Figure retoriche principali

 

 

 

Figure retoriche principali

 

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Figure retoriche

 

Figure retoriche di parola

  1. Antonomasia: figura consistente nel sostituire un nome comune con un nome proprio o viceversa, con un appellativo che ne mette in risalto una caratteristica universalmente conosciuta (es: Sei un Giuda)

per antonomasia = per eccellenza

  1. Iperbole: esagerazione di un concetto, al di là del credibile, per eccesso o per difetto per meglio colorirlo; è una delle figure retoriche maggiormente impiegate nella comunicazione quotidiana (es: E’ un secolo che non ti vedo. Ci metto un secondo ad arrivare)
  2. Litote: attenuazione di un concetto tramite la negazione dell’idea contraria, talvolta con intenzione ironica; è il contrario dell’iperbole (es: Don Abbondio non è nato con un cuor di leone)
  3. Metafora: sostituzione di un termine con un altro il cui significato è in rapporto di somiglianza con quello della parola sostituita. Costituisce una delle maggiori fonti di trasformazione della lingua e si usa chiamare “figurato” il termine sostituito e “figurante” il termine che lo sostituisce (es: E’ nata una stella)
  4. Metonimia: sostituzione di un termine con un altro che è in rapporto di somiglianza con il termine sostituito. Questo rapporto di dipendenza assume forme diverse: causa-effetto, effetto-causa, contenente-contenuto, materia-oggetto, astratto-concreto (es: Torno alle mie sudate carte)
  5. Perifrasi: gruppo di parole che indica una persona o designa un concetto che potrebbe essere espresso con un solo termine specifico (es: colui che governa ogni cosa)
  6. Sineddoche: designazione di una cosa non con il termine che le è proprio, ma con un altro che ha con il primo un rapporto di quantità: parte-tutto, tutto-parte, singolare-plurale, plurale-singolare, numero determinato-numero indeterminato, specie-genere (es: Il pane non ci manca)

Figure retoriche di pensiero (13)

  1. Allegoria: metafora continuata. La metafora riguarda solo una parola, mentre l’allegoria estende e sviluppa la metafora cosicché una descrizione o una narrazione contiene anche un significato più profondo e nascosto; sotto il velo del senso letterale se ne nasconde uno simbolico (es: Il viaggio di Dante, che rappresenta allegoricamente l’ascesa dal peccato alla beatitudine)
  2. Allusione: riferimento intenzionale ad espressioni famose senza citarne esplicitamente l’origine (es: E’ una vittoria di Pirro = è stata una vittoria inutile, come quella di Pirro contro i Romani, perché perse gran parte del suo esercito)
  3. Antifrasi: figura mediante la quale si vuole affermare esattamente l’opposto di quello che si dice; è la forma più esplicita di ironia (es: Ma bravo!)
  4. Antitesi: consiste nel contrapporre parole di significato opposto (es: Pace non trovo e non ho da far guerra - Montale)
  5. Apostrofe: figura per cui, interrompendo improvvisamente la forma narrativa o espositiva del discorso, chi parla o scrive si rivolge direttamente a persona o cosa personificata, anche se assente o lontana (es: Oh graziosa luna – Leopardi)
  6. Enfasi: consiste nell’accentuare l’espressione di un’idea, anche ponendo in particolare rilievo un termine o una frase (es: LUI si che ha capito! LUI sa cosa voglio dire!)
  7. Eufemismo: perifrasi che serve ad attenuare un concetto negativo o sgradevole. Spesso è una sostituzione linguistica dovuta alle convenienze sociali (es: E’ passato a miglior vita)
  8. Interrogazione retorica: frase interrogativa che richiede enfaticamente ad un interlocutore un consenso o un dissenso già impliciti nella domanda, in altri termini è una domanda che di interrogativo ha solo la forma (es: Vuoi ammalarti?! Ma non abbiamo già speso abbastanza?!)
  9. Ironia: sostituzione del pensiero che si vuole intendere con un altro che sta in rapporto di senso contrario al primo (es: Come sei bravo!)
  10. Ossimoro: associazione in un legame di stretta dipendenza di due termini con significato opposto. E’ una particolare forma di antitesi in cui si afferma la contemporanea esistenza e non esistenza di una qualità (es: Gridò sottovoce – Manzoni)
  11. Personificazione/prosopopea: consiste nel dar vita e parola a personaggi assenti, lontani o definiti oppure anche a concetti astratti e cose inanimate, che sono stati personificati (es: Mi riconobbero dissero ben torni ormai – Carducci)
  12. Similitudine: consiste nell’accostamento, in una medesima espressione, di due immagini aventi almeno una qualità in comune. Per compiere l’accostamento si ricorre all’impiego di una formula di paragone: come, simile a, a somiglianza di (es: Si sta come d’autunno, sugli alberi le foglie)
  13. Sinestesia: procedimento retorico che consiste nell’accostare, in una medesima espressione, termini che appartengono a sfere sensoriali diverse (es: L’urlo nero – Quasimodo)

 

Figure retoriche di sintassi (12)

