Il 900 novecento pedagogico

 

 

 

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Il 900 novecento pedagogico riassunto

 

Riassunto di G. Chiosso -  Il novecento pedagogico.

 

Cap 1 - MODERNITA’, SCIENZA E PEDAGOGIA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO.

 

1. L’affermarsi della civiltà moderna.

Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, in europa, vi fu un processo di cambiamento e di modernizzazione che scalzò il pensiero romantico e spiritualista per far posto al pensiero positivista di progresso in funzione della razionalità scientifica.

Già i termini positivismo,scienza positiva, positivista circolarono in seguito alla pubblicazione del filosofo sociologo Auguste Comte: COURS DE PHILOSOPHIE POSITIVE. Questo studioso affermava che lo stadio positivo dell’umanità era strettamente legato all’empirismo ed alla verifica scientifica. Da questo momento storico si parlerà di cultura e civiltà moderna.

La modernità fondata sul progresso, sulla civiltà industriale, sulla visione laica della vita, sul valore della scienza si contrapponeva alla consuetudine ed al rispetto delle tradizioni, elementi ritrovabili nella fede religiosa e nei ritmi di vita della società rurale.

La convinzione di aver trovato la chiave che poteva aprire le porte della conoscenza portò l’ottimismo ad essere un carattere proprio della civiltà moderna.

Comte formulò la legge dei tre stadi secondo la quale l’umanità come per la psiche umana passa per tre stadi: teologico, metafisico e positivo. Mentre nel teologico la spiegazione degli eventi umani, naturali e sociali era legata all’intervento di agenti soprannaturali, nello stadio metafisico legato a forze astratte, nello stadio positivo l’uomo smette di chiedersi il perché dell’evento concentrandosi sul suo effetto scoprendo le leggi che lo regolano e che nella ripetizione si somigliano.(Cosa lo descrive).

L’applicazione del metodo razionale e dell’analisi dell’evento (“Fatto”) fu esteso ai fenomeni naturali e sociali.

Modernità e scienza divennero categorie intrecciate tra loro in modo simbiotico in quanto la scienza doveva trovare il modo per superare le difficoltà oggettive per permettere il progresso della modernità e quest’ultima doveva promuovere una sempre più ampia applicazione della razionalità scientifica.

La modernità portò in Europa un miglioramento nelle condizioni di vita aumentando, grazie allo sviluppo industriale, benessere, qualità e quantità di beni alimentari e di prima necessità.

La medicina e l’igiene progredirono in forme positive di miglioramento come anche la scuola, inizialmente prerogativa dei ceti benestanti, aperta anche a classi sociali di minor peso sociale.

Mondo cattolico e marxismo erano in posizioni di opposizione rispetto alla modernità per motivi diversi colpevolizzandola di essere incapace di risolvere problemi di ingiustizia sociale ed essere espressione dell’interesse economico dei capitalisti.

 

2. L’educazione come “Fatto naturale”.

La cultura della modernità pose le basi per una ristrutturazione dell’educazione.

Romanzieri e narratori (come il De Amicis o il Verga per quel che riguarda l’Italia) si fecero testimoni nelle loro opere di questo processo ponendo l’attenzione sulle vicende delle persone (alunni, maestri,precettori) rivolgendo l’attenzione sull’importanza dell’educazione.

Educazione quindi non solo legata alle tendenze spiritualistiche che tenevano il campo fino ad allora ma in funzione di una applicazione razionale delle leggi sul piano biologico, psiclogico, sociologico ed etico.

Queste scienze dovevano fornire alla pedagogia i dati su cui costruirsi e poter quindi parlare di scienze dell’educazione.

Quindi la pedagogia doveva accettare di considerare l’uomo non come poteva o doveva essere ma in base ad un insieme di elementi scientifici in relazione ad analisi biologiche e sociali.

La modernizzazione pensava la pedagogia fondata sull’educazione come “fatto naturale” ed in base all’evoluzione degli stessi “fatti naturali” a livello umano e sociale.

Due autori si fecero protagonisti di quest’epoca: Charles Darwin con la teoria dell’evoluzione della specie o evoluzionismo ed Herbert Spencer che estese l’impostazione evolutiva agli aspetti della vita naturale, biologica, psicologica, sociale, politica ed educativa.

Con Darwin l’idea della vita nella storia dell’uomo passò da essere immutabile e preesistente ad essere risultato di una serie di eventi naturali inserendolo all’interno della natura non più come protagonista ma come un semplice tassello.

