U2 storia discografia e testi

 

 

 

U2 storia discografia e testi

 

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U2 - BOY - Italy, Island, ILPS 19646

 

 

1          I Will Follow (3:36)
2          Twilight (4:22)
3          An Cat Dubh (6:21)
4          Into the Heart (1:53)
5          Out of Control (4:13)
6          Stories for Boys (3:02)
7          The Ocean (1:34)
8          A Day Without Me (3:14)
9          Another Time, Another Place (4:34)
10        The Electric Co. (4:48)
11        Shadows and Tall Trees (4:36)

 

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

The Edge: Chitarre, Bono: Voce, Larry Mullen Jr.: Percussioni, Adam Clayton: Bassi.
Managers: Steve Lillywhite, Paul McGuinness.
Tecnico Audio: Paul Thomas.
Studio di Registrazione: Windmill Lane, Dublin.
U2 fotografi: Ian Finlay, Hugo McGuinness.  Il bambino della foto: Peter Rowan, divenuto attore nel 1991 del musical “The Commitments”.
Designer: Bruno-Christian Tilley.
Data di Pubblicazione: Ottobre 1980 in Europa; Aprile 1981 negli Stati Uniti d'America.

Paul “Bono” Hewson a Michka Assays, nel 2005 ha detto: «E’ raro che il rock’n’roll sia crudo in senso emotivo. Può essere sessuale. Può essere violento e pieno di bile. Può sembrare che esorcizzi i demoni, ma non lo fa realmente, in genere li tiene in vita. La tenerezza, la spiritualità, le vere domande che popolano la mente delle persone vengono affrontate di rado. C’era un grande atteggiarsi e mettersi in posa. Con quel primo disco volevo essere quel bambino, scrivere dell’innocenza quando sta per essere guastata».


La leggenda vuole che il biondissimo e ricciolissimo 18enne Larry Mullen Junior, all’epoca, avesse affisso un annuncio alla bacheca della Mount Temple High School di Dublino, e che fosse alla ricerca di tre musicisti per formare una rock band.
Paul Hewson, Dave Evans e Adam Clayton gli dissero subito di si, dopo che Bonovox, con un amichetto di nome Gavin Friday (diventato poi uno dei suoi principali collaboratori in studio), aveva già cantato nei Virgin Prunes.
Testimonial del primo album del quartetto di Dublino, pubblicato nel 1979, fu un giovanissimo Peter Rowan, che divenne poi il modello ad “oc” delle copertine di altri singoli e album della band, tra cui, War e il primo The Best Of degli anni 80, e la sua foto fu censurato negli Usa, là dove Boy apparve con la foto striata e schiacciata dei quattro del gruppo.


Album tacciato di omosessualità e di eccesso di innocenza e vacuità nei testi, è un concentrato di rock punk-wave come la musica di quegli anni: Patti Smith, The Stooges, Simple Minds.


Nell’acida voce di Bono si sentono gli echi di quello che in quegli anni fu considerato l’erede della potenza vocalica di Freddy Mercury, forse una delle voci più belle della storia della musica del XX secolo.
Questi sono gli anni in cui si segnala un certo attivismo della musica etnica e rock irlandese, in seno alla cui spinta indipendente nasce il progetto U2: Sinead O’Connor, le Violents Femmes, gli The Alarm, i già citati Virgin Prunes, gli In Tua Nua, e il chitarrista soul Billy Bragg, sono solo alcuni dei più autorevoli nomi del rock insulare targato anni 80.


Per quanto riguarda Boy, c’è da segnalare un pezzo rimasto fuori dalla tracklist ufficiale dell’album, ridotta unicamente a b-side (sebbene nel 45 giri sia più che altro il lato A di Twilight dalle faccine scimmiesche appese su due ridicoli palloncini) ma che probabilmente meritava miglior fortuna: Another Day.
Schitarrate semplici in una salsa di bassi magnetici serviti su un piatto d’argento e un voce lasciata raffreddare prima di essere servita a tavola; l’album si poggia tutta sui devices classici di quest’epoca, ossia le parole chiave: boy, toy, e stop. In breve, assonanze buone da proporre ad una scolaresca in gita.

I PEZZI

1.         I Will Follow  - I Will Follow  è diventato singolo nel 1980 e a dispetto di quanto, ai giorni nostri, Bono nei suoi concerti dica il contrario: che si sia trattato del loro primo singolo in assoluto.
Si tratta di una grande menzogna. Il primo singolo in assoluto degli U2 è stato Three, pubblicato nel 1979, che conteneva appunto 3 traccie, di cui 2 dall’album (Stories For Boys e Out of Control, più una delle tante demo che in quegli anni permettevano agli U2 di fare le loro comparizioni alla BBC, Boy/Girl).
One, Two Three, Four… il pezzo è punk e si apre con una risonante batteria e lo scampanellare, si direbbe di uno xilofono, o di tappi di bottiglia, lasciati rimbalzare contro il muro, come un antico gioco adolescenziale.


I was looking at myself, I was blind I could not see... e di adolescenza, appunto, si parla in questo primo album, non solo attraverso il rilevante faccione copertina o dal titolo inequivocabile, ma dal testo di questa prima traccia, che parla di come A boy tries hard to be a man.
Un Dave Evans inaspettatamente riccio, con i capelli “soprattutto”, e “ridotto” in camicia abbottonata fino al colletto, dà il là ad un riff piuttosto semplice e ripetitivo che farà del brano uno dei tormentoni della band, cosi come il reiterante e trascinante Walk Away del ritornello.
Un pezzo si dice, dedicato alle mamme e in cui si sente molto dei vaghi tentativi di un accordo decente e gradevole, dagli esordi strampalati di Street Mission e The Fool ad una nuova espressione artistica.
Punto di forza del brano è sicuramente il grande giro di basso di Adam Clayton, nella parte centrale in tutto il minuto numero 2.

 

2.         Twilight  - E’ alla luce del crepuscolo che si accede questo pezzo, in una zona d’ombra presente  in un cono d’ombra dell’uomo che è tra età adolescenziale e l’essere adulto, tra omosessualità e eterosessualità.
E’ in questo brano, forse, più che negli altri, che si avverte il processo di formazione, di iniziazione al mondo degli adulti, dell’anti-eroe fanciullesco, della retroguardia filo-vittoriana della musica e della religione cattolico-protestante irlandese.
I look into his eyes
They're closed but I see something
A teacher told me why
I laugh when old men cry
My body grows and grows
It frightens me you know
The old man tried to walk me home
I thought he should have known
Twilight...
Twilight, lost my way
Twilight, can't find my way

Apprezzabili i momenti di basso che nel testo sembrano avere più presenza della chitarra elettrica di The Edge.
My body grows and grows It frightens me, you know The old man tried to walk me home I thought he should have known... e il Twilight di Bono esplode quando meno lo si aspetti.
Nell’ombra, il ragazzo incontra l’uomo? Forse gli U2 non ne sono ancora pienamente convinti e calzano a pennello le parole che Bono ha espresso a proposito del completamento di Boy: «Ne è uscito un ritratto ricco di sfumature, contraddizioni, reazioni emotive senza controllo».

 

3.         An Cat Dubh – Sicuramente il brano più originale dell’album, e dal titolo fortemente celtico. Per la prima volta prende strada un progetto musicale che resterà nelle corde dell’Edge on fire!: dare vita a dei suoni, con la sua chitarra, che traducono in realtà delle condizioni descritte nei brani degli U2. Qui è la volta della chitarra che personifica il verso del felino, e Bono gli dà una mano con dei versi selvaggi tra lo scimmiesco e l’artigliare dello stesso gatto. Non mancano i classici campanelli di Steve Lillywhite, che un giorno diventeranno quelli di Eno/Lanois, e che qui sembrano ben “ammaestrati”. Resta l’amarezza per un brano sentito troppe poche volte dal vivo.
Con il brano che segue, Into The Heart, la canzone del gatto diventa un lungo tappeto musicale di quasi 9 minuti al centro dell’album che lo rende “vero” e vivo, come la verità nascosta nel ritornello, about you.
In An Cat Dubh sembra di cominciare a sentire gli stessi U2 da piazza rossa di Mosca, quelli che con War, e con la musica più cattiva d’Europa, conquisteranno il mercato rock mondiale nel 1983.

 

4.         Into The Heart – Il verso animalesco di Bono in An Cat Dubh, diventa nota non stonata e dolce della buonanotte che introduce il brano numero 4, la prima ballata della storia degli U2.
Un ottimo tappeto di armonie che sembrano a prima tutta, non aver bisogno di sovraincisioni: un po’ come si suonava negli anni 60.
La voce del frontman, tace per 2 minuti, per dar modo a Edge di suonare ancora il suo verso del gatto che si fa leggero, come fusa.
Il pezzo esplode sui campanelli di Larry e sull’introduzione di una breve session al piano: Into the heart of a child, I can smile, I can go there […] I can go back, I can stay awhile. Difficile poter dire nei due pezzi mixati, dove cominci l’innocenza fanciullesca e dove finisca; di certo si avverte una certa energia emotiva trascinante.

 

5.         Out Of Control  - Out Of Control  è un circolo vizioso, di vita e morte, in cui viva è la presenza dell’eco del sound d’avanguardia psychedelic-pop dei Talking Heads (gruppo anglo-americano, attivo fino al 1991).
Chiedere dei soldi per finanziare un progetto, perchè si “era fuori controllo”: commenta cosi, BonoVox nel live dello Slane Castle del 2001, introducendo quale sia stato il motivo generante di questa canzone; dopo un lungo viaggio attorno al mondo, compiuto dagli U2 , essi ritornano in patria nel nuovo secolo, nella terra in cui i genitori dei quattro, dopo averli visti fuori controllo, decisero di finanziare il progetto “U2” (degli anni 80). 
Adam Clayton, parte sparato col basso nell’intro del brano dopo l’eccesso di carezze e di miagolii. The Edge fa capire fin dall’inizio che qua si cambia musica e anche Larry lascia lo xilofono per la batteria: insomma, i quattro tornato a produrre materiale pesante.
Out Of Control è il primo singolo della storia musicale degli U2.
Out Of Control è una mina tra i piedi di un bambino, una trappola, una bomba destinata ad esplode: e diventa materiale prezioso da suonare solo dopo aver compiuto 20 anni di storia di musica insieme.
Un esordio più forte e drammatico, non poteva esserci in Boy e poi loro,… beh, loro sono fatti cosi!
I passi fondamentali compiuti da Bono nella sua esistenza di rocker, si alternano ai momenti in cui The Edge sembra morsicato dalla tarantola, e diventano l’eco lontano sul dolce tappeto musicale che si stende per lui al minuto 3.
I fought fate
There's blood on the garden gate
The man says childhood,
It's in his childhood
One day I'll die
The choice will not be mine
Will it be too late
You can't fight it.

Quando sembra che la voce di Bono si perda nel vuoto del suo stesso eco, ecco che batteria, basso e cori gli vengono in aiuto.
Pezzo straordinario, non ci si stanca mai di sentirlo: Avevo la sensazione che fosse fuori controllo…
Ero dell'opinione che fosse fuori controllo.

Straordinaria la sua esecuzione nel live di Torino del luglio del 2001, durante l’Elevation Tour, soprattutto perché inattesa, negli encores.
I was of a feeling it was out of control
I had the opinion it was out of control.

 

6.         Stories For Boys – Il pericolo è il mestiere di questo gruppo irlandese. E lo si capisce sin dal loro primo album.
Dice Bono: «I can remember as a child, looking in the mirror and thinking, 'I don't look like that!'  That's wrong.  You're bombarded with all these images in the comics and nobody's like that.  But the effect is of total disillusionment with yourself.  You put on a mask and hide from yourself, from your own soul, from what you've got to offer.  It's a reaction away from the individual and we stand for individualism» - in un’intervista rilasciata a Kriss Needs, il 01 Agosto 1987.
Stories For Boys è un interludio nelle economie dell’album e in quanto tale, da esso non ci si può aspettare molto, se non il diventare snippet per qualche celebre pezzo della band negli anni che verranno. E’ un pezzo intriso di passioni e di fantasie, tipiche dei ragazzi: la Tv, i fumetti, gli eroi,  la radio, gli show.
There's a place I go, When I am far away. There's a TV show And I can play.

 

7.         The Ocean Oscar Wilde (1854-1900, scrittore e poeta irlandese) e il suo The Picture Of Dorian Grey (Lippincott’s Monthly Magazine, 1890), si ascoltano nei primi versi di questa ballata, la seconda dell’album; d’altronde si tratta di un monumento della letteratura irlandese e diversamente non poteva essere nella musica degli U2, abbastanza dark, piuttosto Conradiana (Józef Teodor Nałęcz Konrad Korzeniowski, 1857–1924, è stato uno scrittore polacco naturalizzato britannico, uno dei più grandi scrittori moderni, capace di ricreare magistralmente atmosfere esotiche e i dubbi dell'animo umano in terre selvagge).
Il brand di questa canzone è certamente nuovo nello scenario della musica rock europea: un “transatlantico” di accordi svogliati e una monotonia di ritmi sincopati (un po’ un leitmotiv ricorrente in Boy), rimandano ad un senso di staticità e penitenza. A tal proposito si direbbe proprio di un pezzo da ascoltare in riva al mare, in riva al mare dei mari, l’oceano.
Nelle percussioni in lontananza, si odono l’infrangersi delle acque a riva e i suoni di attracco delle imbarcazioni.
E mi sentivo come una stella
Sentivo che il mondo avrebbe potuto andare lontano
Se avessero ascoltato cosa dicevo
Il mare
Bagna i miei piedi
Bagna i miei piedi
Spruzza la suola delle mie scarpe.

Bono in questa canzone ammette di avere avuto l'aspirazione di cambiare il mondo, ma il contatto fisico e spirituale con l'oceano non ha fatto altro che bagnargli i piedi e rendergli il mondo intangibile alla vista.
Bono sembra dire di essere incapace, a questo punto di cambiare il mondo, e al contrario, capace di cambiare se stesso. Uno sguardo intorno / Il mondo era introvabile / solo io davanti al mare.
Atmosfere sognanti anche se brevi; il brano si conclude, cosi con un senso di incompletezza.

 

8.         A Day Without Me – Elettrizzante e straordinaria nell’esibizione live durante l’October Tour, sebbene sia stata scritta alla notizia della morte per suicidio di Ian Curtis, il leader del gruppo punk, Joy Division, di cui gli U2 tante volte hanno reinterpretato le canzoni dal vivo.
Com’è il mondo dei vivi agli occhi di un suicida? Una sorta di viaggio nella Divina Commedia, questo brano che nelle scorazzate rockeggianti di Edge, nel limbo della musica, e nei cori finali, ha sicuramente i momenti più da brivido.
Started a landslide in my ego, Looked from the outside, To the world I left behind.
Grandiosa prova vocale di Bono, la cui voce ha un timbro che scotta.
Un giorno senza me.
Qualsiasi siano le sensazioni io continuo a sentirle
Quali sono i sentimenti, che lasciasti alle spalle?

La sua è una febbre suicida, la stessa che sembra coinvolgere il straordinario giro di accordi di The Edge; la canzone riesce a farsi apprezzare nelle esplosioni dalle sua straordinarie Dallas elettriche e nelle cocenti esplosioni ritmiche,  della batteria Yamaha di Larry Mullen.

 

9.         Another Time, Another PlaceJust as I am
I awoke with a tear on my tongue
I awoke with a feeling of never before
In my sleep I discovered the one
But she ran with the morning sun.

Una coppia di ragazzi ha difficoltà a ritagliarsi un posto in completa intimità: è questo il plot fondamentale di uno dei brani più suonati delle origini live del gruppo.
I'll be with you now, I'll be with you now, I'll be with you now, We lie on a cloud, We lie...
Un pezzo che si merita la sufficienza in termini di originalità ma che non raggiungerà mai a pieno il cuore della fandom degli U2, e nemmeno i battiti insistenti di Larry, la aiuteranno.

 

10.       The Electric Co. -  Con Out Of Control, The Electric Co. è sicuramente il pezzo più punk dell’album. La compagnia elettrica indossa il numero 10 della squadra dei boys: ricopre il ruolo del regista a centrocampo, ma anche del brano fantasista dell’album.
Si tratta di un brano che si riveste della presenza di tutto il gruppo ed è rock puro.
Ragazzo, stupido ragazzo […], Rosso, diventi rosso, Giochi sul serio, Parli e senti, Ti tieni la testa,
Non griderai, Ancora implori
… sono parole pesanti e dette con trasporto.
Sentimenti detti e messi alla rinfusa, cosi come tesa e drammatica sembra essere la trama su cui è stata costruita.
Il brano si è a lungo colorato di centinaia di diverse snippet finali, dei pezzi rock più forti della storia della musica: da Send In The Clowns di S.Sondheim (A Little Night Music – A Celebration, Carlton, 1973), a Bullet With The Butterfly Wings degli Smashing Pumpkins (album Mellon Collie And The Infinitive Sadness, Virgin Records, 1995) a I Can See For Miles del gruppo britannico The Who (The Who Sell Out, Tracks Labels, 1967).
E’ uno dei brani più trascinanti della loro storia, con una intro elettrizzante che gli U2 hanno suonato cosi bene a Red Rocks, nel tempio della musica dell’Irlanda, da farne cosi una perla dell’album tutto live, Under A Red Blood Sky.
«E’ rock show,  è rock shock!» - dice Bono, che avrebbe scritto il testo al compimento dei suoi 18 anni.
Toy, broken toy
Shout, shout, you're inside out
If you don't know.
Electric Co.
If you don't know
Electric Co.

 

11.       Shadows And Tall Trees – Strano come brano, con cui chiudere un’album come questo.
Si direbbe tratto da un episodio di un romanzo di W. Golding (1911-1993, premio Nobel per la letteratura nel 1983), The Lord Of The Flyes (Faber & Faber, 1954) e parlerebbe di come ricominciare da zero la propria vita, dopo esser stato trascinato su un’isola deserta, insieme ad altri bambini scampati ad un’incidente aereo.
Il capo dei bambini (Ralph) ed alcuni consiglieri possiedono la conchiglia, icona di salvataggio, che rappresenta per il microcosmo formatosi, la conoscenza e la saggezza. Successivamente però, sull’isola si impone la società di Jack, un ragazzo che si ribella e che come il protagonista Ralph, gioca a fare l’adulto: la sua società è basata sull’obbedienza e la subordinazione: una vera e propria dittatura.
I due gruppi si scontrano e nella lotta muoiono due bambini: Simone e Piggy. Il microcosmo isolato dal mondo reale diventa l’occasione per una rinascita dell’umanità ma anche conferma della malvagità del genere umano: i bambini regrediscono cosi dalla civiltà della barbarie.
«Prendetelo, ammazzatelo, scannatelo!» - diventa il loro grido di battaglia.
Solo il ritorno della civiltà degli adulti (che salvano i superstiti di questa assurda avventura, con un elicottero, piuttosto azzardato e anche per certi versi “fantascientifico” nella realtà fizionale del romanzo), rappresenterà non solo la giusta conclusione ad un romanzo troppo da happy ending, ma anche l’esatta regolamentazione dello statuto comportamentale che trova equilibrio, solo tra i due sistemi.
Tornando alla musica degli U2, il brano ha sonorità lontane rispetto alle altre 10 canzoni della tracklist, e si apre come un pezzo acustico, si direbbe quasi folk.
Risulta essere uno dei primissimi pezzi suonati dal vivo, addirittura databile 1976.
Bono doppia la propria voce, e fa da contralto a sé stesso. Si direbbe la propria ombra.
Ad ascoltarla ad oltranza forse stanca, anche nella parte eccessivamente corale, del finale e si direbbe venuta fuori da una delle sessioni di Ratte & Hum.
Di ritorno per le strade fredde e inquiete di notte
Parlo con me stesso di domani sera.
Muri di bianca protesta
Una lapide di nome
Chi è adesso ?
E' sempre così.
Chi è adesso ?
Chi mi chiama dentro?
Che siano le foglie sugli alberi
Solo travestimenti viventi ?
Cammino per la strada bagnata di pioggia
Come in una tragicommedia
Camminerò ancora verso casa
Verso la melodia della strada.

Forse uno dei pezzi meno riusciti, con un Bono nichilista, e disfattista.

 

Valutazione  in euro di un vinile: meno di 20 € non li si spendono, qui vicino.
Valutazione  in euro di una cassetta: 15 euro in media.
Valutazione  in euro di un cd: la Universal, nei momenti di festa, “spaccia” quest’album a 8-10 €.

 

U2 - OCTOBER - Germany, Island, 610560

 

 

1          Gloria (4:14)
2          I Fall Down (3:39)
3          I Threw a Brick Through a Window (4:54)
4          Rejoice (3:37)
5          Fire (3:51)
6          Tomorrow (4:39)
7          October (2:21)
8          With a Shout (Jerusalem) (4:02)
9          Stranger in a Strange Land (3:56)
10        Scarlet (2:53)
11        Is That All? (2:59)

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

Bono: voce.  The Edge: chitarre e pianoforte. Adam Clayton: bassi  Larry Mullen Jr.: percussioni
Produttore: Steve Lillywhite.  Studio di registrazione: Windmill Lane -  Dublin.
Data di Pubblicazione: Agosto 1981.
Manager: Paul McGuinness.
Casa discografica: Island Music Inc., BMI.

Ottobre sembra essere un mese naif.
Immaginiamo di ascoltare l’album in una sala d’attesa. Gente annoiata, qualche iPod, gente che aspetta e che cammina nervosa lungo i corridoi, bambini, in un angolo che si stuzzicano a vicenda e giocano a far la conta.
Immaginiamo, poi, gli stessi bambini (di cui sopra), differenziati soltanto da pochi anni l’uno dall’altro, intenti nel divertirsi a “fare i grandi”; si rincorrono e si richiamano all’attenzione e alla serietà (dopo qualche risata o urlo di troppo) in mezzo ad un gruppo di anziani, che da minuti ormai non fanno che guardarli con fare scettico e petulante.
Ecco lo zooming in di una scena di vita quotidiana, inquadrata nella stagione autunnale ormai avanzata come avviene in Ottobre, quando il tempo del sole, e dei giochi all’aria aperta sono finiti e bisogna tornare alle scuole, alle attività lavorative, all’agire sapientemente, insomma.
Il secondo album, full-lenght released degli U2, è stato realizzato in occasione dei viaggi di quella che fu la prima tournée mondiale dei quattro di Dublino e che li portò in quell’America che tanto li aveva tacciati di pedofilia, alla pubblicazione del loro primo lavoro.
Mentre gruppi come INXS e Joy Division, impongono il loro nome all’attenzione del rock mondiale, questa “gente di Dublino”, realizza un album piuttosto contestato e contestabile. E’ noto d’altronde, che una band che ha fatto il botto agli esordi, nel secondo album, subisca un maggior interesse da parte della critica, se non altro “giusta” a smontarne gli euforismi, vista l’ambiguità di un album proprio come October.
Al primo ascolto, per chi conosce la storia degli U2, quest’album fa storcere il naso: troppi brani unicamente (o quasi) strumentali e eccesso di chitarre.
Ma già al secondo ascolto, si rischia di innamorarsene.
Non è infatti lontano, il commento che una nota rivista italiana, ha dedicato all’album del 1981, definendolo uno dei capolavori della band (La Repubblica).
Credo che la verità stia nel mezzo e che certo sia uno dei “fondamentali” da avere gelosamente sempre con sè.
Tutti i brani sono stati scritti da Bono, dopo una certa sofferenza e attesa nella stesura, segno che quanto si è detto, non fosse poi del tutto sbagliato.
L’album è di certo più intimo, più legato alle radici, alle tradizioni.
Celticità e religiosità pervadono testi e suoni di un’album che risente dell’influenza di Van Morrison, autore rocker non molti anni prima di una omonima Gloria (da un album dei Them, primo gruppo di Van Morrison, The Angry Young, Decca Records/Parrot Records, 1964), come il pezzo di apertura e primo singolo dei 2 unici pubblicati da October.
I bassi di Adam Clayton e una forte presenza di melodie suonate col pianoforte, oltre che una certa ricorrenza a cornamuse e suoni “aulici” sono di certo le grandi novità di October.
La musica di quest’album si presenta molto doo-wop (I Fall Down, Scarlet, October, Rejoice): testi spesso e volentieri sdolcinati, e suoni non-sense, ben ritmati e piacevoli che danno dimostrazione di una energia sempreverde che porta  con sé anche l’eco della storia.
October, ad una prima e superficiale interpretazione, sembra essere rappresentazione di tanta cultura conservatrice e bigotta; in seconda analisi, invece, è essenza e unione di uomini, natura e cose: un prodotto, che è formulazione di studio e intelligenza non da poco.
October diventa così una sorta di parabola catartica dai traumi delle nuove generazioni occidentali, avvantaggiate da questa terapia musicale; un album da ascoltare scanzonatamente, senza aspettarsi grandi cose e invece rimanerne abbagliati come da un improvviso raggio di sole sulla tastiera del proprio computer.

I PEZZI

1          Gloria Gloria è un'ode al Signore, farcita da genuflessioni latine che rendono il testo discendente della tradizione cantoria medievale. Le prime canzoni dell'album rimandano al vecchio lavoro degli U2, quasi a voler insistere sulla particolare trasformazione che stanno vivendo dall'adolescenza all'età adultà.
Una preghiera vivace e atletica, che vien fuori dal silenzio, dove dominano chitarre e bassi e la voce di un disperato che urla la sua rabbia: I’m incomplete!
Bono inizia ad alzare la voce e si sente. I try to sing this song, è una preghiera rivolta al Signore, in cui si dice che conti anche molto dell’arte di improvvisazione del signor Hewson, nella composizione del testo. Gloria, In te domine, Gloria, Esultate, Gloria, Gloria, Oh, Lord, loosen my lips; più evidente di cosi non si può.

 

2          I Fall Down E’ sicuramente uno dei pezzi meno conosciuti degli U2 ma ha un’introduzione musicale trascinante e irripetibile, tra pianoforte e piatti. Un pezzo sentito e molto intimo: Cado giù, dice Julie (una ragazza che probabilmente apparteneva allo stesso gruppo associativo e religioso di Bono e che questi avrebbe conosciuto di persona), la protagonista di una corrispondenza con un giovane della sua stessa età, John.
Bono ha dato anche un’altra interpretazione del pezzo: e questa è impostata sull’idea di “provarci”, nella musica, come nell’arte, come nei momenti difficili della vita, anche a costo di seguire strade che getting nowhere.
Il brano è molto chiacchierato e gioviale… dalle sonorità bucoliche.
Will you fall down?

 

3          I Threw A Brick Through A Window – No-one, no-one is blinder 
Than he who will not see.
No-one, no-one is blinder
Than me.

Con A Day Without Me, uno dei pezzi più suonati da Boy, ha formato un duetto rock straordinario suonato dal vivo a Cork City e in tutto il Regno Unito in quegli anni. I was talking, I was talking to myself, Somebody else talk, talk, talking. I couldn't hear a word,  A word he said.
Un brano pieno di sofferenza, rabbia e smarrimento che si sarebbe benissimo potuto trovare nella session più “cattiva” dell’album che verrà, War. A tratti, li si sente sperimentare la musica reggae.
Si direbbe che Edge e Larry siano pronti a far fuoco sul pubblico, prima ancora che avvenga la cattiva domenica di Sunday Bloody Sunday.
Be my brother, Got to get out, got to get out, Got to get out of here poichè nessuno, nessuno è più cieco di colui che non vuole vedere.
In ultima analisi è veramente superlativo il lavoro di Mullen alla batteria.