  1. Anacoluto: si tratta di una vera e propria infrazione delle regole di sintassi, in quanto consiste in un mutamento di costruzione sintattica del periodo, si susseguono due proposizioni spesso con soggetto diverso, la prima delle quali rimane in sospeso (es: Quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro. Un religioso che vale più un pelo della sua barba che tutta la vostra – Manzoni)
  2. Anafora: ripetizione di una o più parole all’inizio di due o più  frasi o versi (es: Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolore, per me si va tra la perduta gente – Dante, Inferno III)
  3. Asindeto: consiste nel far seguire due o più parole o frasi sopprimendo le congiunzioni coordinanti (es: Egli solo Gramigna non era stanco, non si fermava mai – Verga)
  4. Chiasmo: disposizione incrociata di termini concettualmente o morfologicamente affini (es: Uomini fummo e or siam sterpi -  Dante, Inferno III)
  5. Climax o gradatio: successione di termini aventi significato progressivamente più intenso (climax ascendente) o al contrario progressivamente meno intenso (climax discendente o anticlimax) (es: Novi tormenti e novi tormentati mi veggio intorno come ch’io mi mova, ch’io mi volga e ch’io guati – Dante, Inferno VI)
  6. Ellissi: omissione di una parte del discorso, che viene sottintesa per conferire maggiore efficacia e concisione nello stile (es: Quel giorno più nn vi leggemmo avanti – Dante, Inferno V)
  7. Iperbato: inversione di alcuni termini rispetto all’ordine naturale, di conseguenza può avvenire che vengano separate parole che costituiscano un sintagma (es: Mille fiori al ciel mandano incensi – Ugo Foscolo)
  8. Pleonasmo: impiego di una o più parole grammaticalmente o concettualmente superflue (es: A me mi)
  9. Polisindeto: unione di una o più parole o frasi successive mediante l’impiego di frequenti congiunzioni
  10. Preterizione: figura retorica mediante la quali si finge di voler tacere ciò che in realtà si dice, aumentandone così l’importanza (es: Non sto a dire che…..)
  11. Reticenza: interruzione voluta e improvvisa di un pensiero già iniziato, in modo da lasciar intuire la conclusione. Solitamente si raffigurano i tre punti.

 

Figure retoriche foniche e morfologiche (6)

 

  1. Allitterazione: ripetizione degli stessi suoni in due o più parole successive (es: Quel fruscio che fanno le foglie – D’Annunzio)
  2. Apocope o troncamento: soppressione di una lettere o di una sillaba in fine di parola. Non si confonda con l’elisione, in cui la caduta della vocale finale di una parola di ha solo davanti a un’altra cominciante per vocale (es: Nel mezzo del cammin di nostra vita – Dante, Inferno I)
  3. Assonanza: somiglianza di un suono tra le ultime sillabe di due parole quando sono uguali le vocali ma diverse le consonanti (es: Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino cape. Io son come loro, in perpetuo volo. La vita la sfioro com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo – Cardelli)
  4. Consonanza: somiglianza di un suono tra le ultime sillabe di due parole quando sono uguali le consonanti ma diverse le vocali (es: …com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia - Eugenio Montale)
  5. Onomatopea: imitazione linguistica di un suono naturale (es: Don don di campane – Pascoli)
  6. Paronomasia: accostamento di parole molto simili tra loro nel suono ma diverse nel significato (es: Chi dice donna dice danno)

 

Fonte: http://www.myskarlet.altervista.org/Scuola/Figure%20retoriche.doc
Autore: non indicato nel documento

 

 


 

Figure retoriche principali

Le figure retoriche

 

Questa lista è tratta da Vickens, Storia della retorica, Il Mulino 1994, pp. 599-612.

Gli esempi letterari tra parentesi quadra sono tutti tratti da Shakespeare.

Adynaton, l’impossibilità di. trovare un’espressione adeguata all’argomento

[Terzo Gentiluomo. Avete assistito all’incontro tra i due sovrani?
Secondo Gentiluomo. No.
Terzo Gentiluomo, Allora avete perso uno spettacolo che era necessario vedere, di cui non è possibile parlare.] (Il racconto d’inverno, V, 2, 39)

 

Anadiptosi (o reduplicatio)
in cui l’ultima parola (o le ultime parole) di un periodo o di una frase diventa (o diventano) la prima di quella successiva

[Augurandomi d’essere simile a taluno più ricco di speranza, / come lui nelle fattezze, come lui circondato d’amici-] (Sonetto 29)

 

Anafora (o repetitio)
in cui la medesima parola viene ripetuta all’inizio di una serie di periodi o di frasi

[Alcuni menano vanto dei loro natali, altri del loro ingegno, / altri delle loro ricchezze, altri del vigore dei loro muscoli (Sonetto 91 )

Antanaclasi, allorché una parola viene usata due (o più) volte secondo due (o più) dei suoi sensi

[Prima spegnerò questa luce, e poi quest’altra (la vita).] (Otello, V, 2, 7)

 

Antbypophora (o rogatio), quando si pone una domanda a cui si risponde da soli

[E che cosa c’è in quella parola onore? Che cos’è quell’onore? Aria. Un gran bell’affare! Chi ce l’ha? Questo che è morto mercoledì. Se lo sente? No. Lo ascolta? No] (Enrico IV, parte prima, V, 1, 131)

 

Antimetabole (o commutatio)
quando due o più parole vengono ripetute invertendone l’ordine

[Perché, tu che sei musica a chi t’ode, ascolti la musica con tristezza?] (Sonetto 5)

Antitesi (o comparatio)
in cui vengono fra loro contrapposti e distinti due contrari

[Beatitudine mentre la si esperimento e, dopo provata, una vera
tribolazione; / prima, una gioia che vi si offre; dopo, un sogno.] (Sonetto 129)

 

Antonomasia (o pronominatio)
la sostituzione di un nome (1) mediante una frase descrittiva al posto di un nome proprio, o
(2) mediante un nome proprio in luogo di una qualità ad esso associata

1 [quel bastardaccio figlio di Venere... quel ragazzaccio cieco] (Come vi piace, IV, 1, 21 1)

