Futurismo scapigliatura emetismo
Futurismo scapigliatura emetismo
Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.
IL FUTURISMO
  È  un movimento di avanguardia letteraria e artistica. Gli intellettuali italiani  vogliono l’intervento in guerra vista come volontà di cancellare tutto e  ricominciare da capo.
  All’arte  tradizionale bisogna sostituire le parole in libertà, si tiene conto della  velocità e del dinamismo.
  Si  vuole distruggere tutto ciò che è vecchio, musei, accademie, liberarsi dalla  tradizione e dai valori della società borghese.
  Il  primo Manifesto dei futuristi fu pubblicato nel 1909 sulla rivista francese  Figaro, rivista conservatrice.
  Questo  si accompagna al manifesto tecnico che dice come deve operare e che cosa deve  usare il futurismo. In letteratura scompaiono i segni di interpunzione, le  maiuscole…
  L’obiettivo  che tutti riconoscono è fare piazza pulita dei poeti precedenti in particolare  Pascoli, D’annunzio e Carducci.
  Pascoli  è criticato per il suo vittimismo, per la paura di esporsi; D’Annunzio per l’esaltazione  del superuomo.
  Inoltre  alla metrica tradizionale viene sostituito un altro modo di intendere la  poesia. Per questo motivo viene scartato anche Carducci perché aveva riproposto  i metri tradizionali dei classici e li aveva trasposti in lingua italiana.
  I  futuristi disprezzano anche alcuni temi come l’amore materno, la donna…..
I principi del futurismo  (Marinetti)
  È  un manifesto strutturato per punti dove risalta la volontà di distruggere  l’arte tradizionale esaltando la velocità e la macchina.
  Il  disprezzo per le donne è espresso verso quelle intese per esempio nel  romanticismo.
  Alla  staticità della cultura tradizionale si oppone il dinamismo e la velocità.
  Anche  Carducci aveva esaltato il progresso parlando del treno.
  Il  futurismo vuole la distruzione di tutto ciò che è passato. Sono principi che si  legano al clima presente prima della guerra e portano alla divisione tra gli  interventisti e chi non vuole combattere.
  I  futuristi sono sicuramente favorevoli all’entrata in guerra.
  Il  futurismo si lega a una corrente giovanile. Le operazioni a riguardo della  velocità sono anche a riguardo personale.
  Le  avanguardie sono alla ricerca di nuove espressioni artistiche. Arte diventa  tutto quello che non potrebbe sembrarlo.
  Il  manifesto è un documento che serve a scuotere le coscienze.
Amiamo la guerra (Papini)
  Pubblicato  nel 1913 sulla rivista Lacerba, una rivista non futurista ma di propaganda  politica, è una glorificazione della guerra.
  L’entrata  in guerra era voluta da molti per riscattare l’Italia dai valori tradizionali.
  Tutte  le mediocrità e il perbenismo vengono spazzate via.
  È  evidente un disprezzo per l’umanità che si  rivela anche nei confronti degli intellettuali.
  Si  arriva anche al limite dell’espressionismo, quella corrente di avanguardia nata  in Germania che si caratterizza per estrapolare i lati crudeli della realtà.
Il parolierismo /Marinetti)
  Pubblicato  nel 1912 è il manifesto tecnico del futurismo che segna i metodi di espressione  della letteratura futurista e analizza gli aspetti tecnici.
  Parte  con una critica alla sintassi tradizionale favorendo le parole in libertà.
  Si  prediligono certi accorgimenti:
- il verbo all’infinito che si adatta a qualsiasi situazione
- la cesura dell’aggettivo e dell’avverbio
- l’uso di sostantivi legati senza congiunzione ma per analogia
- l’abolizione della punteggiatura
Palazzeschi  CHI SONO?
  Palazzeschi  si distacca dal futurismo nel momento in cui si dirige verso l’interventismo.  L’autore usa un’ironia che lo avvicina di più ai crepuscolari come Gozzano.
  Questa  lirica può essere introduttiva alla poesia del Novecento.
  Fino  a questo punto tutti i poeti hanno avuto un’alta opinione della poesia e della  posizione del poeta, l’idea del poeta è ancora legata al compito di eternare  come in Foscolo. I poeti si sentivano importanti e incisivi come Leopardi o  superuomini come D’Annunzio…
  Ora  invece si parte dall’idea che il poeta non incida nella società.
  La  poesia non serve per cui deve essere solo divertimento, follia e non senso.
I CREPUSCOLARI
Il  crepuscolarismo può essere considerato un’avanguardia e comprende autori come  Gozzano e Corazzini, ma anche come Palazzeschi che prima aderiscono al  futurismo e poi si spostano qui.
  Il  carattere principale del movimento è l’opposizione precisa a D’Annunzio: si  rifiuta tutta la teoria estetizzante dell’arte.
  Si  critica la figura del poeta vate, profeta opponendo addirittura la vergogna di  essere poeta come asserisce Gozzano. 
  Il  poeta è una figura inutile.
  Altro  elemento che si oppone al decadentismo è l’accettazione della società piccolo  borghese contro una società massificata, che unifica il poeta con gli latri  uomini.
  Il  poeta non è più una figura da imitare, che sta al di sopra e si rivolge alla  società massificata, ma fa parte esso stesso della società.
  Questa  condizione assume un carattere consolatorio.
  Ci  sono tendenze al crepuscolarismo anche in parte della produzione dannunziana  come in Consolazione.
  Si  celebra un mondo dimesso con un ritorno agli oggetti quotidiani.
  C’è  una negazione anche di autori come Carducci e Pascoli. Alcuni elementi possono  ricordare Pascoli come il fanciullo di cui parla Corazzini. Ma è differente  perché il fanciullino pascoliano è una dichiarazione di poetica, è la figura  del poeta che ha quel qualcosa in più che gli permette di cogliere nella natura  gli elementi che sfuggono agli altri uomini, mentre il fanciullo qui è inteso  come una persona indifesa, che piange su se stesso.
  Viene  rifiutato il pathos lirico, prevale l’ironia che è data dall’accostamento di un  linguaggio aulico con un linguaggio dimesso.
  Il  metro usato è il verso libero.
  Il  crepuscolarismo riguarda solo la poesia è non c’è una dichiarazione generale  che unisca i vari autori. Inoltre è una poeisa che ha vita breve dal 1903 al  1911 perché i due esponenti maggiori muoiono presto.
CORAZZINI
  Corazzini  nasce nel 1886, è avviato agli studi che però vengono interrotti a causa di  difficoltà economiche.
  Nel  1904 pubblica Dolcezze, nel 1905 La mano calice e Aurore e nel 1906 Piccolo  libro inutile dal quale è tratta la sua dichiarazione di poetica.
  Nelle  liriche Corazzini esibisce le sue debolezze e la sua malattia che è sia fisica  che morale. (muore a 21 anni di tisi).
  La  sua poesia aspira all’autenticità, che si manifesta come sofferenza e non al  sublime.
  I  dolori provati dal poeta sono comuni a   tutti gli uomini a differenza del superuomo.
  La  poesia è espressione di una situazione della realtà.
  Usa  un tono dimesso, colloquiale.
Desolazione del povero poeta sentimentale
Il  poeta si sente un uomo sofferente, un bambino che mostra agli altri la  sofferenza.