 

4          Rejoice  «Rejoice is a celebration of that spiritual involvement». Bono introdusse questo pezzo sparatissimo, con queste parole nel concerto del 1981 a Los Angeles: «A Dublino stanno abbattendo le case nel centro città e stanno spingendo le persone fuori dal centro e le stanno gettando in quartieri fuori città come se fossero qualcosa di non umano. Ma io dico: rallegratevi!». La gioia che sprizzerebbe da questo brano, la si sente nella carica elettrica della chitarra di Edge, che accorda e riffa con la stessa passione che gli avevamo trovato in Out Of Controle The Electric Co.e il batterista della band, ha ormai ha preso in mano le redini del successo del loro rock, che vuole dimostrarlo non più solo con un annuncio in una bacheca.
And what am I to do? Just tell me what am I supposed to say? I can't change the world but I can change the world in me.

 

5          Fire  Il fuoco interiore che anima il soul tipico U2, non si è mai spento e ha dato vita a mille fuochi veri o fatui attorno al gruppo, come una celebre rivista omonima che in Italia negli anni 80, è stata la prima autentica fanzine “azzurra” del gruppo di Dublino. Un uomo in calzamaglia, saltava sul palco insieme a Bono durante l’esecuzione di questo pezzo che è il secondo singolo estratto dall’album (sia fatta eccezione per I Fall Down pubblicata nel singolo Gloria) e “cavallo pazzo” portava dietro con sè il peso e il valore di quelle che sarebbero state le b-sides di questo album, come J. Swallow, Things To Make And Do, Touch e uno dei pezzi più suonati come 11 O’Clock Tick Tock.
Gridando, gridando
Il sole bruciando si annerisce
Gridando, gridando
Sta battendo sulla mia schiena
Con un fuoco
Con un fuoco.

Per Touch, b-side del 1980, pezzo metallaro delle origini degli U2, vale il detto: tutto ciò che fa rumore è ben accetto. E'una dimostrazione di come la band sia decisamente ispirata a far punk grezzo, senza campionamenti e intermezzi strumentali di alcuna natura. Il dominio di basso e batteria fa il resto. Tribale, corale, vibrante e labbiale. Eccezionale.
Ci si sente dentro molto della Vertigo del 2004.
F-f-falling
The world is by your side
Falling
Did you find a place to hide
I just wanna know
I just wanna go
T-t-touching you
T-t-touching you
T-t-touching you
Ma tornando a Fire, all’inizio del brano Bono urla e raduna, con le sue invocazioni, il suo pubblico, per poi sussurrare  falling, falling nella parte terminale, dopo aver citato il fuoco del sole, della luna e delle stelle.
Gridando, gridando
La luna sta diventando rossa
Gridando, gridando
Sta invece tirando me
Con un fuoco, fuoco

Ma c'è un fuoco dentro
Ed io sto precipitando
C'è un fuoco in me
Quando grido
Ho fatto un fuoco, fuoco.

«Fire è la forza dell’aspirazione ad essere uomini, non burattini e la carta da giocare è la forza della gioventù» (dalla e-zine italiana Fire, n.0, pagg.1-2). Uno strumento di analisi interiore per potersi meglio vedere e cercare di cambiare.
Bono santone voo-doo, dunque, ma non solo. Cori e chitarre funk fanno il resto, per strumentare, quella che sembra una canzone adatta per un film poliziesco.

 

6          Tomorrow  Il pezzo è introdotto dalle uillean pipes di Vincent Kilduff, strumento a fiato, tipica cornamusa irlandese e da voci da sala prove (forse quella di The Edge). E’ un momento storico nelle sonorità degli U2 ed uno dei passaggi musicali più dolci della tradizione uduica.
Won't you come back tomorrow? Won't you come back tomorrow? Won't you come back tomorrow? Can I sleep tonight?
E’ uno dei tanti pezzi che parlano della storia di violenza del passato irlandese che si fonde nel sangue e nei testi delle origini della band. Who broke the window?
Who broke down the door? Who tore the curtain? And who was it for? Who heals the wounds? Who heals the scars? Open the door, open the door: con il contributo di Adam e soprattutto di Edge, sul finire del pezzo, le cornamuse vengono ancora una volta prosodate, sulla stessa tonalità dalla chitarra di Mr. Evans, e trasformano quel domani in un futuro veramente molto piacevole.
E’ una escalation di suoni e di sensazioni, un pezzo incredibile che sarà oggetto di remake nel 1996 ma che non perderà mai il fascino della sua concezione primordiale e che fa del brano numero 6 di Octoberuna colonna portante dell’album stesso.

 

7          October  Due quartine e poco più di un assolo al pianoforte per uno dei pezzi più malinconici di BonoVox. Niente di che, solo una “lunga” pausa di riflessione sulla società degli Ottanta, ma sicuramente un pezzo molto profondo e sempre molto apprezzato dai fanatici degli U2.
October/And the trees are stripped bare/Of all they wear/What do I care.
October/ And kingdoms rise/And kingdoms fall/But you go on:
basta questo per rendere il mese di ottobre un mese speciale.
And on...
Momento commovente e terribilmente spirituale.

 

8          With A Shout (Jerusalem)  Non si sono consumati i temi epico-religiosi dell’album, cosi a-temporale, potremmo dire. Il brano è fortemente legato alla crocifissione di Cristo.
Io voglio andare, ai piedi del Monte Sion, Ai piedi di Colui che mi fece vedere, Verso il fianco di una collina, Il sangue è stato versato, Siamo stati colmati con un amore, E torneremo di nuovo là: un viaggio in Terra Santa, quasi un ritorno alla riscoperta di orme e di sentieri percorsi da generazioni che ci hanno preceduto.
Strano, nonché strambo, l’accostamento del rullio della batteria ad un pezzo del genere; Bono, comunque, non manca di sorprendere con le sue corde vocali.
Fanno la comparsa per la prima volta nell’album, gli strumenti a fiato: le trombe (le stesse di Tomorrow) e il brano suona molto più cattivo di quanto lo si possa immaginare.

 

9          Stranger In A Strange Land  Stranger, stranger in a strange land. He looked at me like I Was the one who should run.
I suoni di War, stanno letteralmente entrando nell’album di October: ecco perché October è cosi ambiguo.
Straniero, straniero in una terra straniera
Lui mi guardava come se io
Fossi il tipo che avrebbe potuto scappare.

Gli chiedemmo di sorridere per una fotografia
Aspettammo un po' per vedere
Se riuscivamo a farlo ridere.

Il soldato chiese una sigaretta
Il suo viso sorridente non posso dimenticarlo.
Mi guardava dall'altra parte della strada
Ma qui è una grande distanza.

Oh, ed io vorrei che tu fossi qui
Oh, ed io vorrei che tu fossi qui.

Probabilmente si tratta di uno dei brani meno riusciti dell’intero album, sebbene per la prima vera volta si sente il potere della presenza dei bassi di Adam Clayton nelle economie musicali del gruppo.
L'album si sta chiudendo con la scoperta della missione da seguire, dell'obiettivo da perseguire: straniero in terra straniera....
La band di Dublino è pronta ad urlare a gran voce, a denunciare le sorti del popolo irlandese. La band approda nella propria dimensione perdendo l'innocenza infantile che li ha caratterizzati in questi due primi album. Adesso non devono far altro che sbraitare al mondo la rabbia che si portano dentro...

 

10        Scarlet Rejoice, Rejoice, Rejoice: Bono non ha smesso di gioire, e di invitare il pubblico a farlo, con quel poco che è la vita materiale, ma anche forse, soltanto con un pezzo fondamentalmente strumentale come questo.
Un pezzo celtico anche questo, sebbene non ci siano stravolgimenti nella formazione base e strumentale della band come era avvenuto con Tomorrow, ma in grado di sostenere un’atmosfera da sogno incredibile.
Diventa difficile commentarla, è cosi scarlatta.
«Does God need salesman?» - ha detto Bono, mentre ci piazzava, ventiquattrore alla mano, un prodotto musicale molto fruibile, porta a porta.
Scarlatta può essere una rosa, un tramonto, un cielo, un viso, una canzone; scarlatto può essere anche il suono del basso di Adam Clayton. C’è del simbolismo dietro tutto questo, quasi fosse una poesia.
Riuscitissima nel suo intento.
Straordinario il tappeto musicale col pianoforte proposto da The Edge.

 

11        Is That All? – Sebbene si tratti dell’epilogo di October, gli U2 non smettono di stupire e si riscoprono boys. Dolcezza, rabbia e carica elettrica sono il cuore di questo pezzo straordinario che è diventata la intro di molte The Electric Co. dal vivo, perdendo il suo nome originale e trasformandosi in The Cry o semplicemente Cry.
Anche il testo nel corso degli anni ha subito modifiche di ogni sorta; da:
Oh to sing this song makes me angry
I'm not angry with you.
Is that all?
Is that all?
Is that all?

…a:
I used to cry
I used to cry
I used to cry
When I was a boy
When I was a boy
When I was a bo...y.
Is That All/Cry è diventata un pezzo di quelli “maledetti” e che hanno circondato di misteri e segreti la musica del quartetto.
Complimenti a chi l’ha scritta e chi l’ha arpeggiata: giganteggia nell’album e fa la faccia tosta a muso duro, con Bono che dopo aver gridato tutta la sua rabbia, si permette di fischiettare mentre si spengono le luci sull’ottobre di quell’anno.
Un brano che riassume i dubbi e le ansie create dal contrasto tra la fede fortissima e il “mestiere” di rock band. Un invito anche per il pubblico a cercare di andare oltre il primo impatto emotivo suscitato dalla musica.
Oh, cantare questa canzone mi fa felice… Non sono felice con te. Oh, cantare questa canzone mi fa ballare.

 

Valutazione  in euro di un vinile: quasi introvabile in questo mercato.
Valutazione  in euro di una cassetta: 15 euro in media.
Valutazione  in euro di un cd: non si spende meno di 15 euro.

 

U2 - WAR - France, Island, 811 148-1

 

 

1          Sunday Bloody Sunday (4:40)


2          Seconds (3:10)
3          New Year's Day (5:35)
4          Like a Song... (4:46)
5          Drowning Man (4:14)
6          The Refugee (3:40)
7          Two Hearts Beat as One (4:03)
8          Red Light (3:46)
9          Surrender (5:34)
10        "40" (2:35)

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

Bono: Voce & Chitarra Acustica.  The Edge: Chitarre, Piano, Lap Steel, Voci e Cori.  Adam Clayton: Basso.  Larry Mullen Jr: Percussioni.
Violino Elettrico: Steve Wickham ("Sunday Bloody Sunday", "Drowning Man")
Fiati: Kenny Fradley.
Cori: Cheryl Poirier with Adriana Kaegi, Taryn Hagey, e Jessica Felton ("Surrender", "Red Light")
Produttore: Steve Lillywhite, ad eccezione di "The Refugee" prodotta da Bill Whelan (Mixata da Steve).
Ingegneria: Paul Thomas. 
Assistenza Tecnica; Kevin Killen.
Manager: Paul McGuinness.
Studi di Registrazione: Windmill Lane Studios, Dublin Ireland.

Dalla viva voce di Bono: «Durante le sessioni per October prendemmo addirittura in considerazione l'ipotesi di smetterla. Pensavamo: il rock&roll è così pieno di merda. Davvero vogliamo passare le nostre vite così? Ci sentivamo quasi in dovere di drogarci per senso di colpa, per mettere gli altri a proprio agio. Anch'io ho ceduto a certi vizi classici del rock. Ora forse ho
ritrovato l'equilibrio, ma negli anni scorsi ho bevuto troppo e fatto troppe cose a causa di questo senso di colpa. Poi ho capito che il rock&roll svuotato di confusione spirituale, quella merda che passa alla radio, insomma, proprio non mi piace
».
Peter Rowen, il bambino della foto di Boyè cresciuto e a ritrarlo con un rivoletto di sangue sulle labbra, per la prima volta è il celebre fotografo olandese, Anton Corbijn. A 2 anni da October, gli U2 tornano a far parlare di loro quattro. U2 si dice fosse il nome di un aereo-spia abbattuto il 6 maggio 1960, mentre era in missione di spionaggio nell’ex Unione Sovietica e che fosse stato uno degli episodi chiave della guerra fredda tra Stati Uniti e URSS; questo è perlomeno il primo significato che si sia dato alla sigla.
U2 poi è ben presto è diventato qualcosa di più intimistico, qualcosa prettamente legato ai sentimenti di una coppia o all’animo dei fans della band che ormai ha scalato le vette delle charts di tutto il mondo, e la band si sente di coinvolgere anche loro, anche te.
Il nuovo album che si arricchisce di partecipazioni e particolari (vedremo presto quali), confermerà gli U2 tra le band rivelazione degli anni 80, e in fatto di rock, ben presto Bono & Co., si sentiranno emuli dei gruppi che in quegli anni spopolano come i Ramones e  i Talking Heads.
Il titolo dell’album lascia spazio a poche interpretazioni: le canzoni hanno una chiara matrice politica (almeno buona parte di esse), e il suono che si può ascoltare in appena dieci brani è duro e ribelle, ma anche più maturo rispetto alle pubblicazioni che lo hanno preceduto.
War, oggi è considerato un “classico” della discografia della band di Dublino ed è stato il primo disco degli U2 ad arrivare primo contemporaneamente nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America.
Tante le novità in questo disco: dalla prima di The Edge che canta “da solo” Seconds, all’introduzione dei violini e tanti altri strumenti che risuonano come mezzi pesanti, da combattimento, della battaglia diplomatica che l’album intraprende.
Il disco suona molto nelle percussioni, come tanto si era fatto cenno all’ultima parte della session di October, due anni prima.
Sunday Bloody Sunday e New Year’s Day, diventeranno presto le “intoccabili”, le canzoni che non mancheranno mai nelle setlist dei concerti del gruppo in giro per il mondo, e saranno le più cantate dai fans.
“40”, che è il brano “mozzato” che conclude quest’album, diventerà uno dei pezzi più belli della storia dei concerti che verrà, perché farà da conclusione ai War Tour, Conspiracy Of Hope Tour, Unforgettable Fire Tour, The Joshua Tree Tour, e Rattle & Hum Tour:nel momento dei saluti, quando bisogna lasciare il palco, con il pubblico che urlerà How long to sing this song, Bono, Adam e The Edge, non riusciranno mai a lasciar solo Larry alla batteria, senza aver almeno versato qualche lacrima di gioia.

I PEZZI

1.         Sunday Bloody Sunday – Una bandiera bianca piantata in mezzo al palco durante il mitico concerto di Red Rocks del 1983 è il simbolo di questo brano: «Una resa forzata ma non incondizionata» - sostiene Bono. Sunday Bloody Sunday, è il brano più politico degli U2; un pezzo che è stato suonato in tutti i momenti storici più difficili, in cui la band ha voluto dire la sua a proposito di guerra e violenza.
In Italia, al concerto di Torino del 2001, a proposito dei tragici eventi che pochi giorni prima avevano scandalizzato la città di Genova (ospitatrice dei grandi del G8), Sunday Bloody Sunday è diventata un rap reggae, e sulle note di Get Up Stand Up di Bob Marley (album Burnin’, Tuff Gong/Island Records, 1973), e ha visto ribadire uno dei concetti che a lungo attraversano le tematiche delle canzoni di quest’album: affermare i propri diritti si, ma mai a costo delle vite umane.
La voce di Bono in questo brano si fa rude, acuta e si riflette nello sguardo aggressivo di Peter Rowen, che nella copertina non appare più cosi innocente, come pochi anni prima.
Il rullo di tamburo di Larry, i violini sui quali sembra si graffi, più che suonare, il suono strappato e violentato alla chitarra di Adam, sono solo alcuni degli effetti sonori e delle sensazioni belliche che il brano suscita sin dal primo ascolto, al più fanatico degli U2.
Il testo in origine nasce, sulla scia della violenza continua e ripetuta nella fascia dell’Ulster irlandese, e che Bono non potette non fermare su carta.
In una domenica del 1971, a Londonderry, tredici persone vennero uccise dai parà britannici, che spararono sulla folla durante una manifestazione pacifica.
In un richiamo alla lotta, un ragazzo di 20 anni è messo al muro, dalla religione, dalla politica, dalla famiglia, dall’IRA, dalla violenza più o meno giustificata.
I can't believe the news today, I can't close my eyes and make it go away. How long,
How long must we sing this song? How long, how long? 'Cos tonight
We can be as one, tonight
: è solo l’incipit, e vi invito cosi a figurare il resto.
Tutto il testo è fin troppo realistico: Bottiglie rotte sotto i piedi dei bimbi, corpi sparsi ai lati del vicolo cieco. Ma non darò retta al richiamo alla lotta, mi mette le spalle…
Mi mette con le spalle al muro
e non c’è bisogno di leggere queste cose nei quotidiani...tanto sono qui, in una canzone.
E la battaglia è appena cominciata. Ci sono molte perdite, ma dimmi chi ha vinto?
Le trincee scavate nei nostri cuori…
Il brano, infine, si conclude con un punto, cioè con un ultimo colpo di batteria, e non con le sonorità che vanno dissolvendosi. Un finale senza soluzioni, sofferto come sofferta è l’intera canzone e i
motivi che hanno spinto la band a scriverla per noi.

2.         Seconds – Gli U2 lo suonano come qualcosa di a-temporale, di molto lontano, anche in termini di sonorità: quasi si trattasse di un pezzo anni sessanta, e lontano (soprattutto) dalle loro corde.
Seconds è un lungo elencare di pericoli, fatti, episodi, commenti, testi, ritagli di giornale… si direbbe un romanzo nel romanzo, o un quotidiano nel quotidiano, le cui verità sono state affondate nelle abymês dell’arte musicale gaelica.
Rabbia e impotenza di fronte alla minaccia atomica e ai tragici voleri di chi può permettersi di prendere decisioni arrischiate nel giro di pochi secondi: è questo il valore che viene dato a questo brano, molto influenzato dagli esiti incerti della risoluzione della guerra fredda.
U.S.S.R., G.D.R., London, New York, Peking, It's the puppets, it's the puppets, Pull the strings, yeah...
The Edge canta manco fosse BonoVox, e per la prima volta si ha l’impressione che poi i due non abbiano tonalità così differenti.
A proposito della sua origine, pare che The Edge avesse composto un semplice motivetto (quello che poi realmente è, una canzonetta inframmezzata da immagini televisive e suoni radiofonici che fanno la loro comparsa all’inizio della seconda strofa) con la chitarra e che si divertisse a suonarla da solo a casa.
Ci vuole un secondo per dire addio, dì addio
Ci vuole un secondo per dire addio, dì addio
Oh, oh, oh, dì ciao ciao.
Dove stai andando adesso?
Lampi di fulmini attraverso il cielo
Est od Ovest, farcela e morire.
Come un ladro nella notte
Vedo il mondo a lume di candela
Cadi, alzati e ...
Cadi, alzati e ...

Bono ascoltò il pezzo e dopo qualche tempo si presentò con un testo bel e pronto, lasciando stupito lo stesso Edge che non pensava di tirarne fuori una canzone. Fu così che nacque Seconds, con un’introduzione e una guida di chitarra acustica da melodia spensierata e con un testo ironico su un tema serissimo, con, in mezzo, un campionamento tratto dal documentario televisivo di Nick Broomfield, Soldier Girls del 1981.
Cadi, alzati e ...
E stanno costruendo la bomba atomica
Lo sanno da dove viene il ballo?
Sì stanno costruendo la bomba atomica
Loro vogliono che tu canti in coro
Dì addio, dì addio
Dì addio, dì addio.

 

3.         New Year’s Day Altro “riempipista” dei concerti degli U2, da cantare a squarciagola, sebbene sia una canzone difficilissima (nelle corde, ancora oggi Bono, ha difficoltà a tenerle testa).
Un testo ancora una volta politico: questa volta è la rivolta popolare in Polonia del 1980, capitanata dal sindacato indipendentista di Solidarnosc. Nel dicembre del 1981, il primo ministro polacco, il generale Jaruzelski, fece arrestare Lech Walesa (presidente del sindacato) e proclamando la legge marziale, determinò lo scioglimento definitivo del sindacato.
A Capodanno tutto dovrebbe essere possibile, un abbandono del vecchio per il nuovo e sebbene le speranze sono sempre verdi, la realtà non è sempre quella che ci si aspetta.
All is quiet on New Year's Day. A world in white gets underway. I want to be with you Be with you night and day. Nothing changes on New Year's Day. On New Year's Day.
Una introduzione con il pianoforte che giganteggia in un brano rock cosi forte, è sicuramente uno dei punti forti del pezzo, che di punti deboli non ne ha proprio.
Negli anni 90 gli U2 hanno proposto una edizione (più breve di una strofa) del brano nel primo The Best Of, ma in molti continuano a preferire la demo base che si trova unicamente nel vinile made in Usa. E a proposito di ciò, è anche il caso di ricordare le b-sides che accompagnano il pezzo più suonato di War: Treasure (Whatever Happened To Pete The Chop) e Endless Deep, il cui secondo finirà anche lui sul Best of 80-90 tra le b-sides strumentali più belle.
And so we are told this is the golden age, And gold is the reason for the wars we wage, Though I want to be with you, Be with you night and day, Nothing changes
On New Year's Day...

 

4.         Like A Song – Pezzo bellissimo: rock allo stato puro, dà l’idea, nelle corde, di qualcosa di importante e di sancito con caratteri porpora. Pochi brani degli U2 suonano come Like A Song, che è un concentrato di batteria, basso e chitarre acustiche.
Il brano è “ispirato” dalle piccole guerre, quelle politiche e religiose, quelle che la realtà giornalistica non mostra, ma che sotto sotto logorano il tessuto urbano.
Is there nothing left? Is there, is there nothing? Is there nothing left? Is honesty what you want...
Una generazione senza un nome, strappata e divisa, Nulla da perdere, nulla da guadagnare. Niente di niente, E se non puoi aiutare te stesso, Bene, datti un'occhiata intorno. Quando gli altri hanno bisogno del tuo tempo, Tu dici che è tempo di andare... è il tuo tempo. Parole rabbiose non fermeranno il combattimento Due torti non faranno una cosa giusta. Un nuovo cuore è ciò di cui ho bisogno…
Oh Dio, fallo sanguinare… c'è rimasto niente? Niente è lasciato al caso e i testi degli U2 non sono da meno.
Bono, ci spiega una importante curiosità sul suo modo di cantare cosi anni 80: «Uso un microfono a filo perché devo sentirmi legato a qualcosa: è un cordone ombelicale per me. Poi voglio vedere dove va la mia voce».

 

5.         Drowning Man – Si tratta di una dolcissima ballata d’amore, poco conosciuta ai più, ma che suona come un inno celtico, con i violini zigani (di Steve Wickham, violinista degli In Tua Nua) e una coppia alle chitarre meno agguerrita del solito. Bono dà libero sfogo ai suoi pensieri e ad una voce irraggiungibile. Un pezzo da brividi, nel testo, e se l’amore sarà per sempre come BonoVox dice nel ritornello con ali di aquila, subentrerà il pianoforte per far capire ai fans degli U2 che a una dichiarazione del genere non si può non dire di si.
Dire che si tratta di un pezzo meraviglioso, e fuori dal tempo, forse è troppo limitante.
Hold on, hold on tightly.
Hold on, and hold on tightly.
Rise up, rise up with wings like eagles.
You run, you run.
You run and not grow weary.
Hold on, and hold on tightly. 
Hold on, hold on tightly 
This love, lasts forever.
Now this love lasts forever. 

Bono dice che ha scritto questo brano per Adam Clayton e per tutti quelli che soffrono e stanno annegando: oltre che caricarsi di grande sentimentalismo, molti sono i momenti di solidarietà offerti all’altro uomo come te.
Prendi la mia mano, Lo sai che sarò là […] Tieniti, e tieniti fortemente. Tieniti, e non lasciarti andare…

 

6.         The Refugee  – Chi è la profuga di cui si parla in questo brano? E’ l’orfana di un padre morto in guerra e che con la madre, cerca di raggiungere la “Terra Promessa” rappresentata dall’America. In the evening, she is waiting, waiting for her man to come and take her by her hand... And take her to this promised land:  le sonorità dominate dalle percussioni di Larry, non si allontanano molto da altri brani più rappresentativi dell’album come Like A Song e Red Light, e non sfigura di certo.
Gu, guerra lei è una profuga. Sta tornando indietro. Lei viene e ti fa  compagnia.
Gu, guerra lei è una profuga. La sua mamma dice che un giorno lei andrà a vivere in America:
è significativo quel Gu, le cui urla di Bono, danno del Tu alla guerra, mentre gli altri musicisti non abbassano gli scudi elettronici della loro retroguardia.

 

7.         Two Hearts Beat As One Secondo o terzo singolo di BonoVox (dipende dal momento cronologico di pubblicazione e dall’importanza che gli si dà, di certo non paragonabile a New Year’s Daye Sunday Bloody Sunday), è stata scritta a quattro mani con la moglie, in viaggio di nozze, ed è una confessione amorosa, ricca di confidenze, debolezze, sofferenze, e scuse. Lui la definisce una strana “danza” e di danza questo pezzo c’ha solo la stranezza: sebbene le tante demo e le tante other takes che ne accompagnano il singolo (anche solo vocale o anche solo strumentale), sembra un brano minore a tanti altri dell’album.
Poco convincente nelle sonorità: I can't stop to dance
Honey, this is my last chance
I said, can't stop to dance
Maybe this is my last chance.
Two hearts beat as one.
Two hearts beat as one.
Two hearts.
Beat on black, beat on white
Beat on anything, don't get it right.
Beat on you, beat on me, beat on love.

Due cuori battono come uno. Due cuori.  Battono sul nero, battono sul bianco. Battono su tutto, non farlo bene. Battono su te, battono su me, battono sull'amore: il verso più orecchiabile, nel ritornello, la dice lunga sulle proprietà di questi two hearts, ci sembra, un po’ troppo mercenari.

 

8.Red Light – Metti su questo brano e ti immagini di sentire il solito Bono che canta e invece a fare ta ta ta ra ta ta, sono delle ragazze: C. Poirier, J. Felton, A. Kaegi e T. Haegi. Nella storia d’amore tra un giovanotto e una prostituta, metteteci in mezzo anche i fiati di una tromba, quella di Kenny Fradley, e capite perchè il ragazzo proponga il suo amore, per tirarla fuori dal “giro”.
Si tratta di un brano sorprendente e anche molto molto efficace, sin dal primo ascolto; povero The Edge, sebbene sgomiti per fare i cori e ci metta dentro la sua “classica” elettrica, sembra quasi emarginato dalla band! Eccezionale invece Adam, con la comparsa di bassi che dà pepe al finale. Gli U2 che non ti aspetti insomma.
Alone in the spotlight of this your own tragedy: i fari delle auto dei clienti sono anche le luci della ribalta dello showbiz. Una bella canzone veramente, una canzone e basta: proprio quello che la musica deve fare.
Oh parlo con te, tu te ne vai.
Sei ancora depressa
Dici che non vuoi il mio aiuto.
Ma non puoi scappare
Se stai scappando da te stessa.
Ti do il mio amore
Ti do il mio amore
Ti do il mio amore
Però tu vai via.

