Psicologia delle differenze individuali

 

 

 

Psicologia delle differenze individuali

 

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PSICOLOGIA DELLE DIFFERENZE INDIVIDUALI
Le differenze sessuali hanno molto peso nella vita di un individuo: spesso, in diverse culture, il sesso incide molto nella vita di una persona à x tale motivo, tra il 1969 e il 1993, furono pubblicati quasi 40.000 articoli al riguardo.
Le stime psicometriche affermano ke, sebbene maschi e femmine siano fisicamente e psicologicamente diversi, hanno abilità cognitive uguali (intelligenza, abilità linguistiche, pensieri ed emozioni: se guardati nel complesso sono praticamente uguali). Nota inoltre ke sebbene gli studi cerchino delle differenze tra i sessi, nn fanno qst x minarne l’uguaglianza (à l’uguaglianza è infatti un principio morale).
Nel discorso sulle differenze sessuali si parla sempre di valori medi e non di singoli individui (è dunque normale se nn tutti vi rientrano, xke è una media).
Riportando graficamente le medie delle abilità cognitive x maschi e femmine, emerge una curva Gaussiana (fig 1):

  • Maschi: non sono compatti al centro: qst significa ke in media possono avere prestazioni terribili (coda sin) oppure eccellere (coda dx)
  • Femmine: sono più compatte al centro e dunque, nella media, hanno prestazioni medio-alte.

In ogni caso, va fatto presente ke sebbene le differenze sessuali siano radicate biologicamente, il contesto sociale ed i percorsi educativi sono fattori critici su cui basarsi x cogliere in pieno esse, in quanto danno un forte contributo.
Vi furono numerosi dibattiti sulla legittimità degli studi sulle differenze individuali: in particolare, la posizione femminista riteneva tali ricerche come sessiste, poiché ritenevano nn vi fosse nessuna differenza da cercare. L’altra posizione di tale discussione vedeva invece le componenti biologiche e sociali variare in funzione del sesso; da qui, fu necessaria la distinzione fra 2 termini:

  • Sex: distinzione m/f in base alle caratteristiche biologiche/genetiche dell’individuo (= la natura)
  • Gender: distinzione in m/f in base alle caratteristiche socio-culturali (ossia la classificazione in base all’apparenza e/o al comportamento à nota ke qst cose son determinate culturalmente). Nota inoltre ke il genere è un costrutto sociale, in quanto condiziona come dovrebbe essere un maschio o una femmina (basta vedere i giochi x bimbi à cucine x femmine, cacciaviti x maschi..)

La differenza tra sex e gender nn è insita solo nei termini, ma comprende anke diversità ke compaiono sul piano biologico, genetico, culturale e sociale.
Hoff Summers distingue poi 2 tipi di femministe:

  • Femminismo dell’Equità: sono interessate solamente ke vi sia una parità del trattamento (ma nn prendono posizione riguardo alle questioni empiriche aperte in ambito psicologico/biologico)
  • Femminismo del genere: si occupano anke delle controversie nei vari ambiti, osservando le differenze tra maschi e femmine poste nelle ricerche e, più in genere, nella società (ritengono infatti ke le differenze siano attribuibili solo a cause sociali xke è da esse ke sono sfociate)

Women Studies: Negli anni ’70 vi fu una dura critica da parte delle femministe: esse volevano l’emancipazione femminile in ogni ambito; spesso xo, nelle ricerche, venivano considerati solo gli uomini: i riferimenti erano incentrati sui maschi e le donne servivano solo x completare la prospettiva e avere così la parte mancante del quadro.
Esistono 3 tipi di approcci nell’interpretazione del sesso:
1. Prospettiva Sociologica: x la Busoni il Genere precede il Sesso: come il sesso viene determinato nn è la natura a dirlo, ma la società (es popolazione artica: sono le donne ad occupare le posizioni di maggiori prestigio, ke nelle altre culture sono invece occupate dagli uomini).
2. Sociobiologia: in tale approccio, il Sesso precede il genere. È un riduzionismo, xke ritiene ke tutto sia riconducibile a geni e ormoni in quanto sono loro a controllare i diversi aspetti (sesso come un risultato prevalentemente biologico: es maschi più infedeli a causa di un gene egoista, sorto x garantire la riproduzione della specie -accoppiandosi con più donne vi è infatti una maggiore possibilità di riprodurre la prole).
3. Psicologia Evolutiva: essa è sostenuta da Pinker, ke si rifà così ai principi evoluzionistici x spiegare il comportamento umano e animale; egli sostiene ke vi siano dei caratteri universali, geneticamente determinati, ke aumentano la probabilità della sopravvivenza della specieà le differenze sessuali nn sono quindi riconducibili ad arbitrarie costruzioni sociali, ma attribuibili soprattutto a differenze anatomiche (vs femministe del genere):

  • Lavoro: in tutte le culture e le società, il lavoro è suddiviso in base al sesso
  • Differenze psicofisiche: le differenze psicologiche sono spesso imputabili a differenze fisiche: siccome l’uomo è più forte fisicamente della donna, si avrà anke una diversità nella psiche
  • Mammiferi: differenze sessuali sono visibili anke tra i mammiferi

Il cervello differisce dunque a livello anatomico, e la socializzazione nn può influire su di esso.
Esiste inoltre un rapporto tra testosterone e comportamenti/abilità cognitive: nelle donne infatti, i punti di forza/debolezza coincidono col periodo del ciclo in cui ci si trova.
Desiderio Sessuale e Attrazione: in generale negli animali e nell’uomo, una simmetria nel viso e nel corpo creano una maggiore attrazione rispetto a individui più “asimmetrici”; nota inoltre ke si ritiene ke l’attrazione sia dovuta a variabili genetiche e biologiche. X quanto riguarda invece il desiderio sessuale invece:

  • Femmine: dipende dal ciclo mestruale e dunque da fluttuazioni ormonali mensili
  • Maschi: dipende dalle fluttuazioni ormonali legati alle stagioni (à hanno migliore attivazione psicofisica in certe stagioni piuttosto ke in altre)

Cambiamento di Sesso in età neonatale: il caso di un’operazione neonatale x cambiare il sesso riguarda il caso di John/Joan, un bimbo a cui fu asportato x errore il pene: fu quindi deciso ke x nn farlo crescere con problemi, venisse sostituito qst con organi genitali femminili. Tuttavia con la crescita, la sua identità maschile e la sua attrazione sessuale x le donne tornò a manifestarsi. Da qui, la conclusione ke il sesso nn sia una variabile determinabile solo socialmente.
X quanto concerne le differenti capacità nei 2 sessi, sono state avanzate diverse teorie da parte della psicologia evolutiva:

  1. Differenze tra Specie Monogame e Poligame: tali studi vennero fatti su topi di specie monogame e poligame. Le specie poligame hanno una maggior necessità di spostamento x trovare un compagno e, x tale motivo, hanno maggiori abilità visuo-spaziali (a differenza delle femmine ke, essendo monogame, nn avevano necessità di orientarsi).
    CRITICHE: il paragone uomo-topo è probabilmente nn valido
  2. Ipotesi Cacciatore-Raccoglitrice: nelle società primitive gli uomini cacciavano e le donne raccoglievano; i maschi quindi, dovendo percorrere territori più vasti, necessitavano di maggiori abilità visuo-spaziali; le donne invece, dovendo ricordare dov’erano le piante commestibili, necessitavano di capacità mnemoniche più sviluppate.
    CRITICHE: le donne talvolta partecipavano alla caccia; tessere le ceste inoltre richiede e migliora le abilità visuo-spaziali
  3. Abilità Biologiche Cognitive Primarie e Secondarie: le abilità primarie sono determinate dalla pressione evolutiva, e quindi ritrovabili in ogni cultura (x es l’acquisizione del linguaggio: è automatica).
    Le Secondarie si trovano invece nelle società complesse, in quanto accessorie (es derivate/integrali à solo x elevati gradi di istruzione, ma nn sono fondamentali x vivere).
    Nota ke le abilità primarie vengono utilizzate x acquisire le abilità secondarie (le prime sono le fondamenta su cui sviluppare le seconde). X comprendere adeguatamente le differenze sessuali bisogna dunque verificare se queste appartengono alle abilità primarie (dovute quindi a pressioni evolutive/biologiche) o a quelle secondarie (fattori culturali).
    CRITICHE: sebbene sia sicuramente vero ke alcune caratteristiche umane furono selezionate su base evolutiva, è piuttosto azzardato spiegare le differenze sessuali su tale ipotesi evoluzionista.

Approccio Psico-Bio-Sociale: offre una prospettiva diversa rispetto alla precedente  dicotomia natura/cultura e critica oltretutto qst’ultima: alcune variabili sono sia biologiche ke sociali, xcio nn rientrano in tale distinzione (es apprendimento: biologia ed esperienza concorrono entrambe x tale processo e nn sono opposte).
Una tra le maggiori esponenti in qst ambito è la Holpern: ella ritiene ke le differenze sessuali in ambito cognitivo siano il risultato di:

  • Contesto Sociale
  • Vissuto Personale
  • 3 Sistemi Biologici Interrelati (corredo cromosomico, concentrazione ormonale, struttura e organizzazione cerebrale)

DIFFERENZE SESSUALI NELLA STORIA

  • ‘600: si pensava esistesse un unico sesso (concezione ellenica) à se alla nascita si possedeva più colore, il neonato sarebbe stato maschio; se invece il colore risultava disperso, si avrebbe avuta una femmina
  • ‘700: si riteneva ke la differenza sessuale coincidesse con una differenza di specie; la ricerca scientifica in particolare, era esclusivamente rivolta ai maschi (forte antifemminismo generale).
  • ‘800: con la Rivoluzione Industriale la forza divenne meno necessaria à quindi superiorità maschile minacciata. X preservare questa, si cominciarono le ricerche frenologiche, le quali ricercavano le differenze nella fisiologia cerebrale à si sosteneva ke la donna era meno intelligente dal momento ke ha la testa più piccola.
    Inoltre, un altro criterio x sostenere la superiorità cerebrale maschile era la variabilità, ossia il fatto ke i maschi avessero una maggiore variazione nelle prestazioni à hanno risultati pessimi/eccellenti, a differenza delle femmine ke hanno invece prestazioni nella media (tuttavia furono mosse diverse critiche alla maggiore variabilità maschile: infatti, le tecniche impiegate x la valutazione del QI favorivano perlopiù abilità maschili, mentre occorrerebbe invece un bilanciamento nei test, pareggiando le abilità visuo-spaziali e quelle verbali. Le risposte potevano inoltre derivare da esperienze pregresse, migliori posizioni sociali..)
  • 1850: Walker riteneva i maschi come dotati di un’intelligenza maggiore poiché le femmine hanno un lobo frontale meno sviluppato ed un tessuto più leggero
  • 1861: Broca ipotizzava le donne come più ignoranti x via del minor volume cerebrale
  • 1879: Le Bon paragona il cervello femminile a quello dei gorilla e le ritiene dunque come l’espressione più bassa della razza umana

Tuttavia la frenologia venne criticata: gli elefanti hanno infatti il cervello molto più grande rispetto all’uomo, x cui dovrebbero essere più intelligenti. Si attribuisce quindi l’intelligenza al numero di circonvoluzioni ma le pecore ne posseggono di più.
Infine, si giunse alla conclusione ke il cervello femminile, sebbene più piccolo, fosse efficiente quanto quello maschile.
Oggi c’è una forte correlazione tra morfologia del sesso biologico e identità sessuale sociale (e dove nn c’è, la si crea à es John/Joan). Nella civiltà occidentale vi è quindi un forte radicamento dei sessi in quanto il sesso biologico va fatto coincidere con quello sociale; infatti, essere biologicamente maschi o femmine, inciderà sulla collocazione sociale.
Tuttavia, va ricordato ke nn esiste un confine netto tra i sessi, xke anke se biologicamente siamo disposti in un certo modo (anke se possiedo gli ormoni adeguati), la cultura e la società hanno una forte influenza sullo sviluppo sessuale di una persona.
COMPONENTI GENETICHE
Si ritiene ke il modello possa essere: Geni à Ormoni à Struttura e funzionamento cerebrale à Comportamento
Il sesso biologico comprende quindi 2 livelli ke si distinguono in:

  • Genotipo: qst è il sesso biologico, ke viene caratterizzato dai geni (XX x la femmina, XY x il maschio)
  • Fenotipo: sono le caratteristiche esterne, risultanti dall’azione dei geni e dell’ambiente; generalmente si distingue tra:
    • Sesso genitale: quello legato all’apparenza (x via dei relativi genitali)
    • Sesso Gonadico: quello ke si sviluppa effettivamente

Nota ke questi 2 sessi nn sempre coincidono: può infatti accadere ke il corredo cromosomico nn corrisponda all’effettivo aspetto (es sindrome di Turner à sono donne ma con caratteristiche sessuali femminili nn del tutto sviluppate)
Processo di differenziazione Sessuale: durante la gestazione avvengono tappe importanti

  • 6° settimana: in questo periodo, il gene SRY determina la trasformazione delle gonadi in testicoli à in tal modo si vengono a produrre ormoni maschili
  • 7° settimana: i primi neuroni completi iniziano a formare il cervello à esso è da subito condizionato dagli ormoni poiché ha recettori adibiti a ciò
  • 9°/10° settimana: cominciano a svilupparsi i genitali esterni
  • 12° settimana: se entro tale periodo nn si ha una quantità sufficiente di ormoni maschili, si formano le ovaie

ORMONI
Vediamo ora gli ormoni sessuali: quelli prevalentemente  maschili sono gli androgeni, mentre quelli prevalentemente femminili sono gli estrogeni ed il progesterone (nota tuttavia ke sono tutti presenti sia in maschi ke in femmine, sebbene in quantità diverse e in periodi diversi):

  • Androgeni: ormoni ke determinano lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari maschili (ha effetti virilizzanti). Tra essi, il principale è il testosterone. Anke nella donna vi è una certa produzione di androgeni  (minore rispetto agli uomini), ma questi hanno perlopiù funzione di regolazione degli estrogeni, permettendo un adeguato equilibrio. Essi hanno inoltre effetti permanenti sul cervello.
  • Testosterone: un ormone maschile ke nel cervello agisce sotto forma di Estradiolo (forma “femminile”); sullo sviluppo dei genitali invece agisce sotto forma di ormone DHT.
  • Estrogeni: Ormoni ke determinano lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari femminili (es timbro vocale, altezza, peso) e la regolazione del ciclo mestruale. Tra i più noti si ricorda l'estradiolo. Questi ormoni sono presenti sia nei maschi sia nelle femmine, ma nei maschi sono prodotti in quantità minori. Nell'uomo il livello di estrogeni nel sangue rimane costante mentre nella donna varia a seconda della fase del ciclo mestruale.
  • Progesterone: ormone femminile ke si sviluppa nella seconda metà del ciclo mestruale (il livello aumenta durante la seconda metà, ma se l’uovo nn viene fecondato la sua produzione cessa); consente lo sviluppo del latte nelle mammelle dopo il parto ed una adeguata preparazione mucosa della membrana uterina x accogliere l’uovo fecondato.