Ne risulta che l’uomo è indagabile tanto quanto lo è la natura e non solo nei suoi aspetti biologici, fisici e psichici ma anche in tutte le sue manifestazioni, da quelle politiche a quelle religiose, a quelle economiche ecc.

Spencer diede consistenza filosofica alla teoria dell’evoluzionismo.

Secondo Spencer l’evoluzione si svolge attraverso forme meno coerenti a forme più coerenti.

Il cammino dell’evoluzione è sostenuto da un modo di differenziazione ed uno di conservazione e riutilizzazione di esperienze.

L’intelligenza umana si presenterebbe come un dato ereditario consolidato da un progressivo accumulo di esperienze.

Ritrova quindi lo scopo dell’educazione nel perfezionare razionalmente i risultati e le esperienze raggiunte dalla specie umana.

Il filosofo inglese, sulla base della sua formazione naturalistico-evoluzionistica poneva anche come importante l’educazione fisica in quanto l’uomo, principalmente essere organico sensibile, per avere successo nel mondo doveva essere un animale. Quindi educazione fisica accompagnata ad educazione intellettuale nel senso di educazione al metodo scientifico.

In merito al metodo di educare, Spencer sottolineava la necessità che i processi formativi si centrassero sulle esperienze personali dell’educando e che quindi anche l’educazione morale non fosse frutto di norme comportamentali e di teorie fornite da autorità esterne (religione, politica, scuola) bensì portata dalla constatazione che quanto più l’agire umano fosse stato in funzione delle regole naturali e delle consuetudini sociali, tanto meno si sarebbero incontrate difficoltà.

Quindi sperimentazione degli errori nei quali ritrovare la punizione anziché punizione per non incorrere in errori.

 

3. Fisionomia e valori della società borghese.

L’analisi sociale secondo Comte, ,Spencer.

Secondo Comte la società è un risultato del percorso storico e si sviluppa in base alla legge dei tre stadi. Quindi è necessaria una idea-forza sovraindividuale che guida i processi di modernizzazione.

Comte poneva la necessità di guida per evitare sbandamenti od incertezze.

Spencer invece analizzando la società affermava che i cambiamenti sociali sono parte di un processo di evoluzione. Quindi la collaborazione di individui in grado di mediare i propri interessi dava modo di esprimere la capacità dell’uomo di autodeterminarsi.

In Spencer prevaleva la convinzione che l’organismo sociale come quello fisiologico aveva la capacità di svilupparsi in modo ordinato.

Entrambe le teorie avevano comunque un problema comune: abbattendo le vecchie idee e dissolvendo l’antico ordine che dava stabilità, il processo di modernizzazione non riusciva a creare una stabilità altrettanto solida.

Alexis De Tocqueville analizzando lo sviluppo della società americana affermava che una volta scomparso il prestigio delle vecchie cose non c’è nulla che distingua gli uomini se non la quantità di denaro.

Marx ed Engels analizzando lo sviluppo della società inglese mise in discussione la società borghese in quanto proveniente da modelli feudali e quindi incapace di eliminare gli antagonismi tra le classi. Secondo questa linea di opposizione la borghesia ha solo creato nuovi livelli e nuove condizioni di oppressione rischiando di far emergere due campi nemici contrapposti: borghesia e proletariato.

Tra il settecento e l’ottocento, sulla scena della vita sociale, vi furono tre grandi protagonisti.

Il primo fu il borghese, l’uomo d’affari, imprenditore, di grande forza economica.

Questa figura portò all’affermazione di nuovi valori e norme di vita come l’etica individualista temperata dalle convenienze sociali e l’identificazione degli interessi personali con quelli pubblici, il valore dell’istruzione, il senso di affermazione personale.

Il secondo fu il grande dinamismo sociale che caratterizzò questo periodo con l’interposizione tra alta borghesia e classe operaia di molte figure di media e piccola borghesia (insegnanti, proprietari di negozi, liberi professionisti) che avevano tra loro e con l’alta borghesia le caratteristiche comuni di non fare lavori manuali ed un livello di istruzione secondario o superiore.

Il terzo scenario della società borghese fu la civiltà industriale ed urbana.

La città svolse un ruolo centrale nello sviluppo borghese e fu caratterizzata da un aumento importante di affluenza umana e divenne il luogo dove si svilupparono più nettamente gli antichi valori e dove quindi il processo di modernizzazione ebbe più marcatamente successo.

