900 grazie soprattutto al contributo di Italo Svevo (prima Ettore Schmitz, nasce nel 1861 a Trieste e muore nel 1928); il nome che sceglie è emblematico x rappresentare una realtà in cui si sente sia italiano ma con una cultura nordica; Svevo viene da una ricca famiglia di chimici con un’avviata attività in una fabbrica di vernici e la sua vita è combattuta tra il suo ruolo di direttore in questa azienda e la sua passione x la scrittura. Quando inizia a tradurre “interpretazione dei sogni” aveva già scritto “una vita” e “senilità” nel 1898 in cui emblematica è la sua rappresentazione del tempo → racconta di un impiegato benestante che vive con la sorella ma si innamora di una ragazza vistosa e prorompente che diventa sua amica ma che è interessata a un suo amico artista che le offre un lavoro da modella; la sorella dell’impiegato si innamora dell’artista ma finisce tutto in un nulla di fatto di cui rimangono solo i ricordi → la senilità di cui si parla non è quella di un uomo vecchio ma quella delle mente; x la prima volta si parla di psicanalisi, forse troppo presto (l’opera non ha successo tanto che Svevo pensa di smettere di scrivere) con il suo termine tedesco psycho-analyse. Nel ’23 pubblica a Bologna “la coscienza di Zeno” che viene letta e giudicata positivamente da Joyce.
L’irlandese Joyce diventa amico di Svevo durante uno dei suoi soggiorni a Trieste (è a Trieste dal 1903, poi visita le città italiane ma poi vi ritorna dal ’19 al ’20). Nel ’22 pubblica “a Parigi” e “Ulisse” che è un’opera di narrativa sperimentale fortemente psicanalitica che tratta il tema del tempo → è ambientata a Dublino, il protagonista si chiama Bloom e Dedalus è la proiezione di Joyce; l’intera opera si svolge in un giorno, ogni ora è un capitolo che rappresenta uno dei 24 libri dell’Odissea.
Colui che x primo diffonde in Italia il metodo della psicanalisi è lo psicanalista Weiss (1889 a Trieste-1970 a Chicago) che dal ’13 è membro della società psicanalitica di Vienna e dal ’18 è responsabile di sedute psicanalitiche a Trieste. È un allievo di Freud ed ha tra i suoi pazienti il triestino Saba.
Saba (1883-1857) nel ’46 scrive “poesia, filosofia e psicanalisi” in cui risponde alle critiche mosse da Croce alla psicanalisi che secondo lui è una delle estreme derive del decadentismo. Famoso è il suo “canzoniere” del ’45 e “scorciatoie e raccontini” del ’46.
IN ITALIA, GRAMSCI E VITTORINI:
Gramsci (1891-1937) è sardo ma studia a Torino, città industriale con un importante movimento operaio; è il fondatore del partito comunista italiano e grande dirigente politico e x questo viene incarcerato e morirà in galera dopo 9 anni di prigionia. È anche il fondatore dell’Unità che sarà la testata opposta all’Avanti fascista. È soprattutto in carcere che scrive → “quaderni dal carcere” in 5 cinque grossi volumi → in carcere non ha accesso alla biblioteca e la maggior parte delle sue citazioni sono fatte a memoria o passate dalla sua compagna (esponente del partito socialista) con la quale è rimasta la testimonianza dei carteggi di corrispondenza. In quaderni dal carcere c’è una parte sulla critica letteraria che viene raccolta e pubblicata nel ’50 col titolo “letteratura e vita nazionale” → Gramsci riconosce il forte legame tra la politica e la letteratura ma vuole evitare l’autonomia del giudizio letterario (x lui non è autonomo perché condizionato dalla politica) e l’intromissione eccessiva del giudizio politico; inoltre mentre l’uomo politico deve guardare al futuro x programmare lo sviluppo e perciò ha di fronte a sé ciò che dovrebbe essere, il letterato rappresenta l’esistenza, ciò che è, guardando verso il passato → “il politico non sarà mai contento dell’artista” → opposizione tra il livello politico e il livello letterario; tra i 2 livelli c’è un elemento mediatore che è la cultura perché è un’organizzazione che comprende intellettuali, riviste, giornali, organizzazione scolastica… L’intellettuale x Gramsci non è mai autonomo perché c’è un rapporto con la storia che non è univoco perché lo stesso periodo storico può dar vita a un grande artista ma allo stesso tempo essere un contesto di regressione depressione (esempio del rinascimento italiano in contrapposizione alla Svizzera → paradosso dell’orologio a cucù). Ciò che conta è elaborare una cultura in grado di generare una nuova vita morale da cui possano nascere nuove opere d’arte. Gramsci è caratterizzato da un forte atteggiamento anti- idealista in contrapposizione a Croce con il quale l’unico aspetto comune è l’opposizione al fascismo.
Vittorini (1908 Siracusa-Milano 1945) è un intellettuale che lavora come redattore x un piccola editoria, l’Einaudi, che nasce in chiave antifascista a Torino e subisce molte pressioni dalla censura anche perché aveva tra i suoi scrittori Pavese e Calvino. Nel ’45 fonda un periodico chiamato “il politecnico”, con ampio spazio ad attività pratiche (è x questo che le future università pratiche prenderanno questo nome), che viene stampato x 2 anni con lo scopo di realizzare il progetto di Gramsci di “una nuova cultura x una nuova vita morale”. Togliatti chiede a Vittorini maggior impegno a livello ideologico nella rivista a favore del PC ma Vittorini non solo si rifiuta ma abbandona il partito perché l’intellettuale non deve ricevere direttive da nessuno → 1° caso ideologico dell’Italia del dopoguerra.
LA LETTURA COME ESPERIENZA:
La critica ha sempre di mira la lettura perché il critico, nel suo primo approccio a un testo, non è altro che un lettore e solo in un secondo momento pubblica i risultati della propria esperienza.
BLANCHOT → critico e scrittore francese (1907-2003) parte dalla convinzione che x scrivere bisogna essere soli e smettere di parlare, sviluppando all’estremo il rapporto tra la parola, la solitudine e il silenzio  → paradosso: la parola è in contrasto con il silenzio e la letteratura. Quando l’autore ha finito l’opera questa si distacca da lui perché il suo destino sarà nelle mani dei lettori che hanno il compito di liberare l’opera. Metodo della discrezione → la lettura si gioca tra fascinazione ed estraneità perché il lettore deve partecipare all’opera ma nello stesso tempo questa lo tiene a distanza; Blanchot contrappone la discrezione della lettura alle pretese dell’interpretazione perché secondo lui la critica è un tramite dannoso quando si frappone tra l’opera e il lettore dettandogli le norme di approccio al testo → per realizzarsi la critica deve farsi quanto più simile alla lettura cercando di sparire.
L’ERMENEUTICA (teoria dell’interpretazione):
Nasce nell’antica Grecia ma assume grande importanza nel 1900 con Haidegger.
L’ermeneutica deve comprendere e interpretare con la conseguenza che l’importanza della critica ne viene ridotta. Gadamer (1900-2002) afferma che il lettore si accosta a un testo perché parte da un pregiudizio perché ha già un’idea di cosa ci troverà; questo pregiudizio nasce da uno strato culturale comune a tutti e l’interprete non è altro che un anello nella catena di trasmissione del testo perché media il rapporto tra l’opera del passato e i lettori di oggi → il critico deve consentire alla parola del passato di superare il divario storico e di parlare ancora, e x far ciò si rende necessario una fusione di orizzonti che è l’adattamento al nuovo orizzonte attuale → l’interpretazione sarà così un dialogo tra passato e presente e x essere tale deve cercare di scomparire perché compito del mediatore è di limitarsi ad esporre le condizioni di comprensibilità di un testo. La coscienza estetica (se un testo è bello o no) x Gadamer deve intervenire solo in un secondo tempo se l’immediata scoperta di senso dovesse fallire. Il problema dell’attualizzazione del testo letterario è che noi uomini del presente cerchiamo di entrare in dialogo con il testo passato, intendendolo non nel suo senso originario ma come se si rivolgesse proprio a noi in questo momento. Contro questa continua variabilità dell’interpretazione, Hirsch pone l’esigenza di riconoscere ogni volta quale interpretazione si più valida ricorrendo al significato originario che l’autore ha inteso trasmettere nella situazione originaria. Mentre x Gadamer questo significato è ormai irrimediabilmente perduto, Hirsch non dice se si raggiungibile o meno ma soltanto che è l’obiettivo al quale si deve avvicinare l’interpretazione. Hirsch ha quindi proposto la differenza tra significato (ciò che l’autore voleva dire) e significanza (ciò che il critico contemporaneo vede nel testo) portando come esempio negativo l’interpretazione dell’Amleto da parte di Freud. Ricoeur ha cercato di spiegare il rapporto tra ermeneutica e strutturalismo sostenendo che la spiegazione del testo non può essere considerata un momento secondario e una pura esposizione di ciò che si ha capito. Sia x lui che x Gadamer il linguaggio è una mediazione (visuale aperta del concreto atto di linguaggio) e non un mero oggetto (visuale chiusa dei codici). Secondo Habermas i valori del passato non devono essere presi x buoni solo perché hanno avuto la forza di arrivare fino a noi, bisogna invece interrogarsi sui secondi fini che hanno permesso il costituirsi di una certa tradizione. Mentre Gadamer tende a privilegiare i pregiudizi che ci uniscono, il discorso habermasiano mette in luce i differenti punti di vista; inoltre x Gadamer il fraintendimento si verifica solo in casi particolari mentre x Habermas la comunicazione è sistematicamente deformata. L’intesa tra gli uomini che l’ermeneutica da x condizione alla base del dialogo è piuttosto x lui un punto di arrivo.
CRITICI DI CONFINE:
L’APPROCCIO MITICO DI FRYE (1912-1991) → canadese di origine, pensa che se il critico resta confinato in un solo metodo finisce x avere una visione parziale delle cose riportando la letteratura verso settori estranei (come la psicologia, la linguistica…); pur non negando l’importanza di questi approcci è convinto che le diverse prospettive vadano riunite in una antropologia letteraria → si deve vedere quali forme base si manifestano nella letteratura. Frye non si interroga sugli effetti (cioè sulla riuscita del testo nei confronti del lettore) ma sulle cause, ricercando la causa formale, cioè quelle forme elementari che le opere di epoca in epoca continuano a usare e riadattare; in “anatomia della critica” (1957) chiama queste forme elementari archetipi e la sua critica prenderà il nome di critica archetipica → l’archetipo è un’immagine ricorrente riscontrabile in diverse opere; l’interpretazione dovrà seguire un cammino progressivo, passando dal significato letterale alle immagini di un testo x arrivare all’archetipo. Il mito è x lui un archetipo che si trova a livello di organizzazione del testo. Suddivide i miti secondo una quadripartizione corrispondente al ciclo stagionale (in un modello ciclico la vita dei generi è extrastorica):
primavera → associata alla struttura della commedia → vittoria dei giovani sui vecchi e superamento mediante la comicità degli ostacoli;
estate → il romanzo d’avventura → contrastata ricerca della meta da parte dell’eroe;
autunno → tragedia → scontro tra l’individuo e le leggi sociali che si conclude con il sacrificio dell’eroe;
inverno → satira e ironia → il riso demolisce il personaggio giungendo a constatare la scomparsa dell’eroico;
Seguendo un approccio mitico alla letteratura ciò che muterebbe non è la forma (il modello mitico) ma solo il contenuto. La grande letteratura è x lui quella che prova a riassumere in sé le diverse facce dl mito.
Frye rifiuta di attenersi alle immediate reazioni del gusto e crede invece nella presa di distanza.
Accanto all’azione e all’intreccio da molta importanza al tema che è il pensiero poetico e non l’argomento dell’opera.
LA RELAZIONE CRITICA IN STAROBINSCHI (1920-vivente) → x lui bisogna chiedersi quale tema abbia maggior rilevanza in un autore o in un’opera. Uno dei temi su cui il critico svizzero è particolarmente impegnato è il tema del clown che comprende le figure dei personaggi del circo; la frequenza con cui questo tema si presenta nelle varie opere è un segno rilevante: gli autori non troverebbero nelle forme del clownismo un semplice argomento da trattare, ma vi si identificherebbero al punto di scorgervi il proprio ritratto e di vedervi rispecchiata la propria condizione in un’epoca in cui la società conferisce loro sempre meno prestigio → il tema assume un valore di critica e di autocritica (gli autori prendono coscienza del declassamento del letterato). Arriva a scoprire un antico archetipo, quello del clown tragico, che si nasconde nei panni del clown e si rivela essere il doppio emblematico del Cristo, la vittima innocente e il salvatore sacrificato.
Ritiene che nella relazione critica si deve stabilire un equilibrio tra complicità e distanza perché bisogna da una parte entrare in sintonia con il testo (mediante una partecipazione appassionata) ma dall’altra riuscire a individuare una prospettiva panoramica (i dintorni dell’opera).
LA DIFESA DEI VALORI CLASSICI:
Nel nostro mondo dominato dal consumo la logica dominante è quella dell’eterno presente che comporta la perdita della memoria storica ma che vede come reazione quello del recupero dei classici del passato; questo salvataggio consiste nel ridar loro la parola → critica come dialogo che vuol recepire qual che un testo ha ancora da dirci. Un canone letterario è l’insieme dei libri che sono reputati fondamentali; stabilire un canone è il momento culminante in cui si decide quali autori sono riconosciuti e quali no. Un caso che ha suscitato scalpore è stato quello di Bloom che ha preteso di fissare il canone occidentale riunendo nel suo volume del 1994 gli autori imprescindibili della nostra tradizione. Bloom perviene così a una “religione della cultura” dove i grandi autori vanno a costituire una Bibbia laica: il protagonista non è più l’opera ma l’autore che viene visto come un genio → la ripresa dell’autore, penalizzato nelle metodologie del 1900, riporterebbe verso al critica biografica; x Bloom il critico non deve capire quanto della vita di un autore c’è nell’opera ma, viceversa, quanto l’opera abbia influito sul suo autore (l’arte è così importante da prevaler sulla vita). Ma Bloom è consapevole che la letteratura non sta vivendo un periodo di fortuna e la sua riaffermazione delle differenze gerarchiche non sono un atto di potere quanto un addio epocale → la critica canonica, con lo sguardo rivolto alla grandezza perduta, riconosce la propria tendenza nostalgica e assume la forma del rimpianto elegiaco → la letteratura, poiché impotente, diventa l’alternativa al mondo del potere.
LA CRITICA DI GENERE:
LE CRITICHE FEMMINSITE
Mettendo in discussione l’intera civiltà, la polemica del femminismo non risparmia il campo letterario: indiziato è proprio il canone, l’elenco degli autori più validi, che è costruito sul pregiudizio risultando quasi esclusivamente composto da “maschi bianchi”. Il movimento femminista si propone dunque di riscoprire e riproporre le scrittrici ingiustamente sottovalutate dalla critica ufficiale; il ricorso alla figura dell’autrice conduce un’altra volta nei paraggi della critica biografica. Del femminismo si può riconoscere:

  • una linea anglosassone: empirica e politicizzata; da una parte si sviluppa negli studi sull’omosessualità e dall’altra, con maggior ampiezza, procede lungo la linea del colore stabilendo dei legami della condizione della donna al razzismo (minoranze e migranti postcoloniali).
  • una linea francese: legata alla psicanalisi e all’identità.

 Il femminismo, allargato su scala mondiale, scopre il radicale dislivello tra le donne occidentali, privilegiate, e quelle del terzo mondo che sono l’ultimo gradino dell’umanità, sottoposte a un super-sfruttamento.
POSTCOLONIALISMO:
Oggi il colonialismo sta continuando sotto le vesti dell’economia globale tanto che si parla di postcolonialismo; la globalizzazione si è ripercossa sulla sfera letteraria producendo un eccezionale allargamento geografico ponendo una serie di problematiche:

  • Le letterature straniere vanno giudicate come testimonianze di culture diverse dalla nostra, come strumenti di conoscenza dell’altro e perciò veicoli di tolleranza?
  • Come possono alcuni mondi usciti dalla servitù coloniale recuperare quell’identità culturale di cui non rimane traccia?
  • Come occuparsi delle minoranze dei migranti che, trovandosi all’interno dell’Occidente, attivano scambi e mescolanze?
  • In quale lingua devono scrivere gli autori? Scrivendo nella lingua nativa guadagnano il contatto con la base primordiale ma perdono in diffusione internazionale.

Secondo Said, un palestinese emigrato negli USA,  la letteratura è fatta di esseri umani e va quindi sempre ricollegata nel mondo. La sua posizione è quella di un secular criticism, un laicismo che non porta al fanatismo religioso, ma che contrasta le fedi dogmatiche che pretendono dall’intellettuale una sorta di certezza assoluta, una visione totalizzante che riconosce soltanto seguaci o amici; in favore dell’interculturalità, Said parla anche di traveling theory, una teoria del viaggio, fatta di spostamenti ed interscambi.
Un altro ramo del pstcolonialismo si focalizza sull’uomo spaesato, il prodotto delle mescolanze e delle esperienze dei migranti; nella “poetica del diverso” (1996) dello scrittore caraibico Glissant (1928- ), la diversità è tra le culture ataviche, che si arroccano attorno a un mito fondatore e si definiscono in base all’espulsione violenta dell’altro, e le culture composite, che traggono la loro forza dall’apertura della relazione sviluppando un gusto del cambiamento (il viaggio, l’erranza); la ricerca delle radici avviene in entrambi i casi: da una parte ci si attacca a una radice unica, dall’altra si percorre un rizoma, una radice senza centro e aggrovigliata.
Sovrapponendosi al postcolonialismo si è affermata, negli USA, l’ondata dei Cultural Studies. L’attenzione dedicata alla letteratura nell’ambito dello studio della cultura nasce in Inghilterra, trasferendosi negli USA solo in un secondo momento e subendo alcune modifiche. L’inizio può essere visto nel lavoro del gallese Williams (1921-1988) che ha allargato la considerazione della cultura nel quadro del marxismo, sviluppando la ricerca sulla cultura della classe operaia e sulla cultura popolare. Nel successivo sviluppo negli USA, i Cultural Studies hanno perso l’attenzione verso la funzione letteraria di “ammortizzatore sociale”, entrando in una situazione in cui il livello alto e basso sono mescolati e il popolare non si riferisce più al solo proletario ma all’intero pubblico ormai indifferenziato. Una volta che il termine cultura sostituisce quello di ideologia, non si è più in grado di operare una critica: la pluralità delle culture relative alle diverse tribù non viene vagliata ma accettata dai Cultural Studies con l’ottica neutrale dell’antropologo.
L’INTERPRETAZIONE POLITICA E L’INCONSCIO IDEOLOGICO:
Malgrado le apparenze di disimpegno, nel mondo moderno continua a essere pressante la questione politica. A questo proposito risultano molto potenti le molle associative che risiedono nell’identità perché, avanzando lo sradicamento prodotto dalla globalizzazione, si induce al recupero dell’appartenenza a un clan.
Negli USA Jameson (1934- ) è il rappresentante più insigne della critica di tradizione marxista ed è il primo a parlare di inconscio politico. Il marxismo in Jameson è quel metodo che è capace di superare e inglobare in sé gli altri metodi, inserendoli nell’orizzonte più ampio possibile che è quello della storia intesa come formazione sociale. Il critico deve ridurre i problemi che incontra sulla superficie del testo a un sottotesto di tipo socio-economico. Il postmoderno nasce con l’affermarsi della modernizzazione in tutti i settori; I suoi ultimi lavori si interrogano, in particolare, sul postmoderno inteso come logica culturale del tardo capitalismo.
In Gran Bretagna è Eagleton (1943- ) a mettere a punto la nozione di ideologia e afferma che in un’epoca come la nostra in cui siamo immersi negli ideologismi è difficile vederli; la critica è ciò che permette di riconoscere quegli interessi oggettivi che agiscono nei discorsi. Il discorso è strategico, vale a dire che per prima cosa ci si deve chiedere perché si vuole indagare su di esso. La letteratura non può essere definita di per sé ma solo in relazione a pratiche sociali; questo rapporto ha bisogno di un termine intermedio che è l’estetica,a  sua volta dotata di una specifica ideologia che è l’ideologia estetica. In quanto mediatrice, l’estetica ha sempre due facce: una rivolta al lato intellettuale dell’analisi, l’altra radicata nella sensibilità materialistica del corpo. Il corpo è ciò che tutti abbiamo in comune e ank’esso ha una condizione dualistica, universale e individuale.
Nell’area spagnola troviamo Rodriguez (1944- ) con la sua interpretazione della poesia classica sulla base della matrice ideologica. A differenza di Jameson, in Rodriguez l’epoca non genera una sola poetica ma due: ci sono sempre due letterature e quindi un gioco di alternative; le diverse poetiche si trovano incluse nella produzione ideologica, ma l’ideologia a sua volta si è trasferita dai sistemi costituiti di idee al mare dell’inconscio determinando un rapporto profondo con la psicoanalisi sulla centralità del problema dell’”io sono”. Soprattutto la poesia, nella sua funzione di rifugio dell’anima, contribuisce alla costruzione di un mondo privato ritenuto autentico; ma l’”io sono” è una pellicola instabile in bilico tra due inconsci: l’inconscio libidinale di Freud e quello ideologico di Marx. Stretto tra i due inconsci, l’io soffre la crisi e la rottura ma ciò vuol dire che può staccarsi dall’identità che gli è stata assegnata; restano aperte due strade: rivelare o meno le spaccature che lo percorrono.
Il capitalismo avanzato ha privato di sostanza l’ambito politico lasciandolo fluttuare secondo la variabilità del mercato e delle coscienze. L’io non è solo funzionale alla produzione ma è diventato un mezzo di produzione; il capitale è divenuto così connaturato con la nostra vita di tutti i giorni tanto che non riusciamo neanche a riconoscerlo.
In Italia Sanguineti (1930- ) pone l’equazione tra ideologia e linguaggio affermando che l’ideologia non può esistere nel testo che nella forma del linguaggio (x cui la storia non è dietro al testo ma dentro); perciò la decifrazione dei segni non può essere esentata da un interrogativo politico, così come nessuna valutazione politica può evitare di passare attraverso l’analisi del testo. Decifrare vuol dire capire la coerenza di un testo, ma dopo essere passati dal testo al codice occorre ancora decifrare il codice. Il critico deve procedere all’interpretazione in quanto il testo si presenta in modo non trasparente perché è il prodotto di un’attività sociale → il testo è ambiguo in seguito a una pratica intersoggettiva che lo ritaglia dal resto scritture dichiarandolo significativo (occorre interrogarsi sugli scopi delle istituzioni letterarie) → il gesto critico si condensa nell’attribuzione ma non c’è bisogno che l’autore manchi: anche se sappiamo chi è, bisogna dedurre comunque un autore dal testo risalendo ai moventi fino a trovare un cosmo intero e in esso dare posizione sia dell’autore che del testo → critico-detective.
L’OGGETTO TESTO:
la grande scommessa della critica moderna è riuscire ad appassionare di nuovo alla lettura in un momento in cui il testo letterario è trascurato o affrontato solo x obbligo scolastico. Sollecitare una risposta alla letteratura si può fare solo se si ricorda che la letteratura stessa è una risposta; le soluzioni sono di due tipi: la letteratura può funzionare come momento consolatorio e compensativo, oppure affrontare il trauma mostrandolo in forme di spezzettature stimolando al reazione.