 

9.Surrender – Altro pezzo atipico per gli U2 che trovano nei cori di J. Felton quello spirito di
freschezza e femminilità di cui si colora quest’album. Si direbbe proprio un pezzo pop, o meglio un pezzo non da U2.
Spesso siamo costretti a combattere una guerra quotidiana contro la società che ci circonda e alla quale siamo costretti a “consegnarci”.
Jessica Felton/nella storia di Sadie, che non riesce ad adeguarsi a quello che la società le chiede di fare, s’arrende a vivere per strada, Toniiight!.
Un pezzo alla ABBA (gruppo musicale pop svedese, famosi per aver venduto con la loro musica da dancefloor, 360 milioni di dischi in tutto il mondo), pieno di cori e di strimpellamenti da canzonetta, …ma che è forte e canta cosi:
Oh, the city's afire, A passionate flame that knows me by name.
Oh, the city's desire, to take me for more and more. It's in the street gettin' under my feet. It's in the air, it's everywhere I look for you. It's in the things that I do and say
And if I wanna live I gotta die to myself someday
: da brividi i cori finali e la strumentazione di fiati e tamburi... ooohhhh ooohhhhh I sing I sing my soong!

10.       “40” Brano leggenda degli U2. Suonatissimo e cantatissimo negli anni 80, si vanta d’aver avuto tra le sue fischiettatici anche Annie Lennox, del gruppo Eurythmics.
He set my feet upon a rock
And made my footsteps firm
Many will see
Many will see and fear
I will sing, sing a new song...

Al termine della sessione di registrazione di War, mancava ancora un pezzo per completare l’album, cosi negli ultimi 20 minuti a loro disposizione, si dice che gli U2 improvvisarono questa canzone. Bono prese la Bibbia e cantò le parole del Salmo 40. E cosi nacque questo pezzo immortale per la loro carriera.
Ho aspettato pazientemente il Signore, Lui si è chinato ed ha sentito il mio grido.
Mi ha tirato su, fuori dalla fossa, fuori dall'argilla melmosa.

Vogliamo trovarci qualcosa di politico in questo pezzo? Possiamo: se pensiamo agli anni 40 e a quanto male hanno fatto, non commettiamo un’eresia di pensiero.
Adam e The Edge fanno da bassi per accompagnare Larry alla batteria, in un pezzo dalla melodia semplice e senza particolari estetismi, ma che genera memoria.
Gli anni sono passati e sentire, quasi a 30 anni di distanza dalla composizione di questo pezzo, la gente che supplica il verso: How long to sing this song?, mette i brividi.

 

Valutazione  in euro di un vinile: meno di 16 € non li si spendono, qui vicino.
Valutazione  in euro di una cassetta: 10 euro in media.
Valutazione  in euro di un cd: la Universal, nei momenti di festa, “spaccia” quest’album a 8-10 €.

 

U2 – UNDER A BLOOD RED SKY - Italy, Island, IMAK73

 

 

1.         Gloria (Live from Denver) (4:45)
2.         11 O'Clock Tick Tock (Live from Boston) (4:43)
3.         I Will Follow (Live from St. Goarshausen) (3:47)
4.         Party Girl (Live from Denver) (3:08)
5.         Sunday Bloody Sunday (Live from St. Goarshausen) (5:17)
6.         The Electric Co. (Live from St. Goarshausen) (5:23)
7.         New Year's Day (Live from St. Goarshausen) (4:36)
8.         "40" (Live from St. Goarshausen) (3:43)

 

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

Tutti i brani sono stati composti dagli U2.
Produttore: Jimmy Iovine. Mix: Shelly Yakus negli studi di Hit Factory, NYC.
Assistenza tecnica di: Bobby Cohen.
Copiaggio: Stephen Marcussen negli studi di Precision Lacquer, LA.
 Design di RX per The Creative Department, Dublino.
Monitoraggio alla  fotografia di:  Jacobus van Hespen.
Registrazioni a Denver: Steve Lillywhite.

In una recente intervista (anno 2000), Adam Clayton ha espresso le seguenti considerazioni a proposito delle registrazioni che riguardarono il cielo rosso fuoco di quell’antico live: «Tutti i primi lavori discografici sembrano valere poco più di una registrazione demo; una valutazione condivisa da tanti altri musicisti rock che nella propria carriera musicale partendo da un’istintiva vocazione per il "live" tendono nei primi lavori in studio a trasferire tale e quale il sound caldo e sudato della sala prove trascurando, vuoi per scelta, vuoi per inesperienza, vuoi per limiti di budget, il lavoro certosino di produzione e di costruzione creativa del sound su multitraccia. Questo live si può quindi considerare come il miglior lavoro del gruppo fino a quel momento, superiore ai primi tre dischi in studio, l'occasione ideale per la band per documentare tutta la propria carica esplosiva in concerto».
La magia di un album live, condiziona fin dalle origini, le registrazioni-album degli U2. Questo live che nel titolo, riprende una delle strofe di New Year’s Day dall’album War, Under a blood red sky
A crowd has gathered in black and white Arms entwined, the chosen few. The newspaper says, says
Say it's true it's true... è una sintesi dei primissimi tour in Europa e Usa della band di Dublino con un occhio particolarmente rivolto a Denver, e all’anfiteatro di roccia e fuoco che chiamano Red Rocks. E’ un successone e il video tratto da quel concerto memorabile del 1983 diventerà uno delle icone-baluardo del rock per le nuove generazioni, dal momento che Bono & Co. ormai hanno catalizzato su di loro l’attenzione dei media musicali di tutto il mondo. Durante l’esecuzione di The Electric Co. furono cantati 30 secondi in snippet di Send In The Clowns di S. Sondheim, a cui gli U2 non pagarono le concessioni copyright. Questo costò molto caro alla band in termini di dazio, nonché la soppressione del pezzo dall’album poi rimasterizzato in studio, in cui la snippet scomparve.
Canzoni dirette e senza fronzoli, riff taglienti, una ritmica incisiva e vibrante e, su tutto, l’interpretazione calda ed evocativa di Bono (da Onda Rock.it) e U2 “ancora acerbi”,… ancora troppo
giovani.

I PEZZI

1.         Gloria (Live from Denver) – Bono celebra e glorifica il gruppo, presentandolo al pubblico nella straordinaria cornice di Red Rocks, tra fiamme, roccie e inni rock. The door is open, you're, standing there. You let me in...

 

2.         11 O'Clock Tick Tock (Live from Boston) – Novità assoluta nell’album di uno dei due nuovi singoli (l’altro è Trash, Trampoline & The Party Girl) che compariranno nella discografia come b-sides o come extended version di altri brani più celebri durante le pubblicazioni musicali successive. Sembra un pezzo uscito fuori da Boy, sia nelle sonorità che nelle tematiche, e Bono lo conferma rivelando «che si tratta di un concerto dei Cramps» -  a cui avrebbe assistito e che non gli piacque per niente. Bono prende cosi le distanze dal punk rock - «di quelli che come i Kiss, strillavano unicamente come neonati e si preoccupavano unicamente di mascherarsi la faccia». A dire il vero questo brano non è un granché, dal momento che gli U2 hanno dimostrato in pochi anni di saper mostrare diversamente gli attributi.
Un viso dipinto, e lo so che non ne abbiamo per molto, pensavamo di avere le risposte.
Erano le domande ad essere sbagliate… Sento i bimbi che strillano, e so che è ora di andare, Io sento i bimbi che strillano. Portami a casa…
: niente di più difficile che con queste parole, la musica di Bono & Co. cerchi di diventare matura e adulta, in uno scenario familiare. Ma la musica non riesce a dare lo stesso effetto di quanto dichiarato.

 

3.         I Will Follow (Live from St. Goarshausen) - Ladies and Gentlemen, let me tell you...I will follow... : col passare degli anni questo brano e la sua carica elettrica sembrano renderlo sempre più apprezzabile alle orecchie del grande pubblico, senza quegli inutili campanellini della versione album.
Trascinante il verso: Io seguirò... your eyes.

 

4. Party Girl (Live from Denver) – Dalle parole di Bono, diventa la «One More» di Red Rocks.
Semplice, divertente, pensante e sognante, come un vaso di fiori in cui germogliano all’improvviso dei girasoli. Questa è la sorprendente Trash, Trampoline, & The Party Girl, un brano tutto acustico che ci presenta una ragazza che ha bisogno di liberarsi di una triste nomea. Il brano, perla rara nella discografia uduica, nelle rare esibizioni dal vivo, vedrà spesso la collaborazione del pubblico sul palco o di ballerine improvvisate, prese in prestito fra le migliaia di fans donne che si sono recate, puntualmente, ai loro concerti.
Nella versione di Red Rocks, The Edge non regge una nota (come spesso avviene per questo brano, soprattutto nel momento del suo assolo acustico) e Bono interviene coprendo la falla con una “pezza”: «He’s our hero!»
Conosco una ragazza, una ragazza chiamata Party, Ragazza-Party. Lo so che lei vuole più di una festa, Ragazza-Party. Conosco un ragazzo, un ragazzo chiamato Trampolino: Lo sai cosa intendo!
Quando avevo tre anni, pensavo che il mondo girasse intorno a me: avevo torto. E così ora canto, nel coro e se tu balli, allora balla con me…
Nonostante i dovuti chiarimenti, nei confronti dei significati romantici nascosti di questo brano, di certo non manca in questa canzone un po’ di vena erotica che aveva già caratterizzato canzoni del passato, come Red Light, The Refugee, Scarlet, An Cat Dubh.Per chi voglia ascoltarla nella versione studio, dovrà accontentarsi di cercarla nel lato B del vinile 45 giri di A Celebration, pubblicazione discografica della Island Records nel 1982. Allo Shake It del lato A, Bono in Party Girl risponderà con l’onomatopea Wham Bam,… che è tutto un gran bel dire.

 

5.         Sunday Bloody Sunday (Live from St. Goarshausen) – Il brano simbolo, per gesta e per rivoluzione di Red Rocks, non ha bisogno di ulteriori presentazioni. E’una icona della musica degli U2: un canto di guerra, una rivoluzione, una innovazione.
«Si sono fatti molti discorsi a proposito della prossima canzone, forse, forse troppi discorsi, questa canzone non è una canzone di rivolta... Questa canzone è DOMENICA, MALEDETTA DOMENICA!»
Lasciate a casa, quindi, armi e baionette.
Solo e soltanto, tutta da cantare.
«La vera battaglia è appena cominciata per reclamare la vittoria che Gesù ottenne di... (I'm so sick of it!)».

 

6.         The Electric Co. (Live from St. Goarshausen) – Si è a lungo parlato dei problemi di copyright che vide gli U2 “involved” con i managers di Van Morrison in questo brano. Ma la compagnia elettrica di questo live si arricchisce come già ampiamente discusso di Cry, snippet a sua volta di Is That All?, tratta dall’album October.
The Electric Co. non sarebbe la stessa oggi se gli U2 non suonassero quelle 2 schitarrate strimpellate, cosi violente e cosi rock all’inizio.
Questa l’introduzione:
Somebody cry, somebody cry
Somebody cry
When somebody try, somebody try
Somebody try something quick
Don't you look back, don't you look back
Don't you look back
When somebody cry, somebody cry
Somebody cry
Well I can't see why or
What for!
What for!
What for!

(Break it up!)
Bono chiede al pubblico aiuto affinché la macchina dell’elettroschock «venga fatta a pezzi» e butterà addirittura dell’acqua sul jack di The Edge, durante il Vertigo Tour, mentre il buon Dave impazzirà con la sua chitarra “ingovernabile” sul palco circolare, vicino al pubblico.

 

7.         New Year's Day (Live from St. Goarshausen) – Bono esordisce con «Yeooo!», gridato con quanto fiato gli rimane nei polmoni - poi si scatena la band. Il brano è tra i più trasmessi da radio e tv, in prossimità delle feste natalizie e di Capodanno, sopratutto. E’ sempre intonata come segno di buon augurio, e gli U2 in questa canzone hanno sempre creduto molto, persino quando erano nella neve fino alle ginocchia. E il pubblico in questo live li sostiene con un corretto battito delle mani a tempo, la speranza di un nuovo anno pieno di certezze.
Potere della densità della musica e dell’assenza di bluff nelle parole: e tutto questo è veramente molto importante.

 

8.         "40" (Live from St. Goarshausen) – Lo si è già detto, ma è sempre bello ricordarlo: negli anni 80 non si torna a casa da un concerto degli U2 senza aver cantato a squarciagola Forty, anche se la band è tornata nei camerini e gli spalti stanno cominciando a svuotarsi. L’esecuzione di questo brano prevede sempre alcuni rituali che nel corso di 25 di carriera non sono mai cambiati: The Edge e Adam Clayton si scambiano le chitarre (basso e chitarra elettrica), Bono invita il pubblico a cantargli dietro nel ritornello How Long To Sing This Song? e a Larry spetta il compito di lasciare per ultimo il palco dopo aver concluso la session alla batteria.
E’ la canzone infinita, è quella canzone con cui si cerca di convincere l’artista a non andar via. Bono augura la «Buonanotte!» e si spengono i fuochi su Red Rocks, mentre il pubblico continua ad alzare la voce: questa è la magia della musica.
Questa è complicità, perché gli U2 continueranno a cantare -  «una canzone nuova».

 

Valutazione  in euro di un vinile: a meno di 25 € non lo trovi, se riesci a trovarne ancora uno.
Valutazione  in euro di una cassetta: 10 euro in media.
Valutazione  in euro di un cd: la Universal, nei momenti di festa, “spaccia” quest’album a 8-10 €.

 

 

U2 – THE UNFORGETTABLE FIRE - Italy, Island, U2K75

 

 

1.         A Sort of Homecoming (5:28)
2.         Pride (In the Name of Love) (3:48)
3.         Wire (4:19)
4.         The Unforgettable Fire (4:55)
5.         Promenade (2:35)
6.         4th of July (2:12)
7.         Bad (6:09)
8.         Indian Summer Sky (4:17)
9.         Elvis Presley and America (6:23)
10.       MLK (2:31)

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

Album pubblicato da:  Blue Mountain Music Ltd.
Prodotto e arrangiato da: Brian Eno & Daniel Lanois.
Ulteriori arrangiamenti di: Kevin Killen e Randy Ezratty.
Tutti i brani sono stati registrati allo Slane Castle, Co. e  Meath e Windmill Lane Studios, di Dublino. 
Bono: voce. The Edge: chitarre, tastiere e cori. Adam Clayton: basso. Larry Mullen Junior: percussioni.
Voci, trattamenti addizionali ad opera di: Eno / Lanois.
 Musica degli U2, Testi di  Bono.
Arrangiamenti alle chitarre: Noel Kelehan. Luci: Paul Barret. 
Managment: Paul McGuinness. Anne-Louise Kelly, Ellen Darst.
Staff: Dennis Sheehan, Joe O'Herlihy, Steve Iredale, Tom Mullally, Steve Rainford, Peter Williams, Tim Buckley, Lord Henry Moutcharles.
Cover fotografia: Anton Corbijn / Steve Averill.
Realizzazione: Anton Corbijn / The Creative Dept Ltd. 
Ringraziamenti particolari rivolti a  Mrs Christine Kerr.
Batterie: Yamaha.
Corde: James Howe Industries.

«Noi non consegniamo dei messaggi belli e pronti alla gente. I nostri testi e la nostra musica sono il nostro tentativo di cavare qualcosa fuori dalla confusione delle nostre vite; e credo ciò sia quello che più o meno tutti cercano di fare. Le nostre liriche cercano di esplorare ed analizzare terre dure ed aspre, luoghi interiori quali le paure che molti preferirebbero seppellire. Il messaggio è quindi a noi stessi, noi non additiamo nessun’altro se non noi stessi. Non siamo predicatori, politicanti o profeti, siamo esseri umani che chiedono “aiuto”, noi celebriamo l’essere umani» - Bono, ai microfoni di Davide Sapienza (dalla e-zine Fire, e dal numero 1, del febbraio 1985, pag.8).
The Unforgettable Fire è il quarto album studio degli U2 e il quinto della loro carriera. Un album in cui si sente una certa maturazione artistica e musicale, nel flusso di coscienza metafisico incontro al quale la band è voluta andare, non ponendosi limiti di tempo per la realizzazione e chiudendosi in stanza asettica, dove poter lavorare su melodie che da tempo le menti dei 4 della band, avevano nella testa.
D’altronde si tratta del primo album post-punk uduico e soprattutto di un album in cui collaborano, per la prima volta, coloro che diventeranno i produttori storici della band: Brian Eno e Daniel Lanois.
L’arte attraverso diversi tentativi d’opera, si fa conoscenza suprema del mondo, nelle suggestioni e nei contrasti: questo in sintesi è quello che si può dire al primo ascolto di questo innovativo album.
L’album ancora una volta vede la presenza di qualche pezzo unicamente strumentale, la qual cosa ha fatto storcere un po’ il naso agli addetti ai lavori. E’ un anno importante quello di The Unforgettable Fire: Like A Virgin di Madonna (Sire/Warner Bros, 1984) e Thriller di M. Jackson (Epic, 1982), diventeranno dischi memorabili della storia della musica mondiale, come quel Born In The Usa di B.Springsteen (Sony, 1984), che di lì a poco diventerà grande amico, nonché duettista del nostro vocalist. I Queen danno alle stampe uno dei loro lavori più contraddittori e sperimentali della loro storia, come A Kind Of Magic (EMI/Hollywood Records, 1986),e anche gli U2 si cimentano con un genere nuovo: una musica di tipo ambient, con la stessa energia rock delle origini ma con una maggior manipolazione e “addolcimento” dei suoni. Ne viene fuori l’album forse più genuino di tutta la loro discografia, senza i grandi stridii delle origini ma anche senza l’elettronica che irromperà nelle chitarre di Edge e Adam nel corso di tutti gli anni 90. Il titolo dell’album è estrapolato da una mostra di quadri omonima, eseguita in quegli anni dai superstiti della bomba di Hiroshima, che gli U2 visitarono a Chicago nel 1983. Inoltre i due castelli su cui si regge la grafica e la storia di quest’album, sono icone e significato del nuovo progetto della band irlandese: lo Slane Castle e il Moydrum Castle. Quest’ultimo è il simbolo della violenta storia d'Irlanda. Costruito nel 1814 diventò la dimora dei Lord Castelmaine. Nel luglio 1921 l'esercito britannico, in cerca di armi, rase al suolo tre fattorie nei pressi del castello. La popolazione in rivolta si vendicò sul castello, simbolo del potere inglese, e lo diede alle fiamme, distruggendolo. Là dove prende vita la storia della rivolta irlandese, nascono ora piante e fiori, mai sradicati.  Gli U2, sono ormai alle radici della storia e alle radici della musica irlandese: agli occhi del mondo possono diventare testimoni con la loro musica della causa nazionale contro l’Aids combattuta da Bob Gendolf nel Live Aid del 1984.
Badsuonata per 12 minuti e Sunday Bloody Sunday in diretta da Dublino, rappresenteranno 2 dei momenti di maggior catalizzazione mediatica dell’evento televisivo.
Bono ha detto: «The Unforgettable Fire è stato un disco deliziosamente sfuocato,  sgranato come un quadro impressionista, molto diverso da uno slogan su di un  tabellone pubblicitario» e anche noi, proponiamoci di ascoltarlo, con la pazienza e l’ammirazione giusta: né tanta, né poca insomma.

I PEZZI

1.         A Sort Of HomecomingIl brano si apre rockeggiando con la batteria di Larry, in pieno stile War; ben presto, però, il suono si fa meno aggressivo, e la voce di Bono che da vivace (come al solito) diventa un po’ più “pulita”, un po’ “netta” del passato.
Il testo è ispirato alla poetica di Paul Celan (1920-1970), ebreo di lingua tedesca nato in Romania, morto suicida nel 1970 a Parigi, che auspicava «il ritorno a casa senza più violenze, dopo i viaggi intorno al mondo che la vita ci spinge ad intraprendere».
Kylie Minogue (che nel 2006 ha dettato con Bono nell’esecuzione di un brano di R. Williams intitolato Kids (dall’album della pop star britannica Sing When You’re Winning, EMI 2001), durante lo Showgirls Tour), cantante pop di origine australiana, ritiene che l’homecoming degli artisti sul palco sia quello che riesce a rispondere ad una esigenza importante della musica: rispondere a questa affermazione: «I want to aim that!».
Cosa vuol dire? Tornare in studio e sullo stage dei concerti con la stessa fame di successi con cui ci si è fatti strada e con la grande voglia di mostrare il potere delle parole.
And you hunger for the time/Time to heal, 'desire' time/And your earth moves beneath/Your own dream landscape.
On borderland we run.
I'll be there, I'll be there tonight, A high-road, a high-road out from here.
Notevole l’apporto di Adam, molto ispirato al basso, Bono in alcuni momenti sembra cantare come un americano del dixieland o meglio come un africano delle piantagioni “canterine”: Oh com-away, I say, o com-away, I say I.
Perla rara del disco e solo apparentemente disgregata, non puoi dirle veramente nulla di cattivo per la bontà che traspira.
Per stanotte finalmente sto tornando a casa
Sto tornando a casa.

 

2.         Pride (In The Name Of Love)Il brano, il primo dell’album scritto in onore e memoria del reverendo Martin Luther King:
Early morning, April four
Shot rings out in the Memphis sky
Free at last, they took your life:
 
sono i versi riportati nell’epitaffio della tomba che custodisce il corpo del reverendo dalla data della sua morte, 04 Aprile 1968.
Il brano apre ufficialmente un ciclo di hits indimenticabili e memorabili che porteranno gli U2 sul tetto del mondo con quel loro stile cosi “americano”: The Unforgettable Fire, The Joshua Tree e Rattle & Hum, rappresenteranno la trilogia eighties’ blues and soul di Bono e compagni e forse il loro momento di maggiore ispirazione artistica. Pride la cantano tutti, anche quelli che gli U2 non li conoscono. A Torino nel luglio del 2001, Pride diventa simbolo del Giubileo 2000, e da testimonianze rese note dalla città piemontese, l’urlo dei 70.000 spettatori raggiunse la periferia della città a km di distanza e persino in alcune residenze limitrofi.
In the name of love / What more in the name of love
In the name of love / What more in the name of love... Oh oh oh oh...
: il ritornello si esaurisce in queste due semplici frasi reiterate e anaforate ma che diventano un inno di passione e liberazione con quei cori finali che sembrano non voler arrendersi alle dissolvenze che le questioni di tempo e di registrazione impongono.
Tornando all’inizio del brano, Pride è ancora una volta determinazione del trionfo della chitarra di Edge che inizia a imporre i  propri riffs intricati e elaborati all’attenzione del pubblico di tutto il mondo. Bono canta a squarciagola e sembra lo stesso di October e/o War.
Un pezzo suggestivo e solenne, ricco di fanfare.
Il brano ha una energia incredibile che lo rendono unico nel suo genere; irripetibile nella carriera costellata di successi degli U2, non ci sarà un’altra Pride:
They could not take your pride.

 

3.         Wire – Trionfo di chitarre, loop e bassi, l’introduzione di questo brano che diventa in alcuni punti un po’ la Bullet The Blue Sky del passato con le sue strazianti sonorità che segnano una condizione di disagio, parla dei lacci della vita e di quelli della droga, gli stessi che legheranno in manierà più dolce e passionale, la straordinaria galoppata musicale di Bad.
Is this the time,  The time to win or lose?/ Is this the time,  The time to choose?: e a scegliere per gli U2, ci pensa Brian Eno che in questo brano si sente molto presente con i suoi lavori tra le royalties dell’album.
Divertente e trascinante, sebbene di divertente ci sia ben poco nel parlare di droga.
Io entro e tu esci, tu ci riesci
Eccoci qui ancora, ora fai le tue scommesse
E' questo il tempo ?
Il tempo per vincere o perdere ?
E' questo il tempo ?
Il tempo per scegliere ?

Un Bono in versione accanita, che non dispiace per nulla.

 

4.         The Unforgettable Fire – Un po’ Drawning Man, un po’ Scarlet, un po’ The Ocean, un po’ New Year’s Day, forse un po’ anche Party Girl, il secondo singolo di questo disco delle meraviglie si tinge di forti tinte impressionistiche, di pianoforti, loop, e straordinari violini finali. E’un quadro di impressioni diverse sulla vita e sull’amore, come lo è il videoclip che lo accompagna, in una fuga tra castelli dell’orrore e campi di grano sterminati, tempeste di fulmini e giostre:
Carnival
The wheels fly and the colors spin
Through alcohol
Red wine that punctures the skin
Face to face
In a dry and waterless place

è la strofa più impressionante del brano e gli U2 tutti presenti (e si sente), forse giocano il meglio delle loro cartucce in un brano che è irripetibile e che nelle sonorità è un po’ come Pride.
Qualcuno spara dei colpi, proprio come quelli di proiettile da una Magnum: è Larry o è Brian? L’emozione per chi ascolta aumenta, in un crescendo di emozioni e di timore che questo brano sembra infondere. Una estrapolazione della loro storia, poco suonata nei tour, forse perché è uno di quei “pezzi maledetti”, nei significati reconditi e nelle note forse raggiungibili solo in studio; chi lo sa.
Tra il settembre del 1984 e l’aprile del 1985, con questo singolo e con il precedente (Pride), gli U2 pubblicano alcune b-sides strumentali come Boomerang I e Boomerang II, 4th of July, The Tree Sunrises, Love Come Tumbling, Bass Trap (gli ultimi tre pubblicati nel 2007 nell’edizione deluxe della nuova versione rimasterizzata di The Joshua Tree) e Sixty Seconds In Kingdom Come.

 

5.         Promenade – Brano targato tutto Hewson; Bono, intimista e riflessivo, nel suo quaderno personale scrive questo pezzo, in occasione dell’acquisto della prima casa, post-nozze, lungo le rive del mare che bagna Dublino.
Oh, tell me, Cherry you dance with me
Turn me around tonight
Up through the spiral staircase
To the higher ground.
Slide show ,sea side town.
Coca-Cola, football radio radio radio
radio radio radio.

Si tratta probabilmente di uno dei pezzi meno riusciti dell’album, solo perché troppo smielato e semplice nelle sonorità, e ogni tanto “deve” anche accadere per chi è grande come loro, ma non infallibile.
Eppure il testo è molto particolare: un’associazione di immagini interiori proiettate su uno schermo naturale esteriore, essendo stato anche uno dei testi “improvvisati” al microfono da Bono (ancora una volta da Fire, numero 2, Maggio 1985, pag. 15).
Atmosfere soffuse e americaneggianti, Promenade contiene suggestioni funebri, specie nell’utilizzo dell’espressione Cherry dance with me, che per gli anglosassoni è, a quanto pare, una sorta di invocazione alla morte.
Dalle parole di Bono, a Bill Flanaghan, in «Soul Revelation And The Baptism Of Fire» del 01 Febbraio 1985: «The song was written in one take.  I went to the microphone with a piece of music and just sang it.  In some ways it's complete coincidence.  The 'radio' image just came to me -- and obviously I turned it into that Van [Morrison] lick: 'Radio, radio, radio’».
Una melliflua chitarra di Edge, regala uno straordinario momento di pace; proprio quello della morte.

