Il nome della rosa riassunto libro e film

 

 

 

Il nome della rosa riassunto libro e film

 

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Il nome della rosa riassunto libro e film

 

Schedatura de “Il nome della rosa”

 

Titolo: Il nome della rosa

Autore: Umberto Eco

 

Edizione: I Grandi Tascabili Bompiani (MI), 1986, 10^ edizione

Prima edizione: 1980

 

Genere del libro: si tratta di un romanzo storico e giallo nello stesso tempo.

Ambiente: l’intera storia narrata si svolge in una ricca abbazia del nord Italia. Dall’esterno la si vede come un edificio imponente, con le sue alte mura, e costruita secondo dei numeri “sacri”: ogni torre, o finestra, o muraglione, è in qualche modo riconducibile ad un simbolo. Al suo interno vi sono vari edifici: stalle, bagni, officine…, ma i più importanti sono la chiesa e l’Edificio, all’interno del quale vi sono le cucine, lo scriptorium e la biblioteca, un mirabile esempio d’architettura che, seguendo i canoni di cui sopra, custodisce i suoi segreti con un complicato ma ammirevole sistema di stanze simmetriche individuate mediante dei versetti incisi sopra le porte e racchiude il Finis Africae, la parte in assoluto più misteriosa.

 

Epoca: XIV secolo, forse alla fine del 1327. Siamo verso la fine del Basso Medioevo, un periodo (come tutto il Medioevo, peraltro) di gran regresso culturale, sociale ed economico. In questo mondo degradato spicca però la Chiesa, che non conosce degrado, almeno di tipo economico, i cui rappresentanti si danno da fare per abbellire le proprie chiese, o abbazie, o bruciare gente qua e là.

Breve riassunto: Guglielmo da Baskerville, il protagonista assieme a Adso da Melk viene mandato dall’imperatore a far da mediatore tra Papato, Impero e i vari ordini sacri ma poi viene pregato dall’abate di fermarsi per far luce su alcuni oscuri episodi che stavano tormentando la vita nell’abbazia. Fin dall’inizio Gugliemo capisce il complicarsi della vicenda è dovuto alla biblioteca o qualcosa che contiene. Ne deriva dunque che per svelare il mistero Guglielmo debba entrarvi e scoprire quali segreti custodisca. Dopo essersi persi nella biblioteca la quale era un labirinto ed esserne usciti con l’aiuto della fortuna, decisi però ad arrivare a fondo nella loro indagine, i due riescono ad elaborare una mappa che permetta loro di muoversi con sicurezza nella ragnatela di stanze, e scoprono inoltre di non essere i soli ad entrare di notte nella biblioteca, perché, mentre si trovavano al suo interno, avvertono la presenza di qualcun altro, che verrà identificato in Berengario. Ed è proprio lui che, dopo Adelmo, suicidatosi, e Venanzio, il cadavere del quale era stato rinvenuto dallo stesso Berengario, viene trovato morto il giorno successivo. Il suo non è comunque l’ultimo omicidio: anche Severino, l’erborista, viene ucciso nel suo laboratorio con un colpo infertogli alla testa; attorno a lui, i suoi volumi erano stati sparpagliati a terra. Guglielmo e Adso analizzano la stanza e riordinano i libri, pensando che ce ne possa essere uno collegato alle morti dei monaci, ma non lo trovano, o meglio, lo trovano ma non lo riconoscono. Dopo poco però capiscono che un volume che era apparso loro un po’ strano, ma non sospetto, era quello che stavano cercando, ma è troppo tardi: qualcuno se ne è già appropriato. Sembra dunque ovvio che non solo la biblioteca, ma in particolare un dato libro sia collegato agli omicidi. Il caso sembra risolversi quando Remigio, il cellario, confessa a Bernardo Gui, oltre ai suoi peccati d’eresia, anche quelli d’omicidio di fronte ai legati dell’inquisizione, ma così non è per Guglielmo, che ben conosce gli effetti della paura sugli innocenti. L’astuto monaco continua così a battere la sua pista e, dopo che anche Malachia muore, scopre finalmente, quasi per caso, il segreto per entrare nel Finis Africae, la zona più misteriosa della biblioteca. Qui ancora una volta i due monaci scoprono di non essere soli, ma questa volta ci sono ben due persone: Jorge e l’Abate. Raggiunto il primo apprendono che l’altro è intrappolato nella scala che porta al luogo segreto e che ormai va incontro alla morte per soffocamento. Capiscono dunque che è il cieco, che già aveva destato dei sospetti con uno strano discorso pronunziato in presenza di tutti i monaci, il colpevole, di tutti gli omicidi ed egli, ormai in trappola, confessa tutto con enorme ammirazione per l’ingegno del monaco inglese. Non per questo però si rassegna e tenta di far morire anche Guglielmo così com’era accaduto agli altri monaci che, troppo curiosi, si erano appropriati del Libro: col veleno, sottratto anni prima a Severino, che aveva sparso sulle pagine. Il tentativo non va a buon fine perché il suo trucco era già stato scoperto e così, trovando come unica soluzione il suicidio, ingerisce i fogli del libro avvelenato. Guglielmo, inizialmente non accortosi delle intenzioni del vecchio, gli lascia il tempo di mangiare una dose mortale di veleno, ma poi capisce e si getta su di lui. Nel trambusto si spegne il lume e Jorge, per il quale ciò non comporta alcuna differenza, ha la possibilità di scappare col volume, ma viene raggiunto comunque poco dopo. Anche nella seconda colluttazione è la lampada a farne le spese, questa volta però cadendo sui libri sparsi sul pavimento e appiccandovi fuoco. I due monaci tentano disperatamente di spegnere le fiamme ma con scarsi risultati, se non quello di lasciare al cieco il tempo di individuare il fuoco e gettarvi il prezioso volume, che andrà così perso, come tutto ciò che si trova all’interno dell’abbazia, dilaniata dalle fiamme per i tre giorni successivi. Il libro che era il secondo libro della Poetica di Aristotele che tratta del riso che, se usato come strumento per liberarsi dalla paura del diavolo è sapienza.