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/critica/CRITICA%20LETTERARIA.doc

Autore: non identificabile dal documento (se conoscete l'autore inviateci un messaggio e-mail)

 


 

Critica letteraria

Critica Letteraria

Gianmarco Gaspari

 

03/10/2007

Lapalissiano: chiaro ed evidente, che non ha bisogno di dimostrazione in quanto risulterebbe superflua e grottesca. Aggettivo derivante dal titolo di un condottiero francese del primo ‘500, Jacques de la Palice, per due ingenui versi di una canzone composta dai suoi soldati prima della sua morte.

Tautologia: figura retorica. È un’affermazione che sostiene se stessa, ed è quindi una ripetizione inutile.
“il triangolo ha tre angoli”

lapalissiano = tautologia

Chabannes: rimando a la Palice. Il 25 febbraio 1525, il re di Francia Francesco 1° si scontra nella famosa battaglia di Pavia con gli spagnoli con cui si contendeva il controllo dell’Europa. In questa battaglia il re di Francia venne sconfitto e in suo onore vennero composti questi versi:

“ Monsieur De la Palisse est mort,
il est mort devant Pavie
un quart d’heure avant sa mort
il etoit encore en vie ’’

Dante Zanetti : ‘’Vita, morte e trasfigurazione del signor De la Palisse’’.
Zanetti analizza i versi composti in onore di la Palice e nota l’ovvietà dei versi. È ovvio che un quarto d’ora prima di morire, la Palice era ancora in vita. Zanetti afferma che i versi erano stati scritti in suo onore perché la Palice un quarto d’ora prima di morire cercava ancora di difendersi, quindi ha combattuto fino alla fine.

Dopo la battaglia di Pavia, le armature non servivano più perché si afferma l’uso della polvere da sparo, quindi cambiano anche le strutture dei castelli.

Ludovico Ariosto: “L’Orlando furioso”
Opera di maggior rilievo del 1500. Nel 1516 Ariosto ne scrive una prima versione, si tratta di un’opera coerente per quanto riguarda il modo di combattere dei paladini di Carlo Magno, infatti in questa stesura non c’è alcun cenno alle armi da fuoco. Nel 1521 Ariosto scrive una seconda edizione dell’opera in cui inserisce un’arma che chiama “ferrobugio”. Nel 1532 Ariosto rielabora il poema per la terza ed ultima volta; in questa edizione il “ferrobugio” diventa “archibugio” e compaiono tutte le altre armi da fuoco.

Critica: componente chiave del pensiero occidentale in quanto niente è dato per scontato, ma è sottoponibile a critica e può essere discusso. Ci sono culture che criticano più o meno di altre.
“critica” viene dal verbo greco “krinéin” che significa giudicare e distinguere. Io giudico in quanto distinguo da altro.

Krinéin:

  • Crinale: punto di separazione tra due luoghi
  • Discriminare: separare due cose in base ad un ragionamento
  • Scriminatura: riga dei capelli

All’inizio la critica si applicava esclusivamente all’opera d’arte ed implicava un giudizio di valore a qualcosa. Era un percorso di selezione attraverso dei canoni. In passato l’opera d’arte era sacra e c’era una grande selezione; nel tempo, con l’industrializzazione e la riproducibilità si è persa la sacralità. In passato per avere un prodotto di qualità, gli artisti dovevano seguire dei canoni.

Aristotele: “Poetica”
appartenente alla Grecia classica. Nato nel 384 e morto nel 322 a.C. fu il primo a riflettere sulla questione dei canoni per ottenere la qualità. Aristotele scrive l’opera “Poetica” (in greco Poetiké Tekné), che definisce regole e modelli a cui l’artista deve attenersi. Aristotele applica la tecnica del fare, all’uomo per distinguerlo dagli animali. Per Aristotele la tecnica del fare si applica  all’astrazione, all’ideale e quindi all’arte, cioè qualcosa che rende il greco degno della propria umanità.
Come principale forma d’arte Aristotele cita il teatro, che era al centro della vita sociale, con un forte valore politico. Nel tempo venivano rappresentati 2 generi: la tragedia e la commedia.
Per poter scrivere una buona tragedia, Aristotele dice che gli artisti dovevano seguire i grandi modelli di:

  • Sofocle
  • Eschilo
  • Euripide

Questi tre autori classici hanno seguito la regola delle 3 unità: unità di tempo, luogo e azione che davano un carattere realistico all’opera.
La regola delle 3 unità verrà seguita fino alla fine del 18° sec da autori moderni come Goldoni e Alfieri, che muore nel 1803 ma che sentiva ancora l’esigenza di rispettare quella regola à i precetti di Aristotele.
La Poetica di Aristotele ha intenzione regolativa e nell’antichità viene ripresa e diffusa anche da altre opere:

  • Orazio nel 65-8 a.C. “Ars Poetica” 
  • Boileau “Art Poetique” del 1674 che ripropone in versi i precetti di Aristotele

Alla fine del 1700nuovi avvenimenti storici sconvolgono la storia d’Europa à si passa dall’illuminismo al Preromanticismo in cui riaffiora il valore dell’originalità. Il poeta romantico è colui che non sta nei canoni, come l’inglese Byron che impone nuovi modelli.

Solo con il 700/800, con l’avvento del Romanticismo, la critica inizia ad interrogarsi sul senso di quanto viene prodotto. All’inizio dell’800 “Poetica” da aggettivo diventa sostantivo e non indica più i precetti da seguire, ma le caratteristiche proprie di un movimento artistico (poetica di Montale, dei futuristi..). Per noi il termine “Poetica” assume un valore di creazione artistica di un singolo autore o movimento.

Nel 500/600 i critici non redigevano saggi sull’opera, non davano giudizi, ma si limitavano a commentare il testo. Questo fino all’epoca romantica; i commenti scritti facevano del poeta un’autorità da imitare.

A metà 700 in Inghilterra troviamo una cultura legata all’industria e ai meccanismi dell’urbanizzazione. Iniziano ad uscire le riviste/gazzette che danno informazioni. Il numero dei lettori aumenta e il pubblico emergente è quello femminile. Nel 1900 la tradizione della stampa inglese, passa agli Stati Uniti.
Nelle riviste il lettore trova notizie ma anche intrattenimento come i romanzi che uscivano a puntate.
Il primo critico dell’età moderna si affaccia come collaboratore di giornali in Inghilterra.

 

 

 

10/10/2007

A metà 700 si assiste alla nascita della società, e questo porterà anche cambiamenti nelle logiche di mercato.
In Inghilterra a metà 700 inizia la Rivoluzione Industriale, l’assetto sociale cambia, si assiste al fenomeno dell’urbanizzazione, ossia in una città si inurbano intere popolazioni dall’esterno (Londra, Manchester..). la città vive di quanto la campagna le trasmette. Nelle città nascono le professioni moderne come il postino, il sarto.. che prefigurano la nascita della possibilità di leggere, cioè con queste nuove professioni che non occupano tutta la giornata, il cittadino ha tempo libero per leggere ma non professionalmente. Prima del 700 leggevano solo gli aristocratici, il figlio del contadino non leggeva perché non gli serviva. Ora i ragazzi hanno la possibilità di svolgere un’attività diversa da quella svolta da tutta la generazione.

Nel 1791 la Rivoluzione Francese impone l’istruzione obbligatoria à salto di classe

In Inghilterra questo modello si afferma con una rivoluzione economica. La lettura diventa un elemento integrativo delle attività sociali (sul giornale ci sono scritti gli orari delle corriere). Questi giornali sono settimanali, ossia fogli che contengono avvisi in forma tecnica. Dal 1730 in poi inizia questa diffusione di giornali, prima inglese poi su scala europea. I giornali si specializzano e comparirà il periodico non notizie politiche.
A metà del 700 in Inghilterra e in particolare a Londra, nasce il pubblico femminile che è molto agguerrito; le donne leggono notizie di moda, di personaggi delle corti europee..

Per affezionare i lettori, all’interno dei giornali vengono inseriti racconti/novelle o pubblicati romanzi a puntate. Nel 1830 questo sistema è ancora in uso e Charles Dickens pubblica a puntate il romanzo “Il circolo di Pickwick”, il primo bestseller della storia del libro. In questo periodo anche l’editoria diventa un’industria.

Nasce la figura del critico letterario in senso proprio. In primo critico è Samuel Johnson (1709-1784). All’inizio era un giornalista, ma la sua capacità di intervenire su temi sociali è tale da fondare un nuovo genere letterario. Non scrive più per gli altri, ma inizia a scrivere un proprio giornale “The Rambler”, una delle sue testate più famose, attraverso cui nasce il giornalismo moderno.

 

Voltaire scrive “Lettere inglesi” in cui dice che in Inghilterra le persone contano per la propria professione e non per l’etnia come accadeva in Europa.

James Boswell allievo e discepolo di Johnson; fecero due viaggi insieme in Italia e in Corsica. Boswell scrive “Vita di Samuel Johnson” nel 1971 che conferma anche dopo la morte di Johnson la sua indiscutibile autorità e la sua intelligenza. L’immagine che risulta di Johnson è quella dell’uomo che aveva letto più di ogni altro uomo.

Il lavoro di Johnson è costituito da un unico libro “Vita dei poeti” pubblicato in più volumi tra il 1779 e il 1781. Johnson parla solo di autori inglesi e in particolare di Shakespeare, secondo Johnson il poeta più grande. Prima dell’esaltazione di Shakespeare da parte di Johnson, nessuno sapeva che fosse proprio egli il poeta più grande, in quanto non esistevano i canoni per decretarlo.
Metà dell’opera di Johnson è dedicata a Shakespeare, in cui viene inserita la sua opera completa con una premessa in cui Johnson spiega come ma i fosse proprio Shakespeare il più grande.

1765 “Le opere di Shakespeare” à tema biografico

Se Johnson parla in particolare di un autore è perché lo considera come un modello da seguire e Shakespeare lo è per il Romanticismo.

SHAKESPEARE due elementi fondamentali nelle sue opere:

  • REALISMO: le sue opere sono applicabili a chiunque, sono parte di qualcosa che serve a creare la complessità umana à sentimenti umani in linguaggio umano
  • UNIVERSALITA’: le sue opere partono da fati reali, storici, da elementi coerenti. 

Shakespeare non ha eroi, la sue scene sono occupate da uomini che agiscono e parlano come il lettore ritiene che parlerebbe o agirebbe egli stesso nella medesima occasione. Nei personaggi messi in scena da Shakespeare riconosciamo dei caratteri universalmente rappresentabili.

1790 l’Europa entra nel nuovo regime e anche l’opera di Johnson trova il suo spazio. Nasce un pubblico più vasto cha da vita ad un nuovo clima culturale à folla, massa.
Nel luglio 1789 con la Rivoluzione Francese, la folla diventa la protagonista della storia. Il ruolo della folla d’ora in poi sarà decisivo. Nella società contadina le folle si riunivano solo in occasioni particolari come i funerali; ma dal 1789 la folla si raduna nella città.

Jule Michelet “La folla” 1849 prima analisi della massa, cosa che prima era inconcepibile. È possibile scrivere un’opera dedicata alla folla perché l’anno prima nel 1848 in tutta Europa si sviluppa una ventata di rivoluzione. Quindi nel 1849 ha senso interrogarsi sulla folla.

Karl Marx nel 1848 si trova in esilio in Belgio, dove pubblica in manifesto del partito comunista intitolato “proletari di tutto il mondo unitevi”.

Negli ultimi decenni del 700 anche dal punto di vista della creatività artistica ci sono nuove tendenze. L’arte scopre di non essere soggetta a regole e scopre il concetto della “genesi spontanea” dell’opera d’arte, come se si trattasse di una specie di ispirazione. L’arte inizia a collocarsi fuori dagli schemi razionali (neoclassicismo); nell’irrazionale l’arte non deve rispondere a nessun canone, compare il principio dell’originalità e nasce il concetto del gusto.
Questa discussione viene portata in ambito filosofico da Kant (1724-1804). Nel 1790 pubblica la sua ultima opera “Critica del gusto” in cui Kant si interroga sulla variabilità dei nostri parametri estetici e sulla variabilità del gusto. Prima di Kant era difficile accorgersi di questo; Kant aveva capito che in futuro le cose sarebbero cambiate più velocemente.

 

1890 Napoleone compie la Campagna d’Egitto, una delle più costose. Con questo viaggio Napoleone importa in Francia un nuovo gusto, una matrice comune nel campo degli interni e nelle strutture dei palazzi.

1790 Kant scrive “Critica del gusto” in cui si interroga su quali canoni si basa il critico per svolgere la sua attività. Kant riconosce che il giudizio ha una componente irrazionale. L’arte non è giustificabile solo secondo gli schemi della ragione. Le arti danno un senso supplementare a ciò che viene espresso.
Kant elabora il concetto di “sublime” che costituisce la non comunicabilità tra l’immaginazione e la ragione. Il sublime è quando la nostra immaginazione va oltre la ragione e noi ci sentiamo persi.

Hegel (1770-1831) scrive “Estetica” opera composta nel 1835 che stabilisce in modo definitivo l’autonomia dell’arte rispetto ad ogni altra disciplina umana. La spontaneità e l’autonomia dell’opera d’arte inizia ad essere riconosciuta anche da altri artisti. Il musicista Giuseppe Maritini (morto nel 1870), nel 1867 scrive la sua opera maggiore; si trova ad Assisi e sogna il “Trillo del diavolo” che Tartini racconta  pur sapendo di correre dei rischi, di aver ricevuto in sogno l’opera dal diavolo.

Samuel Taylor Coleridge: (1772-1834) Nel 1816 scrive “Kubla Khan”” nella data in cui Byron rende noto questo testo. Coleridge è uno dei maestri di Byron, che scrive la genesi di quest’opera.

Pietro Metastasio: (Roma 1968-Vienna 1782) ai suoi tempi il più famosi dei poeti del ‘700. Metastasio è un nome d’arte; Metastasio viene da “metastasi” ossia la trasformazione di un’entità in un’altra entità. Il suo vero nome era Pietro Trapasso.
Un erudito tra i più influenti dell’epoca sente recitare Metastasio quando aveva 8-10 anni; l’erudito non conosce quei versi e chiede al bambino dove li aveva sentiti, il quale gli risponde di essere una sua invenzione. Da qui in poi l’erudito diventa il maestro di Metastasio, che una volta a Vienna diventerà il poeta di corte.

 

“Sogni e favole, io fingo”

 

Sogni, e favole io fingo; e pure in carte
mentre favole, e sogni orno, e disegno,
io lor, folle ch'io son, prendo tal parte,
che del mal che inventai piango, e mi sdegno.       5
  Ma forse, allor che non m'inganna l'arte,
piú saggio io sono? È l'agitato ingegno
forse allor piú tranquillo? O forse parte
da piú salda cagion l'amor, lo sdegno?
  Ah che non sol quelle, ch'io canto, o scrivo,       10
favole son; ma quanto temo, o spero,
tutto è menzogna, e delirando io vivo!
  Sogno della mia vita è il corso intero.
Deh tu, Signor, quando a destarmi arrivo,
fa ch'io trovi riposo in sen del Vero.

 

Questo testo rimane nella memoria per la sua musicalità. Metastasio nei versi si serve delle stesse parole perché le considera importanti (sogni e favole).

Compare una figura retorica à il chiasmo in cui i termini sono incrociati:

sogni                  favole

 

favole                 sogni

Quello che ci vuole dire Metastasio è che la vita è un sogno à tema barocco. Il testo è interessante dal punto di vista metrico perché ci sono le rime (carte-parte, intero-spero..).
La rima ci mostro che un elemento di queste parole rimane sempre uguale; l’elemento inizia sempre con la vocale accentata. La rima è l’uguaglianza tra due parole dall’accento in poi.

Int-
V-
Sp-

‘’Sogni e favole io fingo » è un sonetto : termine utilizzato dal 13° sec in poi che deriva dal latino ‘’Sònitus’’ che evidenzia l’importanza data all’elemento del suono. Il testo si chiamava così perché richiedeva accompagnamento musicale. La storia della nostra lingua si lega sin dall’inizio con la musica.
Il sonetto nasce in Italia e sarà un modello per tutta l’Europa.

Il sonetto è un organismo complesso che può adattarsi a qualsiasi tematica. I versi sono legati da un sistema di rime, quello più utilizzato è quello delle rime alternate (ab-ab-ab); mentre il sistema della rima baciata prevede (abba).

Ad inizio ‘800 con Giacomo Leopardi si iniziano ad avere i primi versi senza rime à versi sciolti
La rima è un vincolo molto forte, ed esistono delle parole senza rima come “fegato”. Le rime servono ad aiutare la memoria.

