Dante Alighieri e la divina commedia

 


 

Dante Alighieri e la divina commedia

 

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Dante Alighieri  

                                                                                                                                      
Scrittore e poeta nato a Firenze tra il 20 maggio e il 21 giugno del 1265 e morto a Ravenna il 14 settembre 1321.
Nato in una famiglia di modeste condizioni economiche appartenente alla piccola nobiltà guelfa, ha comunque l’opportunità, in gioventù, di frequentare la vita elegante e cortese di Firenze e di condurre studi severi.
Inizialmente avviato allo studio della “grammatica”, ha come insegnante di arte retorica Brunetto Latini, modello di intellettuale consapevole del valore politico e civile dell’impegno culturale.


Quasi da autodidatta avviene, invece, la sua formazione poetica per la quale è decisiva l’amicizia con Guido Cavalcanti e successivamente quella con altri due “stilnovisti”: Lapo Gianni e Cino da Pistoia.
Compone rime per Beatrice Portinari, conosciuta nel 1274, alla maniera degli stilnovisti: questi poeti si propongono, ricollegandosi al tema della “donna angelicata” tipico della scuola siciliana, di scrivere seguendo ciò che Amore gli “ditta dentro”.


Alcuni studiosi sottolineano come sotto lo schermo della semplice poesia d’amore lo stilnovo tendesse ad esaltare l’ascesa al potere della borghesia fiorentina che ambiva a sostituire l’aristocrazia come guida della città: in tal senso si spiega l’esaltazione che i poeti facevano della nobiltà d’animo da loro considerata più importante della nobiltà di nascita. Nel 1285 sposa Gemma Donati da cui avrà tre o quattro figli (Iacopo, Pietro, Antonia e forse Giovanni).
Nel 1290 la morte di Beatrice, che in precedenza si era sposata con Simone de’ Bardi, lo getta in una cupa disperazione che sfocia in una crisi religiosa. Sono anni in cui approfondisce gli studi filosofici e teologici e matura quell’amore per la verità e la giustizia che caratterizzerà tutta la sua vita futura.
Tra il 1292 ed il 1293 lavora alla “Vita nuova”: raccolta di rime collegate tra loro da parti in prosa che narra l’esperienza mistica e terrena dell’amore di Dante per Beatrice, iniziando con il primo incontro di Dante con l'amata, avvenuto quando il poeta aveva solo nove anni, e giungendo, dopo avvisaglie e premonizioni, alla morte di Beatrice. L’opera conclude con l’autore che, dopo essere stato tentato dall’idea di tradire il ricordo di Beatrice sostituendolo con una donna giovane e viva, rivede l’amata in una visione e decide di non scrivere più di lei fino a quando non sarà in grado di dire “di lei quello che mai non fue detto di alcuna”.
Dal 1295 Dante partecipa attivamente alla vita politica fiorentina avviando una brillante carriera che nel 1300 lo vede arrivare alla suprema magistratura comunale con la nomina a priore.


Inviato a Roma insieme ad altri due ambasciatori per tentare di far desistere dai suoi propositi bellicosi Bonifacio VIII che aveva inviato a Firenze le truppe di Carlo di Valois, fratello del re di Francia, Dante si ritrova condannato all’esilio in contumacia.
Impossibilitato a rientrare a Firenze, ormai sotto il dominio dei guelfi neri, fazione opposta a quella dei bianchi nelle cui fila militava, il padre della lingua italiana è costretto ad errare per l’Italia.
Tra il 1304 ed il 1307 vede la luce un’importante opera in volgare “Il convivio”, ambizioso progetto di carattere divulgativo con cui l’autore intende parlare di questioni culturali a chi, distratto dalle cure della vita pratica, non aveva potuto dedicarsi agli studi. Il tentativo di indicare ai lettori la via per giungere all’umana perfezione attraverso la divulgazione della filosofia, del culto della ragione, della sapienza e della giustizia, prevedeva la stesura di quindici trattati di cui però lo scrittore fiorentino realizza solo i primi quattro. Contemporaneamente alla stesura del Convivio si dedica al “De vulgari eloquentia”. Il trattato, scritto in latino e incompleto, con il quale affronta la questione della lingua esaltando le qualità del volgare, lingua naturale che si impara istintivamente sin dalla tenera età, che l’autore ritiene debba avere tre caratteristiche fondamentali, cioè essere “cardinale”, “aulico” e “curiale”.


