Romanzo definizione e storia

 

 

 

Romanzo definizione e storia

 

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IL ROMANZO : LA NASCITA E L’EVOLUZIONE DEL GENERE


(fino alla fine del ‘700)

 

 

Il romanzo moderno nasce in Spagna nei primi decenni del XVI secolo nella forma del Romanzo picaresco. E’ questo un genere basato sulle vicende, spesso comiche e di un crudo realismo, del picaro (imbroglione), termine che stava ad indicare un individuo che viveva di espedienti illeciti, un vagabondo ed un furfante tenuto ai margini della società.


Esempi più famosi: Vida de Lazarillo de Tormes (1554 - anonimo) e Guzman de Alfarache (1599 di Mateo Aleman).


Il mondo dei romanzi picareschi è un mondo sempre negativo , la cui descrizione avviene nella forma della parodia, che ritroviamo, come dissacrazione e capovolgimento del romanzo cavalleresco, in uno dei capolavori della narrativa spagnola, il Don Chisciotte di Miguel Cervantes, pubblicato tra il 1605 e il 1615, un testo più maturo dei precedenti, che risente sia del genere cavalleresco sia di quello picaresco, pur non essendo classificabile con nessuno dei due.

In Inghilterra, invece, lo spirito picaresco, dissacratore ed eversivo, si intreccia con i valori della borghesia in ascesa: intraprendenza, attivismo, risparmio, profitto. Il romanzo settecentesco viene generalmente denominato romanzo borghese proprio perché è il ritratto dei costumi della borghesia, dei suoi valori morali e politici. Lo sviluppo della classe borghese e la diffusione dell’alfabetizzazione comportano, inoltre, la progressiva  creazione di un pubblico di massa, al qual gli autori di romanzi si rivolgono, per ottenerne il consenso, con uno stile semplice e diretto, ponendosi in termini critici e di rottura nei confronti del canone letterario e attirandosi per questo i giudizi negativi dei letterati tradizionalisti, che tendono a considerarli scrittori di bassa levatura artistica.

I romanzieri spesso scelgono di raccontare in prima persona (punto di vista interno alla narrazione), per dare al lettore l’impressione di trovarsi di fronte a fatti reali (come avviene, ad esempio, nei romanzi di Defoe Robinson Crusoe e Moll Flanders).


Si diffonde inoltre la forma epistolare in cui l’intreccio si dipana attraverso le lettere che il protagonista scrive ad un amico o che si scambiano due o più interlocutori (es: Le relazioni pericolose di Choderlos de Laclos).


Tutti i personaggi, compreso il protagonista si muovono su un piano di sostanziale parità tra di loro e nei rapporti col lettore, e scompare la figura dell’eroe intesa come personaggio straordinario che si distingue dalla massa ( si pensi agli eroi dei poemi cavallereschi). Il rapporto che lega il lettore col protagonista non è più fondato sulla distanza, sulla diversità, bensì sulla simpatia che nasce dall’immedesimarsi nelle vicende dei personaggi principali, che sono uomini e donne comuni. La svolgimento dei fatti è chiaro e semplice e il tempo della narrazione coincide, generalmente, con la successione logico- temporale degli eventi; questi sono popi collocati nella realtà contemporanea, della quale vengono riproposti i valori dominanti della borghesia : la capacità di comprensione razionale degli eventi, l’intraprendenza, il buon senso, la volontà di affermazione individuale nel lavoro e nelle relazioni sociali.

 

L’atto di nascita del romanzo moderno e borghese è segnato dalla pubblicazione, in Inghilterra, nel 1719, del Robinson Crusoe di Daniel Defoe. Grande successo della pubblicazione che supera il romanzo picaresco e va nella direzione del moderno romanzo di formazione, una forma di romanzo in cui il protagonista racconta in prima persona la propria vita, intesa come un’esperienza conclusa che gli ha permesso di conoscere il mondo e se stesso e di imparare a superare le difficoltà che di volta in volta gli si sono  presentate.


Il picaro è l’incarnazione dell’arte di arrangiarsi dei poveri, Robinson Crusoe, Moll Flanders e Lady Roxana ( i protagonisti dei capolavori di Defoe), rappresentano un tipo di affermazione individuale del tutto nuova, fondata sull’intelligenza, sulla volontà, sulla capacità. Per Defoe e per i suoi personaggi, la povertà è una delle colpe più gravi, l’operosità una delle virtù più grandi.: i suoi personaggi sono protagonisti attivi , sono una forza propulsiva del capitalismo che si sta affermando in Inghilterra e che sta dilagando in tutto l’Occidente.

 

L’esaltazione dell’individualismo è evidente anche nella scelta di una struttura narrativa che assegna una centralità esclusiva al protagonista: nei romanzi di Defoe i personaggi secondari sono pochi e rivestono ruoli sempre marginali.
Il capitalismo del Settecento è attento a presentarsi con tratti positivi, auspicando anche il mantenimento dei valori dell’Illuminismo, quali ad esempio, la libertà e la tolleranza. Per salvaguardare questi valori Defoe sceglie i suoi personaggi tra gli esponenti degli strati più bassi della borghesia (come Robinson) o della società (come Moll), perché per il lettore è più facile identificarsi con personaggi che incarnano persone comuni, che utilizzano un linguaggio semplice e parlano e raccontano di sé in prima persona.
La scrittura di Defoe riesce ad essere nello stesso tempo semplice (dal punto di vista lessicale e sintattico) ed estremamente attenta ai particolari descrittivi, giungendo a “far vedere” al lettore come e dove si muove il protagonista del romanzo.


DEFOE 

Daniel Defoe nacque a Londra nel 1660 da una famiglia di mercanti e fu educato in una scuola di Battisti una setta religiosa protestante che affermava il principio della interpretazione individuale dei testi. Terminati gli studi tentò diverse speculazioni commerciali finchè nel 1662 fece bancarotta: riuscì, tuttavia, a sottrarsi a debitori e tribunali grazie a spregiudicati intrighi.  Si diede poi alla carriera politica sostenendo il re Guglielmo d’Orange. In seguito alla morte del re l’odio degli avversari politici gli costò la gogna e il carcere. Scarcerato nel 1704 fondò The rewiew un periodico da lui interamente redatto in cui rivelò eccezionali doti giornalistiche, inventando un modo di scrivere che sarà proprio del giornalismo moderno (si tenga presente che i primi decenni del ‘700 conobbero una grande diffusione di gazzette e, giornali e riviste, motivata dall’aumento dei lettori abituali). Intanto rientrò al servizio del governo, per il quale svolse avventurose missioni segrete. Le esigenze di guadagno lo portarono a dare alle stampe nel 1719, senza neanche correggerlo il romanzo Robinson Crusoe ( titolo originale: The life and strange surprising adventures of Robinson Crusoe, of New York, mariner). Il successo fu straordinario tanto che l’autore decise di dedicarsi con maggior impegno alla attività letteraria ( Memorie di un cavaliere, Il capitano Singleton, Moll Flanders, Lady Roxana).
Terminata la stagione dei romanzi, Defoe si dedicò ad articoli e libri dei più diversi argomenti: morale, commercio, guide turistiche, trattati di occultismo, ma non riuscì mai a garantirsi una certa stabilità economica: morì a Londra nel 1731 mentre stava per essere travolto dai debiti.

 

IL ROBINSON CRUSOE  come prototipo del romanzo borghese

Defoe incarnò le esigenze della media borghesia che , in Inghilterra aveva conquistato posizioni di potere ed era alla ricerca di una precisa identità ideologica e culturale, fondata sulla concretezza e sul realismo, su quei valori, insomma, che l’Illuminismo contemporaneo contribuiva a sostenere e diffondere.
Defoe utilizza la forma del romanzo che concepisce come narrazione pseudodocumentaria, cioè come racconto di fatti che si finge siano realmente accaduti; i suoi grandi romanzi sono infatti autobiografie narrate in prima persona da personaggi non veri, ma certamente verosimili. La scrittura è piana e lineare, ricca di particolari precisi, che permettono al lettore di identificarsi col protagonista. Quello di Defoe è un romanzo di formazione , cioè un romanzo in cui il protagonista segue un processo di crescita e maturazione attraverso una serie di peripezie . In esso si narra, infatti, La storia di un percorso esemplare: un uomo che si trova in una situazione disperata , cerca con ogni mezzo di sopravvivere e migliorare tale condizione , utilizzando trasformando le risorse di cui può disporre. In Inghilterra il Robinson Crusoe divenne “la Bibbia” e “l’Odissea” dei ragazzi inglesi e nacque quello che è stato definito da molti critici il mito di Robinson, un fenomeno destinato ad interessare filosofi, economisti e politici: da Rosseau a Joyce, a Pavese, da Kant a Marx. E’ facile individuare il segreto di tale successo: il protagonista non è un eroe d’eccezoione, ma un uomo medio che il caso ha posto in una condizione limite, nella quale egli riesce a far valere le sue capacità e il suo ingegno. Robinson rappresenta l’uomo che si fa da sé e diventa emblema della classe borghese inglese , che in questo romanzo si vedeva moralmente legittimata. Nel Robinson, inoltre si vide proiettata la vera anima inglese, quella del colonizzatore che dal proprio coraggio e dalla propria ingegnosità acquisisce il diritto alla conquista di altre terre e all’assoggettamento di altre razze (vedi la figura del “selvaggio” Venerdì)

 

Moll Flanders (1721) ha anch’esso come protagonista una figura della nuova etica individualista borghese, del tutto priva di condizionamenti morali. Eppure il lettore è indotto a schierarsi con lei , donna caparbia che grazie alla sua vitalità e grande forza di volontà riesce ad emergere dal fango , a superare le dure prove della vita e a non perdere mai la sua dignità. Il segreto di Moll sta nella sua convinzione di essere una donna coraggiosa pronta a lottare contro le avversità del destino e questo la rende sempre certa di “essere nel giusto”. E’ proprio la sua condizione di emarginata (Moll è una prostituta) ed esclusa dalla società che le permette di gettare uno sguardo lucido e spregiudicato sulla realtà che la circonda, evidenziando, di volta in volta aspetti positivi e negativi.

Lady Roxana (1724) è la storia di un’avventuriera che riesce a far fortuna e ad ascendere i gradini più alti della società , ma al prezzo di un progressivo degrado morale.

 

VOLTAIREIL CANDIDO   tra racconto filosofico e romanzo di formazione

Nel Settecento si impone la forma espressiva dell’ironia. Un discorso è ironico quando ha un significato contrario a ciò che afferma alla lettera, quando finge ignoranza, ma nello stesso tempo si pone alla ricerca della verità. Nel secolo dei Lumi i generi letterari sono stati attraversati da questa forma di dissimulazione sarcastica e umoristica del pensiero: filosofi, poeti, scrittori, se ne sono ampiamente serviti per affermare le nuove idee e per demolire, attraverso il riso, tutto ciò che veniva considerato sintomo di arretratezza, perché ridere di qualcosa, vuol dire inevitabilmente sminuirla, toglierle credibilità. Se si applica la figura retorica dell’ironia, il testo arriva a significare esattamente il contrario di quello che dice , ma deve farlo in modo convincente, ricercando un equilibrio tra fantasia romanzesca e argomenti “seri”, sviluppando fino all’assurdo o al paradossale le ipotesi filosofiche di partenza, attuando, con uno stile linguistico piano e capibile, la tecnica del rovesciamento.
Una delle opere narrative del ‘700 in cui tali modalità sono meglio esemplificate è Candido ovvero l’ottimismo di Voltaire (1694 – 1778), un autore che lottò tutta la vita per affermare le idee illuministiche e che lo fece in modo giocoso, mirando innanzi tutto al divertimento intelligente del lettore.
Il principio del piacere al quale Voltaire fu sempre fedele, anche nelle opere di carattere politico o filosofico, è particolarmente evidente nel Candido. Il testo viene normalmente considerato un conte philosophique (racconto filosofico), genere particolarmente caro agli illuministi. Nel Candido si intravede lo spirito vivace ed arguto ricco di intelligenza e senso dell’umorismo che animava i salotti aristocratici ed intellettuali parigini, ma vi sono anche moltissime e complesse tematiche che vi si intrecciano. Se ad una prima lettura il testo appare semplice , chiaro ed evidente, esso in realtà offre svariate interpretazioni , rivelandosi anche un tipico romanzo di formazione : il rapido susseguirsi di avventure e peripezie non è solo finalizzato ad esprimere in modo canzonatorio e paradossale le idee dell’autore, ma è anche il modo in cui si determina la crescita e la maturazione intellettuale del protagonista.
Il tema portante del Candido è la satira contro qualsiasi certezza metafisica: secondo Voltaire ogni volta che la ragione umana pretende di indagare  i fondamenti ultimi della realtà , le verità assolute ed eterne , non disponendo né di dati concreti, né di possibilità di verifica , finisce inevitabilmente col postulare una serie di dogmi che non hanno alcun valore dal punto di vista conoscitivo , ma che generano, sul piano pratico, il fanatismo e l’intolleranza.
In particolare la polemica di Voltaire si indirizza contro le tesi del filosofo e matematico tedesco Leibniz, che sosteneva, a proposito della presenza del male nell’universo, che il nostro è comunque il migliore dei modi possibili, in quanto Dio, tra tutti i mondi possibili ha certamente scelto quello in cui la presenza del male fosse minore. Voltaire ha buon gioco nel ridicolizzare questa inverificabile ipotesi mettendola in bocca a Pangloss ,l’istitutore che continua ciecamente a ripeterla anche in presenza delle più gravi sciagure (come il terremoto di Lisbona del 1755 che fece 20.000 morti o la Guerra dei sette anni, avviata da Federico II di Prussica nel 1756). L’ottimismo di leibniz, secondo Voltaire, non ha nessun senso logico: il male, l’irrazionalità esistono e hanno nell’universo un peso soverchiante e nessuna ragione umana può spiegarne o giustificarne la presenza. Il mondo è atroce e pazzescoe l’ottimismo metafisico va respinto , ma questo non vuol dire che ci si debba abbandonare ad un pessimismo senza speranza. . Non bisogna dimenticare, infatti che l’uomo dispone della ragione grazie alla quale è possibile costruire una società in cui prevalgano idee di giustizia e di progresso ed è dunque possibile trasformare noi stessi e la realtà che ci circonda ( universo più limitato rispetto a quello dei metafisici, ma più reale e sperimentabile) in modo tale da poter creare un paradiso terrestre dove siamo.