Borges divenne direttore della più grande biblioteca argentina nel giorno in cui la sua cecità divenne permanente così per aiutarsi con la memoria, continuò a scrivere in versi.

ENDECASILLABO: forma ritmica più importante della nostra tradizione.

 

Da più salda cagion l’amor lo sdegno

 

Dolce color d’oriental zaffiro

 

Nell’opera di Metastasio si sono versi da 11 sillabe.

 

Sogni e favole io fingo; e pure in carte à 15 sillabe

 

Sogni e favole io fingo; e pure in carte à endecasillabo

L’italiano è una lingua eccezionale per la musica perché permette una costruzione libera della frase.

 

SINALEFE: unire insieme, unione di più vocali.

L’accento principale del verso è l’ultimo

Tanto gentile e tanto onesta pare

Che negli endecasillabi cade sempre sulla decima sillaba.

Sei di Catania? Ormai dovresti capirmi à endecasillabo con 12 sillabe

Giambattista Casti: “I tre Giuli” poema di inizio ‘800. Casti venne dopo Metastasio; era un poeta divertente e creativo che ebbe l’idea di scrivere un poema tutto in sonetti.
Giulio era il Papa che aveva emesso la moneta chiamata “Giulio”. Casti si era fatto prestare 3 Giuli da un amico e il creditore continuò a chiedere a Casti di rendergli il denaro. Tutti i versi di questo poema hanno l’accento sull’ultima sillaba.

Piet-
Citt-

 

PAROLE PIANE: accentate sulla penultima sillaba. Quasi tutte le parole italiane sono piane
PAROLE TROCHE: accentate sull’ultima sillaba (Nicolò)

Trenta dì conta novembre à verso ottonario accentato sulla penultima sillaba (piana)

Tre civette sul comò à verso tronco accentato sull’ultima sillaba (ottonario tronco)

 

24/10/2007

 

Tra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800 in Germania si svolge un dibattito teorico interessante à nasce il concetto moderno di gusto con l’opera di Kant “Critica del giudizio”.
Le basi teoriche di questi grandi mutamenti avvengono in Germania attorno a Kant alla fine del 18° sec.
La rivoluzione francese spacca la storia dell’Europa in antico e nuovo regime in cui l’Europa trova una nuova identità à democratizzazione della società. Quando l’istruzione pubblica diventa obbligatoria, il figlio del contadino può ambire ad un mestiere diverso da quello svolto dal padre.

All’inizio dell’800 in Germania l’enorme patrimonio della tradizione delle fiabe che precedentemente era solo orale, diventa scritta con i fratelli Jakob e Wilhelm Grimm che raccolgono le fiabe in un corpus scritto e rappresenta un fatto importante perché sono le fiabe della tradizione popolare à identità profonda del popolo.
In Russia per tutto l’800 la raccolta delle fiabe veniva proibita dallo Zar che voleva negare l’identità al popolo. In Russia nel 1917 grazie all’ideologia marxista e quindi al comunismo verranno raccolte le grandi fiabe del popolo russo.
Vladimir Propp si rese conto che in tutte le fiabe russe ricorrevano elementi comuni à struttura

La Germania è importante perché è al centro del dibattito che porterà alla modernità.

A U T O R I   T E D E S C H I

 
F. SCHILLER grande autore teatrale, nel 1796 scrive un trattato molto breve intitolato “Sulla poesia ingenua e sentimentale”. Il fine di Schiller è pratico in quanto vuole dimostrare come la poesia moderna sia diversa da quella degli antichi, che aveva un rapporto diretto con la natura, che oggi non c’è più in quanto mediato dalla riflessione.
Il poeta moderno avverte il contrasto tra il reale e l’ideale; il poeta moderno ha bisogno di un nuovo elemento: l’immaginazione che è sentimento, cioè pathos (concetto greco che implica la sofferenza).

Poeta antico à fulmine = collera di Zeus
Poeta moderno à fulmine = fenomeno elettrico (il rapporto con la natura è mediato)

A. e F. SCHLEGEL: pubblicano una raccolta di scritti sul periodico “Athenaeum” (universalità). La rivista punta su una scrittura di tipo breve, non ama il saggio che si dilunga ma si esprime attraverso l’aforisma che permette di avvicinarsi all’irrazionale. Al centro dell’interesse dei due fratelli Schlegel c’è la volontà di scoprire i percorsi della nuova poesia à consapevolezza della rottura con la letteratura del passato.
Cambia anche il modo di valutare del critico che deve decifrare la complessità del proprio tempo e capire le direzioni del pensiero contemporaneo cercando di capire cosa sta alle spalle dello scrittore prima di giudicare l’opera à metodo molto importante nella teoria interpretativa dell’800.

ROMANTICISMO: movimento culturale che nasce in Germania nel 1796 con l’opera di Schiller “Sulla poesia ingenua e sentimentale”.
Come mai i poeti di questo periodo si fanno domande su ciò che scrivono? I poeti di questo periodo iniziano a riflettere sui contenuti della propria opera à AUTOCRITICA tipica dello scrittore romantico.
In Italia Leopardi e Manzoni hanno riflettuto molto sulle proprie opere.
La novità concettuale dell’autocritica è che verso la metà dell’800 nascono nuovi metodi critici che creano un rapporto moderno con l’opera d’arte.

In Europa a metà ‘800 inizia a svilupparsi un movimento critico autonomo in Fracia; è il periodo in cui il Romanticismo viene lasciato alle spalle, lasciando il posto al POSITIVISMO (1830-1870) che non è un movimento ma un clima culturale che comporta la rinnovata fiducia nel potere illimitato della scienza-conoscenza.

In Italia il Romanticismo arriva più tardi nel 1816 perché inizia la pubblicazione della rivista “il conciliatore”.

I caratteri del Romanticismo europeo sono:

  • Popolarità dell’opera d’arte à in Italia Manzoni sceglie il romanzo che prima non c’era.

Il Romanticismo come movimento predominante dura fino agli anni ’30 del 1800, poi da una parte ci sarà un proseguimento del Romanticismo e dall’altra si sviluppano una serie di altre tendenze diverse. La nuova realtà è quella di un universo in movimento; l’Europa scopre l’economia, l’industria.. nascono nuovi movimenti ideologici. Nel 1848 Marx pubblica il manifesto del partito comunista.
Nell’Illuminismo l’economia era un principio astratto, oggi è il motore dello sviluppo della nazione à società complessa.

Il 1900 è stato definito il “secolo breve” rispetto all’enorme complessità dell’800.
Dopo il 1830 non si può più dire che un movimento prevalga sugli altri, ma coesistono più movimenti à complessità.
A Milano nel 1850 nasce il movimento della SCAPIGLIATURA composto da un gruppo di letterati; un modello francese è Boudlaire.

Il maggior critico di metà ‘800 è il francese SAINTE-BEUVE (1804-1869). La realtà della Francia in questi anni è quella di una nazione con proprie caratteristiche intellettuali che dopo Napoleone è tornata ad imporre il proprio gusto all’Europa. Sainte-Beuve era molto ricco e poteva permettersi di organizzare cene, di solito di lunedì, e ricevere artisti molto importanti. La sua opera più importante è “Discorsi del lunedì” formato da 15 volumi pubblicati tra il 1851 e il 1872. Sainte-Beuve vive questa situazione eccezionale in cui a Parigi si trovano i migliori romanzieri europei.
Sainte-Beuve descrive i propri incontri con i romanzieri associandoli alla critica perché vuole capire come mai ogni romanziere è diverso dall’altro; quindi vengono fatti dei ritratti degli artisti in cui l’elemento fondamentale è la raccolta di materiale riguardante gli autori.
La vita dell’autore è importante ma Sainte-Beuve vuole sapere il più possibile di un autore e legge carteggi che in precedenza sarebbero stati snobbati, raccoglie elementi sulla società contemporanea dell’autore.

Per Sainte-Beuve sono due gli elementi importanti:

  • L’HOMME: uomo come entità individuale, ma anche uomo che è nello scrittore (temi pre-freudiani) à uomo in senso sociale
  • L’OEUVRE: l’uomo e l’opera perché i condizionamenti dell’uomo all’opera sono così forti che l’uomo si ritrova all’interno dell’opera stessa.

Osservare e raccogliere sono operazioni che identificano il lavoro di Sainte-Beuve e negli stessi anni questo metodo viene utilizzato per le scienze naturali.

G. CUVIER: (1769-1823) studioso francese di paleontologia che aveva elaborato il metodo classificatorio. L’importanza dei suoi studi viene percepita dopo la sua morte. In tutta Europa cominciano a nascere i primi grandi musei. Cuvier partendo dall’osso è riuscito a ricostruire lo scheletro del dinosauro à METODO INDIZIARIO per cui partendo da un elemento si ricompone la totalità.

A . CONAN DOYLE: (1859-1930) su stimolo di Cuvier fa nascere il personaggio di Sherlock Holmes (dal 1887 in poi) che si serve del metodo indiziario. “5 semi d’arancio” uno dei primi racconti di Holmes in cui si presenta al dott. Watson definendosi un autodidatta.
Il metodo indiziario trova in questi anni un’applicazione nel mondo della storia dell’arte.

 

 

 

GIOVANNI MORELLI: (1816-1891) bergamasco che vive a lungo in Germania; la maggior parte delle sue opere sono scritte in tedesco. L’opera più importante è “Critica d’arte della pittura italiana”. Il problema della pittura è che i quadri non sono quasi mai firmati ma Morelli nel suo archivio raccoglie diversi materiali e confrontandoli scopre che presentano elementi in comune come un certo modo di dipingere gli occhi, che ci aiutano ad identificare un artista.
Morelli parla di motivi-sigla che segnano la specificità di un autore rispetto ad un altro. In questo metodo c’è un elemento deterministico come se il romanzo fosse il risultato di una serie di cause à punto debole del metodo.

PROUST: “Contro Sainte-Beuve” opera scritta nel 1820 ; Proust aveva delle buone ragioni per reagire contro l’ideologia di Sainte-Beuve. Quest’opera viene pubblicata molti anni dopo e questo spiega la grande autorità di Sainte-Beuve.
Proust ragiona sul metodo induttivo e afferma che Sainte-Beuve non era un grande critico.
Ora è possibile parlare di se grazie alla scoperta dell’inconscio e l’uomo guarda nel suo interno più profondamente.
Proust critica Sainte-Beuve perché vuole la separazione tra uomo e opera. Sostiene ad esempio che dati tutti gli elementi che hanno costituito la vita di Flaubert il quale ha scritto grandi opere, anche se prendessimo un uomo proveniente da una realtà uguale, non otterremmo la stessa opera. Quindi Proust vede l’opera come qualcosa prodotta da un IO diverso, manifestato nelle nostre abitudini à un conto è chi siamo e un conto è ciò che facciamo à distacco scrittore-opera.

PROUST: CONTRO SAINTE-BEUVE
L’opera di Sainte-Beuve non è un’opera profonda. Il famoso metodo, che ne farebbe, secondo Taine, secondo Paul Bourget [storici e critici francesi] e secondo molti altri, il maestro ineguagliabile della critica dell’Ottocento, questo metodo che consiste a non separare l’uomo e l’opera, a considerare che, per giudicare l’autore di un libro, non è indifferente (se questo libro non è “un trattato di geometria pura”) il fatto di aver prima risposto a domande che sembrano totalmente estranee alla sua opera (come si comportava...), di impadronirsi di tutte le informazioni possibili sullo scrittore, di mettere insieme la sua corrispondenza, di interrogare le persone che l’hanno conosciuto – discorrendo con loro se sono ancora vive, leggendo quel che hanno potuto scrivere su di lui se sono morte  –: questo metodo non riconosce come evidente ciò che ci insegna una frequentazione un minimo approfondita di noi stessi: che un libro è il prodotto di un altro io, ben diverso da quello che manifestiamo nelle nostre abitudini, nella società, nei nostri vizi. Quell’io, se davvero vogliamo cercare di catturarlo, sta nel fondo di noi stessi, ed è solo cercando di ricrearlo in noi che possiamo riuscirci.
 
M. Proust, Contro Sainte-Beuve (postumo, 1954: Oeuvres, Parigi 1971, pp. 21-22).

 

EDGAR ALLAN POE: nasce nel 1809 a Boston una delle poche città colte degli Stati Uniti e muore a Baltimora nel 1849. vive l’età del Positivismo ma nel contesto degli USA dove il modello anglosassone prevaleva, portando una grande crescita economica.
Scrive per un giornale “The Literary Messenger” in cui si occupa di critica d’arte e fu il primo a recensire la traduzione in inglese de “I promessi Sposi”.
Nel 1836 negli USA accede un fatto straordinario: viene creato un giocatore di scacchi automatico. L’ideatore di quest’automa era un polacco che aveva ceduto la proprietà dell’automa a Maelzel, che lo sfruttò per guadagnare molti soldi. 
Poe nel 1886 scrive “Il giocatore di scacchi di Maelzel”; qui si nota che l’automa aveva qualcosa di strano. Il suo costruttore l’aveva progettato in modo che avesse un aspetto non realistico. Poe si chiede come mai la macchina aveva queste sembianze dato che gli altri automi avevano espressioni naturali. Poe si chiese se si trattava di spontanea trascuratezza o incapacità da parte dell’inventore. Attraverso il metodo indiziario, Poe scopre che quelle sembianze erano state date alla macchina di proposito in quanto al suo interno ospitava un nano che giocava a scacchi al posto della macchina à il metodo indiziario ha smascherato il trucco.

 

Nel 1841 Poe decide di recensire il romanzo del collega Dickens “Barnaby rudge” pubblicato a puntate. Il libro era già stato pubblicato in Europa. In America erano stata prevista 80 puntate ma Poe recensisce il romanzo dopo aver letto solo le prime 12 uscite. Poe aveva già capito come andava a finire il romanzo e lo scrisse sul quotidiano rovinando il risultato delle vendite di Dickens.

 

31/11/2007

 

GENERI LETTERARI: regole che conformano il testo.

GENERE GIALLO = GENERE NOIR

 

 

A quando risale il genere giallo? Abbiamo racconti di Voiltaire costruiti come romanzi gialli.

Nel 1816 il romanzo che aveva creato più scalpore in Europa è “Frankenstein” di Mary Shelly (il Prometeo moderno). La storia della creatura nata dall’uomo e non da Dio, mette l’uomo nella condizione di farsi Dio. Per la prima volta nella storia, l’uomo può fare a meno di Dio.

1848 Marx scrive il manifesto del comunismo utilizzando lo slogan “uno spettro si aggira per l’Europa, è lo spettro del comunismo”. Marx utilizza l’immagine dello spettro perché è una grande lettore di romanzi gotici.

1846 Poe “Filosofia della composizione” testo teorico in cui discute del problema fondamentale della creazione artistica perché il Romanticismo ha cambiato le regole à l’artista cerca le proprie regole da solo e arriva addirittura a dire che un testo gli è stato regalato in sogno da una creatura misteriosa. Poe afferma che l’arte è artificio, e non è ispirazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Il corvo” Poe voleva comporre una poesia che commuovesse e che sarebbe rimasta nella memoria per la sua bellezza. Per questo scopo sceglie il tono triste della malinconia. Nel testo ci devono essere temi ritmici creando un intensificazione del sentimento ma non una ripetizione à REFRAIN/RITORNELLO. Il ritornello rimaneva lo stesso ma dato che veniva inserito in contesti diversi acquisisce significati diversi.
L’argomento più malinconico e la morte che si lega ad una bella e giovane donna e la morte che colpisce il suo innamorato (come per Paolo e Francesca, Romeo e Giulietta..).
Poe scrive l’opera partendo dalla fine completandola con l’inizio.

3 elementi sono principali in questi testi:

  • complessità
  • adattabilità
  • suggestività ossia una certa linea di significati sotterranei, non evidenti perché l’artista non deve spiegare tutto.

Il corvo – E. A. Poe
I.
Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco,
sopra alcuni bizzarri e strani volumi d'una scienza dimenticata;
mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando - d'un tratto, sentii un colpo leggero,
come di qualcuno che leggermente picchiasse - pichiasse alla porta della mia camera.
-- « È qualche visitatore - mormorai - che batte alla porta della mia camera » --
Questo soltanto, e nulla più.
II.
Ah! distintamente ricordo; era nel fosco Dicembre,
e ciascun tizzo moribondo proiettava il suo fantasma sul pavimento.
Febbrilmente desideravo il mattino: invano avevo tentato di trarre
dai miei libri un sollievo al dolore - al dolore per la mia perduta Eleonora,
e che nessuno chiamerà in terra - mai più.
III.
E il serico triste fruscio di ciascuna cortina purpurea,
facendomi trasalire - mi riempiva di tenori fantastici, mai provati prima,
sicchè, in quell'istante, per calmare i battiti del mio cuore, io andava ripetendo:
« È qualche visitatore, che chiede supplicando d'entrare, alla porta della mia stanza.
« Qualche tardivo visitatore, che supplica d'entrare alla porta della mia stanza;
è questo soltanto, e nulla più ».
IV.
Subitamente la mia anima divenne forte; e non esitando più a lungo:
« Signore - dissi - o Signora, veramente io imploro il vostro perdono;
« ma il fatto è che io sonnecchiavo: e voi picchiaste sì leggermente,
« e voi sì lievemente bussaste - bussaste alla porta della mia camera,
« che io ero poco sicuro d'avervi udito ». E a questo punto, aprii intieramente la porta.
Vi era solo la tenebra, e nulla più.
V.
Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito
sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare;
ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurità non diede nessun segno di vita;
e l'unica parola detta colà fu la sussurrata parola «Eleonora!»
Soltanto questo, e nulla più.
VI.
Ritornando nella camera, con tutta la mia anima in fiamme;
ben presto udii di nuovo battere, un poco più forte di prima.
« Certamente - dissi - certamente è qualche cosa al graticcio della mia finestra ».
Io debbo vedere, perciò, cosa sia, e esplorare questo mistero.
È certo il vento, e nulla più.
VII.
Quindi io spalancai l'imposta; e con molta civetteria, agitando le ali,
si avanzò un maestoso corvo dei santi giorni d'altri tempi;
egli non fece la menoma riverenza; non esitò, nè ristette un istante
ma con aria di Lord o di Lady, si appollaiò sulla porta della mia camera,
s'appollaiò, e s'installò - e nulla più.
VIII.
Allora, quest'uccello d'ebano, inducendo la mia triste fantasia a sorridere,
con la grave e severa dignità del suo aspetto:
« Sebbene il tuo ciuffo sia tagliato e raso - io dissi - tu non sei certo un vile,
« orrido, torvo e antico corvo errante lontanto dalle spiagge della Notte
« dimmi qual'è il tuo nome signorile sulle spiagge avernali della Notte! »
Disse il corvo: « Mai più ». (1)
(1) In inglese è «no more» che ha molto del gracchiare del corvo.
IX.
Mi meravigliai molto udendo parlare sì chiaramente questo sgraziato uccello,
sebbene la sua risposta fosse poco sensata - fosse poco a proposito;
poichè non possiamo fare a meno d'ammettere, che nessuna vivente creatura umana,
mai, finora, fu beata dalla visione d'un uccello sulla porta della sua camera,
con un nome siffatto: « Mai più ».
X.
Ma il corvo, appollaiato solitario sul placido busto, profferì solamente
quest'unica parola, come se la sua anima in quest'unica parola avesse effusa.
Niente di nuovo egli pronunziò - nessuna penna egli agitò -
finchè in tono appena più forte di un murmure, io dissi: « Altri amici mi hanno già abbandonato,
domani anch'esso mi lascerà, come le mie speranze, che mi hanno già abbandonato ».
Allora, l'uccello disse: « Mai più ».
XI.
Trasalendo, perchè il silenzio veniva rotto da una risposta sì giusta:
« Senza dubbio - io dissi - ciò ch'egli pronunzia è tutto il suo sapere e la sua ricchezza,
« presi da qualche infelice padrone, che la spietata sciagura
« perseguì sempre più rapida, finchè le sue canzoni ebbero un solo ritornello,
« finchè i canti funebri della sua Speranza ebbero il malinconico ritornello:
« Mai, - mai più ».
XII.
Ma il corvo inducendo ancora tutta la mia triste anima al sorriso,
subito volsi una sedia con ricchi cuscini di fronte all'uccello, al busto e alla porta;
quindi, affondandomi nel velluto, mi misi a concatenare
fantasia a fantasia, pensando che cosa questo sinistro uccello d'altri tempi,
che cosa questo torvo sgraziato orrido scarno e sinistro uccello d'altri tempi
intendea significare gracchiando: « Mai più ».
XIII.
Così sedevo, immerso a congetturare, senza rivolgere una sillaba
all'uccello, i cui occhi infuocati ardevano ora nell'intimo del mio petto;
io sedeva pronosticando su ciò e su altro ancora, con la testa reclinata adagio
sulla fodera di velluto del cuscino su cui la lampada guardava fissamente;
ma la cui fodera di velluto viola, che la lampada guarda fissamente
Ella non premerà, ah! - mai più!
XIV.
Allora mi parve che l'aria si facesse più densa, profumata da un incensiere invisibile,
agiato da Serafini, i cui morbidi passi tintinnavano sul soffice pavimento,
- « Disgraziato! - esclamai - il tuo Dio per mezzo di questi angeli ti à inviato
« il sollievo - il sollievo e il nepente per le tue memorie di Eleonora!
« Tracanna, oh! tracanna questo dolce nepente, e dimentica la perduta Eleonora!
Disse il corvo: « Mai più ».
XV.
- « Profeta - io dissi - creatura del male! - certamente profeta, sii tu uccello o demonio! -
- « Sia che il tentatore l'abbia mandato, sia che la tempesta t'abbia gettato qui a riva,
« desolato, ma ancora indomito, su questa deserta terra incantata
« in questa visitata dall'orrore - dimmi, in verità, ti scongiuro -
« Vi è - vi è un balsamo in Galaad? dimmi, dimmi - ti scongiuro. -
Disse il corvo: « Mai più ».
XVI.
- « Profeta! - io dissi - creatura del male! - Certamente profeta, sii tu uccello o demonio!
« Per questo Cielo che s'incurva su di noi - per questo Dio che tutti e due adoriamo -
« dì a quest'anima oppressa dal dolore, se, nel lontano Eden,
« essa abbraccerà una santa fanciulla, che gli angeli chiamano Eleonora,
« abbraccerà una rara e radiosa fanciulla che gli angeli chiamano Eleonora ».
Disse il corvo: « Mai più ».
XVII.
- « Sia questa parola il nostro segno d'addio, uccello o demonio! » - io urlai, balzando in piedi.
« Ritorna nella tempesta e sulla riva avernale della notte!
« Non lasciare nessuna piuma nera come una traccia della menzogna che la tua anima ha profferita!
« Lascia inviolata la mia solitudine! Sgombra il busto sopra la mia porta!
Disse il corvo: « Mai più ».