 

Temi principali: da buon giallo, il tema predominante è l’enigma, custodito dall’impenetrabile biblioteca e dall’omertà dei monaci, che s’identifica con il libro segreto, custodito gelosamente da Jorge. Sempre caratteristici dello stesso filone sono gli omicidi, un altro enigma collegato a quello più grande.
Poiché la storia si svolge in un’abbazia, non mancano le lunghe discussioni di materia religiosa in cui si intrattengono i vari personaggi.
Vi è infine, come in ogni romanzo che si rispetti, l’amore, che in teoria andrebbe inteso come amore malvagio e proibito perché né il cellario né Adso avrebbero dovuto avere rapporti con le donne, ma così non è, almeno nel secondo caso, perché lo stesso Adso, pur riconoscendo di aver peccato, non se la sente di affermare che quella che ha vissuto sia stata un’empia esperienza, né tantomeno spiacevole.

Quindi il particolare il tema principale è il rapporto ragione – fede del quale parla anche il libro “segreto” sul riso.

 

Il nome della rosa riassunto libro e film

 

Personaggi: GUGLIELMO da BASKERVILLE è, come già detto, un acuto monaco inglese che viene chiamato dall’Abate ad indagare sugli omicidi. Saggio, curioso ed astuto, arriva a piccoli passi alla soluzione del mistero. Non è infallibile, come lui stesso ammette, ed è perciò che non rivela mai le sue deduzioni prima di sapere che sono giuste; ritiene che tuttavia le intuizioni sbagliate non siano errori, ma piccoli aiuti per giungere a quella esatta. Nel fisico è alto e asciutto e, nonostante la sua anzianità, conserva sempre un aspetto vigile e attento. Sarebbe potuto essere, a detta di Jorge, un ottimo bibliotecario.
ADSO, l’io narrante, è un novizio al seguito di Guglielmo, che ne riporta le brillanti deduzioni e lo assiste durante l’investigazione. Ormai vecchio mentre scrive le memorie delle vicende accadutegli nell’abbazia, era invece un bel giovane in quei tempi, tanto che una ragazza se ne innamorò e lui, pur sapendo di peccare, ricambiò il suo amore. Non si rammarica di ciò, ma semmai del suo comportamento che, in gioventù, era stato un po’ troppo frivolo e impulsivo.
JORGE non è il colpevole materiale degli omicidi, ma ognuno di essi gli è imputabile. Ormai vecchio e cieco, gode di grande importanza e prestigio all’interno dell’abbazia e tutti hanno verso di lui stima e ammirazione, così che nessuno mai ha sospettato di lui. Si ritiene in dovere di custodire il segreto dell’abbazia e, grazie al fatto che conosce i peccati di tutti perché è il confessore e alla sua enorme influenza sugli altri monaci, senza l’intervento di Guglielmo, ci sarebbe anche riuscito.
MALACHIA, il bibliotecario, è a conoscenza del segreto custodito nella biblioteca e, come Jorge, tenta di preservarlo dalla conoscenza degli altri curiosi monaci; anche lui morirà però per mano del cieco, che lo riterrà a sua volta troppo curioso.