 

STERNE: Il Viaggio sentimentale e il romanzo umoristico

Nelle opere dello scrittore inglese Laurence Sterne (Irlanda 1713 – 1768), lo spirito critico e dissacrante dell’Illuminismo assume la forma dell’umorismo. Nel suo primo romanzo Tristram Shandy , la peripezia non è più l’ingrediente principale della narrazione. L’autore approfitta di ogni occasione per introdurre riflessioni, aneddoti, stranezze varie (es. alcune pagine sono completamente bianche o marmorizzate, un capitolo è formato da una sola parola stampata a lettere sempre più grandi…): In questo modo la narrazione si svincola dalla sequenza cronologica , perde la sua centralità a vantaggio di altri particolari , personaggi e storie apparentemente secondari. . I punti di vista dei vari protagonisti si intersecano e si scontrano con effetti umoristici senza che nessuno prevalga sull’altro. Manca una precisa gerarchia tra i personaggi e le varie storie  ed entra in crisi qualsiasi pretesa sistematica e generalizzante.
Questa novità rende Sterne uno dei più grandi precursori della narrativa del ‘900 (a lui guarderanno autori come Joyce, Musil, Proust, Pirandello e Svevo).
Anche nel secondo romanzo Viaggio sentimentale attraverso la Francia e l’Italia (1768), l’autore si propone intenti umoristici scrivendo quasi una parodia dei numerosi resoconti di viaggio in voga nel Settecento. Il libro riprende una materia in gran parte autobiografica , derivante dal viaggio che l’autore fece in Italia  e in Francia tra il 1765 e il 1766, ma l’io narrante è un personaggio di nome Yorick, come il buffone dell’Amleto di Shakespeare. A differenza dei resoconti di viaggio tradizionali, però non troviamo descrizioni di  monumenti o città , né riflessioni dotte , bensì aneddoti minori e divertenti, nei quali l’autore sembra cogliere , con sorridente leggerezza, quella realtà viva, semplice, quotidiana, che spesso resta esclusa nelle opere di più vasta ambizione. Il Viaggio sentimentale  fu tradotto in Italia da Foscolo nel 1813.

 

SWIFT:  I viaggi di Gulliver  dall’ironia alla satira

Lo scrittore inglese Jonathan Swift (Irlanda 1667 – 1745) è uno dei maggiori scrittori satirici di tutti i tempi. Nei Viaggi di Gulliver (1726) nulla sfugge alla sua satira corrosiva: la scienza, la storia , la politica, il mondo dei sentimenti privati. Il libro può essere considerato una parabola tesa a mostrare la vanità di tutte le cose umane e , sotto questo aspetto, esso si inserisce nella tradizione dei sermoni religiosi. Si tratta tuttavia di una parabola ribaltata, che procede in senso inverso rispetto, ad esempio, alla Divina Commedia. Se nell’opera di Dante si va dal cupo abisso dell’Inferno, attraverso la purificazione del Purgatorio alla pace del Paradiso, in Swift, al contrario, si passa dalle buffe vicende del paese dei Lillipuziani , a quelle grottesche del paese dei giganti e ,attraverso un’esauriente rassegna delle stoltezze umane nell’isola di Laputa, si arriva alla disperazione delle ultime parti dedicate agli infelici immortali e ai bestiali Yahoo.
La razza umana appare così condannata alla malvagità, alla impurità e alla corruzione e se ciò accade per volontà di dio, non si tratta di un Dio – Padre, ma di un Dio la cui volontà è la disperazione degli uomini.
In una breve poesia di Swift, sul giorno del Giudizio, Dio esclama: “La pazza faccenda del mondo è finita,/ e io non me la prenderò più per queste ridicole assurdità:/ Io, con la mia intelligenza, mettermi a tu per tu con questi testoni? / Ma io li mando all’Inferno questi sciocchi – Andate, andate, eccovi serviti”.

 



ROUSSEAU : Le confessioni e l’autobiografia moderna

Nel corso del secolo dei Lumi, si fa strada, accanto alla fiducia nel progresso e nella ragione, una decisa rivalutazione del sentimento, una riscoperta dell’io e del suo rapporto con la natura. La rivalutazione del sentimento accompagna e completa quella generale dell’individuo e diviene lo strumento attraverso il quale la borghesia cerca di affrancarsi da una società chiusa e mortificata in rigide etichette , dove non vi è spazio per la libera manifestazione dell’umano sentire. Accanto al romanzo di formazione e di avventura, assumono   analogo rilievo l’autobiografia e il romanzo epistolare, i generi dove meglio si riesce ad esprimere questa nuova sensibilità individuale. A differenza del passato, nel ‘700 l’autobiografia non racconta più una storia esemplare, non descrive il percorso spirituale e intellettuale di un uomo eccezionale , ma diventa esplorazione di sé , possibile scoperta interiore di ogni singolo individuo che si mostra nella sua unicità. L’autobiografia moderna nasce con Le confessioni (1765 –1771) di Jean Jacques Rousseau (Ginevra 1712 – 1778) , in cui l’autore propone una coraggiosa e spregiudicata indagine della propria psiche e della propria personalità (autoanalisi). Si tratta di una delle più belle autobiografie che la cultura occidentale conosca.. L’autore vi narra con estrema spregiudicatezza e sincerità , i fatti della sua vita, nell’intento di tracciare un autoritratto tutt’altro che letterario , volto a sottolineare l’irrepetibilità, nel bene e nel male, del singolo individuo.  (In Italia le due più importanti autobiografie sono: Memoires (1787)di Goldoni e Vita(1806 – postumo) di Alfieri.

 

ROUSSEAU: Giulia o la nova Eloisa e la nascita del romanzo epistolare.

Il romanzo epistolare è un testo scritto sotto forma di lettera, genere letterario che, per la sua duttilità,  si presta ad essere un contenitore ideale per esprimere temi ed esigenze anche molto diversi tra loro. Nel romanzo epistolare, generalmente, a ciascun personaggio è attribuito un ruolo di mittente o destinatario delle varie lettere attraverso le quali si articola la vicenda narrata ed il procedere dell’azione, cioè dei fatti che coinvolgono i diversi personaggi. E’ esclusa, nel romanzo epistolare, la figura di un narratore che provveda ad ordinare la materia del racconto. Così il lettore assiste in “presa diretta” alle vicende vissute dai vari personaggi (si ricordi che proprio tra il XVIII e il XIX sec. vi è un crescente interesse per la psicologia e per l’analisi delle motivazioni intime e segrete delle azioni).

Iniziatore del genere fu Rousseau con Giulia o la nuova Eloisa (1756 – 1758) L’obiettivo che si pone Rousseau è quello di rappresentare l’uomo nella sua interezza e nella sua realtà, una realtà fatta di pensieri razionali e di passioni. Con questa esigenza Rousseau si colloca in linea con l’ansia di conoscenza propria del secolo dei Lumi, ma è già possibile scorgere in lui una poetica preromantica , per la quale non necessariamente sentimento e ragione sono inconciliabili.

 

DE LACLOS  Le relazioni pericolose ovvero  la crisi della ragione

 

Il romanzo epistolare di Choderlos de Laclos (Amiens 1741- Italia 1803)  Le relazioni pericolose è stato a lungo considerato un libro immorale , ancora più perverso dei romanzi del marchese de Sade (1740 – 1814). In effetti si tratta di un perfetto congegno che costringe il lettore a sentirsi complice di due cinici criminali (Valmont e Merteuil) che non esitano neppure di fronte  all’assassinio pur di affermare la propria ansia di dominio sui personaggi che di volta in volta si ripropongono di ingannare : in essi sembra spento ogni valore morale il loro comportamento è dettato solo dal calcolo razionale finalizzato alla manipolazione delle coscienze. Valmount e Merteuil appaiono come due burattinai intenti a manovrare tutti quelli che li circondano , incuranti dei propri come degli altrui sentimenti. Tuttavia Laclos rivendicò sempre la moralità del suo libro anche in funzione del finale drammatico della storia.
Si potrebbe dire che nelle Relazioni pericolose la ragione illuministica arrivi a esplorare il suo limite estremo : completamente separata dai sentimenti e dai valori morali, essa si risolve in pura voluttà di dominio , di se stessi e degli altri , mostrandosi incapace di assicurare da sola la felicità degli uomini proprio quando sembra trionfare. . A pochi anni dall’inizio della Rivoluzione francese il romanzo si rivela un’opera assai significativa , nella quale nessuno degli aristocratici personaggi appare portatore di ideali capaci di promuovere una trasformazione in positivo della realtà, o un suo progressivo risanamento etico. Il romanzo di Laclos ritrae la situazione sociale della Francia alla fine del ‘700 , nonché l’approssimarsi della crisi del secolo dei Lumi , dalla quale prenderà vita la nuova stagione del Romanticismo 

 

Fonte:http://digilander.libero.it/artisticopiazza/lezioni/dibernardo/il%20romanzo%20fino%20al%20700.doc

Autore del testo: Prof.ssa Di Bernardo Cristina

 


 

Romanzo definizione e storia

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

  

 

L’origine del romanzo, secondo autorevoli critici tra cui N. Sapegno e F. Flora, è antica; alcune narrazioni dell’antica Grecia come Le avventure di Cherea e Calliroe di Caritone (I secolo D.C.) e il romanzo di Nino, re degli Assiri, di cui ci rimangono dei frammenti anonimi (I secolo A.C.), o altre narrazioni latine come il Satiricon di Petronio (I secolo D.C.), possono esser considerate primi esempi di romanzi,  anche se i greci e romani non avevano normalizzato in un ben distinto genere letterario il lungo racconto di vicende fantastiche.


Nel medioevo, Dante ha utilizzato questo termine per indicare i racconti cavallereschi francesi in prosa, nel canto XXVI del Purgatorio (canto dei lussuriosi), al verso 118 (“prose di romanzi”).