Nota ke tutti gli ormoni sessuali sono presenti sia nei maschi ke nelle femmine, ma in quantità diverse à tali concentrazioni diverse dipendono soprattutto dal periodo. Le quantità è misurabile dal sangue, dall’urina e dalla saliva, ma in tal modo nn è xo possibile individuare le fluttuazioni (ke son sempre presenti nel corso della giornata, della stagione..). A parità di concentrazione ormonale, ciò ke decide è il numero di recettori attivi nel cervello (infatti se numero di recettori è maggiore, l’influenza degli ormoni è maggiore).
Va cmq precisato ke nel cervello il numero di recettori è uguale x tutti, sia x maschi ke x femmine. Esistono xo ovviamente delle differenze individuali, ke sono tuttavia indipendenti dal sesso:

  • Numero: il totale dei recettori ormonali cambia nelle varie parti del cervello e da persona a persona
  • Sensibilità: i recettori possono avere sensibilità diverse
  • Legami: i recettori possono legarsi col testosterone rendendolo inattivo (ne cambia la conformazione e l’efficacia sinaptica, cosa ke influisce sulla funzionalità cognitiva e sul comportamento)

Ipotalamo: Nel cervello, la parte deputata a rilevare le concentrazioni ormonali (e pertanto estremamente sensibile ai cambiamenti), è l’ipotalamo.
L’ipotalamo produce l’ormone GnRH , il quale viene trasmesso ai testicoli/ovaie, le quali a loro volta stimolano la produzione di altri ormoni (LH, FSH) nell’ipofisi. Questa a sua volta influenza ulteriormente i genitali creando in tal modo un circuito (Ipotalamo: GnRH à Tesitcoli/Ovaie: LH, FSH à Ipofisi à Testicoli/Ovaie).
Nota ke gli ormoni partono tutti dalla forma del testosterone (maggiore nei maschi) ke xo agisce nel cervello sotto forma di estradiolo (maggiore nelle femmine), il quale determina i tratti comportamentali.
DHT: è un ormone ke determina lo sviluppo dei genitali esterni maschili (quindi se manca gli individui nn potranno cambiare nella pubertà il fenotipo) ma è poco importante x la differenziazione sessuale del cervello.
STUDI E RICERCHE
Esistono 3 momenti dello sviluppo dove la quantità di testosterone è critica, in quanto il cervello è più sensibile ai cambiamenti ormonali:

  1. Periodo Prenatale: tra le 8/24 settimane di gestazione; il testosterone è infatti presente nel liquido amniotico e agisce già in tale periodo dello sviluppo sul cervello, influenzando così le future prestazioni in compiti spaziali.
    Va ricordato poi ke soprattutto in questo periodo la concentrazione ormonale è estremamente importante, in quanto centrale nella determinazione del sesso del feto (molto testosterone à maschio).
    Inoltre, alcuni studi, hanno notato come un alto livello di testosterone nel periodo prenatale consegua ad una dominanza dell’emisfero destro (a discapito dell’emisfero sinistro ke viene invece rallentato nella crescita neurale)
  2. Periodo Neonatale: primi 6 mesi di vita (à nota ke qst periodo è critico x lo sviluppo delle abilità cognitive dell’individuo)
  3. Pubertà

Si ipotizza inoltre ke le migliori abilità di un sesso o dell’altro in un certo tipo di compito (es x maschi compiti matematici e visuo-spaziali) sia direttamente collegato alla maggiore concentrazione di un ormone piuttosto ke di un altro già da prima della nascita à X verificare ciò si misurò la quantità ormonale nel liquido amniotico tra la 14°/20° settimana di gestazione x poi presentare, all’età di 7 anni, un compito visuo-spaziale (rotazione mentale) ai bambini.
Da tale ricerca sul liquido amniotico emerse un pattern opposto tra maschi e femmine:

  • Femmine: un alto livello di testosterone nel liquido amniotico corrisponde ad una maggiore velocità nella prestazione visuo-spaziale (in quanto maggiore la capacità di rotazione mentale). Le ragazze con meno testosterone  presentavano invece risultati inferiori nel compito.
  • Maschi: quelli con un alta percentuale di testosterone nel liquido amniotico avevano prestazioni peggiori rispetto a quelli con percentuali più basse (ke risultavano migliori).

Un altro studio prenatale riguardava invece il cordone ombelicale: esso sortì tuttavia risultati opposti al precedente (alcuni sostengono ke sia a causa dello stress causato dal parto).

  • Femmine: quelle con alta percentuale testosterone hanno peggiori abilità visuo-spaziali a differenza di quelle con bassi livelli
  • Maschi: nn trovata nessuna correlazione

I risultati contrastanti confermarono quindi il fatto ke nelle ricerche nn esistono verità assolute: i risultati possono essere ambigui e nn unitari.
Vennero poi condotti studi sui gemelli, ke dovrebbero portare a risultati chiarificanti:

  • Gemelli Monozigoti: se vivono nella stessa placenta (cosa ke implica un medesimo ambiente ormonale) si dimostrano essere simili x intelligenza generale e abilità cognitive; se si sviluppano invece in placente separate presentano delle differenze.
    Questi dati suggeriscono ke le concentrazioni ormonali prenatali sono importanti x lo sviluppo cognitivo
  • Gemelli Eterozigoti: confrontate le abilità cognitive di gemelli di sesso uguale e di sesso diverso:
    • Femmina + femmina: esposte ad un basso livello di androgeni
    • Femmina + maschio: esposti a livelli di androgeni maggiori à le femmine con gemelli maschi hanno migliori prestazioni nei compiti visuo-spaziali (poiché esposta agli ormoni dell’altro sesso)

Quindi gli studi sui gemelli EZ confermano lo studio sul liquido amniotico (à sovraesposizione prenatale di testosterone determina maggiori abilità visuo-spaziali) anke se in teoria qst potrebbe essere dovuto a variabili nn considerate (come la società, i giochi, i genitori..)
Sovraesposizione al Testosterone in fase Prenatale dovuto al CAH: vennero studiati casi in cui erano presenti concentrazioni ormonali anomali a causa di patologie; un es è il CAH, un disturbo genetico ke porta alla sovrapproduzione di testosterone dal 3° mese di gravidanza:

  • Le femmine: con CAH avevano migliori abilità visuo-spaziali, utilizzavano e facevano perlopiù giochi maschili, erano più aggressive e socializzavano meglio coi maschietti (inoltre nel futuro ebbero mediamente più esperienze omosessuali e bisessuali)
  • I maschi: nn furono influenzate le abilità cognitive nonostante il CAH (à si ipotizzava ipermascolinità)

Concentrazioni Ormonali Anormali a causa dell’assunzione di DES: il DES è un estrogeno sintetico ke venne ritenuto, negli anni ’50, in grado di prevenire l’aborto. Tuttavia in seguito si scoprì ke era cancerogeno. Studiandone gli effetti sugli animali emerse ke:

  • Sulle Femmine: ha un effetto mascolinizzante (mentre x le donne umane l’esposizione al DES coincideva con una maggiore tendenza all’omosessualità/bisessualità).
  • Sui Maschi: nn ha alcun effetto
  • Madri umane ke assunsero il DES: si pensava ke il nascituro avrebbe avuto migliori prestazioni in compiti maschili, ma nn emerse alcuna differenza (anke nel caso di 2 sorelle, in cui la prima nn fu esposta al DES ma l’altra si)
    Inoltre la sovraesposizione agli estrogeni nn femminilizzò nemmeno le prestazioni maschili

Ricerche sulla Sindrome di CAIS: essa comportava un’insensibilità agli androgeni dovuto al mal funzionamento dei recettori (à la produzione di ormoni è normale ma i recettori nn riescono a recepirli).
A causa di qst, individui ke geneticamente sarebbero dovuti risultare maschi, svilupparono genitali femminili e crebbero come femmine, con conseguenti migliori abilità verbali e peggiori abilità visuo-spaziali rispetto ai maschi (à tuttavia va ricordato ke qst dipende anke dal tipo di ormoni, di educazione e di esperienze vissute).
Sindrome di Turner: gli individui colpiti sono classificabili come 45 X.
Le donne presentano ovaie sottosviluppate, bassi livelli di ormoni (hanno quantità limitate di androgeni; mancano estrogeni e progesterone) e prestazioni variabili in quanto ad essere ridotti nn sono solo gli estrogeni, ma anke gli androgeni (spesso hanno abilità spaziali/matematiche inferiori alle donne normali e vanno peggio anke nei compiti in cui solitamente le donne eccellono). Esiste inoltre un importante contributo dei fattori ambientali/sociali: essendo infatti donne poco sviluppate, provano a sembrare più femminili, danneggiando e riducendo xo così le abilità maschili.
Ciclo Mestruale e Abilità Cognitive: alcuni studi hanno trovato come, a seconda della fase del ciclo mestruale, nelle donne si riscontra una relativa influenza x quanto riguarda le abilità cognitive. Le donne hanno una quantità di:

  • Estrogeni: da 3 a 50 volte maggiori rispetto agli uomini
  • Progesterone: da uguale a 17 volte maggiore rispetto agli uomini (ma durante il mattino e l’autunno è maggiore negli uomini)

Tuttavia durante il ciclo mestruale, gli estrogeni ed il progesterone diminuiscono, influenzando così le abilità cognitive: si svilupperanno infatti migliori prestazioni nell’orientamento e nei compiti spaziali (à ke solitamente sono prevalentemente maschili) a discapito delle abilità verbali (ke sono femminili)
Invece, a metà del ciclo (ovulazione), si ha un aumento di estrogeni e di progesterone, determinando una maggiore fluenza verbale (es dire tutte le parole con la p ke ti vengono in mente), una migliore destrezza manuale fine (compito in cui eccellono le donne) ma peggiori prestazioni nei compiti visuo-spaziali.
Tuttavia va fatto presente ke nn tutte le ricerche hanno dato risultati unitari: sebbene alcuni studi abbiano trovato una correlazione tra abilità cognitive e livello di estrogeni, altre nn ne hanno invece riscontrato la presenza.
X quanto riguarda gli uomini invece, va fatto presente ke:

  • Alti livelli di testosterone: corrispondono ad un calo di abilitò visuo-spaziali
  • Bassi livelli di testosterone: innalzamento delle abilità visuo-spaziali

TERAPIE ORMONALI IN ETÀ ADULTA
I dosaggi ormonali in età adulta possono influenzare le abilità cognitive (ma in ogni caso le concentrazioni ormonali influenzano costantemente le funzioni cognitive):

  • Donne in Menopausa: il livello di estrogeni si abbassa ma quello di androgeni rimane uguale; le donne assumono pertanto estrogeni x evitare disturbi di vario genere (l’osteoporosi, disturbi cardiaci).
    In seguito al trattamento si avranno poi miglioramenti nelle abilità cognitive in cui sarebbero dominanti gli uomini (rispetto a donne i menopausa ke nn assumono estrogeni):
    • Memoria Visiva a breve termine
    • Percezione Visiva
    • Compiti di Costruzione
  • Uomini anziani: trattamenti finalizzati a migliorare le prestazioni sessuali. I dosaggi di testosterone portano a miglioramenti nelle capacità visuo-spaziali, ma nn hanno effetto sulle altre abilità cognitive (sebbene alcuni studi abbiano rilevato dei miglioramenti nella memoria verbale e nella fluenza verbaleàqst potrebbe esser dovuto alla trasformazione di testosterone in estradiolo).
    I ogni caso, i dati in merito sono troppo pochi, in quanto nn si verificano numerose cure ormonali.
  • Transessuali: x caratterizzare il proprio corpo: si assumono dunque dosaggi ormonali prima dell’operazione x cominciare a modificare il sesso.
    • Maschi à Femmine: i maschi ke vogliono diventare femmine assumono estrogeni. In alcuni studi sono state riscontrate migliori abilità verbali e peggiore rotazione mentale a seguito di qst; tuttavia altri studi nn hanno colto le medesime differenze.
    • Femmine à Maschi: assumono testosterone; anke qui, alcuni studi colgono un incremento in abilità prettamente maschili (migliori nei compiti visuo-spaziali, peggiori nelle abilità verbali), mentre altre nn rilevano qst.

Sebbene i numerosi risultati, va sottolineato ke nn si è ancora giunti a conclusioni certe, poiché la ricerca è piena di numerosi contrasti al suo interno. Tuttavia, è importante ricordare ke l’orientamento sessuale di un individuo è un fattore critico nella determinazione delle sue abilità cognitive.
ORMONI E FUNZIONI COGNITIVE
È stato ampiamente dimostrato ke gli ormoni sessuali esercitano una notevole influenza sul funzionamento cognitivo.
L’Ipotesi di Nyborg (1983): è una tra le ipotesi più influenti riguardo alla relazione tra concentrazione ormonale e prestazione cognitiva. Essa sostiene infatti ke vi sia un livello ottimale di Estradiolo x svolgere al meglio i compiti visuo-spaziali: le donne hanno in media un livello più alto di quello ottimale, mentre gli uomini ce l’hanno più basso.
X il testosterone è invece l’esatto contrario (in eccesso negli uomini, in difetto x le donne). Quindi:

  • Maschi: hanno più TESTOSTERONE del livello ottimale, a differenza delle femmine ke ne hanno invece una quantità minore (rispetto al livello ottimale) à quindi se somministro testosterone ad una donna (risultati cmq nn unitari: alcuni esperimenti nn rilevano ciò) andrà meglio nei compiti maschili xke si avvicina al livello ottimale; se lo somministro all’uomo andrà peggio xke si allontana ulteriormente dal livello ottimale (Testosterone à F---LO---M)
  • Femmine: hanno più ESTRADIOLO del livello ottimale, a differenza dei maschi ke ne hanno una quantità ridotta (rispetto al livello ottimale) à quindi, se somministrato, esercizi svolti inversamente (donne peggio, uomini meglio), x lo stesso motivo di prima: Estradiolo à M---LO---F. Tuttavia risultati nn chiari anke x qst.