 

6.         4th of July – Ancora un brano nazionalista, ancora una data storica. Questa volta in un pezzo totalmente strumentale, gli U2 celebrano il giorno di Indipendenza americana, ma per noi italiani potrebbe anche rappresentare due date storiche differenti: la celebrazione della nascita dell’eroe dei “due Mondi”, Giuseppe Garibaldi (1807-1882) e la vittoria sulla Germania nella semifinale dei Mondiali di Calcio del 2006 che ci avrebbero reso Campioni del Mondo per la IV volta. Dal punto di vista musicale, niente più che un intermezzo che anticipa il “grande cavallo di razza” del lato di B della cassettina, targata Island Records.
«L’avevamo lasciata in fondo ad un nastro» - dalle parole di The Edge - «ed è stato Bono a volerla a tutti i costi nell’album».
Angosciosa e destabilizzante.
They promised you a miracle…

 

7.         Bad – C’è chi si perde ad interrogarsi sul significato della parola di questo brano (cattivo/cattiva oppure “eroina”, intesa come droga?) e chi invece non capisce come mai Badnon abbia dato luogo a un 45 giri, fatta eccezione per l’EP Wide Awake In America, del 1985, che conterrà una versione live da 8 minuti della canzone più canticchiata (dai fans) della storia degli U2.
Punti di vista.
Stiamo parlando di un altro pezzo storico e indimenticabile della carriera degli U2, che non manca mai nei concerti in giro per il mondo del quartetto. Sonorità celtiche e campanellini (gli stessi di Wind In Lonely Fences del disco Ambient #2, The Plateau Of Mirror di Brian Eno, EG/Astralwerks/Thirsty Ear, 1980) alternati a tamburellate Mulleiane, sono solo l’inizio di questa carica all’arma bianca di una canzone in crescendo.
Questa canzone non riguarderebbe una persona in particolare, ma un mucchio di persone su questa Terra,… probabilmente parlerebbe anche di BonoVox il quale si rivolge alla band con queste parole: «Questa è per loro, per quelli di loro che si sono innamorati di un'amante pericolosa - l'amante è l'eroina e la canzone è Bad»; il brano che è un crescendo di emozioni oltre che di introduzioni strumentali (a partire dalla batteria e dai violini), che la rendono in alcuni tratti un pezzo folk, quasi western.
I significati che possiamo trovare sul dizionario di lingua inglese della parola Bad sono molteplici e tutti perfettamente adattabili ai valori professati nella canzone: sbagliato, malato, sgradevole.
Badè il trionfo dei sostantivi minimalisti di Paul Hewson:
This desperation
Dislocation
Separation
Condemnation
Revelation
In temptation
Isolation
Desolation
… ed è senza dubbio una delle canzoni più riuscite dell’album.
Un roundtrip simbolico nelle profonde foreste incantate di Re Artù e gli spazi incontaminati della selvaggia wilderness americana.

 

8.         Indian Summer Sky – La canzone indica un’evidente e incalzante “tuffo” nella natura incontaminata, tra i vuoti delle riserve autoctone indiane che hanno smantellato le tende dei loro rifugi per lasciare il posto a enormi teschi di bisonti, punzonati da condor famelici e iene.
Dopo un pezzo come Bad non ci si aspetta che gli U2 riescano ancora a stupire, eppure lo fanno alla grande. Non mancano ormai sempre più evidenti le citazioni alle città americane di cui Bono & Co. si sono fatti cittadini “virtuali” onorari (prima ancora di riceverne la carica autentica che avverrà durante il Conspiracy Of Hope Tour).
Molte città americane nascono sulle ceneri di antiche civiltà scomparse o rese autoctone per via dell’uomo bianco, come è avvenuto per gli indiani, oggi più che mai “stivati” nelle riserve naturali. In questa canzone domina il soprannaturale, sopito solo dalle percosse e dalle violenze subite dai nativi d’America: il senso dello spirito intrappolato nella giungla di cemento vien fuori come sguardi veloci.
Così vento passa attraverso il mio cuore
Così vento soffia attraverso la mia anima
Così vento passa attraverso il mio cuore
Così vento soffia attraverso la mia anima
Così vento passa attraverso il mio cuore…

Musicalmente parlando, in alcuni punti si risentono le origini musicali di Boy, nella sua vena selvaggia, ma è bella perché veloce:
Tu offri te stesso per questo il giorno più lungo
Tu offri te stesso, ti dai via completamente.

Mentre Bono prega, mani sollevate al cielo, gli altri 3 rivolgono i loro versi selvaggi uh uh, agli spiriti del loro animo da pellerossa, e provano a rievocarli, in una fiera attitudine guerriera.
Intensa e sottovalutata: tingiti anche tu la faccia di terra e maschere indù, e balla attorno al fuoco con gli U2.

 

9.         Elvis Presley And America – Bono disse che fu scritta pensando all'ultimo Elvis che, obeso e frastornato, dimenticava le parole delle proprie canzoni. Non sarà il primo brano che gli U2 dedicheranno al genio del rock’n’roll di Memphis (vedi Elvis Ate America, in Passengers, Original Soundtrack Vol.I), ma rispetto all’altra (che verrà), questa canzone suona per lo meno, un pochettino più orecchiabile. Resta la passione e il ricordo per Elvis (vocalizzare e improvvisare un testo proprio come avrebbe fatto lui non è certo poca cosa), ma gli U2 ogni volta che gli rendono omaggio non riescono a comporre mai più di una canzonetta: è un dato di fatto che questa canzone contenuta in The Unforgettable Fire album, sembra più una demo che ha rubato il posto a qualche altro brano che parso come b-side, ha dimostrato maggior caratura musicale. Bah, vabbè, godiamoci comunque questi versi:
You know
Like no one told you how
But you know
Though the king that howls has howled
But you feel like sentimental
But you don't care
If I just share it in your heart.

Bono sul vibe di questa canzone ricorda: «Brian mi diede il microfono, e mi disse di cantare su questo pezzo di musica che era stato rallentato, e suonato al contrario: io gli dissi: “Ma come?Cosi? Adesso? E lui “Si, cosi!”, “non è del resto ciò che cerchi?” Così mi misi a cantare, e quando finii c’erano tutte queste belle frasi e quelle bellissime melodie e dissi a Brian “Non vedo l’ora di finirla”, e lui: “Cosa vuol dire finirla?E’ già finita!”: ecco come è nato questo brano» (da Fire, numero di settembre 1985, n°2, pag.19, ibidem).

 

10.       M L K– Brano di chiusura di questo album dalle nuove sonorità U2, è un po’ la 40” del 1984.
Si tratta del secondo brano dedicato alla memoria di Martin Luther King (sue infatti le iniziali che compongono il titolo questa canzone) ma che suona come una ninna nanna ed è come il momento che segue un bel tazzone di milk=latte bevuto davanti al focolare, in una notte di tempesta prima della buonanotte.
Ancora si può interpretare il testo come una dedica a tutti i padri e i defunti della Terra e non a caso MLKfu suonata in occasione dell’evento sportivo-mediatico più seguito alla tv dagli americani, il Superbowl, la finale di rugby del 2001, e alle spalle di Bono & Co. in pieno Elevation Tour si innalzarono i nomi delle vittime dell’attacco kamikaze delle Twin Towers di New York. Il sonnolento e evocativo suono del piano di Edge/Eno, fu poi bruscamente interrotto dall’introduzione della ben più rockeggiante Where The Streets Have No Name.
Dormi, dormi stanotte, e che possano avverarsi i tuoi sogni…

 

Valutazione  in euro di un vinile: clamoroso, può costare anche solo 5 €, e cosi come venderlo (come succede) a 35 € significa, in un modo o nell’altro, commettere un’eresia
Valutazione  in euro di una cassetta: 5 euro in media.
Valutazione  in euro di un cd: il prezzo si aggira sugli 8-10 euro. Buona scelta per chi lo compra in questo formato. Si può pentire di avere a casa solo la cassettina. Sigh.

 

U2 – THE JOSHUA TREE - UK Pressing, UC26 / 842 298-4

 

 

1.         Where the Streets Have No Name (5:37)


2.         I Still Haven't Found What I'm Looking For (4:37)


3.         With or Without You (4:56)


4.         Bullet the Blue Sky (4:32)


5.         Running to Stand Still (4:18)


6.         Red Hill Mining Town (4:52)


7.         In God's Country (2:57)


8.         Trip Through Your Wires (3:32)


9.         One Tree Hill (5:23)


10.       Exit (4:13)
11.       Mothers Of Disappeared (5:14)

 

DISC 2 – DELUXE EDITION 2007
12.     Luminous Times (Hold On To Love)
13.     Walk To The Water
14.     Spanish Eyes
15.     Deep In The Heart
16.     Silver And Gold
17.     Sweetest Thing
18.     Race Against Time
19.     Where The Streets Have No Name (Single edit)
20.     Silver And Gold (Sun City)
21.     Beautiful Ghost/Introduction To Songs Of Experience
22.     Wave Of Sorrow (Birdland)
23.     Desert Of Our Love
24.     Rise Up
25.     Drunk Chicken/America

 

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

Prodotto da : Brian Eno & Daniel Lanois. Mixato da : Steve Lillywhite Registrato da: Flood.
Strumenti addizionali : Dave Meegan con Pat McCarthy.
Ai mixer : Mark Wallace, e Mary Kettle.
Parole di:  Bono. Cori di:: The Edge, Brian Eno, Daniel Lanois. Programmazioni e tastiere ai DX7: Brian Eno.
 Tambourine / Pianoforti / Chitarre addizionali: Daniel Lanois.
Armonica a bocca:  Bono. One Tree Hill – Arrangiamenti alle chitarre: Bob Doidge. Suonato a: Armin Family.  Red Hill Mining Town – con la collaborazione dell’orchestra: The Arklow Silver Band. Red Hill Mining Town – Ulteriori arrangiamenti: Paul Barrett.
Staff Tecnico in Studio: Joe O'Herlihy, Des Broadberry, Tom Mullally, Tim Buckley, Marc Coleman, Mary Gough, Marion Smyth. Manager: Paul McGuinness. Principle Management, Dublin: Anne-Louise Kelly. Principle Management, New York: Ellen Darst.
Ringraziamenti a: Dennis Sheehan, Steve Iredale, Peter Williams, Cillian Guidera, Barbara Galavan, Brigid Mooney, Caroline Ashe, Cecilia Coffey e Frank Coffey, Keryn Kaplan, Pat Murphy, Gavin Friday, Guggi, Charlie Whisker, Osmond J. Kilkenny III, Brian Murphy, Robbie Wootton, Little Steven e Jimmy Iovine (Grazie) T-Bone Burnett, Irene Keogh, Aislinn, Pearse e Karina, Paddy Dunne, David Badstone, Merle Wheeler, Owen Epstein, Ron McGilvray, John Clark, (Irish) Bill Graham, Bob Lanois, Terry e Joy Stewart, Pete Gray, Paul Barrett e Sound Track Services, Chris Parkes
Percussioni, Tastiere, e ulteriori strumenti: Yamaha. Piatti: Paiste. Bacchette: Pro Mark. Corde: Superwound, Rotosound - James Howe Industries. Ulteriori apporti alle chitarre, grazie a: Michael Brook. (Parte di questo album è stato registrato con la Amek Mixing Console di Edge).
Inciso e mixato agli studi di: Windmill Lane Studios, Dublin. Fotografia di: Anton Corbijn. Design: Steve Averill. Artwork di: The Creative Dept. Ltd, Dublin.
In memoria di Greg Carroll 1960-1986.

Nel 1985 in un’intervista rilasciata da BonoVox in Italia, si sostiene che la band non è «una band religiosa, perché la religione ha diviso la gente, invece di unirla. Noi ci sentiamo soffocati dalla Chiesa, che in Irlanda, ti rende davvero isterico: i giovani in Irlanda, come noi, cercano di divincolarsi dalla Cristianità, non da Cristo, poiché Lui voleva davvero il superamento delle divisioni e la riconciliazione» (dalla e-zine italiana Fire, n.3 pag.6).
Sebbene non si sentano una band religiosa, poiché «Cristo sarebbe diventato agli occhi del mondo, unicamente un concetto» (dalla e-zine italiana Fire, ibidem), nel 1987, gli U2 pubblicano l’albero di Joshua, che diventa subito il disco più venduto, più apprezzato dai fans e l’album che meglio ricorda la storia degli U2, in cui si trovano molti riferimenti teologici. E allora, banalmente sorgono le domande: «cosa» e «perchè»?
Cinque singoli, diffusione planetaria e un album diventato in breve tempo, album classico degli anni
80, The Joshua Tree, risponde con dati alla mano e successi, a quei perché.
Curiosamente, ci sono in circolazione vinili e musicassette in cui la band è in primo piano e altre pubblicazioni in cui, nella cover, sono leggermente defilati sulla sinistra; altri in cui c’è solo l’albero di Giosciua in primo piano. Tutto questo è dovuto, non solo alla diffusione e alla vendita di milioni di copie dell’album leggendario, ma anche al fatto che una prima ristampa parziale dell’album fu fatta nel 2000 e una terza (e pare definitiva) nel 2007 con la decisione di Paul McGuiness, manager storico della band, di mettere su per Natale una edizione deluxe, con gli undici brani rimasterizzati (dal momento che alcuni pezzi, ossia gli ultimi 5, necessitavano che si alzasse un po’ la loro voce, rispetto alla loro prima stesura del 1986) più un secondo vinile-cd comprendente tutte le b-sides, le promo, le radio edit, le outtakes e le other takes della band. Insomma per la serie chi più ne ha più ne metta.
L’album che nasce, quasi certamente, da un profonda ispirazione mistica Bob Dylaniana, come lo testimonia l’esecuzione dal vivo della cover di Maggie’s Farm di quegli anni (Bring It All Back Home, Columbia1965), si caratterizza, ancora una volta, di brani che seguono una lunga riflessione interiore, in testi e musica.
I pezzi sono ispiratissimi: si dedica l’album alla memoria di George Carroll che sarebbe stato molto vicino alla band negli anni di maturazione e esperienza musicale: gli anni dell’inizio del sodalizio artistico con Eno/Lanois.
Bono ormai ha la voce di un adulto, Edge sembra preso da visioni esoteriche (tanto diventano difficili i suoi accordi), Larry ha capito che per fare rock non è necessario rompere la batteria e Adam come sempre, seppur sia ritenuto “lo sfigato” del gruppo, sa dedicare agli amanti dei suoni bassi, momenti di vera goduria musicale.
L’aggiunta di cori, di armoniche, di pianoforti e di atmosfere Poppeggianti, soprattutto negli ultimi pezzi (come Exit e Mothers Of Disappeared) fanno di questo album un autentico capolavoro della musica rock e un ottimo punto di transizione tra la musica tardo-adolescenziale e quella matura, nonché elettronica degli anni 90, targata uddue.
The Joshua Tree è epico, etereo ed arrabbiato contemporaneamente.
«The Joshua Tree è la visione europea dell'America, in tutto e per tutto, dai suoni alle parole: le strade che non hanno nome, il gospel, la guerra, il deserto, l'amore, i desaparecidos... Sarebbe troppo lungo raccontare tutto». (da Ondarock.it).
Perché si parla di questo disco come del disco “irraggiungibile” nella carriera degli U2? Semplice, perché vi ascoltiamo una musica schietta, una musica diretta; undici brani, uno più bello dell’altro.
Una tracklist principale impareggiabile e una varietà di suoni che vanno dal folk al rock senza mezze misure fino alle contaminazioni più superficiali con la musica leggera; dal mistico, al passionale, persino un tocco di spirituale e di fantastico, fino a toccare sonorità astratte e trascendentali.
Molti brani sono frutto dell’impegno sociale con Amnesty International a cui gli U2 dedicheranno sempre almeno una paginetta dei libretti con i testi nei dischi che verranno.
The Joshua Tree ha ragione Ondarock.it, a ritenerlo come un disco “troppo lungo” e pieno di tematiche nuove per quegli anni.
Lo confermano le tante personalità che hanno dato un contributo valido alla causa “americana” della musica di Bono e soci: i Clannad (co-autori con Bono di un singolo intitolato In A Lifetime, raccolto nell’album Macalla, (RCA, 1985) molto romantico e delicato, a cui Bono ha dato il volto e i capelli per un video in cui interpretare il mito dei fumetti Sandman), Mark Ellis (alias Flood) una delle colonne dello sperimentalismo degli U2 di tutto il Novanta.
Robbie Robertson, con cui gli U2 incideranno due singoli fuori dal “progetto” “U2”, intitolati Sweet Fire Of Love e Testimony, l’irlandesissima Sinéad O’Connor, co-autrice con Edge della colonna sonora del film The Captive (Virgin Records,1987), Micheal Brooke e il sempre presente Gavin Friday; la Arklow Silver Band, mogli, mariti, figli, zii e tutto l’allegro cucuzzaro.
Per Loris Cantarelli, sono «la band più popolare del pianeta» (ne La Collana Legends) e niente è di più vero, dal 1987 ai giorni nostri.
«Outside is America» - erano le parole che il “reverendo” Bono professava in quegli anni (titolo anche di un documentario dvd uscito per l’occasione della edizione deluxe nel 2007).
Come dargli torto: un Bonovox glorioso, originale, intenso e extended, proprio come il loro albero di Joshua.

 

I PEZZI.

 

1.         Where the Streets Have No Name – Metti sulla piastrina del tuo mangianastri la cassettina con la cover grigia, schiacci play e ti siedi sul divano. Piazzi le cuffie nelle orecchie al massimo e ti sembra, che all’inizio di questo album, si sia deciso di entrare in chiesa (un po’ come succede con il prodotto n.2 degli Arcade Fire, grandi artisti “sopravvalutati” da Bono, in Neon Bible (album Merge del 2007) cosi sacro).
Ti sembra di essere in Chiesa, si è vero, ma ti ritrovi invece a percorrere delle strane strade. Le strade della gente che non ha nome. Della gente che si raduna sotto il The Million Dollar Hotel, come sotto un palco, per assistere la band che sta girando il video di Where The Streets Have No Name, in poco più che camicia a maniche corte o a petto nudo (nota da ricordare: un’inedita versione di Adam Clayton, biondo qui, veramente come il sole).
Il video è stato diretto da Meiert Avis ed è risultato vincitore nel 1988 del Grammy Awards come migliore performance video dal vivo… e in quel video c’era davvero tanta gente.
La gente che ha creduto alle parole del sogno americano di M.L.King. La stessa gente di J.F.Kennedy (il primo e unico presidente cattolico, della storia degli Usa, 1917-1963), quella che sulla luna ci è andata per davvero. La gente che ha percorso a piedi km e km del deserto del Texas, e puoi dire tutto quello che vuoi, ma se non ci sei stato, beh, allora vuol dire che non ne sai nulla.
«Ci sono strade che somigliano alle vite che percorri tutte in un momento Non sai capire dove sei arrivato Ma sei sicuro che ora stai correndo»– per i Tiromancino è cosi (Strade, dall’album La Descrizione Di Un Attimo, Virgin del 2000).
Le strade che non hanno nome, sono le strade in cui si contano ville, appartamenti, case in affitto, ma senza numero civico; sono anche le strade dell’Etiopia, là dove Bono e Ali (sua moglie) intrapresero un viaggio negli anni 80, votati a prestare servizio sociale in soccorso alle popolazioni povere, le stesse che Bono celebra ormai da anni nella canzone più propriamente rock del loro repertorio.
What shall I render unto the LORD for all his benefits toward me? I will take the cup of salvation, and call upon the name of the LORD. I will pay my vows unto the LORD now in the presence of all his people.
Il salmo responsoriale 116, vv.12-14 introdotto come trait d’union alla jam session Where The Streets Have No Name con Bad e “40”, nella notte del 6 giugno 2001 in quel di Boston, è certamente una cosa importante da ascoltare e comprendere alla scoperta della potenza lirica nonché musicale di questo pezzo cosi «trascendentale» (Bono).
Dove le vie non hanno nome
Dove le vie non hanno nome
Ancora costruendo
Poi distruggendo l'amore
Distruggendo l'amore
E quando andrò là
Ci andrò insieme a te
(E' tutto ciò che posso fare)…
I'll show you a place High on a desert plain Where the streets have no name.
Una scarica di adrenalina con bassi e chitarre elettriche che mandano chiarori e riffs abbaglianti,… altro che deserti! E’ un viaggio nel cuore dell’America, ma un viaggio anche nel cuore dell’uomo. E’ destrezza, è ambient, è elevazione di suoni, è fade,è elettronica, è musica al servizio dell’uomo. E’ «un muro del suono», dice Mark Butler, con Bono alla voce e Edge agli arpeggi che fanno fronte comune.
E tutto questo e ancora tanto altro, l’”immancabile” Where The Streets Have No Name.
Dalle parole di Brian Eno, questa canzone, una canzone che suona “vecchia” come vecchio è il curriculum degli U2, è anche la canzone della solitudine: dell’altro nient’altro che me. Il tentativo di trovarsi un posto tutto per sé, un posto non solo romantico o spirituale.
Bono: «I often feel very claustrophobic in a city, a feeling of wanting to break out of that city and a feeling of wanting to go somewhere where the values of the city and the values of our society don’t hold you down» (da Wikipedia.org).
Da riascoltare a manetta senza mai stancarsi: da quella sotto al tendone degli anni 80, a quella sul palco del limone che diventa Playboy Mansion.
E perché no, anche quella che qualcuno ha remixato col suono della sirena della polizia di sottofondo, che si può scaricare solo su Internet.
Potere, questo, delle strade della grande “rete”.
Un climax di chords in progression in un frame da I-IV-I-IV-vi-V-I, che si è meritato un potere persuasivo incredibile nella vasta produzione musicale degli U2: quello di essere una bandiera della solidarietà e della buona musica.

 

2.         I Still Haven't Found What I'm Looking For  - Il titolo più lungo della storia degli U2 è la canzone da cantare a squarciagola in una notte d’estate, esaltato da 80.000 piccole fiammelle silenziose, ma brillanti nell’arena dello Stadio Olimpico di Roma (23 Luglio 2005).
Pezzo incredibile, quanto mai spirituale e ricco di speranze religiose alla ricerca di Dio e della Verità. Difficile commentare questo pezzo musicalmente: è una lunga passeggiata nella musica, come quella di Bono e soci tra le luci di Las Vegas; è una scalata di suoni quanto mai semplici, come tanti piccoli sorrisi alla gente, che canta con te, ma proprio perché semplici, risultano autenticamente irripetibili.
The Edge è l’autentico architetto di questo “mostro” del “cemento” musicale. Niente pizzetto, niente luci brillantinate sulla maglietta, ma unicamente capelli al vento e un gilet sportivo, trovato in un cassetto e messo su alla rinfusa.
I Still Haven’t Found What I’m Looking For è un continuo believe: credere ad un testo semplice e allo stesso tempo ricco (di metafore, di sensazioni).
La paradossalità della musica degli U2 è pensare che si possano conciliare suoni cosi semplici e immediati con un testo ricco di immagini: mountains, fields, walls, cities, stones.
You broke the bonds
You loosed the chains
You carried the cross
And my shame...
gioco di assonanze e rime finali in questa quartina cosi spirituale:
Tu hai rotto i vincoli
Sciogliesti le catene
Portasti la croce
Ed il mio peccato.

E’ del 2006, una versione afro-cubana del pezzo degli U2, originale, sbalorditiva, geniale e innovativa, sotto i suoni dello storico gruppo cubano Buena Vista Social Club, identificabile nella traccia numero 6 del cd Rhythms Del Mundo (Universal):, e nella potente voce del solista blues Coco Freeman:
He vencido mil montañas
He llegado hasta el fin
Y es por amor a tí
Y es por amor a tí
He corrido, he trepado
Conquistado esa ciudad,
Nuestra ciudad
Y es por amor a tí.

Qui non conta saper cantare, qui conta credere e basta: che tu sia di Modena, di New York, di Berlino, o di Tokio, canta ciò che ancora stai aspettando, appena Bono alza al cielo, il suo microfono.
«Qui è un attimo; quello che ho, sono le cose che restano» (Zero Assoluto, Certe Cose Non Cambiano, dall’album Appena Prima Di Partire, etichetta UNI, 2007).

 

3.         With or Without You Con o senza te: è una disamina amorosa molto sofferta. E’ una canzone strappalacrime, una di quelle che ti restano nel cuore e per sempre.
Ballata dai toni melodrammatici, si apre con una base molto semplice, ricca di campanelli in perfetto stile Boy, con un basso incisivo che prepara il terreno all’entrata in pieno ritmo Mulleiano di una chitarra dai suoni melodiosi. L’escalation musicale trova sfogo in un ritornello indimenticabile che è del più tipico degli U2:
E tu dai via te stessa
E tu dai via te stessa
E tu dai
E tu dai
E tu dai via te stessa.

My hands are tied
My body bruised, she's got me with
Nothing to win and
Nothing left to lose..

Il pezzo si carica di forti sensazioni terrestri; un lento trasporto verso sensazioni materiali che trovano modo di “scoppiare” nella esplosione vocalica di BonoVox, ispiratissimo.
Quel che più sorprende in questo brano è il vertiginoso alternarsi di emozioni, con il calare del ritmo nella parte conclusiva, che lascia spazio ad una lunga coda unicamente strumentale.
Solo il suono puro, della musica trasmette emozioni: forse più di quanto le parole del vocalist riescano a trasmettere.
Ma tornando agli U2… evidenziamo una voluta separazione di significati, cosi come c’è una separazione di intenti, trasmessi nel testo di questa canzonissima: una storia d’amore di puro spirito contrapposta a una storia di solo sesso.
La fede in Dio e allo stesso tempo la sua rinuncia:
See the stone set in your eyes
See the thorn twist in your side
I wait for you.

Forse la più bella canzone d’amore degli U2.
Nel 2007 i Linkin Park, in un disco intitolato Minutes To Midnight, (per la Warner Bros) scrivono una canzone molto intensa e molto vicina alle sonorità degli U2, intitolata Shadow Of The Day, includendo in una stanza chiusa lo stesso senso di claustrofobica attesa d’amore di With Or Without You:
I close both locks below the window.
I close both blinds and turn away.
Sometimes solutions aren’t so simple.
Sometimes goodbye’s the only way.
And the sun will set for you,
And the sun will set for you.
And the shadow of the day,
Will embrace the world in grey,
And the sun will set for you...

 

4.         Bullet The Blue Sky – Letteralmente, “spara al cielo blu” anche se il verbo bullet in inglese, non esiste. E’ un esperimento linguistico e anche musicale di questo brano cosi “strano” e cosi nuovo nelle corda della musica rock.
Si direbbe a tutta prima, un testo fortemente politico, che Bono avrebbe scritto durante un viaggio in Nicaragua e che trarrebbe ispirazione dal problema dell’embargo politico: insomma sarebbe come dire “l’altra faccia dell’America”.
Una base ritmica che ricorda vagamente Sunday Bloody Sunday e un’atmosfera molto oscura: questa è l’impressione che si avverte sin dalle prime note.
Bono canta con una voce che ricorda quella delle origini, a volte volutamente distorta con campionamenti che generano inquietudine nell’ascoltatore.
La musica degli U2 si fa per l’ennesima volta portatrice di un messaggio: parlare con i suoni, cosa che The Edge aveva già provato in passato ma che forse in Bullet The Blue Sky riesce meglio che in altri contesti.
La sua chitarra, molto Jimmy Paige, sotto i colpi d’arma da fuoco della batteria di Larry e del basso di Adam, diventa un cannone che piano piano riesce a trasformarsi nel volo di un elicottero che plana sul palco degli U2 che stanno inneggiando al popolo la loro rivolta sotto la minaccia di un faro abbagliante, nel nero pesto della notte.
L’elicottero è lì per arrestarli o per trarli in salvo? E’ questo il paradosso della musica.
Suit and ties comes up to me
His face red
Like a rose on a thorn bush
Like all the colours of a royal flush
And he's peeling off those dollar bills
(Slapping them down), one hundred, two hundred,
And I can see those fighter planes
And I can see those fighter planes
Across the mud huts as the children sleep
Through the alleys of a quiet city street
Up the staircase to the first floor
We turn the key and slowly unlock the door
As a man breathes deep into a saxophone
Through the walls we hear the city groan
Outside is America.

Mentre il potere della musica è in grado di generare sensazioni forti, Bono si fa storyteller, sul finale del brano: aerei da guerra, baracche di fango, cielo squarciato e pioggie che cadono dentro ferite brucianti, e un uomo continua a credere alla sua musica e a soffiare dentro un saxofono.
Per The Edge: «Bullet The Blue Sky era una demo scarna e grezza, ed è diventato un blues tormentato» - (Loris Cantarelli, Cowboy spirituali, La dimensione visiva degli irlandesi ai tempi di The Joshua Tree, contenuti in «Jam, Viaggio nella musica», numero 143, Folk Edizioni, Milano 2007): beh, se lo dice lui…
Bruciante e assassina come un macho man.

