Torquato Tasso

 

 

 

Torquato Tasso

 

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TORQUATO TASSO.

Torquato Tasso nasce a Sorrento nel 1544, figlio di Bernardo, anche lui artista, che segue il suo signore Ferrante Sanseverino a Roma.
Tasso lo raggiunge a 10 anni.
Il periodo più felice (1565-1572) Torquato lo trascorre prima alla corte di Luigi d’Este poi di Alfonso II, a Ferrara.
Allora scrive l’Aminta e il Goffredo (futura Gerusalemme liberata).
Già a partire dal 1575 è colpito da inquietudine e preoccupazioni di essere entro le regole dell’ortodossia, al punto che si autodenuncia al Tribunale dell’Inquisizione.
Nonostante l’assoluzione, è perseguitato da paure e ansie che lo inducono a viaggiare.
Un giorno, sentendosi trascurato durante una festa, dà in escandescenze e Alfonso II lo fa rinchiudere come pazzo (“frenetico”) nell’ospedale di Sant’Anna dal 1579 al 1586, perché teme che gli atteggiamenti di Tasso focalizzino l’attenzione sulla sua corte dove girano idee calviniste (vd. madre di Alfonso = Renata di Francia).
Recluso, scrive la Gerusalemme liberata che viene pubblicata senza la sua approvazione.
Successivamente liberato, riscrive il poema (Gerusalemme conquistata) e si rifugia a Napoli prima e a Roma poi, dove muore nel 1595.

Tasso è noto per il suo bifrontismo, un atteggiamento oscillante fra ansie controriformiste e legami alla corte o alle regole pseudoaristoteliche e desiderio francamente terreno di autonomia.
Si ripropone cioè una sorta di dissidio petrarchesco.
Che in lui si traduce in malinconia, instabilità e mobilità (vd. viaggi).
Così, se da un lato dipende dalle sicurezze che sembra garantirgli la corte, dall’altro ne avverte peso e ipocrisia. E, se da un lato si rifugia delle norme artistiche proposte rigidamente dall’Accademia, dall’altro, attraverso la sensualità, dimostra il fascino per atteggiamenti più liberi e carnali.

Scrive oltre 2000 Rime tenendo presente i modelli di Petrarca, Bembo e Della Casa.
Esprime cioè se stesso in temi vari (amore, morte, riflessioni morali e religiose o encomi cioè celebrazioni dei signori). E con stili altrettanto vari (come la sua natura umorale): dal mediocre al grave.
Questo atteggiamento di ripiegamento su se stesso si definisce lirico.
Di Tasso si sottolinea spesso la sensualità, la tendenza cioè a vivere le emozioni attraverso i sensi, a esaltare i sensi nelle esperienze: così si registrano gusto per il tatto, per la vista e per tutto ciò che è legato alla carne e alla terra.
Questa è la prova che Tasso, pur obbedendo a certi dettami moraleggianti e controriformistici, aveva nostalgia di valori più rinascimentali e mondani, come già accaduto a Petrarca nel passaggio fra Medioevo e Umanesimo.

 

Fonte: http://www.liceogrigoletti.it/docenti/doc07/files/TORQUATO%20TASSO1.doc
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Qualche appunto…

 

 


