Fratture i fattori che influenzano il consolidamento delle fratture

 

 

 

Fratture i fattori che influenzano il consolidamento delle fratture

 

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Fratture i fattori che influenzano il consolidamento delle fratture

 

Ortopedia

 

Fratture i fattori che influenzano il consolidamento delle fratture

 

- Il consolidamento varia con il tipo di osso interessato:

L'osso spongioso consolida in 6 settimane (metafisi ed epifisi sono ricche in osso spongioso).

L'osso corticale delle diafisi consolida più lentamente, impiegando da 9 a 18 settimane.

 

            - Il consolidamento varia con l’età:

Il bambino consolida precocemente, ma la rapidità del consolidamento diminuisce con l’età e raggiunge i tempi più lunghi nell’anziano. (Es: per un femore, da 4 a 8 settimane, laddove nell’adulto il tempo varia da 3 a 6 mesi).

I calli del bambino possono rimodellarsi molto, al contrario di quelli dell’adulto.

            - Il consolidamento è ritardato da un’immobilizzazione del focolaio di frattura insufficiente.

            - Il consolidamento è impossibile se i frammenti sono mantenuti separati l’uno dall’altro da delle parti molli interposte (muscoli, ad esempio) o da un eccesso di trazione con un largo scarto fra i frammenti.

            - Il consolidamento è sempre perturbato se c’è un’infezione. Non si riscontrano mai infezioni spontanee in una frattura chiusa. Le infezioni intervengono sempre su delle fratture aperte od operate attraverso osteosintesi con apporto di germi nel corso dell’operazione (per un errore nell’asepsi). Il materiale impiegato svolge allora una funzione di corpo estraneo e impedisce, con la propria presenza, la guarigione di un’infezione e, con essa, il consolidamento. E’ necessario rimuovere l’osteosintesi (e se possibile sostituirla con un fissatore esterno). L’infezione ossea, o osteite, porta ad una devascolarizzazione ossea e si rende necessaria l’ablazione del tessuto osseo necrotico. L’assenza di consolidamento è frequente in questi casi, che giustificano delle operazioni di pulizia e di escissione dell’osteite; sono spesso necessari degli innesti di osso. E’ sempre difficile ottenere il consolidamento in queste circostanze e i tempi sono lunghi.

            - Il consolidamento è perturbato quando la vascolarizzazione dell’osso è ridotta o soppressa dal margine di frattura (es: la testa del femore nelle fratture del collo o frattura dello scafoide del carpo) poiché uno dei frammenti viene così ad essere povero di vasi.

Schema illustrante la durata media di consolidamento delle fratture dell’adulto.

 


Il consolidamento delle fratture diafisarie è ritardato dalle osteosintesi con placca

 

Un’osteosintesi a focolaio aperto comporta d’emblée molti inconvenienti al fine di un consolidamento spontaneo. Infatti, l'evacuzione dell’ematoma della frattura, al momento dell’accesso al focolaio di frattura per eseguire la riduzione e la fissazione metallica, va a privare il focolaio di un elemento la cui funzione è importante, come abbiamo visto. Questo spiega in gran parte il ritardo che comporta al consolidamento. D’altronde l’intervento chirurgico stesso, con le manovre di riduzione e l’esposizione obbligatoriamente larga per posizionare una placca, determina delle lesioni dei vasi che rischiano di ripercuotersi sulla vascolarizzazione dei capi ossei e sulla rapidità dei meccanismi del consolidamento.

Altri fattori sono legati al carattere rigido dell’osteosintesi. In presenza di un’osteosintesi rigida, il callo osseo non si sviluppa o si sviluppa molto poco. Il consolidamento avviene lentamente attraverso la formazione di osso corticale nuovo fra i frammenti ossei. E’ quello che accade nel corso di un’osteosintesi con placca avvitata. La placca si fa carico delle sollecitazioni e cortocircuita il focolaio di osteosintesi. La rigidità dell’osso e della placca può essere migliorata con la messa in compressione dei frammenti (attraverso un sistema speciale impiegato nel corso dell’operazione), ma il consolidamento avviene tuttavia  senza callo esterno visibile e molto lentamente. E’ la ragione per cui non bisogna rimuovere il materiale dell’osteosintesi troppo rapidamente. Si ritiene che un tempo di 18 mesi sia indispensabile per rimuovere una placca, perché la "corticalizzazione" sia sufficiente.

Il callo ottenuto dopo un’osteosintesi rigida con placca è per molto tempo molto più fragile del callo voluminoso ottenuto spontaneamente col trattamento ortopedico. Questo si manifesta in particolare con il volume del callo e il calibro dell’osso. Nel corso di un’osteosintesi con placca, il callo non oltrepasserà se non di poco o per nulla il diametro dell’osso normale e finché non sarà ottenuta la corticalizzazione completa sarà fragile e soggetto a nuova rottura (da cui l’importante numero di fratture recidivanti dopo ablazione troppo precoce del materiale). Al contrario, il callo ottenuto spontaneamente con il trattamento ortopedico ha un diametro molto grosso, che è ben superiore al diametro dell’osso normale e la sua solidità è proporzionale alle dimensioni del diametro.

 

Consolidamento di una tibia di un bambino mediante trattamento ortopedico. Rimodellamento del callo fra 8 e 29 mesi.