Vi sono poi numerosi altri personaggi, quali l’ABATE, da tutti considerato incapace e superficiale; BERENGARIO, l’aiuto bibliotecario, morto per la sua ingordigia di sapere; SEVERINO, l’erborista, ucciso da Malachia dietro ordine di Jorge; REMIGIO, il cellario, un eretico che si è assunto la responsabilità degli omicidi e che ha frequenti relazioni con donne del paese vicino all’abbazia, procurategli da SALVATORE, un “pazzo” che si esprime in una specie di gramlot; la stessa RAGAZZA con la quale ha avuto l’incontro Adso e che poi viene bruciata come strega; l’inquisitore BERNARDO GUI, che, con i suoi soliti metodi d’investigazione, perviene ad una conclusione errata; FRA DOLCINO, UBERTINO, MICHELE da CESENA, BENCIO e vari amanuensi.

Giudizio sul libro: Non vorrei dare un giudizio totalmente negativo del libro, la trama non è male, il personaggio di Guglielmo è simpatico, l’abbazia, per come me la sono immaginata io, non è un luogo poi tanto male, però la narrazione non è quasi mai fluida, bisogna sempre soffermarsi su alcuni punti più impegnativi, e questo influisce sulla piacevolezza della lettura. Le riflessioni dei monaci in materia religiosa, ad esempio: non sono poi così male, è un argomento interessante, che però dovrebbe forse essere affrontato separatamente, non mischiato agli intrecci della trama, perché si rischia di levare l’attenzione dall’una a favore dell’altro o viceversa e casomai con una traduzione dal latino all’italiano. Forse se l’autore non avesse fatto troppe citazioni in latino, la narrazione ne avrebbe guadagnato.

Biografia dell’autore: Eco, Umberto (Alessandria 1932), saggista e narratore italiano. Fu uno dei primi in Italia a studiare i meccanismi dell'arte contemporanea e della cultura di massa, in opere fondamentali come Opera aperta (1962), Apocalittici e integrati (1964), Il superuomo di massa (1977). In seguito sviluppò le sue ricerche soprattutto nella direzione aperta dalla semiotica, con La struttura assente (1968) e l'importante Trattato di semiotica generale (1975). Negli ultimi anni la sua ricerca scientifica si è volta soprattutto ai rapporti fra i testi narrativi e il lettore, con opere come Lector in fabula (1979), I limiti dell'interpretazione (1990) e Sei passeggiate nei boschi narrativi (1994).
Eco ha inoltre una brillante vena d’umorista colto, testimoniata in particolare da Diario minimo (1963) e da Il secondo diario minimo (1992). Ma soprattutto è diventato famoso in tutto il mondo proprio con Il nome della rosa (1980). In seguito ha pubblicato altri due romanzi di notevole successo: Il pendolo di Foucault (1988), storia di una cospirazione ma soprattutto disputa filosofica sulla natura della realtà e della verità, e L'isola del giorno prima (1994), storia, ambientata nel 1643, di un giovane alessandrino (come lo stesso Eco), naufragato nell'oceano Pacifico, agli antipodi dell'Italia, vicino al meridiano del cambiamento di data.

Lo stile: come sintassi il libro non è particolarmente complicato, vi sono per lo più periodi brevi e qualche volta se ne incontra qualcuno più impegnativo. Il lessico è invece tutto un altro paio di maniche: citazioni latine, astrusi termini religiosi o propri d’altre discipline specifiche e, perché no, gli stessi nomi dei monaci, rendono discretamente pesante un libro che, nonostante la sua mole, avrebbe potuto essere comunque, per la sua trama, abbastanza accattivante.