Francesi e tedeschi usano la stessa parola (roman) per indicare questo genere; gli spagnoli preferiscono la parola “novela”  e gli anglosassoni la parola “novel”. Il termine  deriva dall’espressione latina “romanice loqui” (parlare romanico, ossia parlare nella lingua volgare utilizzata per le narrazioni avventurose, amorose ed eroiche dell’inizio del II millennio in area francese provenzale e spagnola) in contrapposizione all’espressione “latine loqui” (parlare latino, lingua illustre utilizzata per la letteratura “dotta”). In ogni epoca, al di là di qualsivoglia denominazione, è esistito il bisogno interiore dell’uomo di trasferire la vita quotidiana in una dimensione fantastica, e la classe sociale o intellettuale dominante ha generalmente proiettato i suoi ideali in una qualche forma di narrazione; nel medioevo il romanzo ha sviluppato elementi cavallereschi e amorosi per rispondere ai gusti dell’aristocrazia feudale. Il carattere di “avventura”, seppur accompagnato a motivi satirici, parodistici e utopici, resterà tipico del romanzo tra ‘600 e primi del ‘700, come nel Don Chisciotte di Cervantes (1605) e nel Robinson Crusoe di Defoe (1719). Nella seconda metà del XVIII secolo appare il romanzo di nuova concezione, definito moderno. Esso è sempre un’ampia narrazione di fatti che riproducono la straordinaria varietà della vita quotidiana o sociale nella quale il lettore possa identificarsi, non simula dunque il mondo aristocratico, ma i gusti e i valori della borghesia, classe sociale protagonista del processo di radicali trasformazioni culturali, economiche e politiche dall’epoca illuministica in poi. I protagonisti, in genere, sono gente comune e rappresentano comportamenti e mentalità nuove: sono personaggi con una interiorità problematica, che hanno bisogno di scoprire le loro aspirazioni, di soddisfare i loro bisogni e hanno spesso un rapporto conflittuale con la società, in quanto essa propone, come del resto in ogni epoca, dei valori, ad esempio, il senso del dovere, la volontà, la rispettabilità, la capacità imprenditoriale, il perbenismo, verso i quali essi manifestano i sintomi del dubbio. Ciò ha costituito per il romanziere moderno uno straordinario mondo da esplorare. Si  può dire che “gran parte della storia della letteratura europea di fine ‘700 e dell’ ‘800 si può identificare con la storia del romanzo” . Esso quindi, ha acquistato un realismo di fondo contro il mondo fantastico, eroico e quindi irragiungibile,  dei romanzi medioevali, e ci ha dato potenti affreschi sociali e approfondita analisi sentimentale dei personaggi. Questa esigenza al realismo darà origine al romanzo storico prima, e successivamente, a quello realista e naturalista in cui l’analisi della realtà diventerà scientifica.
Nella seconda metà del ‘700, questo genere letterario si è espresso attraverso un sotto genere particolare: il romanzo epistolare. Pamela di Richardson  (1741), La Nouvelle Héloise di Rousseau (1761), Le Relazioni Pericolose di Choderlos de Laclos (1782), hanno avuto grande successo in Italia nel periodo in cui si andava diffondendo l’interesse verso la letteratura romantica. L’epistolario è la registrazione di riflessioni e stati d’animo, una sorta di diario del protagonista, in cui mancano eventi esterni, proprio per dare maggiore risalto al dolore intimo del protagonista e alla sua natura appassionata; presenta delle lettere, ognuna delle quali, si presume, sia stata scritta di getto o subito dopo un evento, pertanto svela i pensieri più veri dello scrivente che, in determinate circostanze, presa la penna, si confida. Il lettore dunque, ha l’impressione di essere di fronte a lettere autentiche, dalle quali apprende sequenzialmente i fatti vissuti dall’autore. E’ come se il lettore si mettesse a curiosare tra le lettere di una persona e apprendesse fatti privati e dolorosi ricevendo l’immagine di una realtà in movimento di cui apprende direttamente tutte le sfaccettature. Nel romanzo epistolare non sono presenti trame complesse, piuttosto un’ ambientazione sociale da cui emerge il ritratto psicologico dei personaggi. All’inizio dell’opera, Goethe si rivolge direttamente al lettore, informandolo di avere raccolto con cura il materiale trovato sulla storia del povero Werther e di pubblicarlo come editore; lo invita poi a trarre conforto dalle sofferenze di Werther, e a considerare come amico il breve epistolario se per destino egli non trovi nella vita chi gli sia più amico; viceversa, nel romanzo del Foscolo, colui che si rivolge al lettore è Lorenzo Alderani, destinatario delle lettere, il quale dichiara di pubblicare la corrispondenza ricevuta dall’amico Jacopo Ortis affinchè il lettore possa trarre esempio dalle virtù di Jacopo che ha sopportato una vita disperatamente infelice.

Entrambi i protagonisti sono vittime della società arretrata e chiusa che impedisce la realizzazione dei loro desideri, e vittime anche delle leggi della natura la quale nasconde dentro di sé una  forza “meccanica” che trasforma tutto secondo un processo, appunto meccanico, ripetitivo, senza alcuna finalità che lo possa giustificare.“Nella natura vi è una forza cieca che può conservarsi solo attraverso la distruzione dei singoli esseri, la natura spinge a cercare la felicità ma solo in vista del suo ordine superiore in cui la vita è sempre intrecciata alla morte”1. La natura nei due romanzi è anche presente come paesaggio in cui si proiettano le inquietudini interiori dei protagonisti, con descrizioni cariche di eccezionale intensità sentimentale. Werther e Ortis non si integrano nella realtà sociale di cui avvertono le limitazioni, anzi tendono ad affermarsi come eroi dando libera espressione alla loro volontà, alle passioni e a gesti eccezionali. Essi rappresentano il modello dell’eroe romantico volto alla ricerca di un’esperienza totale e assoluta, che sconfina nella genialità; e ciò, in contrasto con la  società del tempo retrograda e tradizionalista, ha per loro un effetto così autodistruttivo da determinarne il suicidio. I due giovani hanno manifestato un atteggiamento titanico quando hanno lottato contro le forze avverse della società, ma hanno dimostrato  vittimismo quando hanno trovato nel suicidio l’unica soluzione al loro infelice rapporto con la vita e con gli altri uomini. Tuttavia noi giovani studenti, dietro la sconfitta, abbiamo colto un atteggiamento agonistico, di resistenza morale, in quanto

 


i due ragazzi nel dolore e nello scacco hanno dimostrato nobiltà, generosità e altezza d’animo.

L’amore infelice raccontato dai due scrittori richiama reali vicende sentimentali della loro vita, l’amore tempestoso del Foscolo per Isabella Albizzi, e quello di Goethe per Charlotte Buff, fidanzata del suo amico Kestner. Le trame dei due romanzi denotano straordinarie analogie: la divisione in due parti del romanzo; un amore senza speranza di realizzazione; la sfiducia nella politica in Foscolo, la critica della società aristocratica in Goethe; l’intervento di un editore (sotto cui si cela Goethe nel Werther, mentre nell’Ortis, l’amico Lorenzo) che narra in terza persona gli avvenimenti per chiarire gli eventi accaduti tra una lettera e l’altra e per dare unità alla trama; la storia di Lauretta (nell’Ortis) e dello scrivano (nel Werther) che impazziscono per un amore impossibile; l’amicizia dei due amanti coi rispettivi rivali; la passione per le letture classiche (Plutarco per Ortis, Omero ed Ossian per Werther); descrizioni tempestose della natura o le rappresentazioni quiete a seconda degli stati d’animo dei protagonisti.

 

L’infelicità sentimentale, la sfiducia nella società e nella politica, come già detto, “ridotte a elementi di un meccanismo spietato, sono riassorbite in una cupa visione esistenziale” che è presente in buona parte dei due carteggi.


Nella lettera datata Ventimiglia 19-20 Febbraio 1799, così scrive Ortis:
“Pare che gli uomini sieno fabbri delle proprie sciagure; ma le sciagure derivano dall’ordine universale, e il genere umano serve orgogliosamente e ciecamente ai destini … L’universo si controbilancia. Le nazioni si divorano perché una non potrebbe sussistere senza i cadaveri dell’altra … La terra è una foresta di belve”.
Analogamente Werther nelle lettere del 24 Dicembre 1771 così si esprime nei confronti della classe aristocratica: “Bisogna rassegnarsi, come un viaggiatore che deve valicare una montagna; certo, se non ci fosse la montagna, tutto sarebbe assai più comodo e più breve; però la montagna c’è, e si deve arrivare dall’altra parte! … Ciò che mi irrita di più sono gli sciagurati assetti sociali. Naturalmente so benissimo quanto sia necessaria la diversità dei ceti…”; nella lettera 16 Marzo 1772 così scrive dopo aver chiesto le dimissioni dal servizio del Nobile Ambasciatore: “Ahi, cento volte ho messo mano al coltello per dare sollievo a questo cuore in affanno. Dicono che certi cavalli di nobile razza, quando sono accaldati ed eccitati allo spasimo, istintivamente si aprono a morsi una vena così da riacquistare fiato. La stessa cosa accade spesso a me: vorrei tagliarmi una vena e procurarmi la libertà eterna”.


L’infelicità che pervade i due epistolari, fondamentalmente risiede nello stesso carattere dei protagonisti, nella loro incapacità di adattarsi al mondo reale, nell’attesa di una felicità che la vita non può loro concedere; ne deriva un senso di sconforto universale, un pessimismo, definito “dolore del Mondo”.
Nelle lettere di Ortis del 25 Maggio 1798 e nella lettera di Werther del 12 Dicembre 1772, la natura partecipa al sentimento disperato dei due protagonisti, il primo per il triste destino di Lauretta (la ragazza che impazzisce per la morte dell’ amante Eugenio, e poi muore), il secondo per l’infelice fine di un contadino che, scacciato dalla famiglia della padrona di cui si era innamorato, diviene assassino in quanto uccide il rivale.
“Sono salito sulla più alta montagna: i venti imperversavano; io vedeva le querce ondeggiare sotto ai miei piedi, la selva fremeva come un mar burrascoso, e la valle ne rimbombava…” Ortis, lettera del 25 Maggio 1798.


“…Il fiume era straripato, tutti i torrenti in piena, e da Wahlheim in giù allagata la mia cara valle! Alle undici passate della notte sono corso là fuori. Uno spettacolo pauroso vedere dall’alto del roccione i flutti turbinare a mulinello sotto il chiaro della luna, passando sopra campi e prati e siepi e tutto quanto, e su e giù per la vasta vallata un’ unica marea in tempesta tra il sibilo del vento!” Werther, lettera del 12 Dicembre 1772.


La natura quindi, è fortemente interiorizzata, e trova anche una rappresentazione dolce e pacata, fatta di luoghi campestri, abitati da gente semplice e con sane abitudini, nelle lettere di Ortis del 12 Novembre 1797 e nella lettere del 13 Maggio 1798, e nelle lettere di Goethe del 10-12-26 Maggio 1771.

Caspar David Friedrich
SCOGLIERE BIANCHE A RUGEN, 1818

  



                                                               
Si riportano i brani più significativi.
Dalle lettere di Ortis:
1° Brano:
“Ieri giorno di festa abbiamo con solennità trapiantato i pini delle vicine collinette sul monte rimpetto la chiesa…Assistito io da parecchi lavoratori ho coronato la vetta, onde casca l’acqua, di cinque pioppi, ombreggiando la costa orientale di un folto boschetto…le villanelle vennero sul mezzodì coi loro grembiuli di festa intrecciando i giuochi e le danze di canzonette e di bridisi. Tale di esse era la sposa novella, tale la figliuola e tal’altra la innamorata di alcuno de’ lavoratori;”
2° Brano:
“S’ io fossi pittore! Che ricca materia al mio pennello!…cantano flebilmente gli uccelli come se piangessero il giorno che muore, mugghiano le giovenche, e il vento pare che si compiaccia del sussurrar delle fronde…i pastori mungono il gregge, e la vecchiarella che stava filando sulla porta dell’ovile, abbandona il lavoro e va carezzando il torello, e gli agnelletti che belano intorno alle loro madri.”
Dalle lettere di Werther:
1°Brano:
“Una serenità meravigliosa
 ha pervaso tutta la mia anima…mai come in questi momenti sono stato pittore più grande. Quando la deliziosa valle vapora intorno a me e il sole alto riposa sulla superficie dell’impenetrabile oscurità della mia foresta…e io allora giaccio nell’erba alta presso la cascata del ruscello, …quando sento più vicino al mio cuore il brulicare del microcosmo tra gli steli, le innumerevoli, insondabili sembianze dei bacoli, dei moscerini…, allora io spesso mi struggo e penso…”
2° Brano:
“Scendi per una collinetta e ti trovi davanti a un antro: una ventina di scalini portano in basso, dove dalla roccia di marmo sgorga un’acqua limpidissima…Fanciulle vengono dalla città, a prendere l’acqua…e mentre me ne sto lì seduto, prende corpo vivo intorno a me il mondo patriarcale…”.
3° Brano:
“A circa un’ora dalla città si trova una località che chiamano Wahlheim. La sua posizione in collina è molto amena…Una brava ostessa, piacente e vispa per la sua età, serve vino, birra, caffè; e la cosa più bella di tutte sono due tigli che con i loro
lunghi rami ricoprono il piccolo spiazzo davanti alla chiesa, circondato da case coloniche, rimesse e cascine. Luoghi così intimi, così appartati, ne ho trovati pochi, e lì faccio portare dall’osteria il mio tavolino e la mia sedia, mi bevo il mio caffè e leggo il mio Omero”.
Nelle due opere, vari motivi si intrecciano in modo quasi speculare, ma il momento dell’apparizione di Teresa e di Charlotte, e la descrizione dei primi approcci affettivi delle due coppie, sembrano scaturire dalla medesima penna, tanto sono simili le sensibilità dei due artisti:
“La ho veduta, o Lorenzo, la divina fanciulla…La trovai seduta miniando il proprio ritratto…Una ragazzina le corse tra le ginocchia dicendole non so che cosa all’orecchio”. Ortis, 26 Ottobre 1797.