 

4. Durkheim: l’educazione come socializzazione.

Uno dei primi campi dove si misurarono le nuove teorie educative naturalistico-evolutive fu quello di trovare un modello pedagogico che potesse confrontarsi con i nuovi valori che la società borghese stava delineando e con le nuove richieste a livello economico-industiale.

Emile Durkheim, francese, riuscì a fare un passo in più rispetto a Spencer, indagando, con lo stesso rigore che l’inglese investiva sulle teorie evoluzionistiche, sui modi di pensare ed agire collettivi, sul funzionamento delle istituzioni, applicando la legge evoluzionistica all’analisi sociale. Durkheim è considerato un promotore della scienza sociologica moderna.

Anche Durkheim nega che l’educazione sia un risultato esterno all’esperienza dell’uomo, ma nega anche che sia solo un fatto evoluzionistico.

Secondo il francese l’educazione è un “fatto sociale” e varia in funzione delle condizioni storiche e della classe sociale da un lato, mentre dall’altro poggia su modelli di comportamento, norme e sentimenti largamente condivisi in una determinata epoca.

Secondo Durkheim l’individuo è “composto” da due esseri: l’essere individuale ed un sistema di idee che esprime il gruppo o i gruppi a cui facciamo parte. L’obiettivo dell’intervento educativo è dunque quello di innalzare l’individuo al di sopra di se stesso e sistemarlo nel ruolo a lui più adatto in modo da mantenere l’ordine, caratteristica di una società che funziona.

Azioni in funzione di regole—regole assicurano stabilità—stabilità necessaria perché senza non c’è progresso;

Le regole assicurano quindi un ordine e la formazione di buone abitudini e la disciplina assicura la maturazione dell’attaccamento ai gruppi sociali (lealtà) e l’autonomia nella volontà.

La scuola riveste quindi un ruolo importante per questo processo educativo perché da un lato esprime i bisogni sociali e dall’altro è luogo privilegiato per la formazione dell’individuo con conseguente integrazione nella struttura sociale.

Le regole sociali non puntano ad emancipare l’individuo quanto a modellarne la personalità e quindi Durkheim è più orientato sulla teoria di Comte rispetto ad idee sovraindividuiali che guidano la modernizzazione sociale rispetto alla teoria di Spencer che ne permette l’autodeterminazione.

Il francese da importanza cruciale nella figura dello Stato in quanto garante del rispetto e della protezione dei principi fondativi che la società liberale esprimeva: rispetto della ragione, della scienza e del suo valore progressista, delle idee e dei sentimenti nazionali.

 

5. La scuola nella società borghese.

La rivoluzione scolastica nell’ottocento si fonda essenzialmente sulla base dei bisogni borghesi e sulle necessità derivate dalla modernizzazione.

Mentre nel 1600 e 1700 lo stato si poneva in una posizione esterna alla gestione ed all’aspetto sociale della scuola (se pur vista con interesse) nel 1800 si verificò una mutazione importante.

La scuola, nel diciassettesimo-diciottesimo secolo, veniva intesa come affare privato o delle comunità locali e chi la frequentava lo faceva a proprie spese (scuola privata).

Lo stato interveniva solamente nelle scuole a carattere militare.

Vi era una sola scuola per eccellenza, il collegio, che preparava i frequentanti più benestanti all’università oppure all’esercizio di professioni minori mentre tutte le altre forme scolastiche erano scollegate dal collegio.(Collegio=studi linguistici;Scuole di carità=lingua volgare, limitata alla capacità di leggere ed all’insegnamento del catechismo).

A partire dall’ottocento gli stati agirono sempre più direttamente nelle riforme fino ad arrivare all’obbligo di istruzione. Da scuola privata si passò sempre più generalmente a scuola statale con un cambiamento della fisionomia stessa dell’istituto scolastico elementare, finalizzandosi alla preparazione sia di chi intendeva continuare gli studi, sia di chi intendeva frequentare per pochi anni. L’obbligo di istruzione era orientato secondo i criteri e le caratteristiche della modernizzazione.

Le ragioni per cui vi fu questa generalizzazione della scuola ed il rilevante incremento della scuola secondaria furono molteplici ed essenzialmente giustificate nel periodo positivistico: il forte dinamismo della civiltà moderna, l’estendersi dei mercati de della cultura scritta, la modernizzazione degli stili di vita che in genere si ispirarono alle consuetudini borghesi, maggior peso politico della borghesia, necessità di trasmissione ed interiorizzazione dei valori che la borghesia esprimeva.