Episodio significativo: non ha dato una sostanziale svolta alla faccenda, ma ritengo che sia stato molto importante il discorso tenuto da Jorge al cospetto di tutti i monaci, in cui ha lasciato intendere il motivo per cui i monaci erano morti e ha in pratica consigliato di lasciar perdere l’avidità di sapere perché è cosa malvagia e portatrice di disgrazie. In questo modo ha però attirato i sospetti di Guglielmo su di sé perché ha dimostrato di sapere una cosa che gli altri non conoscevano.

 

Fonte: http://mircosw.altervista.org/scarica/ilnomedellarosa.doc
Autore: Zoggia Mirco

 

Il nome della rosa

 


Titolo originale: The Name of the Rose
Produzione: Francia/ItaliaGermania
Durata: 2h e 12'
Genere: Thriller
Regia: Jean-Jacques Annaud
Uscita: 1986
Attori principali: Sean Connery, Christian Slater

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 


Trama:
In un monastero accadono fatti strani e inspiegabili, cose così orribili da evocare la presenza dell'occulto e del demonio, ma un frate francescano molto scettico e abile nel risolvere misteri (Sean Connery) è inviato ad investigare insieme col suo giovane assistente. Dopo svariate indagini e numerosi intrighi scopriranno che non si tratta di elementi soprannaturali ma.
Recensione:
Trasposizione cinematografica molto ben riuscita dall'omonimo celebre romanzo di Umberto Eco. Ottimo il cast, con uno Sean Connery di una bravura indescrivibile, e impareggiabile è la sceneggiatura che segue molto da vicino il romanzo. Il regista riesce a rendere alla perfezione l'atmosfera cupa e opprimente, pervasa da un alone di mistero, che è presente nelle enormi abbazie gotiche del medioevo.
Anche se un film non riuscirà mai a pareggiare la bellezza del romanzo da cui è tratto si può tranquillamente affermare che "Il nome della rosa" (film) trasmette comunque un senso di mistero e di inquietudine e allo stesso tempo un messaggio nascosto che lo rendono un capolavoro. La grandezza di questo film infatti non sta solo nella trama intrigata o nelle ambientazioni spettacolari ma soprattutto nei messaggi contro l'ostinazione della chiesa a perseguire certi dogmi e convinzioni.
Ne "Il nome della rosa" è descritta al contempo la grandiosità e la pazzia dell'intelletto umano, capace di creare quantità enormi di libri contenenti svariati campi del sapere però rendendoli inaccessibili al popolo. Messaggio di condanna contro la Santa Inquisizione, capace solamente di condannare e torturare persone innocenti senza risolvere realmente i problemi. È incredibile che un film così bello sia così poco noto al grande pubblico.

Voto: 9,0

 

Fonte: http://docenti.lett.unisi.it/files/12/2/4/6/Gruppo_1___Film_anni_80.doc

autore del testo non indicato nel documento di origine del testo

 

IL NOME DELLA ROSA

 

Italia/Francia/Rft 1986; durata: 125'; regia di J. J. Annaud; con S. Connery, M. Abraham, C. Slater. Tratto dal romanzo omonimo di Umberto Eco.

 

La trama. Nell'autunno del 1327, il francescano Guglielmo da Baskerville, accompagnato dal novizio Adso da Melk, ar­riva in un monastero dove francescani, domenicani e alcuni delegati papali dovranno chiarire dei problemi dottri­nali relativi alla povertà di Cristo (si discuterà sulla verità della seguente affermazione: "Cristo era proprietario dei panni che indossava?").
Nell'abbazia accadono però misteriosi delitti che sembrano ispirati alle profezie contenute nel libro dell'Apocalisse. La morte in un lago di sangue o quella che viene dal cielo, di cui parla il testo di S. Giovanni, trovano uno scon­certante riscontro nelle modalità di esecuzione dei delitti: un frate viene ritrovato in un barile di sangue, un altro muore colpito da un pesante strumento astronomico.
L'Inquisitore Bernardo Gui, vecchio nemico di Guglielmo, si oppone a quest'ultimo quanto all'interpretazione delle cause dei delitti e crede di risolvere il caso mandando a morte due eretici dolciniani ed una ragazza. Sarà Gu­glielmo, con la sua raffinata intelligenza, a chiarire il mistero.