“Ai miei occhi si presentò la scena più incantevole che mai avessero visto… Teneva in mano un pane nero e a ciascuno dei suoi piccoli che le stavano attorno ne tagliava una fetta…” Werther, lettera del 16 Giugno 1761.
“…Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave;… Dopo quel bacio io son fatto divino… Mi pare che tutto s’ abbellisca ai miei sguardi; il lamentar degli augelli e il bisbiglio dei zefiri fra le frondi son oggi più soavi che mai;…” Ortis, lettere del 14 e 15 Maggio 1798.
“…Mai ho visto così incantevoli le sue labbra; era come se si schiudessero voluttuosamente, per aspirare i dolci suoni che sgorgavano dallo strumento,… Ah, se potessi esprimerti questa sensazione!” Werther, lettera del 24 Novembre 1772.
I brani scelti rappresentano solo un limitato esempio delle analogie presenti nei due romanzi, i cui valori di fondo sono l’amore, l’amicizia, la natura, l’arte; tali ideali rappresentano l’orizzonte spirituale di Werther e Ortis da cui, secondo noi studenti, il giovane lettore del terzo millennio “potrà forse trarre esempio e conforto”1 e fare in modo che la raccolta di lettere gli “sia amico, se per destino o per propria colpa non potrà trovare chi gli sia più amico”2

 


Ferroni, “ Profilo storico della letteratura italiana” , vol. unico pag. 729, Einaudi editore

1 Ferroni “Profilo storico della letteratura italiana” pag574 Einaudi editore

1Autore Gavino Olivieri “Storia della letteratura Italiana ‘800-‘900” editrice del Giglio.

S. Baldi-Pellegrini “Antologia delle letterature straniere” vol. II, editrice D’Anna, pp.42-43.

1 Dalla prefazione de Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis
2 Dalla prefazione de I dolori del Giovane Werther

 

Fonte:http://www.itisfermi-serale.it/richichi/RomanzoEpistolare.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

IL ROMANZO DELL'OTTOCENTO E QUELLO DEL NOVECENTO A CONFRONTO


Vediamo qui, in forma schematica, alcune differenze di fondo fra il romanzo primo-novecentesco e quello del secolo precedente.

 

NEL ROMANZO DELL OTTOCENTO

NEL ROMANZO DEL NOVECENTO

L'INCIPIT

Avvio descrittivo, alla Manzoni o alla Balzac, con la presentazione dei dati spazio­temporali (l'ambiente, l'epoca) e dei perso­naggi, secondo le aspettative del lettore. Manzoni, I promessi sposi: «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello spor­gere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a restringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte...».
Balzac, Papa Gorìot «La signora Vauquer, nata Conflans, è una donna anziana che da quarantenni gestisce a Parigi una pensione borghese sita in via Nuova Santa Genoveffa, tra il Quartiere latino e il sob­borgo San Marcelle. La pensione, nota sotto il nome di Casa Vauquer, accoglie imparzialmente uomini e donne, giovani e vecchi, e tuttavia la maldicenza non ha mai attaccato la moralità di quella rispet­tabile istituzione».

Avvio in medias res, improvviso, spesso ingiustificato, magari ironico e casuale, non finalizzato a presentare nulla, se non a deludere le aspettative del lettore. Pirandello, II fu Mattia Pascal: «Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o cono­scenti dimostrava d'aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e rispon­devo: "Io mi chiamo Mattia Pascal"». Proust, Alla ricerca del tempo perduto: «Per lungo tempo io mi sono coricato presto la sera. Talvolta, appena spenta la candela, i miei occhi si chiudevano così rapidamente che non avevo neppure il tempo di dirmi: "Mi addormento". E, una mezz'ora dopo, il pensiero che era di prender sonno mi svegliava; volevo posareil libro che credevo di avere ancora fra le mani e spegnere la luce. Non avevo smesso, dormendo, di fare delle riflessioni su ciò che avevo appena letto...>>.

 

La trama è l'intelaiatura portante su cui si regge l'opera, basata su una certa equiva­lenza tra romanzo e realtà, sulla certezza della possibilità di riprodurre la razionali­tà del reale. Tutto ha una sua funzione, nel fluire regolare degli eventi secondo una razionale scansione cronologica e causale: a determinate cause devono conseguire determinati effetti. C'è-inoltre una con­venzionale gerarchla dei fatti: alcuni sono decisivi, altri marginali, per ragioni "oggettive".

La trama perde il suo valore centrale, sia nel suscitare l'interesse del lettore, sia nel-l'organizzare i fatti secondo una scansione cronologica lineare. Gli eventi si moltipli-cano, spesso seguendo più linee che s'in­tersecano casualmente. Viene meno l'ordi­ne gerarchico dei fatti; l'importanza di alcuni di essi consegue dalla psicologia dei personaggi, non da motivi oggettivi.

LA TRAMA

È spesso descritto con una precisione "fotografica", con sfoggio di abilità e, a volte, con minuzia quasi maniacale (ad esempio Parigi nei romanzi di Zola) allo scopo di dare credibilità e verosimiglianza alla trama.

Non è oggettivo, ma simbolico, cioè una proiezione all'esterno del mondo intcriore dei personaggi. Tutto viene filtrato attra­verso la coscienza del narratore, come la Trieste di Svevo, la Praga di Kafka, la Dublino di Joyce.

IL TEMPO

Lo sviluppo cronologico è la linea lungo la quale si situano gli eventi, con rigorosa consequenzialità logica: prima accade que­sto, poi quest'altro, che ne è la conseguen­za. La ricostruzione dei fatti è agevole per il lettore, che deve soltanto lasciarsi guida­re dal narratore. Ciò non esclude il ricorso all'analessi (recupero di vicende accadute prima), detta anche flash-back, o della pro­lessi (anticipazione di quanto avverrà più oltre).

Passato, presente e futuro si fondono insieme, secondo le scelte del narratore. Il passato è recuperato mediante flash-back, il futuro con prolessi, richiedendo la colla­borazione del lettore, che deve ricostruire la sequenza temporale come un puzzle.

IL PERSONAGGIO

La coerenza psicologica del personaggio, esemplato su figure reali, è un canone fondamentale. I fatti che gli capitano hanno una spiegazione razionale, nulla avviene per caso. In genere il romanzo ne segue la maturazione, secondo fini prestabiliti.

I personaggi hanno smarrito identità e coerenza. Non sono più figure ideali, eroi-che, con uno scopo preciso da raggiungere; sono inetti, deboli, si lasciano trascinare dagli avvenimenti o sono alla ricerca di sé stessi. Ciò che capita loro, anche gli eventi più importanti, sembra avvenire per caso.

LE TECNICHE NARRATIVE

Prevale generalmente il racconto in terza persona, con un narratore esterno e onni­sciente, che guarda accadere gli eventi e li giudica o li descrive con distacco; comun­que ne sa più dei personaggi. Domina l'unità espressiva, la coerenza di linguaggio, come strumento che rispecchia la razionalità del mondo rappresentato.

Frequente è il racconto in prima persona, con un io narrante che racconta sul filo della memoria e scava nel proprio passato, usando il flusso di coscienza (stream of consciousness) o monologo intcriore. Viene scardinata la coerenza del codice linguisti­co (si ha spesso plurilinguismo, uso di vari registri linguistici, compresenza di generi diversi).

INTENZIONI COMINICATIVE

Il romanzo ottocentesco rappresenta l'a­scesa della borghesia e alimenta fiducia nel futuro; muove dalla certezza di poter dominare la realtà o di poterla conoscere con precisione quasi scientifica.

Il romanzo novecentesco esprime la crisi della borghesia, il suo timore di perdere l'egemonia nella società; è carico di dubbi e incertezze, anche alla luce del relativismo introdotto in psicanalisi da Freud e in fisi­ca da Einstein.

 

Fonte: http://www.liceoxxvaprile.it/docenti/materiali-docenti/prof-caturegli/vecchi-materiali/iv-b/IL%20ROMANZO%20800-900.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Il romanzo è un genere?

 

      II «genere» romanzo non si riconduce a modelli rigidi e a codifiche letterarie: la stessa definizione di «ge­nere» è impropria, perché un genere letterario è fon­dato su regole formali, norme che riguardano lo stile e i contenuti, mentre il romanzo è per sua natura mu­tevole negli argomenti e negli stili. Inoltre, un genere letterario vanta una serie di precedenti, di "antenati", ai quali si richiama o fa eventualmente ritorno. Il romanzo, invece, non ha una tradizione né un mo­dello ideale a cui fare riferimento. Ancora lunghe discussioni si svolgono intorno alle sue incerte origi­ni; ma il romanzo, di per sé, ed è questa la definizio­ne che più gli si addice, è la storia della parola sul mondo, una parola che continuamente si rinnova e si modifica insieme alla storia del pensiero umano. Caratteristica del romanzo è perciò quella di imitare, riflettere, deformare, capovolgere, sognare il mondo reale, in una dinamica incessante di costruzione e di­struzione e la sua libertà e gloria nascono dalla con­tinua "reinvenzione" di se stesso.
Che cosa significa «romanzo»? Il termine romanzo (roman in Francia e romance in Spagna) risale all'età medioevale (XI secolo) ed era usato per indicare le lingue neolatine o romanze, det­te anche lingue volgari perché parlate dal popolo, in opposizione alla lingua latina parlata dai dotti. Dal 1100 il termine francese roman passò a significare un testo scritto, il romanzo cortese-cavalleresco, in versi e in prosa. In italiano non sono mai esistiti due termini per distinguere i componimenti antichi che andavano sotto il nome di romanzo, anche se in versi, dal ro­manzo moderno come noi lo intendiamo.
In spagnolo, invece, il termine romance si riferisce esclusivamente agli antichi componimenti e il termine novela, derivato dall'italiano, indica il roman­zo nel senso moderno della parola.  Come lo spagnolo anche l'inglese ha differenziato i prodotti romanzeschi antichi (i componimenti greci e latini, medioevali e seicenteschi) dal romanzo mo­derno, designando i primi col termine romance e il secondo col termine novel.
Il prodotto letterario che oggi noi italiani chiamiamo «romanzo» equivale a quello che gli spagnoli chia­mano novela e gli inglesi novel. Il romanzo come prodotto della modernità.  La distinzione romance-novel non indica soltanto due diversi gruppi di prodotti letterari, situati in epoche storiche diverse, ma implica e si fonda su un muta­mento nella visione del mondo e della vita che dai cri­tici è stato definito processo di «disillusione» o «de­mitizzazione»:

  • il romance esprime un'immaginazione attiva che  vuole creare un mondo ideale, nobile, distaccato dalla realtà, un mondo popolato da eroi che affer­mano la propria virtù e indicano al lettore il cammi­no necessario per ottenerla a sua volta;
  • il novel non respinge questo atteggiamento fanta­stico e idealizzante; tuttavia la percezione del mon­do reale è sempre presente. E poi  i personaggi, lon­tani dal possedere l'ultima parola sul loro destino, sono impegnati in una ricerca del senso della vita che spinge il lettore a riconoscere in sé le loro stes­se disillusioni e incertezze.
  •  

Che cos'erano gli  antichi romances?
Ma che cos'erano questi antichi componimenti, que­sti romances?
• Nell'età classica furono scritti romanzi (ricorda che in italiano non abbiamo un'altra parola per indicare questo tipo di letteratura): Dafne e Cloe del greco Longo Sofista (III-II secolo a.C.), il Satyricon di Petronio (I secolo d.C.) e Le metamorfosi di Apuleio (II secolo d.C.), ambedue scrittori latini. Si tratta di te­sti lunghi, di contenuto amoroso, caratterizzati da un intreccio fondato su una serie di avventure e col­pi di scena, che termina a lieto fine.
• In età medioevale il gusto per questo tipo di narra­zione sì affermò all'interno delle corti feudali, nella Francia settentrionale e in Inghilterra. I romanzi cavalleresco-cortesi, storie d'amore e d'avventura, dettero vita a veri e propri cicli, dapprima in versi e successivamente in prosa, come quello legato a Car­lo Magno e ai suoi paladini (ciclo carolingio) o quel­lo su re Artù e i cavalieri della Tavola rotonda (ciclo arturiano o bretone).
• Tra la fine del Cinquecento e la fine del Seicento fio­risce in Spagna il romanzo picaresco (picaro è il fur­fante, l'emarginato che racconta la sua vita), che avrà larga parte nella genesi del moderno romanzo europeo: in particolare, la mescolanza di individua­lismo e realismo, tipica della narrativa picaresca, si ritrova in alcuni romanzi del Settecento (vedi più avanti). Ma il più importante romanzo del Seicento è senz'altro il Don Chisciotte (1605-1615) dello spa­gnolo Miguel de Cervantes, in cui è presente una originarissima fusione di generi letterari diversi.
• È nella Francia del Seicento che si comincia a regi­strare una fervida produzione di romanzi di vario ti­po: d'amore, d'avventura, d'ambientazione e gusto pastorale, romanzi tragici, comici. La lettura di que­ste opere era considerata una forma di passatempo disimpegnato; si continuava a guardare al poema cavalleresco medioevale e rinascimentale come al genere per "eccellenza".