2 [lo non sono mica il grande Nabuccodonosor, / signore, non mi intendo molto di erbe. / Gioco di parole fra “grass” (erba) e “grace” (grazia): secondo il racconto biblico del re, colpito dall’ira divina, impazzì, riducendosi a nutrirsi d’erba.] (Tutto è bene quel che finisce bene, IV, 5, 2 1 )

 

Aposiopesi (o praecisio)ovvero l’interruzione di una frase che ne lascia incompleto il senso

[lo su entrambe farò le mie vendette / tali che il mondo intero... farò cose... / quale siano ancora non lo so, ma spargeranno / terrore sulla terra.] (Re Lear, II, 4, 281)

 

Apostrofe (od aversio)quandoil discorso viene spostato da un argomento o da un personaggio a un altro, spesso per accentuare un tratto emotivo

[Un mese appena ... / e si sposò. O nefandissima fretta! ... / correre con passo cosi franco verso lenzuola incestuose] (Amleto, 1, 2, 153)

 

Asindeto (o dissolutio)la mancanza di congiunzioni tra periodi

[Ferii io stesso i miei propri sentimenti, / vendetti a vil prezzo ciò ch’è più caro; / con nuovi affetti arrecai offese ad affetti antichi-] (Sonetto 110)

Auxesis (o incrementum),
allorché si dispongono le parole secondo un ordine ascendente di importanza

[Poiché e bronzo e pietra e la terra e il mare interminato / soggiacciono al triste potere della morte... ](Sonetto 65)

Brachilogia (od articulus)
la mancanza di congiunzioni tra le singole parole, che sono pertanto separate unicamente dalle virgole

 [... e, finché l’atto dura, la libidine / è spergiura, assassina, sanguinaria, infame, / selvaggia, insaziabile, brutale, crudele, infida... ](Sonetto 129)

 

Chiasmo
la ripetizione di alcuni concetti (non necessariamente con le stesse parole, in contrasto con l’antimetabole) in ordine invertito:

[Ma che vita dannata quella di chi ama / e cova fi dubbio, dí chi
sospetta e spasimo d’amore!] (Otello, III, 3, 169)

 

Climax (o gradatio)
quando l’ultima parola di un periodo o di una frase diventa la prima di quella successiva, come nell’anadiplosi, ma secondo un processo protratto per tre o più fasi, simili ai gradini di una scala

[La mia coscienza parla con mille lingue, / e ogni lingua racconta la storia, / e ogni storia mi bolla di infamia... ] (Riccardo Iff, V, 3, 193)

 

Ecphonesis (od exclamatio)

un’esclamazíone dettata da una forte passione, come l’ira, il dolore o l’ammirazione
O petto mio, / sei troppo forte, come fai a resistere?] (Re Lear, 11, 4, 197)

Epanalessi (o resumptio),in cui una medesima parola viene ripetuta all’inizio e alla fine di un periodo, di un verso, di una frase

[Gentile è oggi l’amor mio, e domani sarà gentile... 1 (Sonetto 105)

Epanodos (o regressio),
quando nel corso di un ragionamento se ne ripetono i termini principali

[Il mio occhio e fil mio cuore si fanno guerra feroce / disputandosi la conquista della tua vista: / il mio occhio vorrebbe cancellare la tua immagine dal suo cuore; / il mio cuore vorrebbe negare al mio occhio l’esercizio di tal diritto.] (Sonetto 46)

 

Epanorthosis (o correctio)
quando una parola o un concetto viene corretto e sostituito con uno più adatto

[Un cuore onesto, Cate, è il sole e la luna; o piuttosto, il sole, non
la luna; giacché splende fulgido e non cambia mai, ma mantiene
fedelmente il suo corso.] (Enrico V, V, 2, 162)

 

Epifonema (o acclamatio)un efficace riassunto di un intero ragionamento, spesso in forma di epigramma o di sententia

[Questo io giuro, ed è giuramento che sempre manterrò: / io sarò fedele, a dispetto di te e della tua falce.] (Sonetto 123)

 

Epistrofe (o conversio)
la ripetizione di una medesima parola alla fine di una serie di periodi o di frasi

[E questo è niente? / Ebbene, allora il mondo, e tutto ciò che contiene, è niente. / mia moglie è niente, e niente nasce da tutti questi niente, / se questo è niente.] (Il racconto d’inverno, 1, 2, 292)

 

Epizeusi (o subjunctio)
quando una parola viene ripetuta due o più volte senza che nessuna altra le sia frapposta

 [Urlate, urlate, urlate!] (Re Lear, V, 2, 257)

 

Eufemismo
la sostituzione di un termine peggiorativo con uno più favorevole

[Falstaff... quando sarai re non permettere che noi paladini notturni (“i tagliaborse”) siamo chiamati ladri di diurne bellezze. Che ci chiamino sacerdoti di Diana, gentiluomini dell’oscurità, i favoriti della luna(Enrico IV, parte prima, I, 2, 13 ss.)

 

Homoioptoton (o similiter cadens - cfr. omoteleuto)
quando parole corrispondenti (spesso alla fine di una serie di periodi o di frasi) posseggono desinenze simili (impossibile in lingue prive di declinazioni)

Veni, vidi, vici.