XVIII.
E il corvo, non svolazzando mai, ancora si posa, ancora è posato
sul pallido busto di Pallade, sovra la porta della mia stanza,
e i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna;
e la luce della lampada, raggiando su di lui, proietta la sua ombra sul pavimento,
e la mia, fuori di quest'ombra, che giace ondeggiando sul pavimento
non si solleverà mai più!

Le strofe conclusive devono gettare luce anche sulla parte iniziale.

Nasce una nuova categoria, quella dei CRITICI-SCRITTORI. A metà 800 lo scrittore inizia ad interrogarsi sulla propria opera e sui propri valori da seguire. Sono scrittori che definiscono una propria poetica, modelli e antimodelli. Tutti i maggiori autori del 900 hanno ritenuto opportuno integrare la propria opera con considerazioni teoriche à fenomeno del 900.
Negli USA dopo la 2° Guerra Mondiale, quando ci sono parecchi scrittori, vengono create le prime cattedre universitarie à scrittura creativa; dagli anni ’60 in poi gli scrittori autorevoli possono continuare la propria attività presso cattedre universitarie, anche se di solito questi scrittori sono antiaccademici. Questo fenomeno nasce tra USA e Inghilterra.

T. S. ELIOT (1888-1965) primo critico-scrittore nel mondo anglosassone; nato negli USA ma di madre inglese quindi possiede una cultura anglosassone. Eliot ha fondato e diretto la più importante rivista letteraria degli anni ’20 “CRITERION” in cui nel 1926 vengono pubblicate le prime traduzioni in inglese delle opere di Montale.
Eliot ebbe il ruolo importante di lanciare un romanziere italiano, che in Italia non aveva avuto molto successo: Italo Svevo.
Nel 1920 Eliot pubblica una raccolta di saggi intitolata “Il bosco sacro”, che contiene saggi molto moderni definibile in due linee:

  • il rapporto con la tradizione deve essere attento e attivo. Nessuno può realizzare qualcosa senza tener conto della tradizione.
  • Il concetto romantico di originalità, ed individualità devono essere rifiutati dato il grande peso della tradizione.

Eliot è stato un grande innovatore e sembra che ci sia una contraddizione nel suo pensiero, dato che giudica così importante la tradizione à contraddizione tra Eliot critico ed Eliot scrittore.

Eliot non insegnò mai in nessuno università ma ricevette il premio Nobel. Molti dei suoi allievi erano stati dei suoi collaboratori che avevano competenze in tutti i romanzi europei.

 

 

 

“TRADIZIONE E TALENTO INDIVIDUALE” è un saggio di Eliot del 1919, che fa parte della raccolta de “Il bosco sacro”. Per Eliot ogni elemento nuovo getta luce anche su elementi della tradizione; in questa ottica il passato viene modificato dal presente in quanto la nostra visione del mondo del passato, cambia in relazione alla visione del presente. Inoltre il presente trova la propria guida nel passato. L’opera d’arte deve essere nuova e per necessità l’artista deve essere innovatore.

 

 


“KAFKA E I SUOI PRECURSORI” opera di Borges scritta nel 1951.Quando un’opera d’arte è nuova cambia la percezione della tradizione. Borges ha scelto Kafka perché è uno degli autori più semplici. Il fatto è che ogni scrittore/artista crea i propri precursori.

Negli anni ‘30 USA e in Inghilterra nasce una nuova scuola chiamata “NEW CRITICISM”. Nella scuola europea insegnano:

  • F. R. LEAVIS (1895-1978) che insegna a Cambridge
  • JOHN R. R. TOLKIEN (1892-1973) che insegna ad Oxford

Entrambi filologi che studiano la tradizione.

A Cambridge c’è anche un pensatore tedesco che è WITGESTEIN, e FORSTER che è un autore di romanzi storici complessi come “PASSAGGIO IN INDIA” in cui esiste una meditazione sulla propria opera.

In Inghilterra negli stessi anni VIRGINIA WOOLF (1882-1941), scrittrice londinese. Woolf è uno pseudonimo. Suo padre Stefen, era un grecista. Nei saggi critici della Woolf compare “IL LETTORE COMUNE” che è la sua raccolta di saggi pubblicati tra il 1925-1932. La Woolf è legata molto al metodo di Saint-Beuve ed è quindi legata alla biografia uomo-opera.
Nei saggi della Woolf c’è una grande immedesimazione dell’autrice, da un punto di vista che non vuole essere complesso ma che vuole presentarsi come un lettore comune senza particolari esigenze.

H. JAMES (1843-1916) scrittore angloamericano nato negli USA , cultura americana che rifiuta andando a Londra. Fonda il mito novecentesco dell’Italia; si occupa di letteratura inglese e francese. È il primo scrittore di lingua inglese a servirsi del dialogo come fece Hemingway negli anni ’40. nel 1877 scrive “THE AMERICAN” uno dei primi romanzi di James e nelle prime 10 pagine del romanzo non compare nemmeno una battuta/dialogo. Romanzo ambientato a metà 800. l’americano è a Parigi e una volta arrivato al Louvre, in una sala vede una ragazza francese che sta copiando un quadro. L’americano appoggia una mano sulla spalla della ragazza e pronuncia le prime parole del romanzo: “How much?”, caratteristiche dell’americano.
James ci interessa perché è un teologo del romanzo e delle tecniche narrative che devono essere utilizzate. James è il primo a capire che il punto di vista in un romanzo è decisivo à tecnica del punto di vista, teorizzata nei saggi “L’arte del romanzo”.

La fotografia inizia ad uscire dagli studi dei fotografi. I pittori si devono confrontare con un nuovo strumento in grado di riprodurre la realtà; così l’arte fa nascere il movimento dell’Impressionismo à realtà impressionata.

Negli anni ’70 dell’800 in Francia e in Italia nasce il Realismo/Verismo che si occupa della documentazione diretta della realtà. Giovanni Verga è il maggiore esponente italiano, il suo maestro fu Emile Zola, morto nel 1902.

Nel 900 PAUL SARTRE (1905-1980) aveva riflettuto molto sul ruolo del romanzo. Un contributo importate viene dal libro “CHE COS’E’ LA LETTERATURA” del 1947, in cui vengono presentate le riflessioni di uno scrittore che si pone delle domande sulla propria opera a prescindere da ogni ideologia politica. Sartre si pone queste domande:

  • Per chi si scrive? Lo scrittore non arriva a dare risposta a questa domanda

Sartre definisce lo scrittore come la mente inquieta della società, come la coscienza che è guida; lo scrittore doveva avere inoltre per Sartre dei doveri civili verso la società.

800-900 LUIGI PIRANDELLO (Agrigento 1867- Roma 1936) viene inserito nella categoria dei critici-scrittori per il suo saggio scritto nel 1908 “L’UMORISMO” che presenta riflessioni su temi paradossali, ironici che offre la nostra tradizione. Per Pirandello l’umorismo consiste nel vedere le cose da un altro punto di vista: “l’umorismo è il sentimento del contrario”.
Per Pirandello grandi umoristi sono:

  • Cervantes con “Don Quijote”
  • Manzoni che sapeva vedere oltre l’immediato riuscendo a cogliere il paradosso.

 

 

07/11/2007

CRITICA STILISTICA: metodo che si afferma contemporaneamente all’interpretazione marmista della società. Il metodo della critica stilistica nasce dalla linguistica, che esiste dall’epoca di Aristotele ma che solo dalla fine dell’800 viene intesa con il concetto moderno di linguistica, quando lo studioso svizzero Ferdinand de Saussure, aveva tenuto l’insegnamento della linguistica generale presso la sua cattedra nella scuola di Ginevra, studiando i principi che stavano alla base di tutte le lingue.
Saussure non si occupa di critica; l’opera più importante di Saussure è “Corso di linguistica generale” del 1906-7 ma non verrà pubblicato da lui, ma dai suoi studenti che avevano messo insieme gli appunti presi durante le sue lezioni, pubblicando il testo di riferimento per la linguistica del 900. Nei suoi corsi elabora alcune dicotomie o polarità (gruppi di due), di cui la più importante è quella langue/parole:
LANGUE: elemento sociale. La società parla una lingua condivisa.
PAROLE: elemento individuale. È la variante individuale della langue, parlata dall’individuo con caratteristiche personali come ad esempio l’accento regionale. La parole è l’uso delle langue che ne fa lo scrittore.

CH . BAILLY (1865-1947) allievo e successivamente collega di Saussure che si concentra sull’elemento della parole. Teorizza la linguistica dell’individuo, cioè studia la linguistica nella sua elaborazione individuale. Come Saussure, anche Bailly non è interessato all’aspetto letterario. La sua opera più importante è “Trattato di linguistica francese” del 1909. Bailly si occupa della lingua francese perché ha una fisionomia precisa, è una lingua condivisa e unitaria. La langue deve essere quella utilizzata dagli autori classici e deve identificare una nazione. A differenza dell’italiano, che nasce tardi, il francese ha una langue che era già stata fissata a partire dal 500. il francese è la langue parlata dal re, ma anche dal popolo, era la langue del teatro comprensibile a tutte le classi sociali.

In Germania e in Austria prima della 2° guerra mondiale si avviano le prime indagini che riprendono il metodo di Saussure, applicandolo alla critica letteraria.

LEO SPITZER (1887- 1960 Forte dei Marmi, Italia) trascorse la sua vita a Vienna, dove aveva una cattedra. Con l’avvento del nazismo, lascia la Germania per stabilirsi a Istambul fino alla fine della guerra; dopo questo periodo sceglie come patria adottiva gli Usa andando a vivere a Baltimora.
Spitzer è un grande conoscitore di lingue; conosce il tedesco, le lingue classiche, il francese, lo spagnolo e l’italiano.
La passione per gli studi linguistici è un tratto caratteristico dell’Austria, come per il contemporaneo Freud che nell’opera “Interpretazione dei sogni” dedica una parte allo studio delle patologie legate alla lingua.

Spitzer ci lascia alcune opere importanti che illustrano il suo metodo:
-“Studi di stilistica” 1928 opera che fonda la nuova disciplina della stilistica
-“Critica stilistica e semantica storica” 1954
-“Studi italiani” 1976 pubblicato dopo la sua morte che raccoglie i suoi studi su testi italiani di autori importanti come Dante e Verga.

Come funziona il metodo di Spitzer?
Spitzer non amava la complicazione e presenta il suo metodo come uno dei più semplici. Il metodo consiste nel leggere più volte un testo, per farsi trascinare dalla lettura fino a quando un elemento (frase o parola), sorprende il lettore à metodo WORT UND WERK (parola e opera). Quindi nella lettura di un testo interviene il meccanismo del CLICK cioè della sorpresa, ossia l’attivazione della parole rispetto alla langue. Spitzer nell’applicare questo metodo si dedica in particolare ad una lingua: il francese che ha una tradizione più lunga.

Spitzer inizia a studiare un autore francese del 500, RABELAIS un autore creativo, linguisticamente difficile e quindi poco tradotto. Nella lettura di questo autore, Spitzer continua a trovare click/sorprese e si crea l’effetto-eccesso che definisce col concetto espressionismo linguistico, ossia l’eccesso linguistico dato da una lingua molto creativa. Spitzer dice che Rabelais è il più grande espressionista dal punto di vista linguistico.

Con le opere di Rabelais, il metodo di Spitzer non funziona. L’autore francese che riuscirà a studiare Spitzer sarà MARCEL PROUST il maggiore scrittore del 900che non crea niente di nuovo, ma che negli anni ’20 del 1900 scrive il romanzo “La ricerca del tempo perduto”.
Uno dei temi fondamentali della letteratura del 900 è il tema della memoria. Ne “La ricerca del tempo perduto” c’è un unico punto di vista che è quello del narratore, si tratta di una ricerca introspettiva. Il tema della memoria nasce dal ritmo della lingua di Proust.

“A lungo, mi sono coricato di buonora.”

Prima frase de “La ricerca del tempo perduto” che presenta molti elementi temporali.
Spitzer lavora sulle parole, e le parole sono fatti oggettivi.

 

“L’originalità della narrazione nei Malavoglia” 1956 saggio di Spitzer dedicato all’opera dell’autore italiano Verga. “I Malavoglia” pubblicato negli anni ’70 dell’800, è la prima grande opera di Verga; un’opera di tipo corale perché non c’è un unico protagonista, in quanto il paese è il protagonista.
Il saggio tratta un articolo del linguista Giacomo Devoto, che divenne presidente dell’Accademia della Crusca. Devoto ha studiato Verga. Quindi Spitzer non parte dall’opera di Verga, ma da un saggio di Devoto perché trova degli spunti interessanti.
Spitzer rispetto a Devoto si serve di una tecnica più scientifica, mentre per Devoto contano anche gli elementi esterni. Devoto sostiene che ad ogni personaggio del racconto, corrisponde un livello diverso. Ma se i personaggi sono molteplici, Spitzer pensa che allora ci debbano essere anche linguaggi diversi, invece la lingua dei Malavoglia è uguale. Quindi Devoto aveva parlato di livelli diversi erroneamente dato che il linguaggio è uno solo.

Lo STRUTTURALISMO nasce nel 1929, quando a Praga alcuni signori si trovano a parlare tra loro di ciò che è successo in Russia a quei tempi; cioè qualcuno aveva iniziato a raccogliere la tradizione russa in fiabe e Propp si accorse che nelle varie fiabe ricorrevano elementi comuni. Purtroppo queste riflessioni non arrivano in Italia, in quegli anni dominata dal fascismo che bloccava l’arrivo di ogni contatto con l’estero.

 


Qui Spitzer spiega come risolvere il problema dei livelli di lettura diversi non accompagnati da diversi linguaggi. 
Il critico siciliano Luigi Russo è stato il primo ad aver capito che in realtà il romanzo dei malavoglia non ha un protagonista sugli altri, ma il vero ed unico protagonista è l’intero paese di Aci Trezza. Quando parla un personaggio, da voce a tutto il paese.
L’originalità della narrazione nei Malavoglia non consiste nell’utilizzo del discorso parlato, ma nella filtrazione sistematica del romanzo attraverso un coro di parlanti popolari semireale, in cui il parlato potrebbe essere realtà oggettiva o no à Russo parla di RACCONTO DIALOGATO.

Per farci capire la modernità della tecnica di Verga, Spitzer confronta la tecnica di Verga a quella di Hemingway con il romanzo “Per chi suona la campana” (storia ambientata negli anni ’30 della guerra civile spagnola di Franco…). Nel romanzo di Hemingway l’intervento del narratore è minimo rispetto allo spazio dato al dialogo che predomina.
Il romanzo di Verga è innovativo perché il narratore parla con la mente dei personaggi e documenta tutto.
Quindi mentre Verga utilizza un narratore che parla con la mente dei personaggi, Hemingway predilige il dialogo a discapito della narrazione.

 

14/11/2007

 

CRITICA STILISTICA IN ITALIA

BENVENUTO TERRACINI (1886-1968), importante studioso torinese fratello del dirigente del partito comunista, Umberto Terracini. Tra il 1910-11 Terracini segue una formazione linguistica a Parigi, dove entra in contatto con gli ambienti in cui stava evolvendo la linguistica di Saussure.
Dal 1911-13 vive a Francoforte; poi rientra in Italia come docente universitario a Milano, si tratta della prima cattedra di linguistica in quanto prima non c’era l’università a Milano, che nacque alla fine degli anni ’20.

Nel 1923 grazie al fascismo, con la Riforma Gentile si impone l’istruzione obbligatoria.

A Milano Terracini insegna fino al 1938, anno delle leggi razziali, che lo costringono a lasciare  la cattedra e l’Italia perché di famiglia ebraica. Terracini si rifugia in Argentina dove continua ad insegnare fino al 1948 ossia fino alla fine della guerra.

 

Terracini è autore di una serie di saggi:

  • “Analisi stilistica” 1966
  • “I segni la storia” 1976 (dopo la sua morte). All’interno di questo volume c’è un saggio su Pirandello.

 

“Si sente così stanca e triste, la signora Leuca….” saggio su Pirandello del 1961, il titolo compare tra virgolette perché è una citazione; infatti il titolo del saggio non è il titolo della novella che è “Pena di vivere così”. Si tratta della storia della signora Leuca che abbandonata dal marito, accetta una riconciliazione perché pentito, accetta di riaccoglierlo in casa ma dopo di ciò viene abbandonata una seconda volta.
I testi di Pirandello sono molto semplici dal punto di vista linguistico, quindi è un’artista facilmente traducibile perché scrive in un italiano neutro. Ancora oggi Pirandello è l’autore italiano più rappresentato in teatro.
Terracini sostiene che il linguaggio di Pirandello sia facile, ma solo in apparenza perché compare un’insistenza sui cognomi molto significativa.
Nella narrativa di Pirandello non è importante il contenuto ma gli elementi stilistici.
La presenza del nome proprio in Pirandello è ciò che Spitzer chiamerebbe “spia stilistica”.