La rottura con la tradizione
La rottura con la tradizione letteraria si verifica nel corso del Settecento, quando si afferma una conce­zione dell'arte secondo la quale il «bello» non deriva dall'imitazione dei modelli tradizionali, ma coincide con la verosimiglianza. Ed è a questo punto che in In­ghilterra comincia a essere usato il termine novel per indicare il nuovo romanzo, il romanzo realistico, in cui eventi e personaggi, anche se frutto dell'inventiva dell'autore, hanno carattere di verosimiglianza. Na­sce così il romanzo moderno.

Le caratteristiche del romanzo moderno
Poco incline, per sua natura, a farsi imbrigliare entro un immutabile codice di regole formali, il romanzo si può definire - ai minimi termini - come la narrazione di una storia. Il romanzo ci restituisce sempre una realtà inventata, un'illusione, anche quando i mondi da esso creati sono così simili alla realtà da sembrare più veri del vero. La finzione è ciò che distingue il ro­manzo dalla biografia, dall'autobiografia, dalla testi­monianza vissuta, dall'opera detta «storica». Il romanzo moderno, nato a partire dal Settecento, ha tre caratteristiche fondamentali:

  • è il racconto di una storia, cioè una serie di eventi legati tra loro in modo che sia possibile riconoscere un cambiamento tra un "prima" e un "poi";
  • è un racconto in prosa;
  • è un racconto lungo.
  •  

Racconto e romanzo
La misura lunga distingue il romanzo dal racconto, che è invece una narrazione di brevi dimensioni e che, pur condividendo con il romanzo caratteristiche di contenuto e di struttura, da esso sì distingue nel rit­mo, nel tono e negli effetti della lettura. Un numero li­mitato di pagine deve contenere personaggi, am­bienti, azioni: l'arte del racconto è quella di selezio­nare gli ingredienti e concentrarli in poco spazio. Inol­tre, quando leggiamo un racconto, sperimentiamo un unico effetto prevalente (commozione, divertimento, paura ecc.) per ottenere il quale l'autore si ingegna a costruire il meccanismo narrativo adatto. Al contrario il romanzo ha tutto lo spazio per svilup­parsi, prendere forma gradualmente o cambiarla, la­sciando che personaggi e intreccio si definiscano pro­gressivamente. Da tutto ciò l'autore trae la sua forza: egli sa di avere il potere di creare un mondo che, nel­l'esperienza di lettura, finisce per diventare possibile, «reale» e sa che per il lettore è impossibile porta­re a termine un romanzo in un'unica tappa. Perciò, giocando sulle interruzioni obbligate (ad esempio la suddivisione in parti e capitolo, l'autore può ritarda­re e amplificare la curiosità e il senso di attesa nel let­tore il quale, man mano che si addentra nel romanzo, incontra personaggi e vive situazioni che lo portano a partecipare alle esperienze del protagonista e a ol­trepassare i limiti della propria vita individuale per ac­quisire una visione della vita più ampia.

 

fonte: http://files.splinder.com/7d27f378e163a15bc0d4089fbf7a1e0d.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Il romanzo

Certamente tutti siamo in grado di riconoscere un romanzo, eppure darne una definizione non è così semplice, innanzitutto perché il romanzo è un genere ancora in evoluzione ( da quando è nato nel XVI e XVII sec ad oggi ha subito numerosi cambiamenti) e poi perché è un genere letterario ibrido, complesso , nel quale confluiscono elementi propri degli altri generi letterari: dalla lirica ( si pensi  alle effusioni sentimentali dei personaggi) al teatro ( i dialoghi), al saggio ( le riflessioni su varie problematiche). Si possono tuttavia individuare alcune componenti basilari e facilmente riconoscibili:

  • il romanzo è  innanzitutto una narrazione  : il romanzo racconta una storia, cioè una successione di eventi concatenati da rapporti temporali e causali. E’ chiaro che il romanziere decide di operare una scelta tra i fatti che vuole narrare , stabilisce inoltre il modo con cui narrarli: se vuole seguire un ordine cronologico o servirsi di retrospezioni o anticipazioni; quali fatti evidenziare e quali porre in ombra ecc , il tutto per produrre un certo effetto sul lettore( tener desta l’attenzione, commuoverlo, indurlo a riflettere).
  • Questa narrazione è in prosa: questo differenzia nettamente il romanzo dall’epica ( che pure è una narrazione di storie, ma in versi)
  • La storia narrata è fittizia , cioè è frutto dell’invenzione dell’autore . Ciò la distingue dalla biografia, dall’autobiografia , dal racconto di viaggi. E’ vero che a volte l’autore utilizza un’esperienza realmente vissuta o un fatto storico, elementi che tuttavia rielabora e trasforma in una storia tutta nuova.

Volendo sintetizzare, possiamo definire il romanzo narrazione di una storia fittizia..

Romanzo e racconto
La prima evidente differenza fra racconto e romanzo riguarda l’ampiezza: il racconto è breve, il romanzo è  più ampio e complesso. Questa caratteristica determina anche le altre differenze nel modo di organizzare la narrazione:

  • Nello sviluppo dell’azione il racconto obbedisce alla legge della concentrazione, punta quindi sulla sorpresa; il romanzo, al contrario, utilizza la tecnica del rallentamento e della concatenazione. Nel racconto lo scioglimento della vicenda coincide quasi sempre con la conclusione, nel romanzo esso è posto  un po’ prima della fine e viene seguito da un graduale indebolimento dell’azione, come una discesa dopo che si è giunti in cima, possono esserci più spannung. Anche il ritmo è  quindi diverso nei due generi: spesso più rapido e immediato nel racconto dove occorre giungere presto ad una conclusione
  • Anche la materia della narrazione è diversa tra i due generi:nel racconto il cuore della narrazione può essere una battuta, un evento, un’emozione nella vita di un personaggio. La materia del romanzo è molto più articolata  sul piano delle azioni: possono intrecciarsi storie diverse, l’autore può inserire digressioni, gli eventi sono molto più ricchi o hanno uno sviluppo più ampio o più profondo.
  • La presentazione dei personaggi presenta caratteristiche diverse: nel racconto la personalità dei personaggi è solo delineata attraverso brevi tratti ( spesso i personaggi sono solo dei tipi); nel romanzo i personaggi sono descritti nei loro caratteri fisici e psicologici e sono attentamente seguiti nella loro evoluzione. Anche lo  sfondo è analizzato nei suoi aspetti sociali, ambientali e talvolta storici.

Il termine
Il termine romanzo è di origine medioevale: intorno all’ VIII sec , indicava la lingua volgare, popolare, in opposizione al latino ( dall’antico francese romanz, che a sua volta risale all’espressione latina romanice loqui= parlare in lingua romana ,contrapposto a latine loqui= parlare in lingua latina).
Nel XII sec. il termine designava opere narrative prima in versi e poi in prosa , composte in lingua volgare( solitamente in francese antico),che raccontavano storie fantastiche di cavalieri impegnati in strabilianti avventure alla conquista della donna amata ( romanzi cortesi o cavallereschi).
A partire dal XVI sec. il termine cominciò a designare narrazioni simili ai romanzi attuali. Quindi è nella seconda metà del Cinquecento che si può far risalire l’origine del romanzo , tuttavia è solo a partire dalla metà del Settecento , e ancor più nell’Ottocento e nel Novecento, che il romanzo si impose come genere letterario dominante.

Le tipologie
Sulla base degli argomenti affrontati nei vari  romanzi, si possono distinguere  quattro fondamentali tipologie, all’interno delle quali si individuano tuttavia diversi sottogeneri:

  • Romanzi d’azione
    • L’elemento più rilevante è la trama,: l’intreccio è complesso, vi compaiono avventure, viaggi, travestimenti, riconoscimenti, tesori nascosti , finché si giunge al colpo di scena finale che scioglie un groviglio in apparenza inesplicabile. Frequente è la sfasatura fra fabula e intreccio.
    • I personaggi e lo sfondo non sono molto approfonditi
    • I fatti possono essere narrati da un narratore omnisciente o interno alla storia

              Rientrano in questa tipologia i romanzi di avventura, di viaggi ( Defoe,Swift, Salgari)

  • Romanzi d’ambiente e di carattere
  • La vicenda è poco romanzesca;
  • L’attenzione si appunta soprattutto sui personaggi, che vengono analizzati psicologicamente e messi in rapporto con l’ambiente, spesso anche per mezzo del ritratto diretto. Essi, pertanto, non sono dei “ tipi” fissati in uno schema precostituito ( l’avaro, il geloso, l’innamorato ecc), ma individui unici, caratterizzati da tratti ben definiti che ne fanno delle creature reali, riconoscibili;
  • I personaggi sono espressione di un preciso ambiente storico-socialeche viene ricostruito in modo accurato.

        Rientrano in questo filone il romanzo storico e il romanzo realista ( Manzoni, Verga, Balzac)

 

  • Romanzi d’analisi
  • Il mondo interiore dei personaggi diventa l’elemento fondamentale della narrazione; la realtà esterna non è importante in sé e per sé, ma solo per gli effetti che provoca sull’animo dei personaggi;
  • La trama tende a dissolversi, le vicende narrate sono grigie e quotidiane
  • I personaggi , vengono colti da varie angolazioni e appaiono spesso mutevoli e contradditori
  • La narrazione procede con ritmo molto lento perché pensieri e sensazioni vengono analizzati e descritti al rallentatore e perché segue lo svolgersi del pensieri e del mondo interiore in cui coesistono presente e passato, realtà e ricordi;
  • Il punto di vista è sempre interno alla vicenda

          Autori tipici di questo filone: Proust, Pirandello, Svevo, KafKa, Joyce.

  • Romanzi sperimentali
  • la fabula spesso priva di conclusione o compaiono delle divagazioni
  • l’autore usa nello stesso romanzo stili, linguaggi e materiali diversi, dando l’immagine di un mondo contraddittorio
  • l’autore contesta con questo genere il romanzo tradizionale

      Autori: Kundera; Gadda.

 

Fonte: http://www.istitutoturoldo.it/il-portale/area-docenti/1romanzogenerale.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Un genere narrativo: il romanzo poliziesco

 

Piccola guida alla lettura

  • Definizione di genere letterario / narrativo (insieme in cui si raggruppano opere con caratteristiche strutturali e di contenuto simili)
  • Caratteri del romanzo poliziesco ( giallo, crime story, detective story, Kriminalroman..)
  • Costanti ( delitto, indagine, scioglimento)
    • Diversità di tipologia: molti sottogeneri differenti (poliziesco classico, o scientifico,o giallo enigma; giallo psicologico; hard boiled novel,…)
    • Produzione di massa, di consumo (Trivialliteratur), ma anche opere di grandi scrittori (Carlo Emilio Gadda, Friedrich Dürrenmatt, Leonardo Sciascia…)
    • Un po’ di storia

     

      • Edgar Allan Poe è considerato il “padre” del romanzo poliziesco ( circa metà ‘800): il suo investigatore, M. Dupin, si distingue per il suo metodo d’indagine logico-deduttivo.
      • Tutta la letteratura poliziesca dell’800 è di carattere “scientifico”, centrata sull’osservazione e la deduzione razionale: Arthur Conan Doyle crea la figura di Sherlock Holmes, investigatore privato a Londra, nella seconda metà ‘800. E’ l’epoca del grande sviluppo della scienza, della tecnologia e della grande fiducia nel metodo scientifico, nella razionalità (la filosofia dominante è il Positivismo).