 

5.         Running to Stand Still The Joshua Tree è bello proprio perchè paradossale. Il titolo di questo brano, “correre per restare fermi” è sicuramente il punto di massima realizzazione di questo obiettivo.
Ancora una volta la droga si fa protagonista in un testo questa volta realizzato su misura per l’esperienza di vita di una ragazza di Dublino, in una zona molto vicina a BonoVox che ci mostra «sette torri».
Un pezzo molto dolce, che con il suono di una armonica a bocca, molto ancestrale, ci regala momenti di grande sofferenza e ricordo: un pezzo acustico e armonico che talvolta si interrompe, come un viaggio fatto di brusche fermate; è questo, il viaggio nella vita di tutti noi.
Deontologia dell’introspezione.
Superiamo i momenti difficili e fischiettiamo con ardore il loro:
Singing Ha  La La La De Day
Singing Ha  La La La De Day.

Adam l’ha definita «Bad part II, la versione attorno al fuoco», mentre Edge ci ricorda come sia nata, nelle corde di Daniel Lanois, e di come, splendida, possa ulteriormente trasformarsi al pianoforte.
Delicata negli anni 80, irrazionale e rabbiosa ai tempi dello Zootour, politica ai tempi del Vertigo Tour: è una di quelle canzoni che si fanno amare, perché cosi atipica dal suono tradizionale degli stessi irlandesi.

 

6.         Red Hill Mining Town – Forse si tratta di uno dei pezzi meno conosciuti degli U2, perchè le esigenze discografiche “impongono” che si storca il naso almeno su una canzone in un album di soli successi. Red Hill Mining Town viene riproposta con maggiori intenti nel 2007 (con un video inedito nella versione deluxe), nella sua versione originale, orchestrata e arrangiata da Paul Barrett e dall’orchestra The Arklow Silver Band, e non è di certo seconda a nessuno.
La politica di Margaret Thatcher, gli scioperi e la disoccupazione dei minatori del 1985-86, la vita nelle miniere, la corsa all’oro, la guerra civile America del 1859, la storia di Abraham Lincoln, i Cheyennes, sono solo alcune delle istantanee scattate in questa storia dell’America dei giorni nostri e non solo, vista con gli occhi di un «hunter (child)», lo stesso Boy, che è partito dall’Irlanda per innamorarsi dell’America e delle sue contraddizioni.
Gli U2 nei concerti del loro The Joshua Tree Tour eseguiranno una cover della canzone folk di Peggy Seeger intitolata Springhill Mining Disaster (ballata popolare del 1958),da cui è venuta fuori l’idea per comporre questa Red Hill Città di Miniera.
In the town of Springhill Nova Scotia
Down in the dark of the Cumberland mine
There's blood on the coal, and the miners lie
In roads that never saw sun or sky
Roads that never saw sun nor sky...
questa è battaglia per i diritti civili.
Un’altra occasione, questa, per Bono di diventare cantautore, quasi giornalista “accreditato” pronto a raccontarci una verità che non conosce personalmente.
Bisogna ascoltarla un po’ di volte, poi ti entra nel sangue, come molte altre.

 

7.         In God's Country – Dio è ancora protagonista dell’ispirazione musicale degli U2, e questa è proprio bella; quale sarebbe la terra di Dio? Forse Dio si può trovare soltanto nel deserto, nel momento e nel luogo privo di speranze e valori. E il deserto è il luogo dove Anton Corbijn ha scattato le foto della booklet del disco (il Joshua Tree National Park, vicino Palm Springs nel sud della California e Zabrisky Point nel Death Valley National Park).
Da questo pezzo e per il resto dell’album, si apre un’interessantissimo squarcio di musica blues e folk che ci permette di ascoltare un Edge ispiratissimo:
Sleep comes like a drug...In God's Country
Sad eyes crooked crosses...In God's Country
Set me alight
We'll punch a hole right through the night...

Gli U2 si sentono «bruciati dal fuoco dell’amore»,… e si sente.
Inaspettato singolo, seppure soltanto per il Nord America, pubblicato nel tardo 1987, In God’s Country, consente a quanti non hanno acquistato l’album di godersi una piacevole EP in cui sono contenute, appunto estratte dall’album, Bullet TheBlue Skye Running To Stand Still.

 

8.         Trip Through Your Wires – Introduzione con armonica a bocca e orchestrazione impeccabile, per un pezzo imperfetto e quasi, improvvisato. Nonostante il titolo, gli U2 non inciampano nei lacci delle loro scarpe, e ci regalano uno splendido rockabilly.
Gli uomini cadono regolarmente nelle trappole tese dalle donne. Del resto ciò che gli uomini ottengono dall'inciampare nei loro fili è solo sollievo e piacere. Quindi il significato del testo è: non so sei tu sia un angelo od un diavolo, so solo che mi fai stare bene.
Poca presenza di Adam in questo brano con Dave Evans che si diverte ancora a sperimentare con una delle sue chitarre Dallas. Questa è musica country, questa è tradizione americana, con suoni cosi carichi di grida e di musica piacevole.
Le mie labbra erano secche, la gola come ruggine
Mi desti riparo
Dal calore e dalla polvere…

Una vera scampagnata, per le strade delle metropoli americane.

 

9.         One Tree Hill  - Perla assoluta dell’album come cantabilità e come eccezionalità sonora. Il singolo fu pubblicato unicamente in Australia e Nuova Zelanda e fu un successo pazzesco. Eguagliabile ad un pezzo degli Inti Illimani (gruppo vocale e strumentale cileno formatosi nel 1967 nell’ambito del movimento della Nueva Canción Chilena), si sentono le radici antropologiche di un popolo, proprio o scoperto non importa. Conta il tessuto cosi ipnotico, cosi leggendario. Ci troviamo di fronte ad un pezzo corale, e la torta può essere perfettamente divisa in quattro parti uguali: ogni membro dell’U2 regala a questo brano, quanto di meglio sappia fare.
La chitarra parla, la batteria batte lo scorrere del tempo, il basso è pettorale, fisico.
Ci giriamo per esporci al freddo, perdurante gelo mentre il giorno supplica la notte di avere pietà.
Inizio da paura: batteria e chitarre a tutto spiano, e una voce soffice, morbida che poco alla volta esplode nel ritornello:
It runs like a river runs to the sea
Like a river to the sea.

Un affresco splendido, un quadro impressionista. Un tessuto musicale centrale al minuto 3, che sa tanto di freschezza artistica.
La canzone è dedicata, come tutto l’album d’altronde a Greg Carrol, che era un ragazzo maori coetaneo di Bono (1960) conosciuto dagli U2 durante il The Unforgettable Fire Tour in Nuova Zelanda.
La canzone ne celebra la morte e la sofferenza del gruppo si fa poesia:
Jara (Victor Jara, 1932-1973, poeta e cantautore cileno, dissidente politico) cantava. La sua poesia un'arma, nelle mani dell'amore/ Lo sai il suo sangue ancora grida dalla terra, esso scorre come un fiume verso il mare./ Come un fiume verso il mare…in una esplosione di acuti che mette i brividi.
Pausa finale: il pezzo sembra essere concluso e… invece no.
Briano Eno prende possesso della consolle e i quattro cantano in coro, come poche altre volte.
Bravi gli U2, veramente bravi. Da ascoltare, anche se non piacciono.

 

10.       Exit – Una canzone cattiva e cupa, sussurrata, quasi impercettibile come altre degli U2. Un trionfo di chitarre elettriche e di atmosfere metal. Si parla di un omicidio compiuto in nome dell’amore, e lo si capisce dal battere delle bacchette di Mullen.
Ha detto Bono: - «Exit è la storia di un uomo religioso che diventa un uomo molto pericoloso quando non riesce più a capire il mistero nelle mani dell'amore»; Edge invece è imprendibile e incomprensibile.
Difficile tracciare una linea di demarcazione netta, capire cioè quanto di suo e quanto di Eno/Lanois ci sia in questo brano: sembra di assistere ad una bomba che deve essere disinnescata ma che invece esplode nelle mani degli stessi artificieri.
Un brano duro, violento ma anche molto dolce e atmosferico: il potere del paradosso di The Joshua Tree, ancora una volta.
La voce di Bono si perde nei suoi echi e gli strumenti esplodono insieme, per poi perdersi come nei chiaroscuri di una caverna.
He went deeper into black
Deeper into white, he could see
The stars shine
Like nails in the night...

Un thriller angosciante: cuore di tenebra (dal titolo di un romanzo, Heart Of Darkness, di J.Conrad, Blackwood Magazine, 1902), e ancora, il lato oscuro della luna.
L’altra faccia di noi stessi.
Tante diverse chitarre si mescolano e Larry batte più di una percussione.
Un loop finale che fa trasecolare, momenti distinguibili e irresistibili alle orecchie dei più affezionati.
Rock allo stato puro, e poi quel cicaleccio di fine estate afosa, presente nella rimasterizzazione del brano nella versione deluxe, che è cosi realistico e estasiante.

 

11.       Mothers Of Disappeared – Un grido popolare, un inno. Un testo politico e familiare. Atmosfere sudamericane, per la close-up dell’album, che ci regala un finale inaspettato e nostalgico.
In un trionfo di suoni popolari, si avvertono in primi cambiamenti sperimentali verso l’elettronica, che dominerà nella musica degli anni 90 degli U2 (non a caso il brano verrà riproposto in una chiave più ritmica durante il Popmart Tour).
Cile, Argentina, Brasile, Perù: solo per citare alcuni degli Stati che a lungo hanno vissuto la condizione dittatoriale e la sofferenza della vita dei fuggiaschi.
«Il ritmo sembra accompagnare la marcia dolorosa dei familiari di centinaia di desaparecidos, così come le loro lacrime dignitose sembrano quasi sgorgare dagli inquietanti effetti sonori e dalle tastiere di Eno, accompagnati dai vocalizzi di Bono» (Loris Cantarelli, Cowboy spirituali, La dimensione visiva degli irlandesi ai tempi di The Joshua Tree, ibidem).
In Argentina il movimento delle "Madri della piazza di Maggio" organizzò manifestazioni pacifiche per cercare di ottenere almeno il riconoscimento da parte dello stato della avvenuta morte dei loro figli e perché fossero rivelati i luoghi dove furono sepolti i corpi degli scomparsi.
In the trees
Our sons stand naked
Through the walls
Our daughters cry
See their tears in the rainfall...

Potere della musica che si fa carezzevole, sonnolenta, rilassata e inquietante allo stesso tempo, come per accompagnarci nell’attesa di un nuovo album pieno di nuove emozioni.

 

12.      Luminous Times (Hold On To Love) – Prima b-side del primo singolo del 1987, ossia With Or Without You e scritta a 10 mani, comprese quelle di Eno che si fa anche autore del testo. Nella canzone dominano principalmente le tastiere e un’atmosfera tipica, di quelle da The Unforgettable Fire.
Hey, sister love
Hey, sister soothe
Hey, open love
Can turn me around tonight

Hey sister love
Save my soul
Save my soul [...] Hold on to love/ Love won't let you go...
Singolare in questo brano d’amore come Bono si conceda alcune grida, alcune esclamazione come Woo! O Uh Uhh!.
Trasecolante e riflessiva.


13.      Walk To The Water – Seconda b-side di With Or Without You singolo. Il brano si apre con diversi interventi atmosferici e tastierizzati in studio di Pat McCarthy e Dave Meegan.
Walk, walk, walk to the water, Walk with me, Walk, walk, walk to the roadside, Walk with me a while: uno dei principali episodi del Nuovo Testamento, presi in prestito dalla penna creatrice di Bono autore, diventa l’origine della storia d’amore dei genitori dello “scrittore”.
Ancora una volta Bono abbandona l’arte di cantare per il narrare, spoglio quindi di particolari vocalizzi, su una base ritmica orchestrata magistralmente dal solito ispiratissimo The Edge.
Il lato B di The Joshua Tree, ci dimostra quanto sia veramente difficile scegliere tra il master e questo secondo eccezionale disco.


14.      Spanish Eyes – Bella… bella! Una b-side di I Still Haven’t Found What I’m Looking For(terzo 45 giri estratto dall’album) che poteva diventare benissimo un brano della tracklist dell’immenso The Joshua Tree.
La canzone si sviluppa tutta su una base ritmica molto caliente di un blues “alla The Edge”, stile anni 80, da cappello squadrato e nero.
Gli occhi spagnoli di cui si parla qui sono quelli di una bimba, aggrappata al proprio amore che lo «vede risplendere come una canzone».
Atipica dichiarazione d’amore, dal momento che non si tratta di una ballata struggente, ma di un pezzo pop piuttosto roccheggiante,  il cui video (raro) vede gli U2 intenti a fare l’autostop per le strade di New York e Chicago.
Wey, hey, hey, Nẽna espera.

 

15.Deep In The Heart – Un pò Mothers Of Disappeared un pò Bullet The Blue Sky e un pizzico di 4th Of July secondo le dichiarazioni di The Edge, per questo brano prodotto da Marc Coleman.
Chitarre distorte di Edge, introduzioni ritmate di Clayton e Mullen e atmosfera ambient regolate sapientemente da Daniel Lanois.
Deep in the heart
Deep in the heart of this place
Deep in the heart
Deep in the heart of this place.

Porte chiuse, finestre oscurate dalla luce e un uomo intento unicamente a fare qualcosa, un work.
Parola imprecisata e indefinita.
La stessa musica sembra offrirci uno scenario da rumore di macchinari e ambiente piuttosto claustrofobico.
Niente di particolarmente alto, ma interessante nelle sonorità e nella sperimentazione vocalica tra alti e bassi, tipici picchi di modulazione sonora, che contraddistinguono da sempre la voce di Hewson.
The Joshua Tree, così, è anche sperimentazione.


16.      Silver And Gold – Il pezzo più interessante della raccolta delle b-sides di The Joshua Tree,  diventerà pezzo ufficiale nel nuovo album del 1989 degli U2, Rattle & Hum.
Ancora una volta un pezzo che sa di America, un brano molto country, bello da canticchiare e da ballare. Percussioni e chitarre che giocano come in Where The Streets Have No Name, a stupire l’orecchio dell’ascoltatore.
Questa è una canzone scritta su di un uomo vissuto in una baraccopoli fuori Johannesburg. Un uomo che era stanco di abbassare lo sguardo alla canna di fucile del Sud Africa “bianco”. Un uomo arrivato al punto di essere pronto ad alzare le braccia contro il suo oppressore. Un uomo che ha perso la fede nei pacificatori occidentali mentre essi discutono e mentre trascurano di sostenere un uomo come il vescovo Tutu e le sue richieste di sanzioni economiche contro il Sud Africa....
Musicalmente sembra avvicinarsi a Seconds e Surrender dell’album War.
The warden says "The exodus sold."
If you want a way out...
Silver and gold, silver and gold.
Fuori ci sono i prigionieri, dentro i liberi.
Il basso di Clayton segna il passo alla descrizione ricca di scene di violenza di cui si riempie questo brano. Un’incitazione alla lotta, in difesa dei diritti civili di ogni individuo soppresso.


17.     Sweetest Thing – Romantica serenata d’amore che Bono ha scritto per scusarsi di tutte le dimenticanze a cui non ha adempiuto nella lunga storia d’amore e rapporto matrimoniale con la donna della sua vita, Ali. Questa canzone che per ora è solo una demo, diventerà il singolo di spicco degli U2 nell’anno 1998, quando verrà pubblicata la racconta The Best Of 80-90.Qui in The Joshua Tree, si direbbe che suoni ancora piuttosto grezza e che Bono sia un po’ “stonato”.
Nient’altro che una canzone agro-dolce.


18.      Race Against Time – Ancora un estratto da Where The Streets Have No Name, ancora un pezzo su cui poter riflettere per l’originalità che traspare dal testo e dalle strings. Il battito è costante, la suspence è crescente. La chitarra di Edge crea sensazioni d’angoscia, quasi di sgomento, mentre il basso di Adam è come un pugno nello stomaco, una sofferenza, personale, senza fine. Poi un pianoforte che non ti aspetti: gli occhi al cielo che si squarcia dalle nubi.

 

19.      Where The Streets Have No Name (Single edit) – Meno spazio alla lunga introduzione all’organo, è la versione quella che passa in radio: più coincisa, più diretta. Insomma, ancora un modo per dare il giusto tributo ad una delle bandiere musicali degli U2.
Da sempre.


20.      Silver And Gold (Sun City)Ron Wood, dei Rolling Stones alla chitarra acustica,  l’apporto di Keith Richard (che canterà con gli U2, When Love Comes To Town, nella raccolta del The Best Of 80-90) e Steve Jordan, danno un pizzico di di pepe a questo brano già celebre tra il pubblico degli U2, nonostante la nota stonata, quella d’essere solo un lato B di The Joshua Tree. Bono aggiunge un nuovo testo alla canzone e dice: «Ci stavamo divertendo a suonare vecchi brani degli anni ‘50 e ‘60. All’improvviso, mi accorsi che i miei riferimenti musicali non andavano oltre il 1976. Fu frustrante. Quella notte scrissi di getto Silver and gold, dopo aver ascoltato per ore blues del Delta. La registrai con Keith e Ronnie per Sun City, dopo di che mi accorsi che qualcosa in me era inevitabilmente cambiato». Sun City, un album pubblicato dagli Artists United Against Apartheid (Razor & Tie, 1993), è caratterizzato da tre differente versioni di questa "song of the same name”.
You can’t stop the world can turn around,
Just gonna pay your pain in my pound...
Nell’ambito dello stesso progetto, in onore di una causa indetta da Amnesty International, Bono aveva già cantato il 15 giugno del 1986, Invisible Sun, col gruppo dei Police.
I don't want to spend the rest of my life
Looking at the barrel of an Armalite
I don't want to spend the rest of my days
Keeping out of trouble like the soldiers say
I don't want to spend my time in hell
Looking at the walls of a prison cell
I don't ever want to play the part
Of a statistic on a goverment chart

[...]
There has to be an invisible sun
It gives its heat to everyone
There has to be an invisible sun
That gives us hope when the whole day's done...


21.      Beautiful Ghost/Introduction To Songs Of Experience – Non ci si aspetta un brano cosi in un album del genere. Suona molto Passengers, ed è francamente un’esperienza musicale più degli anni 90 che dei 80. Ma la voce di Bono è quella li, acre, senza mezzi termini: o troppo forte o gentilmente sussurrata. L’atmosfera che si respira è quella di una casa (o una mente?) infestata dai fantasmi, ma sicuramente è un bellissimo brano da godersi comodamente in poltrona, senza aspettarsi troppo dallo sperimentalismo musicale degli U2.
Eno/Lanois, danno il loro apporto chill out e ne vien fuori davvero un bel pezzo musicale.
Fa la sua prima comparsa nel maxi cofanetto pubblicato nel 2005, col titolo The Complete U2, ed entra, a pieno diritto, nella sfera del fantastico (quasi letterario).
Hear the voice of the Bard
Who present, past, and future, sees
Whose ears have heard
The Holy Word
That walk'd among the ancient trees
Calling the lapsed soul
And weeping in the evening dew
That might control
The starry pole
And fallen, fallen light renew
'O Earth, O Earth, return
Arise from out the dewy grass
Night is worn
And the morn
Rises from the slumbrous mass
Turn away no more
Why wilt thou turn away
The starry floor
The watery shore
Is given thee till the break of day
Till the break of day
Till the break of day
Till the break of day
Till the break of day...


22.      Wave Of Sorrow (Birdland) – E’ la prima novità musicale della versione deluxe del 2007.
Il brano ha nelle corde le onde marine di Eze (luogo del Marocco in cui gli U2 si sono riuniti nell’estate del 2006 per provare nuove canzoni per l’album che seguirà How To Dismartle An Atomic Bomb del 2004) ed è evidente, che anche la voce di Bono non può essere quella degli anni 80. Ci viene così presentato un brano di oggi, messo tra gli other takes del 1987, come li hanno chiamati loro.
“Tentativi”, appunto.
Bono dice che il pezzo è stato scritto in quell'epoca ed è ancora frutto del viaggio in Etiopia con la moglie, e francamente può starci ma ha un’idea mediatica che convince poco.
Lascia interdetto, almeno come operazione commerciale, sebbene si tratti di un pezzo molto dolce e ancestrale.
Un testo forte come lo sono stati tutti quelli di How To Dismartle An Atomic Bomb e come lo è il singolo del 2006 Window In The Skies) con un BonoVox di certo piuttosto noioso, dal momento che cambia il ritmo solo nel ritornello. L’originalità sta nella moltiplicazione delle voci, nella coda finale del brano in cui si ha l’idea di vederli in tour tutti con l'auricolare a cerchio sulla testa, a cantare.
Blessed are you, the death cannot hear a scream : è il verso più bello.
Il pianoforte poi fa sognare.


23.      Desert Of Our Love – Alright!
And the desert of our love
And the desert of our love
And the feeling in the sand
When the poor man then...

Carica folk, bassi e percussioni a supporto di  un BonoVox che si diverte a incitare la carica dei bassi di Adam e Edge al piano, e Larry con le sue percussioni dà vita ad una jam session molto bella e convincente.
A dire che hanno provato per tutta la giornata e hanno tirato fuori quanto di meglio siano riusciti a provare fino ad allora,  lo si ascolta dirlo in inglese nella coda del brano (probabilmente da Lanois).
«Bass & Drums» – dalle parole di Bono, che non aveva mai incitato così i compagni.
Per Edge è un pezzo reggae e gospel, che nasce dalle ceneri di Wheather Girls, ossia le origini musicali di I Still Haven’t Found What I’m Looking For.
Niente male, per essere solo una demo, proposta a 20 anni dall’uscita di The Joshua Tree.


24.      Rise Up – Pezzo pieno di ritmica traballante, nato da una demo che prendeva il nome di In The Door Step Golden Light, di sola voce. Un testo poco convincente e un crescendo solo nelle parole.
I remain in you/ I will recall this storm/ This storm recalls you
Rise up, rise up, rise up, rise up
Rise up, rise up, rise up, rise up
Rise up, rise up, rise up, rise up
Rise up, rise up, rise up, rise up...

Troppo poco per essere un marchio U2.

 

25.      Drunk Chicken/America – Alla lettura del testo di questo pezzo, che nasce solo come strumentale, collabora una special guest, veramente molto special: si tratta del poeta beat, Allen Ginsberg, (padre della Beat Generation americana) che già nel 1997 aveva dato la voce a Miami tra le outtakes dell’album Pop, prima di scomparire pochi mesi dopo.
Questo è solo l’incipit:
America
America, I've given you all and now I'm nothing
America, two dollars and twenty-seven cents January 17, 1956
I can't stand my own mind
America, when will we end the human war
Go fuck yourself with your atom bomb
I don't feel good, don't bother me
I won't write my poem till I'm in my right mind...

Bella la carica elettrica e le sue percussioni. Energetica e... deviante.

 

Valutazione  in euro di un vinile: La deluxe costa 35 euro. Molto meno la prima edizione. Beh, a cercarla…
Valutazione  in euro di una cassetta: 10 euro la vecchia.
Valutazione  in euro di un cd: il prezzo si aggira sugli 5 euro (la prima edizione, ormai riciclatissima).

 

U2 – RATTLE & HUM - UK, Island, U2 7

 

 

1.         Helter Skelter (Live) (3:07)
2.         Van Diemen's Land (3:05)
3.         Desire (2:59)
4.         Hawkmoon 269 (6:22)
5.         All Along the Watchtower (Live) (4:24)
6.         I Still Haven't Found What I'm Looking For (Live) (5:53)
7.         Freedom for My People  (0:38)
8.         Silver and Gold (Live) (5:49)
9.         Pride (In the Name of Love) (Live) (4:27)
10.       Angel of Harlem (3:49)
11.       Love Rescue Me (6:24)
12.       When Love Comes to Town (4:15)
13.       Heartland (5:03)
14.       God Part II (3:15)
15.       The Star Spangled Banner (0:43)
16.       Bullet the Blue Sky (Live) (5:36)
17.       All I Want is You (6:30)

 

  • Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola.

 

Prodotto da: Jimmy Iovine. Manager: Paul McGuinness.
Parole: Bono. Musica: U2.
Ad eccezione di: The Star Spangled Banner, eseguita da: Jimi Hendrix - Freedom For My People: 
Eseguita da : Sterling Magee alle Chitarre/Percussioni e Adam Gussow all’Armonica.
Post produzione album e film, registrata agli: A&M Studios, Hollywood.
Post produzione arrangiamenti, grazie a: David Tickle. 
Tutte le registrazioni live sono delle: Remote Recording Services (The Black Truck) operatori: David Hewitt, Phil Gitomer, Fritz Lang, J.B. Matteotti. Ulteriori addizionali: Don Smith, Rob Jacobs, Randy Staub, Bob Vogt e Marc De Sisto; assistenti: Brian Scheuble, Ethan Johns. Arrangiamenti dub agli studi:  Conway Recording con la collaborazione di  Richard McKernan e GaryWagner. 
Incisione disco di:  Arnie Acosta, A&M Mastering Studios/LA. Studio Staff tecnico:: Sam O'Sullivan, Cheryl Engels, Fraser McAlister, Des Broadbery. Coordinatori di  produzione: Fregg McCarty, Anne-Louise Kelly, Ellen Darst, Keryn Kapan, Sheila Roche, Debbie Bernadini. Direzione a Dublino: Anne-Louise Kelly, Barbara Galavan, Suzanne Doyle, Jackie Bennett, Cecilia Coffey, Brigid Mooney, Cillian Guidear, Marc Coleman, John Clark
Tour Manager: Dennis Sheehan. Assistenti di registrazione: Dennis Sheehan e Theresa Pesco.

«Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche,
trascinarsi per strade di negri all'alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d'angelo ardenti per l'antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte, che in miseria e stracci e occhi ínfossati stavano su partiti a fumare nel buio soprannaturale di soffitte a acqua fredda fluttuando sulle cime delle città contemplando jazz
[…]» - Allen Ginsberg, The Howl, in «Howl and Other Poems» (City Light Books, 1956). Nel lamento giovanile dell’incipit di una delle più celebri poesie beat del grande Ginsberg, si tracciano le grandi linee della musica degli U2 dei tardi anni 80 che conducono in porto il progetto di redenzione introspettiva, chiamato The Joshua Tree, con un album come Rattle & Hum, pubblicato nel 1988, che riafferma lo spirito americano e blues maturato nei cuori dei Dubliners, negli ultimi anni.
Le urla (le stesse dei canti beat di Ginsberg) che ascoltiamo nel disco sono quelle del pubblico nei tanti live registrati durante le tournée di questi ultimi anni, The Unforgettable Fire Tour, Conspiracy Of Hope Tour, The Joshua Tree Tour, Rattle & Hum Tour, Lovetown Tour.
Gli U2 sono sul tetto del mondo e sono rigenerati nel sound, forse ancora più che in The Joshua Tree versione studio: Bono con un faro a 1000 watt, “infuoca” The Edge e la sua chitarra assassina nella copertina dell’album/videocassetta di questo documentario evento diretto magistralmente da  Phil Joanou.
Il dizionario enciclopedico dei film del 2007, Il Morandini, parla di Rattle & Hum, come di un sagace e vivido scontro musicale contro l'apartheid, il razzismo, la disinformazione dei mass media, la religione corrotta, e il terrorismo.
In alcuni concerti del tour americano di Rattle and Hum, gli U2, tra le altre cose, aggiunsero al loro sforzo produttivo, una pizzico di parodia che non guasta: indossarono i panni di una band country & western, di quelle da fattoria insomma, chiamata Dalton Brothers. Truccati con parrucche, cappelli da cowboy e occhiali da sole, gli U2/Dalton si presentavano sul palco in incognito fungendo da gruppo spalla degli stessi U2 (da http://www.atu2.com/daltons).
E’ cosi che vengon fuori 2 canzoni come Lucille e Lost My Way, frutto di lyrics impegnate come questa:
Deep as a river, wide as the ocean
High as a mountain, I'd climb for thee
I know our love will last forever
But will our love, Lucille, last the night? 