“Le pesa le parole, il Signor Parroco non ha mai potuto soffrire, quel bravo Signor Ildebrando”

“Ma se era venuto appunto per questo, il Cavalier Martino Loti…”

 

Dal racconto “La giara” del 1924. Zi Dima Licasi è colui che entra nella giara, mentre Don Lollò è il proprietario della giara. Zi-Don assumono il valore di connotazioni regionali.

“Voleva che parlassero i fatti, zi Dima Licasi…questa volta non potè più reggere,
don Lollò…”

 

Pirandello sembra fare come Verga (la Zuppidda..) ma Pirandello elabora questo scelta stilistica in un altro senso. Sembra che Pirandello faccia parlare un personaggio

“Si vantava di avere idee larghe lui, aveva girato il mondo lui..”

ma questi dialoghi non sono fatti per essere pronunciati a voce alta, ma sono delle parti interiori che lo differenziano da Verga.
Questi elementi dati da forti pause, uso della virgola e posposizione fanno di essi degli elementi emotivi perché Pirandello vuole comunicare una parte emotiva condivisa e a cui prende parte.

L’elemento del nome-etichetta segue il verbo: “Questa volta non potè più reggere, don Lollò…”

STILEMA: caratteristica stilistica propria di un autore; elemento che caratterizza la scrittura di un autore.

“Verso sera, sulla sera del giorno 7 novembre dell’anno 1628, don Abbondio…”

Frammento tratto da “I promessi sposi” di Manzoni; anche qui il nome-etichetta viene dopo il verbo, quindi questo elemento non è uno stilema di Pirandello perché lo ritroviamo anche in Manzoni.

Fra Manzoni e Pirandello ritroviamo più affinità:

  • rottura con la precedente tradizione letteraria e storica
  • aderenza al linguaggio attuale

ma non troviamo più analogie, infatti all’armonico impasto manzoniano si oppone in Pirandello un non risolto dualismo. Pirandello cerca un’originalità evidente e ciò lo conduce ad una mutevolezza di toni stilistici. La dualità non è solo nel modo di scriverei Pirandello, che la coglieva anche nell’umanità che stava descrivendo, il che esprime un’ansiosa “recherche de l’absolu” ossia la ricerca della verità.

Nel 1938 parecchi intellettuali lasciano l’Italia per recarsi in Francia. Tra questi Levi Strass, che passa dallo strutturalismo all’antropologia strutturale, applicando cioè lo strutturalismo alla divisione dell’umanità. Di qui l’opera di Strass intitolata “Le strutture elementari delle parentele”.

In questi anni l’Italia è chiusa tra le mura del fascismo e lo si capisce dallo slogan politico “Nessuna importazione”.

Ed è proprio in questi anni che gli intellettuali cominciano a scoprire la grandezza delle nostre biblioteche presenti in tutta Italia; infatti in ogni regione c’era una capitale (Torino, Milano, Genova, Venezia…).
Nelle biblioteche italiane gli studiosi scoprono importanti manoscritti corretti dagli autori à nascita della critica delle varianti.
Il fenomeno della critica delle varianti nasce nel 1937 con il saggio di Gianfranco Contini “Come lavorava l’Ariosto”. Nella biblioteca di Ferrara Contini ritrova i manoscritti di Ariosto scoprendo le 3 stesure complete di correzioni dell’Orlando furioso (1516-1521-1532).
Contini ha notato che Ariosto nelle 3 stesure non ha mai aggiunto nessun elemento, ma ha quasi sempre tolto, alleggerendo l’opera.
Nel 1938 Contini scrive un altro saggio “Implicazioni leopardiane” in cui mostra che Leopardi fa delle correzioni alle sue opere seguendo un sistema.
Nascono le prime importanti edizioni critiche che documentano le varie tappe dell’edizione finale di un testo.

Leopardi “A Silvia”

Silvia sovvieni ancora

 

 

Lo studio delle critiche delle varianti nasce in Italia ma viene poi applicato anche a Londra.

Virgilio scrive “Eneide” prima con lo scopo di celebrare Augusto, ma poi insoddisfatto della propria opera si pente, e in punto di morte chiede che venga eliminata in quanto non aveva avuto il tempo di rileggerla. Ma l’Eneide che leggiamo è proprio quella di Virgilio??
L’opera di Virgilio è stata prodotta grazie a copie manoscritte, che non sono tutte uguali a causa di distrazioni durante la trascrizione; quindi abbiamo edizioni diverse à fenomeno della corruzione dei manoscritti.
Dal ‘700 in poi si sono trovate soluzioni al fenomeno, non sempre semplici.
“Trasmettere” à in latino “Tradere” cioè portare da un posto all’altro da cui deriva à “tradurre” ossia portare da una lingua ad un’altra.

TRADIZIONE DI UN TESTO: modo in cui un testo si è trasmesso da una tradizione all’altra.

Esistono degli strumenti, poi perfezionati nell’800 da degli studiosi tedeschi. L’intervento più importante sulla traduzione di un testo è opera dell’italiano GIORGIO PASQUALI con l’opera  del 1934 “STORIA DELLA TRADUZIONE E CRITICA DEL TESTO”.
Questo manuale è il primo che considera la possibilità che i testi classici avessero varianti d’autore.

FILOLOGIA: studio ed esame dei testi classici. Questo studio del testo deve dare luogo al testo critico che è il testo più vicino all’autore. Il filologo viene sempre prima del critico.

 

CRITICA PSICANALITICA

 

Nella critica psicanalitica prevale l’interpretazione. Freud non ha inventato la psicoanalisi o la teoria che i sogni volessero dire qualcosa infatti, in passato Artemidoro con “L’arte dei sogni” si era già occupato dell’argomento. Freud sviluppa tutte queste conoscenze in una scienza.

Sigmund Freud nasce nel 1856 in Moravia (regione centro Europa culturalmente di lingua tedesca), e muore nel 1938 a Londra. A Vienna studia medicina, dove si era trasferito quando aveva tre anni. Nel 1881 si laurea.
La tesi di Freud comprendeva la neurologia e l’anatomia comparata, in quanto studiava la fisiologia del sistema nervoso.
Nel 1885 ottiene la libera docenza, cioè può insegnare anche a livello universitario, e la sua disciplina è la neuropatologia.
Freud cura soggetti considerati malati e in particolare si occupa di:
-nevrosi femminile: isteria
-nevrosi generale

Il primo luogo in cui verranno curati e studiati i primi casi di nevrosi è l’ospedale di Parigi “La Salpetrière”, in cui opera il medico Charcot che riesce a guarire i malati. In precedenza nessun caso veniva considerato guaribile, mentre cahrcot dimostra che i casi meno gravi potevano essere risolti. Freud arriva alle stesse conclusioni di Charcot e impara il suo metodo che si avvaleva dell’ipnotismo, che eliminava i freni inibitori e eliminava l’aggressività. Charcot definiva il suo metodo “catartico” poiché proiettava i pazienti in un’altra dimensione.

Nel 1895 Freud pubblica “Studi sull’isteria” in cui l’ipnosi viene sostituita con il metodo delle libere associazioni. L’ipnosi induce il paziente in uno stato di non coscienza, mentre per Freud lo stato di coscienza era molto importane, e grazie al metodo delle libere associazioni il paziente restava vigile. Freud puntava sul rilassamento del paziente (utilizzo del lettino), e a questo punto il medico non era più medico, ma diventava analista. Il metodo delle libere associazioni induceva il paziente a parlare liberamente di se stesso; si trattava di una teoria di tipo esplorativo data dall’interazione medico-paziente. La fase successiva al metodo delle libere associazioni,prevede che il paziente faccia tutto da solo.

Principali opere di Freud:
-“Interpretazione dei sogni” 1900
“Psicopatologie della vita quotidiana” 1904

Nel 1920 Freud diventa docente ordinario presso l’università di Vienna, anche se la sua dottrina non venne accolta bene dal nazismo.
Nel 1937 Freud, a causa delle sue origini ebraiche, lascia Vienna per rifugiarsi a Londra.
Freud è un personaggio complesso, da una grande cultura appresa dalla biblioteca familiare in cui comparivano testi classici delle tragedie greche, opere della letterature tedesca di Goethe ma anche della letteratura inglese di Shakespeare.

L’opera complessa dell’Interpretazione dei sogni si basa su 3 elementi:

  • studio sulla storia del problema del sogno in quanto non esiste un significato condiviso del sogno (quindi cade il libro della smorfia per cui ad un elemento corrisponde una sola spiegazione)
  • analisi degli elementi costitutivi del sogno
  • teoria della formazione del sogno che comprende cause e significati

Per Freud il sogno è la rappresentazione individuale della realizzazione di un desiderio che può essere semplice o complesso; ma per Freud il sogno non considera desideri semplici. Quindi il sogno è un desiderio complesso che si manifesta attraverso immagini, ma non tutto è rappresentabile attraverso immagini. Ci sono delle immagini che nascondono altri contenuti à principio dell’autocensura per cui mi vieto un immagine trasformandola in un’altra.

 

21/11/2007

 

MAX ERNST pittore di origine tedesca, attivo in Francia che nel 1926 crea un collage “Sogni e allucinazioni” in cui ci sono elementi che non distinguono il limite tra sogno e allucinazione.
Nel 1926 l’opera d’arte non è più solo ciò che si vede, ma inizia ad essere interpretata autonomamente dallo spettatore.

STUDI DI FREUD:
L’elaborazione del sogno avviene in condizione di non coscienza e il sognatore ha la possibilità di far confluire nel sogno , tutte le sue conoscenze.
Nel 1900 viene pubblicato “Interpretazione dei sogni” in quanto per Freud il sogno è la rappresentazione di un desiderio attraverso immagini; ma non tutto può essere tradotto in immagini e non tutto ciò che si sviluppa nell’inconscio può essere rappresentato.
Il contenuto del sogno viene elaborato e ne è prova l’autocensura del desiderio da parte del sognatore à senso etico che non accetta il contenuto del sogno.
L’elemento che viene censurato/rimosso non si annulla ma si esprime attraverso stratagemmi, ossia assume una forma simbolica / allegorica.

 


    SOGNO

 

 

In tutti i sogni esiste un elemento di base comune, la PULSIONE che è un significato di origine sessuale che nella maggior parte dei casi rappresenta il contenuto latente che viene incorporato da un altro significato in quanto come tale non è rappresentabile.
Il tema sessuale si sposta su oggetti che lo rendono irriconoscibile.

A Freud interessa ciò che sfugge all’analisi tradizionale, cioè il “NON SO CHE”, che sta alla base del rimosso, è ciò che il sognatore non sa di se stesso e quindi non riesce ad interpretare. Il “non so che” è al centro di tutto, ma non lo conosciamo à INCONSCIO zona di contatto tra il corpo biologico e il suo riflesso fisico immediato. L’inconscio rappresenta per Freud il regno dell’ambivalenza, soprattutto affettiva. È l’ambito in cui convivono pulsioni opposte à per il ricordo (il dolce/l’amaro), per le pulsioni sessuali (l’amore/l’odio).
Le pulsioni opposte sono contraddizioni, è il regno della censura che reprime l’esigenza fondamentale dell’uomo che è il desiderio di provare piacere.

L’analista di fronte a tutti questi strati che celano il desiderio, fa un lavoro immenso per togliere uno alla volta tutti questi strati utilizzando una spiegazione causale. Se la terapia funziona ne nasce un processo di liberazione, che Freud chiama CATARSI arrivando a conoscere il contenuto latente/rimosso. La catarsi è la liberazione; deriva dalla tradizione classica greca, era l’immedesimazione che portava alla identificazione in un personaggio che comportava un’adesione, un trasporto e una purificazione. Freud riprende il termine “catarsi” e lo riadatta ad un nuovo tipo di liberazione, che non è più attraverso l’opera d’arte ma attraverso la scoperta di questi strati culturali che non sono emotivi o legati alla quotidianità ma rappresentano la cultura stessa .

Per questo l’interpretazione dei sogni ha un’importanza notevole anche presso la critica. L’opera di Freud non ha avuto traduzioni immediate perché era un manuale di medicina della Germania degli anni ’20. in questo libro Freud mostra una buona competenza letteraria, ha una cultura standard con precisi ambiti di interesse.

Ma in particolare due soggetti appassionano Freud:

  • tragedia di Sofocle
  • figura di Edipo à colui che nella tragedia ucciderà suo padre non riconoscendolo, e sposerà sua madre.

Freud di fronte alla figura di Edipo ha un’illuminazione, per i greci la sua tragedia era opera del destino ma per Freud è la caratterializzazione psicologica di ogni individuo, in quanto il desiderio di eliminare la figura genitoriale dello stesso sesso per potersi coricare accanto alla figura genitoriale del sesso opposto, fa parte della pulsioni affettive à complesso di Edipo.

Meno noto è ciò che riguarda l’Amleto di Shakespeare:
Amleto, principe di Danimarca, perde il padre assassinato dallo zio che prendendo il  posto del padre, sposa la madre di Amleto. In tutta la tragedia, Amleto pensa a come uccidere lo zio, ma alla fine non lo ucciderà perché la figura dello zio è la proiezione di Amleto stesso. Amleto non uccide lo zio per mancanza di coraggio, ma si tratta di un’attesa nevrotica che fa di Amleto un personaggio dalla patologia femminile à Amleto è isterico.
Il rapporto che ha Amleto con Ofelia, donna da sempre innamorata di lui, è d’amore a tratti, si tratta di un amore da cui Amleto ha sottratto gli elementi passionali; rappresenta per Amleto la rimozione del tema sessuale, un’altra delle caratteristiche del soggetto isterico.
Amleto è uno dei punti chiave dell’interpretazione freudiana.

Freud parte da testi teatrali che in qualche misura diventano testi scientifici di riferimento à legame molto forte con la cultura tradizionale.

ERNST JONES divulga la psicanalisi partendo da testi letterari dicendo che quella che propone Freud è una nuova interpretazione del mondo. Nel 1910 scrive “Hamlet and Oediphus” che è il primo importante libro scritto fuori dall’Europa che lancia la nuova disciplina freudiana.

HAMLET nome importante che deriva da HAMNET, uno degli eroi storici del Medioevo sassone, uno dei grandi dell’unificazione dell’Europa. Anche la scelta di questo per Shakespeare aveva connotati particolari perché è anche il nome che ha dato a suo figlio, senza alcun riferimento a Freud.

BLOOM nel 2001 scrive “Per Shakespeare” una monografia in cui fa considerazioni su Shakespeare. Bloom dice che il primo Amleto poteva non  essere una tragedia, ma una rappresentazione comica.

Ci sono 2 casi in cui il metodo analitico di Freud si applica al testo letterario:
- WILHELM JENSEN autore popolare in Germania e Austria che nel 1903 scrive il  testo poco noto “Gradiva   una fantasia pompeiana” di cui Freud ha scritto un saggio.

“Gradiva” non è l’imperfetto del verbo, ma è il nome della signorina della quale esiste un bassorilievo greco con caratteristiche singolari; rappresenta una fanciulla che sta camminando, e si vede il movimento dal fatto che la donna solleva il panneggio per camminare.
“Gradiva” deriva dal latino “gradior” che significa ragazza che cammina.

Il centro dell’azione si svolge a Pompei. Il racconto parte con il personaggio dell’archeologo tedesco Norber Harold, appassionato delle rovine di Pompei tanto da avere un’incisione della Gradiva attaccata sulla parete della stanza. Norber decide di partire per Pompei, ma prima di partire gli accade un fatto: guardando fuori dalla finestra vede una dama che assomiglia alla Gradiva, la guarda e la ragazza scappa ma lui ha l’impressione che l’avesse salutato, come se lo conoscesse.
Dopo questa visione, Norber parte per Pompei e prende alloggio.

Norber sogna la Gradiva, come l’aveva visto affacciato dalla finestra di casa; il giorno dopo va a visitare Pompei è il primo elemento che lo colpisce è che ci sono molte coppie di turisti che si baciano. Norber si addormenta e ha una visione che non sa se è reale o se si tratta di un sogno, in cui vede un’altra volta la Gradiva a cui lui parla in latino perché è la lingua della ragazza. Norber pensa così di essere nella Pompei romana ma la Gradiva ha con se una borsa moderna dalla quale tira fuori un panino. Norber a questo punto per rendersi conto se si trattava di un sogno o della realtà, vedendo una mosca posarsi sul braccio della Gradiva, la scaccia colpendo la Gradiva e quindi sentendo che si trattava di una figura reale à proiezione dell’atto sessuale definita dal bisogno di toccarsi.
La ragazza parla a Norber in tedesco e gli dice di essere una sua compagna di studi, la stessa ragazza che lo aveva salutato pochi giorni prima.

Nella novella di Jensen, Freud trova elementi psicanalitici, così nel 1906 Freud scrive “Delirio e sogni nella Gradiva di Jensen” in cui Freud, posto che il sogno è la rappresentazione del desiderio, scopre in Norber il desiderio per la Gradiva, che Norber proietta su Zoe, la sua compagna di studi. Il desiderio del protagonista poteva realizzarsi solo attraverso la realizzazione simbolica della Gradiva.

La novella di Jensen è del 1903 e l’Interpretazione dei sogni è uscito 3 anni prima, ma era destinato ad un pubblico ristretto, quindi con poca probabilità Jensen l’avrebbe letto. Infatti quando Jensen legge il saggio di Freud sulla propria opera, non è contento perché dice che la sua opera con la psicanalisi non aveva niente a che fare. Freud replica e dice che può essere che davvero Jensen non sapesse niente di psicanalisi e quindi ipotizza due possibilità:

  • Freud rintraccia nell’opera di Jensen quelle caratteristiche perché sapeva già che c’erano
  • Jensen non aveva bisogno di sapere quelle regole per scrivere un’opera dai contenuti psicanalitici, perché gli elementi psicanalitici sono verità che appartengono all’umanità.

È come se lo scrittore sottoponesse se stesso sotto analisi, sdoppiando se stesso nei vari personaggi à ruolo importante della letteratura per Freud.

Conclusione: sembra essere inevitabile in quanto o sia Freud che Jensen hanno frainteso l’inconscio o entrambi hanno compreso il suo significato perché entrambi sono giunti alla stessa conclusione. Anche se Jensen scrivendo la Gradiva fosse estraneo alla psicanalisi, la conclusione è una: cioè poterla applicare anche a sua insaputa.
Quindi ci sono due aspetti fondamentali:

  • Correlazione tra creazione letteraria e psicanalisi nella figura dell’inconscio quando l’autore si sdoppia nei suoi personaggi.
  • Coerenza dell’analisi analitica che compare anche quando l’autore non lo sa.

 

GOETHE negli ultimi anni della sua vita compone nel 1916-17 “Poesia e verità” , la sua autobiografia. Di questo libro Freud legge un episodio singolare della giovinezza di Goethe. L’episodio racconta che quando Goethe aveva 4 anni, stava giocando con dei pentolini e i suoi vicini di casa lo stavano guardando; annoiato dal gioco, Goethe scaraventa in strada il pentolino, riducendolo in pezzi, ma ricevendo comunque l’approvazione dei vicini, che lo incitavano a ripetere il gesto. E Goethe felice di compiacere i suoi vicini, ripetè l’azione riducendo in pezzi tutte le stoviglie di casa. Goethe e la sorella Cornelia erano i fratelli maggiori di una schiera di bambini morti precocemente. Il lancio del vasellame diventa l’azione simbolica di Goethe per eliminare l’intruso che gli toglie l’affetto materno, ossia il fratello.
Freud potè confermare questa tesi, con il racconto di un suo paziente che aveva avuto la stessa esperienza gettando oggetti dalla finestra, dopo che il padre gli comunicò che a breve sarebbe arrivato un nuovo fratello.  

Nel 1903 quando Jensen scrive la Gradiva, l’autore non sapeva niente di psicologia. La psicanalisi ci mette molto tempo ad affermarsi, in Italia comincia a diventare patrimonio culturale condiviso solo dagli anni ’60 in poi; in precedenza Freud era visto come una curiosità morbosa.
Gli analisti più importanti dopo Freud hanno lavorato fuori dall’Europa, in particolare negli USA.
L’Italia è uno dei primi paesi che entra in contatto con la psicanalisi.