Hysteron proteron (o praeposteratio)
quando in una frase o in un periodo si pongono prima delle parole che per il loro significato dovrebbero giungere in seguito

[L’Antoníade, la nave ammiraglia egiziana, / con le altre sessanta
navi, è fuggita invertita la rotta.] (Antonio e Cleopatra, 111, 10, 2)

 

Ipallage (o submutatío)
“il cambiamento della costruzione autentica e dell’applicazione delle parole con cui se ne perverte e se ne rende del tutto assurdo il significato” (Puttenham)

[Non c’è occhio d’uomo che abbia mai sentito, non c’è orecchio d’uomo che abbia mai visto, non c’è mano d’uomo che abbia mai assaggiato, non c’è lingua che abbia mai toccato, e tanto meno cuore che abbia mai raccontato un sogno come il mio.] (Sogno di una notte di mezza estate, IV, 1, 21 1)

 

Iperbato (o transgressio)
l’alterazione dell’ordine delle parole al fine di conferirvi maggiore rilievo

[Eppure, non voglio spargere d suo sangue, / voglio lasciare intatta la più bianca sua pelle della neve... ](Otello, V, 2, 3)

 

Iperbole (o superlatio)
quando si esagerano le dimensioni per descrivere qualità eccezionali

[Le sue gambe scavalcavano l’oceano e il suo braccio / alzato era il cimiero del mondo. La sua voce, / quando parlava ago amici, era musicale / e in armonia al tono delle sfere celesti... ] (Antonio e Cleopatra, V, 2, 82)

 

Ipotiposi (o demonstratio, evidentia)
una vivida descrizione che fa appello al senso della vista

[Pensate, quando parliamo di cavalli, di vederli / stampare i superbi zoccoli sulla docile terra... ] (Enrico V, Prologo, I, 26)

 

Isocolon (o compar)
quando una serie di periodi o di frasi possiede pari lunghezza (e spesso anche pari struttura (vedi parison)

[Ci fu mai donna così corteggiata? / Ci fu mai donna così conquistata?] (Riccardo III, I, 2, 227)

 

Meiosi (o extenuatio)
una forma con cui si “rimpicciolisce” un argomento sminuendolo

[Ma quando lo specchio mi rivela a me stesso tale qual sono, / avvizzito e sciupato e reso coriaceo dagli anni... ](Sonetto 62)

 

Metalessi
l’attribuzione di un effetto presente a una causa remota

[Qui ha parlato mio fratello; qui la tomba di mio padre / ha dato voce] (Misura per misura, 111, 1, 86)

 

Metafora (o translatio)
allorché una parola viene trasposta da un oggetto all’altro, per un’esemplificazione e per una sottolineatura emotiva

[In me tu puoi vedere quella stagione dell’anno / in cui le foglie ingiallite, o poche, o nessuna, pendono / da quei rami che lottano tremando contro il freddo, / cori vuoti e in rovina, là dove pur dianzi cantavano dolcemente gli uccelli.] (Sonetto 73)

 

Metonimía (o transmutatio), la sostituzione di un nome con un altro, ad esempio l’autore per l’opera o il segno per il significato

 

[O mio bel fanciullo, tu che reggi nelle tue mani / l’orologio mutevole del Tempo, e la sua falce, l’ora... ](Sonetto 126)

 

Omeoteleuto (o similiter desinens)
quando parole corrispondenti (spesso alla fine di una serie di periodi o di frasi) posseggono terminazioni simili

[Mia madre piange, mio padre geme, mia sorella versa calde lacrime, / la serva si dispera, la gatta si torce le mani... ] (I due gentiluomini di Verona, II, 3, 6)

 

Onomatopea (o nominatio)
quando si usa il linguaggio per imitare il suono dell’animale o della cosa descritta

[Soffiate, venti, squarciatevi le guance! Infuriate! Soffiate! / voi, cateratte e uragani, sgorgate... ] (Re Lear, III, 2, 1)

 

Paralipsis (od occultatio)
quando si finge di sorvolare su una questione per richiamare l’attenzione su di essa

[Basta che i cittadini sentano il testamento di Cesare - / che però io, scusate, non ho intenzione di leggere - / e andranno a baciare le ferite del suo cadavere... / Abbiate pazienza, buoni amici: non devo leggerlo. / Non è bene che sappiate quanto Cesare vi amava... ] (Giulio Cesare, HI, 2, 130)

 

Parison (o compar)
ovvero la struttura corrispondente o simmetrica di una serie di periodi o di frasi

[Perché Cesare mi amava, lo piango; poiché gli arrise la fortuna, mi rallegro; poiché era valoroso, l’onoro; ma poiché era ambizioso, l’ho ucciso.] (Giulio Cesare, III, 2, 24)

 

Paronomasia (agnominatio od allusio), quando vengono poste vicine fra loro due o più parole dal suono simile ma dal significato diverso

 [Pazza nella ricerca e tale durante il possesso.] (Sonetto 129)

 

Perifrasi (o circumlocutio)
l’uso di più parole per descrivere con più spazio ed enfasi ciò che poteva essere enunciato con molta maggiore brevità

[... quando la fatale sentenza / contro cui non v’è cauzione mi toglierà di quaggiù... ](Sonetto 74)

 

Ploche (o conduplicatio, diafora)
la ripetizione di una o più parole

[Perché tu che sei musica a chi t’ode, ascolti la musica con tristezza? / Eppure le dolcezze non sono nemiche alle dolcezze; la gioia si compiace nella gioia.] (Sonetto 8)

 

Poliptoto (paragmenon, traductio, o adnominatio)
la ripetizione di una parola in forma diversa

[E una volta morta la Morte, cesserà di morire.] (Sonetto 146)

 

Polisindeto (o acervatio)
l’abbondanza di congiunzioni tra i periodi

[Allora, dalle lodi ch’esse fanno del supremo tipo di bellezza, /della mano, del piede, delle labbra, dell’orecchio, del volto, / io m’accorgo che quelle antiche penne si sforzavano di rappresentare / per l’appunto tale tipo di bellezza quale voi impersonate adesso. ](Sonetto 106)