Il tema centrale: un movente “filosofico”. La causa del delitto si trova in un misterioso volume che qualcuno impedisce di leggere ai monaci. Si tratta di un libro della Poetica di Aristotele sulla commedia, che viene ritenuto pericoloso per la saldezza della fede cristiana. Il libro in questione non ci è pervenuto: ne conosciamo soltanto il titolo e qualche brevissimo brano, che è stato citato dallo stesso Aristotele in altri suoi volumi. U. Eco ha perciò formulato un'ipotesi fantasiosa sulla sua scomparsa: esso sarebbe stato nascosto a causa della pericolosità del suo contenuto, e poi sarebbe andato distrutto nelle circostanze narrate dal film (il rogo finale della torre-biblioteca). I brani del testo che vengono utilizzati nel film sono gli unici frammenti del libro di Aristotele che noi possediamo: in uno di questi brani ("trarre divertimento da persone basse e volgari") si fa riferimento al carattere proprio della commedia, rispetto alla tragedia, che invece si occupa di personaggi nobili e famosi.
La pericolosità del comico e del riso sta nella sua valenza eversiva e dissacrante, che mette in discussione le verità assolute. Aristotele, maestro della cristianità attraverso la mediazione di S. Tommaso che ne divulgò il pensiero nel Medioevo, aveva sottolineato che il riso è proprio dell'uomo, vale a dire che solo l'uomo, rispetto a tutti gli altri esseri, è in grado di ridere, e che perciò il riso fa parte della sua essenza. Una diffusione del pensiero del filosofo su questo argomento sarebbe risultata molto scomoda e pericolosa: meglio nascondere il libro ed impedirne la circolazione.

Altri temi e riferimenti. Il romanzo di U. Eco da cui è tratto il film è di difficile definizione. Esso mescola infatti vari generi (romanzo storico, racconto poliziesco, romanzo filosofico) ed è infarcito di una grande quantità  di rimandi teologici e filosofici, e di citazioni e riferimenti lettera­ri.
Il personaggio di Salvatore, ad esempio, che ricorda il gobbo di Nôtre Dame di Victor Hugo, ci riporta con il suo linguaggio (parla contemporaneamente inglese, francese, spagnolo, tedesco e latino) al plurilingui­smo del medioevo; inoltre, molte frasi di cortesia, che usa quando si trova davanti all'inquisitore, riprendono le formule tipiche dell'omaggio feudale (signor belissimi), utilizzate dai trovatori.
Da notare anche il rapporto di affettuoso discepolato che viene a crearsi tra il saggio Guglielmo e Adso. Spesso le re­lazioni tra questi due personaggi sono modellate su quelle che intercorrono tra Sherlok Holmes e Watson (a un certo punto, vi è una battuta nel film che dice all'incirca: "Elementare, Adso!"); il nome stesso di Guglielmo è ri­preso dal titolo di un'opera di Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville. Guglielmo simboleggia la forza della ra­gione che si batte contro i dogmi e l'ottusità di certi esponenti del clero medioevale; il suo personaggio, quanto a questo aspetto, è modellato sul filosofo Guglielmo di Occam.
Salvatore e l'altro monaco, che saranno arsi al rogo, appartengono alla setta ereticale degli Apostolici, fondata dal frate Dolcino Tornielli, che predicava la povertà e la comunanza delle donne e dei beni; il loro motto era Peni­tenziàgite, "fate penitenza".
Due curiosità, infine. La prima riguarda il titolo, che può assumere molti significati, uno dei quali allude pro­babilmente al fatto che, quando le cose scompaiono, restano soltanto i nomi, che ci permettono ancora di parlarne (così come è accaduto per il libro di Aristotele). La seconda ha a che fare con una scena del film. Quando Gu­glielmo e Adso riescono a entrare nella parte più inaccessibile della biblioteca, Guglielmo sfoglia un libro, che - dice - è opera di Umberto da Bologna. Si cita qui lo stesso U. Eco, che vive e insegna a Bologna.

 

Fonte: http://www.webalice.it/leone.guaragna/scuola-scuola-scuola/Il%20nome%20della%20rosa.doc

 

autore del testo non indicato nel documento di origine del testo

 

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