Gli U2 diventano per un paio di notti, i discendenti di una antica dinastia dei Galveston del Texas americano, e sono: Luke, Duke, Alton, e la sorellina Betty (Adam Clayton).
«Le loro interviste sono ironiche e telegrafiche; le loro prove sono eseguite in ambienti sempre diversi. Una folla sempre numerosa e delirante acclama i propri beniamini durante le loro esibizioni nei concerti tenuti negli Stati Uniti (Colorado, New York, California, Tennessee, Texas, Arizona) e soprattutto durante il suggestivo spiritual interpretato dagli U2 in una chiesa del quartiere di Harlem, insieme ad un commosso coro di gente di colore» (da Yahoo! Cinema).
Il maestro del blues americano B.B.King, il sogno “americano”, Bob Dylan, il mito del rock, i Rolling Stones, e le grandi orchestre gospel come la Voices Of Freedom di New York, sono solo alcune delle grandi guest stars che prestano la voce alla musica degli U2, per renderli un po’ “immortali” quanto loro.
Immortale è la fede nei confronti della musica di Elvis Presley, padre, da sempre, del rock’n’roll, come lo testimonia la voce commossa di Larry Mullen, a sua volta “padre” dell’oggetto del desiderio chiamato “U2”.
“Disco imperfetto”, Rattle & Hum è un perfetto viaggio alla riscoperta delle radici, delle origini della musica americana, oggetto inesplorato e sconosciuto sino agli anni 80.
Gli U2 visti in bianco e nero, come in bianco e nero suonano 2 pezzi inseriti nell’album che appartengono ad altre colonne della soul music, ossia la musica dell’anima, come Jimi Hendrix, e i Beatles, che “conquistarono” l’America nel 1964, con un bagno di folla all’aeroporto Kennedy di New York.
Rattle & Hum non può mancare sulle mensole di chi ama il rock; è un album tutto da vivere ed è, per giunta, un video-documentario in cui “credere”.
I need your love…bum-bum!

I PEZZI

1.         Helter Skelter (Live) – Scritta da John Lennon e Paul McCartney nel 1968 e contenuta nell’album White Album, edizioni Apple, e registrata live da Thom Panunzio a Denver, è una delle cover dei Beatles che è stata giudicata tra le migliori suonate dal vivo e non dai mitici Fab Four di Liverpool. Celebre per aver introdotto sonorità hardcore e metal nella musica rock, l’espressione Helter Skelter, ci rimanda al mondo dei luna park, degli scivoli, e delle montagne russe.
The Edge rispetta la partitura del brano originale, aprendolo con un ritmo ripetuto di riffs distorti, e Bono la introduce con queste parole: «This is a song C.Manson stole from The Beatles. We're stealing it back».
Quando arrivi in fondo
Tu ritorni in cima allo scivolo
E ti volti e ti fermi
E ti lanci in un giro
Poi arrivi in fondo
Poi mi vedi ancora…
nella voce di BonoVox, calda e sensuale si avverte questo terribile senso di finimondo che i Beatles professavano più di 20 anni prima.

 

2.         Van Diemen's Land – Silenzio. Canta e suona The Edge, come era già accaduto in War.
Hold me now, oh hold me now
'til this hour has gone around
And I'm gone on the rising tide
For to face Van Diemen's land...

Nelle note della booklet del cd si legge che la canzone è dedicata al poeta John Boyle O'Reilly (1844-1890) colpevole di far parte di una lega chiamata Fenian che lottava per l'indipendenza dell'Irlanda, che fu deportato nel 1848 nella "Terra di Van Diemen" (l'attuale Tasmania, un isola del continente australiano) e che un tempo era un luogo di  confino per i prigionieri politici del Regno Unito.
O'Reilly riuscì però a scappare dalla sua prigione e si rifugiò a Boston negli USA.
E’ una canzone calda e passionale. Semplice, su una semplice base acustica e un sottofondo di organi che la rendono di strofa in strofa sempre più enfatica, sempre più dolce.
Non è solo tutto merito di The Edge. Gli U2, idolatrati nel loro strumentista più emblematico, dipingono una realtà da sogno; quella dei viaggi per mare, quella della letteratura americana dell’800, se si pensa a Moby Dick di Herman Melville (R.Bentley, 1851) o a The Narrative Of Arthur Gordon Pym of Nantucket di E.A.Poe (Harper & Brothers, 1833), per effetto di quelle che sono le suggestive immagini che si riescono ad evocare con la straordinaria regia nel video di Joanou.
L'Irlanda fu colpita nel 1845 dalla Great Famine, una terribile carestia causata da un parassita che distrusse l'intero raccolto di patate. Iniziarono così le grande migrazioni oltreoceano, sulle cosiddette "navi-bara" in cui, durante la traversata, morivano centinaia di migliaia di persone, per le pessime condizioni sanitarie. In particolare, la Tasmania, era per gli Irlandesi la terra della deportazione in cui venivano confinati coloro che si ribellavano al governo inglese. Questa landa era sinonimo di dolore, di umiliazioni, di rabbia e di ribellione (era anche il titolo di una canzone di rivolta).
The Edge, che scrive (e canta) il testo di questo brano, ne fa una canzone triste e malinconica, in una ballata indimenticabile.

 

3.         Desire Un desiderio crescente, di musica folk di schitarrate impazzite, di percussioni initerrotte e armoniche mozzafiato. Una colonna del blues targato U2, che non dimentica affatto le origini punk della musica dei quattro irlandesi, fatta di brevità (solo 2 minuti e 59) e intensità musicale.
Il singolo che lanciò Rattle & Hum, musicalmente è puro rock blues americano.
Il testo parla di passioni brucianti e, almeno da She's the dollars in poi, accenna in modo autoironico al ruolo degli U2 nei confronti dei fans. Un tema che verrà ripreso spesso in futuro (per esempio in Hold me, Thrill me, Kiss Me, Kill Me, fino a Gone(da Anche tu http://digilander.libero.it/u2anchetu/t_rnh.html).
Lei è i dollari
Lei è la mia protezione
Si lei è una promessa
Nell'anno delle elezioni
Sorella, non posso lasciarti andare
Sono come un predicatore che ruba cuori
Ad uno spettacolo ambulante
Per amore o per soldi, soldi... ?

E la febbre, sta crescendo
Desiderio…

La musica degli U2, pur mantenendo alcuni valori inalterabili, si rinnova. E eccelle con una b-side dal titolo Hallelujah Here She Comes.

 

4.         Hawkmoon 269 – Hawkmoon è una luogo nella cittadina di Rapid City nel Nord Dakota, in cui Bono e soci suonarono tanti anni prima nell’ambito di una serie di concerti-evento voluti da Amnesty Internationale il 269 è il numero delle volte che questo brano è stato masterizzato e mixato prima di essere definitivamente pubblicato in Rattle & Hum.
Le parole qui sono di Bono, ma il lavoro alle tastiere è di un maestro della musica leggera popolare americana: Bob Dylan.
La canzone è eccezionalmente orchestrata e seppur non sia diventata una hit, potrebbe annoverarsi tra le canzoni più belle degli U2, come sperimentazione, come passione, come testo, come tutto.
Le tastiera Hammond Organ di Dylan, fanno ancora il verso al suono da zucchero filato del luna park, mentre nell’incidere dei bassi e delle percussioni di Mullen, il forte suono del timpano di Larry Bunker, germina la giusta emozione in questa canzone che si trasforma in una vera e propria dichiarazione d’amore.
Come un ritmo incessante/ Come tamburi nella notte/ Come della dolce musica soul/ Come della luce del sole/ Ho bisogno del tuo amore…
La chitarra di The Edge tiene il tempo di Bono per poi liberarsi in suoni distorti stridenti eccezionali alternati a strimpellate calme e tipiche che ormai abbiamo imparato a riconoscere nel tipico suono irish.
Il suono irish… lo stesso di una ballata d’amore delle più classiche.
Bono fa da contro-coro a sé stesso; la sua voce è bassa e esplosiva allo stesso tempo, tanto da caricarsi di significati e metonimie sempre più forti.
Like a Phoenix rising
Needs a holy tree
Like the sweet revenge
Of a bitter enemy
I need your love

Like the hot needs the sun
Like honey on her tongue
Like the muzzle of a gun
Like oxygen
I need your love...

Rima alternata e like, verbo pseudo-ausiliare e di “potere” in posizione forte, sono i punti forti del testo.
Solo una pistolettata sulle gambe può piegare la carica vitale della prestazione canora di BonoVox in questa canzone, che sembra un pistolero impazzito in un film di Sergio Leone: una voce pazzesca, la voce di un forsennato che non aveva mai cantato cosi negli U2.
Alex Acuria aggiunge le sue percussioni a quelle di Larry, mentre Edna Wright e Carolyn Willis, accompagnano con un gospel il crescente suono dei bassi di Clayton.
Vogliamola chiamare canzone western?Bah…
Quello che basta sapere è che è un peccato che questo brano non sia mai riuscito a trovare il giusto spazio che merita dal vivo, riducendosi a pura snippet di Desire.

 

5.         All Along the Watchtower (Live) – Brano ipnotico e religioso, che gli U2 prendono in prestito ancora una volta da Bob Dylan (a sua volta “rubata” a Jimi Hendrix, nell’album John Wesley Harding, Columbia 1967) che con tante grazie dice loro «Bravi!» per averla cantata dal vivo più di quanto possa averlo fatto lui.
In un dominio di bassi e percussioni udueiani, Bob Dylan, trionfa con il suo rock cosi etnico e entrambi gli artisti si fanno profetici di una realtà sociale e religiosa piena di chiaro-scuri. The Edge si diverte a suonarla con riffs in perfetto stile Jimi Hendrix, e Bono si esalta ad urlarci su.
"There must be some way out of here"
Said the joker to the thief
"There's too much confusion here
I can't get no relief
Businessmen they drink my wine
Plowmen dig my earth
None of them know along the line
What any of this is worth"

E’ stata registrata,  l'11 Novembre 1987 a San Francisco nella Justin Herman Plaza, durante un concerto gratuito dall'ironico titolo di Save the Yuppies.

 

6.         I Still Haven't Found What I'm Looking For (Live) – Registrata al Madison Square Garden di New York, il 28 Settembre del 1987, questa versione live di un inno intramontabile della musica degli U2, contiene i cori gospel della compagnia New Voices Of Freedom, con i vocalizzi solisti  di George Pendengrass e Dorothy Terrell, e una nuova straordinaria strofa, scritta per l’occasione da Bono:
I believe in the Kingdom Come
Then all the colours will bleed into one
But yes I'm still running
You broke the bonds
You loosed the chains
You carried the cross
And my shame
And my shame
You know I believe it
But I still haven't found
What I'm looking for
But I still haven't found
What I'm looking for...

Il ghetto di Harlem e la musica celtica per questa camminata nel sole, mano nella mano, sembrano due culture che si incontrano come venute da un altro pianeta.
Riconoscibile e indimenticabile sin dalle prime strimpellate acustiche di Evans, forse, non c’è canzone più serena di questa nel repertorio di una band che ha saputo farsi amare per la semplicità dei suoi accordi.

 

7.         Freedom for My People – Intermezzo interludio di artisti di strada: scritta da Sterling Magee, Bobby Robinson e Macle Mabins e eseguita da Adam Gussow alle chitarre e all’armonica.
Ho bisogno di un po' di libertà
Libertà per la mia gente 
Voglio un po' di libertà
Libertà
Libertà, libertà per la mia gente
Mi piacerebbe un po' di libertà
Ho bisogno di un po' di libertà per la mia gente
Libertà
Libertà, libertà per la mia gente
(traduzione di Anche Tu, ibidem)

 

8.         Silver and Gold (Live) - In questa versione live (registrata a Denver - Colorado, nella McNichols Arena, l'8/11/ 1987) , Bono fornisce una eccellente spiegazione al testo: dalle sue origini di stesura, come già accennato in The Joshua Tree.
«Sì, argento ed oro... Questa canzone fu scritta in una camera d'albergo a New York City ai tempi in cui un nostro amico, Little Steven, stava mettendo insieme un disco di artisti contro l'apartheid. Questa è una canzone scritta su di un uomo in una baraccopoli fuori Johannesburg» - poi morto, come le cronache e la storia musicale degli U2 ci hanno già insegnato.
The Edge è probabilmente e definitivamente “regalato” al tempio della musica blues, con il suo eccellente assolo, da musica nera, nella parte conclusiva di questo brano.


9.         Pride (In the Name of Love) (Live) – L’orgoglio di The Unforgettable Fire è presente anche in questo album e in una versione live registrata a Denver - Colorado, nella McNichols Arena, l'8/11/ 1987. Lascia senza parole, o forse senza voce, dopo averla cantata.
Un uomo imprigionato in un recinto di filo spinato
Un uomo che resiste
Un uomo finito su di una spiaggia deserta
Un uomo tradito con un bacio

Nel nome dell'amore
Cos'altro nel nome dell'amore?

The Edge e Adam Clayton sono gli autentici mattatori dell’intermezzo unicamente musicale che si può meglio apprezzare dal vivo piuttosto che tra le quattro pareti degli Studios di Hanover Quay.

 

10.       Angel Of Harlem - Come si legge dalle note del booklet del cd, questa canzone è dedicata alla grande cantante jazz Billie Holiday, soprannominata "Lady Day".
Aveva veramente la voce di un angelo, ma ebbe una vita infelice e sfortunata. Vinta dalle delusioni sentimentali e dalla segregazione razziale che fu costretta a subire, divenne vittima di droghe e alcol e morì a soli 44 anni.
A Islington, Londra, nel 2007, Bono l’ha ribattezzata come - «la nostra unica canzone natalizia»; Angel Of Haremdiventa secondo singolo di Rattle & Hum, nel dicembre del 1988, nei formati vinile 7", vinile12", cd, cassetta e 3" cd, ed è accompagnata da quegli splendidi b-sides che sono Love Rescue Me e A Room At The Heartbreak Hotel.
Gli U2 consentono ai fiati (come era già avvenuto in passato) di fare una importante comparsa in un brano (versione studio) suonato dal vivo che non rende con le sole chitarre. Tamburelli e organi completano il meraviglioso albero di addobbi musicali di questo pezzo in cui Bono trasforma la sua voce, da semplice “stonato” europeo, a artista nero di razza.
Blue light on the avenue
God knows they got to you
An empty glass, the lady sings
Eyes swollen like a bee sting
Blinded you lost your way
On the side streets and the alleyways
Like a star exploding in the night
Filling up the city with broad daylight
An angel in Devil's shoes
Salvation in the blues
You never looked like an angel
So long...Angel of Harlem.

Per gli U2 che da qualche anno godono dell’affetto del pubblico, ricevono un tributo notevole (non solo di pubblico), ma anche critica per Rattle & Hum; e Angel Of Harlem, è una piccola grande sorpresa nelle economie dell’album, in fatto di distribuzione.

 

11.       Love Rescue Me – Bono anticipa i temi della canzone ricordando che era stata scritta, dopo che Bob Dylan era scampato ad un micidiale incidente sulle due ruote: «Love Rescue Me is a soulful, country stroll, again built around a familiar chord sequence».
Le parole ancora una volta sono di Bono e di Bob Dylan.
L’armonica a bocca malinconica, ci fa stendere su un’amaca di canapa e mirare sereni, l’orizzonte sterminato del deserto americano.
Molti stranieri ho incontrato/ Sulla strada verso il mio rimorso/ Molti dispersi che cercavano di ritrovare loro stessi in me/ Mi chiesero di rivelare/ Proprio quei pensieri che avrebbero voluto celare/ Amore salvami.
Il potere salvifico dell’amore fa incontrare e scontrare in un duello da brivido, gli autori di questa canzone, impegnati ai cori.
Love rescue me/ Come forth and speak to me/ Raise me up and don't let me fall/ No man is my enemy/ My own hands imprison me/ Love rescue me...
L’anima nera di questa canzone è nella chitarra folk di Edge e nei fiati mixati da Marc De Sisto.
Tra qualche anno (durante il PopMart Tour), gli U2 la canteranno in un featuring di grande rispetto e dal cognome importante, quello di Ziggie Marley.

 

12.       When Love Comes to Town L’amore arriva in città e “il maestro” B.B.King si degna di duettare con BonoVox al microfono e con Edge alle chitarre, surclassandoli per maestria e per questioni discografiche, che terranno pur conto del fatto che gli U2 si cimentano con il padre della musica blues americana.
Bel testo, bella canzone, ricca di energia e sensazioni positive, accresciute da una voce puro soul di Hewson, e un corpus ritmico di Larry costruito con metodo per permettere alla chitarra del “re” di ammaliare il pubblico europeo degli U2.
The Edge è lì a strimpellare, calmo in un angolo e a aiutare Rebecca Evan Russell, Phyllis Duncan e Helen Duncan nelle backing vocals.
When love comes to town
I want to jump that train
When love comes to town
I want to catch that flame
Maybe I was wrong to ever let you down
But I did what I did
Before love came to town.

La mescolanza di suoni che ne viene fuori, genera quella sensazioni musicale che gli inglesi chiamano teamed up.

13.       Heartland – Diciamo pure cosi: un sound tipico U2 (con la ricomparsa di Brian Eno alle tastiere), adattato ad una realtà di musica blues americana, da importazione. Nel video i quattro del gruppo, sono là, negli USA.
Al pizzicare le corde dei bassi di Clayton che apre il brano con una lunga introduzione, li si vede visitare i luoghi che hanno visto vivere e diventare famoso il grande Elvis Presley. Le Harley Davidson, il muro del “pianto”, dove centinaia di ragazzi ogni giorno lasciano fiori o scritte in onore del molleggiato più famoso della musica americana.
Tutto evoca in Larry Mullen la necessità di comporre un pezzo che faccia dimenticare a molti la Elvis And America di The Unforgettable Fire, con qualcosa di più incisivo, sebbene Heartland non sarà l’unica dedica a Elvis degli U2.
Diciamo anche che gli riesce veramente bene, con un BonoVox ancora una volta ispiratissimo.
Mississippi and the
 cotton wool heat
Sixty-six a highway speaks
Of deserts dry
Of cool green valleys
Gold and silver veins
Of the shining cities...

La lirica è espressamente votata alla celebrazione del cuore dell’America e dei suoi abitanti, che riassume l’idea generale che ha ispirato la nascita del disco.
La Interstate 66, i campi di cotone, Chicago e Los Angeles…: c’è veramente tutto.
Deserti, valli verdi, città risplendenti. Da un capo all’altro del Nuovo Mondo, gli U2 ci mostrano gli States, con gli occhi di uomini maturi e innamorati.

 

14.       God Part II -  Gli U2 sono ancora una volta alle prese con l’influsso della musica dei The Beatles o meglio quel che è rimasto di loro. Un pezzo di John Lennon si intitolava God (contenuta nell’album John Lennon/Plastic Ono Band, Apple Records 1970) ed il  testo diceva, a grandi linee, di non credere in nulla, se non in sè e in Yoko Ono.
I don't believe in magic,
I don't believe in I-ching,
I don't believe in bible,
I don't believe in tarot,
I don't believe in Hitler,
I don't believe in Jesus,
I don't believe in Kennedy,
I don't believe in Buddha,
I don't believe in mantra,
I don't believe in Gita,
I don't believe in yoga,
I don't believe in kings,
I don't believe in Elvis,
I don't believe in Zimmerman,
I don't believe in Beatles,
I just believe in me,
Yoko and me,
And that's reality.
Cosi, lui, in un testo paradossale e accompagnato alla chitarra acustica.
Quella che segue, invece, è la risposta di Bono, e anche lui non crede in tutta una serie di cose, ma dice di credere, invece, solo nell'amore.
Un pezzo epico e rock in cui gli U2 sembrano ormai “imprigionati” dalla tradizione a cui sono forzatamente legati: quella di stupire, senza vergogna.
Musicalmente parlando, il pezzo anticipa il decennio di grandi novità elettroniche degli U2: una ritmica coinvolgente e una chitarra metal, rendono Edge insuperabile nel panorama della musica pop-rock di quegli anni.
Don't believe in cocaine
Got a speed-ball in my head
I could cut and crack you open
Do you hear what I said
Don't believe them when they tell me
There ain't no cure
The rich stay healthy
The sick stay poor
I...I believe in love

La voce di Bono è campionata in una sorta di echi e flussi che lo fanno scomparire nei meandri della musica carnefice e vittima, allo stesso tempo, di speedball, una miscela "esplosiva" di cocaina ed eroina, e di una testa che "viaggia a mille all’ora" senza bisogno di particolari “additivi”.
Sorprendente, se si pensa che gli U2, solo un paio d’anni prima avevano composto un pezzo che si intitolava In God’s Country, e che può ritenersi degna genesi dell’energetico scambio di idee che questa parte seconda provoca negli animi di chi l’ascolta.

 

15.       The Star Spangled Banner – Da una performance live di Jimi Hendrix del 1969, l’inno nazionale americano, diventa irriverente e distorto nelle corde del genio di Seattle.
Composta in un epoca di sfiducia del popolo americano a causa della guerra in Vietnam (per concessione della Interscope Music Limited, contenuta nell’album psichedelico Woodstock), lo stesso inno d’America fa da apripista a Bullet The Blue Sky e alle sue fulminanti lacerazioni verso il cielo blu.

 

16.       Bullet The Blue Sky (Live) – Cattiva e sagace. Violenta e distorta. Un manifesto della musica rock senza mezze misure, incarna il perfetto stile-anni-80 degli U2 e del video-documentario di Rattle & Hum. Memorabile il passaggio letterario contenuto in questa versione live di Giacobbe e l’Angelo: Giacobbe lottò contro un angelo per una notte intera, al termine l'angelo si dichiarò sconfitto e pregò Giacobbe di lasciarlo andare, Giacobbe lo lasciò ma chiese in cambio di essere benedetto. Tutto questo nel capitolo 32 della Genesi.
Fuori c'è l'America
Così ritorno nella mia camera d'albergo
con John Coltrane e "Love Supreme"
nella stanza vicina sento una donna
che urla che il suo amante si sta spegnendo,
accendendo la televisione
e non riesco a distinguere
le notizie della ABC, da "Hill Street Giorno e Notte"
o da un predicatore dell'ora dell'antico vangelo
che ruba i soldi ai malati e ai vecchi.
Beh, il Dio in cui credo io non è a corto di contante, signore.
Mi sento molto distante dalle colline di San Salvador
dove il cielo è lacerato e la pioggia si versa
attraverso una ferita aperta
colpendo le donne e i bambini...
colpendo le donne e i bambini...
che corrono... che corrono... tra le braccia... dell'America. 

Un grande The Edge alle chitarre che da solo emula i The Clash, il nome di uno dei più importanti
gruppi di musica punk rock britannici degli anni 70-80, acclamati per la loro varietà musicale.

 

17.       All I Want Is YouRattle & Hum si chiude con i fuochi d’artificio, gli stessi che si ascoltano nell’inciso dell’inno americano di Hendrix e nella Where The Streets Have No Name che apriva il tendone sui concerti americani degli U2 di quegli anni. Una ballata romantica di grande effetto e dalle immagini emozionanti, come in un circo, dove tutto è ingigantito (il cui videoclip si avvale di una delle prime importanti collaborazioni artistiche tra gli U2 e il regista tedesco Wim Wenders).
Nella musica degli U2, trionfano le parole d’amore e la musica di Van Dyke Parks e Benmont Tench che rendono più facile l’apporto di chitarre, organi, e violini all’orchestrazione dei questa bellissima All I Want Is You.
La dichiarazione romantica di Bono è un crescendo artistico di promesse d’amore, che fanno letteralmente impazzire.
You say you want your love to work out right
To last with me through the night
You say you want diamonds on a ring of gold
Your story to remain untold
Your love not to grow cold

All the promises we break from the
Cradle to the grave
When all I want is you

All I want is you.
Il video di All I Want Is You è un coraggioso bianco e nero d’impronta Felliniana (1920-1993, che nell’arco di quasi 40 anni aveva disegnato in decine di lungometraggi una piccola folla di personaggi memorabili): la storia tragica del clown nano innamorato infelice che muore sotto le sabbie della spiaggia di Ostia.
Un testo che parla di ciò che conta veramente in un rapporto di coppia, al di là dei regali e delle promesse impossibili. L'unica cosa importante è il voler stare insieme e resta indimenticabile, per il pubblico italiano, il duetto in tv di Bono e The Edge al Festival di Sanremo del 2000 con il contributo di quest’ultimo alla chitarra anche per intonare Falling At Your Feet.

 

Valutazione  in euro di un vinile: 20 euro credo.
Valutazione  in euro di una cassetta: praticamente introvabile.
Valutazione  in euro di un cd: meno di 10 €, no.

 

U2 – No Line On The Horizon (Mercury/Universal 2009)

 

 

1. No Line On The Horizon   04:14
2. Magnificent            05:23
3. Moment of Surrender         07:23
4. Unknown Caller     06:02
5. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight          04:13
6. Get On Your Boots            03:24
7. Stand Up Comedy 03:48
8. Fez - Being Born    05:14
9. White As Snow        04:39
10. Breathe     04:58
11. Cedars Of Lebanon          04:13

Tutti i brani in grassetto sono stati oggetto di pubblicazione  singola

Produced by Brian Eno, Danny Lanois and Steve Lillywhite, sessions for No Line On The Horizon began in Fez, Morocco, and continued at the band's Dublin studio, New York's Platinum Sound Recording Studios, and London's Olympic Studios.
Released on March 2nd (March 3rd in the US), the album will come in a standard format with 24 page booklet and in digipak format. The digipak includes an extended booklet and the album's companion film "Linear" by Anton Corbijn. A limited edition 64 page magazine will also be available, featuring the band in conversation with artist Catherine Owens, and new Anton Corbijn photographs. No Line On The Horizon will be released on 180gm vinyl. (More on the formats below)
The album cover artwork is an image of the sea meeting the sky by Japanese artist and photographer Hiroshi Sugimoto.