 

Prosopopea (o confirmatio)
quando una persona immaginaria o assente viene rappresentata come se fosse lei a parlare o ad agire; e quando a cose mute o inanimate vengono conferite la vita, la parola o altre qualità umane

 

[Mi sembra di sentire / Antonio che mi chiama. Lo vedo alzarsi / per lodare il mio nobile gesto. Sento che si burla / della fortuna di Cesare... Ecco, vengo da te, mio sposo.] (Antonio e Cleopatra, V, 2, 283)

 

Sillessi (o conceptio)
allorché una parola viene usata una volta sola, ma in un contesto e in un tono che suggeriscono due diversi significati

[Perciò io mento (o “giaccio”) (lie) con lei, ed essa con me... ] (Sonetto 138)

 

Sineddoche (o subintellectio)
quando si sostituisce una cosa con un’altra, la parte per il tutto, il genere per la specie, e viceversa

[Sono gli araldi di Marzio: davanti a lui il frastuono del trionfo, dietro di lui le lacrime... ] (Coriolano, II, 1, 158)

 

Sineciosi (ossimoro o contrapositum)
l’unione (e non l’opposizione, come nell’antitesi)di situazioni o di termini opposti e apparentemente incompatibili

[Per tale ragione, con incerta gioia / lieto da un occhio e piangente dall’altro, / come chi dicesse aflegria in un funerale e requiem dei morti per un matrimonio, / mettendo gioia e dolore sulla bilancia, / ho tolto in moglie colei.] (Amleto, 1, 2, 10)

 

Zeugma (o adjunctio), in cui un verbo sostiene due o più periodi

[E poiché quegli sfacciati ci godono tanto, / dà a baciare ad essi le tue dita, e le tue labbra a me.] (Sonetto 128)

 

Fonte: http://www.argomentare.it/retorica/figure%20retoriche.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Figure retoriche principali

 

Adynaton: avvalorare l'impossibilità che si realizzi un evento ipotizzando per assurdo la realizzazione di un altro fatto che non potrà mai verificarsi:

prima divelte, in mar precipitando spente nell'imo strideran le stelle, che la memoria e il vostro amor trascorra o scemi (G.Leopardi)

Allusione: figura retorica consistente nel dire una cosa per farne intendere un'altra. Un'allusione storica è la vittoria di Pirro per indicare una vittoria inutile e pagata a caro prezzo.

Allegoria: (dal greco allegorèin, "parlare diversamente") è una figura retorica consistente nella costruzione di un discorso che, oltre al significato letterale, presenta anche un significato più profondo, allusivo e nascosto. Un'allegoria tra le più note è quella del destino umano che viene paragonato ad una nave che attraversa il mare in tempesta:

passa la nave mia, sola, tra il pianto degli alcioni, per l'acqua procellosa (G. Carducci)

Allitterazione: consiste nella ripetizione delle stesse lettere e, quindi, dello stesso suono all'interno della stessa frase o della stessa strofa:

sentivo un fru fru tra le fratte (G. Pascoli)

Anacoluto: (dal greco anakòlothos, "che non segue") è un errore sintattico spesso provocato dal cambiamento di soggetto nel corpo dell'enunciato:

noi altre monache, ci piace sentir le storie per minuto (A. Manzoni)

Anadiplosi: (dal greco anadìplosis, "raddoppio") consiste nella ripresa enfatica, all'inizio di un verso, di una parola o di un gruppo di parole poste in conclusione del verso precedente:

Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria In una capra dal viso semita (U. Saba)

Anafora: (dal greco anaforà, "ripetizione") ripetizione delle stesse parole alla fine di più versi o frasi:

sei nella terra fredda sei nella terra negra (G. Carducci)

Anastrofe: (dal greco anastrophè, "inversione") figura che consiste nell'alterare l'ordine normale degli elementi di una frase, anteponendo, ad esempio, il complemento oggetto al predicato (le tue botte ad aspettar) o il complemento di specificazione al sostantivo (di me più degno).

Anfibologia: (dal greco amphibolìa, "ambiguità") consiste in un enunciato che può essere interpretato in due modi diversi, o per l'ambiguità di una parola, o per una particolare costruzione sintattica. Nell'esempio seguente non è immediato il riconoscimento de l'ira come soggetto:

Vincitore alexandro l'ira vinse (F. Petrarca)

Antifrasi: (dal greco antìphrasis, "espressione contraria") è una figura retorica che consiste nell'usare una parola o un'espressione in senso contrario al loro proprio per lo più con tono ironico od eufemistico: come sei gentile! (= come sei sgarbato!).

Antistrofe: ripetizione delle stesse parole alla fine di più versi o frasi (Ha fatto il danno lui, deve riparare lui).

Antitesi: (dal greco antìthesis, "contrapposizione") rafforzamento di un concetto ottenuto aggiungendo la negazione del suo contrario (Lavorava di notte, non di giorno) oppure accostando due parole o concetti opposti (temo e spero).

Apostrofe: ( dal greco apostrophèin,"volgere le spalle a") interruzione di una frase per rivolgere un'invocazione a persona o cosa che può essere anche assente:

...ahi Pisa, vituperio de le genti!... (Dante)

Anticlimax: (dal greco antì, "conro" e klimax, "scala") è una progressione che cala di intensità:

Così tra questa immensità s' annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo mare (G.Leopardi).