  Mostra  l’amore per le cose comuni che però è diverso dalla poetica degli oggetti  pascoliana.
  Il  tono della lirica è simile a quello di una preghiera inoltre sono presenti  molti riferimenti religiosi.
  Il  poeta oscilla tra il desiderio infantile di sentirsi piccolo  e la consapevolezza della morte.
  La  malattia non è solo fisica, è una crisi generale.
  Il  linguaggio è semplice e c’è consonanza tra stile e visione del mondo.
  Le  strofe sono di lunghezze diverse e di versi liberi.
  Nella  sua solitudine il poeta instaura un discorso ipotetico.
  Le  gioie e le tristezze sono elementi comuni, non eccezionali.
  L’ingenuità  del poeta bambino si contrappone alla grandezza del poeta vate.
  Per  essere poeta Corazzini ammette che bisogna vivere una vita inimitabile che lui  rifiuta.
GOZZANO
  Nasce  nel 1883 e muore di tisi nel 1916. Trascorre la sua vita diviso tra attività  borghese e letteraria. Gozzano denuncia il sentimento di vergogna di essere un  poeta.
  Alla  vita dannunziana si contrappone una vita di un malato sia fisicamente che  moralmente.
  Anche  per quanto riguarda le tematiche all’eccezionalità dannunziana Gozzano  preferisce la realtà quotidiana, anche espressa attraverso gli oggetti di  cattivo gusto.
  Al  poeta piace circondarsi di oggetti dimessi, grigi che sono consolatori, anche  se questa realtà quotidiana è vista in modo ironico.
  La  letteratura ha la coscienza di essere alla fine.
  Nel  1907 sulla rivista “Nuova antologia” viene pubblicato il poemetto La signorina Felicita ovvero la felicità. Il poemetto descrive l’idillio tra il poeta e una ragazza di campagna, che  incarna una vita semplice e si contrappone alle donne fatali di D’Annunzio.
  La  ragazza si innamora del poeta che ricambia in parte questo sentimento.
  Il  piccolo ambiente provinciale è visto con ironia, Gozzano sottolinea il distacco  tra quel mondo semplice e il mondo in cui vive il poeta. Il poeta capisce di  non poter vivere in questo ambiente anche se lo vede come consolazione.
  Felicita  è una possibile alternativa alla vita sentimentale del poeta che non è appagato  ma si convince che i due mondi che conosce sono troppo distanti.
  Lo  stile di Gozzano è colloquiale, ironico, ci sono vari accostamenti di parole  auliche e colloquiali.
  Si  nota un senso di nostalgia verso un mondo che non gli appartiene.
  La  semplicità di Felicita è un’attrazione per il poeta.
  Nella  terza parte si punta l’attenzione sull’aspetto della ragazza che viene  descritta come non bella, ma genuina ed è questo ad attirare il poeta.
  Felicita  è innamorata del poeta e cerca di sedurlo a modo suo,  Gozzano è lusingato di piacere a una ragazza  così semplice.
  Il  farmacista è la figura che fa incontrare i due, ma più avanti parlerà male  della signorina Felicita chiamandola oca e definendola brutta.
  Montale  dice che Gozzano produce risultati originali facendo cozzare l’aulico e il  prosaico.
  Ciò  che è consolatore per il poeta sono gli elementi umili; Gozzano modella i suoi  versi sui rumori dei piatti dissacrando la composizione poetica.
  La  parte finale del poemetto è il momento degli addii, Gozzano parte alla ricerca  di un luogo dove guarire e fa promettere a Felicita di aspettarlo. È presente  un sentimentalismo sdolcinato tipico el romanticismo minore di Prati e Aleardi.  Infatti il poeta stesso paragona Felicita a un personaggio di un’opera del  Prati, quindi a un personaggio di un’opera di letteratura minore. Questo è un  espediente ironico.
  Settembre  è il mese triste che porta alle riflessioni sulla morte. Si paragona la  partenza del poeta con la partenza delle rondini.
  La  promessa di matrimonio è vana, è infatti inserita in un contesto di una  rappresentazione romantica sentimentale.
  La  ragazza si immedesima nella parte ma il poeta è consapevole della finzione.
  Nel  testo critico di Montale pubblicato nel 1951 “Gozzano dopo trent’anni”, Montale  riconosce in Gozzano il tramite tra D’Annunzio e la nuova poesia. Il merito di  Gozzano è di essere riuscito a superare D’Annunzio e a prenderlo in giro,  ironizzando su tutto il modello.
I PRIMI DECENNI DEL ‘900
Nei primi due decenni del ‘900 la poesia oscilla tra  posizioni di avanguardia e ritorno all’ordine.
  Dopo la prima guerra mondiale c’è una forte volontà  di tornare all’ordine e di riprendere una linea classica e tradizionale.
  Dagli anni Venti in poi i temi tradizionali sono rinnovati  dalla lezione dell’avanguardia.
  Ungaretti per esempio conosce la letteratura  francese e si avvicina all’espressionismo.
  Dopo il 1925 il futurismo sopravvive ma si integra  con il fascismo.
  Il ritorno alla tradizione è un ritorno al  simbolismo, la parola viene svuotata del suo significato e viene riempita di un  significato nuovo.
  Nella prima metà degli anni Venti c’è una  canonizzazione della letteratura in tre filoni rappresentati da Ungaretti, Saba  e Montale.
  In particolare sono importanti le pubblicazioni del  “Canzoniere” di Saba nel 1921, di “Allegria” di Ungaretti nel 1923 e nel 1925  di “Ossi di seppia” di Montale.
  Saba descrive l’ambiente triestino, è di origine  ebraica e durante la sua vita conosce Freud.
  Montale si ricollega in parte al simbolismo, poi  alle avanguardie ma è influenzato da molte correnti perché ha una lunga  produzione poetica.
  Ungaretti inserisce nelle poesie elementi di  soggettività e l’idea che la parola sia fonte di verità. Dalla sua produzione  dipende l’ermetismo italiano che si sviluppa verso gli anni Trenta.
GIUSEPPE UNGARETTI
Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888 per  cui le sue esperienze ruotano intorno a tre ambienti principalmente: l’Egitto,  la Francia e l’Italia.
  La sua prima produzione, negli anni Dieci, è piuttosto  originale ma poi si evolve in senso classicista e tradizionalista a causa della  crisi delle avanguardie e dell’avvento del fascismo.
  Nel 1912 studia alla Sorbona e incontra il poeta  Apollinaire.
  Le sue prime composizioni sono pubblicate sulla rivista  Lacerba.
  All’inizio della guerra Ungaretti si schiera in  favore dell’intervento militare italiano poi dopo la sua esperienza diretta ha  modo di cambiare opinione.
  È interessato alla poesia barocca perché ricerca da  una parte equilibrio e dall’altra tensione.
  La prima fase di composizioni è quella  dell’Allegria: il poeta raggiunge l’equilibrio e si ritrovano tracce di  espressionismo oltre a novità per quanto riguarda la metrica e la sintassi.  Infatti sparisce la punteggiatura e le parole vengono poste in posizioni  significative scegliendo pause non sintattiche.
  Negli anni Venti esce la seconda raccolta Sentimento  del tempo che ha un taglio più tradizionale.
  C’è però una costante in tutti i componimenti nel  culto della parola che acquista un potenziale di rivelazione e viene caricata  di nuovi significati.