Nacque a Sorrento nel 1544. Bambino, seguì il padre Bernardo Tasso costretto all'esilio insieme al suo protettore il principe Ferrante di Sanseverino, scacciato dal Regno di Napoli. A Roma, dodicenne gli viene data la notizia della morte della madre, Porzia de' Rossi (1556). E' poi a Urbino, Venezia, Padova. Qui frequentò le lezioni di F. Robortello e di C. Sigonio, e il circolo letterario di Speroni; pubblicò un significativo gruppo di poesie. Fu poi a Bologna, e a Ferrara. Qui entrò al servizio del cardinale Luigi Este (1565) e poi del duca Alfonso II (1572). Per conto dei duchi espletò vari servizi, fu anche in Francia varie volte. E' un periodo di notevole attività letteraria: compone il poema cavalleresco Rinaldo (1562); i Discorsi dell'arte poetica (1565-1566). Nel 1573 viene rappresentata la favola pastorale Aminta, sull'isola di Belvedere, sul Po. Nel 1575 termina il poema Gerusalemme liberata , che aveva iniziato a Venezia anni prima. Nel 1575 si manifestano i primi segni di un grave squilibrio mentale. Una fissazione religiosa che lo angosciava con scrupoli esasperati, e che lo spinse ad autoaccusarsi di eresia davanti all'inquisizione. Una mania di persecuzione che lo faceva doppiamente patire per le critiche rivoltegli da teologi e letterati. Fu rinchiuso nel convento di San Francesco. Riuscì a evadere. Andò a Sorrento. Nel 1578 a Torino. Tornò a Ferrara nel 1579, in occasione del festeggiamento per il matrimonio del duca Alfonso II. Sentendosi, pare, trascurato, ebbe una forte crisi d'ira. Fu rinchiuso nell'ospedale di Sant'Anna dove restò sette anni, fino al 1586. Nell'alternanza tra fasi di lucidità e altre di allucinazioni, riuscì a lavorare componendo rime e dialoghi. Nel frattempo seguiva le vicende della "Gerusalemme liberata", pubblicata per la prima volta nel 1580 a sua insaputa e in una forma che non corrispondeva ai suoi criteri, poi più volte ristampata senza la sua approvazione. Ottenne la liberazione nel 1586. Fu a Mantova, dove scrisse la tragedia Re Torrismondo . Vagabondò un po' per la penisola: Loreto, Roma, Firenze. A Napoli nel 1588 lavorò al poema Sacro Monte Oliveto . Di nuovo a Roma, ospite dei cardinali Pietro e Cinzio Aldobrandini , cui dedicò nel 1593 il rifacimento della "Gerusalemme liberata", la Gerusalemme conquistata. Scrisse inoltre il poemetto Le sette giornate del mondo creato (1592-1594) e i Discorsi del poema eroico (1595). Morì a Roma nel 1595, nel monastero di Sant'Onofrio sul Gianicolo, dove si era ritirato negli ultimi tempi.

 

Fonte: http://www.portaledibioetica.it/documenti/001619/autori/tasso.doc

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Torquato Tasso

TORQUATO  TASSO

La vita di Torquato Tasso, tormentata, in alcuni anni cruciali vagabonda, colpì molto i letterati dell’800 che ne esaltarono alcuni aspetti e ne fecero un modello di vita “ante litteram”. Ma il Tasso nello spirito, nella vita e nelle opere fu profondamente uomo del proprio tempo: entrò in stretto contatto con la corte, l’accademia e la Chiesa, le principali istituzioni di quell’epoca, e rappresentò esemplarmente il modello dell’intellettuale laico – cortigiano, e provò le passioni, le ansie e le angosce religiose, morali ed estetiche della sua età.

La formazione.
La biografia del Tasso può essere divisa in cinque fasi principali:

  1. Una prima fase che potremmo definire di formazione dal 1544 al 1565, che segna per lui la duplice separazione temporanea dal padre e definitiva dalla madre. Questi anni riservano anche momenti relativamente più sereni di apprendistato cortigiano e letterario: studia ad Urbino, Bologna e soprattutto a Padova, dove entra in contatto con l’ambiente aristotelico e frequenta l’Accademia degli Eterei; compone rime d’amore, l’abbozzo del “Gerusalem”, il poema cavalleresco Rinaldo e i discorsi dell’arte poetica.
  2. Una seconda fase è quella che potremmo definire della “carriera cortigiana” e dei capolavori. Il Tasso entra al servizio prima del cardinale Luigi d’Este e poi del Duca Alfonso II. E’ il periodo più sereno della vita del poeta, ormai adulto e proiettato a conquistarsi i favori dei signori ferraresi. Sul piano della produzione letteraria questo è un periodo di grande creatività: compone numerose rime, l’Aminta e il Goffredo, che poi diventerà la Gerusalemme Liberata.
  3. La terza fase, che potremmo definire della crisi, è quella della revisione del poema, e dell’esaurirsi delle energie creative, e del subentrare di preoccupazioni estetiche, morali e religiose. In questa crisi arriverà anche ad autodenunciarsi al tribunale dell’inquisizione come eretico. Sono anche anni in cui emerge uno squilibrio psichico, momenti di depressione e di angoscia che si susseguono ed accavallano. Di conseguenza, questa situazione influisce sui rapporti a corte, che si fanno sempre più difficili, e culmineranno nell’accoltellamento di un servitore, da cui si credeva spiato. Ne segue un breve periodo di segregazione, seguito ad un periodo (dopo la fuga vestito da contadino) di frenetici viaggi, che si conclude con il ritorno a Ferrara, concordato con il Duca. Al suo ritorno il Tasso si sente trascurato e non riesce a rientrare in possesso del manoscritto del Goffredo, né a parlare personalmente con il Duca. A causa di ciò insulterà il Duca Alfonso e sarà incarcerato per 7 lunghi anni.
  4. La quarta fase è la reclusione nell’ospedale psichiatrico di Sant’Anna. Il Tasso, rinchiuso e incatenato come frenetico, è trattato più come un prigioniero che come un malato. Questa reclusione, dura e spietata da parte del Duca Alfonso, può essere spiegata per la pericolosità politica di un personaggio imbarazzante e scomodo agli estensi quale era il poeta,che, autodenunciandosi all’inquisizione come eretico, aveva coinvolto anche personaggi di corte. Ad Alfonso tornava comodo che il Tasso fosse ritenuto pazzo ed orientò la diffusione di notizie in questo senso. Recluso duramente nei primi tre anni, poi in forma più mite e consolato dalla visita di amici, il Tasso riprese a scrivere rime, dialoghi e lettere, queste ultime soprattutto, drammatica testimonianza delle sue condizioni, appelli agli amici, denunce di macchinazioni a suo danno e tentativi di dimostrare la propria recuperata lucidità.
  5. L’ultima fase della vita del Tasso va dalla liberazione alla morte, ed è una fase di inquieto peregrinare per varie città d’Italia. In questi anni compone dialoghi, rime e riprende scritti giovanili, ampliandoli o terminandoli. Alla vigilia della sua morte pubblica la “Gerusalemme conquistata”. Il Tasso di quest’ultimo periodo è un personaggio afflitto, ma acclamato come il più grande poeta del suo tempo. A Napoli, soprattutto, e a Roma trova amici pronti ad ospitarlo ed onorarlo; a Roma la morte lo coglie il 25 aprile del 1595.

Nel descrivere la vicenda umana del Tasso, il Getto ha isolato e messo in luce 4 motivi fondamentali:

  1. La Corte.
  2. L’Accademia
  3. Il Viaggio
  4. La Pazzia

La corte fu per lui, poeta puro, una scelta di carriera, in quanto egli aveva poche alternative. Qui conta anche il modello paterno: Bernardo Tasso, poeta cortigiano che indirizzò il figlio alla carriera cortigiana. Ma la Corte fu per il Tasso qualcosa di più: idealizzò a lungo la corte, vedendo in essa un punto di riferimento, un luogo di nobili ideali e di scambi culturali. Cortigiano però il Tasso nel profondo lo fu sempre: la corte rappresenta per lui la norma e il prestigio sociale.
Su un altro versante l’Accademia assume la funzione di essere complementare alla Corte: infatti all’ombra delle Accademie il Tasso cerca le certezze dell’arte come all’ombra della Corte quelle sociali. Secondo il Getto, la corte e l’accademia fecero sentire il proprio influsso anche in campo artistico, determinando molti aspetti strutturali della Liberata: la materia, il gusto della regola e della tecnica e infine il senso scenografico dello spettacolo.
Il Viaggio e la Pazzia possono rappresentare l’inquietudine profonda e il senso di inappagamento: rivelano un’ansia di libertà che nelle istituzioni non trova spazio e che si manifesta nell’invenzione letteraria, nel mondo della fantasia e del mito.
Guardando le opere del Tasso, emerge una profonda contraddizione tra il desiderare la pace della corte e il ricercare certezze nell’inquisizione, nelle scelte culturali tra valori religiosi e quelli terreni portati dal rinascimento, ansia o volontà di adesione a quelli della controriforma. Il Tasso oscilla tra posizioni opposte, sintomo dell’instabilità personale che si ripercuote in molte fasi della sua vita.