 

 

Fratture della tibia e del femore perfettamente ridotte e fissate con placche, con consolidamento anatomico, ma senza callo esterno visibile.

 

Il consolidamento osseo negli inchiodamenti centro-midollari a focolaio chiuso

 

Questo tipo di osteosintesi non presenta gli inconvenienti segnalati per le osteosintesi con placca, a focolaio aperto. L’operazione consiste nell’introdurre nella diafisi attraverso l’estremità dell’osso (del femore, della tibia o dell’omero) un grosso chiodo del calibro del canale osseo, senza scoprire la frattura. La riduzione è effettuata mediante trazione su di un letto operatorio speciale (letto ortopedico) che consente di ottenere l’allineamento dei frammenti. L’introduzione del chiodo centro-midollare viene fatta dall’estremità prossimale dell’osso con una piccola incisione e sotto il controllo di un amplificatore di brillanza e uno schermo televisivo. L’assenza di apertura del focolaio di frattura evita la devascolarizzazione dei frammenti e preserva l’ematoma attorno alla frattura.

Un inchiodamento centro-midollare è solido e permette una mobilizzazione e una ripresa della marcia con appoggio progressivo rapido (quando si tratta di fratture semplici). Le sollecitazioni meccaniche attivano il consolidamento grazie ad una successione frequente di forze in compressione ed in trazione. La qualità del callo è equivalente a quella di un callo spontaneo e la protezione del chiodo consente un appoggio precoce.

L’inchiodamento centro-midollare è il metodo di scelta nelle fratture diafisarie, nelle quali deve completamente sostituire le placche avvitate. Nelle fratture metafisarie invece si possono utilizzare delle placche avvitate, benché l’inchiodamento bloccato o "sprangato" (mediante viti trasversali che attraversano l’osso e il chiodo) possa anch’esso essere utilizzato con successo.

 

Abituale buona qualità del callo ottenuto dopo inchiodamento centro-midollare di tibia, omero o femore.

 

Il consolidamento osseo nella trazione continua delle fratture

 

L’inchiodamento centro-midollare non può purtroppo essere realizzato in tutti i casi di frattura diafisaria delle ossa lunghe, in particolare  nel bambino in cui è controindicato, in ragione del rischio molto importante che si farebbe correre alla crescita  se si attraversasse la cartilagine di coniugazione metafisaria. Si può tuttavia impiegare il metodo di Métaizeau con dei piccoli chiodi elastici, in alcuni casi (vedi sotto).

La trazione ossea rappresenta a volte un eccellente metodo. Per le fratture diafisarie del femore del bambino, ad esempio, l’estensione è in questo caso positiva poiché assicura riduzione e contenimento mediante l’allineamento dei frammenti. Essa ripristina la lunghezza iniziale dei muscoli e favorisce la mobilizzazione delle articolazioni. Questa mobilizzazione comporta anche dei movimenti a livello del focolaio di frattura, ma queste sollecitazioni, se non eccessive, hanno un effetto di stimolo per il consolidamento.

La trazione può essere applicata a mezzo di un dispositivo adesivo (per i bambini leggeri) o con l’impiego di un filo di trazione nei bambini più grandi. E’ necessario evitare le complicanze infettive a livello di questo mediante una buona tecnica di posizionamento e delle buone condizioni di asepsi.

E’ necessario poi sorvegliare la trazione per evitare che sia eccessiva ed evitare di creare uno scarto fra i frammenti (radiografie successive). Al costo di qualche precauzione, non vi sono complicazioni legate        a questo trattamento.

L’immobilizzazione con gesso che fa seguito a tale trazione dopo qualche settimana, è anch’essa benefica poiché non determina una immobilizzazione rigorosa e i piccoli movimenti favoriscono il consolidamento. Ciononostante, certi tipi di movimento sono nefasti per l’evoluzione del callo, le torsioni e i movimenti in flessione, che deformano il callo. Le sollecitazioni favorevoli sono in compressione ed in trazione.

La trazione continua delle fratture è raramente un metodo impiegato fino al termine del trattamento, e viene sostituita da un gesso. Nell’adulto, la trazione continua a mezzo di un filo trans-osseo e di una staffa; si tratta di un trattamento di attesa allorché non si possa intervenire secondo una metodica classica a causa delle condizioni locali sfavorevoli o delle condizioni generali critiche, in un politraumatizzato che necessiti di cure più urgenti.

 

Trazione adesiva per riduzione di femore nel bambino. Trazione mediante filo nei condili, nel calcagno o nell’olecrano.

 

L'appoggio è un fattore della consolidamento osseo

 

La messa in appoggio precoce di ogni frattura è benefica se la riduzione non è precaria. L’appoggio sarà immediato nelle fratture diafisarie trasversali, dopo il posizionamento di un chiodo. Sarà sicuramente più tardiva dopo la riduzione ortopedica di una frattura e il confezionamento di un apparecchio gessato (minimo 6 settimane per una frattura di gamba dell’adulto e in seguito al confezionamento di un secondo gesso detto di marcia).

 

Fonte: http://www.lerat-orthopedie.com/IT/cours/word/Capitolo%201%20Fratture.doc

Sito web: http://www.lerat-orthopedie.com/

Autore del testo: J-L Lerat

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