  I tasti che confluiscono nell’Allegria sono datati  1914-19 e hanno come contenuto la registrazione dell’esperienza di guerra e  della vita in trincea sul Carso.
  Il primo nucleo pubblicato nel 1916 è intitolato  Porto sepolto, titolo che deriva da una leggenda egiziana che vuole la presenza  di un porto sommerso ad Alessandria. Il porto rappresenta una meta sicura, ma  essendo sepolto allude al mistero. La seconda edizione del 1923 è ampliata.
  Nel 1919 viene pubblicato un nuovo nucleo intitolato  Allegria o I naufraghi, titolo che sottintende il tema della guerra che è un  naufragio. Sullo sfondo rimane però possibile una via d’uscita rappresentata  dall’Allegria.
  Nel 1931 c’è l’ultima edizione con il titolo Allegria.
  Le immagini sono tutte di morte ma nascondono una  verità profonda che supera la morte stessa. Alla fine viene eliminata la parte  negativa e si vede un richiamo alla vita.
  La raccolta è organizzata in cinque sezioni:
  Ultime sono le più antiche e riportano esperienze  così come le liriche contenute in Il porto sepolto del 1915-16. La se<zione  Naufragi riporta le esperienze sul Carso dal dicembre 1916 al 31 agosto 1917.  La parte Girovago tratta del marzo 1918 e l’ultima sezione intitolata Prime  lascia già intravedere un nuovo modo di concepire la poesia. Nel 1919 c’è il  passaggio tra Allegria e Il sentimento del tempo.
  La poesia di Ungaretti è una poesia soggettiva: l’io  del poeta è un parametro di una condizione soggettiva. Si parla quindi di  UNANIMISMO cioè il passaggio da soggettività individuale a collettiva.
  L’io del poeta è come quello degli altri, è un  soldato come tutti gli altri, è uno sradicato.
  Però solo il poeta riesce a tradurre l’esperienza  comune e riesce a salvarsi attraverso l’espressione poetica.
  Ungaretti usa un genere contenutistico e formale  innovativi: utilizza versi liberi, senza una rima voluta, senza accenti fissi….
  I versi sono detti versicoli per la loro brevità.
  La frantumazione del verso risponde a un’esigenza di  dare forza e rilevanza sintattica ad alcune immagini che assumono anche un  carattere espressionistico.
  Cerca di valorizzare in modo simbolista gli oggetti  e  la parola, che è vista come veicolo di  verità.
  Vengono aboliti i nessi grammaticali, sintattici e  la punteggiatura.
  Nell’ultima sezione della raccolta vengono però  recuperati alcuni stili tradizionali. Domina la paratassi e ci si sofferma su  quei nomi o verbi che assumono un particolare significato.
  Viene utilizzato il tempo presente perché lo  scrittore si fa carico dell’esperienza collettiva. Il poeta attraverso la  poesia recupera la verità e si salva dal naufragio.
In memoria
Questa lirica è una storia di crisi e di  sradicamento. Il protagonista è un amico del poeta che può essere visto come un  alter ego di Ungaretti. Il suicidio del protagonista è visto come una crisi di  identità, perché egli vive una situazione simile a quella del poeta. Il poeta  però è superiore perché è capace di sciogliere questa crisi nella poesia.
  Lo stile è lapidario, il poeta si limita a scrivere  l’essenziale; si pone l’accento su alcune parole come patria, vivere…
  Il protagonista che passa dall’Egitto alla Francia  muta nome ma questo non cambia la sua essenza.
  C’è concretezza nel raccontare gli avvenimenti, una  precisione tipica dei crepuscolari.
  La volontà del poeta è quella di ricordare l’amico e  il fatto di nominarlo vuol dire consegnare ai posteri la sua vita.
Veglia
  Il poeta passa la notte accanto ad un compagno  morto, ma questa tragedia è convertita in vitalismo.
  La descrizione assume toni espressionisti: usa il  participio passato e consonanti dentali e sorde.
  Il momento tragico esprime comunque una volontà di  riscatto.
I fiumi
Questa lirica è datata 16 agosto 1916. Il poeta che  è in guerra si immerge nell’Isonzo e questo gli ricorda i fiumi della sua vita:  il Serchio, il Nilo che lo ha visto nascere e la Senna che gli ricorda l’età  adulta.
  Il poeta in questo modo prende coscienza della sua  vita.
  L’acqua ha una funzione purificatrice, l’immersione  dà l’idea di una presa di coscienza; il poeta può riconoscersi parte  dell’universo, visto come armonia. La regressione e il ricordo gli fanno  recuperare una dimensione temporale.
  Avvengono due processi: uno di antropomorfizzazione,  cioè la natura assume caratteri umani e uno di naturalizzazione dell’uomo,  entrambi ripresi da un’eredità dannunziana.
  La natura è vista come la via d’accesso alla verità,  la natura rivela al poeta la verità e il senso. In questo Ungaretti ricorda il  simbolismo francese.
  Il testo si apre con l’immagine della notte che in  modo ciclico passa attraverso il giorno e poi ancora la notte.
  Ungaretti utilizza molte consonanze, assonanze e  allitterazioni.
  Si riscontrano molte analogie come per esempio tra  la dolina e il circo, che sono entrambi immagini circolari e che si collegano  con l’urna che ha anche un valore sacrale come l’immersione stessa.
  C’è una rete analogica cioè una parola rimanda ad  un’altra come per le corrispondenze simboliste.
  Dopo il bagno il poeta si asciuga al sole e questo  ricorda il deserto della sua infanzia.
  I panni sudici sono un esplicito rimando alla guerra  che oltre a sporcare in modo letterale è anche distruzione.
  Chinarsi a ricevere il sole può ricordare il gesto  della preghiera islamica.
  Il poeta rispecchia la vita di tutti gli uomini: la  sua condizione personale è quella degli altri soldati, il destino comune di  sofferenza e di morte li rende simili, ma il poeta proprio perché è poeta  riesce a essere un tutt’uno con l’universo.
  Il sentirsi in comunione con l’universo provoca nel  poeta una felicità rara.
  La seconda parte si apre con la riflessione  (analogie del pronome deittico).
  Il Serchio richiama le sue origini campagnole, il  Nilo la sua infanzia e la Senna la sua età adulta.
  La corolla riporta l’immagine del fiore che si  ricollega ancora una volta alla figura circolare e dà l’idea di fragilità.
  Il poeta è consapevole del dolore. La vita appare  fragile e debole eppure la vita del poeta è come un fiore che aspetta di  aprirsi.
  Il tema della natura è indicato come il principio di  possibilità della conoscenza.
  In poeti come Leopardi manca la relazione tra natura  e l’uomo, che qui viene contraddetta perché il poeta riesce addirittura a  dialogare con la natura stessa.
  La natura concede una via d’accesso al significato  della natura stessa e della sua identità.
Commiato
Questa lirica è dedicata al primo editore del Porto  sepolto ed è datata 2 ottobre 1916.
  È una dichiarazione di poetica. La poesia è ridotta  al minimo: è divisa in due strofe di versi liberi.
  È presente una prospettiva di carattere unanimista. La  poesia è un momento di verità generale.
  La seconda parte presenta un motivo lirico.
  Si valorizza la parola che acquista significato ed è  portatrice di verità.
  Per Montale invece la poesia sarà priva di senso e  perderà ogni caratteristica tradizionale.