 

La Lirica

            Il Lirismo caratterizza tutta la poesia tassiana nei suoi momenti migliori. L’attitudine ad esprimere in forme musicali sentimenti ed esperienze personali è sempre presente nell’opera del poeta, e si manifesta nel Tasso in quasi tutte le opere di invenzione, oltre che in quelle tecnicamente liriche. Questo aspetto della sua poesia si spiega oltre con che con l’indole del poeta anche con motivi culturali storicamente determinati.
Il Tasso lascia oltre duemila componimenti in forma di Rima. Alla base di questa esperienza stanno naturalmente il Petrarca,  il Bembo e soprattutto il Della Casa, ma essi sono solo un punto di partenza, visto che il Tasso conquisterà un linguaggio tutto suo e raggiungerà un’originalità sentimentale ed espressiva. Anche nella Lirica, specie nei Madrigali, il Tasso si pone come maestro ed innovatore, capace di influenzare la letteratura del suo tempo e delle età successive.
Le tematiche fondamentali del Tasso sono : l’amore, la morte, la riflessione morale e religiosa, la memoria personale, l’esaltazione delle persone. La sua poesia è una poesia delineata da un tono sontuoso e moderno di sentimenti, concetti, idee grandiose in tutte le tematiche. Tale predilezione si manifesta sia nel suo capolavoro, ma soprattutto nei componimenti autobiografici.
I risultati più convincenti il Tasso li raggiunge soprattutto nella lirica amorosa, che comprende tutti i tipi possibili, in modo particolare in quelli più inclinati alla sensualità.
Le rime sacre appartengono soprattutto agli anni più tardi, manifestando i timori religiosi dell’animo stanco del poeta.

Le opere drammatiche.
La produzione teatrale impegnò il poeta in modo meno continuo, che non la lirica o l’epica. Il Tasso compose due favole pastorali: l’Aminta e il Rogo Amoroso; una tragedia: il Re Torrismondo, e forse una commedia : Gli Intrighi d’Amore.
L’Aminta si colloca nel periodo più felice della produzione tassiana. Composta abbastanza rapidamente nel 1573, narra l’esile storia dell’amore di Aminta per Silvia, ninfa giovane e selvaggia che però, nonostante le esortazioni di Dafne, lo respinge. Solo attraverso una serie di peripezie Silvia si volge infine a ricambiare l’amore del protagonista. L’Aminta fu scritta per essere recitata a Corte, ed è strutturata su una trama di allusioni cortigiani: dietro ogni personaggio del dramma è celato un personaggio di corte. L’opera, nonostante un esile intreccio, è densa di significato. E’ un dramma più interiore che d’azione, con forti componenti liriche per il contrasto tra l’amore disperato di Aminta e lo sdegnoso tirarsi indietro di Silvia. L’Amore è il tema centrale dell’opera.         Il Rogo Amoroso e gli Intrighi d’Amore sono una favola pastorale più esile e meno felice dell’Aminta.
Il Re Torrismondo nasce dall’aspirazione del Tasso di voler comporre una perfetta tragedia, secondo i canoni classici, seguendo in ciò gli altri scrittori del 500, e si rifà a Seneca. Torrismondo, Re dei Goti, recandosi in Norvegia per chiedere a nome di Germondo, Re di Svezia, la mano di Alvida, figlia del Re di Norvegia, se ne innamora, ricambiato, e durante il viaggio per condurla al promesso sposo la possiede. Quando scopriranno di essere fratello e sorella, i due amanti si uccideranno per disperazione. La tragedia è caratterizzata da un senso di cupa e desolata disperazione che si rispecchia nel paesaggio nordico dipinto a tinte fosche.