       

      • Sempre in Inghilterra, nel ‘900, dagli anni Venti, Agatha Christie continua la tradizione del giallo enigma, ma i suoi investigatori (Miss Marple, Hercule Poirot) seguono, oltre a indizi oggettivi, le “impronte psicologiche” dell’assassino.
      • Al modello classico si rifanno, in America, S.S. VanDine (con il detective newyorkese Philo Vance), Rex Stout (Nero Wolfe), Ellery Queen, Edgar Wallace,…
      • 1929: il romanzo poliziesco si diffonde anche in Italia. L’editore A.Mondadori pubblica una collana di romanzi con la copertina gialla. Grande successo, da cui il nome.
      • Anni ’30: sia in Francia sia in America, in sintonia con la grande letteratura, nasce un nuovo tipo di giallo, di impronta realista. Il detective non è più un personaggio speciale, con qualità fuori dal comune, ma è un uomo normale, con pregi, difetti, debolezze.
      • Negli USA si sviluppa il grande filone del giallo d’azione, l’ hard boiled novel, dal ritmo serrato, ricco di suspense : Raymond Chandler crea l’investigatore privato Philip Marlowe, Los Angeles; Dashiell Hammet crea Sam Spade.
      • In Francia  il genere segue piuttosto il filone psicologico: George Simenon è l’autore del commissario Maigret, parigino, pieno di intuito e di buon senso. L’ambientazione è importante: gli investigatori si confrontano non solo con un assassino, ma con i problemi, i vizi di una società,  che sia Parigi o Los Angeles. E’ una lotta quasi sempre vincente contro il male, ma dura, amara, consapevole che il male del mondo non si può estirpare del tutto.
      • Nella seconda metà del secolo è più difficile seguire i percorsi della narrativa poliziesca, che si complicano sempre più.  Non sempre gli investigatori riescono a portare a buon fine le indagini, ad assicurare alla giustizia il colpevole. Nei romanzi di Gadda (Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana, 1957) o di Dürennmatt (Il giudice e il suo boia, 1952), sembra che il Caso sia più forte della logica umana; in certe opere di Sciascia (Il giorno della civetta, 1961) lo stato resta sconfitto nella sua lotta alla mafia.
      • Oggi è molto conosciuto, anche attraverso le serie televisive, il personaggio del commissario Montalbano, di Andrea Camilleri, che opera in una Sicilia immersa, oltre che nelle passioni di sempre, nei problemi del mondo contemporaneo: immigrazione clandestina, droga, mafia,…La lettura non è facilissima per l’intarsio linguistico con il dialetto siciliano, ma si entra presto nel lessico e nei modi di questa lingua.

       

    • fonte: http://gold.indire.it/datafiles/BDP-GOLD0000000000203B24/Romanzo_poliziesco.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Il romanzo del ‘900


De Benedetti: la narrativa moderna mette in crisi la possibilità di leggere i romanzi standosene in poltrona, tranquilli, non sono romanzi di evasione, sono inquietanti perché rappresentano lo sgretolamento dell’uomo borghese, della concezione unitaria e coerente che l’uomo ha di sé.”


il tempo


Romanzo dell’800:
  • Logica consequenziale dei fatti narrati
  • Struttura cronologica, con digressioni ordinate
  • Tecniche narrative che rispettano la scansione temporale in un prima e in un poi

Romanzo del ‘900:

  • Particolari amplificati
  • Tempo soggettivizzato
  • Struttura tematica, non cronologica, continuo passaggio di passato e presente
  • Nuove tecniche narrative che dissolvono la struttura cronologica (flusso)

 

il personaggio


Romanzo dell’800:
  • Personaggio realistico
  • Garante della unità
  • Portatore di un sistema di valori (più o meno condiviso-condivisibile)
  • Il personaggio agisce

Romanzo del ‘900:

  • Dissoluzione del personaggio
  • Ha vita soprattutto interiore
  • Antieroe: uomo senza qualità, identità, salute
  • Il personaggio subisce non agisce

 

 

La trama


Romanzo dell’800:
  • È fondamentale
  • Fabula lineare e cronologica
  • Il romanzo è costruito sulla fabula e su rapporti lineari di causa/effetto
  • Valorizzazione dell’atto eroico

Romanzo del ‘900:

  • E’ insignificante
  • Impossibile riassumere una fabula
  • Importanti sono gli stati d’animo, le sensazioni, i pensieri
  • Valorizzazione del banale e del quotidiano

 

il narratore


Romanzo dell’800:
  • Narratore in terza persona
  • Narratore regista onnisciente
  • È garante della verosimiglianza
  • Nel Naturalismo si comporta come uno scienziato

Romanzo del ‘900:

  • Narratore in prima persona
  • Punto di vista che non garantisce al lettore la veridicità di ciò che legge

 

La realtà esterna 1


Romanzo dell’800:
  • complesso di fenomeni materiali regolati da leggi meccanicistiche e determinate
  • Hegel: tutto il reale è razionale e viceversa
  • Fiducia nella conoscenza oggettiva della realtà

Romanzo del ‘900:

  • Angoscia e smarrimento di fronte al non senso
  • Realtà misteriosa, complessa, inconoscibile, frammentata, inconsistente
  • Perdita di ogni certezza, ci si chiede il senso di tutto

 

La realtà esterna 2


Romanzo dell’800:
  • La realtà puo’ essere “fotografata”
  • Romanzo: documento umano
  • Riduzione positivistica dell’uomo a neutro ed impassibile registratore di eventi

Romanzo del ‘900:

  • La realtà è complessa, misteriosa, inconoscibile, su più piani
  • La realtà dietro le apparenze non può essere fissata in una forma
  • La funzione dell’uomo e dello scrittore è spingere lo sguardo oltre la superficie dei fenomeni

 

il fine dell’arte


Romanzo dell’800:
  • Educare

                   Manzoni

  • denuncia sociale

                   Naturalismo

  • proporre un modello umano, l’eroe decadente

                   D’Annunzio

Romanzo del ‘900:

  • L’arte è autonoma dalla morale, scandaglia le coscienze
  • Il romanzo del Novecento è la trascrizione della coscienza della crisi
  • Propone l’antieroe

Crisi dei fondamenti
Crisi della cultura, della civiltà e del modello di sviluppo occidentale
Crisi delle certezze scientifiche
Mutano le concezioni di tempo e materia

  • Teoria della relatività
  • Meccanica quantistica
  • Nuova fisica delle particelle subatomiche
  • Gli scrittori si rendono conto che non sono in grado di rappresentare la realtà nè di modificarla

Ma già alla fine dell’Ottocento

  • Nietzsche: aveva distrutto qualsiasi illusione antropocentrica, anche fondata sulla “scienza”. L’ottimismo positivistico è una religione consolatoria come le altre…
  • Freud: aveva dimostrato l’incapacità della ragione di governare l’uomo e di autocomprendersi. Molte delle nostre azioni e pensieri derivano o sono condizionate da qualcosa di totalmente incontrollabile dalla ragione, l’Inconscio. L’individuo non si forma mentalmente su nobili sentimenti ma su pulsioni elementari, essenzialmente sessuali e di autoconservazione….

            La crisi dell’uomo del ‘900

  • La grande cultura precipita in uno smarrimento profondo, non c’è più Dio al centro, ma l’uomo, che però è debole, insicuro, inconoscibile
  • L’uomo del ‘900 non si accontenta + del “come”, ma vuole sapere il “perché”. A queste domande però non sa dare risposta e si smarrisce
  • Va in crisi l’immagine vincente dell’uomo che ci proviene dalla storia: l’uomo che è artefice della sua fortuna, l’uomo borghese che si costruisce con le sue mani ed è soddisfatto di sè

La crisi del ‘900 nei titoli delle opere

  • Il mestiere di vivere
  • Il male di vivere
  • L’uomo senza qualità
  • Un inetto
  • Senilità
  • Uno, nessuno, centomila
  • Il male oscuro
  • Cuore di tenebra

  La crisi del ‘900: La malattia

  • Simbolo di disagio esistenziale
  • Nevrosi che nasce dalla ricerca insoddisfatta del senso della vita
  • Uomo dissociato, schizoide, debole, deformato
  • Il sano sa godere la vita, ma è inautentico, crede di vivere ma è vissuto
  • Il malato è inadatto a vivere, insoddisfatto, ma autentico e profondo

 

Fonte: http://www.liceicarbonia.it/public/pagine/allegati/Il%20romanzo%20del%20900.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Romanzo definizione e storia

 

Il romanzo è soprattutto un prolungamento, nel tempo e nello spazio. Il romanzo moltiplica la nostra vita: è il tappeto volante, che ci trasporta. Dovunque, quindi anche nei mondi di pertinenza della sola fantasia, e che annulla le barriere spaziotemporali, consentendoci divagare tra guerra di Troia e guerra dei cento anni, tra scoperta dell'America e sbarco sulla luna.Il romanzo mette alla portata di ognuno il sortilegio di cui è capace il demone Asmodeo nel «Diavolo» di Lesage: scoperchiare i tetti delle case e, inosservati, spiare quello che vi succede dentro, partecipare alla vita altrui una da .spettatori.

G. Rugarli

 

 

Che cos'è un romanzo?

 

 

La parola romanzo evoca immediatamente una realtà familiare, carica di sensazioni piacevoli, identificabili da una parte con l'idea di «tempo libero», «divertimento», «riposo del corpo e della mente», dall'altra con quella di «finzione», «illusione», di qualcosa che ci distoglie dalla vita reale per immergerci in un mondo fittizio dove agiscono personaggi fatti di carta e di parole eppure talmente vivi che, a lettura finita, abbiamo l'impressione di conoscerli da sempre, li sentiamo vicini a noi perché ne abbiamo condiviso passioni, sentimenti, speranze e delusioni. Quante volte di sera nell'intimità di una camera o stesi al sole su una spiaggia abbiamo riallacciato le fila dì rapimenti e complotti, amori tempestosi e battaglie realmente combattute, eroi fittizi e personaggi storici; quante volte le avventure di James Bond o le pazienti indagini del commissario Maigret ci hanno fatto dimenticare la durata di un viaggio.

Eppure il mondo creato dalla fantasia dello scrittore non è solo un mezzo per evadere dalla realtà. Al contrario, la finzione letteraria del romanzo permette di conoscere in profondità il mondo e l'uomo, di metterne a nudo le contraddizioni, di proporre un'alternativa al reale. Tutto ciò può scaturire evidentemente solo da una lettura di secondo grado che, superato l'interesse per la vicenda raccontata e il naturale coinvolgimento in essa, interroghi più attentamente il testo, esamini le corrispondenze tra i diversi livelli, ne indaghi il significato. Ma per un qualunque lettore al pruno approccio con esso, il romanzo è anzitutto una storia complessa, più o meno verosimile, ricca di eventi, che appassiona e diverte.

Certamente tutti siamo in grado di riconoscere un romanzo, eppure darne una definizione non è cosa facile. Infatti, mentre gli altri generi letterari che ci sono stati tramandati dal passato hanno assunto un aspetto ormai definito e compiuto, il romanzo, che è nato nell'epoca moderna (comincia ad apparire in Europa tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII in concomitanza con l'affermarsi della borghesia) è tuttora in divenire, incompiuto, la sua ossatura non si è del tutto consolidata. «Lo studio degli altri generi letterari ‑ osserva il critico Michail Bachtin ‑ è analogo allo studio delle lingue morte; lo studio del romanzo, invece, è analogo allo studio delle lingue vive e giovani». Il romanzo inoltre è un genere letterario ibrido, complesso, nel quale confluiscono elementi propri degli altri generi: dalla lirica (si pensi ai monologhi o alle effusioni sentimentali dei personaggi) al teatro (i dialoghi), al saggio (le riflessioni su varie problematiche). Tutti questi elementi, però, una volta fatti propri dal romanzo, si amalgamano subendo un profondo mutamento. In definitiva dunque il genere romanzo risulta fluttuante e in perpetua trasformazione, ma proprio per questo può riflettere il divenire della realtà in modo profondo e completo. Ecco perché ci sembra che il modo migliore di costruire un graduale identikit di questa importante forma letteraria sia quello di delinearne le componenti basilari e più facilmente riconoscibili per giungere via via a quelle più complesse.