    Nota inoltre ke l’estradiolo è presente sia in maschi ke in femmine: è semplicemente il testosterone ke viene trasformato x poter essere utilizzato dal cervello (vedi fig 2 x rappresentazione grafica).
    Esiste inoltre  una corrispondenza già in fase prenatale tra concentrazione di ormoni (testosterone) e capacità cognitive (abilità visuo-spaziali):
  • Femmine: se hanno livelli elevati di testosterone hanno migliori abilità
  • Maschi: più testosterone corrisponde ad una peggiore abilità

ORMONI E COMPORTAMENTO SESSUALE
Nella formazione del comportamento sessuale concorrono 3 elementi:

  1. ORMONI: Se negli animali (ratti) immetto degli ormoni (testosterone) nella regione PreOttica dell’Ipotalamo (à la quale è particolarmente sensibile alla concentrazione ormonale), innesco il comportamento sessuale.
    Dunque, la quantità di testosterone determina l’attività sessuale. Un esperimento a conferma di ciò è stato proprio condotto su ratti castrati: un calo del desiderio sessuale permaneva finché nn venne somministrata loro una piccola quantità di testosterone in prossimità della regione preottica dell’ipotalamo.
    Inoltre, nei ratti femmina, pure l’ovulazione è regolata dagli ormoni (estrogeni e progesterone), sebbene la sessualità sia poi regolata da meccanismi più complessi.
    Nei primati e nell’uomo invece, NN c’è legame diretto tra concentrazione di testosterone e comportamento sessuale: la funzione più importante sembra infatti essere svolta dai centri superiori del cervello (à inoltre, altra grossa influenza sul comportamento sessuale di un individuo, è data dalle relazioni sociali).
    Si può ipotizzare ke vi sia probabilmente qualche sorta di legame tra testosterone e abilità, ma nn vanno cmq tratte conclusioni affrettate.
  2. FATTORI AMBIENTALI: un contributo molto importante è dato anke dai fattori ambientali: nei ratti infatti il testosterone è efficace solo se mediato da tali fattori (à le madri stimolano la zona anale-genitale dei figli; se le madri stimolano la medesima zona ai ratti femmina, queste svilupperanno da grandi  dei comportamenti sessuali maschili e perdendo il ciclo o parte di esso; se invece i ratti venivano castrati da piccoli, venivano leccati meno dalla madre e, come risultato finale, manifestavano infine dei comportamenti sessuali tendenzialmente femminili).
  3. COMPORTAMENTO: un terzo fattore è il comportamento; infatti, la produzione e la recezione di ormoni (negli animali, e forse anke nell’uomo) è dipendente dal comportamento.

Va quindi sottolineata l’importanza dell’interazione multipla tra ormoni, ambiente e comportamento, i quali interagiscono nella determinazione del comportamento sessuale.
DIFFERENZE SESSUALI NELLA MORFOLOGIA E FUNZIONALITA’ CEREBRALE
X confrontare adeguatamente le differenze sessuali va innanzitutto evidenziata la lateralizzazione cerebrale:

  • Emisfero Sin: esso è utilizzato x i processi di pensiero simbolico e analitico (x l’elaborazione sequenziale); inoltre è in grado di categorizzare l’informazione spaziale (relazioni spaziali come sopra/sotto..)
  • Emisfero Dx: elabora le percezioni, l’informazione spaziale ed emotiva (elaborazione analogica)

Si parla di lateralizzazione qnd una funzione appare regolata prevalentemente da uno dei 2 emisferi (à ma qst nn vuol dire ke essa è di esclusiva pertinenza di uno dei due: è solo ke uno è più specializzato rispetto all’altro in certe attività). La specializzazione di un emisfero è definita anke asimmetria funzionale: essa comincia prima della nascita e si completa intorno ai 5-6 anni.
Si ha un diverso grado di lateralizzazione nei 2 sessi: in generale, si può affermare ke i maschi sono più lateralizzati, mentre le femmine hanno invece una minore lateralizzazione.
Il cervello subisce inoltre influenze ambientali: infatti, le strutture neurali cambiano in risposta ad eventi esterni à questa è definita come plasticità: essa è maggiore da giovani, ma le influenze di variabili ambientali esterne sono importanti anke in età avanzate à es pianisti ke hanno un corpo calloso più sviluppato (un es sono i neonati di madri fumatrici: i bimbi risulteranno più piccoli e magri, e avranno un cervello meno sviluppato cui conseguiranno problemi motori e nelle abilità spaziali). La plasticità dunque, sebbene sia sempre possibile, diminuisce con la crescita.
Vediamo ora la morfologia cerebrale:

  • Peso: in media un cervello umano pesa 1350 g (con una differenza di 180 g circa tra maschi e femmine, ma ovviamente cambia a seconda dell’individuo). Alla nascita il peso del cervello maschile è superiore circa del 12% rispetto alle femmine
  • Volume: i maschi hanno il cervello leggermente più esteso delle donne (circa il 2% in più) à tuttavia nn sono le dimensioni del cervello a determinare le abilità cognitive, ma il numero e il tipo di interconnessioni tra neuroni.
    Le femmine quindi, x sopperire alla minor estensione, hanno un flusso sanguigno più rapido durante i compiti cognitivi (meno volume ma maggior efficienza).
  • Corteccia cerebrale: le femmine hanno alcune aree del lobo temporale più estese (tra cui la corteccia uditiva primaria) ed una maggiore densità neurale (à qst sempre a causa del minor volume ma delle medesime funzioni).
  • Ippocampo: è importante x la memoria (soprattutto quella spaziale).Nelle donne regola la produzione di estrogeni, ed è influenzato dalla concentrazione di testosterone. Inoltre, va sottolineato ke la rimozione dell’ippocampo dx declina la memoria visuo-spaziale nelle donne, ma nn negli uomini.
    Nei ratti maschi è inoltre stato rilevato ke chi percorre  maggiori distanze ha un ippocampo maggiore.
  • Ipotalamo: regola il sistema endocrino (= sistema ke elabora e rilascia i composti ormonali) e le emozioni; inoltre, siccome è in comunicazione anke con la corteccia frontale, è probabile ke esso abbia effetti anke sui compiti cognitivi.
    Nelle donne è inoltre in grado di secernere ormoni x la regolazione del mestruo .
    INAH-3: è una parte dell’ipotalamo ke ha dimensioni maggiori nei maschi (à qst emerge soprattutto nella pubertà).
    In particolare, Le Vay, studiando omosessuali, eterosessuali e donne (post mortem) osserva ke le dimensioni dell’INAH-3 sono ridotte negli omosessuali, rispetto ad eterosessuali e donne (à CRITICHE: erano solo omosessuali maschi e morti di AIDS: i riscontri trovati potevano dunque essere dovuti a qst e nn a basi biologiche - ad esempio negli omosessuali femmine nn è stato riscontrato nessun fattore biologico: è dunque più plausibile una preponderanza dei fattori ambientali - ; inoltre i risultati nn sono mai stati replicati).
    In seguito a tale scoperta, Le Vay decide di esaminare le basi biologiche del comportamento sessuale umano,  giungendo poi alla conclusione ke la diversità sessuale (come emozioni, comportamento..) è meglio comprensibile solo osservandone i componenti principali: lo sviluppo, le strutture anatomiche ed il funzionamento dei circuiti neurali (la scelta del partner, ad es, coinvolge aree della corteccia cerebrale).
    Da ciò emerge ke l’omosessualità maschile (da alcuni considerata addirittura innata) è molto più precoce rispetto a quella femminile (à emerge anke in età adulta).
  • Corpo Calloso: sono i fasci di assoni ke consentono il trasferimento delle informazioni tra i 2 emisferi.
    Si hanno differenze sessuali (presunte: risultati nn unitari) nel volume di alcune regioni del corpo calloso (tra cui lo splenium):
    • Femmine: hanno un corpo calloso maggiormente esteso, essendo più largo à la comunicazione interemisferica risulta così più veloce (cosa ke a livello delle prestazioni si traduce in una maggiore fluenza verbale); nota ke la maggiore comunicazione è dovuta probabilmente alla minor lateralizzazione (à essendoci più fibre, passano più info tra gli emisferi: le funzioni cognitive risultano così maggiormente distribuite tra i 2 emisferi). Dunque:
      Maggiore Bilateralizzazione/ Minore Lateralizzazione  ó Maggiore comunicazione interemisferica

La lateralizzazione emisferica determina dunque differenze sessuali soprattutto in compiti verbali e visuo-spaziali, collegate alla diversa specializzazione e lateralizzazione emisferica. A causa della differente lateralizzazione, lesioni provocano:

  • Maschi: una lesione all’emisfero dx à causa deficit spaziale
    Una lesione all’emisfero sin à causa deficit verbale
  • Femmine: una lesione all’emisfero dx à nn causa deficit
    Una lesione all’emisfero sin à causa deficit verbale e spaziale in egual misura

Il fatto ke il cervello femminile abbia una maggiore comunicazione interemisferica, potrebbe comportare una maggiore influenza (consapevole o meno), di fattori emotivi ed affettivi sui processi di ragionamento seriale, nonché un approccio più olistico (ke guarda al complesso, nell’interezza) o intuitivo ai problemi complessi.
I maschi hanno invece una procedura più sistematica e sequenziale.
Cmq, va ricordato ke la lateralizzazione è solo parziale, poiché gli emisferi sono connessi tra loro e collaborano (esistono infatti delle aree omologhe sia a dx ke a sin).
Infine, un’ultima cosa da notare, è ke la lateralizzazione emisferica è simile nei 2 sessi qnd il cervello è a riposo; durante lo svolgimento di alcuni compiti linguistici inoltre, si evidenzia una maggiore lateralizzazione sinistra negli uomini (emisfero adibito ai compiti linguistici), cosa ke potrebbe indicare una maggiore fragilità del sistema linguistico maschile a causa della maggiore lateralizzazione.
Esperimento dell’Ascolto dicotico: veniva chiesto ai soggetti di indossare delle cuffie, in cui venivano poi trasmessi 2 suoni diversi (1 in una cuffia, 1 nell’altra); emerse ke:

  • Le donne: presentavano vantaggi nell’orecchio dx à risultò quindi una specializzazione dell’emisfero sin x il linguaggio e funzioni linguistiche in generale meno lateralizzate
  • Maschi: i mancini risultavano avere una minore lateralizzazione rispetto ai destrimani

Esperimento Campo Visivo Diviso: ai soggetti venivano presentati stimoli prima in un emicampo visivo, poi nell’altro: misurando i rispettivi TR, si stabiliva quale fosse quello maggiormente reattivo. Dai risultati, emerse ancora una volta ke le donne avevano tempi di reazione minori x entrambi gli emicampi (à qst probabilmente riconducibile alla minore lateralizzazione, ke permetteva alle info di viaggiare velocemente tra i 2 emisferi)
Invecchiamento: si ha una perdita del volume cerebrale: nei maschi avviene a 50 anni circa, nelle femmine a 60.
Intorno ai 70 anni inoltre si perde circa il 6% dei lobi frontali (servono soprattutto alla pianificazione).
L’invecchiamento colpisce poi regioni diverse a seconda del sesso:

  • Maschi: lobo temporale e frontale si riducono col progredire dell’età; l’emisfero sin oltretutto è quello ke risulta maggiormente atrofizzato col tempo
  • Femmine: a causa della minore lateralizzazione, si hanno effetti più simmetrici; inoltre, gli ormoni femminili (estrogeni) proteggono dall’atrofia cerebrale.

STUDI SULL’ATTIVAZIONE CEREBRALE
EEG: L’EEG registra l’attività elettrica cerebrale tramite degli elettrodi collocati sulla testa: la fluttuazione dell’attività cerebrale normale induce infatti piccole differenze del potenziale elettrico sul cuoio capelluto, ke vengono poi amplificate e registrate dall’eeg. Gill e O’Boyle effettuarono delle misurazioni sullo svolgimento di un compito spaziale; da esse emerse ke:

  • Maschi: erano più accurati nelle risposte e avevano una maggiore attivazione nel lobo frontale dell’emisfero dx (rispetto al sin).
  • Femmine: hanno un’attivazione più simmetrica

fRMI: rivela l’attività neuronale tramite la misurazione dei livelli di desossiemoglobina, rendendo poi possibile una visualizzazione funzionale. I compiti proposti potevano essere di tipo Ortografico (riconoscimento lettere), Fonologico (Rime) e Semantico (categorizzazione degli oggetti) e da essi emerse ke:

  • Maschi: uomini usano solo l’emisfero sin x riconoscere le rime
  • Femmine: 11 donne su 19 adoperano entrambi gli emisferi x riconoscere le rime

X quanto riguarda i compiti ortografici e semantici invece, nn è stata riscontrata alcuna differenza significativa tra maschi e femmine.
Nota ke tale esperimento fu il primo ad aver fornito la prova del diverso funzionamento cerebrale tra uomini e donne (à ma in ogni caso i risultati nn devono essere intesi come definitivi).
Ricerche tra il 1995 e 2004: suggeriscono ke nn vi sono differenze significative nella ripartizione di zone cerebrali attive durante le prove di linguaggio (quindi, probabilmente, le donne nn usano entrambi gli emisferi qnd usano il linguaggio).
TEORIE SULLE DIFFERENZE SESSUALI NELL’ORGANIZZAZIONE CEREBRALE E LATERALIZZAZIONE.
Esiste l’Idea comune ke le funzioni cognitive siano distribuite simmetricamente tra i 2 emisferi (e in particolare un’organizzazione bilaterale nel cervello femminile). Da qui 3 ipotesi:

  1. Teoria dell’Affollamento Cognitivo (Levy, 1976):
    1. Femmine (e maschi mancini): hanno abilità verbali distribuite nei 2 emisferi; tuttavia, siccome, le abilità verbali e visuospaziali condividono lo stesso spazio neurale nell’emisfero dx, si ha più spazio corticale x le abilità verbali ma meno x quelle visuo-spaziali (à dunque vantaggio nei compiti verbali e calo in quelli spaziali). Tuttavia, qst dato NON è confermato x i mancini.
    2. Maschi: l’emisfero Sin è usato solo x le abilità verbali, mentre l’emisfero dx è usato solo x le abilità visuo-spaziali
  2. Ipotesi di Geshwind e Galaburda (1987): Fa riferimento alla quantità di testosterone e alla relazione ke questa ha con lo sviluppo dei 2 emisferi:
    L’emisfero dx in fase Prenatale si sviluppa più velocemente rispetto all’emisfero Sin, perciò l’emisfero sin risulterà più esposto a rischi di varia natura (cm ad es le concentrazioni ormonali); nota inoltre ke un eccessivo livello di testosterone rallenta ulteriormente la crescita dell’emisfero sin, portando in tal modo ad una dominanza, soprattutto x le funzioni motorie, dell’emisfero dx (àl’esempio più classico in qst è il mancinismo). In fase prenatale si hanno 3 fonti di testosterone:
    1. Prodotto dalla Madre (dalle sue ghiandole surrenali)
    2. Prodotto dal Feto (sia maschio ke femminaàsempre dalle ghiandole surrenali)
    3. Testicoli del feto maschio (à ke gode quindi di una fonte in più)

Dai risultati emerge ke si hanno più mancini maschi rispetto alle femmine (x via del testosterone ke rallenta lo sviluppo dell’emisfero sin) e, più in generale, ke le femmine maggiormente esposte al testosterone divennero mancine.
Inoltre va notata anke la specializzazione emisferica:

  • Emisfero Dx: si ha elaborazione spaziale e compiti matematici
  • Emisfero Sin: prevalgono le funzioni linguistiche

Quindi nei maschi si avrà una maggiore incidenza di patologie o disturbi linguistici, ma maggiori abilità spaziali.
Inoltre, eccessivi livelli di testosterone possono colpire la ghiandola del timo (à fondamentale x il sistema immunitario) à i mancini soffrono infatti di una maggiore incidenza di malattie autoimmunitarie e disturbi di vario tipo (asma e allergie).
In tale ipotesi si può dunque riscontrare una relazione tra l’essere maschi, mancini e avere disturbi autoimmunitari.

  1. Ipotesi della Maturazione Sessuale (Weber, 1976): le ragazze raggiungono infatti la pubertà prima dei maschi; secondo tale ipotesi ad una maturazione precoce consegue un vantaggio x le abilità verbali ed uno svantaggio x le abilità visuo-spaziali. Si distinguono poi 2 tipi di pubertà:
  • Pubertà Precoce: si sviluppa indipendentemente dal sesso (sia x maschi ke x femmine) à ad essa consegue un miglioramento nei test sia verbali ke spaziali
  • Pubertà Tardiva: essa ha un pattern opposto al precedente; inoltre con essa si ha una maggiore lateralizzazione emisferica

Le critiche avanzate a tale teoria furono ke le differenze sessuali in ambito cognitivo sono già evidenti prima della pubertà; inoltre, a ciò, concorrono importanti fattori ambientali (ke incidono particolarmente nel periodo della pubertà).
4.     Differenze Sessuali all’interno di ciascun emisfero (Kimura): se nelle donne il linguaggio è mediato da aree circoscritte (organizzazione focale) e risiede prevalentemente nell’emisfero sin, nell’uomo qst è invece più distribuito (sebbene sempre nell’emisfero sin).
Anke la destrezza manuale prevede nel cervello femminile un’organizzazione più focale, mentre in quello maschile una più distribuita. Quindi:

  • Maschi: Linguaggio e destrezza Manuale à hanno un’organizzazione Distribuita
  • Femmine: Linguaggio e Destrezza Manuale à hanno un’organizzazione Focale

ASPETTI METODOLOGICI
Esistono diversi approcci possibili x studiare le differenze sessuali, ma ognuno possiede degli svantaggi:

  1. Evidenza Anedottica: (es conosco una persona ke..); gli svantaggi di tale approccio sono diversi: innanzitutto ke l’esperienza può nn essere tipica (ossia necessariamente rappresentativa di una cosa). I ricordi inoltre nn sempre sono esatti poiché spesso si hanno influenze da credenze e aspettative: infatti selezioniamo e ricordiamo meglio (o addirittura solamente) le informazioni coerenti col ns pensiero.
  2. Self Report: ossia le interviste e i questionari; essi nn sempre sono attendibili, poiché ci sono molti fattori ke possono distorcere gli eventi ricordati (es il soggetto potrebbe addirittura mentire inconsciamente, x cercare di accontentare il ricercatore)
  3. Osservazioni: esse, sebbene abbiano il vantaggio dell’osservazione diretta, nn sono mai completamente oggettive, poiché tendiamo a vedere ciò ke ci aspettiamo di vedere, oppure osservare solo una parte (magari nn fondamentale) di un evento. Altri 2 problemi a cui sopperire sono poi i comportamenti diversi ke si innescano qnd si sa di essere osservati, e l’importanza del contesto nel far emergere le differenze (ma se si sbaglia contesto, difficilmente emergeranno)
    Il disegno sperimentale delle osservazioni prevede ke sia impossibile dare un’assegnazione casuale, manipolare adeguatamente delle variabili e trarre inferenze causali sicure: essa permette solo di ottenere info generali.
  4. Studi Correlazionali: con essi avviene un’assegnazione NON casuale dei soggetti. Inoltre, con tali tipi di ricerche, nn si possono trarre inferenze causali (causa-effetto à qst è possibile solo in teorie altamente plausibili e supportate da adeguati dati sperimentali, sennò da inferenze dubbie si potrebbero trarre conclusioni sbagliate), ma solo correlazionali (ossia qnd 2 aspetti variano insieme)
    Il disegno sperimentale prevede inoltre ke nn siano possibili assegnazioni random, ne un’adeguata manipolazione delle variabili; sebbene siano anke impossibili inferenze causali, è tuttavia in grado di stabilire  delle relazioni

Vanno inoltre distinti tra loro l’esperimento e il quasi esperimento.

  • Esperimento (“vero”): esso si realizza assegnando casualmente dei soggetti ai gruppi; in tal modo lo sperimentatore potrà controllare la variabile interessata: infatti, qualsiasi differenza sistematica tra i gruppi sarà imputabile alla variabile manipolata.
    Il principio sottostante a tutto qst è ke ogni singolo individuo differisce da un altro x numerosi aspetti à quindi, effettuando un campionamento casuale, è probabile ke i vari aspetti siano equamente distribuiti tra i diversi gruppi, ed è dunque probabile ke le differenze trovate siano dovute alla variabile indagata (es un trattamento particolare)
    Il grande vantaggio dell’esperimento vero è ke permette sia una assegnazione random, sia ke permette la manipolazione della variabile.
  • Quasi esperimento: sono quelli maggiormente adoperati x le ricerche sulle differenze sessuali individuali. In questi tipi di esperimenti nn si ha il controllo assoluto sulle variabili ke potrebbero influenzare la ricerca (es il contesto, le esperienze di vita dei singoli à nn è possibile x la ricerca intervenire su questi aspetti). I risultati, pertanto, sono sempre probabilistici e vanno presi con cautela finché nn sono confermati tramite una replica dell’esperimento.
    Infine, va notato ke nei quasi esperimenti sulle differenze sessuali, nn è mai completamente possibile un campionamento casuale, poiché dividendo  i soggetti in maschi e femmine nn cambia solo il sesso, ma tante altre variabili a qst legate.
    Il quasi esperimento dunque, sebbene consenta di manipolare le variabili, nn rende possibile un’assegnazione random dei soggetti.
    Analisi Fattoriale: è una tecnica particolarmente utile x indagare le differenze sessuali

Riassumendo i disegni sperimentali:

  • Osservazioni: no assegnazione random, no variabile manipolabile, no possibile inferenza causale
    Può solo trarre info generali
  • Correlazioni: no assegnazione random, no variabile manipolabile, no possibile inferenza causale
    Può stabilire delle relazioni
  • Quasi Esperimento: no assegnazione random
    Può manipolare la variabile
  • Esperimento Vero: può sia fare un’assegnazione random, sia manipolare la variabile a suo piacimento

PROBLEMI METODOLOGICI
Si hanno diversi problemi metodologici nelle ricerche sui 2 sessi, legati a più fattori:

  1. Campionamento nn Random: Il principale problema ke avviene durante il campionamento è ke qst nn è random à da qui la domanda se i campioni siano realmente comparabili (ossia se il gruppo è rappresentativo).
  2. Numerosità del Campione: solitamente il numero di maschi e femmine e identico, ma qst è errato se si assume una diversa variabilità tra maschi e femmine ; dunque andrebbe stabilita, prima dell’esperimento, la differenza minima rilevante tra i 2 sessi à in base a qst si calcolano poi quanti partecipanti servono.
  3. Generalizzazioni Improprie: talvolta può capitare ke vengano testati individui con caratteristiche anormali x trarre poi inferenze sulla popolazione normale. A tale proposito bisogna fare attenzione:
    1. Agli studenti universitari (à dubbio se siano o meno campioni rappresentativi della popolazione)
    2. Interazioni dovute al sesso e all’età (à le esperienze condizionano il pensiero e le capacità, quindi l’età influisce)
    3. Data della pubblicazione della ricerca (à le differenze sessuali aumentano/diminuiscono in base al periodo: qst è dovuto alle forti influenze socioculturali, cosa oltretutto legata all’effetto Coorte)

Tutto ciò potrebbe minare la validità della ricerca à è dunque fondamentale replicare i risultati su soggetti diversi, in periodi attuali, x essere certi della validità.

  1. Uso di Test Diversi: è bene usare dei test diversi x calcolare le stesse abilità (ke potrebbero così portare a risultati contrastanti), in quanto consentono di diversificare le sottoabilità à sarebbe pertanto opportuno utilizzare un’analisi multivariata.
    Il tipo di test influisce inoltre sulla dimostrazione delle abilità: alcuni possono favorire quelle femminili, altri quelle maschili (x es nelle domande aperte sono meglio le donne, mentre in quelle a risposta multipla hanno risultati migliori gli uomini)
  2. Aspettative dei Partecipanti e dello Sperimentatore: i partecipanti vengono spesso condizionati dagli stereotipi (es maschi meglio in matematica).
    Gli sperimentatori tendono invece a vedere una conferma del proprio pensiero, constatando solo ciò ke cercano (effetto Rosenthal).
    È dunque bene ke gli sperimentatori ed i soggetti nn siano informati delle aspettative della ricerca, in modo da nn risultarne così influenzati.
    Inoltre, un altro accorgimento ke andrebbe utilizzato è il sesso dello sperimentatore in funzione del soggetto (le femmine vanno meglio se è una sperimentatrice donna, i maschi vanno meglio se lo sperimentatore è uomo).
  3. Contesto Sperimentale: il laboratorio ha una validità diversa rispetto agli esperimenti svolti in contesti naturali (la validità dei test eseguiti in laboratorio spesso rimane circoscritta ad esso)

LOGICA DELLA VERIFICA DELLE IPOTESI
L’ipotesi nulla si  ha qnd nn viene riscontrato l’obiettivo della ricerca, l’ipotesi alternativa invece qnd viene verificato ciò ke si intendeva; quindi, studiando la differenza tra i sessi si ha:

  • Ipotesi nulla (H0): qnd nn riscontro la differenza tra i sessi.
    Nota ke se nn trovo differenze in un certo compito, nn posso affermare ke l’ipotesi sia nulla à la differenza potrebbe infatti esistere ma potrebbe nn essere stata evidenziata dalla ricerca condotta, mentre potrebbe verificarsi in altre condizioni.
    Quindi, qnd la ricerca nn evidenzia la cosa, nn devo ammettere l’ipotesi nulla ma va affermato ke nn si può rigettare/escludere essa sulla base dei risultati ottenuti (ossia un esperimento nn deve escludere automaticamente l’ipotesi alternativa).
  • Ipotesi Alternativa (H1): qnd verifico una certa differenza tra i sessi

Bias della Ricerca: vi è una tendenza ad affermare le differenze tra i 2 sessi e a nn affermare l’ipotesi nulla. X supportare adeguatamente gli studi e quindi importante avere molti risultati ke testimonino una certa cosa.
RASSEGNE E META ANALISI
Sin dalla fine del secolo scorso, son stati fatti tentativi atti a chiarire le reali differenze sessuali: qst, attraverso rassegne e meta analisi delle ricerche condotte fino a quel momento sulle differenze tra maschi e femmine.

  • Rassegna: è una riconsiderazione di tutti gli studi condotti su un certo argomento. Un risultato viene considerato reale qnd un certo numero di studi lo riporta.
    Le rassegne prendono in esame tutti gli studi pubblicati fino a quello più recente e vedono qual è la tesi sostenuta maggiormente.
  • Meta analisi: oltre al lavoro della rassegna, compie un’elaborazione statistica x verificare la preponderanza o meno di un elemento; essa è dunque una procedura statistica ke confronta ed integra i risultati ottenuti dai diversi studi. In tal modo si ha una valutazione precisa, in grado di valutare la differenza dei diversi effetti riscontrati e identificare poi gli aspetti significativi à così facendo si può tenere anke conto della magnitudine delle differenze (= l’effect size (d) à esso si calcola facendo
    d= [media maschi - media femmine]/deviazione standard ; da ciò risulterà ke se d è positiva, avremo punteggi più alti x i maschi, mentre se d è negativa avremo punteggi più alti x le femmine).
    Va xo fatto presente ke nn sempre una differenza statisticamente significativa implica una differenza pratica rilevante.