Pellegrinaggio
  La lirica è datata 10 maggio 1916 ed è quindi  contemporanea a I fiumi.
  È presente un carattere espressionista soprattutto  nella scelta di immagini crude e dolorose.
  Il poeta si inserisce nella lirica.
  Lo spettacolo della guerra è presentato attraverso  immagini analogiche.
  Non sempre nella poesia di Ungaretti che una chiave  interpretativa tanto che erroneamente viene definito un ermetico perché  utilizza un linguaggio oscuro.
  Il poeta si definisce uomo di pena che ha la  consapevolezza del dolore. L’illusione si può richiamare al seme calpestato, ma  che può ancora fiorire.
  L’ultima strofe ricalca un verso di Baudelaire.  Anche l’immagine del riflettore è un’illusione, un’apertura, la possibilità di  una via d’uscita.
  Ungaretti trova corrispondenze nella natura: il  poeta arriva a la verità e al senso della vita attraverso le corrispondenze.
  Per Montale come lo era per Leopardi la vita non ha  senso.  
  La poesia è linea di collegamento tra individuo e  collettività, collega la storia, l’assoluto e la realtà.
EUGENIO MONTALE
Nasce nel 1896 in Liguria: il paesaggio ligure è  presente in tutte le opere. Si diploma ragioniere, ma si avvicina alla  letteratura e alla filosofia anche grazie agli studi della sorella.
  La sua vita si può dividere in alcuni periodi: il  primo va dal 1896 al 1926 e sono gli anni della sua formazione.
  Nel 1918 partecipa alla prima guerra mondiale e  conosce alcuni critici importanti come De Benedetti e Solmi.
  Dirige la rivista Primo tempo insieme a Solmi.
  Firma il manifesto degli intellettuali antifascisti  nel 1925. In questi anni conosce Svevo e ne mette in luce i meriti.
  Nel 1927 si trasferisce a Firenze e rimane fino al  1948. Questa città è importante perché è la culla dell’umanesimo, vista in  contrapposizione allo stile del fascismo. Dirige un centro culturale chiamato  Gabinetto Vieusseux dal 1929 al 1948.
  Nel 1948 è a Milano ed è collaboratore nella  redazione del Corriere della Sera.
  Conosce anche il poeta inglese Eliot e con lui ha  uno stretto legame culturale soprattutto per lo studio del correlativo  oggettivo e la poesia allegorica legata alla poesia dantesca.
  Conosce inoltre Gadda , Vittorini e critici come  Contini.
  Nel 1939 pubblica le Occasioni dedicate a una donna  americana, definita in termini allegorici.
  Va a vivere con Brusilla Tanzi, che nelle poesie  viene chiamata Mosca.
  Pubblica poi prose narrative. Dal 1952 al 1964 ha un  periodo di silenzio poetico per motivi esistenziali: è deluso a causa della  massificazione, dell’omologazione e del boom economico.
  Nel 1964 un anno dopo la morte della moglie  ricomincia a scrivere e pubblica La bufera.
  Dal 1964 in poi inizia il periodo dei riconoscimenti  pubblici.
  Nel 1967 gli viene conferita la laurea honoris causa  all’università di Cambridge.
  Nel 1971 pubblica l’ultima raccolta intitolata  Satura.
  Nel 1975 gli viene conferito il Premio Nobel e il  discorso che pronuncia a Stoccolma è significativo in quanto porta il titolo:  E’ possibile la poesia?
  Dalla dichiarazione di poetica intitolata Dialogo di  Montale sulla poesia, il poeta dice di non appartenere alla poesia non  realistica, non romantica e non decadente, ma metafisica.
  La poesia metafisica non rinuncia alla ragione ma è  l’urto tra la ragione e qualcosa che non lo è.
  Montale è convinto che non sia possibile comprendere  il reale anche se sente l’esigenza di farlo.
  Il poeta si sente vicino a un varco, a una via  d’uscita per comprendere le cose che stanno intorno. Questo varco è espresso  attraverso correlativi oggettivi come l’anello che non tiene o la rete che si  spezza ed è la possibilità di comprendere la realtà.
  Montale vive la disarmonia dell’universo che si  esprime attraverso un linguaggio scabro e essenziale che ricorda la Ginestra  leopardiana.
  I temi ricorrenti nella poesia di Montale sono: il  male di vivere che è espresso attraverso correlativi oggettivi, che calano in  una realtà fisica un concetto di carattere esistenziale, l’impossibilità della  poesia di dire qualcosa: il poeta non ha più una missione non ha più messaggi.
  C’è una critica verso gli uomini sicuri di sé che  credono di avere capito tutto.
  L’uomo che crede di avere delle certezze non ha  compreso la sua fragilità.
Non chiederci  la parola
  La lirica è datata 10 luglio 1923. Il poeta rifiuta  le parole assolute, ogni certezza, le forme.
  L’animo è informe perché incapace dio conoscere e di  conoscersi.
  Nell’ultimo verso l’espressione SOLO OGGI potrebbe  riferirsi all’epoca fascista dove il poeta non può esprimersi; oppure a un  senso generale quando il poeta si rende conto della condizione del mondo.
  La poesia mette in luce la negatività del reale.
  Il poeta dichiara in modo solenne l’incapacità di  conoscere. Ogni parola solenne è come un fiore che risalta, ma è perso in un  prato polveroso.
  L’ombra rappresenta la problematica condizione  dell’uomo e l’incapacità di conoscersi.
  L’uomo deve rendersi conto della sua fragilità. È  presente un collegamento con la filosofia di Schopenhauer, in particolare con  la teoria del velo di Maya che è un velo che si interpone tra l’uomo e la  realtà. La poesia fa capire la nullità dell’uomo.
Spesso il male  di vivere ho incontrato
  È presente il contrasto tra bene e male. Il poeta  sostiene di aver incontrato il male di vivere che descrive attraverso i  correlativi oggettivi. 
  Attraverso una forte anastrofe viene inserito nella  seconda quartina anche il concetto di bene.
  Le immagini del bene sono comunque immagini di  indifferenza, apatia….
  La poesia mantiene caratteri tradizionali, come il  metro e la rima.
  Le immagini del male sono di impedimento, di aridità  e violenza che impediscono la vita.
  Il falco e la nuvola sono invece immagini di  distanza che indicano l’impossibilità di arrivare al bene. Non si prospetta  quindi alcuna possibilità di comprensione, che invece è presente in altre  liriche.
Meriggiare  pallido e assorto
  Il poeta si sente vicino alla comprensione ma c’è  qualcosa che non gli permette la comprensione del miracolo.
  Il poeta ha l’idea di vivere sotto una campana di  vetro che impedisce di arrivare alla comprensione vera. C’è impossibilità che  la campana si infranga e quindi che si passi ad avere la conoscenza.
  La lirica si apre con un paesaggio arido scelto  perché adatto alla riflessione sul male di vivere. Dato che viene descritto un  luogo arido dove vengono usati suoni duri e immagini come le serpi già  utilizzate da Leopardi.
  L’utilizzo del verbo all’infinito dà idea di  indeterminatezza e dell’assenza dell’interlocutore.
  La differenza con i crepuscolari è che il poeta non  trova consolazione nel mondo dimesso.
  Viene evocata una immagine attraente del mare che è  dall’altro lato repellente.