MICHEL DAVID nel 1966 scrive “La psicanalisi nella cultura italiana” in cui parla di autori italiani, in particolare di Giuseppe Tomasi di Lampedusa autore del “Gattopardo”. Giuseppe Tomasi di Lampedusa scrive nella prima metà del 1900 e quindi conosce gli elementi psicanalitici, infatti nella sua opera compaiono i termini “monomaniaco”, “rimosso”, “preconscio”, aggettivi freudiani che vengono utilizzati in una vicenda svolta nella Sicilia del 1850-60. Come mai?
La spiegazione è di tipo positivistico infatti la moglie di Tomasi di Lampedusa, Alessandra Wolff Stomersee era una psicanalista.

ITALO SVEVO (1861-1928) grande romanziere europeo che ha scritto l’opera psicanalitica “La coscienza di Zeno”; romanzo psicanalitica che racconta un trattamento.
A Trieste nel 1923 Svevo, di alta borghesia, conosceva molto bene sia l’italiano che il tedesco, sua madre lingua.
Italo Svevo era uno pseudonimo, il suo vero nome era Ettore Schmitz. Svevo ha tradotto in italiano l’interpretazione dei sogni ma la traduzione non è mai arrivata a compimento.
Italo Svevo ha subito un trattamento psicanalitico presso un allievo diretto di Freud che operava a Trieste, Edoardo Weiss.
All’inizio del ‘900 Trieste era una città cosmopolita, all’avanguardia perché rappresentava l’unico porto per la Germania e la via commerciale verso Venezia e il Mediterraneo.
Proprio a Trieste nascono le prime agenzie di Assicurazione, in quanto all’inizio venivano assicurati i carichi delle navi.
A Trieste c’era JAMES JOYCE che nel 1911 insegnava inglese nella prima sede delle Berriz School. Joyce nel 1922 scrive “L’Ulisse” che viene scritto a Trieste ma pubblicato a Parigi.

 

05/12/2007

 

TRIESTE ad inizio ‘900 era un grande porto marittimo, il territorio rimase a lungo austriaco, il che aveva creato una situazione plurilingue. Iniziano a svilupparsi traffici internazionali come le Assicurazioni Generali. Nasce la necessità di imparare le lingue, come l’inglese; a Trieste c’è la Berriz School di cui è proprietario il fratello di James Joyce. James Joyce insegna in questa scuola e rimane a Trieste dal 1903 al 1922; Joyce conosceva bene l’inglese, il dialetto triestino, l’italiano e il tedesco e si fa molti amici, tra questi proprio Italo Svevo. 

Italo Svevo (Trieste 1861- Treviso incidente auto 1928) autore di una serie di romanzi:

- “Una vita” 1892
- “Senilità” 1898
- “La coscienza di Zeno” 1923

Svevo non è soddisfatto di questi romanzi perché era frustrato. Il suo lavoro non era quello dello scrittore ma aveva un lavoro da “impiegato” nella ditta Schmitz di suo padre e produceva vernici navali, il che aveva permesso a Svevo di viaggiare molto. Ma Svevo voleva fare lo scrittore, ma le sue qualità e i suoi romanzi non vennero apprezzati dai lettori, infatti “Una vita” e “Senilità” non vendettero molto. Così per molto tempo Svevo non scrive più e solo nel 1923 pubblica “La coscienza di Zeno”, che viene stampato negli stessi anni in cui Joyce lascia Trieste per andare a Parigi pur continuando a seguire le vicende triestine.
Joyce era amico di Svevo e sapeva del suo “complesso dell’impiegato” così nel 1924 da Parigi scrive una lettera in italiano a Svevo appena dopo la pubblicazione de “La coscienza di Zeno”. Joyce scrive a Svevo che stava leggendo il suo libro e che lo considerava la sua opera migliore e quindi gli chiese : “Perché si dispera?’” ponendo l’accento sulla sua frustrazione. Joyce scrive a Svevo che avrebbe contattato autori di riviste europee per aiutarlo a lanciare l’opera.
Inoltre scrive a Svevo i 2 temi che più lo avevano affascinato del libro:

  • il tema del fumo: non avrei mai pensato che il fumare potesse dominare una persona in quel modo
  • il trattamento del tempo nel romanzo

Grazie all’aiuto di Joyce “La coscienza di Zeno” raggiunge il successo à scoperta dello scrittore italiano che passa dall’estero.

 

“SENILITA’” opera del 1898 (epoca prefreudiana)
Angiolina, protagonista dell’opera, donna bellissima ma superficiale innamorata del protagonista maschile, il quale non ha molto coraggio di vivere. Alla fine del libro la figura diviene simbolo; l’immagine concretava il sogno (di poter vivere con Angiolina) ma che lei non aveva capito. Nella fantasia del protagonista, Angiolina è una donna sempre diversa.

 

“LA COSCIENZA DI ZENO” opera del 1923
Presentato come un diario della propria autoanalisi. Zeno si affida ad uno psicanalista per guarire dal vizio del fumo. Lo psicanalista dice a Zeno che per guarire deve smettere di fumare ed annotare in un diario ciò che gli succedeva. Il rapporto tra medico e paziente è conflittuale; alla fine Zeno consegna il diario al medico che odiando il paziente, decide di pubblicare il diario per sfogarsi.

 

Prefazione

“La coscienza di Zeno”

Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi s'intende, sa dove piazzare l'antipatia che il paziente mi dedica.
Di psico-analisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a sufficienza. Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiografia; gli studiosi di psico-analisi arricceranno il naso a tanta novità. Ma egli era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse, che l'autobiografia fosse un buon preludio alla psico-analisi. Oggi ancora la mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sarebbero stati maggiori se il malato sul più bello non si fosse sottratto alla cura truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie.
Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch'io sono pronto di dividere con lui i lauti onorarii che ricaverò da questa pubblicazione a patto egli riprenda la cura. Sembrava tanto curioso di se stesso! Se sapesse quante sorprese potrebbero risultargli dal commento delle tante verità e bugie ch'egli ha qui accumulate!... DOTTOR S.

 

 

Edoardo Weiss (1889-1970) uno degli allievi più giovani di Freud. Triestino che dopo aver lasciato la scuola di Freud, aveva istituito a Trieste un ambulatorio in cui per primo in Italia, utilizza la pratica freudiana. Dopo di che lascia l’Europa e va negli USA, dove si perdono le sua tracce.
Weiss nel 1918 ha avuto in cura Svevo.

 

UMBERTO SABA (1883-1957) poeta triestino di famiglia ebraica del ‘900 stranamente considerato o una tra i maggiori o uno tra i minori per importanza. È uno dei poeti più interessanti per la capacità che aveva di servirsi di temi e parole semplici e la sua semplicità derivava da studi complicati. Autore di un unico libro in versi “Il canzoniere” la prima edizione  è del 1925, l’ultima del 1957 con molte correzioni.
Ma Saba era anche un buon narratore.

 

La capra (1919)

Ho parlato a una capra.
Era sola sul prato, era legata.
Sazia d'erba, bagnata
dalla pioggia, belava.

Quell'uguale belato era fraterno
al mio dolore. Ed io risposi, prima
per celia, poi perché il dolore è eterno,
ha una voce e non varia.
Questa voce sentiva
gemere in una capra solitaria.

In una capra dal viso semita
sentiva querelarsi ogni altro male,
ogni altra vita.

 

Quello che all’inizio è il verso della capra “belava”, assume una voce e quindi viene umanizzata.

 

Saba è diretto partecipe della cultura psicanalitica per il fatto che anche lui era stato in cura presso Edoardo Weiss. La psicanalisi era stata una vera e propria rivoluzione per Saba, al punto tale che Saba arriva a teorizzare l’importanza della psicanalisi nella sua raccolta di prosa del 1964.

“Poesia Filosofia e Psicoanalisi” opera di Saba del 1946 in cui l’autore assume una posizione positiva verso la psicanalisi. In quel periodo molti erano contrari alla psicanalisi come Benedetto Croce che con la sua filosofia idealista era contrario secondo cui la psicanalisi è scienza degenerata che si collega al concetto di arte degenerata che era stata elaborata dal nazismo. Croce pur essendo antifascista, in questo argomento di schiera con il pensiero nazista.
Saba nel saggio “Poesia Filosofia e Psicoanalisi” risponde sinteticamente a Croce dicendo che nessuna scoperta (Copernico, Darwin..), era stata tanto importante per l’umanità come quella di Freud che aveva portato alla scoperta di un mondo nuovo à il mondo interno.

Saba era proprietario di una libreria antiquaria che poi passa all’allievo Carletto. La figlia di Saba sposa il poeta romano Carlo Levi. Nella mente di Saba è esistita anche una forte componente omosessuale per la quale scrive uno dei primi romanzi omosessuali pubblicato dopo la sua morte “Ernesto”.

Saba ricorda la sua vita nel libro “Scorciatoie e raccontini” del 1946 composto da una serie di racconti brevi. 

 

FRANCESCO ORLANDO (1934-  )
Più autorevole rappresentante in Europa della critica psicanalitica. Nato nel 1934 a Palermo, ha insegnato letteratura francese. Orlando negli ultimi anni di liceo è stato allievo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che era un grande lettore di classici europei. Prima di fare lezione a Orlando, Tomasi di Lampedusa si documentava trascrivendo le lezioni che vennero poi raccolte  e pubblicate.
“Per una teoria freudiana della letteratura” del 1973 opera manifesto di Orlando.

 

SCONTRO TRA 2 METODI CRITICI:

In Italia la critica psicanalitica si afferma prima che in altri paesi ma, ci sono dei personaggi italiani che sulla psicanalisi hanno qualche perplessità come il fiorentino SEBASTIANO TIMPANARO che ha cominciato a studiare da solo la psicanalisi. Era un filologo classico, studioso di letteratura greca e latina.
Timpanaro scrive l’opera “Lapsus freudiano psicanalisi e critica testuale” pubblicato per la prima volta nel 1974 poi tradotto in inglese, tedesco e svedese ma in Italia non raccolse molto successo. Nel 2003 viene stampata una nuova edizione del libro. Il libro presenta una serie di casi in cui due sistemi scientifici pur entrando in conflitto, giungono alle stesse conclusioni seguendo vie diverse.

Lapsus: qualcosa che viene perso per strada/ volontà di nascondere qualcosa.
Nel 1904 Freud è in viaggio in Treno vicino al Trentino, di fianco a lui viaggia un giovane ebreo austriaco che non conosce ne Freud ne le sue opere. Freud racconta questa vicenda nel libro “La psicopatologia della vita quotidiana”. Durante il viaggio, il giovane ebreoinizia a parlare con Freud e si lamenta della situazione degli ebrei considerandolo un popolo destinato ad essere sottomesso. Sostiene questa tesi pronunciando il verso in latino (stesso verso pronunciato nell’”Eneide” da Didone abbandonata da Enea):

 

“Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor”


Il verso significa “dalle nostre ossa sorgerà un vendicatore”
Il giovane nel citare il verso commette un errore, appunto un lapsus infatti dimentica le parola “aliquis” e recita il verso invertito:

“Exoriare ex nostris ossibus ultor”

Freud notando l’errore, chiede al ragazzo alcuni particolari della sua vita privata per poterlo analizzare ricorrendo al metodo delle libere associazioni.
L’interpretazione di questo episodio, viene citata da Timpanaro nel volume “Didone, San Gennaro e lo spettro di una gravidanza indesiderata” al 4° capitolo.
Freud analizza il giovane e le libere associazioni sono:

aliquis à Reliquien à Liquidation à flussigkeit à Fluid à San Simonino à San Gennaro

Il giovane aveva fatto un lungo soggiorno a Napoli, durante il quale conobbe e si innamorò di una donne con la quale ebbe una passione, il giovane aveva il timore che questa passione si sarebbe trasformata in una gravidanza e stava aspettando notizie dalla donna.
Le libere associazioni mettono in luce proprio il timore del giovane, infatti San Gennaro è il santo del miracolo del sangue grumoso che riacquista liquidità (simbolo delle mestruazioni della donna), mentre San Simonino è un piccolo martire, santo ucciso giovane (che indica la soluzione del giovane in caso di gravidanza ricorrendo ad un aborto).

Dopo San Simonino, al giovane viene in mente Sant’Agostino, due santi che richiamano i mesi di agosto e gennaio quindi portano alla mente il calendario e le scadenze.

Timpanaro essendo filologo è molto attento alla tradizione dei testi e molte che nei manoscritti antichi, molte volte il termine “aliquis” veniva omesso perché ritenuto superfluo. La deformazione commessa dal giovane nella pronuncia “nostris ex ossibus” rappresenta il rimpianto per qualcosa che si sta allontanando, e per Freud rappresenta l’allontanamento della giovinezza nel caso il giovane diventasse padre.
Inoltre esistono codici che inseriscono “ex” prima di “nostris” quindi per Timapanaro non si tratterebbe di cose straordinarie, ma di elementi che provengono dal passato.

 

 


 

Timpanaro afferma che lui e Freud sono arrivati alle stesse conclusioni seguendo strade diverse. Freud prende questa considerazione come una critica al suo metodo delle libere associazioni, perché associando un pensiero ad ogni parola si arriva comunque alla paura del giovane di diventare padre.

CONCLUSIONE: una teoria che pretende di essere scientifica non può sottrarsi ad un controllo; inoltre se si arriva alla stessa conclusione, allora la teoria perde validità.

 

12/12/2007

CRITICA MARXISTA: passiamo da una critica a-ideologica ad una critica di forte matrice ideologica.
Il padre di questo tipo di critica è KARL MARX (Germania 1818-Londra 1883). Dal 1884 Marx lascia la Germania, e  tra il 1844-49 va a vivere a Bruxelles (Belgio) dove nel 1848 (anno delle grandi rivoluzioni), pubblica la sua prima opera che diventò bestseller “Manifesto del Partito comunista”; Marx che prima del manifesto era stato accusato di semplice socialismo, dopo il manifesto e la fondazione del partito comunista, viene accusato di comunismo.
Il comunismo rappresentava un’utopia, che in Marx presa la forma di un progetto scientifico e da qui in poi Marx diventa colui che insidia gli ordinamenti statali. Marx lascia l’Europa e nel 1849 parte definitivamente per Londra, assumendo la cittadinanza inglese. Inizia una nuova vita, si sposa, ha una figlia inglese; in quegli anni a Londra, il genere più importante è il romanzo.

Proprio nel manifesto del Partito comunista, il romanzo è presente in maniera subliminale fin dall’inizio

 

“ Uno spettro si aggira per l’Europa, è lo spettro del comunismo”

 

Lo “spettro” è l’elemento che ci fa capire che Marx ha letto i romanzi gotici, in cui compaiono queste creature.
Secondo Marx i testi letterari esprimono forze storicamente definibili, che possiamo riconoscere attraverso l’analisi (in primo luogo economica), della società.

I romanzi hanno valore di documento sulla vita economica e sociale di un determinato ambiente e in un determinato periodo.
Marx definisce la società secondo i rapporti di forza che nascono dalla contrapposizione delle strutture: alla base c’è il proletariato (coloro che non possiedono niente all’infuori della propria prole), e i capitalisti (proprietari dei mezzi di produzione).

L’arte non ha a che fare con i meccanismi di produzione, in quanto l’arte non è ne capitalista ne proletaria; l’artista mantiene una propria individualità e quindi Marx non dovrebbe occuparsi di arte.
Marx considera però l’opera d’arte importante a fini teorici perchè può essere un documento della società.
La cultura di Marx è fondamentalmente umanistica, così come quella di Freud. Nutre un grande interesse per i classici greci (teatro) e per Shakespeare; ma a interessare Marx è soprattutto il romanzo contemporaneo che rappresenta ala meglio la struttura sociale borghese, i meccanismi e i rapporti tra le classi sociali, gli idoli e i feticci (denaro, importanza della merce, la spinte della società tra conservazione – borghesia e capitalismo – e innovazione – proletariato).
Marx parla dell’opera d’arte come dell’esempio perfetto dell’analisi della società; il romanzo gli serve per rintracciare le tentazioni del capitalismo, che non sono rintracciabili in tutti i romanzi, ma solo in quelli che hanno un carattere di realismo, fondamentale per questo tipo di analisi.

Franco Moretti (fratello regista Nanni Moretti) ha scritto “Atlante del romanzo europeo 1800-1900” in cui Moretti ha ricostruito l’impressionante decollo del romanzo nei primi dell’800, grazie all’alfabetizzazione del popolo; il successo del genere romanzo cresce contemporaneamente con il successo dell’editoria.

In genere i romanzi venivano ambientati a Parigi o Londra.
STENDHAL e BALZAC (autore molto attento al tema economico), definiscono nei loro romanzi il personaggio del giovane squattrinato che deve far fortuna, e tra le varie possibilità che ha sceglie di innamorarsi di una ricca signorina di buona famiglia (che assume un ruolo passivo, diverso dal passato come nella favola di Cenerentola).
A Parigi i giovani squattrinati vengono collocati nei poveri quartieri degli studenti, mentre la signorina viene collocata nell’area del capitalismo e dei grandi palazzi à Balzac è stato realistico anche nelle collocazioni geografiche.

DICKENS nei suoi romanzi, ambientati a Londra, ci sono minori elementi di conflitto. Paradossalmente Dickens era il romanziere più amato da Marx perché Dickens era un romanziere borghese. Tra il 1838-1839 scrive “Il circolo di Pickwick” il primo bestseller della storia dell’editoria. Il romanzo venne pubblicato a dispense e questo serviva all’editore per calibrare le tirature, che all’inizio era di solo 500 copie. All’inizio si pensava di concludere il romanzo in 12 fascicoli, ma poi per il grande successo riscosso, vennero aumentate le tirature fino a 200 mila copie, a anche il numero dei fascicoli che furono 24.
TRAMA: il signor Pickwick insieme a degli amici organizza dei viaggi per il mondo anche lontani à tema che appassiona il pubblico. Ad un certo punto un personaggio finisce in carcere, e a quei tempi chi veniva recluso doveva mantenersi autonomamente, e quelli che avevano il trattamento peggiore erano i debitori, ai quali venivano confiscati tutti i beni, e che spesso morivano di fame non potendosi mantenere. Rivolgendosi a questa parte del romanzo Dickens scrive:”Questa non è letteratura à Dickens fa notare che quanto scritto prima è un fatto reale, è cronaca a storia. Emerge la responsabilità civile del romanziere, motivo per cui Dickens piace tanto a Marx.

HARD TIMES (TEMPI DIFFICILI)

Opera di Dickes che racconta la storia della città industriale di Coketown, in cui i suoi operai lavorano nelle miniere ad estrazione di carbone. A Coketown l’aria è irrespirabile, ci sono fabbriche, alloggi fatiscenti per gli operai…Louisa, la figlia del padrone della fabbrica più importante, assiste ad una scena per lei nuova: nel 1854 (6 anni dopo il manifesto di Marx) assiste ad uno sciopero di operai.

Louisa conosceva gli operai solo in quanto folla, come la folla che doveva produrre qualcosa.

 

Tema della folla à cambiamento radicale della società alla cui base c’è la “folla” come elemento incontrollabile.

 

 

 

FRIEDRICH ENGELS (1820-1895) collabora con Marx e con lui intrattiene un carteggio in cui compare la riflessione dei temi legati all’arte, alla letteratura in particolare in quanto forma più diretta dell’epoca. I due si chiedono se la letteratura, il romanzo, può servire alla causa del comunismo??  
La letterature europea di questi anni, ha messo al centro il realismo, infatti i romanzieri ci offrono documenti sociali di prima importanza rispetto al mondo che descrive; il romanziere è realista a prescindere che sia comunista o no, in quanto il realismo è implicito nella qualità della narrazione. Un grande romanziere descriverà la realtà anche se non sta scrivendo un romanzo sociale, e essendo un romanziere naturalmente realista, descriverà al meglio la società anche se la sua ideologia è borghese o conservatrice…

RAPPORTO COMUNISMO – REALISMO
Il comunismo è una dottrina sociale, e in quanto dottrina politica implica l’analisi. L’ideologia comunista implica che ci deve essere una sola classe sociale, che condivide i beni.
Nelle rappresentazioni del romanziere ci sono elementi realistici (conflitti sociali, rapporti di forza…), e questo viene descritto realisticamente dal romanziere anche se non di ideologia comunista.