Asindeto: coordinazione tra vari elementi di una frase senza congiunzioni:

vide confusamente, poi vide chiaro, si spaventò, si stupì, si infuriò, pensò, prese una soluzione. (A.Manzoni).

Assonanza: si ha quando determinate sillabe o determinati suoni fonetici sono ripetuti in successione. Ad esempio, nei primi due versi della Sera fiesolana di D'Annunzio:

Fresche le mie parole ne la sera
ti sien come il fruscìo che fan le foglie

troviamo una ripetizione del suono "F" che, oltre a conferire più musicalità ai versi, serve a rendere l'idea del fruscìo, appunto, delle foglie al passare del vento.

Chiasmo: figura retorica che consiste nella disposizione incrociata degli elementi costitutivi di una frase, in modo che l'ordine logico delle parole risulta invertito:

e per tutto entra l'acqua e il vento spira (L. Ariosto).

Circolo: figura consistente nel terminare il periodo con la stessa parola con cui è cominciato.

Climax: (dal greco climax, "scala") consiste in una progressione che sale di intensità (prendi, afferra, strappa).

Costruzione ad sensum: consiste nel concordare un verbo nella forma del plurale con un termine che, pur essendo di forma singolare esprime una valenza di pluralità. Costruzione contestata da alcuni puristi.

Deissi: (dal greco deiknumi, "mostro, indico") procedimento mediante il quale si richiama l'attenzione del lettore o dell' ascoltatore su un oggetto particolare, cui si fa riferimento mediante elementi linguistici, detti deittici, che concorrono a identificare in modo preciso l' oggetto in questione. Ad esempio nella frase "questo è un libro", il pronome questo è usato in senso deittico.

Diafora: (dal greco diaphoros "diverso") consiste nel ripetere una parola usata in precedenza con un nuovo significato o una sfumatura di significato diversa. Così, ad esempio, nella seguente frase la parola ragione è usata dapprima nel significato di "motivo" e successivamente in quello "di facoltà di pensare e giudicare":

il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce (B. Pascal)

Dialisi: (dal greco dialyein, "separare") figura retorica consistente nell'interrompere la continuità del periodo con un inciso.

Diallage: (dal greco diallássein, "cambiare") nella retorica classica, figura per cui una serie di argomenti portano alla stessa conclusione.

Disfemismo: opposta all'eufemismo, per cui si sostituisce (come uso abituale o come coniazione scherzosa momentanea) una parola normale, spesso gradevole o addirittura affettuosa, con altra per se stessa sgradevole od offensiva, senza dare tuttavia all'espressione un tono ostile: birbante per vivace.

Dittologia: (dal greco dittologia, "ripetizione di parola") consiste nell' utilizzare una coppia di vocaboli dal significato affine o dalla forma morfologica equivalente, collegati tra loro dalla congiunzione e, per conseguire un particolare effetto ritmico oltre che semantico.

Ellissi: (dal greco elleipsis, "mancanza") consiste nell' eliminazione all' interno di un particolare enunciato, di alcuni elementi, per conseguire un particolare effetto di concisione e icasticità.

Enallage: (dal greco enallaghè,"scambio", "inversione") consiste nell'adoperare una parte del discorso al posto di un'altra per conferirle maggiore efficacia; si effettua lo scambio di tempi e modi de verbo, dell'aggettivo al posto dell'avverbio, del sostantivo al posto del verbo. Es. Corre veloce (dove "veloce" sta per "velocemente").

Endiadi: (dal greco hen dia dyoin, "una cosa per mezzo di due") consiste nell'adoperare, per esprimere un concetto, due termini complementari, coordinati fra loro (due sostantivi o due aggettivi),in sostituzione di un unico sostantivo accompagnato da un aggettivo o da un complemento. "Così vedo splendere la luce e il sole" sta per "vedo splendere la luce del sole".

Enfasi: (dal greco emphainein "dimostrare") consiste nel mettere in rilievo una parola o un'espressione,grazie ad una particolare sottolineatura, che può tradursi a livello fonologico in forma esclamativa, affettata o sentenziosa e a livello sintattico, invece, in una particolare costruzione , come ad esempio nella frase: "Lui, lui si è un amico !".

Epanadiplosi: (dal greco epanadiplosis, "raddoppiamento") figura retorica consistente nell'iniziare e terminare un verso o una frase con la stessa parola:

il poco è molto a chi non ha che poco (G. Pascoli)

Epanalessi: (dal greco epanalepsis, "riprendere") ripetizione dopo un certo intervallo, di una o più parole per sottolineare un particolare concetto, come nel verso dantesco:

Ma passavam la selva tuttavia, la selva dico di spiriti spessi.

Epanodo: (dal greco epánodos, "regressione") figura retorica consistente nel riprendere con aggiunta di particolari una o più parole enunciate precedentemente.

Epanortosi: (dal greco epanorthosis, "correzione") consiste sul ritornare su una determinata affermazione, vuoi per attenuarla, vuoi per correggerla, come ad esempio: è un brav'uomo. Che dico? Un santo!

Epifonema: (dal greco epiphonèma, "voce aggiunta") consiste nel concludere un discorso in modo enfatico: Ecco dove porta il vizio!

Epifora: figura retorica consistente nella ripetizione delle stesse parole alla fine di più frasi o versi.

Epistrofe: termine della retorica classica per indicare la ripetizione della medesima parola alla fine di più versi o di più membri di un periodo.

Eufemismo: (dal greco euphemismo, "parola di buon augurio") figura retorica adoperata per attenuare una espressione ritenuta troppo cruda, irriguardosa o volgare come ad esempio, convenzione di usare il verbo "andarsene" per per "morire".