  Il mare può rappresentare un varco: si immagina un  tuffo simbolico che porta a qualche verità.
  Il poeta sente un destino di solitudine e di male:  la muraglia con i cocci indica la solitudine dell’uomo che chiuso in questo  male.
  Il muro impedisce di passare anche con la fantasia e  l’immaginazione.
  C’è la speranza di cercare un varco, la ricerca di  qualcosa, un mezzo che gli permetta di conoscere qualche verità.
  Il varco potrebbe aprirsi, ma poi torna tutto  normale e non si ha esperienza del miracolo.
Fonte:
http://www.webalice.it/forluca/materials/appunti/ITALIANO.DOC
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
  
FUTURISMO RUSSO - SCAPIGLIATURA - ERMETISMO
Molto diverso il futurismo russo dal futurismo italiano. Come ricordiamo il futurismo italiano esalta la guerra Filippo Tommaso Martinetti afferma che LA GUERRA E’ BELLA, LA GUERRA E’ L’IGIENE DEL MONDO (ZANG TUMB TUMB).
Il  futurismo è una corrente di non facile interpretazione non sempre esalta la  guerra.
  VLADIMIR  MAJAKOVSKIJ è il  massimo esponente  futurista russo .
  Vediamo  che  la grande differenza di pensiero tra  il futurismo italiano e quello russo è FONDAMENTALE. 
  MAJAKOVSKIJ  non è per la guerra risente della oppressione, della repressione operata da  STALIN fino al suicidio; si suicida nel 1930 e molti intellettuali russi di  questo periodo come BORIS PASSERMACH   autore del “Dott. Zivago” , o dell’autore Michael Bulgacoff  autore del “Maestro e Margherita” diverranno  famosi dopo la fine dell’epoca staliniana.
  Majakovskij  esprime il proprio dissenso, il futurismo è all’avanguardia culturale.
  Nella  sua poesia LA GUERRA E’ DICHIARATA da una visione non certo felice della  guerra. Da questa poesia si comprende che anche il futurismo non è un movimento  di così semplice interpretazione. Al suo interno troviamo un anima che si  oppone alla guerra, un anima antibellica.
  ------------------------------------------------------------------------------------------------------
  In italia,   nasce un movimento che viene definito decadente, e si sviluppa  soprattutto al nord.
LA SCAPIGLIATURA
Gli  scapigliati sono soprattutto milanesi.
  La  scapigliatura è un movimento interessante, non solamente per la sua tradizione  poetica che non può essere considerata di eccelso valore, quanto per lo spirito  che anima la letteratura in questo periodo.
  ARRIGO E  CARLO BOITO sono considerati i massimi esponenti della scapigliatura.
  CARLO  BOITO in realtà fa l’architetto.
  ARRIGO  BOITO scrive molti libretti per il teatro, è un librettista.
  La  scapigliatura si esprime con un profondo senso del macabro.
  Lo si vede  particolarmente in uno scrittore IGINO UGO TACCHETTI che scrive testi come AL  CIMITERO – CASA DI SCHELETRI. Si può capire come la scapigliatura ha una  visione della vita non certo ottimistica, positiva. Le tendenze in letteratura  sono come nella storia, a momenti di grande esaltazione della vita,  dell’esistenza , di vitalismo, come nel caso  di Gabriele D’annunzio, si contrappongono invece tendenze di chiusura, di  pessimismo, di angoscia. Spesso questo vogliono rappresentare le avanguardie.
  Il  caso di TACCHETTI è emblematico, si nota nella sua letteratura paragonata a  quella di D’Annunzio .
  In realtà  la scapigliatura fa parte del grande calderone del decadentismo.
  anche i crepuscolari fanno parte del grande calderone decadente insieme a  D’Annunzio a Pascoli insieme ai simbolisti francesi. La definizione di un  movimento letterario è complessa, è difficile. All’interno di una stessa  definizione ci sono correnti ed espressioni spesso completamente diversi, è  difficile trovare l’elemento comune.
  L’elemento  comune del decadentismo è sicuramente un senso esasperato, il male di  vivere lo si vede in d’annunzio , in parte in Pascoli , nei crepuscolari e  nella scapigliatura.  
  Il male di  vivere è l’elemento comune di tutta la letteratura del 900 . il disgusto per  l’esistenza.
  IGINO UGO  TACCHETTI lo esprime in modo molto colorito nelle poesie Al cimitero e Il  Sogno.
Il decadentismo, e quindi la scapigliatura esprimono  un disgusto per la vita, una ricerca ossessiva della tomba della morte. La  morte , unica certezza di vita. 
  Il decadentismo deriva  da un pensiero romantico, deriva dal  ROMANTICISMO.
REALISMO = ragione, richiesta di spiegazione scientifica
All’ILLUMINISMO si ispira il POSITIVISMO
Dal POSITIVISMO IL l NATURALISMO FRANCESE
DA CUI NASCE IL VERISMO Italiano a cui si ispira IL REALISMO
Nel 900 TUTTO SFOCIA NEL NEOPOSITIVISMO LOGICO (corrente filosofica)
SCIENZA SCIENTISMO RAGIONE
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
IRRAZIONALISMO
Al ROMANTICISMO si ispira il DECADENTISMO a cui si ispira l’ IRRAZIONALISMO che
(scapigliatura – crepuscolarismo – simbolismo)
sfocia nell’  IRRAZIONALISMO  e successivamente  
  nel 900 SFOCIA  NELL’ ESISTENZIALISMO
Massimo esponente MARTIN  HEIDEGGER  (filosofo del Nazismo)
  ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
  TRA Realismo e Irrazionalismo  LA CORRENTE PIU’ FORTE DEL 900 SARA’ L’IRRAZIONALISMO
  CHE  DARA’ ORIGINE A  2 GUERRE MONDIALI
  LA SCIENZA  LA RAGIONE SARA’  SFRATTATA DAL FASCISMO all’estero . il  fascismo brucerà
  Testi scientifici filosofici  i realisti non potranno più vivere in Italia. Troverà vita negli STATI UNITI.
Nel 900 il REALISMO (la ragione) verrà isolata, sfrattata, uccisa, bruciata dall’ IRRAZIONALISMO
La scapigliatura rappresenta semplicemente un gusto  estetico degenerato , ma la degenerazione è il frutto di un malessere costante  sempre maggiore che sfocia spesso nel suicidio.
  Ricordiamo  Italo Svevo aveva nella sua poesia un senso auto-ironico come difesa.
Ermetismo
Ermetico tradotto significa oscuro a capirsi, ma in  letteratura vuol dire “ INTERPRETATIVO” (dal greco).
  La poesia  ermetica non è descrittiva va interpretata , era considerata poesia  difficile, alternativa.  
E’ una grande corrente poetica che coinvolge poeti italiani importantissimi come:
GIUSEPPE UNGARETTI
EUGENIO MONTALE
SALVATORE QUASIMODO ( in parte).
Questi 3 grandi poeti ermetici hanno in comune  l’esperienza della guerra.
  La  storia , la guerra entra prepotentemente nella poesia del 900. Ungaretti  combatte la guerra e la descrive nelle sue opere.
  Non c’è  nulla di edificante nella guerra per gli ermetici, non c’è nulla di esaltante,  quando questa è vissuta sulla propria pelle,   fa male , è un’esperienza tragica, dolorosa. “ spesso il male di vivere  ho incontrato” dirà Eugenio Montale.