Marx e Engels mettono inoltre in risalto il problema dell’estetica, ma anche il tema della durata dell’opera d’arte.
Marx elabora la sua risposta a questi quesiti facendosi un’altra domanda:

DOMANDA: “Come mai ci piace ancora l’Iliade??” la risposta è tra le pagine dell’opera più importante di Marx “Il Capitale” scritto tra il 1867-1894 nella parte “Per una critica dell’economia politica” 1859.

RISPOSTA: Il fascino particolare di determinati periodi artistici e di determinati autori è legato alla fanciullezza storica dell’umanità, quindi l’Iliade piace perché risveglia in fanciullo che è in noi, ma non vuol dire che questa arte sia ingenua, ma risveglia la visione del mondo anteriore alle classi sociali.
Ci sono delle contraddizioni e Marx lo riconosce, e dice che fanno parte del nostro modo di concepire l’arte.
Al centro dell’interesse resta il tema del realismo e Marx ne “Il Capitale” giustifica la sua predilezione per il romanzo realista à il romanzo non è mai pura cronologia, non è un semplice elenco di fatti ma comprende interpretazioni di questi fatti.

Lo storico è più realista del romanziere?? Lo storico come il romanziere manipola e interviene sui fatti. L’opera d’arte è qualcosa che non può essere riconducibile alla cronologia e non può essere un puro documento storico.
Non si può obbligare l’arte a diventare ideologia ma l’arte può servire all’ideologia, ma il romanziere deve mantenere la sua indipendenza.

1917 Rivoluzione d’Ottobre che porta al potere il comunismo, diventando dottrina di Stato. In Russia comincia un secolo in cui il comunismo diventa regime e dottrina.

 

G. PLECHANOV (1856-1918) funzionario di Stato ministro della Cultura, oppositore di Lenin. Per primo ha elaborato un’ ESTETICA MARXISTA perché all’interno dei libri di Marx non c’è un’estetica, ma un’interpretazione del mondo in cui si parla anche di arte. Se esiste un’estetica marxista esiste anche un’arte marxista.
A. ZDANOV (1896-1948) teorizza per primo il movimento artistico, unico in tutta l’Unione Sovietica, del REALISMO SOCIALISTA (che fu un fallimento), in cui l’arte marxista doveva sviluppare temi sociali e scontri che portino alla vittoria del proletariato.
 
Marx è stato una cosa, il marxismo un’altra.

COME SI ATTIVA LA CRITICA MARXISTA ALLA GERMANIA, STATO SENSIBILE ALLA VISIONE DI MARX ??

In Germania si comincia a riflettere sugli spunti offerti da Marx e ci sono intellettuali singoli che nelle loro opere accolgono temi di Marx.

A. DOBLIN (1878-1957) grande romanziere di tipo marxista attivo negli anni ’20. Laureato in psichiatria ha una forte componente ideologica. Nel 1929 scrive il romanzo “BERLIN ALEXANDER PLATZ” in cui Doblin riesce ad essere marxista considerata la sensibilità con cui coglie i mutamenti sociali, come le prime associazioni.
Doblin nel 1936 scrive il saggio teorico “Il romanzo storico e noi” in cui parte dagli ultimi spunti di riflessioni di Marx. Per Doblin il romanzo storico non è realistico perché il reale non può essere rappresentato in un romanzo. Il romanzo storico è più vicino alla favola in quanto ci sono altri mezzi che si avvicinano alla realtà, come la fotografia e il cinema.
Ogni romanzo è comunque un romanzo storico perché ha al suo interno delle ragioni storiche.

G. LUKàCS –Lucac (1885-1971) di famiglia ebraica tedesca, i suoi scritti maggiori sono in tedesco. Durante il nazismo si rifugia in Unione Sovietica dove ha una grande attività, e diventa celebre traduttore di classici tedeschi in russo, si occupa anche di problemi di estetica.
Alla fine della guerra va a Budapest (Ungheria), e diventa docente e dal 1947-1956 Ministro della pubblica istruzione. Proprio nel 1956 si svolge la Rivoluzione d’Ungheria nella quale gli ungheresi lottarono per l’indipendenza e fu la prima volta che la Russia intervenne con violenza contro un paese del proprio blocco, restaurando l’ordine. In seguito a questa vicenda Lukàcs si ritira.
Le sue opere maggiori sono 2:

  • “Saggi sul realismo” 1948
  • “Il marxismo e la critica letteraria” 1952

Lukàcs si è reso conto che tutto ciò che è stato detto del realismo ha a monte il problema di definire che cos’è il realismo, e definire cos’è l’opera d’arte.

L’opera d’arte è realistica o può anche non essere realistica?? Parleremo di opera d’arte in entrambi i casi??

REALISMO PER LUKàCS à capacità di narrare (cogliere l’essenza di un fatto), che si oppone alla pura descrizione. Cogliere l’essenza di un fatto è realismo, mentre la pura descrizione del fatto non lo è.

Dietro a questa definizione c’è un valore classico che porta Lukàcs ad essere contrario ad ogni sorta di avanguardia à le avanguardie sono degenerazioni dello spirito capitalistico.

 

 

 

 

19/12/2007

WALTER BENJAMIN – Beniamin (Berlino 1892 – 1940)
Personaggio del ‘900 di origine ebraica che muore in circostanze tragiche, perché sta scappando dalla Germania nazista e dalla Gestapo. La sua opera maggiore è “Angelus Novus”, scoperta dopo la sua morte, composta da saggi e frammenti che sono stati messi insieme con difficoltà.
Nel 1968 Benjamin diviene uno dei centri di interesse, anche grazie alla sua scoperta da parte di H. ARENDT che era stata allieva e interprete del filosofo Heidegen. La Arendt si trasferisce negli Usa dove e ancora attiva, e scrive un libro sul tema della memoria.

Benjamin è un intellettuale complesso, il titolo della sua opera “Angelus Novus” proviene da un quadro di Klee. Nel 1925 si laurea a Berlino presentando una tesi che trattava un argomento nuovo, il tema del dramma barocco. Per i tedeschi la letteratura tedesca cominciava dal 700 e il dramma barocco, antecedente a questo periodo, veniva ignorato e così la tesi di Benjamin venne giudicata troppo oscura.

Nel periodo del nazismo, Benjamin lascia la Germania e si trasferisce a Parigi, la città da lui considerata rappresentativa della modernità. Qui entra in contatto con accademici locali ma rimanendo isolato, si dedica allo studio della città elaborando la teoria secondo la quale Parigi rappresentava la centralità nella sfera europea del ‘900 à esistono luoghi rappresentativi di un’epoca.

Successivamente elabora una serie di saggi e nel 1982 , dopo la sua morte, viene pubblicato “Parigi capitale del 19° secolo”  composto da testi diversi che trattano temi diversi come la poesia di Baudrillard, la fotografia.

SCOPERTA BENJAMIN: quale grande precursore dagli aspetti geniali, si è posto delle domande complesse che hanno comportato una riflessione sui nuovi messi di riproduzione dell’opera d’arte, una delle riflessioni più importanti fatte in Occidente su questo tema.
Nel 1936 a proposito del tema della riproducibilità dell’opera d’arte, scrive “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”  in cui Benjamin partendo da alcuni presuppostifa delle affermazioni che sembrano provenire dagli anni ’80-’90 del 1900.

Perché l’uomo crea le opere d’arte??
All’inizio l’opera d’arte traduceva il rapporto dell’uomo con la divinità; l’opera d’arte doveva esaltare la parte migliore dell’uomo per offrirla a Dio. L’opera d’arte veniva concepita per non essere visibile alla società, e traduceva così bene il rapporto con Dio che solo Dio poteva vederla.
Anche nelle religioni monoteiste ritroviamo questa ideologia e lo si vede nell’arca con le tavole della legge, che sono visibili una sola volta all’anno solo al sacerdote, escludendo la società.
Quindi per Benjamin l’arte è divina.
Nel corso dei secoli però questo rapporto si è incrinato e l’opera d’arte inizia ad essere condivisa dalla società e inizia ad essere concepita per essere vista.
Con le nuove tecniche (la fotografia in particolare), l’opera d’arte può essere riprodotta.
Cosa è successo?? L’opera d’arte ha perso la sua sacralità, ha perso l’aureola.
Benjamin parte dal presupposto che l’opera d’arte è sempre stata riproducibile (a mano per copia), anche prima della fotografia; ma l’aspetto innovativo è che grazie alla fotografia si può parlare di una riproduzione tecnica, e quindi Benjamin ha già capito l’importanza del mezzo nella diffusione delle idee.
Benjamin parla di altre tecniche di riproduzione come la litografia…ma la fotografia permette una riproduzione figurativa in cui la mano dell’uomo perde il ruolo centrale che aveva nelle riproduzioni delle opere d’arte del passato, per lasciare il posto all’occhio che guarda nell’obiettivo.
La riproducibilità dell’arte ha cambiato anche la nostra visione dell’opera d’arte. Con la riproducibilità e l’esponibilità (possibilità dell’opera di essere vista dalla folla), si assiste al cambiamento della qualità dell’opera d’arte stessa.
Per secoli l’arte è stata arte sacra, commissionata da religiosi per religiosi, è raro trovare rappresentazioni di soggetti profani.
Oggi l’opera d’arte ha funzioni nuove, delle quali la funzione artistica si profila come quella che in futuro potrà venir riconosciuta come marginale (l’arte sta diventando qualcos’altro e la funzione artistica può anche diventare marginale); la fotografia e il cinema forniscono gli spunti più tecnici per il riconoscimento di questo dato di fatto.

Negli stessi anni alcuni amici di Benjamin, in Germania ma anche fuori dalla Germania, danno vita ad una istituzione “La scuola di Francoforte” legata all’istituto per lo studio delle scienze sociali fondato a Francoforte nel 1924. è il primo importante istituto europeo che si dedica allo studio sociale à l’opera d’arte inizia ad essere studiata secondo le sue componenti sociali.
Quest’istituto già nel 1929 deve lasciare la Germania per trasferirsi in Svizzera e poi negli Usa dove sopravvive ancora.

Parcellizzazione della fruizione artistica à ogni individuo è in grado di godere dell’opera d’arte del suo tempo, in quanto è collettiva e condivisa. Ognuno di noi può riconoscersi in uno slogan come quello di Marcuse “La fantasia al potere”.

Marcuse (1898-1979) ultimo grande rappresentante della Scuola di Francoforte insieme a Adorno (1903-1969).

Il pensiero di Benjamin è analizzabile non attraverso i suoi scritti, ma attraverso le tematiche che affronta come quello della centralità della cultura rispetto ad un’epoca.
TEORIA BENJAMIN: la cultura europea ha al suo centro l’idea della città. Non si tratta di un fatto nuovo perché già negli anni ’30 Carlo Cattaneo parla della città come motore della società. Benjamin afferma che certe città possono rappresentare degli ideali di un’epoca a tal punto da arrivare ad essere un modello. Parigi aveva questo tipo di rappresentatività nell’800, infatti molte fotografie ritraggono la sua ambientazione urbana di quegli anni.

Nella prima metà del 900 la città più rappresentativa era Berlino (prima del nazismo).

“Baudelaire e Parigi” parte del libro di Benjamin “Angelus Novus”. Benjamin dice che la poesia di Baudelaire esprime al meglio la Parigi dell’800.
TEMA DELLA FOLLA: la folla, come nessun altro oggetto si è imposto più autorevolmente ai letterati dell’800. essa cominciava ad organizzarsi come pubblico.
Hugo è il primo autore che si rivolge alla folla, ma l’autore più commerciale era Eugene Sue che ha scritto il ciclo di romanzi “I misteri di Parigi”.
Anche nel manifesto comunista c’è il tema della folla à “proletari di tutto il mondo unitevi”

A parlare di folla, in Europa si inizia solo dopo la rivoluzione francese, quando la folla per la prima volta è diventata una forza politica.
J. Michelet storico francese che nel 1854 scrive una monografia importante sul tema della folla; aveva dedicato tutta la sua opera alla rivoluzione francese, all’interno della quale c’è un volume “Il popolo” dedicato alla folla.

J. Ortega y Gasset scrittore spagnolo che nel 1926 scrive il libro “La ribellione delle masse”  pubblicato nel 1930 perché negli anni precedenti c’era la dittatura di Franco. Opera dedicata al tema della folla che si dissocia da un potere, per crearne un altro.

J. Huizinga olandese di origine ebraica, morto in un campo nazista. Nel 1945 scrive “Homo ludens” (l’uomo si diverte) in cui per la prima volta nella storia l’uomo che si diverte partecipa a degli eventi organizzati in luoghi chiusi.

Elias Canetti bulgaro, premio Nobel che nel 1960 ha scritto uno dei saggi più inquietanti “Massa e potere”  ma anche “Auto da fè” (atto di fede), il libro più importante di Canetti.

E. Allan Poe ha scritto il racconto “L’uomo della folla” ambientato a Londra, racconta la storia di un uomo che dopo una lunga malattia, esce in strada e si aggrega alla folla. La folla che è partecipe della vita quotidiana della città. In questo modo l’uomo esce dalla propria individualità per far parte della folla.

Hoffmann scrive  “La finestra d’angolo del cugino” che appartiene al gusto gotico dell’autore. Questo racconto viene scritto 15 anni prima del racconto di Poe. È interessante per Benjamin perché rappresenta il primo tentativo di descrivere il quadro stradale della città.
In questo racconto, l’osservatore è un paralitico che impossibilitato fisicamente ad unirsi alla folla, la osserva dalla finestra di casa. Hoffmann ambienta il racconto in un giorno di mercato per agglomerare la folla, ma se avesse ambientato il racconto a Parigi o Londra, il mercato sarebbe stato superfluo, in quanto la folla c’è sempre.

 

IL MARXISMO IN ITALIA

ANTONIO GRAMSCI (Cagliari 1891-Roma 1937) fondatore del Partito comunista in Italia nel 1921. Dal 1928 viene richiuso in carcere per 9 anni al confino in Calabria. Dopo essere stato scarcerato, muore.
La sua opera maggiore è “I quaderni del carcere” creata in carcere, pubblicata tra il 1948-50 composta da 7-8 volumi che racchiudono il pensiero di Gramsci, si tratta di una serie di appunti divisi in sezioni, c’è una parte dedicata alla politica, una alla letteratura…
La sezione dedicata alla letteratura si intitola “Letteratura e vita nazionale” in cui Gramsci avverte una profonda scollatura tra gli intellettuali italiani, e il popolo. Gli intellettuali fanno parte della classe dirigente ed esprimono una ideologia di potere; il popolo è sempre stato in conflitto con gli intellettuali.

Conseguenze:


- scarsa alfabetizzazione
- povertà
- arretratezza intellettuale
- ruolo oppressivo della Chiesa cattolica


Gramsci si dimostra critico verso Manzoni, che con la stesura de “I promessi sposi” ha voluto realizzare un romanzo popolare, che popolare non è mai stato in quanto descriveva il popolo come una massa di ignoranti, indegni di una psicologia complessa che manzoni sceglie di attribuire solo a personaggi come il Cardinale, l’Innominato, la monaca di Monza appartenenti ad una classe sociale elevata.
Quindi Manzoni rappresenta l’intellettuale italiano standard, che assume un ruolo paternalistico verso i suoi personaggi. La figura di Manzoni chiarisce il rapporto esistente tra intellettuali e popolo.

Come è possibile interrompere questo meccanismo?? Quale può essere l’elemento aggregante??
Il rapporto intellettuali-popolo sarebbe cambiato quando tra i due si sarebbe interposta una figura mediatrice: la cultura.


 

Per Gramsci la cultura è qualcosa di pratico, è organizzazione che si traduce in strumenti di comunicazione adeguati. L’intellettuale non è mai autonomo anche se si illude di esserlo; il suo condizionamento è fortissimo, ed è impossibile che un intellettuale si possa estraniare dalla storia, che condiziona le sue scelte. Per questo l’intellettuale deve lottare contro i condizionamenti imposti, per rendersi partecipe di un modello culturale adeguato, per far nascere una nuova cultura che possa generare una nuova vita morale da cui nasceranno nuove opere d’arte.

Dal 1950 in poi in Italia si assiste al fenomeno del NEOREALISMO:

  • Cinematografico (De Sica, Fellini, Antonioni..) che rappresenta un esame spietato della civiltà italiana dopo il periodo fascista, che si stava ricostruendo.
  • Letterario (Pisolini, Bassani, Pavese, Cassola, Moravia..) che impegnava gli autori in nel tentativo di creare una narrativa che potesse parlare alla gente à presenza del dialogo obbligato a riprodurre il parlato dei personaggi

La letteratura neorealista ha accettato l’invito di Gramsci a lavorare sulla cultura come mediazione tra opera d’arte e popolo, il che ha implicato un abbassamento dello stile letterario.

Elio Vittorini (1908-1966) intellettuale legato al Neorealismo, grande organizzatore culturale creatore della rivista “Il politecnico” (rivista di sinistra e quindi marxista), che durò solo due anni dal 1945-47, che trattava temi letterari e scientifici. Si tratta di una delle riviste più importanti del ‘900 in cui pubblicarono per la prima volta autori come Bassani e Calvino.

In questi anni in Italia i partiti politici più importanti erano:

  • Partito comunista guidato da Palmiro Togliatti
  • Democrazia Cristiana guidata da Alcide de Gasperi

Togliatti ebbe un dibattito con Vittorini nel quale Togliatti invitava lo scrittore di scrivere opere marxiste sposando la causa comunista; Vittorini rispose che l’intellettuale non doveva cercare un impegno, in quanto era impegnato naturalmente e non era un funzionario politico. Così tra il 1958-49 Vittorini lasciò il Partito comunista.