 

IL PENSIERO POLITICO DEL GUICCIARDINI.

Anche il Guicciardini, come il Machiavelli, crede che l'uomo sia un fenomeno della natura soggetto a leggi fisse ed immutabili, ma, a differenza del grande amico, ritiene che l'uomo sia naturalmente portato più al bene che al male e se fa nella realtà più spesso il male che il bene, ciò è dovuto al fatto che le tentazioni sono tante e la coscienza umana debole, ma ancora di più al fatto che proprio facendo il male l'uomo riesce più facilmente e più spesso a realizzare il proprio tornaconto. Questo tornaconto personale, che il Guicciardini chiama "particulare", è in effetti la molla che fa scattare tutte le azioni umane: esso il più delle volte corrisponde al benessere materiale, al potere, ma può anche nobilitarsi corrispondendo all'interesse dello Stato, alla gloria, alla fama. Per realizzare il "particulare", sia in senso politico che in senso domestico, non è possibile rifarsi alla storia e trarre insegnamenti da fatti già accaduti per risolvere i fatti del presente, perché nella storia i fatti non si ripetono mai: anche quando una circostanza presente sembra riflettere un episodio della storia passata, in effetti la situazione attuale è ben diversa, diversi essendo gli uomini che si trovano ad affrontarla. Quindi non c'è da sperare in una scienza della politica, ma contare esclusivamente sulla propria "discrezione", cioè una qualità innata nell'uomo, ma che solo pochi posseggono in misura rilevante, che fornisce la capacità di intuire di volta in volta la scelta da operare, la strada da percorrere, per realizzare il proprio vantaggio e difendersi dai pericoli della vita. Però se la storia non può darci leggi universali di comportamento, la nostra esperienza personale può bene affinare in noi la "discrezione". E l'uomo deve attenersi esclusivamente al suo rapporto contingente con la realtà, perché è vana e semplice esercitazione mentale il volersi interessare di cose soprannaturali ed invisibili. E nel rispetto di questa considerazione, egli condivide col Machiavelli la necessità di badare solo alla "verità effettuale", ma della situazione italiana contemporanea dà una valutazione diversa: per lui non è possibile fare dell'Italia di quel tempo uno stato unitario, e propende invece per una confederazione di piccoli stati, possibilmente retti a repubblica ma governati comunque da "savi". Egli è contrario al potere temporale dei papi (anche se li servì per proprio tornaconto) e condivide col Machiavelli il desiderio di vedere l'Italia liberata dagli stranieri. Significativo a tal riguardo è il seguente pensiero del Guicciardini: "Tre cose desidero vedere innanzi della mia morte; ma dubito, ancora che io vivessi molto, non ne vedere alcuna: uno vivere di repubblica bene ordinata nella città nostra; l'Italia liberata da tutti e barbari; e liberato il mondo della tirannide di questi preti".  

 

Fonte: http://www.parrocchiapoggiosannita.it/documenti/utili/ITALIANO/TORQUATO%20%20TASSO%20%20E%20GUICCIARDINI.doc

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Torquato Tasso

Era al servizio della corte di Ferrara, gli Estensi. Aveva un forte sentimento religioso, che voleva esaltare attraverso i poemi, ma aveva una personalità fragile, sensibile, aveva paura che le sue opere non fossero conformi alle regole imposte dai gesuiti. Per questa sua fragilità e debolezza venne rinchiuso in manicomio. Celeberrimo è il poema la Gerusalemme liberata, in cui Tasso esalta i valori cristiani attraverso la rievocazione del conflitto contro gli infedeli durante la prima crociata. Brano bellissimo ma drammatico è il canto XII, in cui Tancredi, cristiano incontra la sua amata ma nemica, Clorinda. La incontra, ma ella indossa l’armatura e non la riconosce, duellano, Tancredi la ferisce a morte, e la morente le chiede di essere battezzata. Quando toglie l’elmo si rende conto. Clorinda muore tra le sue braccia dandogli un segno di pace.