  Ungaretti dà  grande importanza al concetto del “tempo”. In un opera importante di Ungaretti  “Il sentimento del tempo” il tempo è percepito da questo poeta come in realtà  lo percepivano gli antichi.
IL TEMPO
ABBIAMO  AFFERMATO CHE IL TEMPO E’ FONDAMENTALE PER   UNGARETTI
   Il 900  vede la crisi del concetto di tempo in senso “vettoriale” (per la scienza il  tempo è questo)                          un  vettore.
Il 900  vede la crisi del concetto di tempo in senso “vettoriale” (per la scienza il  tempo è questo)                          un  vettore.
  Per  la poesia il tempo è una percezione   diversa della temporalità è la storia dei “corsi e ricorsi”, gli  avvenimenti accadono e riaccadono.   Questa visione del tempo è una visione che ricollega Ungaretti con i  simbolisti francesi.
  Una  visione di questo genere del tempo è una visione scientifica obiettiva fredda  impersonale. Una visione come questa è una visione vissuta, emotiva, personale,  simbolica che apre a spazi di ricordi, di richiami. IL tempo non è inteso come  concetto matematico , ma  del tempo si ha  un sentimento, una percezione , la scienza non interessa la poesia. E’ il corso  e il ricorso degli eventi; quando noi ricordiamo, in effetti, riviviamo nel  nostro cervello esperienze vissute in passato, le riviviamo nel presente.  Questa scansione si rompe si spezza. Ad Ungaretti non interessa questa  scansione , in generali ai poeti non interessa la visione scientifica ma  interessa la visione emotiva, spirituale.
  Ungaretti  nell’opera il sentimento nel tempo sintetizza tutto ciò.
IL MALE DI VIVERE DEL 900
Nella poetica di MONTALE invece è sempre presente IL MALE DI VIVERE IL DISGUSTO PER L’ESISTENZA
Il  male di vivere, il dolore per l’esistenza, la perdita definitiva di tutti le  certezze.
  Al  poeta rimane solo “ un meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro  d’orto” un senso di disagio.
  E’  il disagio che esprime l’ermetismo , l’ermetismo rompe completamente e  definitivamente i temi classici della poesia anche laddove sono presenti delle  rime
  Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro  d’orto è una rima,  ma non siamo in presenza di poesia classica e tradizionale.
  Non  abbiamo più la visione tradizionale della poesia. Non ci sarà un ritorno al  tradizionale.
  Da  questo momento in poi non avremo più esempi e tentativi di poesia tradizionale,  classica.
  Gli  schemi classici della poesia saranno rotti definitivamente, non si ritorna più  indietro.
  Quello  che conta nell’ermetismo è la parola. Il senso della ricerca stilistica diventa  centrale, la parola acquista un peso anche quando si pronuncia. La parola è un  peso in bocca, non è vero che le parole volano, rimangono a volte  feriscono  più di certi gesti.
  Gli  ermetici attraverso uno studio approfondito del lessico esprimono questa  ricerca formale. L’ermetico rompe gli schemi della poesia tradizionale e si  impegna alla ricerca formale. 
  Anche Quasimodo combatte e vive la guerra.
  A  differenza degli altri due poeti ermetici verso la fine della sua esistenza  abbandona la poesia ermetica e ritorna su schemi poetici più tradizionali, più  descrittivi. 
  L’ermetismo  e il simbolismo sono vocativi , non descrittivi.
  La  poesia contemporanea non offre quadretti descrittivi, offre immagini, flash la  cosa importante è che ciascuno di noi ha flash diversi , questa è la libertà  della poesia contemporanea rispetto alla poesia tradizionalmente intesa, che  lega in qualche modo al testo. 
MONTALE
  Montale  è ligure spesso il paesaggio della Liguria viene descritto nelle sue poesie .  Nella descrizione del paesaggio riecheggia il dolore dell’esistenza, questo  male di vivere. In Montale sono presenti figure immagini che lo ricollegano al  simbolismo francese. Il simbolismo francese ha avuto un peso notevole su tutta  la letteratura non solo francese, ma anche europea.
Meriggiare  pallido e assorto. Tratto dalla raccolta OSSI  DI Seppia.
  Meriggiare pallido e assorto
  presso un rovente muro d' orto,
  ascoltare tra i pruni e gli sterpi
  schiocchi di merli, frusci di serpi. 
  Nelle crepe del suolo o su la veccia
  spiar le file di rosse formiche
  ch' ora si rompono ed ora s' intrecciano
  a sommo di minuscole biche. 
  Osservare tra frondi il palpitare
  lontano di scaglie di mare
  mentre si levano tremuli scricchi
  di cicale dai calvi picchi. 
  E andando nel sole che  abbaglia
  sentire con triste meraviglia
  com' é tutta la vita e il suo travaglio
  in questo seguitare una muraglia
  che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Il ritmo della poesia è lento perchè siamo nel meriggio tutto è rallentato lo scandire del tempo è afoso. L’uso dei verbi è all’infinito perché descrive la condizione di tutti. Usa metafore ( il mare a scaglie). La vita è una muraglia ed in cima ha anche i cocci di bottiglia.
I limoni
  Ascoltami, i poeti laureati
  si muovono soltanto fra le piante
  dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
  Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
  fossi dove in pozzanghere
  mezzo seccate agguantano i ragazzi
  qualche sparuta anguilla:
  le viuzze che seguono i ciglioni,
  discendono tra i ciuffi delle canne
  e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
  
  Meglio se le gazzarre degli uccelli
  si spengono inghiottite dall' azzurro:
  piú chiaro si ascolta il sussurro
  dei rami amici nell' aria che quasi non si muove,
  e i sensi di quest' odore
  che non sa staccarsi da terra
  e piove in petto una dolcezza inquieta.
  Qui delle divertite passioni
  per miracolo tace la guerra,
  qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
  ed é l' odore dei limoni.
  
  Vedi, in questi silenzi in cui le cose
  s' abbandonano e sembrano vicine
  a tradire il loro ultimo segreto,
  talora ci si aspetta
  di scoprire uno sbaglio di Natura,
  il punto morto del mondo, l' anello che non tiene,
  il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
  nel mezzo di una verità
  Lo sguardo fruga d' intorno,
  la mente indaga accorda disunisce
  nel profumo che dilaga
  quando il giorno piú languisce.
  Sono i silenzi in cui si vede
  in ogni ombra umana che si allontana
  qualche  disturbata Divinità
  
  Ma l' illusione manca e ci riporta il  tempo
  nelle città rumorose dove l' azzurro si mostra
  soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
  La pioggia stanca la terra, di poi; s' affolta
  il tedio dell' inverno sulle case,
  la luce si fa avara - amara l' anima.
  Quando un giorno da un malchiuso portone
  tra gli alberi di una corte
  ci si mostrano i gialli dei limoni;
  e il gelo del cuore si sfa,
  e in petto ci scrosciano
  le loro canzoni
  le trombe d' oro della solarità.
Grande  la polemica con i poeti “laureati” color che sono stati incoronati poeti  (D’Annunzio Pascoli) polemica con la poesia solenne  che utilizza   nomi di fiori troppo complicati. 
  La  poesia deve essere poesia per tutti , ama i limoni piante semplici ma colorate  , ma nel grigiore della vita quotidiana abbiamo la speranza il colore dei  limoni, o uno squarcio di cielo azzurro.  