L’interesse della borghesia si volse soprattutto verso la scuola secondaria, l’ambiente preparatorio per la classe dirigente.

Si introdussero nelle scuole nuove discipline collegate ai cambiamenti culturali: ginnastica ed igiene.

 

6. Pedagogia e Psicologia sperimentale: l’esperienza tedesca.

Il nuovo modello di pedagogia ebbe influenze importanti dallo studio della psicologia sperimentale che si identificano, come punto di avvio, nell’esperienza tedesca.

Il laboratorio di psicologia sperimentale di Wilhelm Wundt, fondato nel 1879 a Lipsia, coltivò interessi che concorsero in modo importante alla creazione della psicologia scientifica ed allo studio del funzionamento di alcuni aspetti della psiche umana.

Fechner-Weber=legge matematica stimoli –sensazioni.

Helmholtz=organi sensoriali non solo registratori ma anche elaboratori che codificano, interpretano, ordinano elaborano, valutano.

Gli studi di Wundt furono centrati sullo studio dei dati delle esperienze e dei processi mentali attraverso cui vengono fatti propri.

La scoperta del funzionamento della psiche umana diventa importante per l’educazione, assieme all’etica come base per la condotta umana.

Herbart=l’educazione doveva avere due saperi:psicologia ed etica.La prima per identificare quali processi mentali e come si verifica l’apprendimento, la seconda dava le norme di condotta morale e di comportamento nella società.

 

7. Il movimento per lo studio del bambino: Granville Stanley Hall

Granville Stanley Hall, uno psicologo americano, studiò nel laboratorio tedesco di Wundt dove ebbe la possibilità di apprendere i concetti di psicologia sperimentale. In America fondò un laboratorio analogo a Baltimora con la differenza però che i suoi interessi si orientarono sullo studio della psicologia del bambino. Introdusse quindi concetti tanto semplici quanto innovativi che ebbero ripercussioni in tutto il mondo: l’educazione avrebbe avuto tanta efficacia quanto si fosse meglio conosciuto il funzionamento della psiche infantile.

I suoi metodi furono per quel tempo d’avanguardia, usando questionari, temi specifici, ricordi di adulti, esperienze di bambini.(osservazione incrociata).

Se pur possibile criticare i metodi ed alcune sue teorie come la teoria della ricapitolazione(nel corso dello sviluppo l’individuo ripercorre l’esperienza dell’evoluzione umana), il più grande apporto dello psicologo americano fu quello di aver aperto nuove vie per la conoscenza della mente infantile e di aver riportato in campo l’insegnamento di Rosseau secondo il quale l’educatore deve partire dalla conoscenza del fanciullo.

Grazie a Granville Stanley Hall si istituì una nuova pedagogia ispirata al principio evoluzionistico: da un lato le ricerche sperimentali sulla psicologia dell’età evolutiva fornivano le basi per l’educazione, dall’altro, sulla base di criteri scientifici verificabili, l’educazione così introdotta formava l’individuo secondo leggi evolutive naturali, senza quindi forzare la natura stessa dell’uomo.

8. La scala Metrica dell’intelligenza di Binet e Simon.

Un altro psicologo americano di nome James MC Kenn Cattel introdusse l’uso di una tecnica entrata poi in uso corrente e cioè i test mentali. Inizialmente il suo scopo era quello di determinare quali dati si raccoglievano, in merito a vari aspetti della vita psico-fisica dell’uomo, che potessero essere standardizzati. Ma mentre nei fenomeni fisici e chimici la cosa era possibile, così non fu per gli aspetti psichici;si rese  necessario somministrare i test mentali ad un vasto numero di elementi ricavando quindi un orientamento statistico di risultati. Sulla base dei risultati ottenuti si potevano formulare ipotesi relative a comportamenti educativi e cognitivi. Questi studi aprirono la strada alla loro applicazione nell’età evolutiva. Nel 1905 gli psicologi francesi Binet e Simon pubblicarono una serie di articoli con i quali spiegavano la loro “scala metrica di intelligenza” poi universalmente accettata.