Un romanzo è anzitutto una narrazione. Mentre a teatro lo spettatore è posto direttamente di fronte agli avvenimenti che si svolgono sulla scena, il romanziere si pone fra il lettore e la realtà che ha scelto di mostrargli e la interpreta per lui. Questa narrazione è in prosa e ciò è uno degli elementi che distinguono il romanzo dall'epopea. Il romanzo racconta una storia, cioè una successione di avvenimenti concatenati da rapporti temporali e causali. È chiaro che il romanziere deve operare una scelta tra i fatti che vuole narrare e stabilire in che modo vuole narrarli. Deve cioè decidere se seguire l'ordine cronologico oppure servirsi di flash‑back, anticipazioni, digressioni, a quali fatti dare la preferenza e quali lasciare in ombra. Insomma deve organizzare la materia per darle forma artistica, nell'intento di produrre un certo effetto sul lettore: tener desta la sua attenzione, commuoverlo, indurlo a riflettere. La storia narrata è fittizia, e ciò distingue il romanzo dalla biografia, dall'autobiografia, dal racconto di viaggi. È evidente però che non tutto in un romanzo è inventato; vi può entrare, sia pure rielaborata, un'esperienza realmente vissuta dall'autore o da altri, o il resoconto di un evento storico. Altre volte invece l'autore, usando vari espedienti, per esempio un manoscritto da lui ritrovato, fa passare per racconto di fatti autentici una vicenda inventata, ingannando il lettore che però si compiace di quest'inganno e ci prova gusto. Tra romanziere e lettore si viene così a stabilire una sorta di complicità e il romanzo gioca continuamente sull'ambiguità tra realtà e finzione.

Volendo sintetizzare quanto abbiamo fin qui esposto, possiamo definire il romanzo narrazione di una storia fittizia. Esso si colloca nell'ambito dei testi narrativi confabula e può essere messo in relazione da una parte con l'epica, dall'altra con la novella.

 

Epica e romanzo

 

Il rapporto che lega questi due generi è alquanto complesso: non si può dire che essi derivino l'uno dall'altro, che presentino significative somiglianze (a parte il fatto che entrambi sono testi narrativi confabula di ampio respiro) o che convivano nello stesso periodo storico. Vediamo anzi che il romanzo si afferma proprio a partire dal momento in cui il poema epico e la concezione aristocratica del mondo che in esso si riflette si vanno disgregando. È come se il romanzo si sostituisse all'epica, ne prendesse il posto, continuando a svolgere la stessa funzione. Ma qual è questa funzione?

È stato notato che entrambi questi generi letterari offrono una visione totale, complessiva del mondo che rappresentano: ciò significa che attraverso vicende individuali sia il poema epico sia il romanzo comunicano l'intera concezione del mondo propria di un popolo e di una classe sociale in una determinata epoca. Coscienza religiosa, vita politica e familiare, modo di vivere, sentimenti, mezzi di soddisfacimento dei bisogni materiali, insomma tutti gli aspetti della vita vengono incontro al lettore, costituendo un vasto e variegato affresco che fa da sfondo e si intreccia alle vicende dei personaggi.

Osserviamo adesso le differenze tra i due generi:

  • il poema epico è scritto in versi, il romanzo in prosa, anche se non manca qualche eccezione (i romanzi cortesi di epoca medievale);
  • l'epica, per quel che riguarda sia la tecnica narrativa sia la trasmissione, è strettamente connessa alla tradizione orale, mentre il romanzo presuppone la scrittura, il libro; la prima implica la recitazione e l'ascolto collettivo, il secondo la lettura che è una forma di fruizione individuale;
  • il mondo dell'epica è il passato eroico nazionale, collocato in un tempo del tutto separato da quello dell'autore e del pubblico, nei confronti del quale l'unico atteggiamento possibile è il rispetto, la venerazione. Al contrario, la realtà contemporanea viva, fluente, non ufficializzata è oggetto della rappresentazione del romanzo che, anche quando si sofferma su epoche lontane, tende ad avvicinarle al presente per metterle a confron­to con esso. Se l'epica si fonda sulla memoria e sull'accettazione del passato, il romanzo favorisce lo sviluppo di un atteggiamento critico;
  •  protagonisti dell'epica sono gli eroi, esseri eccezionali, superiori sia sul piano fisico sia su quello morale alla comune dimensione umana; compiuti e immutabili, essi ritornano sempre con le stesse caratteristiche nelle varie opere. Al contrario, il personaggio del romanzo è vicino all'uomo comune, è problematico, spesso in conflitto con la realtà e muta nel corso della vicenda educandosi gradatamente alla vita;
  • la materia dell'epica è già nota al pubblico che nei vari poemi ritrova personaggi e si­tuazioni a lui familiari; ogni romanzo invece racconta una storia nuova che in esso di solito si esaurisce e stimola quindi la curiosità del lettore;
  • l'epica è caratterizzata dalla prevalenza dello stile alto, mentre nel romanzo, proprio per il suo particolare modo di rapportarsi alla realtà, si realizza una pluralità di toni e di stili (tragico e comico, serio e faceto); laddove l'epica è espressione di una società aristocratica, il romanzo rappresenta la forma letteraria specifica di un ceto in ascesa: la borghesia. Non a caso infatti esso si af­ferma in seguito alla cristallizzazione e alla successiva dissoluzione dell'epica e della so­cietà aristocratica che in essa si riconosceva.

 

Novella e romanzo

 

Se per un verso il romanzo si può rapportare al poema epico, per l'altro esso si rial­laccia alla novella, o meglio alla raccolta di novelle racchiuse in una cornice nella quale trova più ampio sviluppo il significato di ogni singolo componi­mento.

Analizziamo brevemente i punti di contatto e le differenze tra i due generi.

  • Novella e romanzo sono accomunati dall'attenzione a una realtà quotidiana abba­stanza vicina nel tempo, e da un atteggiamento conoscitivo e critico nei confronti del mondo rappresentato che viene colto nella sua caratterizzazione sociale.
  • La prima e più evidente differenza tra novella e romanzo riguarda l'ampiezza: la novella è un racconto breve, il romanzo è una narrazione più ampia e complessa.
  • La maggiore o minore lunghezza però non basta a definire la novella in rapporto al romanzo. Sono diversi l'obiettivo dell'autore, la costruzione, il ritmo. La novella è costituita da una materia piuttosto semplice: una battuta, una beffa, un evento o un'emozione nella vita di un personaggio. La materia del romanzo, al contrario, è molto più articolata sia sul piano delle azioni sia su quello dei personaggi che vengono descritti nella varietà dei loro caratteri fisici e psicologici e sono attentamente seguiti nella lo­ro evoluzione. Anche lo sfondo è analizzato nei suoi aspetti sociali, ambientali e talvolta storici.
  • Nello sviluppo dell'azione la novella obbedisce alla legge della concentrazione, punta quindi sulla brevità e sulla sorpresa; il romanzo, al contrario, utilizza la tecnica del rallentamento e della concatenazione. Pertanto mentre nella novella lo scioglimento della vicenda coincide con la conclusione, nel romanzo esso è collocato un po' prima della fine e viene seguito da un graduale indebolimento dell'azione, come una discesa dopo che si è giunti in cima. Per esempio, nei Promessi sposi Manzoni fa seguire al lie­to fine (il matrimonio di Renzo e Lucia) la narrazione della vita dei due giovani nel pae­se in cui si sono trasferiti e sì sofferma sulle gioie e sulle piccole amarezze e delusioni della loro vita quotidiana.

Nella realtà della produzione letteraria però le differenze non sono poi così nette come appare all'esposizione teorica. Esistono infatti racconti lunghi che sono pubblicati come romanzi(per esempio, La morte a Venezia di Thomas Mann) e romanzi brevi che possono essere considerati quasi dei racconti, come Agostino di Alberto Moravia.

Ancora una volta dunque il genere romanzo sfugge a qualsiasi rigida classificazione.

 

Il termine      

 

Il termine romanzo è di origine medievale. Inizialmente, intorno all'VIII secolo, indicava la lingua volgare, popolare, in opposizione al latino. Nel XII secolo cominciò a essere usato per designare opere narrative prima in versi e successivamente in prosa, destinate alla lettura e composte in lingua volgare, solitamente in francese antico, che raccontavano storie fantastiche di cavalieri impegnati nelle più strabilianti avventure per conquistare la donna amata. Erano i cosiddetti romanzi cortesi o cavallereschi che tanto successo ebbero anche nelle epoche successive. Dall'iniziale riferimento alla lingua in cui le opere erano scritte il termine passò dunque a designare il tipo di componimento. Quindi, a partire dal XVI secolo, cominciò a essere sistematicamente applicato a quel genere letterario che ancora oggi va sotto il nome di romanzo e che andava allora gradatamente assumendo quelle specifiche caratteristiche che tuttora lo contraddistinguono.

 

Tipologia

 

Innumerevoli sono le forme assunte dal romanzo la cui tipologia è assai più vasta e varia di quella di qualsiasi altro genere letterario. Sotto un'unica etichetta finiscono pertanto per confluire opere diverse per tematica, struttura, valore, che, pur accomunate dalle caratteristiche proprie del genere, assumono tratti specifici e costituiscono dei sottogeneri, a loro volta chiaramente definiti, nell'ambito della grande famiglia del romanzo.

Una prima differenziazione, di tipo «orizzontale», è quella che distingue i diversi tipi di romanzo in base alla tematica (romanzo picaresco, d'avventura, storico, sentimentale, poliziesco, di formazione, di fantascienza, autobiografico ecc,) o alle tecniche di composizione (romanzo realista, verista, naturalista, neorealista, sperimentale, d'appendice ecc.).

Una seconda distinzione, questa volta «verticale», è quella che prende in considerazione il valore artistico delle opere, per cui viene collocata a un livello superiore la cosiddetta alta letteratura, della quale fanno parte i grandi romanzi di tutti i tempi, e a un livello inferiore la letteratura d'intrattenimento che comprende il romanzo di fantascienza, d'appendice, poliziesco, rosa, nero, ovvero quelle opere avvincenti che si leggono esclusivamente per il gusto di sapere... come va a finire. Ciò non toglie che anche nell'ambito di questa letteratura di evasione vi siano romanzi costruiti con grande abilità, frutto dell'attività di bravi scrittori (si pensi ad Agatha Christie e a George Simenon per il romanzo giallo o a lsaac Asimov per quello di fantascienza).

In questa sede terremo conto, per un verso, della distinzione «verticale»: ci soffermeremo pertanto in un primo momento su quei romanzi che il giudizio unanime dei lettori di tutti i tempi ha annoverato fra i classici, ovvero fra quei libri che per il loro spessore culturale dovrebbero far parte delle letture di formazione di ogni individuo perché costituiscono una ricchezza inesauribile per chi li legge e li ama. Un classico, infatti, come osserva lo scrittore Italo Calvino, «è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire». In questa sezione dell'antologia intendiamo pertanto proporre un certo numero di classici, all'interno dei quali ciascuno potrà operare le sue scelte e riconoscere i «suoi» classici, cioè quelli che nel corso degli anni amerà rileggere non più per obbligo scolastico ma per il piacere di scoprirvi ogni volta qualcosa di nuovo e di ritrovarvi un vecchio amico. Una trattazione a parte sarà riservata ai romanzi che rientrano nella cosiddetta letteratura d'intrattenimento, la cui lettura, oltre a essere piacevole e divertente, è utile anche per poter misurare, attraverso il confronto, la distanza che intercorre fra un testo letterario di ragguardevole livello artistico e un prodotto commerciale fabbricato in serie.

Per quel che riguarda la distinzione «orizzontale» che, soprattutto nell'ambito dell'alta letteratura, è minuziosa e articolata, ad evitare di disperderci in una miriade di sottogeneri, abbiamo raggruppato le differenti tipologie in quattro grossi filoni che abbia­mo disposto secondo una graduatoria di difficoltà in modo da passare dalle forme più semplici a quelle via via più complesse e sofisticate.