SPESSO IL MALE DI VIVERE HO INCONTRATO
  Spesso  il male di vivere ho incontrato:
  era il rivo strozzato che gorgoglia,
  era l'incartocciarsi della foglia
  riarsa, era il cavallo stramazzato. 
  Bene non seppi,  fuori del prodigio
  che schiude la divina Indifferenza:
  era la statua nella sonnolenza
  del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
Questa  è la classica poesia ermetica. Denota l’estremo pessimismo di Montale.
  Spesso  ho incontrato il male di vivere, il dolore dell’esistenza lo ho incontrato  nelle cose apparentemente poco significative, poco importanti la foglia  accartocciata;    divina Indifferenza si coglie la disperazione in questo pezzo, notare Indifferenza scritto in  Maiuscolo divina in minuscolo poche sono le speranza per la società  contemporanea e tutto ciò accade nella indifferenza di tutti; la nuova  divinità è l’indifferenza.
Non chiederci parola che squadri da ogni lato
  Non chiederci la  parola che squadri da ogni lato
  l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
  lo dichiari e risplenda come un croco
  perduto in mezzo a un polveroso prato. 
  
  Ah l'uomo che se ne va sicuro,
  agli altri ed a se stesso amico,
  e l'ombra sua non cura che la canicola
  stampa sopra uno scalcinato muro!
  
  Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
  sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
  Codesto solo oggi possiamo dirti,
  ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Non chiederci parola precisa, non sappiamo quello che vogliamo, non siamo poeti laureati , non siamo sicuri, non siamo certi, possiamo solo dirti ciò che non vogliamo, possiamo solo suggerire, possiamo solo suggestionare non abbiamo ricette ne risposte.
Inserire Lezione del 19 novembre 2005
Elisabetta
Lezione del 26 novembre 2005
UNGARETTTI
Giuseppe  Ungaretti nella prefazione alla raccolta “l’allegria “ ha un tono polemico  verso il  decadentismo e verso  quei poeti che Montale chiama “Laureati” e anche con il futurismo, che  ha avuto il merito di far nascere  una  poesia che rompe con la tradizione, ma ha avuto il demerito di aver considerato  il progresso scientifico e tecnologico fine a se stesso, non legato  all’esperienza umana.
  Ungaretti  lo afferma in modo chiaro: 
  quello  che conta è la coscienza degli uomini, non il progresso in se e per se. C’e  una forma di delusione profonda da parte di alcuni intellettuali del 900 verso  il cosiddetto progresso scientifico. Un eccessiva esaltazione della scienza e  della tecnica finalizzata  a se stessa,  non porta a nulla di positivo per l’essere umano. La scienza deve essere uno  strumento non un fine. Deve aiutare a vivere, non deve essere essenziale ed  assoluta.
| 
 | 
 
 
 NON GRIDATE PIU‘ | 
È un’esperienza tragica, devastante, non può più essere risanata. I morti non possono più essere ammazzati. In guerra non c’è ne vincitore ne vinto. Non vince nessuno, perdono tutti. Non si sente più il rumore dell’erba, si sente solo la morte.
Giorno per giorno. (Da Il dolore)
Mai, non saprete mai come  m'illumina 
  L'ombra che mi si pone a lato,  timida, 
  Quando non spero più... 
  7 
  In cielo cerco il tuo felice  volto, 
  Ed i miei occhi in me null'altro  vedano 
  Quando anch'essi vorrà chiudere  Iddio... 
 8 
  E t'amo, t'amo, ed è continuo  schianto 
 9 
  Inferocita terra, immane mare 
  Mi separa dal luogo della tomba 
  Dove ora si disperde 
  Il martoriato corpo... 
  Non conta... Ascolto sempre più  distinta 
  Quella voce d'anima 
  Che non seppi difendere  quaggiù... 
  M'isola, sempre più festosa e  amica 
  Di minuto in minuto, 
  Nel suo segreto semplice... 
 13 
  Non più furori reca a me  l'estate, 
  Né primavera i suoi  presentimenti; 
  Puoi declinare, autunno, 
  Con le tue stolte glorie: 
  Per uno spoglio desiderio,  inverno 
  Distende la  stagione più clemente
Giorno  per giorno , le settimane , le stagioni, nonostante tutto Ungaretti possiede  una speranza, parla di Dio.
  La  differenza fondamentale è che Ungaretti rispetto a Montale ripone qualche  speranza, si rivolge a Dio. Montale non ha più fiducia, speranza nemmeno in una  futura vita.
Differenze stilistiche
| Montale | Ungaretti | 
| Utilizza l’infinito, nelle poesie afferma che il dolore, il male di vivere interessa tutta l’umanità. | Parla di se stesso, del suo dolore del tempo. | 
| Si    sente la parola dura. Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro    d’orto. | Utilizza    spazi nei versi poetici, per far riflettere, per dare una speranza.    L’INFINITO.  | 
Ungaretti è un poeta che ha raggiunto la serenità davanti al dolore, mentre Montale non l’ ha mai raggiunta. Riesce nel dolore della guerra vissuta a dare sempre un pensiero di speranza, accetta il dolore con serenità, Montale non riesce, è lacerato dal dolore non si capacita che la sofferenza dell’uomo debba essere la condizione normale dell’uomo. Di fronte ad un medesimo evento ognuno reagisce secondo il proprio carattere.
Montale
  Cigola la carrucola del pozzo 
    
  Cigola la carrucola del pozzo, 
  l'acqua sale alla luce e vi si fonde. 
  Trema un ricordo nel ricolmo secchio, 
  nel puro cerchio un'immagine ride. 
  Accosto il volto a evanescenti labbri:
  si deforma il passato, si fa vecchio,
  appartiene ad un altro... 
                       Ah che già stride
  la ruota, ti ridona all'atro fondo,
  visione, una distanza ci divide.
  
  la parola  nella poesia di Montale non è definita, non squadra, mette in  relazione il dolore per la fine di un amore  con il rumore, Il suono della carrucola che cigola. 
  Tirando su  il secchio un immagine ride e come se stesse immaginando di vedere una donna  evanescente, ed il passato si fa vecchio, appartiene ad un altro. L’acqua e il  pozzo sono la metafora di un amore finito.
Montale
  L’anguilla                                           
L'anguilla,  la sirena
  dei mari  freddi che lascia il Baltico
  per giungere  ai nostri mari,
  ai nostri  estuari, ai fiumi
  che risale  in profondo, sotto la piena avversa,
  di ramo in  ramo e poi
  di capello  in capello, assottigliati,
  sempre piú  addentro, sempre piú nel cuore
  del macigno,  filtrando
  tra gorielli  di melma finché un giorno
  una luce  scoccata dai castagni
  ne accende  il guizzo in pozze d' acquamorta,
  nei fossi  che declinano
  dai balzi d'  Appennino alla Romagna;
  l'anguilla,  torcia, frusta,
  freccia  d'Amore in terra
  che solo i  nostri botri o i disseccati
  ruscelli  pirenaici riconducono
  a paradisi  di fecondazione;
  l'anima  verde che cerca
  vita là dove  solo
  morde l'  arsura e la desolazione,
  la scintilla  che dice
  tutto  comincia quando tutto pare
  incarbonirsi,  bronco seppellito:
  l'iride  breve, gemella
  di quella  che incastonano i tuoi cigli
  e fai  brillare intatta in mezzo ai figli
  dell' uomo,  immersi nel tuo fango, puoi tu
  non crederla  sorella?