Di difficile datazione è invece il trattato “La Monarchia” scritto in latino e diviso in tre libri in cui Dante afferma come tanto l’autorità papale quanto quella imperiale discendano direttamente da Dio e asserisce che l’Imperatore e il Papa, occupandosi di due sfere differenti della vita, debbano guidare il popolo separatamente ma in maniera complementare ed armonica.Altrettanto complesso è il problema di datazione di quello che è il capolavoro di Dante e forse uno dei capolavori assoluti della letteratura mondiale: la "Divina Commedia". L’ipotesi più accreditata vuole che abbia iniziato a lavorarvi approssimativamente tra il 1304-1305 ed il 1306-1307, tesi avallata anche dal fatto che le opere che stava scrivendo in quel periodo, “il Convivio” ed il “De vulgari eloquentia” sono state lasciate incompiute.
Il racconto del viaggio di Dante sviluppato attraverso le tre cantiche “Inferno”, “Purgatorio”, “Paradiso”, ognuna composta di trentatré canti più un Proemio dell'Inferno, ha una struttura estremamente complessa che comporta l’adozione di tre livelli interpretativi: allegorico, simbolico e figurale. Con la descrizione del proprio percorso attraverso i tre regni ultraterreni, Dante intende celebrare la tendenza dell’anima umana, condannata dal peccato originale alla vita terrena, a salire verso Dio.
Il resoconto del suo viaggio all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso, effettuato in compagnia di Virgilio e di Beatrice, è anche occasione per il poeta fiorentino di prendersi la sua rivincita su quanti lo avevano costretto ad una vita errabonda: attribuendosi la facoltà di giudicare l’agire umano, che di solito spetta solo al Padre Eterno, divide suoi contemporanei e i personaggi del passato in dannati, penitenti e beati dando un giudizio inappellabile sul loro operato terreno.
L’importanza della "Divina Commedia" per la creazione e lo sviluppo di una lingua volgare in Italia (opera a cui hanno dato un importante contribuito anche Boccaccio e Petrarca) dimostra la considerazione di cui il capolavoro godeva presso i contemporanei (all’epoca ad esempio Boccaccio commentò diciassette canti dell’inferno per conto del comune di Firenze) e l’importanza che ha ancora oggi per l’insegnamento dell’italiano nella penisola e nel mondo.
Nel 1321, ormai stabilitosi a Ravenna, Dante Alighieri muore improvvisamente al ritorno da un’ambasceria a Venezia.

 

Divina Commedia             

                                                                                                                 
- La Commedia è un poema didattico-allegorico che ha per soggetto lo stato delle anime dopo la morte e per fine la felicità degli uomini. Il poema descrive la storia di un viaggio che Dante compie a 35 anni attraverso i tre regni dell'aldilà (secondo la concezione medievale), sotto la guida di Virgilio (Inferno e Purgatorio), Beatrice (Paradiso) e s. Bernardo (Empireo). La data d'inizio di questo viaggio - che dura la settimana di pasqua - è la notte del 7 aprile 1300, l'anno del primo Giubileo della storia, indetto da papa Bonifacio VIII.
- Il poema si compone di tre Cantiche (Inferno-Purgatorio-Paradiso), articolate in 100 canti: 33 canti per ogni Cantica, più uno che funge da introduzione all’intero poema (il I canto dell’Inferno, che è composto quindi da 34 canti).
- La forma metrica è la terzina di endecasillabi a rime incatenate, inventata da Dante o della terzina del sonetto italiano.
- Nell’opera è evidente la ricerca della simmetria, per lo più fondata sui numeri 3 (simbolo della Trinità) e 10 (numero perfetto). Tre sono le cantiche; ognuna ha 33 canti, più un canto introduttivo nell’Inferno, per un totale complessivo di 100. Tre le diverse categorie di anime che popolano i regni (nell’Inferno prima incontinenti, violenti, fraudolenti; nel secondo regno coloro che diressero il loro amore al male, amarono poco il bene, amarono troppo i beni terreni; nel Paradiso gli spiriti saeculares, activi e contemplantes). Simmetrica è la partizione interna dei regni: l’inferno ha 9 cerchi e un vestibolo, l’Antinferno (=10); il Purgatorio 9 parti (spiaggia, Antipurgatorio, 7 cornici) più il Paradiso terrestre (=10); Il Paradiso 9 cieli più l’Empireo (=10). Tutte e tre le cantiche si chiudono con la parola "stelle".