Nota tuttavia ke esistono anke errori metodologici legati al tentativo di generalizzare i dati disponibili, tramite rassegne e meta analisi:

  • File Drawer Problem: o file rimasto nel cassetto dello sperimentatore à consiste nella NON valutazione dei dati riportati dalle ricerche nn pubblicate (vengono cioè pubblicate le ricerche ke evidenziano le differenze, ma nn quelle ke colgono le somiglianze; in tal modo la meta analisi/rassegna nn sarà accurata e potrebbe portare a conclusioni fuorvianti).
  • Omissione della variabile sesso: la variabile sesso viene talvolta ignorata in studi sulle abilità cognitive, ke xo contengono soggetti di entrambi i sessi.

Infine, durante l’interpretazione dei dati, bisogna tener conto anke della forma della distribuzione maschi /femmine  (femmine sono più compatte al centro, maschi alle code).
DIFFERENZE SESSUALI
La maggior parte delle misure standardizzate di intelligenza generale riportano differenze sessuali trascurabili, ma grazie ad alcuni sottotest, riguardanti abilità più specifiche, sono emerse differenze più rilevanti. I compiti vennero così divisi in:

  1. Abilità verbali
  2. Abilità visuo-spaziali
  3. Abilità matematiche

X qst differenze, vennero applicati dei criteri statistici: innanzitutto deve essere verificata la presenza di una differenza nei punteggi ottenuti dai 2 gruppi x poi calcolarne l’entità à tale differenza, x essere significativa, doveva avere una probabilità di essere dovuta al caso inferiore del 5% (mentre x alcuni addirittura dell’1% à si ricorda xo ancora ke una differenza significativa statisticamente nn sempre implica una differenza pratica rilevante: es maschi vedono più tv delle femmine ma qst nn necessariamente influisce su aspetti della vita pratica).
Va inoltre tenuto conto della forma delle distribuzioni x maschi e femmine nell’interpretazione dei dati à infatti bisogna considerare quale parte della curva si sta analizzando (valutando così il rapporto tra i valori delle code delle distribuzioni). A volte le differenze tra i valori medi è molto contenuta, mentre la differenza tra i valori estremi (ossia le code della distribuzione) è più marcata: siccome i punteggi di maschi e femmine a livello di rappresentazione grafica sono diversi, bisogna valutare anke qst fattore.
EFFECT SIZE (d) DI COHEN
Esso è un parametro utilizzato in psicologia x esprimere l’entità di uno scarto x cui 2 gruppi differiscono, rispetto ad una specifica caratteristica misurata. In particolare si osserva ke:
d= [media maschi - media femmine]/deviazione standard

  • d vicino allo 0: i 2 gruppi differiscono marginalmente
  • d lontano dallo 0: più è elevato, e maggiore è l’entità della differenza tra i gruppi
  • d positivo: implicherà un vantaggio femminile in questa abilità
  • d negativo: implicherà un vantaggio maschile nell’abilità misurata

Nota tuttavia ke nn esistono criteri statistici univoci x stabilire se l’entità della differenza trovata abbia rilevanza pratica o meno: la valutazione della grandezza del risultato è a discrezione del ricercatore (nota ke x Cohen un d piccolo corrispondeva a 0,2; d medio corrispondeva a 0,5; d grande corrispondeva a 0,8). Si ricorda ancora una volta ke la rilevanza pratica può essere ben diversa da quella statistica.
Infine, va sottolineato ke le conclusioni tratte dagli studi sono riferibili alla media della popolazione, ed è quindi sbagliato estendere conclusioni generali al caso di un singolo individuo.
INTELLIGENZE NEI 2 SESSI
I test ke misurano il QI devono essere bilanciati sia x i maschi ke x le femmine (ossia avere il medesimo numero di domande visuo-spaziali e verbali, eliminando in tal modo vantaggi di ogni sorta x un sesso o x l’altro) à così facendo nn emergono differenze sessuali.
Da qui, la necessità di capire qnd dove e xke nascono le differenze sessuali nelle abilità cognitive; tuttavia, siccome l’intelligenza nn è un costrutto unico, vanno analizzate le singole abilità :

  • Età dei soggetti (intelligenza varia infatti a seconda della fascia d’età)
  • Parte della curva ke sto esaminando (gli uomini hanno una maggiore variabilità rispetto alle donne)
  • Tipo di test adoperato (se avvantaggia o meno m/f)

Inoltre, una particolare considerazione, va data alle differenze sessuali insite nella percezione e nell’attenzione; esse sono importanti, xke se già presenti a questo livello, è probabile ke vi siano poi di conseguenza differenze anke a livelli più profondi (se ho differenze sessuali ai primi livelli di elaborazione è lecito pensare ke si avranno poi anke a livello cognitivo).
Pertanto, Baker studiò le differenze nel campo percettivo /attentivo:

  • Udito: le donne percepiscono meglio i suoni puri (ossia le singole frequenze); la perdita dell’udito avviene inoltre negli uomini x primi
  • Olfatto: le donne sono in grado di fornire una migliore categorizzazione, identificazione e percezione
  • Vista: gli uomini sono migliori nell’individuazione dei piccoli movimenti nel campo visivo; inoltre le donne perdono la vista primaria prima degli uomini
  • Tatto: le donne sono più sensibili al tatto
  • Gusto: le donne percepiscono meglio il gusto rispetto agli uomini

Esistono quindi delle differenze sessuali già a livello percettivo. Su qst, vennero effettuati anke studi a partire dalla nascita à sono riscontrabili differenze sessuali a livello percettivo sin dalla nascita. Le differenze percettive risultano pertanto innate e nn imputabili all’apprendimento o all’ambiente: qst è importante xke si creerà in tal modo una predisposizione comportamentale, la quale influenzerà a sua volta la formazione di abilità cognitive. Quindi, le predisposizioni sono innate, ma esse potranno poi essere ampliate, ridotte o eliminate dalla propria società/ cultura.
X quanto riguarda invece l’attenzione, si può affermare ke i deficit maggiori sono riscontrati negli uomini.
Le differenze sessuali possono poi essere stimate in base agli intervalli di tempo impiegati nei compiti:

  • Risposta verbale: le donne generalmente fanno stime più lunghe rispetto ai maschi.
    Se tuttavia si chiede loro di riprodurre un certo intervallo di tempo (es schiaccia il bottone dopo 12 sec) tendono a fare intervalli più brevi

Si ha inoltre superiorità femminile nei movimenti rapidi e precisi (ossia nei compiti percettivo-motori e in quelli di velocità percettiva).
Gli uomini hanno invece prestazioni migliori nella coordinazione visuo-motoria (es colpire un bersaglio).
DIFFERENZE SESSUALI E ABILITÀ COGNITIVE
Le differenze più rilevanti si hanno x 3 abilità e x 1 comportamento:

  • ABILITÀ VERBALI: ossia l’insieme di competenze ke hanno a ke fare col linguaggio (parlato, ascoltato, scritto e interno -ossia la rappresentazione mentale-) ; esso include diverse abilità, corrispondenti a diverse aree cerebrali.
    In qst, si ha un lieve vantaggio femminile (d = - 0,11). È tuttavia importante considerare il tipo di compito:
    1. Fluenza Verbale: è la capacità di generare parole secondo alcuni criteri (conoscenza della grammatica, spelling, letteratura, Scrittura o Ampiezza del Vocabolario) à in qst son meglio le donne (d = -0,33)
    2. Analogie Verbali: in qst compito sono meglio gli uomini, xke x trovare delle analogie è necessaria la manipolazione di immagini mentali (una sorta di abilità visuo-spaziale).
    3. Memoria Verbale: è la capacità di ricordare del materiale presentato in forma verbale (es lista di parole) o ricodificabile in forma verbale (es vedo una bottiglia e penso ala parola bottiglia in forma verbale). Le prestazioni femminili sono sempre migliori, indipendentemente dal tipo di prova, di materiale o dell’età dei partecipanti. I risultati delle donne sono anke maggiori in compiti di rievocazione (ossia di liste di parole nn collegate tra loro) ma tale differenza è di tipo transculturale
    4. Memoria Visiva: capacità maggiori nelle donne x quanto riguarda questa; ciò è probabilmente dovuto al fatto ke le femmine collegano con più facilita il nome ad un oggetto visto (à cosa interpretabile come un’abilità verbale). Qst vantaggio si mantiene oltretutto con l’età, poiché le donne sono migliori nell’associazione viso-nome, nel ricordare la lista della spesa o nell’associazione nome-cognome.

In ogni caso, x quanto riguarda le abilità verbali generali, si può affermare ke si ha un vantaggio femminile (sebbene i primissimi studi SAT attribuirono la superiorità ai maschi: qst era dovuto xo al fatto ke i compiti presentavano perlopiù analogie)à qst è evidente sin dalla tenera età: le bimbe tendono infatti a parlare un mese prima dei maschi e in modo più ricco (tra i 20 e i 30 mesi infatti parlano più spontaneamente e più dei coetanei maschi). Inoltre, sebbene il vantaggio femminile tenda ad attenuarsi con lo sviluppo (tra i 6 e i 25 anni) è ancora riscontrabile nella vecchiaia.
Patologie Linguistiche nei 2 sessi: si possono avere 2 tipi di patologie:

  • Patologie Evolutive: sono le situazioni in cui un bambino presenta un ritardo più o meno grave in uno specifico settore cognitivo (es dislessia)
  • Patologie acquisite: hanno una causa scatenante, come un trauma cerebrale o una patologia neurologica, ke determina la perdita o la compromissione di alcune funzioni cognitive; se avviene un danno di qst tipo, i maschi tendono a riportare deficit linguistici maggiori e ad avere un recupero funzionale più lento e meno efficace delle femmine

Le funzioni verbali femminili sembrano più resistenti e meno sensibili all’insorgenza di patologie rispetto a quelle maschili à ma cmq si ricorda ke le patologie linguistiche colpiscono maggiormente gli uomini delle donne; esempi concreti si possono avere  osservando:

  • Balbuzie: i maschi vengono colpiti mediamente 3 o 4 volte più frequentemente delle femmine
  • Ritardi nell’Apprendimento: maschi colpiti 2 volte più delle femmine
  • Dislessia: maschi colpiti 5 volte di più rispetto alle femmine
  • ABILITÀ MATEMATICHE: l’entità delle differenze sessuali in tale ambito è minimo, con un lieve vantaggio maschile. Anke tali abilità sono suddivisibili in una serie di sotto abilità:
    1. Abilità di Calcolo: si ha un vantaggio femminile
    2. Comprensione dei Concetti: nessuna differenza riscontrata
    3. Applicazione delle conoscenze al fine di risolvere i problemi: vantaggio maschile piuttosto evidente (d = 0,32)

In tale materia le ragazze vanno meglio a scuola poiché ne fanno un apprendimento di tipo meccanico.
Tuttavia, ancora una volta, si noti come sia il processo cognitivo implicato nello svolgimento del compito a incidere, e nn il compito stesso:
I maschi vanno meglio in compiti di geometria, probabilità e statistica, poiché richiedono processi di tipo visuo-spaziale.
Le femmine vanno meglio nei compiti di ragionamento matematico poiché implica processi di tipo verbale.
Nonostante queste differenze, x quanto concerne le abilità matematiche diverse (in ambito sessuale) vanno considerati anke altri fattori:
- TIPO DI ISTRUZIONE: i maschi prediligono le materie scientifiche e quindi studiano maggiormente esse
- PORZIONE DELLA CURVA ANALIZZATA: se si considerano le prestazioni medie di maschi e femmine, le differenze risultano minime (mentre se osservo solo le prestazioni superiori alla media, le differenze sessuali risulteranno maggiori à qst avviene x tutti i compiti cognitivi: se analizzo la media, differenze lievi, se osservo solo la prestazione maggiore, le differenze risulteranno marcate; qst tuttavia dipende dalla curva)

  • ABILITÀ VISUO-SPAZIALI: sono un insieme di capacità e funzioni tra loro distinte, ma accomunate dall’uso di informazioni nn verbalizzabili e da una codifica di tipo analogico; essa, più in generale, è la capacità di generare (ossia immaginare), elaborare, trasformare, manipolare e ricordare informazioni nn linguistiche.
    Proprio come x le abilità verbali, le differenze sussistono solo in certi compiti, e la loro entità varia a seconda della prova (mostrando così differenze sessuali più o meno marcate).
    Le abilità visuo-spaziali nn sono definibili come un costrutto unico, poiché comprensive di diverse sotto abilità:
    1. Percezione Spaziale: x ottenere buone prestazioni in tale tipo di test bisogna saper prescindere dal contesto: gli uomini vanno meglio in quanto contesto indipendenti; le donne sono peggio poiché contesto dipendenti; i test possibili, a testimonianza di ciò, sono 2: si chiede quale tra le 2 è la linea posta verticalmente (le donne tendono a dire ke è quella collocata parallelamente al piano), oppure si mette la fig di una bottiglia inclinata e si chiede quale sia il livello dell’acqua orizzontale (le donne, anke qui, spesso rispondono erroneamente). Vedi Fig A1 e A2
      Le differenze sessuali in qst tipo di compiti emergono in tutte le età e sono più consistenti negli adulti ke nei giovani.
    1.  
    2. Visualizzazione Spaziale: richiede di immaginare cosa risulterebbe dalla combinazione mentale delle parti di un oggetto; x far ciò bisogna operare una serie di manipolazioni di info spaziali, usando diverse strategie. Un es è quello in fig B1, dove si chiede cosa può diventare quell’insieme di 6 tasselli à un cubo.
      Anke in tale compito, è stato riscontrato un netto vantaggio maschile.
    3. Rotazione Mentale: è l’ambito cognitivo con maggiore differenza nelle prestazioni (i risultati parlano del vantaggio maschile più alto). Viene richiesto di ruotare mentalmente la figura/l’oggetto lungo un certo asse e dire in ke posizione verrà a trovarsi à le capacità maschili sono migliori già dall’infanzia e aumentano progressivamente con l’età. Vedi fig C1
    4. Abilità Spazio Temporale: è la capacità di ragionare su stimoli dinamici (es giudicare il tempo in base a velocità e spazio: Vedi fig D1).  Tale capacità è correlata con la capacità di ragionare su stimoli statici (ma nn totalmente). Anke qui si ha un vantaggio maschile.
    5. Generazione e Mantenimento di Immagini mentali: Tale abilità consiste nel generare un’immagine (rievocandola dalla MBT o MLT) e usare l’informazione contenuta nell’immagine mentale x svolgere un compito (vedi fig E1). In tale compito, i maschi sono più veloci nell’esecuzione, ma uomini e donne hanno la stessa percentuale di risposte corrette.
    6. Animazione Mentale: anke qui, si hanno migliori prestazioni maschili; viene chiesto ai soggetti di elaborare un ipotetico movimento di oggetti e figure (vedi fig F1).