 

  1. Il primo filone comprende i romanzi d'azione o di eventi, nei quali l'elemento più rilevante è la trama. Essi si propongono di suscitare la curiosità e l'interesse del lettore mediante un intreccio complesso e si concludono con un finale lieto o triste che co­munque placa le emozioni precedentemente stimolate. I personaggi hanno fondamen­talmente la funzione di portare avanti l'azione, pertanto né i caratteri né lo sfondo sono solitamente molto approfonditi, anche se non mancano naturalmente opere in cui le vi­cende, pur avvincenti, sono solo un pretesto per raffigurare una certa condizione del­l'uomo e della società. Tutte le storie implicano una deviazione dalla normale vita civile che deve essere però temporanea: dopo essersi sbrigliato, il protagonista torna, natu­ralmente più maturo e consapevole, a una condizione di ordine e di sicurezza. Rientrano nell'ambito del romanzo d'azione il romanzo picaresco e il romanzo di viaggi e di av­venture.
  2. Del secondo filone fanno parte i romanzi d'ambiente e di carattere nei quali l'at­tenzione si appunta, più che sull'azione, sui personaggi che vengono analizzati psicolo­gicamente e messi in rapporto con l'ambiente. La vicenda è generalmente poco roman­zesca e propone intrecci e temi più vicini all'esperienza quotidiana. Il protagonista non è un «tipo» fissato in uno schema precostituito (l'eroe positivo e invincibile, il malvagio, l'innamorato ecc.), ma un individuo unico e diverso dagli altri per mille piccoli tratti caratterizzanti. La sua personalità è l'esito di un processo di formazione che si realizza at­traverso il tempo nel corso del romanzo e riflette la situazione storica e sociale sullo sfondo della quale egli opera. Rientrano in questo filone il romanzo storico e tutti i ro­manzi di impianto realista.
  3. Il terzo filone comprende i romanzi d'analisi, quelli cioè nei quali l'interiorità di­venta l'elemento fondamentale della narrazione. L'attenzione dello scrittore si sposta dall'esterno all'interno, dall'analisi del rapporto che lega il personaggio al contesto so­ciale, tipica del romanzo d'ambiente e di carattere, allo scavo dei sentimenti, dei moti della coscienza e delle pulsioni dell'inconscio. La forma assunta da questi romanzi è spesso la narrazione in prima persona, la quale facilita molto l'espressione dell'interio­rità; frequente è anche la struttura epistolare. In questo caso il racconto si svolge at­traverso una serie di lettere inviate o da un solo personaggio (il protagonista) o da più personaggi. Naturalmente quando i corrispondenti sono più di uno si assiste al molti­plicarsi dei punti di vista e a un gioco di rimandi che conferisce all'opera una mag­giore complessità. Man mano che si procede verso il Novecento il romanzo d'analisi as­sume un rilievo sempre maggiore e si apre a radicali innovazioni strutturali che investono il piano dei personaggi, la dimensione spazio‑temporale, il punto di vista, le tecniche espressive.
  4. L'ultimo filone è costituito dal romanzo sperimentale, ovvero da tutte quelle opere che mettono volutamente in discussione il romanzo tradizionale o con finalità ironiche o allo scopo di riprodurre, attraverso la disorganicità della narrazione, l'assurdità del rea­le.

 

Lo scrittore sperimentale opera di solito a tre livelli:

    1. a livello di materiali, utilizzando accanto a una materia da lui inventata elementi non letterari (documenti storici, testi scientifici ecc.) non sottoposti ad alcuna rielaborazio­ne, così da creare una sorta di collage che conferisce all'opera il carattere di romanzo-saggio;
    2. a livello di strutture narrative, con la messa a nudo della finzione letteraria e dei meccanismi del racconto. Il romanzo insomma si avvia a diventare metaromanzo, ov­vero un testo che parla di se stesso e del modo in cui è scritto (il prefisso meta‑ è di origine greca e significa «su, intorno a»; metaromanzo è perciò «un romanzo che par­la del romanzo», cioè di se stesso). Il narratore, uscendo dall'ombra, si rivolge direttamente al lettore per informarlo sul modo in cui ha intenzione di portare avanti il racconto, oppure sul ruolo della scrittura e sul suo rapporto con essa e così via. Uno degli esempi più tipici di metaromanzo è Se una notte d'inverno un viaggiatori di Italo Calvino, un'opera che, attraverso l'esasperante messa a nudo degli artifici narrativi, esprime l'impossibilità di raccontare storie di senso compiuto;
    3. c. a livello di linguaggio, con l'utilizzazione di una pluralità di linguaggi e di stili. L'autore mescola lingua e dialetto, termini moderni, arcaismi, neologismi, espressioni gergali, al fine di dar voce a una molteplicità di livelli sociali e culturali

.

 

Naturalmente queste suddivisioni non sono rigorose e categoriche, poiché, come si è già detto, il romanzo sfugge a qualsiasi etichetta. Esse vogliono essere solo una mappa che può agevolare l'orientamento nel vasto «universo del romanzo». È chiaro che all'interno di ciascun filone sono individuabili dei sottogeneri specificamente definiti sui quali di volta in volta ci soffermeremo nel corso del nostro itinerario. È bene inoltre precisare che, sebbene la successione dei diversi filoni delinei l'evoluzione del romanzo attraverso i secoli, ciò non vuol dire che l'affermarsi di una nuova tipologia segni la fine delle precedenti. Per intenderci, è vero che il romanzo sperimentale è soprattutto espressione dei problemi e delle incertezze della società contemporanea, laddove il romanzo d'avventura si colloca alle origini del genere, ma è altrettanto vero che ancora oggi si continuano a scrivere romanzi d'azione, mentre il primo esempio di romanzo sperimentale, o più precisamente di antiromarzzo, risale addirittura al XVIII secolo con La vita e le opinioni di Tristrayn Shandy gentiluomo dell'inglese Laurence Sterne. D'altre parte il romanzo storico, che ha vissuto il suo momento di massima diffusione nella prima metà dell'Ottocento, è tutt'oggi un genere ampiamente praticato.

 

Il pubblico del romanzo

 

Anche se le origini del romanzo si collocano alla fine del XVI secolo, è soprattutto a partire dall'Ottocento che questo genere «prolifera e si espande con la vitalità esuberante di una foresta tropicale, sicché si potrebbe dire che la storia del romanzo, nel corso dell'Ottocento e del Novecento, è la storia stessa della nostra civiltà culturale e sociale», dal momento che esso è divenuto ben presto «la forma d'arte letteraria egemone per numero di opere e per consenso di lettori» (G. Petronio).

Ma da chi è costituito il pubblico del romanzo? È indubbiamente un pubblico vasto ed eterogeneo per estrazione sociale e livello culturale, prodotto dell'evoluzione delle società industrializzate. Elevazione del tenore di vita, scolarizzazione, sviluppo dell'editoria e conseguente diminuzione del costo dei libri, aumento del tempo libero, maggiore partecipazione alla vita politica e sociale hanno favorito la costituzione di una massa di lettori per i quali leggere è diventata un'abitudine. Questi lettori trovano nel romanzo una risposta non solo a un bisogno di cultura, ma anche a un'esigenza di evasione, di fuga da sé e dalle preoccupazioni quotidiane. Mentre infatti la lirica, il teatro, il saggio specializzato richiedono, per essere gustati appieno, strumenti sofisticati, impegno e concentrazione, il romanzo va incontro al suo pubblico con maggiore disponibilità e apertura. È vero che esso si presta alle letture piú impegnate, ma è altrettanto vero che anche il lettore non specialista, posto di fronte a un romanzo di alto livello letterario, pur sorvolando su tanti aspetti del libro, riesce a trovare un nucleo che lo attira e lo spinge a leggere fino alla fine. Questo nucleo è appunto la trama, una storia che prende e si fa seguire grazie a una dosatura accorta di narrazione e di descrizione, a dei personaggi che interessano e si fanno amare o odiare.

Non è un caso del resto che l'altra forma d'arte che negli ultimi ottant'anni ha avuto uno sviluppo altrettanto ampio e articolato sia il cinema. Anch'esso infatti è narrazione: presenta una storia con una trama e dei personaggi, può essere «letto» da molte angolature, così anche il film più ambizioso e ricco di messaggi, ridotto all'osso, alla storia, può arrivare allo spettatore più sprovveduto.

Possiamo a questo punto concludere con le parole del critico Giuseppe Petronio, affermando che ciascun uomo moderno dovrebbe rivolgere un «ringraziamento al romanzo» per quanto ha inciso sul suo cuore, sulla sua formazione, intelligenza, immaginazione.

 

Vi ha trovato avventure che lo hanno esaltato, fatto sognare a occhi aperti; personaggi che davvero, secondo l'ambizione di Balzac, hanno fatto concorrenza allo stato civile; interpretazioni del mondo sociale; finestre spalancate su terre ed età lontane, mistero e fascino. Chi di noi non ha fantasticato e palpitato, sofferto e goduto con Jean Valjan e il capitano Nemo, con Emma Bovary e Anna Karenina, con Giuliano Sorel e Raskolnikov, con tanti e tanti altri eroi che ancora oggi, dopo decenni da quando li abbiamo incontrati in un romanzo, sono stampati nella nostra            memoria come persone che abbiamo frequentate ed amate?

 

Origine dei romanzo

 

Il romanzo, come si è già detto, è estraneo ai grandi generi letterari già codificati nel mondo greco: epica, lirica, drammatica. Le sue radici vanno ricercate in forme basse e quotidiane a carattere parodico, diffuse nei ceti popolari: novelle, satire, mimi. Tali componimenti rappresentavano una realtà bassa e quotidiana servendosi di un linguaggio più libero e vicino alla lingua comune e proponendosi come fine principale il diverti­mento. Da una parte dunque realizzavano un rapporto più vivo e dinamico con l'età con­temporanea, dall'altra tendevano a soddisfare quel piacere di raccontare storie che ha caratterizzato gli uomini sin dai tempi più antichi.

Le prime forme di narrazione romanzesca sono i romanzi greci d'amore e d'av­ventura, tra i quali ricordiamo Le avventure di Cherea e Calliroe di Caritone, Le av­venture di Leucippe e Clitofonte di Achílle Tazío ecc. Si tratta di un gruppo di opere composte in lingua greca fra il Il e il IV secolo d.C. nelle quali ricorre una struttura‑tipo:          due innamorati vivono una serie di peripezie che li separano (opposizione dei genitori, fuga, tempeste, naufragi, assalto di pirati), ma alla fine si ricongiungono felicemente. La molla che muove gli avvenimenti è il caso. Le vicende si svolgono in una dimensione spa­zio‑temporale astratta; i luoghi, svariati e spesso esotici, sono descritti in modo generi­co senza una caratterizzazione che aiuti a definirli e a individuarli; il tempo non è mai calcolato né misurato e non incide affatto sulla vita dei personaggi i quali si incontrano in età di matrimonio all'inizio della storia e in quella stessa età, altrettanto freschi e bel­li, si sposano alla fine, dopo aver vissuto un numero incredibile di eventi.

Un altro tipo di romanzo è quello latino di avventura e di costume, rappresentato da due sole opere, il Satyricon di Petronio (I secolo d.C.) e le Metamorfósi di Apuleio  (III secolo d.C.).

Gli antichi non avevano un termine preciso per indicare queste narrazioni, ma si servivano di formule approssimative: fabula, dièghema, che significano appunto «narra­zione». Noi oggi le chiamiamo impropriamente romanzi, applicando una definizione moderna a un genere letterario antico.

Si fanno rientrare nel genere romanzo anche i romanzi cavalleresco‑cortesi medie­vali, una vasta produzione prevalentemente in versi risalente ai secoli XII‑X1II, imper­niata sui temi dell'avventura e dell'amore. Ricordiamo le storie di Ivano, di Lancillotto,           di Tristano e Isotta ecc. Questo tipo di narrativa, nella quale in un contesto spazio‑tem­porale astratto si intrecciano amori fedeli, personaggi tipici, eroi invincibili, eventi mi­racolosi e azioni impossibili, continuò a svilupparsi attraverso i secoli costituendo quel filone tipicamente romanzesco che gli inglesi chiamano romance.

A partire dalla metà del Cinquecento comincia ad affermarsi una narrativa dì tono più familiare e realistico, fondata su storie verosimili, espressione del mondo borghese, am­bientate in uno spazio e in un tempo storicamente determinati e con personaggi indivi­dualmente caratterizzati. È il cosiddetto romanzo picaresco che si propone come consapevole e ironico capovolgimento del romanzo cavalleresco. È comunque nell'Inghilterra del Settecento che la narrativa di ispirazione realistica trova la sua piena attuazione con opere come la Clarissa e la Pamela di Samuel Richardson, il Tom Jones di Henry Fielding ecc. Nasce in questo periodo il romanzo moderno che gli inglesi chiamano novel in opposizione al romance e che a partire dall'Ottocento diventerà il genere letterario dominante in Europa.

 

Fonte: http://www.istitutoeuropaunita.it/didattica/libanoro/Romanzo.doc

Sito web da visitare: http://www.istitutoeuropaunita.it/

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