 

Cosmologia dantesca
- L’immagine che del cosmo (l’universo) avevano gli uomini del medioevo non era basata, come quella che ne abbiamo oggi, su un modello autonomo in cui la descrizione fisica risulti separata da un’interpretazione di tipo metafisico o teologico.
Dante riprende dalla cultura del suo tempo la concezione geocentrica (= Terra al centro del cosmo) dell'universo, cioè la cosmologia aristotelico-tolemaica, che sarà considerata valida fino a Copernico e a Galileo.
Il sistema cosmologico della Divina Commedia è dunque fondato sul modello dell’astronomo e geografo egiziano Tolomeo (II sec. d.C.), secondo il quale la Terra è al centro dell’universo e 7 pianeti (erano considerati tali anche la Luna e il Sole) le girano attorno.
Questo modello era stato associato alla fisica e alla metafisica di Aristotele (filosofo greco del IV sec. a.C.), a loro volta conciliate alla visione cristiana del mondo da S. Tommaso d’Aquino (teologo del XIII sec.).
- La Terra è circondata da 10 cieli concentrici, di cui quello esterno (Empireo) è immobile, perché sede di Dio, mentre gli altri 9 ruotano ognuno secondo un proprio moto. Di questi 9 cieli, 7 contengono i pianeti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), uno le stelle fisse e l'ultimo (Primo mobile) dà inizio al movimento universale.
- La Terra è divisa in due emisferi, quello delle terre emerse (abitato dagli uomini; qui, sottoterra, è posto l’Inferno) e quello delle acque (disabitato; qui, al centro dell’oceano, posta su un’isola, si innalza la montagna del Purgatorio e del Paradiso terrestre). Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, secondo Dante la parte alta della Terra era quella dove si stendeva l’oceano, mentre la parte bassa era quella delle terre emerse; l’emisfero abitato è dunque quello meridionale, il disabitato quello settentrionale.
- L'emisfero delle terre emerse ha per confini il Gange a oriente, le Colonne d'Ercole (lo stretto di Gibilterra) a occidente. Al centro c'è Gerusalemme. Al di sotto di Gerusalemme è posto l'Inferno, che ha forma di un cono rovesciato, un ciclopico imbuto circolare, che via via si restringe e i cui enormi gradini sono i 9 cerchi degli inferi.
- L’origine della montagna del Purgatorio è attribuita alla “fuga” delle terre nell’emisfero meridionale (in origine la terra si trovava infatti nell’emisfero settentrionale, vedi Inf. 34 canto) per la caduta di Satana-Lucifero, cacciato dal Paradiso. Nel Purgatorio le anime degli uomini subiscono pene temporanee che le purificano. La vetta di questo monte altissimo, sottratta ad ogni fenomeno naturale, costituisce il paradiso terrestre, già sede delle prime creature umane: si tratta di una meravigliosa foresta con al centro l'albero della scienza del bene e del male. Anche il Purgatorio ha la forma regolare di una scalinata circolare, che si slancia verso l'alto per 7 ripiani sempre più stretti, detti cornici o balze.
- Nel Paradiso la vera e propria sede dei beati, ossia l’Empireo, è il decimo dei cieli che ruotano introno alla Terra. Qui i beati siedono nella candida rosa, nella contemplazione eterna di Dio. Tuttavia Dante nel suo viaggio ha la speciale possibilità di incontrare le anime beate nei cieli inferiori del cosmo, disposte nel cielo (della Luna, di Mercurio, di Venere, ecc.) di cui più sentirono gli influssi in vita. Nell’Empireo Dante giunge infine alla meta ultima del suo viaggio, la visione di Dio.

 