Figura Etimologica: consiste nell'usare a scopi a espressivi, nell' ambito della stessa frase, due parole aventi in comune l'etimologia, come ad esempio nel dantesco selva selvaggia.

Hysteron Proteron: (dal greco hysteron proteron, "l'ultimo come primo") consiste nell'inversione dell'ordine temporale degli avvenimenti, per cui viene posto prima ciò che logicamente andrebbe posto dopo, per conseguire un particolare effetto espressivo.

Interrogazione Retorica: proposizione espressa in forma interrogativa, che non chiede però risposta in quanto la contiene già in sé, affermativa o negativa; serve ad aggiungere efficacia all'argomentazione e a indurre il lettore o l'interlocutore ad accogliere la nostra opinione.

Inversione: fenomeno linguistico consistente nello spostamento degli elementi costitutivi di una frase in una disposizione che capovolge la normale struttura sintattica, per conferire all'elemento anteposto un particolare risalto espressivo. Così ad esempio nel seguente celebre verso si ha una evidente inversione nell'ordine normale dei singoli termini della frase:

Dolce e chiara è la notte e senza vento (G. Leopardi)

Invettiva: consiste nel rivolgersi improvvisamente e vivacemente a persona o cosa presente o assente, con un tono di aspro rimprovero o di accusa, come nei versi danteschi:

Ahi Pisa, vituperio delle genti del bel paese là dove 'l si suona...

Ipallage: (dal greco hypallassein, "scambiare") (vedi anche Enallage, figura retorica con cui l'ipallage spesso coincide):figura retorica che consiste nell' attribuire a un termine di una frase qualcosa (qualificazione, determinazione o specificazione) che logicamente spetterebbe a un termine vicino. Così nei versi di G. Pascoli

un ribatte / le porche con la sua marra paziente,

l' aggettivo "paziente" è riferito all'arnese "marra" ma logicamente va riferito a essere umano, cioè al contadino che usa la marra e che è paziente.

Iperbato: rottura dell'ordine naturale della frase o del periodo per ottenere particolari effetti di espressività.

Iperbole: consiste nell'esprimere in termini esagerati un concetto per difetto o per eccesso.

Ipostasi: (dal greco hypostasys, "materia condensata") nell' ambito della linguistica indica il passaggio di una parola da una categoria grammaticale a un'altra. Come figura retorica indica la concretizzazione e personificazione di un concetto astratto.

Ipotiposi: (dal greco hypotyposis, "abbozzo") figura retorica che consiste nel descrivere qualcuno con particolare evidenza, vivacità e concretezza di particolari.

Ironia: consiste nell' affermare una cosa che è esattamente il contrario di ciò che si vuole intendere. Si tratta di un tipo di comunicazione che richiede nel lettore e nell'ascoltatore la capacità di cogliere l'ambiguità sostanziale dell'enunciato.

Isocolon: (dal greco isókôlon, "stesso membro") figura della retorica classica, che consiste nella perfetta corrispondenza fra due o più membri di un periodo, per numero e disposizione di parole.

Isterologia: (dal greco, hysteron "posteriore" e lógos "discorso") figura retorica che consiste nell'invertire l'ordine logico delle frasi, anticipando ciò che si dovrebbe dire dopo.

Iterazione: ripetizione di parole o di frasi, spesso con valore espressivo così da costituire una figura retorica.

Litote: attenuazione di un concetto mediante la negazione del contrario, come nella frase:

Don abbondio non era nato con un cuor di leone

dove s'intende che era poco coraggioso (Manzoni).

Metafora: (trasposizione) sostituzione di un termine con una frase figurata legata a quel termine da un rapporto di somiglianza, ad esempio: Stanno distruggendo i polmoni del mondo, in cui "i polmoni del mondo" sta per "boschi".

Metonimia o metonomia: consiste nell'usare il nome della causa per quello dell'effetto, per esempio: "vive del suo lavoro" significa che "vive del denaro guadagnato grazie al suo lavoro".

Omoteleuto: utilizzo di termini vicini o successivi che terminano con lo stesso fonema finale.

Onomatopea: (dal greco onoma, "nome" e poièo, "faccio") è un vocabolo o un'espressione che tenta di riprodurre per mezzo del suono una determinata imitazione. Ad esempio din-don riproduce il suono di una campana.

Ossimoro: (dal greco oksymoron, composto di oksys, "acuto" e morós, "sciocco" come modello di unione di concetti discordanti) forma di antitesi di singole parole che vengono accostate con effetti paradossali (es. paradiso infernale, ghiaccio bollente).

Paradosso: (dal greco para "contro" e doxa "opionione") figura retorica consistente in un'affermazione che appare contraria al buon senso, ma che in realtà si dimostra valida a un'attenta analisi. Nell'ambito della letteratura, si chiama in questo modo un'opera che presenti situazioni assurde e incredibili, in contrasto con il buon senso e con le convenzioni culturali di una determinata epoca.

Paragoge: (dal greco paragogè, "aggiunta") consiste nell'aggiungere un fonema alla fine di una parola. È presente soprattutto nella lingua arcaica e poetica (virtude per virtù).

Paronimia: (dal greco para "vicino" e onoma "nome") accostamento di due o più parole di suono simile, ma di diverso significato. Es. Traduttore traditore.

Paronomasia: accostamento di parole che hanno suono simile ma significato diverso usate con l'intento di ottenere particolari effetti fonici. Es. Amore amaro.

Perifrasi: (dal greco periphrasis, "locuzione intorno") detta anche comunemente "giro di parole",consiste nell' usare, invece del termine proprio, una sequenza di parole per indicare una persona o una cosa (il ghibellin fuggiasco per Dante).