 

 

 

09/01/08

FORMALISMO E STRUTTURALISMO

 

Elementi che presentano interazioni ma anche diversità; lo strutturalismo nasce dal formalismo.
Formalismo Corrente critica affermatasi tra il 1915 e la fine degli anni Venti a Mosca, a opera del Circolo linguistico di Mosca, e a San Pietroburgo, dove nel 1916 fu fondata la Società per lo studio della lingua poetica (Opojaz). Esponenti di spicco furono Viktor Šklovskij, Roman Jakobson, Boris Viktorovič Tomaševskij e Vladimir Jakovlevič Propp. L'attenzione era rivolta agli aspetti formali dell'opera d'arte a scapito di quelli relativi ai temi e, più in generale, ai contenuti. Proprio analizzando il particolare uso del linguaggio e la funzione del tutto speciale della poesia (centrale è l'attenzione all'elemento fonico), secondo i formalisti è possibile individuare la peculiarità che rende la lingua letteraria diversa dalla comune lingua d'uso, ossia, come la definì Roman Jakobson, la sua 'funzione poetica'. Ne discende una forte sottolineatura dell'autonomia dell'opera letteraria dai condizionamenti materiali e storici, secondo un approccio metodologico che accomuna il formalismo allo strutturalismo.
I formalisti approfondirono gli studi sulle forme metriche, sulla lingua poetica, sulle tipologie dei generi letterari e sulla struttura narrativa delle fiabe. Fra i principali concetti elaborati dai teorici del formalismo vi sono quello dello straniamento, tecnica che mira alla realizzazione di una percezione dell'oggetto rappresentato in modo tale da renderlo evidente e 'nuovo' agli occhi del lettore, e la distinzione, ormai classica nell'ambito della narrativa, tra fabula e intreccio. Per 'fabula' si intende la successione in ordine temporale e causale degli avvenimenti narrati, per 'intreccio' la loro connessione così come il testo la presenta, con eventuali salti temporali, anticipazioni, flashback ecc.
Strutturalismo Indirizzo teorico e metodologico sviluppatosi nell’ambito delle scienze umane – ma successivamente applicato anche alla matematica e alla biologia –, che considera l’aspetto formale di un evento, di un fenomeno o di un’opera intesa come struttura, i cui elementi sono definibili sul piano funzionale nei rapporti di interdipendenza di ciascuno di essi rispetto al tutto.
Lo strutturalismo si sviluppò appieno come corrente di pensiero in Francia, tra gli anni Cinquanta e Settanta del XX secolo. Benché la nascita di questo movimento venga individuata con la pubblicazione, nel 1955, dell’articolo di Claude Lévi-Strauss Lo studio strutturale del mito, le sue matrici sono il Corso di linguistica generale (1916) di Ferdinand de Saussure, i formalisti russi, in particolare Roman Jakobson, e le Tesi (1929) del Circolo linguistico di Praga.
L’affermazione del primato della struttura sull’evento o sul fenomeno ha comportato la costruzione di modelli che, a partire dalla linguistica (Ferdinand de Saussure, Roman Jakobson, Emile Benveniste, Louis Trolle Hjelmslev) e dalla critica letteraria (Roland Barthes, Gérard Genette, Jurij Michailovič Lotman), sono poi stati applicati all’antropologia (Claude Lévi-Strauss), alla filosofia (Louis Althusser, Michel Foucault), alla psicologia (Wilhelm Wundt, Jean Piaget), alla psicoanalisi (Jacques Lacan).
Movimento eterogeneo per campi di interesse, lo strutturalismo considera ogni fenomeno culturale il prodotto di un sistema di significati, definiti soltanto nelle loro relazioni reciproche, come se fosse il sistema a imprimervi un senso. Tutti i codici del sistema sono arbitrari, ma senza codici è impossibile percepire la realtà. Lo strutturalismo ha inteso identificare e definire le regole e le convenzioni all’interno delle quali e in virtù delle quali il significato si forma e si trasmette. “La dottrina strutturalista insegna la predominanza del sistema sugli elementi, mira a cogliere la struttura del sistema attraverso i rapporti degli elementi e mostra il carattere organico dei cambiamenti cui la lingua è soggetta” (Benveniste).
Fondamentale conseguenza è l’emarginazione del soggetto creatore, perché per lo strutturalismo ogni prodotto intellettuale è segnato da leggi generali che si modificano non da individuo a individuo ma attraverso i secoli. Al rapporto autore-opera si sostituisce quello opera-destinatario. Vengono esclusi gli interessi per la genesi dell’opera e per la sua storia culturale. La storia non spiega la letteratura: è la struttura sovraindividuale a creare l’oggetto. E poiché ogni sistema – anche quello letterario – ha una sua strutturazione logico-formale, il critico (o il ricercatore) deve mostrare gli elementi della struttura e i loro rapporti funzionali. La critica letteraria sarà pertanto di tipo descrittivo e non valutativo (viene eliminata la nozione di “bello” e di “brutto”).
Per il critico, una struttura letteraria dovrà essere messa in relazione da una parte con il codice linguistico impiegato in un determinato momento storico (quello che dà il valore denotativo-referenziale del segno) e dall’altra con la lingua letteraria (la varietà dei codici culturali cui l’autore si rapporta). In tale prospettiva acquistano rilievo gli istituti della letteratura quali i generi letterari e le tecniche retoriche e stilistiche.
Ambizione dello strutturalismo, che è una metodologia, è la teorizzazione scientifica, attraverso la scienza dei segni (semiotica o semiologia), della lingua letteraria. Lotman ha definito la struttura del testo poetico un “sistema di simulazione secondaria” (rispetto a quella primaria della lingua comune), che si caratterizza per la complessità linguistica e per la complicazione delle informazioni trasmesse, per cui si producono significati all’interno del sistema stesso; ma a questa dilatazione dei significati corrisponde una dilatazione dei rapporti di equivalenza interna (ad esempio quello stabilito dalla rima).
Lo strutturalismo ha anche il merito di aver avviato un’analisi autonoma della narrazione dando vita, grazie a Vladimir Propp e ad Algirdas Greimas, alla narratologia.
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In Russia negli anni 1910-20, contrariamente che in Italia, c’è un enorme mobilità di pensiero che contrasta la rigidità del regime totalitario. Alcune presenze si mantengono estranee a questo clima à Zdnanovismo.
Altri artisti creano delle alternative:
-EJSENSTEIN era stato in rapporti anche gruppi della Germania in particolare con Doblin e Brecht.
-MAJAKOVSKIJ  legato ai movimenti d’avanguardia europei, in particolare al futurismo (primo grande movimento italiano di respiro europeo), e con il Surrealismo francese.
Questi due personaggi superano l’imposizione statale, scegliendo di non parlare più della realtà, servendosi del surrealismo.

La Russia, prima di essere unificata sotto il Partito Comunista nel 1917, era zarista, cioè l’ultimo stato europeo a vivere in una situazione feudale, in cui la ricchezza del proprietario terriero era rappresentata dalla quantità di terra e dal numero di anime che possedeva. La Russia, essendo dominata per secoli dallo Zar, aveva respinto la cultura popolare, aveva annullato il popolo che contava solo come forza lavoro.
All’inizio dell’800 negli anni ’20-30 ogni nazione europea inizia a riflettere sulla propria cultura popolare; in Germania i fratelli Grimm raccolgono le favole (prima questi temi non erano mai stati scritti), e quindi la cultura popolare.
La Russia è rimasta estranea a questo processo, ma negli anni ’20 recupera l’interesse per la cultura subalterna e vengono finanziate ricerche antropologiche per ricercare le ultime testimonianze delle fiabe per poterle raccogliere.

V. AFANASIEV negli anni 1920-30 raccoglie oltre un migliaio di fiabe nella raccolta “Antiche fiabe russe”, tradotta anche in italiano nel testo che contiene l’introduzione di Italo Calvino (Einaudi 1950). In Italia nel ’50 è possibile raccogliere le fiabe russe perché c’è la cauta del fasciamo e perché in Italia il PC è il più forte d’Europa.

V. PROPP nel 1927, dopo aver studiato le fiabe scrive un libro che segna una data fondamentale: “Morfologia della fiaba” in cui analizza le forme della fiaba. Propp dice qualcosa di nuovo:
“Le fiabe sono strutture narrative semplici o semplificate che contengono tutti gli elementi, o meglio tutte le funzioni ricorrenti in ogni tipo di testo narrativo.”

Propp scopre le funzioni testuali, cioè gli elementi ricorrenti e le loro variazioni:
-FABULA/INTRECCIO
-APERTURA c’era una volta in un paese lontano..
-OSTACOLO
-PERIPEZIA imprese nel quale viene coinvolto il protagonista
-SCIOGLIMENTO FINALE non sempre lieto fine

Propp scopre che la fabula (sequenza narrativa ordinata) è legata all’esperienza dell’umanità. La favola come i grandi romanzi è composta di sequenze narrative.
Propp elabora il concetto di FUNZIONE SISTEMA: un elemento assume in se le varie ricorrenze delle funzioni e le adatta ad un contesto; ci sono variabili legate alla geografia e alla storia…ma il sistema si lega ad un contesto culturale. Ogni sistema ha le proprie funzioni. 
Per Propp sono fondamentali l’elemento linguistico e la comunicatività linguistica, che con un metodo schematico colpisce molto la cultura marxista contemporanea. È possibile un’analisi della società di tipo obiettivo. Subentra un nuovo tipo di giudizio che deve essere obiettivo, motivato dai fatti.

Forza pensiero Propp à Propp ha preso la creazione artistica meno importante (fiaba popolare), applicandogli il principio obiettivo.
Il libro di Propp diventa un punto di riferimento per gli intellettuali e viene applicato a diversi saperi.

Nel 1929 a Praga, dove erano attivi i circoli linguistici, ossia aree di aggregazione molto più vicine alle sedi di partito che alle università, erano sedi di dibattito, si svolge un convegno. Nel convegno partendo dal dualismo sistema-funzione proposto da Propp, viene elaborata una novità:  il termine “struttura” . La conclusione è che l’opera d’arte è una struttura funzionale (idea della complessità degli elementi costitutivi).
L’esempio clamoroso viene fatto dal giovane JAKOBSON (1896-1982) che prende l’esempio del sistema linguistico, affermando che in ogni lingua ci sono delle funzioni linguistiche e rappresenta al meglio l’idea di struttura servendosi delle nozioni di Saussure:
-struttura elementare - “Parole”
-struttura complessa – “Langue”

Mentre il lavoro di Propp rimane ancorato al formalismo, dal 1929 in poi si può parlare di strutturalismo in senso proprio. In particolare 29 tesi scritte in francese (lingua cultura), riassumono il contenuto del convegno di Praga;
“L’opera d’arte è una struttura funzionale” è una delle 29 tesi.

 

C. LèVI STRAUSS (1908-    ) è stato il primo ad esportare il metodo dell’analisi strutturale del linguaggio applicandolo a tutti i campi del sapere. Tutto è segno, l’immagine, gli studi della parentela.
“Strutture elementari della parentela” (1955) in cui a vari livelli della civiltà tutte le società riproducono gli stessi rapporti di parentela.
“Il crudo e il cotto” (1956) in cui vengono presentate le varie espressioni culturali dell’umanità. Vengono definiti i vari livelli di civiltà attraverso il consumo del cibo. Per Claude Lévi-Strauss, le qualità sensibili - crudo e cotto, fresco e putrido, bagnato e bruciato - possiedono, al pari del linguaggio, una logica, linee di sviluppo e regole. Sono segni che costituiscono sistemi simbolici e rivelano la struttura di una società. Così, analizzando le leggende e i riti dell'intero continente americano, l'autore individua nel fuoco un elemento di mediazione fra uomo e natura, fino a stabilire un'equazione fra "cotto" e "socializzato".
“Antropologia strutturale” (1958) in cui lo strutturalismo è ormai diventato un metodo generale delle scienze umane.

Dal 1950 in poi la Francia diventa il paese di punta di applicazione dello strutturalismo in più campi come nella psicanalisi in cui opera J. LACAN.

BARTHES ha applicato lo strutturalismo ad ogni ambito della vita. Possedeva una rubrica su un settimanale femminile francese “ELLE”.
Barthes scrive il libro “MITI DI OGGI” in cui con lo strutturalismo ha analizzato qualsiasi cosa, anche l’ultima automobile della Citroen – Citroen DS (pronunciato DEESE, ossia dea dei nuovi consumi). Nell’opera di Barthes ritroviamo anche “La bistecca e le patate fritte”, e “Iconografia dell’Abbé Pierre” , uno dei primi parroci organizzatori di comunità in Francia.
Barthes è stato il primo ad applicare lo strutturalismo ad elementi strani del reale.
L’opera più famosa di Barthes è “S/Z” si tratta di un racconto su un romanzo di Balzac il cui titolo rimanda alla protagonista Serratine.
“Le situazioni di gioco e l’intreccio come partita in Fleming di Umberto Eco” Fleming è l’autore della saga di James Bond. La struttura dei romanzi di Fleming  è elementare e non cambia da romanzo a romanzo. Il meccanismo viene confrontato con le mosse del gioco degli scacchi. La fabula è sempre quella, ma può cambiare l’intreccio.

Il romanzo è il genere letterario che nei primi del 1700 si impone in Inghilterra. Il primo a capire la centralità del romanzo  è l’inglese IAN WATT (1917-1999), che ha buona cultura francese. Si laurea alla Sorbona nel 1942 e lascia l’Europa per gli USA, dove insegna a lungo in California a Standford.
La sua opera maggiore si intitola “Le origini del romanzo (borghese)” pubblicato nell’originale inglese nel 1957. Il titolo originale era “L’origine del romanzo” senza la connotazione borghese.
Watt studia tre autori inglesi:
-DEFOE autore di Robinson Crouse
-RICHARDSON
-FIELDING autore del romanzo che diede la base per il film Barry Lyndon di Kubrick

Il romanzo a partire da Defoe rappresenta l’affermazione dell’individuo à i romanzi vengono intitolati con i nomi dei protagonisti.

LE ORIGINI DEL ROMANZO BORGHESE:
1° capitolo “Il realismo e la formazione del romanzo”. Watt sostiene che la novità del romanzo è la componente realistica, cosa inconcepibile prima della fine del 700 e all’infuori dell’Inghilterra. Watt cita la frase del maggior filosofo Locke: “La verità può essere scoperta dall’individuo mediante i sensi”; infatti la nostra cognizione del mondo passa attraverso i sensi, abbiamo esperienza pratica delle cose che viviamo. Il romanzo esprime presenta persone particolari in situazioni particolari, non è generico ma è qualcosa che introduce una rappresentazione dettagliata degli ambienti à individualizzazione à il titolo del romanzo è il nome del protagonista.
Il nome stesso definisce l’identità del/della protagonista (in passato non esistevano opere con protagoniste femminili). Il tempo stesso costruisce l’identità di questi personaggi.
Il romanzo si serve della successione temporale per cambiare i personaggi, viene presentata un’evoluzione intellettuale dei personaggi, si tratta di romanzi con fine psicologico-educativo à romanzi di formazione Bildungsroman.

2° capitolodedicato alla fortuna europea del romanzo che si stacca dalla tradizione classica per rifarsi all’esperienza reale. Il romanzo fornisce ai lettori esperienze analoghe all’esperienza reale.

Franco Moretti

 

 

16/01/2008

Il romanzo acquista importanza con l’affermazione dell’individualitàà tema tipicamente europeo; infatti i titoli dei romanzi sono nomi propri di protagonisti, nomi caratterizzanti. Il pubblico legge questi romanzi perché sono gratificanti e distensivi (in passato si leggevano letture molto impegnate). Iniziano a comparire romanzi con protagoniste femminili, così caratterizzate che potevano essere individuate solo con il nome, senza cognome. Questi romanzi vengono venduti nel 700, nel momento in cui le donne iniziano a far parte del pubblico lettore.

Defoe, Richardson e Fielding sono i tre autori a cui si rifà WATT nella sua opera “Le origini del romanzo borghese”.

DANIEL DEFOE
 “Roxana” (1724) romanzo scritto 100 anni prima del “Circolo di Pickwick” di Dickens.
Defoe, autore di grandissimo successo popolare che, con Shakespeare risulta essere l’autore più prolifico, infatti viveva di ciò che scriveva à circa 500 opere.
Il romanzo si presenta come un autobiografia scritta dalla protagonista, è Roxana a parlare. Siamo all’inizio della Rivoluzione Industriale, Roxana racconta di aver vissuto a Londra, di essersi sposata 15enne ad un commerciante di birra, a cui diede 6 figli. Con il fallimento della ditta del marito, la famiglia si scioglie, e i figli vengono messi in comunità. Roxana, abbandonata dal marito, diventa una prostituta di lusso, va a Parigi dove diventa celebre per la sua bellezza. Vive in una casa in centro Parigi e per permettersela diventa amante del proprietario, che alla fine sposerà.
Alla fine della sua biografia, Roxana racconta di un incontro con Sir Robert, che le presenta un mercante per farglielo sposare. Roxana non accetta il matrimonio con il mercante perché vede il matrimonio come uno stato di inferiorità in quanto le sue leggi dettate dall’uomo, inoltre Roxana voleva mantenere la propria indipendenza à NOVITA’: una delle prime pagine femministe della storia della letteratura.

M. KUNDERA “L’arte del romanzo” (1988) spiega come mai il romanzo è il genere letterario privilegiato dallo scrittore. Il romanzo ha uno spirito di complessità di articolazione. Lo spirito del romanzo è spirito di continuità: ogni opera è la risposta alle opere che l’hanno preceduta, ogni opera contiene tutta l’esperienza anteriore del romanzo.
Per Kundera oggi è più difficile scrivere un romanzo rispetto al passato, quando un autore poteva dedicare un’interva vita per la stesura di un solo romanzo, mentre oggi un autore per entrare nel mercato deve scrivere più opere. Oggi la prova è immediata, o un romanzo ha successo o no.

KAFKA “Il processo” il protagonista è Joseph K., accusato all’inizio del romanzo di aver commesso qualche crimine, di cui l’accusato, innocente, non verrà mai a conoscenza. Alla fine l’accusato sarà portato a confessare crimini mai commessi.

M. BACHTIN (1895-1975)
Maggior critico russo del ‘900, ha dedicato tutta la sua attività allo studio del romanzo. Bachtin era un intellettuale non allineato, non era un marxista ortodosso quindi i suoi scritti non sono mai stati pubblicati, ma sono sempre rimasti in forma di dispense (Samstad: tecnica di stampa economica per cui un foglio dattiloscritto poteva essere duplicato in più copie).
Solo negli anni ’70 sono uscite le prime traduzioni delle opere di Bachtin, e il primo paese ad averlo tradotto è stato l’Italia.
La sua opera fondamentale “Estetica e romanzo” è stata scritta tra il 1934-35, tradotta in italiano solo nel 1979; quindi questi testi vengono conosciuti quando il dibattito si era ormai concluso.

C. SEGRE
M. CORTI

 

L’opera di Bachtin mette a fuoco nella sua complessità, il genere letterario del romanzo. Fondamentale nel romanzo è per Bachtin un elemento a cui i critici non avevano mai dato alcun peso.

Il tradizionale rapporto ROMANZO à AUTORE à PROTAGONISTI portava a considerare solo due elementi.
Bachtin introduce un nuovo elemento: il LETTORE che non è semplice testimone, ma è colui che interpreta e giudica, è il vero interlocutore del romanzo e sovrappone il suo punto di vista a quello degli altri interlocutori, si identifica o meno con i personaggi del romanzo.
L’identificazione del lettore con i personaggi avviene tramite il linguaggio ma dato che ci sono più lettori, ci sono anche più linguaggi perché ogni lettore ha un proprio universo linguistico e ogni personaggio ha un proprio linguaggio.
Solo il romanzo può dare voce a personaggi e mondi diversi. Il romanzo è polifonico, cioè ogni parola del romanzo è ricercata e crea un dialogo con il lettore, ogni parola è dialogica. L’analisi non può essere solo linguistica, non possiamo valutare i linguaggi del romanzo soltanto in termini linguistici.
Es. “Promessi Sposi” il linguaggio cambia da personaggio a personaggio.
L’analisi del romanzo è più complessa, l’analisi di una lingua comprende un’ideologia.
Il romanzo crea dei linguaggi, esistono nel romanzo delle lingue sociali, il romanzo è legato alla società e alla storia.

Perché solo il romanzo crea più linguaggi?? Il romanzo ha la polifonia e la pluridiscorsività della lingua che gli altri generi non hanno. Il romanzo al contrario del monolinguismo degli altri generi, si serve di elementi linguistici e sociali diversi.

L’autore più abile in questo è Dostoevskij che porta al limite estremo la pluridiscorsività del romanzo, e attraverso i suoi personaggi da vita a una gran quantità di linguaggi e punti di vista.
Il mondo è rappresentato nella sua complessità.

 


La parola della lingua è semialtrui, cioè diventa propria quando il parlante la padroneggia.

 

TURGENIEV (1818-1883) russo che rimane in patria fino a 20 anni, per poi spostarsi a Parigi e Roma. Tra il 1850-70 scrive i suoi romanzi di maggiore successo. Il suo romanzo più importante è “Padri e figli” (1859) che nel titolo spiega la contrapposizione linguistica ed ideologica dei protagonisti.
In Russia a metà 800 si assiste alla Rivoluzione agraria, che accoglieva temi della Rivoluzione francese, che minacciava la stabilità della struttura feudale della Russia. Cambia il rapporto tra contadino-feudatario. Il romanzo contrappone i padri ai figli, che hanno fatto propria l’ideologia della Rivoluzione francese.

La lingua non è mai unitaria, e non c’è uguale intenzionalità in tutti i personaggi, poiché l’autore per ogni personaggio definisce una propria intenzionalità.

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/critica/appunti%20criticaby%20silvia.doc

 

 

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