E una  poesia delle più strane di Montale.
  E la  metafora della sopravvivenza  dell’uomo.
  L’anguilla  parte dal mare dei sargassi percorre migliaia di km per riprodursi, attraversa  luoghi desolati fangosi, ce la mette tutta per potersi riprodurre, e……………….
  Puoi tu,  non crederla sorella?
  Questa è  la storia dell’uomo.
  L’anguilla  striscia, è piccola nell’immensità e nella vastità del mondo, facilmente può  essere calpestata, facilmente può trovare davanti alla sua strada percorsi  ardui, percorsi difficili, passa attraverso tutte le intemperie a tutte le  stagioni sempre con  immensa fatica. Come  si fa a non considerarla sorella dell’uomo?
http://utenti.multimania.it/assodeli/futurismo.doc
12 novembre 2005
Autore del testo: non indicato nel documento di origine
Futurismo scapigliatura emetismo
Il Futurismo (1909-1925)
     Il Futurismo fu un movimento letterario e  artistico, sorto in Italia nel primo decennio del Novecento. 
  Il   “Manifesto del Futurismo” venne pubblicato sul “Figaro”  di Parigi nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti.
  Per i Futuristi le forme di espressione  sono l’aggressività, la temerarietà, il salto mortale, lo schiaffo, il pugno.  Queste idee nella letteratura si tradussero nell’abolizione della sintassi,  della punteggiatura, delle parti qualitative del discorso (aggettivi e  avverbi), proclamando le “parole in libertà”.
  Le nuove teorie vennero trasferite ed  adattate a tutti i settori della cultura, alla pittura, alla musica, alla  scultura e al teatro.
  I Futuristi  coltivarono il mito della vittoria, della macchina, della velocità e della  tecnica, temi questi che furono esasperati fino a degenerare nell’esaltazione  della violenza, dell’imperialismo, della guerra come “igiene del mondo”e,  almeno con Marinetti, nel Fascismo.
  Nell’ambito letterario, il Futurismo italiano  ebbe i suoi maggiori esponenti, oltre che in Marinetti, in A.  Palazzeschi, C. Govoni, A Soffici; ma i risultati più  importanti raggiunti dal movimento furono nel campo delle arti figurative con  l’introduzione di un nuovo senso dello spazio che influenzerà le avanguardie  europee (Cubismo, Dadaismo e Surrealismo).   
IL CREPUSCOLARISMO (1900-1920)
      Il termine  poeta crepuscolare fu usato per la prima volta nel 1909, quando Giuseppe  Antonio Borgese pubblicò sul quotidiano "La Stampa" un  articolo, intitolato Poesia crepuscolare, parlando di “una voce  crepuscolare, la voce di una gloriosa poesia che si spegne”.
  L’aggettivo  "crepuscolare" alludeva ad una presunta insufficienza della poesia,  che chiudeva in tono sbiadito la grande stagione della tradizione ottocentesca,  quella dannunziana e pascoliana.
  Oggi definiamo «crepuscolare»,  senza alcuna intenzione negativa, un modo particolare di sentire la vita e di  scrivere poesia. La definizione di Borgese ebbe fortuna, ma non fu mai  accettata dai poeti a cui si riferì, poiché essi non costituirono mai un gruppo  o una corrente, rimanendo ciascuno isolato nella propria individualità. Il  termine “crepuscolare” servì piuttosto a indicare uno stato d'animo di  ripiegamento e di abbandono ed una lirica dai toni languidi e malinconici che  registrava fatti e volti della realtà quotidiana, anche la più comune e banale.  Alle antiche gerarchie di valori, ormai venute meno, i poeti “crepuscolari”  sostituiscono una visione malinconica della vita, spesso autoironica, che tende  a mettere in crisi ogni certezza.
  La poesia  crepuscolare è piena di cose, avvenimenti, personaggi modesti, di “buone  cose di pessimo gusto” come le definì Gozzano, “povere piccole cose”  come le chiamò Corazzini (corsie di ospedali, monachelle, fiori finti, animali  imbalsamati, amori adolescenziali).   
  L'assenza di  un programma poetico unico spiega la diversità degli atteggiamenti dell'uno e  dell'altro dei crepuscolari (Sergio  Corazzini, Guido Gozzano, Marino Moretti, Corrado Govoni, Aldo Palazzeschi) e il passaggio di  alcuni di essi ad esperienze d'arte di altro tipo, per esempio al futurismo o  all'ermetismo. Le loro composizioni sono accomunate da un tenue pessimismo, da  una malinconia senza scosse e senza ribellioni, da una stanchezza di vivere che  in alcuni, come Corazzini e Gozzano, è connessa con malattie fisiche.
L’ Ermetismo
     L’Ermetismo fu una corrente poetica del  Novecento italiano. Sorse nel primo dopoguerra ed ebbe il suo periodo di  massimo sviluppo negli anni Trenta.
  L’Ermetismo risponde da un lato  all’esigenza di superare la tradizione enfatica e morbosa di D’Annunzio (dannunzianesimo)  e quella più flebile e pacata di Pascoli (pascolismo), dall’altro al  desiderio di rifarsi alle esperienze del simbolismo e postsimbolismo  francese.
  Tra i cosiddetti poeti “ermetici” vanno  annoverati G. Ungaretti, S. Quasimodo, A. Gatto, L. Sinisgalli, M. Luzi.  
  Questi nuovi poeti sono tutti  accomunati  dalla ricerca di una poesia “pura”.  Alla poesia tradizionale gli ermetici  rimproverano la facilità di espressione, caratterizzata da un discorso  chiarificatore ed analitico. La loro poesia, invece, si caratterizza per il suo  essere, appunto, ermetica ( chiusa, quasi enigmatica). 
  La parola, negli ermetici, viene sfrondata  dei caratteri comunicativi, per conservare quello puramente evocativo; isolata  dal contesto attraverso la rottura dei legami logici, popolata di metafore ed  analogie, che sembrano caratterizzare una sorta di scuola poetica, rivolta a  pochi, quasi incline all’esoterismo. 
  Fu naturale, quindi, che in un epoca di  totalitarismo e di mancanza di libertà, come quella fascista, questa forma di  poesia trovasse terreno fertile per essere praticata e assumere un posto di  rilievo come espressione artistica e poetica, in particolar modo, tra i poeti  non allineati col regime. 
  Nel suo complesso, l’Ermetismo, costituì  un momento di rilievo nell’avvicinamento della cultura italiana a quella  europea, anche se, per questo suo modo di essere, rischiò di costituire un  clamoroso esempio di letteratura senza destinatario.
  Nonostante questo il suo influsso fu  profondo e duraturo, anche sulla prosa narrativa e di memoria (Pratolini,  Vittorini, ecc.).
Fonte: http://www.liceoodierna.it/default,htm/LETTERATURA%20ITALIANA/FUTURISMO%20-%20CREPUSCOLARISMO%20-%20ERMETISMO.doc
autore: Prof. A. Amato
Futurismo scapigliatura emetismo
Visita la nostra pagina principale
Futurismo scapigliatura emetismo
Termini d' uso e privacy