Vita

Torquato Tasso nasce nel 1544 a Sorrento. Suo padre, Bernardo, è intellettuale fine e raffinato, (interessante il suo poema Amadigi), ma come dice lo stesso Torquato, nella famosa Canzone al Metauro, fu proprio il padre a costringere il giovane Torquato a seguirlo, lasciando la mamma e Sorrento, che amava tanto e che non avrebbe più rivisto. La sua formazione si chiude a Venezia nel 1565, e da quel momento inizia la sua carriera cortigiana. Non dobbiamo dimenticare infatti che Torquato Tasso è un umanista per costituzione. Ed è proprio nella corte estense di Ferrara che egli incomincia ad elaborare il suo poema eroico, con il titolo originario di Goffredo, poi modificato in Gerusalemme liberata. Viene rappresentato a Ferrara anche il dramma pastorale Aminta. Dietro alcuni personaggi del dramma vengono adombrate persone della corte estense. Purtroppo, però, negli anni tra il 1575 e il 1579 si acuisce la crisi psichica di Tasso, dovuta anche ai rimorsi. Il poeta credeva infatti di aver realizzato un poema non ortodosso( cioè non in linea con le indicazioni del Concilio di Trento) , in quanto conteneva storie di amore che potevano distrarre dal contenuto della guerra religiosa. Si era perfino autodenunciato presso l’inquisizione, che però aveva ritenuto l’opera del tutto corretta. Questo non tranquillizza completamente il poeta che, a causa di un gesto mal interpretato dal duca Alfonso II d’Este viene internato per sei anni, dal 1579 al 1585 in una specie di manicomio a Sant’Anna. Son questi però anche gli anni della definitiva stesura della Gerusalemme. Seguono anni di peregrinazioni e di ripensamenti, che porteranno alla stesura della Gerusalemme conquistata, più centrata sulla crociata che sugli amori dei soldati, ma meno interessante e meno conosciuta e studiata della Liberata.

 

 La Gerusalemme liberata

 

La Gerusalemme liberata si ricollega alla conquista di Gerusalemme. L'argomento è dunque storico. Compaiono motivi magici. L'elemento "meraviglioso" è però subordinato al tema religioso di fondoà meraviglioso cristiano. Si assiste, come esempio di meraviglioso, alle lotte tra potenze infernali; abbiamo la maga Armida. Il contenuto è simile a quello dell'Orlando di Ludovico Ariosto, si constatata in entrambe le opere la presenza sia dell'elemento amoroso che di quello magico. Ci sono tuttavia sostanziali differenze. Per esempio: l'argomento storico viene scelto dal Tasso in un momento in cui il pericolo turco era particolarmente vivo; inoltre Tasso avverte l'esigenza non soltanto di raccontare un fatto storico, ma di commuovere.
Lo scopo di Tasso è duplice : insegnare e  divertire il lettore
A tal fine il vero non basta. Occorre il verisimile, che si viene a sostituire al vero. Il contenuto fantastico non poteva colpire le coscienze. Il vero storico non avrebbe suscitato emozioni. Le verità della filosofia non potevano commuovere.
Tasso, dunque, nello scrivere La Gerusalemme Liberata si pone dei problemi di poetica e si propone anche dei fini.
L'Ariosto ci comunica dei messaggi quasi inavvertitamente. Tasso no. Si propone fini religiosi e morali. Egli rappresenta il Rinascimento che si sta irrigidendo. Ogni genere viene rigidamente delineato. La spontaneità si subordina ai canoni. Stiamo entrando nella Controriforma.


Fonte: http://files.splinder.com/8813e77442222a42185a4ca2c0e245cd.doc
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