 

 

Dalla recensione de Il Pozzo di Cabal: «Avreste mai pensato o sperato di incontrare di nuovo gli U2 epici di The Joshua Tree, quelli che sognavano di cambiare il mondo con una canzone e non certo con una stretta di mano alla Casa Bianca? No? Allora preparatevi a ricredervi. Il respiro di No Line On The Horizon, la traccia che apre l'omonimo nuovo lavoro della band irlandese, è lo stesso di Where the Streets Have No Name, leggendaria ouverture del leggendario album del 1987: maestoso, immenso, con un ritornello in grado di suscitare brividi nei pochi metri quadrati di una cameretta, figurarsi negli spazi immensi del tour europeo della prossima estate. E' la prima sorpresa, la prima emozione di un album che ne ha parecchie da dispensare».
Con calma.
Si riprende da dove li si era lasciati, cioè sul palco dell’ultima leg del Vertigo Tour 2006.
Brisbane, Adelaide, Sydney. Sul palco in quell’occasione saliva un indigeno del luogo a suonare il doodgeridge, strumento a fiato e monocorda ad accompagnare l’esecuzione di una nuova Kite (dall’album All That You Can Leave Behind), meno elettronica e più viva.
Dopo una massacrante incetta di solo project e di Best of, si arriva a mercoledì 18 Febbraio 2009.
Ancora Australia.
Universal Australia, per un errore di uno store online, mette in vendita per pochi minuti l'album nuovo e dopo pochi minuti, inevitabilmente finisce in rete illegalmente.
Invitati i fans a rispettare il lavoro della band e di chi lavora per loro ad acquistare la copia del disco quando uscirà nei negozi il 2 marzo 2009 (in Italia), scatta la caccia alle recensioni, alle curiosità, all’accaparramento di frammenti dei brani, all’ascolto anche di demo improbabili.
Marocco (Fez), Spagna (Cadice), Francia (Nizza-Cannes), Regno Unito (Londra), Stati Uniti (New York), Germania (ancora una volta Berlino): queste le tappe del pellegrinaggio che hanno portato Bono & soci a confezionare un nuovo miglior disco della loro carriera.
E visto e ascoltato il recente passato, lo è.
«Dimenticato il rock lineare e anche piuttosto ovvio degli ultimi dischi, messa da parte l’ansia giovanilista di All That You Can Leave Behind e How To Dismantle An Atomic Bomb» (La Repubblica), Bono e compagni hanno scelto la via della maturità: un disco fantastico, appassionante, ricco di sonorità sorprendenti ma al tempo stesso fedelissimo alla radice rock della band irlandese, epico e romantico, sentimentale e grintoso, suonato con intensità e intelligenza, e cantato da Bono con passione.
Si parte dalla scala di grigi della copertina dell’album, dagli scatti fotografici e del dvd che accompagna la deluxe version dell’album, il film di Anton Corbijn Linear, nei cui titoli di coda dovrebbero comprarire altre traccie (nascoste per ora all’album) che la band ha composto unicamente come colonna sonora della pellicola del versatile artista olandese.
No Line On The Horizon: a leggerne il titolo, si direbbe uno scenario apocalittico, cupo, malinconico.
L’artwork di copertina dell’album, creato dal team a Four5One a Dublino, rappresenta un panorama marino di un famoso artista e fotografo giapponese, Hiroshi Sugimoto, che conosce Bono da molti anni. (Uno dei suoi lavori è appeso nell’ufficio di amministrazione della band). Uno dei pochi fotografi contemporanei che continua a lavorare con tecniche fotografiche tradizionali come per esempio il processo di gelatina d’argento e il ricorso ad una lunga esposizione, l’orizzonte è un motivo centrale  nella collezione di “panorama marino” di Sugimoto (fonte U2place.com).
Lui ha viaggiato a lungo intorno mondo per soffermarsi su lontane colline dominanti gli oceani, catturando la luce e l’atmosfera e la forma che questi effetti assumono davanti all’orizzonte,  che tagliano sempre in due il suo fotogramma.
La sua opera ha commosso milioni di persone e gli U2 non sono i primi a vedere la simmetria tra il loro lavoro e il suo.
Shaughn McGrath, uno degli editor grafici ha cosi commentato: «La foto di copertina prende il titolo Boden Sea, Uttwil; il segno uguale ha un'esistenza a parte, non è inserito nell'immagine, ma è associato ad essa, su un piano differente. Aggiunge all'album un concetto espresso visivamente. Qualsiasi sia la cultura o l'idioma usato, questo segno matematico universale è compreso, e così perfeziona la chiarezza dell'idea nell'immagine. Quello che amiamo dell'uguale è la sua semplicità, la purezza, come il titolo No Line On The Horizon».
No Line On The Horizon è un album denso, massiccio, talvolta confinato in quella invisibile linea di demarcazione tra cielo e terra, tra canzoni politiche e canzoni d’amore, ballate tipicamente U2iche e sperimentazioni professionali.
Un contenitore di musica rock che ci fa fare un salto indietro di più di 10 anni e alla trilogia elettronica conclusasi con Pop. Risolutamente rock ma anche pieno di spirito, di religione e di infinite costruzioni musicali è un album coerente, a volte déroutant ma sempre con un’anima.
Nel 1704 il celebre autore irlandese Jonathan Swift (1667-1745, è stato uno scrittore irlandese, autore di romanzi e pamphlet satirici) scriveva nel suo Saggio Tritico Sulle Facoltà della Mente: (dalla raccolta Il Leone Non Mangia La Vera Vergine, Collana “Libri Di Una Sera”, La Spiga Meravigli 1993, pag.24): «I filosofi affermano che l’uomo è un microcosmo che riflette, in piccolo, ogni parte dell’universo; e secondo me, il corpo naturale va paragonato al corpo politico».
Disco omogeneo: in tutte le canzoni si avverte un senso di ordine e di insieme, nel vestito e colore di ogni traccia.
Ogni membro del gruppo si sa far sentire: The Edge riprende il ruolo che gli competeva in Achtung Baby, quello di onnipresenza alla chitarra, Adam Clayton è più in forma che mai, sfoderando interminabili e potenti giri di hype al basso; Larry alla batteria picchia duro la sua drum machine e Bono è un mutante dalle mille voci e dall’infinita ispirazione dialettica.
Il giornalista Neil McCornick a tal proposito dice: «The new U2 album, No Line On The Horizon will be released on March 2nd. It is a great record, and greatness is what rock and roll and the world needs right now. From the grittily urgent yet ethereal title track all the way to the philosophically ruminative, spacey coda of Cedars Of Lebanon it conjures an extraordinary journey through sound and ideas, a search for soul in a brutal, confusing world, all bound together in narcotic melody and space age pop songs».
Alcune canzoni sono nate da demo realizzati dal solo The Edge, mentre altre sono nate da improvvisazioni full-band (spesso originate da dei particolari loop introdotti da Brian Eno) durante alcune sessions di registrazione a Dublino, nel sud della Francia e in Marocco – con Eno e Lanois che suonavano rispettivamente chitarra e tastiere.
«All’inizio era semplice, poi le cose si sono complicate, e poi le abbiamo di nuovo semplificate», dice Brian Eno appena accende il suo computer nel quale c’è ciò che lui pensa  essere l’ottantesima incarnazione di una canzone chiamata Breathe.
«E' stato un lungo processo ma penso che la sua composizione sia la piu forte che abbiano mai fatto» - dice The Edge - «Eno è irritato che la band abbia lasciato alcune delle canzoni più contemplative e sonoramente avventurose...e ci ha dato dei “coglioni”!», The Edge scherza cosi dopo aver fatto sentire una deliziosa (ma scartata) ballata intitolata Winter [che invece finirà nella colonna sonora del film Linear]».
Tema dell’album, ancora una volta, è il tentativo di fuga dai problemi di ogni giorno (dalla perdità di sè stessi alle grandi sconfitte dell’umanità) in stretta osmosi con la gioia del momento-carpediem e con il tentativo di una soluzione per il bene collettivo.
Freschi, boriosi, grezzi, spocchiosi come sempre e alla caccia del grande Leviatano marino: sono questi gli U2 all’appuntamento del compleanno musicale numero 30, quello che li rivede in vetta della classifica delle vendite mondiali e con qualche tappeto magico sotto i piedi, in più.

 

01. No Line On The Horizon

The Edge confida al settimanale Q Magazine: «Non vogliamo essere turisti musicali. Siamo tornati da un viaggio in Nord Africa con un particolare influsso e con un marcato senso di libertà».
Con il passare del tempo, la musica è cresciuta in modo diverso e spontaneo a cominciare dalla titletrack.
L’album si apre con una strana nenia araba in tre tempi suonata con strumenti organici e arrangiamenti after-dark: The Edge alla chitarra e voce, e Bono, muezzin dalla voce soporifera, ci fanno subito capire dove siamo. In un nuovo album epico alla The Joshua Tree, ma concettualmente differente da quello del 1987.
«No Line On The Horizon est une chanson rock énorme, lourde, inhabituellement rapide pour U2, et dont les sonorités et le chant font penser à bien des égards aux titres les plus rythmés de Kings Of Leon. Le refrain, très court et très calme, permet d’impressionnants changements de rythme typiques de U2. Ce titre sera sans aucun doute un must de la tournée, et on pourrait même y voir la chanson d’ouverture toute désignée» - by U2Neophobia.com.
La recensione di Rolling Stone Magazine: «The title track's relentless groove began as a group improvisation. «It's very raw and very to the point,» says the Edge. «It's like rock & roll 2009»».
Shaughn McGrath continua sul progetto cover dell’album: «C'era qualcosa a proposito di come tutti noi siamo profondamente attratti dal guardare oltre il mare – all’orizzonte – che fa emergere ricordi e sensazioni forti di momenti e luoghi. Nel titolo c’è anche questo senso di rimozione delle barriere, un desiderio di purezza, bellezza e integrità… una voglia di tornare ad un momento perfetto».
Nata come un pezzo ambient e divenuta punk-rock a Londra, si apre su un giro classico alla Achtung Baby, poi Brian Eno prende il sopravvento, stile anni 90: «I Buzzcocks che incontrano i Bow Wow Wow!», ha sparato Bono.
La canzone (probabilmente un must da cantare nella tournée estiva) è ricca di suoni inaspettati; dice Daniel Lanois a tal proposito: «Le prime canzoni sono davvero magiche. Infatti, No Line On The Horizon, la title song è una fantastica mescolanza di strumenti suonati a mano; e tutti ci hanno dato dentro. E' come se fosse una sorta di rock and roll da fantascienza, un pezzo assolutamente incredibile e non vedo l'ora che anche voi possiate ascoltarlo».
Ne esistono 2 versioni: la prima (quella dell’album) si tratta di un brano che starebbe bene su The Unforgettable Fire, con un respiro lento che arriva ad un finale movimentato e potente. La seconda registrazione (divenuta b-side del singolo Get On Your Boots), appunto No Line On The Horizon 2, è invece un brano decisamente punk con un ritmo incalzante (mixato con le seguenti voci da copertina: Townsead, Cenzo Mix e The Biz) ed una vigorosa batteria.
In entrambi è stato usato un nuovo effetto di distorsione creato da The Edge, quasi elettro-pulp.
The songs in your head are now on my mind
You put me on pause
I'm trying to rewind and replay
Every night I have the same dream
I'm hatching some plot, scheming some scheme
Oh yeah
Oh oh oh oh oh oh oh
I'm traffic cop, due de marais
The sirens are wailing but it´s me that wants to get away
Oh oh oh oh oh oh oh
No, no line on the horizon, no line
No, no line
No, no line on the horizon, no line
No, no line

Partenza “relativamente” tranquilla direi (a tratti si potrebbe azzardare nel dire che è figlia di Boy), con un Bono che per 04 minuti e 09 urla come un matto.

 

02. Magnificent

Quello che si direbbe a prima tutta un classico instant U2 anthem: cioè un classico brano in stile U2, un inno pop-rock-beat da 4/4, che ricorda negli echi iniziali la mitica A Sort OF Homecoming, traccia di apertura di The Unforgettable Fire.
Come a dire che nonostante i tanti paragoni a cui la band è stata accostata (Arcade Fire e The Killers), il marchio irlandese della musica proposta da Steve Lillywhite resta comunque indelebile e unico nel tempo.
All’inizio sembra un distillato di Pop (ma più melodico) e della musica percussionistica dei The White Stripes; poi arriva il Brian Eno degli ultimi Coldplay e dei primi Roxy Music, a darci una computerizzata alla Kraftwerk in una strana miscela da dancefloor.
«Un début à la Genesis des années 90, quelques notes «The Edge made», un synthétiseur tout droit sorti de la new-wave des années 80, et c’est parti. Là, il y a quelque chose, un vrai refrain, une bonne mélodie pour un futur single assurément.
On est coincé entre The Unforgettable Fire et The Joshua Tree, çà me va bien
!» - così, secondo l’opinione del giornalista-speaker francese Francis Zegut di RTL2 France.
Bono was born to sing to you: sotto il fuoco musulmano delle contraddizioni e delle influenze artistiche, la scorza dura delle arena songs tipiche U2, regge alla grande.
Only love can leave such a mark.
Mostruoso il lavoro di bassi e batteria: esattamente quel qualcosa in più che Adam e Larry hanno solo accennato nella titletrack di apertura dell’album.
I riffs di The Edge qui sono semplici ma efficaci: al minuto 03:39 sclera, e con una schitarrata di troppo, aumenta i giri dell’album e anche i ritmi del brano che si fa sempre più d’assalto.
Tornando alle parole di McGrath a proposito delle immagini dell’album e delle idee pre-produzione di Bono: «Sì, ci parlò di questo fotografo/artista giapponese che adorava, Hiroshi Sugimoto, e in particolar modo volle che vedessimo i suoi paesaggi marini. Quello fu realmente utile in quanto ci dette una sorta di riferimento per immaginare l’aspetto dell’album. In quella fase, quando un album è ben lontano dall'essere finito, la band parla spesso delle idee a cui sta lavorando, molte delle quali possono ancora cambiare avvicinandosi alla fine della composizione e della registrazione; ma parlarci dei paesaggi di Sugimoto è stato veramente d'aiuto: da essi abbiamo percepito questa eccezionale sinergia col titolo dell’album» - idee e parole che sembrano adattarsi perfettamente allo stile e alle sensazioni (pulsioni più che altro nell’animo del fan medio che la ascolta per la prima volta) di questa seconda magnifica, calda ed emotiva traccia dell’album.
«Magnificent continue sur la lancée “rock” du titre précédent, avec l’apport de sonorités électroniques qui semblent toutes droites venues de la période Passengers. L’intro monte lentement pour nous emmener à nouveau vers un rythme intense. Le refrain est une nouvelle fois une rupture, sans réelle mélodie, un refrain planant basé sur la voix de Bono et une discrète présence de The Edge à la guitare. Ce titre symbolise à lui seul l’ensemble de l’album : un mix de rock et de moments planants, révélant avec parcimonie de multiples sonorités électroniques».
A volerle trovare un difetto è forse la canzone che più eccede di ohohoh (presenti tra l’altro in buona parte delle canzoni dell’album)… volendo sperare che questo significhi l’eliminazione definitiva delle tremende campanelle che aveva caratterizzato le ultimi produzioni musicali dei Dubliners.
Sarà il secondo singolo estratto dall’album e un brano al quale Will.I.Am dei Balck Eyed Peas ha lavorato per uno straordinario remix, come ha detto Paul Hewson.
Sta coprendo un continente, sta correndo verso il mare,
copre il cielo fino al punto dove l' occhio può guardare e va, e va, e va...
Sopra il volo dei gabbiani che precipitano in acqua,
sopra i pesci che galleggiano e ricoprono la spiaggia e va, e va, e va...
Alzan gli occhi i pescatori verso un cielo così livido,
le onde sembra che si fermino, non si sente che il silenzio
e le reti sono piene
di cadaveri d'argento...
ricorda qui invece Francesco Guccini nella sua L’Atomica Cinese (album Folk Beat 1, EMI 1967)
Only love can leave such a scar.
Dalla recensione di Jambiz.com: «Edge's chiming melodies and choppy strumming, Larry Mullen's snare rolls, Bono wailing the title -- this is closer to typical U2. But maybe a little bouncier and poppier».
Occhio, è magnifica!

 

03. Moment Of Surrender

Un gorgeous desiderio di anonimità, lento e sognante, intessuto su un dialogo (o monologo) originale ma non ben definito (soprattutto nei termini del ricevente).
Questa la recensione di Jambiz.com: «Just layers of churchy keyboards set to a sparse, slow-burning groove. There are no vocals in this clip, so your guess is as good as ours where it goes from here».
E’ un po’ il capolavoro dell’improvvisazione di questo album ed è inoltre, un’accezione al termine di brevità della classica musica pop U2: stando alle parole di Brian Eno, non era mai successo che gli U2 suonassero per 7 minuti e venti… ed in questa maniera poi!
The Quietus.com ne parla in questi termini: «The obligatory slow-burn power-ballad weepie, and it's another cracker. U2 have been trying to recreate the lustrous, soulful splendour of One for almost two decades. This is not quite in that Olympian league but it’s probably their closest attempt so far: an understated trip-hop shuffle beat, wrapped in mournful strings and gospel-kissed keyboards, with languid licks of Floydian guitar draped across its latter half. Drifting through a nocturnal city, Bono’s haunted narrator suffers a nervous breakdown after spying his own ravaged reflection the ATM machine. Stuck In A Moment You Can't Get Out Of, the Biblical allusions tumble by, including subway stops becoming stations of the cross. The warm, surging chorus kneels at the altar of The Rolling Stones classic Wild Horses (Sticky Fingers, Rolling Stones Records 1970) and Neil Young's After the Goldrush (After The Goldrush, Reprise Records1970). A show-stopping stadium epic is born».
I paragoni si sprecano; i complimenti la esagerano.
L’album che è già lanciato nella sperimentazione, si poggia ora su toni più soffusi, più minimalisti (e alterati), gli stessi che in passato abbiamo conosciuto nel progetto Passengers.
Il brano si apre con percussioni e suoni pseudo-trance (alla Franz Ferdinand) provenienti da bonghi sufi di marcata ispirazione Sacred World Music Festival, ed è suonata in downtempo e thin air.
Ipnotico il basso, sincopata la batteria.
I´ve been in every black hole
At the altar of the dark star
My body´s now a begging bowl
That´s begging to get back, begging to get back
To my heart
To the rhythm of my soul
To the rhythm of my unconsciousness
To the rhythm that yearns
To be released form control

Una preghiera moderna e universale.
Brian Eno ci poggia i suoi violoncelli e Adam Clayton un giro di basso “enorme” che scandiscono il tempo di una narrazione individualmente interpretata da parte di Bono.
Malinconica e surreale sul rhythm of unconsciousness, esplode nel primo coro collettivo della band all’interno dell’album.
Calme des nuits sur l'Océan / Étoiles et feux du navire, / Et l'éternel balancement / Des houles et de mon désir : così Louis Chadourne in Incertitude, dalla raccolta poetica Accords, Gallimard 1929.
Sembra riaccendersi il fuoco indimenticabile di The Unforgettable Fire negli echi di un brano new-age e da brividi, con The Edge che torna a deliziarci con la sua chitarra esotica (silvery guitars and handclaps), dopo tanti anni.
Mai sentiti così ispirati nella strumentazione.
Tosta, orgogliosa e spregiudicatamente vintage, ci regala una magistrale e arrabbiata prova di Bono al canto nel più classico dei The Joshua Tree gospel-styles.
Ci dice il frontman a canzone ultimata: «Questo tipo di spirito s’insinua attraverso ogni momento presente e nel futuro, ed è un sentimento molto strano. Stiamo aspettando Dio per camminare nella stanza e Dio e se ne esce,  è molto inaffidabile... quindi, non ha il diritto di immaginare di poter fare un album grandioso con noi, ma ciò che puoi fare é crearci le condizioni per cui questo accada!».
La lauta Moment Of Surrender, è una canzone che incarna in pieno il tentativo di estraniamento spontaneo e liberatorio da parte dell’uomo, quando è forte e spontaneo il suo contatto con l’uomo simile a sé e l’universo intero, espressione di natura circostante e materialità informe; questa canzone apre ad un trittico delle meraviglie, più leggero, più calmo, più emozionante ma anche più torturato in un autentico canto in presa diretta.

 

04. Unknown Caller

Nasce in origine come demo chiamata Birds.
passero amico,
risparmialo, il tafano
che gioca tra i fiori
Matsuo Basho (conosciuto anche come Matsuo Munefusa, 1644-1694, è stato un poeta giapponese del periodo Edo), 106 Haiku, I Miti Poesia, Mondadori 1999, pag.21
Dalle pagine del Rolling Stone Magazine: «This midtempo track could have fit on All That You Can't Leave Behind. «The idea is that the narrator is in an altered state, and his phone starts talking to him», says The Edge».
Inserire password, prego.
Daniel Lanois docet.
Sul bagnasciuga della riva di un fiume, e con tutta probabilità uscita dalle sessioni di Here Is What Is (Red Floor 2008, album-documentario di successo del produttore canadese), si apre sul suono di un lungo lamento al cinguettio degli uccelli.
Poi la batteria (potente e calibrata) si accende all’alba.
Sunshine, sunshine…
L’abbiamo ascoltata in versione acustica e parziale questa estate dalla villa di Bono a Nizza ma raffinata, è stata decisamente epurata dall’eccessivo suono delle onde del mare contro gli scogli.
Brian Eno è alle prese con l’ocarina e la fisarmonica digitale, The Edge si concede qualche maestosa scorazzata delle sue, con la chitarra (in stato di grazia, un perfetto stile Jimmy Page), e sei persone su un tappeto (escludendo i più “seri” Flood e Steve Lillywhite, rimasti di certo alla consolle nella rehab), sono riunite a cantare attorno ad un microfono.
I was right there at the top of the bottom
On the edge of the known universe where I wanted to be
I had driven to the scene of the accident
And I sat there waiting for me
Restart and re-boot yourself
You´re free to go
Oh, oh
Shout for joy if you get the chance
Password, you enter here, right now
Oh, oh
You know your name so punch it in
Hear me, cease to speak that I may speak
Shush now
Oh, oh
They don´t move or say a thing.

Per la prima volta nella carriera di Bono, la sua voce in fase di missaggio (qui un autentico deus ex machina) viene duplicata mentre sfugge a sé stessa e dal senso di gravità.
Una casta che evoca un nome, una entità straniera e qualcosa di magico ed inquietante: a tratti The Beatles, a tratti Pink Floyd, gli U2 tornano dall’Africa con tutta la banda locale al seguito (nello specifico la OMB Band) ed ho detto tutto.
Una canzone dedicata al popolo di Internet e delle telecomunicazioni, ma anche a chi, probabilmente è alla ricerca di una fede e di una identità perduta.
Una canzone che diversamente dalle altre dell’album, parla di realtà concrete e non immaginifiche, di vulnerabilità e di forte senso di responsabilità rétentissant al suono dell’organo.

 

05. I’ll Go Crazy If I Don’t Go Crazy Tonight

Per me How To Dismantle An Atomic Bomb + Zooropa: per altri suona alla ABBA; di certo il titolo è un po’ stupidotto seppure sia awesome e kissworthy.
Una commedia noir in cinemascope che ci ricorda musicalmente due/tre brani tratti da All That You Can Leave Behind: Beautiful Day, Walk On e Wild Honey.
Un autentico divertissement acustico (tra echi e riverberi anni Sessanta e reprise refrain alla Achtung Baby) giocato da un Bono in formissima e completamente fuori di testa col suo falsetto: un ritorno al top della sua carriera mentre sembrerebbe rivolgersi ad una party girl che è molto Sweetest Thing.
She's a rainbow and she loves the peaceful life
Knows I'll go crazy if I don't go crazy tonight
There's a part of me in chaos that's quiet
And there's a part of you that wants me to riot
Everybody needs to cry or needs to spit
Every sweet-tooth needs just a little hit
Every beauty needs to go out with an idiot
How can you stand next to the truth and not see it?
Change of heart comes slow..
It's not a hill it's a mountain
As you start out the climb
Do you believe me or are you doubtin?
We're gonna make it all the way to the light
But I know I'll go crazy if I don't go crazy tonight

Un pezzo leggero (mai banale seppur pop) dopo il contatto con il soprannaturale, godereccia negli inserti degli strumenti a corda di Brian Eno e con Adam Clayton che per l’occasione, suona un basso elettrico buzzard alla The Who.
«A unabashed pop tune» per il Rolling Stone Magazine.
Una ennesima trovata di Dallas Schoo: la chitarra di The Edge si trasforma in un folk galattico da saloon (un po’ alla Ultraviolet (Light My Way)) sul finale scratching, di un brano la cui post-produzione è stata curata da Will.I.Am.
Cimbali, basstrap e remix a iosa curati dal dj Luki Redanka per il terzo singolo dell’album:
1. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight - Single Version
2. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight - Fish Out Of Water Mix
3. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight - Dirty South Full Mix
4. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight - Redanka's 'Kick The Darkness' Vocal Version
5. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight - Redanka's 'Sparks Of Light' Dub Version
6. I'll Go Crazy If I Don't Go Crazy Tonight - Redanka's 'Kick The Darkness' Instrumental Version.

Per dirla alla Edgar Allan Poe: garçon, encore un boch, s’il vous plaît!

 

06. Get On Your Boots

A Dicembre gli U2 se ne escono con una delle loro: su un video in rete compare una lavagna a fogli con questa dicitura: «Get on your boots *3´.25" 6 O  a fews touch ups on new Dex Mix».
Daniel Lanois spiega: «La canzone nasce su un lavoro a due traccie acustiche in un drum-kit operato direttamente dalla drum machine» - fonte U2place.com.
Un brujo (una danza oscura e mistica di estrazione tardo-latina) che poggia musicalmente su Vertigo e idealmente su Mysterious Ways.
The future needs a big kiss / Winds blows with a twist / Never seen a moon like this / Can you see it too?/ Night is falling everywhere / Rockets at the fun fair / Satan loves a bomb scare / But he won’t scare you / Hey, sexy boots / Get on your boots, yeah
The Edge l’ha definita (sul magazine inglese Q Magazine) un mix elettro-overdub (di un residuo sporcato delle ultime sessioni di Pop) tra la musica di Eddie Cochran ed armonie da negozio di barbiere. Un glam-rock riff secondo U2weblog.org, che segnerebbe una pausa nell’evoluzione spirituale delle prime ballate dell’album.
Estroso e ballabilissimo, il suo è un riff power-chords nervoso e arrabbiato che secondo Bono ricorda New Rose dei Damned (Damned, Damned, Damned, Stiff Records 1977); inoltre si tratta di un “politichese” che si staglia all’orizzonte come un inno contro le guerre, al suono degli scarponi sulle montagne di sabbia del deserto.
That’s someone’s stuff they’re blowing up / We’re into growing up / Women of the future / Hold the big revelations / I got a submarine / You got gasoline / I don’t want to talk about wars between nations...
U2, «fuzzed-out rocker» - secondo il Rolling Stone Magazine, sono qui magistrali a spiazzare tutti sui contenuti dell’album con un singolo d’apertura come questo.
Let me in the sound, let me in the sound…  un tormentone sincopato che spacca… e che ti entra nel sangue fin dal primo ascolto.
Ricorda Pump It Up di Elvis Costello, dall’album This Year’s Model, Rykodisc 1978 e il suo video girato dal regista francese Alex Courtes, è basato sull'idea che gli uomini hanno complicato le cose in modo così grande politicamente, economicamente e socialmente che è giunto il momento di delegare alle donne il futuro e i dubbi dell’umanità.
Women of the future hold the big revelations
Gli U2 sono diventati simbolo di frontiera, un loslobos multietnico e multiculturale, un meltin-pot di indiscusso successo.