Binet e Simon somministrarono un determinato numero di prove di difficoltà crescente in ambienti scolastici, avvalendosi dei dati raccolti da studi analoghi somministrati ad adulti istruiti, ospedali , materne, diversamente abili sul paiano fisico e cognitivo. Ricavarono la loro scala metrica riuscendo a stabilire se il soggetto fosse conforme o meno alla sua età cronologica. Introdussero quindi il concetto di età mentale.

Louis William Stern, nel 1912, mise a punto il quoziente d’intelligenza nato dal rapporto tra eta mentale e cronologica.

Gli studi di Binet chiarirono le differenze tra intelligenza dell’adulto e del bambino: di ordine quantitativo(esperienze, numero di vocaboli) e qualitativo(nel bambino la comprensione è di tipo sensoriale e superficiale).

 

9. Gli apporti della medicina e l’educazione degli anormali.

I medici, in questo periodo ti profonde trasformazioni si fecero”scienziati” per assicurare alla medicina più credibilità e scienza, libera da pregiudizi metafisici ed incentrata su aspetti biologici-fisici-psichici.

Claude Bernard, fisiologo francese, percorse questa strada e la sua riflessione fu importante nella cultura europea. Secondo Bernard, anche nella medicina, diagnosi, prognosi e terapia dovevano essere considerate come ipotesi da verificare sulla base dei dati ottenuti dallo studio delle loro conseguenze per accertarsi se corrispondevano oppure no nei fatti.

Secondo Bernard, scienza dello spirito e scienza della natura non dovevano essere considerate come relative a due diversi ordini di verità, ma vi era solo una ed identica verità alla quale entrambe dovevano sottostarre, risultato di un intreccio ed accordo tra tutte le scienze e spettava alla fisiologia fare da legame tra scienze spirituali e scienze naturali, tra psiche e fenomeni concreti.

Il medico assunse il ruolo di “Educatore Popolare”.

Anche la scienza medica contribuì al processo di normalizzazione che la società borghese perseguiva con insistenza. In due campi i medici furono protagonisti: nell’igene-educazione fisica e nell’educazione degli anormali.

L’igiene e l’educazione fisica intese per uno sviluppo del corpo non solo come strumento ma anche come un bene necessario in una società più sana, più prospera, più produttiva, più forte sul piano bellico.

I medici tra i più noti in italia, che seguirono l’impegno igenico e fisico suddetto furono Paolo Mantegazza, Angelo Mosso, Angelo Celli (tutti vissuti tra la seconda metà del 1800 circa ed il primo decennio del 1900).

La strada che portò la medicina alla pedagogia speciale fu inaugurata dal medico francese Edouard Séguin.

Accortosi che i medici a quel tempo si limitavano a diagnosticare lo stato di disabilità mentale senza pensare a come curare quella patologia, Séguin cercò di approfondire, sul piano fisiologico, le caratteristiche delle diverse anomalie psichice.

Già Gaspard Itard tentò di pensare ad un modo per determinare un educazione per i diversamente abili ma si limitò ad una riabilitazione sensoriale.

Séguin, ispirato dall’Itard, continuò lo studio ma se l’educazione sensoriale era indispensabile per l’acquisizione dei dati percettivi, lo scopo dell’educazione nel portatore di handicap mentale non poteva essere diverso da quello del normodotato anche se con percorsi e strumenti più adatti.

Tre figure mediche diverse in paesi diversi ma nello stesso periodo storico confermano la tendenza di approfondire la conoscenza nell’educazione del diversamente abile, del trasferimento di sistemi ed approccio sperimentale dall’handicappato mentale al normodotato, della ricerca di maggior competenza e professionalità nella figura dell’insegnante.

Maria Montessori—nel 1907 “casa dei bambini” montessoriana, Ovide Decroly, Edouard Claparède.

L’apporto di questi medici pedagogisti contribuì ad imprimere alla pedagogia una fisionomia più scientifica e sperimentale, consentì una più specifica conoscenza dell’infanzia, delle dinamiche di apprendimento e dei metodi più efficaci per raggiungere successo scolastico.

 

10. Il rispetto per l’infanzia.

Il passaggio tra un secolo e l’altro fu caratterizzato da un consolidarsi ed un generalizzarsi di una concezione più moderna di infanzia e nel corso dell’ottocento si definiscono e si materializzano progressivamente sempre più spazi, oggetti ed iniziative a misura del bambino

Non esisteva però un'unica tipologia d’infanzia perché la stessa dipendeva dal ceto sociale in cui si trovava.