Personificazione o Prosopopea: (dal greco prósopon, "volto" e poiéin, "fare") figura retorica, di gusto classico, consistente nell'introdurre a parlare un personaggio assente o defunto, o anche cose astratte e inanimate, come se fossero persone reali.

Molti e celebri sono gli esempi, che evidenziano come la poesia abbia sempre fatto un largo uso di una simile tecnica espressiva, dalla personificazione della Fama nell'Eneide virgiliana, a quella della Frode nell'Orlando Furioso di L. Ariosto, fino ai cipressi introdotti a parlare in una celebre lirica (Davanti San Guido) di Carducci.

Pleonasmo: ridondanza che consiste nell'utilizzo di un termine superfluo. Es. A me mi piace.

Polisindeto: contrario dell'asindeto e consiste in una sequenza molto marcata di congiunzioni fra due o più parole o enunciati.

Poliptoto: figura retorica che consiste nel ripetere, in un giro di frasi relativamente breve, una parola, cambiandone le funzioni morfo-sintattiche:

e li 'nfiammati infiammar sì Augusto (Dante)

Premunizione: figura retorica consistente nel controbattere preventivamente alle possibili obiezioni dell'interlocutore.

Preterizione: (dal latino praeterire, "passare oltre") figura retorica che consiste nel fingere di voler tacere ciò che in realtà si dice. Ad esempio: Non ti dico il calore, l'affetto, la cordialità con cui siamo stati accolti.

Prolessi: (dal greco prolambanein, "prendere prima") anticipazione di un termine che sintatticamente andrebbe posto dopo, per sottolineare.

Reiterazione: figura retorica consistente nel ripetere uno stesso concetto con altre parole.

Reticenza: (dal latino reticere, 'tacere') consiste nell'interrompere e lasciare in sospeso una frase facendone intuire al lettore o all'ascoltatore la conclusione, conclusione che comunque viene taciuta deliberatamente per creare nell'ascoltatore o nel lettore una particolare e viva impressione. Un esempio sono frasi in cui sono presenti puntini di sospensione:

E questo padre cristoforo, so da certi ragguagli che è un uomo che non ha tutta quella prudenza, tutti quei riguardi... (A. Manzoni)

Ripetizione: figura retorica che consiste nel ripetere una o più parole a breve distanza per dare maggiore evidenza o calore al discorso. Es. Via, via di qui!

Sillessi: (dal greco syllepsis, "raccolta insieme") figura retorica della grammatica classica, secondo la quale ciò che si riferisce soltanto a una cosa o persona viene arbitrariamente esteso ad altra cosa o persona che, nell'enunciato, segue alla prima: ad esempio: "Borea e Zefiro che soffiano nella Tracia" (ma soltanto Borea soffia nella Tracia).

Similitudine: (dal latino similitudo, "somiglianza") figura retorica consistente in un paragone istituito tra immagini, cose, persone e situazioni, attraverso la mediazione di avverbi di paragone o locuzioni avverbiali (come, simile a, a somiglianza di). Es. È furbo come una volpe.

Sinalefe: (dal greco synaloiphè, "il confondere insieme") è il fenomeno per cui due vocali si fondono in una sola sillaba e si pronunciano come se le due vocali appartenessero ad una sola sillaba. Es. "vado a casa" si pronuncia come "va-da-ca-sa".

Sinchisi: (dal greco synkhêin "mescolare") figura retorica consistente in una modificazione dell'ordine sintattico normale di una frase e del sovvertimento dell'ordine consueto del discorso che può produrre oscurità.

Sincope: (dal greco syncopè, "taglio") consiste nell'eliminare una sillaba all'interno di una parola. Es. opra per opera.

Sineddoche: (dal greco synekdékhomai, "prendo insieme") figura semantica consistente nell'utilizzazione in senso figurato di una parola di significato più o meno ampio della parola propria. Fondata essenzialmente su un rapporto di estensione del significato della parola, questa figura esprime: la parte per il tutto (vela invece di nave); il tutto per la parte (una borsa di foca, per indicare una borsa fatta di pelle di foca); il singolare per il plurale e viceversa (l'italiano è molto sportivo); il genere per la specie (mortale per l'uomo).

Sineresi: (dal greco synairesis, "il prendere insieme") consiste nella contrazione di due vocali in una sola all'interno di una parola in modo da formare una sola sillaba.

Sinestesia: (dal greco syn, "insieme" e aisthánestai, "percepire") procedimento retorico che consiste nell'associare, all'interno di un'unica immagine, sostantivi e aggettivi appartenenti a sfere sensoriali diverse, che in un rapporto di reciproche interferenze danno origine a un'immagine vividamente inedita. Un simile procedimento, non estraneo alla poesia antica, diviene particolarmente frequente a partire dai poeti simbolisti e costituisce poi uno stilema tipico dell'area ermetica della poesia italiana del Novecento, ad esempio:

urlo nero della madre (S. Quasimodo)

Sospensione: figura retorica consistente nel lasciare volutamente interrotto un discorso.

Zeugma: (dal greco zèugma, "aggiogamento") collegamento di un verbo a due o più termini della frase che invece richiederebbero ognuno singolarmente un verbo specifico. Nella frase seguente "vedrai" regge anche "parlare" che dovrebbe, invece, essere retto da un verbo come "udire" o "sentire":

parlare e lagrimar vedraimi insieme (Dante).

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/tecniche%20Espressive%20e%20Composizione%20di%20Testi%20in%20Italiano/Dizionario%20Figure%20Retoriche.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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