 07. Stand Up Comedy
Gli U2 non suonano quello che hanno scritto, ma quello che hanno pensato.
Stand Up Comedy è un progetto culturale, un concentrato di vita dei popoli e della loro routine.
Anche della vita degli stessi U2.
Un hardrock tune che nasce dall’ascolto di Come Together dei The Beatles (Abbey Road, EMI 1969) e Heartbreaker dei Led Zeppelin (Led Zeppelin II, Atlantic Records 1969) e un certo “non-so-che” scaturito dalla mente e dalle dita di The Edge che in questi giorni ha suonato con Jimmy Page (Led Zeppelin) e Jack White (The White Stripes) per la realizzazione di un video documentario che si chiamerà It Might Get Loud.
«E’ talmente carico di questa esperienza che gli sta crescendo un terzo testicolo», - sentenzia divertito Bono - «Spero non sia contagioso!».
Ricordiamo qui di seguito invece quello che sempre Bono, ha scritto il 9 Gennaio 2009 sul The New York Times, in un editoriale (intitolato “Io e Frank, A Modo Suo”) totalmente dedicato alla memoria di Frank Sinatra: «C’era una volta, un paio di settimane fa…Sono in mezzo alla folla, in un pub di Dublino, a mezzanotte e dintorni della sera di Capodanno. Bicchieri che tintinnano l’uno contro l’altro, risuonano, si infrangono in una tipica atmosfera da bisboccia gaelica: porte a vento, innamorati chiamati a raccolta dai doni di stagione e pronti a rompere le righe, ostilità familiari inserite in categorie più ampie o riassunte. Allegria al malto e disperazione allo zenzero in fila per essere servite - un marchio di qualità da un quarto di millennio a questa parte, da quando Arthur Guinness è riuscito a spillare questo nero vellutato in una pinta di birra. Atmosfera interessante. La nuova moneta irlandese è stata lanciata sul tavolo da gioco, e ha perso. La Tigre Celtica si aggira con la coda tra le gambe, mentre costruttori e banchieri ridono fragorosamente e a disagio quando si parla dell’anno passato, e deglutiscono fragorosamente e a disagio quando si pensa a quello futuro. Ma una voce che proviene dagli altoparlanti ci scuote all’improvviso, trascinandoci fuori da questo momento: è Frank Sinatra che canta My Way. Un inno al concetto stesso di sfida, e tutti i presenti cantano in coro, per una valanga di ragioni. Rimango colpito dall’unica caratteristica assente nella voce di Sinatra: il sentimentalismo».
«Gran canción, gran letra. Me parece muy mucho que debió ser el primer single de este álbum, porque es tan clásica con su “riff” a lo Heartbreaker de Led Zeppelín, que la convierte en un tema increíblemente moderna, incluso con sus toques burlescos y de psicodelia barata, con “phasing” incluido.  Ya sabes lo que pasan con las canciones de un año pasadas de moda, que son odiosas. Pero esta que tiene un estilo de hace treinta años, se convierte en rabiosamente a la moda» - cosi il commento dello spagnolo Julian Ruiz.
L’avevo detto subito dopo l’ascolto dei frammenti dell’album ad inizio febbraio 2009 che sarebbe stata la mia preferita.
Principalmente e fondamentalmente ambigua, ricorda la vague di musica brit-pop di inizio anni 90 degli The Stone Roses.
In un album di capolavori, questo è un brano molto U2 punk-style; sembra reggersi in bilico tra All Because Of You (How To Dismantle An Atomic Bomb) e qualcosa di inedito ma allo stesso tempo, familiare e introspettivo.
Stand up to rock stars, Napoleon is high heels
Josephine, be careful of small men with big ideas
Out form under your beds
C'mon ye people
Stand up for your love
Love love love love love...
God is love
And love is evolution's very best day
Soul rockin' people moving on
Soul rockin' people on and on
C'mon ye people
We're made of stars
C'mon ye people
Stand up then sit down for your love
Love love love love love...
Love love love love love...

La strana Commedia dell’Arte della vita, come della guerra e dell’amore, viene qui giocata in un sound spezzettato, mangiucchiato e balbettato a metà strada tra Zooropa e All That You Can Leave Behind.
Bono snocciola slogan a raffica = “Fate attenzione alle persone piccole con idee grandi!” e si diverte a fare un eco (love, love…) nei segmenti forti di batteria di Larry Mullen.
Il brano riecheggia potente negli accordi di uno straordinario The Edge che qui a volte si fa sciamano, in altre  suona “semplicemente” un drone metal da paura.
Sono queste le emozioni di chi prende appunti su un block notes mentre resta lì scioccato dal primo ascolto di questi 3 minuti e passa, di un brano di cui non dovrebbe mostrare solo le emozioni personali.
Ma cosi è.
Per U2weblog.org: «Dreading this, the worst of the superbad titles. Most Achtung-like track, big celebratory rock song, amazingly good. We’re at a peace rally. “Stand up for your love!” A big crunchy bass line and McCartney-infused melodies. “Stand up to rock stars!” A pattern emerges: the worse the title, the better the song».
Una straordinaria prova musicale (spero per un probabile singolo) a difesa dei diritti individuali dell’uomo, che raggiunge davvero cuore e orecchio dell’ascoltatore!
Sembrerebbe giunta la stagione dei fiori e dell’amore senza frontiere e invece, Stand Up Comedy è il ritratto di una generazione con il vuoto alle spalle e un futuro già ipotecato.

 

08. Fez – Being Born

Implementazioni creative: momento di luce (= sole), apertura parziale e rapida dell’otturatore.
Necessità di catturare il momento che fugge: questa canzone sembra proprio l’attenzione maniacale adoperata da un pittore per la rappresentazione di uno sfondo africano.
Blips e rumore: un uptempo rock impareggiabile, volutamente marciante su shuffles militari.
«Fu una conseguenza dell’abbassarsi della vista per l’intensità crescente della luce; ma è ciò che è fisico a creare favole. Nella mia mente, quando fissavo il mare sulle rive del sud, più di una volta si formò l’immagine di una triade: la donna riversa sullo scoglio lambita dalla spuma dell’onda e l’uomo seduto, sempre teso verso un altro luogo. Io stesso mi sento il tritone che suona la buccina, o che guarda lontano con nostalgia… talvolta c’è un serpente che lusinga la donna o bambini che giocano con lei. Lui è solo. Io sono solo. Il mare è lo specchio della solitudine, la promessa di una patria, il sogno di allontanarsi. E’ per staccarmi dalla terra che ho progettato tutta la vita il volo umano». – Marisa Volpi, da Ai Tre Caproni, contenuto in Cavaliere senza destino, Collezione Dorian Gray, Giunti Edizioni 1993, pag. 90
01 minuto e 02 secondi di introduzione: voci marocchine di uno dei tanti rioni all’aperto del versante dell’Atlante su una musica psichedelica e ammaliante; squillo improvviso di un telefono.
Sono davvero gli U2 quelli che qui ricordano il tormentone Let Me In The Sound…, nel cambio di marcia dello zapping di una radio e al suono impalpabile (ma comunque presente!) di voci femminili?
Six o'clock
On the autoroute
Burning rubber, burning chrome
Bay of Cadiz and ferry home
Atlantic sea cut glass
African sun at last
Lights.. flash past
Like memories
A speeding head, a speeding heart
I'm being born, a bleeding start
The engines roar, blood curling wail
Head first then foot
The heart sets sail.

La performance africana di Bono brumosa e infuocata, è una preghiera che viene recitata nel rag-time elettronico di un monotono rockdacasbah, con una strofa unica e reiterata che non ha ritornelli, tantomeno cambi di tono.
Prima la testa, poi il corpo (i piedi): in questi ultimi due versi si concentra la sensibilità del poeta che trasmette con l’occhio cinematografico uno spettacolo di drammi e di immagini in movimento.
Spiega Larry Mullen a proposito del groove incessante della sua batteria nel brano: «E’ bello immergersi nel fare musica in questo modo. Normalmente dobbiamo finire una canzone ma qui attraversiamo un sacco di idee di vario genere, finendone alcune, portandole ad un certo punto per poi vedere ciò che potrebbe succedere…A quel punto, nessuno sa che cosa può succedere al lavoro – motivo per cui è così piacevole, la location esotica porta il suo spirito alla musica… succede ovunque noi siamo. In Francia come a Dublino, cogli ciò che c’è nell’atmosfera. Fez può sembrare una scelta strana ma a volte per scrivere canzoni, devi solo staccare dalle cose che rompono le tue giornate».
Canzone vegana, lisergica e journey trip U2ico in una ricca e rigogliosa vegetazione spontanea di edelweiss.
Dalla recensione di U2Neophobia.com: «Fez-Being Born surprend. Plus qu’un titre, il s’agit presque de deux titres bout à bout : Fez d’un côté (l’intro d’ambiance assez nébuleuse) et Being Born de l’autre. Planante, l’intro semble tout droit sortie de l’album Zooropa et contient des sons type “zapping radio”; elle surprend par la reprise des “Let me in the sound” de Get On Your Boots. La suite du morceau démarre brusquement vers une nouvelle Daddy Is Gonna Pay For Your Crashed Car. A mi chemin entre la balade et le titre rock, le titre glisse agréablement, sans réelle structure».
Manifesto rock indie schizofrenico di qualcosa [veramente] d’altro è un viaggio nella vitalità tipica (e ritrovata) della band ha ancora molte svolte da mostrare.

 

09. White Snow

La canzone è introdotta da una musica di raccoglimento di organi e campanelli, di quelle alla The Joshua Tree ed è la nuova Yahweh che Bono dedica all’Altissimo.
Al centro di una medina illuminata solo dalla luce naturale che filtra dall’esterno attraverso le finestre colorate, Bono è solo e suona una evocazione eterna (in acustica) con la sua chitarra.
The land was flat, the highway straight and wide
My brother and I, we'd drive for hours, like we'd years instead of days
Our faces as pale as the dirty snow
Once I knew there was a love divine
Then came a time I thought it knew me not
Who can forgive forgiveness when forgiveness is not?
Only the land as white as snow
And the water it was icy

Poi arriva The Edge in falsetto e il resto della band che la trasformano in una ballata per mandola dolce e pianoforte.
As it washed over me
And the moon shined above me
Now this dry ground it bears no fruit at all
Only [..] under a crescent moon
The road refuses strangers
The land, the seeds we sew
Where might we find a land as white as snow?
As boys we would go hunting in the wood
Cresce e cresce (arpeggiata) nelle parti centrali della lyrics e diventa sempre più aulica.
To sleep, the night shun out the stars
Now the wolves are every passing stranger
Every face we cannot know
For only a heart could be as white as snow
For only a heart could be as white as snow
.
Un dolce e ipnotico lullaby (un po’ alla Simon & Garfunkel), saltellando di qua e di là alla ricerca di riferimenti, tra la musica rarefatta di Nick Cave, The Necks e dei Radiohead… ma stranamente, suona sempre alla U2 («la voce di Bono è profonda e liscia come un bicchiere di scotch» - per la recensione de Il Pozzo di Cabal)!.
Si rimane incantanti a lungo ad ascoltarla (con l’accendino in mano che ci brucia) e si respira forte profumo di incenso.
Come ragazzi andremmo a caccia nei boschi
Per dormire ogni notte sparando alle stelle
Ora i lupi sono ogni straniero che passa
Ogni faccia che non conosciamo
Se solo un cuore potesse essere bianco come la neve
Se solo un cuore potesse essere bianco come la neve

Bella come un quadro, con l’introduzione bridge dell’organo a metà pezzo.

 

10. Breathe

Un weird ramingo e adrenalinico, un riot rock del Ventunesimo secolo.
Le viuzze, i minareti (lo dice anche Bono nel testo) e le case imbiancate di Fez si riempiono di gente che suona percussioni, tessuti di pelle e promiscuità.
Il brano si apre con una prestazione borderline alla batteria di Larry Mullen e di artisti locali marocchini ai tamburi e ai cimbali per un rock strano che dopo un minuto di ascolto plana su sonorità più convenzionali agli U2 degli ultimi tempi, quelli che imitano nel canto del ritornello il Liam Gallagher (Oasis) di Acquiesce (dall’album The Masterplan, The Best Of B-Sides, Sony/Big Brother/Epic 1998).
16th of June, nine 0 five, door bell rings
Man at the door says if I want to stay alive a bit longer
There’s a few things I need you to know. Three
Coming from a long line of travelling sales people on my mother’s side
I wasn’t gonna buy just anyone’s cockatoo
So why would I invite a complete stranger into my home
Would you?
These days are better than that
These days are better than that...

Gli U2, dandy malinconici, superbi e arroganti del Bel Mondo, mettono in scena nel foyeur du théâtre des nouveautés un rock scaltro e tentatore da breathing con culture diverse e sconosciute.
«It is these songs, in particular, which push U2 towards the invisible horizon of the title, at once more linear (they tend to be driven, with singular grooves, often pulsing along on particular sound effect or rhythmic repetitions) and lateral (they defy obvious song-structure, choruses drop rather than soar, Bono's rich, high voice subsumed into stacked harmonic chants). These tracks draw out of Bono a contemplative depth» - dalla recensione di Neil McCornick - «On Breathe, U2 locate the emotional and philosophical heart in an out and out ball busting U2 anthem (which Eno, apparently, asserts to be "the most U2 song" they have ever recorded). It is matched, in this respect, by the quite wonderful Magnificent, in which the U2/Eno/Lanois combo conjure up an instantly recognisable U2 classic in a love song with the flag waving pop drive of New Year's Day. These are songs that will fill their fans with joy, but it is in the album's more intimate, off beat adventures that U2 lock into something that forces listeners to sit up and take note of them anew. There is a busy-ness in terms of sonic tapestry, the meshing together of Edge's sci-fi guitars and Eno's synths providing an intricate, detailed soundscape that constantly tugs at the ears and mind, but the U2/Eno/Lanois songs hold the centre, slowly revealing themselves, demanding repeat listens. It certainly sounds like U2 (as do a lot of groups these days) but in its boldest moments is as fresh and ambitious as the work of first timers, not veterans 33 years on the road».
Breathe è un travolgente esempio di modernità elettrica, un dannatissimo smack band cruch pop rock.
Sullo sfondo si stagliano figure di donne berbere coperte da un velo e muezzin che fumano erbe aromatiche: sono tutti invitati all’happy hour di Bono & soci a bere un lime spritz, al posto del solito thé verde.
Larry Mullen parla in questi termini direttamente dalla sala di incisione di Fez: «Alcuni giorni fa musicisti del posto, percussionisti e violinisti si sono ritrovati nella casa, aggiungendosi al mix di composizione. Gli elementi della musica sono stati formati della distinta scala di musica araba...non fanno un 4/4 ma lavorano in 5/4, 6/8 e 3/4...lavorano secondo ritmi complessi così da essere molto interessante per noi esserne parte… ed è decisamente una curva di apprendimento per noi...».
Un ultimo anonimo sussulto di elettricità da carta bianca data a Dave Evans chiude e confeziona un prodotto veramente unico: zelo medianico di pura incarnazione irlandese, da far accapponare la pelle anche agli Echo and The Bunnymen.
I found grace inside the sound

 

11. Cedars Of Lebanon

Troppo bella… sembra girare su un mangianastri, fin dall’inizio.
E’ il classico brano (meditativo) di chiusura dell’album, cifrato e parlato, fumoso e dimesso alla U2-maniera (per approfondimenti ascoltare Love Is Blindness (da Achtung Baby), Wake Up Dead Man (da Pop) e Grace (da All That You Can Leave Behind)).
Momento Tom Waits. Anzi no.
Momento primo-Bruce Springsteen.
Yesterday I spent asleep
Woke up in my clothes in a dirty heap
Spent the night tryin to make a deadline
Squeezin complicated lives into a simple headline
I have your face in an old Polaroid
Tidyin the childrens clothes and toys
You smilin back at me I took the photo from the fridge
Can't remember what Emily did
Haven't been with a woman, it feels like, for years
Thought of you the whole time, your salty tears
This shitty world sometimes produces a rose
The scent of it lingers but then it just goes

Ok… momento Johnny Cash, per non disarcionare nessuno.
Bono ha detto al Rolling Stone Magazine: «In questo album, puoi sentirti come se stessi guardando il mondo dalla finestra, in gradazione di chiaroscuri e appannamenti. Scegliti accuratamente i tuoi nemici perché ti definiranno!».
Ancora un Bono diverso per la traccia numero 11 di questo album di utenze differenti: inedito e riflessivo, impegnato nel cantautorato di una volta, il frontman di questa band che ha saputo reinventarsi a trentanni dal suo primo album, ci parla di un ragazzo, della sua moto, della guerra, dei fuochi sul Cadice e del suo viaggio attraverso Africa, Spagna e Francia, nel ritorno a casa.
Ricorda la chiamata a casa... sancisce il testo.
Cosi la recensione del The Belfast Telegraph: «The last track, Cedars of Lebanon takes music fans on a brief tour of conflict in the Middle East as seen by a war correspondent. «Choose your enemies carefully because they will define you,» Bono sings in the most political track on the album. It's a haunting song with a rich narrative that is well worth a second and third listen».
Una sofferta e boccheggiante strimpellata acustica viene intervallata da un rap documentaristico di improvvisatori africani e ne vien fuori la più bella perla del Mediterraneo da custodire.
I got a head like a lit cigarette
Unholy clouds reflect in a minaret
So high above me, higher than everyone
Where are you in the cedars of Lebanon?
Choose your enemies carefully, 'cause they will define you
Make them interesting 'cause in some ways they will mind you
They're not there in the beginning but when your story ends
Gonna last with you longer than your friends.

Una canzone bella davvero, che si spegne nel fragore di radio intermittenti e elicotteri lontani, in un refrain acuto che non ti aspettavi.
Una versione più intima e meno banale del Bono pacifista che finalmente si sofferma sulle zone grigie, quelle d'ombra, «invece di combattere contro i mulini a vento cercando di essere la bandiera di un movimento» (Zooitalia.com).
Il brano contiene una sample di Against The Sky, di Harold Budd e Brian Eno, dall’album The Pearl della Virgin/EMI del 1984 che è un pugno nello stomaco.
Si direbbe ispirata dall’ascolto di un Jimi Hendrix più meditativo (nello specifico, Daniel Lanois ha citato Crossover Traffic dalla bootleg jam-session Jimi Hendrix & Traffic: A Session (CD, Oh Boy 1-9027, Luxembourg), peccato che tutto finisca qui.
Provocazione: qualche mese prima dell’effettiva pubblicazione dell’album gli U2 lasciano questa stringa-messaggio sul loro sito web ufficiale : 11 - Cedars of Lebanon // ?:?? // Finished // * Extended edit debate Needs approval?.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2NoLineOnTheHorizon.doc

 

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2Rattle.doc

 

fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2Joshua.doc

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2UnforgettableFire.doc

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2BloodSky.doc

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2War.doc

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2October.doc

Fonte: http://digilander.libero.it/clfanzine/U2Boy.doc


Sito web: http://digilander.libero.it/clfanzine/

Autori del testo: Vincenzo e Katya

 


 

U2 storia discografia e testi


Bonovox (Paul Hewson)


Nome: Paul Hewson
Data di nascita: 10 Maggio 1960
Luogo: Dublino
Genitori: Iris e Bobby Hewson. Il loro matrimonio era molto inusuale in Irlanda in quel periodo, perchè la madre di Bono era protestante e il padre cattolico
Fratelli e sorelle: Un fratello di 7 anni più vecchio di nome Norman Hewson.
Famiglia: Bono è sposato con Alison Stewart dall'agosto del 1982
Figli: Bono è padre di due figlie, Jordan (10.05.89) e Eve (07.07.91) e di due bambini, Elijah Bob Patricius Guggi Q (18.08.99) e
Biografia: Bono è cresciuto a Dublino con i suoi genitori Iris e Bobby e suo fratello Norman nel Bullyman. Sua madre morì il 10 settembre 1974. Una volta Bono disse questo riguardo alla sua morte: "Home was no longer home, just a house...". Più tardi dedicò la canzone "Tomorrow" e "I Will Follow" alla madre scomparsa. Da quel momento, Bono ha cominciato a trascurarsi e passare le giornate con alcuni bambini chiamati "The Village" (tra cui c'era Gavin Friday). Il loro passatempo preferito era ribellarsi a qualunque tipo di legge. Bono ricevette il soprannome "Bono Vox" in quel periodo. Gavin fondò la Band "The Virgin Prunes" con alcuni ragazzi del "The Village" e dove Bono cantò qualche volta. Poi Bono scoprì l'annuncio lasciato da Larry sulla bacheca della Mount Temple High School e si presentò all'annuncio. Inizialmente Bono era un chitarrista, cantante e scrittore di canzoni della Band, poi però pensò di fare solamente il cantante e poi successivamente di diventare solamente il manager. Poi però decise di rimanere il frontman del gruppo.



The Edge (Dave Evans)
Nome: Dave Howell Evans
Data di nascita: 8 Agosto 1961
Luogo: East London
Genitori: Gwenda and Garvin Evans
Fratelli e sorelle: Una sorella di nome Gill e un fratello di nome Dick.
Famiglia: Edge è separata dalla sua moglie Aislinn dal 1991. La sua nuova compagna è Morleigh Steinberg...la danzatrice del ventre dello ZooTv Tour. Nel 2002 Morleight è diventata sua moglie
Figli: Edge ha avuto tre figli dalla precedente moglie da Aislinn: Hollie (1985), Arran (1986) e Blue Angel (1989). Nell'ottobre 1997 Morleigh gli ha dato il quarto figlio.... Sian.
Biografia: Quando The Edge aveva soltanto un anno si è trasferico con la famiglia a Dublino. Alle scuole superiori scoprì l'annuncio di Larry e gli venne offerto di entrare nella band con il nome di The Edge. Bono coniò questo nome perchè The Edge aveva la testa appuntita. Cominciò a suonare la chitarra nella band, che costituì il suono inconfondibile degli U2. The Edge però ha anche altre qualità. Tantissime canzoni degli U2 tipo "Van Diemen's Land", "Seconds", "Numb" e tante altre sono state cantate da The Edge.



Adam (Adam Clayton)
Nome: Adam Clayton
Data di nascita: 13 Marzo 1960
Luogo: Chinnot/Oxfordshire In Inghilterra
Genitori: Jo e Brian Clayton
Fratelli e sorelle: Una sorella di nome Sarah e un fratello di nome Sebastian.
Famiglia: Single, alcuni anni fa è stato con la famosa Naomi Campbell.
Figli: Nessuno.
Biografia: Adam Clayton è nato a Chinner/Oxfordshire in Inghilterra il 13 Marzo 1960. Sua sorella Sarah e suo fratello Sebastian sono nati a Dublino, perchè quando Adam aveva 5 anni, la famiglia si era trasferita a Malahide in Irlanda. A frequentato la scuola privata qui, che ha anche tanto odiato. Voleva fare musica e divertirsi un sacco. Quando andò alla Mount Temple High School si sentì un po meglio, perchè poteva fare amicizia anche con altri ragazzi. Dopo aver lasciato la scuola, diventò il manager della band, nella quale stava cominciando a suonare, ma poi lasciò questo lavoro a Paul McGuinness. Musicalmente parlando, Adam, suonando il basso è il cuore della Band. Adam ha anche avuto molto successo al di fuori della band, componendo con Larry la colonna sonora di "Mission: Impossible".



Larry (Lawrence Mullen Jr.)
Nome: Lawrence Mullen Jr.
Data di nascita: 31 Ottobre 1961
Luogo: Dublino
Genitori: Maureen e Lawrence Mullen senior
Fratelli e sorelle: Una sorella di nome Cecilia e una di nome Mary morta nel 1973.
Famiglia: Larry è single, ma vive assieme ad Ann Acheson dalla scuola superiore.
Figli: Larry è padre di due bambini. Uno di nome Aaron Elvis (04.10.95) e una figlia di nome Ava (23.12.98).
Biografia: Larry ha vissuto con i suoi genitori e le sue sorelle Cecile e Mary ad Artene. Ha frequentato diverse scuole prima di approdare alla Mount Temple High School. Oltre alla batteria si dilettava a suonare il piano, ma ha preferito la prima. La sua prima batteria fu un regalo di Cecilia. Da quel momento ebbe un solo ed unico desiderio: avere la sua band. Come tutti ormai sanno una volta mise un annuncio sulla bacheca della scuola dove appunto chiedeva di formare una band. Alla fondazione del gruppo, lui era l'unico che sapeva suonare veramente qualcosa. La sua passione sono le Harley Davinsons e Elvis Presley.


Fonte: http://files.splinder.com/d2216529b008dd136eb4237d89e96cbe.doc

autore del testo non indicato nel documento di origine del testo

 


  Bono vox


The country I chose for my Adopt a Country Project was Ireland, the famous person I decided to do this biography on was Paul Hewson, or Bono. Bono was born in Dublin Ireland on may 10 1960, the name Bono was at first just a nickname that he didn’t like, but when he realized the meaning he started to like it and it eventually became his preferred name. The name comes from the saying “bono vox” which means good voice in Latin. Even the people closest to him refer to him as Bono including his wife and band members. Bono is married to Alison Hewson. They met in 1975 and they got married on August 21, 1982. They have four children there daughters Jordan and Memphis Eve, and sons Elijah Bob Patricius Guggi Q and John Abraham. Bono and his family live in Killiney, Ireland.


Bono is in the very popular Irish band U2, U2 was originally called “feedback” then changed to “the hype” but after Dik Evans left to join another band the name was changed to U2. Bono writes all the bands songs and sings them; he sometimes plays the guitar and harmonica.


When Bono Isn’t focusing on the band he is usually focusing on being a philanthropist. Philanthropy is the effort to increase the well-being of humankind. Bono and U2 have performed in many charity events including Amnesty's Conspiracy Of Hope tour of the United States in 1986, the Band Aid and Live Aid projects In 1984, Live 8 project in 2005. Bono has also become involved in raising awareness of the problems in Africa, including the AIDS pandemic. Bono is also involved in Product Red; Product Red was begun by Bono and Bobby Shriver to raise money for the Global Fund to Fight AIDS, Tuberculosis, and Malaria. Bobby Shriver is CEO of Product Red, and Bono is an active public spokesperson. Product Red works with other companies like Apple, Converse, The Gap, Giorgio Armani, and much more.Each company makes something with the Product Red logo and a part of the profits from the sale of the products will go to the Global Fund. Bono and Bobby Shriver also started the organisation DATA which stands for Debt, AIDS, Trade, Africa. DATA was established in 2002 and try’s to get rid of poverty and HIV/AIDS in Africa, DATA encourages Americans to contact senators and other legislators or elected officials to voice their opinions. Bono was also involved in the ONE campaign. the ONE campaign is an international, nonpartisan, non-profit organization which try’s to increase government funding for effectiveness of international aid programs.


Bono’s part in many charities such as Product Red, DATA, and the ONE campaign played part of his many awards and nominations. Because of his philanthropy Bono was a nominee for the Nobel Peace Prize in 2003, 2005, and 2006. He was awarded the Pablo Neruda International Presidential Medal of Honour from the Government of Chile In 2004,and in may 2004 Time Magazine named Bono one of the "100 Most Influential People", he was also named in 2006. In 2005, Time named Bono a Person of the Year; he also received the Portuguese Order of Liberty for his humanitarian work. That year he was among the first three recipients of the TED Prize, which grants each winner "A wish to change the world". Bono’s first two wishes were about the ONE campaign and the third was that every hospital,school, and health clinic in Ethiopia should be connected to the Internet. TED rejected the third wish because they saw it as a way for TED to help Africa so instead a TED conference was organized in Arusha, Tanzania. This is only some of the work Bono has done to help improve the world and his music.

 

Bibliography
"Bono." Wikipedia, the Free Encyclopedia. Web. 16 Dec. 2010. <http://en.wikipedia.org/wiki/Bono>.
Mid-1980s, By The. "U2." Wikipedia, the Free Encyclopedia. Web. 19 Dec. 2010. <http://en.wikipedia.org/wiki/U2>.
"U2." U2 Welcome. 2010. Web. 19 Dec. 2010. <http://www.u2.com/>.
    Fry, Maddy. "Bono: Biography from @U2." U2 Home Page: @U2 - U2 News, U2 Lyrics, U2 Photos and More! Web. 19 Dec. 2010. <http://www.atu2.com/band/bono/>.



fonte: http://ljhsdowd.pbworks.com/f/bono+doc.doc
 Mr. Cotter                                     Alison Dowd
 S.S.  period 2                                12/19/10

 

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