 L’ordinamento morale dei tre regni
Nell'Inferno Dante impiega, nella classificazione delle colpe e la distribuzione dei dannati,
l'Etica nicomachea e la Retorica di Aristotele con i loro commenti medievali, ma
contemporaneamente si avvale di s. Tommaso per quel che riguarda il cerchio degli eretici, dei
Mythologiarum libri di Fulgenzio Planciade e del De Officiis di Cicerone per le partizioni della
malizia e della frode.
Le anime dannate sono dunque distribuite, seguendo lo schema classificatorio di Aristotele,
secondo la loro tendenza al male (incontinenza e malizia) e il modo con il quale hanno peccato
(la malizia distinta in violenza - a sua volta tripartita, in base all'oggetto sul quale si esercita, il
prossimo, se stessi, Dio e in frode, analogamente bipartita, nei riguardi di chi non si fida e di
chi si fida), in costante correlazione di colpe e pene via via più gravi a mano a mano che i nove
cerchi digradanti stringendosi verso Lucifero si allontanano da Dio anche fisicamente. Così
dopo gl'ignavi che dimorano nel vestibolo, il primo cerchio dell'Inferno è formato dal Limbo,
popolato dagl'infanti morti senza battesimo e dai pagani giusti vissuti prima della rivelazione
cristiana; seguono i quattro cerchi degl'incontinenti (lussuriosi, golosi, avari e prodighi,
iracondi e accidiosi), nei quali la passione ha travolto i confini della ragione. Dopo il sesto
cerchio, con il quale inizia il basso Inferno e nel quale sono puniti gli epicurei, trovano posto
nel settimo, suddiviso in tre gironi concentrici variamente abitati (nel primo i violenti contro il
prossimo sono distinti in tiranni e omicidi, nel secondo i violenti contro se stessi in suicidi e
scialacquatori, nel terzo i violenti contro Dio in bestemmiatori, sodomiti e usurai), coloro che
peccarono usando violenza. I fraudolenti contro chi non si fida occupano l'ottavo cerchio,
ripartiti, secondo la natura della frode, nelle dieci bolge concentriche di cui esso si compone
(seduttori e mezzani, adulatori, simoniaci, indovini, barattieri, ipocriti, ladri, mali consiglieri,
seminatori di scismi e discordie, e infine falsari: di metalli, di persona, di moneta e di parola);
nell'ultimo cerchio sono confitti nel gelo di Cocito i traditori - dei parenti, della patria, degli
ospiti, dei benefattori - che in Lucifero, traditore di Dio, il quale morde Giuda, traditore di
Cristo, e Bruto e Cassio, traditori dell'Impero, trovano il principio primo della loro malvagità.
Mutano con la natura delle pene i criteri morali che reggono il disegno del Purgatorio, il
mondo dell'espiazione. La ripartizione delle anime è governata da criteri aristotelico-tomistici
(ricavati da Ugo da San Vittore e dal commento di s. Tommaso all'Etica di Aristotele) applicati
ai sette peccati capitali nell'ordine stabilito dai Moralia di s. Gregorio Magno (e seguito da molti
altri scrittori cristiani).
Nella parte bassa del monte, l’Antipurgatorio, devono sostare per un certo tempo, prima di
accedere alla purgazione, le anime degli uomini pentitisi solo in fin di vita, e precisamente: i
morti scomunicati, i pigri, i morti violentemente e i principi negligenti.
Nel Purgatorio vero e proprio il principio ordinatore delle colpe si fonda sul concetto di amore,
che può essere fonte di virtù o di vizio.
L'amore diretto al male del prossimo dispone nelle prime tre cornici i superbi, gli invidiosi e gli
iracondi; tra questi e quelli che hanno amato oltre il debito i beni terreni (avari, golosi e
lussuriosi) e che occupano le ultime tre balze, s'interpongono nella quarta cornice gli accidiosi,
colpevoli di aver coltivato soltanto tiepidamente l'amore vero, quello divino.
In tal modo la tradizionale categoria dei sette peccati capitali è agganciata a leggi morali che
ordinano le colpe, a differenza dell'Inferno, dalle più alle meno gravi.
Anche la raffigurazione del Paradiso riposa su dati della tradizione religiosa e scientifica
giudaico-cristiana, complicata da apporti arabi e, tramite questi, greci, giunti a Dante
attraverso versioni latine, e arricchita dai trattati cosmogonici del Medioevo, come sappiamo
dalle citazioni e dalle conoscenze astronomiche e astrologiche del Convivio.
Nel Paradiso Dante immagina che i beati, dimoranti tutti nell'Empireo, più o meno prossimi a
Dio secondo il grado della loro beatitudine, gli vengano a mano a mano incontro nei cieli, da
quello della Luna a quello di Saturno, per offrirgli l'immagine concreta della loro beatitudine,
caratterizzata dagl'influssi esercitati sulla terra e sugli uomini dalle sfere celesti.
L'espediente sottolinea la natura del tutto simbolica della distribuzione delle anime, voluta da
Dante (che forse anche per questo tace i criteri generali della partizione) per ragioni di
analogia simmetrica con gli altri due mondi e di convenienza gerarchica, ben rispondente al
progressivo aumento della felicità di cielo in cielo; e permette inoltre di tradurre in immagini
più sensibili e varie l'unitario e astratto mondo del gaudio eterno.
Perciò non sono mancate le discussioni degl'interpreti intorno ai fondamenti morali
dell'ordinamento fittizio, esplicito nelle partizioni specifiche (nel cielo della Luna sono allogati
gli spiriti che mancarono ai voti monastici, in quello di Mercurio quelli che operarono per la
gloria terrena, nella sfera di Venere le anime disposte naturalmente all'amore che trasferirono
gli affetti dalla terra a Dio, in quella del Sole i sapienti, in Marte i combattenti per la fede
cristiana, in Giove i principi giusti, in Saturno gli spiriti contemplativi), non nelle coordinate
generali che le reggono (nel cielo delle Stelle fisse compaiono Adamo e gli apostoli, nel Primo
Mobile le gerarchie angeliche).
Del resto il Paradiso vero e proprio, quello della candida rosa ossia il decimo cielo (l’Empireo),
risulta diviso in modo ancor più sfuggente, secondo generiche linee di demarcazione, che non
rinviano immediatamente e necessariamente a dei precisi criteri morali.
Si tratta in verità di una topografia libera e polivalente, in contrasto con la precisa suddivisione
degli altri regni, e in armonia all'infinita varietà del bene che informa il Paradiso.

 

http://www.mlbianchi.altervista.org/dante_alighieri.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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