Altri fattori ke incidono nelle abilità visuo-spaziali influenzandole sono:

  • Diversi Stili Cognitivi: gli stili cognitivi vanno considerati in quanto incidono nelle abilità visuo-spaziali. Le Femmine: essendo Field-Dependent, sono maggiormente legate e dipendenti dal contesto nei compiti cognitivi, rispetto agli uomini ke ne danno un minor peso (à il field dependent si traduce poi nel comportamento con un atteggiamento passivo, più conformista e più sottomesso all’autorità).
  • Processi di Memoria: Sono stati ipotizzati da Vecchi e Cornoldi 2 modelli possibili x la memoria, di cui il 1° si basa su un processo passivo, il 2° su un processo attivo:
    • Processo Passivo: richiede solo la memorizzazione ed il successivo ricordo degli stimoli (richiede dunque di ricordare una cosa, ma senza ke avvenga un’elaborazione degli input). I 2 sessi nn differiscono nei compiti ke richiedono questi processi (sebbene siano state riscontrate alcune prestazioni migliori x le donne in alcuni esperimenti)
    • Processo Attivo: richiedono una trasformazione o integrazione delle diverse info à x far ciò è xo necessario compiere un’elaborazione mentale x dare poi una risposta adeguata (es compito di rotazione mentale: ho del materiale in ingresso su cui devo poi compiere un’elaborazione). Le prove ke richiedono l’utilizzo di tali processi, evidenziano ke l’uomo è migliore della donna nel processo di tipo attivo.

Nota ke un processo passivo, nn risulterà necessariamente più semplice di uno attivo (o viceversa).

  • Orientamento: tale componente è fondamentale nel mondo reale. In generale si ha ke
    • Uomini: imparano il percorso di una cartina più velocemente delle donne e sono più accurati nella stima di distanze à qst dipende dalla strategia utilizzata: gli uomini immaginano il paesaggio dall’alto (e la strategia dell’alto corrisponde ad un compito di rotazione mentale). Se uomini indicano la strada lo fanno immaginandola dall’alto (dritto x 200 mt)
    • Donne: peggiori in qst compito, probabilmente a causa della diversa strategia utilizzata à esse fanno uso di una strategia dal basso, basata sui landmarks (ossia punti di riferimento incontrati nel tragitto: questa strategia è tuttavia meno efficace della precedente). Se donne indicano la strada, lo fanno immaginandosi x strada (la farmacia sulla dx, il negozio a sin..)

In geografia si ha dunque una superiorità maschile, indipendentemente dai fattori socio-culturali.

  • Memoria x la posizione degli oggetti: in tale sotto abilità (es gioco memory) si ha una superiorità femminile. In generale, x affrontare qst compito, si può distinguere:
    • Memoria x le caratteristiche dell’oggetto: (es la sua posizione relativa rispetto ad altri oggetti) in cui la superiorità è femminile
    • Memoria x le pure posizioni occupate: le prestazioni migliori sono riscontrate negli uomini

In generale, le difficoltà ke le femmine riscontrano principalmente nelle abilità visuo-spaziali sono quelle in cui si utilizza la tridimensionalità à essa infatti comporta la creazione ed il mantenimento contemporaneo di più immagini, diverse vedute dell’oggetto o l’integrazione di tutte le immagini in una sola rappresentazione

  • AGGRESSIVITÀ:

Riassunto Prestazioni: le fluenza verbale e la rotazione mentale sono i domini dove lo scarto tra i punteggi ottenuti dai 2 sessi è più marcato, sebbene la differenza di punteggio dei 2 sessi nn sia così elevata (solo il 10%-15%: la differenza dunque nn è netta à ma se si considerano le code delle curve di rappresentazione delle abilità, è possibile affermare ke molte donne avranno punteggi superiori a molti uomini) rientrando così nella media statistica.
Inoltre, va sottolineato ke le differenze scompaiono (o tendono a farlo) in seguito all’apprendimento: se i test vengono ripetuti una settimana dopo l’esperimento, le donne otterranno i medesimi risultati degli uomini laddove le prestazioni erano minori, e viceversa x i maschi.
CAPACITÀ E STRATEGIE
La domanda ke a qst punto ci si può porre è se le prestazioni migliori siano dovute prevalentemente a capacità o alle strategie utilizzate. È possibile ke le differenze sessuali in ambito cognitivo risultino dall’uso di strategie diverse x la risoluzione di compiti:

  • Strategie Generali: l’insieme di atteggiamenti e disposizioni con cui le persone si apprestano a svolgere un compito. Esse  possono riguardare :
    • Velocità di Risposta: può variare nell’individuo (se impulsivo o preciso)
    • Autoefficacia: forte importanza delle aspettative ke si hanno e degli stereotipi
    • Stile di Apprendimento: quello femminile, in particolare, è più meccanico (poiché field dependent)
    • Metacognizione: pensieri e riflessioni sul proprio metodo di studio e di risoluzione dei compiti
  • Strategie specifiche: il metodo di risoluzione impiegato x uno specifico compito;

Pare ke maschi e femmine differiscano nell’uso di entrambi i tipi di strategie: le differenti capacità, unite alle strategie più o meno efficaci, determinano l’esito delle prestazioni; nota xo ke se si insegnano a maschi  e femmine le medesime strategie (le più efficaciàtraining) x svolgere un compito, le differenze tendano a scomparire.
DIFFERENZE SESSUALI, GENI E AMBIENTE
Le stime, ottenute su studi di gemelli e fratelli naturali-adottivi, propongono ke l’eredità influisca su certe abilità cognitive x circa il 50%; il restante 50% è dunque imputabile all’ambiente.
Da questa scoperta, venne ipotizzato ke le abilità visuo-spaziali potessero essere dovute ad un carattere recessivo sul cromosoma X (à se qst fosse vero, i maschi avrebbero il 50% di probabilità di avere abilità spaziali alte, mentre le femmine solo il 25%). Se qst si fosse dimostrato vero, si sarebbe potuta ipotizzare l’esistenza di un gene recessivo anke x le abilità linguistiche e uno x quelle matematiche.
Tale teoria fu tuttavia smentita sperimentalmente in quanto le femmine con la sindrome di Turner (ke presentano una sola X, e dunque si sarebbero dovute prendere il gene recessivo) possedevano buone abilità visuo-spaziali.
In ogni caso, l’idea generale ancora attuale, è ke nn si possa rinviare un costrutto multifattoriale ad un solo gene: le abilità cognitive sembrano infatti più correlate ai caratteri sessuali fenotipici ke genotipici.
Qst è visibile osservando adeguatamente il peso dell’ambiente e gli stereotipi sessuali: questi ultimi, in particolare, creano aspettative condivise riguardo alla qualità ed al comportamento di un individuo in base al suo sesso (à il sesso viene quindi identificato socialmente e, in base a ciò, si categorizzano quali siano i comportamenti appropriati). Nota ke gli stereotipi sono automatici,impliciti ed inconsci à da tutto qst nascono poi le pratiche di differenziazione sessuale (x es il modo di vestire: azzurro x i maschi, rosa x le femmine; i giocattoli; il linguaggio à il plurale è maschile se nella frase presenti sia maschi ke femmine - Paola e Luca son Bravi-). Inoltre, sempre socialmente, son proposti modelli diversi x uomini e donne: le donne devono innanzitutto piacere, cosa ke fa passare le abilità intellettuali in secondo piano à in tal modo si investe più sull’aspetto ke sulle altre abilità ke risultano così minori.
Parte degli psicologi ritiene ke parte dei risultati minori delle donne siano causati dalla mancanza di autostima e fiducia data anke dai ruoli femminili: socialmente viene infatti associato ad essi un minor prestigio e stima (es matematica reputata come materia in cui eccellono i maschi à a qst consegue una sfiducia di base da parte delle donne a proposito delle loro capacità in quell’ambito). X Mills, in particolare, l’identificazione col ruolo sessuale, spesso legata agli stereotipi, determina il successo in certi settori (es ragazze “maschiacci” portate x lavori maschili, ma i maschi ke si dedicano ad attività femminili vengono considerati come deviati).
Infine, va notato come lo stereotipo possa influire sulla prestazione: difatti, spesso la prestazione va verso la direzione attesa (es matematica considerata come materia in cui eccellono i maschi: se mi percepisco e identifico come un maschio, sentirò ke devo eccellere in essa à ma in tal modo è l’identificazione a determinare la prestazione -cosa cmq smentita da recenti studi: ragazzi effeminati nn vanno meglio nei compiti verbali-). Quindi, le caratteristiche ke la società attribuisce al sesso ha peso sull’individuo.
Concludendo, le differenze sessuali dipendono più dai processi implicati e dalle strategie ke dalle abilità.
EFFETTO DEGLI STEREOTIPI NELLA VITA DI UN INDIVIDUO
Gli stereotipi ke possono influenzare un individuo in vari modi:

  • Sesso: Fagat e LeiBach affermano ke entro 1 anno di età i bimbi cominciano a categorizzare le persone a seconda del sesso; solo dopo alcuni anni potranno applicare le altre categorie (es razza).
  • Differenze in Matematica: Robinson sostiene ke già in età prescolare sono visibili le prime differenze, ma la domanda ke ci si pone è se qst sia dovuto alla biologia oppure ai contributi delle esperienze o delle aspettative.
  • Ruolo dei Genitori: questi scelgono i giochi (il 95% dei genitori) in base al sesso à ai figli, dai 3-5 anni, regalano macchine ai maschi e bambole alle femmine. I genitori hanno dunque un ruolo attivo nel forgiare le differenze sessuali (altro es sono i permessi ke si concedono loro: tra i 6-11 anni possono percorrere lunghe distanze, a differenza delle bimbe a cui è dedicata più attenzione).
  • Ruolo dei Coetanei: nell’infanzia si ha infatti una segregazione sessuale nei giochi di gruppo; Harris fa infatti notare come spesso i bimbi si preoccupino di attenersi ad un ruolo sessuale maschile/femminile poiché tale distinzione è fondamentale x fare parte del gruppo dei pari. Il gruppo dei pari, a sua volta, determinerà ciò ke è appropriato e ciò ke nn è appropriato x ciascun sesso, sottolineando così le differenze sessuali.
  • Sport e Videogames: sono perlopiù i maschi a praticare sport e a giocare coi videogiochi: qst potrebbe essere dato dalla predisposizione visuospaziale ke porta a scegliere tali attività oppure, al contrario, la pratica di tali attività ke permette l’insorgere di queste capacità.
    Inoltre, sebbene le ragazze giocando coi videogiochi migliorino le abilità visuo-spaziali, la differenza risulta cmq evidente se confrontate con le capacità maschili (à quindi hanno un certo peso anke le predisposizioni).
  • Ruolo della TV e dei Media: queste trasmettono un’immagine stereotipata dei ruoli in base al sesso (velina x le femmine e calciatore x i maschi).
  • Insegnanti e Scuola: nelle scuole (e nella vita più in generale), maschi e femmine vengono trattati in modo diverso: a scuola, i maschi sono più incoraggiati alle discussioni e sono ascoltati con più attenzioni (venendo xcio gratificati da tutto qst); le ragazze hanno invece un rendimento scolastico superiore ai coetanei e, pertanto, prendere voti alti è più importante x le femmine ke x i maschi à di queste cose xo maschi e femmine nn sempre sono consapevoli.

ASPETTATIVE E VALORE: COME INCIDONO SU MOTIVAZIONE E PRESTAZIONE
X Eccels la prestazione in un compito cognitivo dipende da quanto l’individuo ke affronta il compito, si aspetta di riuscire o meno, e da quanto peso attribuisca poi alla riuscita o al fallimento. Le persone pertanto persistono in un compito solo se si pensa di avere possibilità di riuscita (= se hanno delle aspettative) o se danno un valore a quella particolare attività (= valore).
Nota ke generalmente le femmine hanno un’autostima minore dei maschi (ossia il credere di potercela fare o meno a svolgere un compito à qst credenza tuttavia può nn coincidere con le reali capacità, ma di fatto incide moltissimo sulle prestazioni). Bandura sostiene infatti ke se una persona ha più autostima, penserà di riuscire, cosa ke lo porterà poi ad applicarsi più intensamente e più a lungo.
Uno studio parzialmente legato a quanto detto, è stato fatto negli USA da Benbow; si tentò infatti spiegare le migliori prestazioni maschili in matematica, partendo dalla rassegna delle ipotesi psicosociali esistenti, ke affermavano:

  • Percezione: Le femmine percepiscono ke riuscire in matematica è meno importante/poco influente sulla loro carriera (cosa ke incide sulla motivazione)
  • Fiducia: le femmine hanno meno fiducia nelle loro capacità matematiche
  • Incoraggiamenti: le femmine hanno meno sostegno e supporto nell’intraprendere corsi di matematica
  • Scelta: le femmine scelgono meno corsi di matematica, fisica ecc rispetto ai compagni maschi

La probabile conclusione è quindi ke le differenze sessuali siano probabilmente dovute ad una molteplicità di fattori psicosociali e nn ad una sola variabile.
SCOMPARSA DELLE DIFFERENZE SESSUALI
Una delle domande più ricorrenti riguarda il fatto della possibile scomparsa delle differenze sessuali. Secondo i punteggi SAT, le differenze sessuali in ambito cognitivo si stanno attenuando; tuttavia, in merito a tale affermazione, è importante considerare ke:

  • I test utilizzati x misurare le abilità cognitive sono cambiati rispetto al passato (à sono più bilanciati)
  • Sono cambiati i criteri di pubblicazione degli studi (vengono pubblicati perlopiù quelli politicaly correct, in cui si afferma ke nn vengono trovate differenze à qst tuttavia nn significa ke nessuno studio scopra delle differenze: semplicemente nn vengono pubblicate)
  • È cambiato infine il campione: oggi le donne sono maggiormente istruite e la composizione etnica è molto più variegata

Concludendo, è impossibile dare un’unica risposta: in parte stanno avvenendo cambiamenti, in parte no, ma è difficile essere precisi in merito.
EMOZIONI
Le emozioni son costituite da più componenti:

  • Espressiva/Comportamentale: come l’emozione viene manifestata à qst è misurabile con L’EMG (strumento ke è in grado di valutare la tensione muscolare, grazie alla quale può misurare le emozioni) o da attenti osservatori esterni
  • Esperienzale e Verbale: come gli individui valutano i propri stati emotivi à sarebbe opportuno somministrare dei questionari auto valutativi x conoscere ciò, ma vi è il rischio di essere influenzati dagli stereotipi
  • Fisiologica: come il corpo manifesta lo stato emotivo (tra gli indici psicofisiologici più utilizzati abbiamo la reattività cutanea à la quantità di sudorazione è associabile ad uno stimolo emotigeno).