Si parla quindi di infanzia borghese, più controllata e protetta, dove iniziava, all’interno di questa famiglia, un processo di socializzazione/educazione attento alle regole, al rispetto delle forme, all’obbedienza ed al conformismo sociale proprio della borghesia.

Su un piano diverso si sviluppava l’infanzia dei ceti popolari o contadini, caratterizzata dal lavoro precoce, veloce adultizzazione, poco o nulla alfabetizzata e con un decoro ed immagine esteriore minima se non inesistente.

Questo disordine era visto come motivo di instabilità sociale e la società borghese si sforzò di riportare i modelli di educazione familiare e scolastica anche alle diverse infanzie per omogenizzare i modi di vivere e sentire dei ragazzi provenienti da diversi ceti sociali.

Negli ultimi decenni dell’ottocento, le premure e le attenzioni verso i fanciulli accrebbero notevolmente.

E mentre l’idea di purezza che scaturiva nel descrivere i fanciulli si accompagnava all’idea intellettuale europea e nord americana (che celebrava la bontà della natura del bambino attivo, la convinzione di aver scoperto la chiave della buona educazione), Sigmund Freud scompagina un po tutto, scoprendo la natura “perversa” del bambino o meglio indicando come propriamente infantili tutte le inclinazioni alla perversione.

11. Il positivismo in Italia tra dogmatismo e ricerca critica.

Il Positivismo in Italia non manifestò aspetti di particolare originalità perché crebbe in funzione delle esperienze francesi, tedesche ed anglosassoni.

Nel 1864, Filippo De Filippi, docente nell’Ateneo della città di Torino, tenne una lezione pubblica su “l’uomo e la scimmia” di Darwin e qualcuno segna, da quel momento, iniziata l’era del positivismo italiano.

Tra il 1875 ed il 1890 si produsse, anche da noi, un orientamento verso la modernità attraverso un insieme di idee naturalistico/evoluzionistica.

Tuttavia, alcuni aspetti propri dell’Italia rallentarono il progresso del positivismo, come per esempio la mancanza dello sviluppo industriale del retroterra ed il prevalere di un positivismo dogmatico (cioè centrato sul definire l’uomo fenomeno della natura senza ricercare le dinamiche che lo caratterizzano).

Norberto Bobbio scrisse nel suo Profilo ideologico del Novecento italiano  che in Italia ci fu più positivismo che positività nel senso che lo sforzo era più quello di far trionfare un idea piuttosto che trovare un metodo scientifico critico e questa osservazione si può applicare anche all’analisi dell’educazione italiana.

Nella Pedagogia Italiana gli apporti più significativi furono quelli di Roberto Ardigò, de Francesco Saverio De Dominicis.

Ardigò analizzò il problema etico e della morale definendole pertanto, come unico criterio, la socevolezza e quindi la regola pedagogica fondamentale dell’Ardigò: l’educazione è formazione di abitudini utili a se ed alla società. Questo per essere quindi accolti nella società, dopo che formati, rispettando e mantenendo un buon livello d’ordine. Secondo il filosofo italiano lo stato doveva rendersi impegnato in campo educativo promovendo la diffusione delle “abitudini positive” ed eliminando qualsiasi forma di insegnamento religioso perché legato a vecchie mentalità metafisiche.

Il De Dominicis affermava che la pedagogia e la didattica dovevano dipendere dall’adeguamento delle leggi scientifiche della biologia e della sociologia, insegnando ed educando in funzione dei requisiti oggettivi (struttura delle materie, età evolutiva degli allievi, sequenza graduata di esercizi,ecc).

Accanto a questo naturalismo Dogmatico si verifico anche un’altra linea di pensiero e di sviluppo del positivismo italiano che considerava la scienza più come strumento empirico piuttosto che come ideologia dogmatica.

La scienza non come garanzia di certezza ma come procedimento conoscitivo, come controllo delle procedure. Secondo questa linea di pensiero, Aristide Gabelli scriveva che “il buon metodo è basato sull’osservazione e sull’esperienza.

Del Gabelli rimarrà l’importanza che lui attribuiva al metodo ed alla capacità della scuola di formare teste, cioè persone in grado di vivere a proprio giudizio ed analisi e metodo inteso come insieme di strategie per far maturare negli allievi una personalità solida e consapevole.

 

 

 

Fonte: http://www.riassuntisdf.altervista.org/?page_id=338

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