Tutte queste informazioni sono emerse da studi condotti sulle emozioni, basandosi sulle diverse modalità di espressione di esse: espressioni facciali, cambiamenti fisici associati all’emozione, resoconti verbali forniti dalla persona a proposito dell’esperienza provata e comportamenti nn verbali.
Le emozioni risultano critiche nell’influenzare le prestazioni nei diversi compiti cognitivi (es la memoria); le femmine in particolare hanno una minor capacità di mantenere l’equilibrio emotivo, cosa ke si traduce poi in una maggiore facilita di espressione emotiva ed una maggiore empatia. X tale motivo, le donne sono considerate maggiormente emotive rispetto agli uomini.
Pare inoltre, secondo diversi studi, ke uomini e donne differiscano x la modalità di espressione emotiva, ma nn x il modo in cui provano le emozioni (anzi, secondo alcuni i maschi rispondono in modo più forte alle emozioni rispetto alle donne à qst sarebbe dovuto ad un’interiorizzazione delle emozioni negli uomini).
In generale,rispetto agli uomini le donne:

  • Espressività: sono più espressive dei coetanei
  • Frequenza: esprimono le emozioni con maggiore frequenza, intensità e complessità
  • Linguaggio: uso maggiore di descrizioni verbali e vocaboli emotivi
  • Empatia: maggiore capacità empatica (riguardo alla codifica e alla decodifica delle emozioni altrui)
  • Sensibilità: maggiore sensibilità emotiva ed interesse a riconoscere le emozioni altrui, tenendone poi conto nel proprio comportamento
  • Espressione: dipende dai tratti comportamentali, ma generalmente le donne hanno una maggior trasparenza della propria emotivitàà nota ke il fatto ke le donne esprimano più facilmente le proprie emozioni nn significa ke ne provino di più, ma semplicemente ke hanno (forse) una soglia differente x quanto riguarda l’espressione dell’emozione.

Le differenze sessuali nell’emotività sono dunque riscontrabili perlopiù nella modalità di espressione, nella frequenza e nell’intensità. Infatti, sia maschi ke femmine sono in grado di identificare le emozioni suscitate da un particolare stimolo, e provano le stesse emozioni: son solo le modalità espressive e le reazioni psicofisiologiche ad essere diverse (x Gross e John, ad es, gli uomini tendono maggiormente a mascherare i loro vissuti emotivi).
STILI EMOTIVI
Tendenzialmente, i maschi sono più portati a portare/mantenere verso l’interno le proprie emozioni, senza manifestarle apertamente: si hanno infatti elevati livelli di attivazione emotiva, associati xo alla capacità di nascondere i propri stati emotivi à qst viene utilizzato x proteggersi, nn svelando in tal modo all’interlocutore toppe info su se stessi. Invece, gli individui con una scarsa attivazione emotiva interna, manifestano maggiormente le proprie emozioni.
Quindi, nn sono solamente le differenze sessuali a determinare lo stato emotivo interno o esterno, ma ciò dipende perlopiù dai fattori ambientali o educativi (anke se poi incidono ovviamente fattori come i tratti comportamentali, la personalità..).
Uno studio effettuato da Kring e Gordon, evidenzia come gli individui in grado di esprimere meglio le loro emozioni sono quelli con punteggi di mascolinità o femminilità nn fortemente polarizzati à vennero infatti studiati gli Androgini (né totalmente maschi, né totalmente femmineà tuttavia la maggior parte degli androgini è perlopiù donna: è x qst ke vi è forse una maggiore emotività), ed emerse ke questi avevano una miglior flessibilità nel comportamento emotivo, un minor legame con specifici modelli sessuali di espressività emotiva ed una maggior estroversione e abilità nelle relazioni sociali. Dunque, la compresenza di caratteristiche maschili e femminili determina lo sviluppo di una personalità e comportamento emotivo equilibrato: tale equilibrio permette poi un maggiore successo sociale.
FATTORI EDUCATIVI E SOCIO CULTURALI NELLE EMOZIONI
Ad influenzare le emozioni di un individuo concorrono sicuramente influenze di tipo genetico e biologico; tuttavia una componente ke influenza fortemente l’emotività è il contesto sociale, il quale stabilisce come e quando sia lecito manifestare un’emozione (ad es si è più inclini a manifestare le emozioni positive in presenza di persone familiari e a limitare l’espressione di quelle negative con gli estranei).
Va poi precisato ke, nell’influenza data dal contesto, nn vi sono differenze sessuali: le differenze sessuali nelle manifestazioni emotive dipendono infatti da modelli educativi e comportamentali, imposti ai bimbi a seconda del loro sesso.
Pertanto, è possibile affermare ke esistono forti stereotipi riguardo il modo in cui le donne e gli uomini esprimono le loro emozioni:

  • Le donne: manifestano di più i loro stati emotivi, esprimendo maggiormente certe emozioni (paura, tristezza, gioia, affetto, vergogna, paura e colpa..)à qst si addice di più al ruolo assegnato socialmente
  • Gli uomini: siccome la società li vede come più aggressivi, competitivi e concreti, sono più portati a manifestare maggiormente emozioni come rabbia e orgoglio.
    Sono stati xo osservati uomini ke svolgono mansioni femminili (cura della casa, figli..) ed è emerso ke essi manifestano maggiormente le loro emozioni.

Questi stereotipi vanno ad influenzare fortemente il comportamento emotivo degli individui, ke li condizione di conseguenza in ogni contesto: vediamone alcuni.

  • Famiglia: il contesto familiare ha un potere molto forte nel determinare i modelli di comportamento dei bimbi: i genitori (in particolar modo i padrià baciandole, abbracciandole, parlando loro di più) incoraggiano una maggiore espressività emotiva nelle femmine rispetto ai maschi, ke hanno così sin dalla prima infanzia più familiarità con la descrizione e la trasmissione delle emozioni à qst, se sommato agli stereotipi (ke affermano ke la donna deve essere più emotiva) chiarifica la predisposizione delle donne all’emotività.
    Più in generale:
    • Madri: usano con le femmine termini emotivi positivi (o relativi alla tristezzaà uno dei pochi negativi) ed evitando quelli negativi, come rabbia e aggressività.
      Coi maschi invece parlano sia di emozioni positive, sia di emozioni negative
    • Padri: hanno il compito di trasmettere anke le emozioni negative alle figlie (à il fatto ke ciò sia veicolato da un solo genitore, potrebbe incidere sul maggior controllo delle emozioni nelle femmine)

Le influenze della famiglia sono poi ulteriormente rinforzate da educatori e da insegnanti

  • Scuola: i professori a loro volta assecondano ed incoraggiano l’emotività delle alunne (rispetto agli alunni)
  • Giochi e Ruoli: le differenze sessuali nel comportamento emotivo sono rafforzate dal fatto ke i bimbi/bimbe tendono ad avere gruppi omogenei dello stesso sesso. Le femmine infatti hanno una maggiore propensione a costituire gruppi più piccoli e intimi, dove all’ostilità e alla competizione prevalgono la cooperazione e l’accordo.
    I maschi invece tendono a formare gruppi più ampi, caratterizzati da una maggiore aggressività, in cui oltretutto i conflitti sono più frequenti.
    Così facendo, si ha un’influenza x lo sviluppo delle proprie emozioni (quindi, lo stile ludico differente, orienta lo sviluppo emotivo dei bambini): le femmine risulteranno più a bili a comprendere ed esprimere le emozioni, minimizzando l’aggressività ; i maschi saranno invece più portati a nascondere sin dai primi tempi le emozioni ke mostrerebbero la loro vulnerabilità, massimizzando oltretutto i loro atteggiamenti negativi.
    Il risultato finale di tutto ciò, sarà ke le prime forme di socializzazione influenzeranno il comportamento emotivo dei soggetti in età adulta: i maschi si mostreranno più caldi ed emotivi verso l’altro sesso, mentre le femmine tenderanno a porsi più aggressive nei confronti degli uomini à qst xke le persone qnd interagiscono con altri individui tendono ad allineare/adeguare il proprio comportamento o atteggiamento emotivo con l’interlocutore ke si pensa di avere davanti.

Va poi sottolineato l’importante ruolo dei media nel rafforzare i modelli stereotipati di comportamento emotivo x maschi e femmine: un es è visibile nei film in cui l’uomo è dipinto come dominante, aggressivo e attivo, mentre alle donne spettano ruoli più passivi e più bisognosi di aiuto e protezione.
Un ultimo fattore influente nel comportamento emotivo è rappresentato dalle regole socialmente condivise, ke agiscono più o meno tacitamente al fine di stereotipare il più possibile i tratti comportamentali, x mantenere così l’equilibrio sociale prestabilito: nelle culture collettiviste infatti, il bene sociale viene prima di quello individuale, cosa ke influisce sulle manifestazioni di rabbia e aggressività; nelle culture individualiste invece viene premiata la competitività (à determinando così una maggior propensione alla rabbia e all’aggressività).
TEORIA DI BARON COHEN: THE ESSENTIAL DIFFERENCE
L’ipotesi su cui poggia tale teoria, risiede nella differenza insita nei cervelli dei 2 sessi:

  • Cervello Maschile: basato sulla sistematizzazione(à ossia una capacità ke comprende l’analisi, la costruzione, l’esplorazione e la comprensione di sistemi. Esso è in grado di cogliere intuitivamente il funzionamento delle cose e di estrarre regole ke sottendono il funzionamento del sistema; questa capacità è dunque utile alla comprensione e predizione del funzionamento del sistema, ma anke alla costruzione di uno nuovoà in quanto comprende in modo migliore i meccanismi alla base delle cose).
    Gli uomini hanno pertanto una capacità di sistematizzazione migliore delle donne.
  • Cervello Femminile: basato sull’empatia (à ossia la capacità di identificare emozioni e pensieri di una persona x poter così rispondere con emozioni adeguate).
    Il cervello femminile è pertanto mediamente più empatico di quello femminile.

L’autismo è considerato come una forma estrema del cervello maschile.
Esaminiamo ora i principali tipi di cervello:
SQ: quoziente di sistematizzazione
EQ: quoziente di empatia
Se:

  • E > S à cervello tipico femminile
  • S > E à cervello tipico maschile
  • E = S à cervello bilanciato
  • S >> E à tipo di cervello estremo con una sistematizzazione iper-sviluppata ed empatia ipo-sviluppata
  • E >> S à cervello estremo con empatia iper-sviluppata e sistematizzazione ipo-sviluppata

AUTISMO
Il sintomo autistico nasce all’interno della clinica e dall’analisi sulla schizofrenia fatta da Breuer. Il disturbo dello spettro autistico è caratterizzato da difficoltà comunicative e sociali forti, spesso accompagnato da un ritardo mentale / linguistico medio forte con conseguenti difficoltà di comprensione  (àsennò  si avrebbe la sindrome di Asperger in cui nn si ha ritardo ma solo una discreta difficoltà). Compare prima dei 3 anni e permane in età adulta, ma è cmq riducibile mediante interventi psico-educativi, e ha un’incidenza di 1 su 1000 circa. Un ultima cosa ke va notata è ke si ritiene ke la differenza tra persone normali ed autistiche nn sia di tipo qualitativo, ma quantitativo (una quantità estremizzata à cervello autistico come versione estrema del cervello sistematico maschile: è ipersistemico).L’autismo è spesso distinto da:

  • Solitudine del bambino (ignora le persone intorno a lui come se nn esistessero).
  • Si attacca morbosamente all’ambiente inanimato
  • Attua forti stereotipie e rituali incomprensibili
  • Nn tiene conto delle regole sociali ma solo delle sue (àke se  violate scatenano una crisi).
  • Mancanza di empatia (à nn condivide le emozioni) e spesso dominato da paura, panico e da collera (à ke possono scatenarsi improvvisamente)
  • Labile nella capacità attentiva (in quanto si distrae molto facilmente)
  • NON È CAPACE DI IMITARE
  • Lo sguardo è inadeguato e nn ricerca (oppure sfugge) lo sguardo altrui (à spesso osserva punti nel vuoto).
  • Disturbi alimentari
  • Difficoltà o assenza della TOM (comprende solo mediante processi riflessivi, ma nn emotivi) ke nn viene correttamente acquisita (si ha pertanto un grave deficit)

EMPATIA
Essa è costituita da 2 componenti:

  • Cognitiva: consiste nel comprendere le emozioni altrui, assumendo correttamente la prospettiva (il punto di vista) degli altri. Tale componente permette di predire il comportamento e lo stato emotivo degli altri.
  • Affettiva: consente di rispondere appropriatamente all’interlocutore in base al suo (àdell’interlocutore) stato emozionale

SISTEMATICITA’
Un sistema è qualsiasi cosa  governato da regole (ossia organizzati secondo un certo criterio). Esso è x definizione finito e deterministico e regolato in base a relazioni di Input - Operazione - Output ke ne governano il funzionamento. Il sistematico cerca di comprendere le cause dei suoi stati interni x saperle governare: x qst, esplora come un particolare input produce un output (cerca l’operazione compiuta dal sistema mediante un processo induttivo à  dopo una serie di regolarità, estrapola le regole del funzionamento generale).  Qst tipo di approccio è riscontrabile solo negli umani e nei primati più evoluti; infatti imparare a governare un sistema è diverso dall’apprendimento x associazioni: nel primo caso bisogna difatti comprendere il sistema in Sé, x saperlo poi governare.
CERVELLO FEMMINILE
Il cervello femminile è più empatico: qst è evidente in numerose cose:

  • Stili di Gioco: i bimbi di pochi mesi tendono a preferire partner di gioco dello stesso sesso, scegliendo poi il partner ke ha uno stile sociale simile al loro: i maschi, prediligendo approcci più fisici qnd vogliono qlcs, ricercano comportamenti agonistici; le femmine prediligono invece approcci di tipo verbale.
  • Gerarchie di Dominio: i maschi stabiliscono maggiormente gerarchie di dominio (infatti esistono più leader maschi à ma qst xke è anke di loro interesse) in gruppi ampi; anke le femmine stabiliscono una gerarchia, ma tramite dinamiche diverse (spesso stabilendo, ad es, relazioni più intime) in gruppi ristretti
  • Giochi di Ruolo: il 90% delle bimbe gioca con le bambole (à gioco ke implica relazioni emotive e cure); le femmine inoltre sono più brave e interessate ad immaginarsi in ruoli diversi: usano una maggiore varietà e spesso intraprendono ruoli cooperativi ke coinvolgono anke aspetti sociali (es raccontare storie). I maschi invece, sebbene intraprendano a loro volta giochi di ruolo, incentrano tutto il gioco su di loro e sulla loro forza (eroi solitari ke combattono).
  • Disturbi antisociali: colpiscono maggiormente i bimbi maschi: questi sono infatti caratterizzati da un’empatia spesso inaccurata e ad un’attribuzione  di intenzioni ostili anke laddove nn è così.
    Le femmine invece, già dal 1° anno di vita tentano di confortare le altre persone: sono infatti più sensibili alle espressioni facciali e si preoccupano di più x gli altri (à già dai 3 anni sono migliori nella TOM), consolandoli. Inoltre, se le femmine prediligono le relazioni con maggiore reciprocità, i maschi preferiscono quelle più competitive.
  • Gelosia: le donne son più gelose all’idea ke l’uomo si leghi emotivamente ad un’altra (si innamori); i maschi stanno più male all’idea di un’infedeltà sessuale.
  • Fantasie Sessuali: le donne tendono a pensare alle caratteristiche emotive e personali del partner; gli uomini si focalizzano sulle caratteristiche fisiche/sessuali.

DIFFERENZE SESSUALI NELLE ABILITÀ
Gli esperimenti hanno tentato di stabilire se l’entità del vantaggio maschile nei compiti visuo-spaziali dipende dal maggiore utilizzo dell’emisfero dx (àil quale è specializzato x le abilità visuo-spaziali).
X Levy, il cervello maschile è organizzato in modo asimmetrico, rispetto alle femmine: gli uomini, secondo la sua teoria, hanno l’emisfero sin adibito ai processi cognitivi verbali, mentre i processi visuo-spaziali sono situati a dx.
Il cervello femminile è invece organizzato in modo più simmetrico e ha pertanto le funzioni più distribuite (entrambi gli emisferi egualmente coinvolti nei processi).
CRITICA: Tale teoria interpreta le abilità visuo-spaziali come costrutto unico, mentre sono in realtà costituita da varie sotto abilità à xcio le differenze sessuali in determinati compiti sono maggiori, poiché dipendono dall’unione del tipo di compito e dall’uso selettivo dell’emisfero dx.
L’effect Size (studiato da Voyer, il quale propone ke le differenze sessuali emergano in compiti particolari) risulta maggiore x 3 tipi di compiti in particolare: Rotazione Mentale (d = 0,56), Percezione Spaziale (d = 0,44) e Visualizzazione Spaziale (d = 0,19). La domanda ke ci si pone è poi quanto siano coinvolti i 2 emisferi in ciascuna sottoabilità

  • Rotazione Mentale: se c’è differenza tra i 2 emisferi, si ha di solito un maggior coinvolgimento dell’emisfero dx (negli uominià nota xo ke nn sempre è riscontrabile un vantaggio maschile).
    Nei compiti di rotazione mentale i TR dei maschi sono significativamente inferiori qnd lo stimolo viene presentato nell’occhio dx (e quindi analizzato dall’emisfero sin); nelle donne invece i TR sono uguali x entrambi gli occhi. Vedi fig 3 x test di Rotazione Mentale.
    Successivi esperimenti hanno xo decretato ke tra maschi e femmine nn ci sono differenze significative x qst genere di compiti, cosa forse attribuibile ad un uso di strategie efficaci da parte delle donne (à magari ricorrendo a strategie verbali in cui sono avvantaggiate; in ogni caso dati contrastanti).
  • Percezione Spaziale: si ha solitamente un maggior coinvolgimento dell’emisfero dx (è quello ke impiega un minor tempo di elaborazione).
    Nel test Water Level (vedi Fig 4) entrambi i sessi hanno TR più lunghi qnd lo stimolo è presentato nell’emicampo sin (sebbene gli uomini siano poi significativamente più veloci).
  • Visualizzazione Spaziale: poca/nessuna differenza emisferica rilevata. Vedi Fig 5

L’ipotesi ke si può così formulare è ke tanto più un compito visuo-spaziale coinvolge selettivamente l’emisfero dx, e tanto più sarà maggiore il vantaggio maschile osservato in quel compito (nota ke x valutare il coinvolgimento di un emisfero nel comportamento, bisogna proporre uno stimolo nell’emicampo visivo dell’occhio opposto all’emisfero cerebrale da analizzare, e vedere poi quali aree cerebrali si attivano).
GRAFICI, INTERVALLO E ANALISI: Importante, qnd si analizzano i dati di esperimenti o di test come i precedenti, sono elementi come i grafici, gli intervalli di confidenza e il tipo di analisi effettuata:

  • Grafici: Nelle rappresentazioni grafiche a colonne, sopra le barre del punteggio ci sono 2 barrette, definite barrette di errore (vedi fig 6), le quali mostrano quanto i punteggi sono distribuiti, ossia se tutti hanno avuto un determinato punteggio (à ke implica una maggiore compattezza al centro) o se i punteggi sono più distribuiti (à ke implica una maggiore collocazione sulle curve). Nota infine ke qnd le barrette d’errore sono più distribuite (à graficamente risultano più lunghe) c’è un minor impatto di quel risultato nella pratica ed è dunque più difficile riscontrare la cosa esaminata. Tanto più le barrette son corte invece, e tanto più sarà probabile riscontrare nella realtà la cosa.
  • Intervallo di Confidenza: Il range di valori dove si stima ke risulteranno i valori trovati nel compito (dove cade il 95% dei punteggi)
  • Analisi Statistica: l’importanza di un’analisi statistica è fondamentale in ogni esperimento, poiché essa è in grado di convalidare le ipotesi testate (à si otterranno delle medie ke saranno indicative, ma ovviamente nn comprensive di tutta la popolazione). Nell’analisi è poi molto importante avvalersi anke delle barre di errore prima citate.

CONCLUSIONI: nei maschi, qnd gli stimoli vengono presentati a sin, l’emisfero dx li analizza e risulta più veloce nell’elaborazione; tuttavia, il vantaggio maschile sulle donne, permane anke se lo stimolo è presentato a sin: nn era infatti riscontrata quasi nessuna differenza. Inoltre, era visibile come prestazioni simili potessero essere raggiunte con l’insegnamento e l’uso di strategie diverse.
La letteratura sostiene ke nn vi è dominanza da parte di uno dei 2 sessi qnd è coinvolto nel test l’emisfero dx à maschi e femmine tendono infatti ad avere prestazioni simili qnd è usato qst. Tutto ciò poteva xo essere attribuibile alle medie ingannevoli: la dispersione rendeva infatti la correlazione nn significativa.
Un altro studio si pone un’altra domanda: quale peso hanno le differenze sessuali e quelle individuali nel determinare l’attivazione cerebrale nella pianificazione visuo-spaziale? Sottoponendo 20 soggetti (10 maschi e 10 femmine) a delle prove atte a determinare ciò, emerse una relazione lineare positiva tra il livello individuale di prestazione e la parte dorso laterale anteriore della corteccia prefrontale; i soggetti con migliori prestazioni presentano anke un aumento dell’attività cerebrale nelle regioni temporali superiori/posteriori e adiacenti alla regione parietale inferiore dell’emisfero dx. Nn venne dunque riscontrato alcun effetto legato al sesso nella fase di pianificazione.
Dunque, l’attivazione cerebrale in questa fase dipende dalla mia capacità di prestazione, e nn dal mio sesso.
X quanto riguarda invece la parte dell’ Esecuzione, si ha una reazione lineare positiva tre i livelli individuali di prestazione e la forza di attivazione nella corteccia paraippocampale di dx (nota: mentre osservo le lastre devo sapere ke convenzione sto usando: se è radiologica, la Dx e la Sin saranno invertite; se è neurologica saranno invece dello stesso lato).
Nelle femmine in particolare, l’attivazione paraippocampale di dx è superiore rispetto agli uomini, cosa ke implica tempi di esecuzione più lunghi: da ciò, la possibilità ke la maggior attivazione della regione paraippocampale denoti l’accesso alla memoria episodica x recuperare la sequenza dei movimenti individuata nella fase di pianificazione.
CONCLUSIONI: sia il livello di abilità individuale, sia il sesso modulano il pattern di attività cerebrale in un compito di pianificazione visuo-spaziale.  Tuttavia, il peso delle differenze individuali è maggiore di quelle sessuali.
Inoltre, benché la struttura cerebrale maschile e femminile sia differente, nn si può affermare ke i differenti risultati dipendano da diversi processi cognitivi (à anke xke negli esperimenti in cui vengono usati strumenti di neuroimaging, vengono spesso usati pochi soggetti, cosa ke porta a commettere BIAS).
PARTE II - LA PERSONA E LA SITUAZIONE
Lo psicologo, in merito alle persone e alle situazioni, deve porsi 2 domande fondamentali, nel caso debba effettuare un intervento:

  • È possibile prevedere il comportamento di una persona in una situazione nuova?
  •  Quali info occorreranno x prevedere questo?

Si sostiene ke elementi come la personalità, il comportamento passato, gli obiettivi di vita e le caratteristiche della situazione possano permettere una certa previsione, ma i risultati empirici affermano ke nelle situazioni nuove nn siamo in grado di prevedere il comportamento, con nessuna delle precedenti caratteristiche à tutto dipende dalla situazione specifica e da come la interpretiamo. Infatti, la psicologia scientifica evidenzia come strumenti di misura validi (es x quantificare l’aggressività), informazioni di comportamenti passati, conoscenza di tratti di personalità o di differenze individuali, nn riescano a predire il futuro comportamento, poiché ognuno di essi ha un ruolo troppo limitato rispetto ad una situazione contingente (à nota invece ke il senso comune -il cosiddetto disposizionismo ingenuo- crede ke le differenze individuali siano utili x compiere previsioni sul comportamento delle persone).
Esperimento del Buon Samaritano: in tale test, degli studenti di teologia dovevano recarsi in una facoltà diversa da quella in cui risiedevano x provare il sermone del buon samaritano. Durante il tragitto incontravano poi una persona bisognosa di soccorso (un attore):

  • Se erano in ritardo solo 1 persona su 10 si fermava dalla persona bisognosa
  • Se erano in anticipo, se ne fermavano 6 su 10
Dunque la fretta o gli impegni fanno abbandonare la persona nella maggior parte dei casi (anke se la personalità fosse perlopiù buona).
Qst è dovuto all’errore fondamentale di attribuzione: esso considera infatti esageratamente i tratti più o meno stabili della personalità, senza tuttavia riconoscere l’importanza dei fattori situazionali ke influenzano il comportamento.
Da ciò, la divisione in aspetti macroscopici e microscopici: nn tutti gli aspetti della situazione hanno la stessa importanza à alcuni aspetti apparentemente marginali possono risultare fondamentali, e viceversa x quelli ke appaiono importanti (possono avere in realtà effetti minimi à es la vincita di 1 milione di € in realtà, secondo gli studi, nn influenza così tanto la ns vita: certo cambierà, ma nn verrà stravolta).
Esperimento Sommerville-Cambridge: negli anni 40 venne attuato un enorme progetto sociale: si volevano infatti migliorare le condizioni dei minori socialmente svantaggiati e ke erano presumibilmente indirizzati verso la criminalità. X vedere se l’intervento era funzionale, si prese un campione di 500 ragazzi: 250 erano inclini alla delinquenza, 250  erano reputati “normali” sebbene la condizione socioeconomica bassa.
Tramite assegnazione casuale vennero divisi in gruppo di controllo e gruppo sperimentale à chi apparteneva a qst ultimo ricevette 5 anni di assistenza (interventi sociali, psicologici e scolastici: assistenti sociali presenti 2 volte la settimana, insegnanti di sostegno, inserimento in reti sociali positive -es boy scout-..).
Da un punto di vista soggettivo (degli operatori dell’intervento) i risultati parevano positivi. Tuttavia, dai risultati oggettivi emerse ke i ragazzi della condizione sperimentale nn ebbero minori probabilità di divenire delinquenti rispetto al gruppo di controllo (e anzi la probabilità risultava leggermente superiore à dopo 30 anni infatti i soggetti furono ricontattati e si scoprì ke i soggetti del gruppo sperimentale avevano maggiori probabilità di commettere reati gravi o divenire alcolisti). Tale fallimento può essere riconducibile ai piccoli fattori situazionali (es ho persone ke mi aiutano: qst significa ke ho qlcs ke nn vaàsono un fallito) e ai fattori situazionali più importanti ma nn manipolati (come ad es le specifiche caratteristiche delle famiglie). L’intervento dunque, sebbene abbia aiutato alcuni partecipanti, ne ha danneggiati altri x via dell’autoetichettamento (sono un fallito xke mi stanno aiutando), dell’etichettamento esterno (giudizi sociali esterni su quella persona ke viene aiutata à spesso i pari agiscono come forza restrittiva contraria al cambiamento dell’individuo aiutato) o dalla delusione di aspettative (intervento o risultati inferiori alle aspettative).

     

Qst testimonia il ruolo dell’interpretazione: ciò ke conta nn è solo la situazione stimolo, ma soprattutto come essa viene interpretata (ma spesso nella previsione del comportamento le persone nn prendono in considerazione l’interpretazione ke l’individuo da’ alla situazione à es donna si siede su una panca e sposta la borsa appena ne arriva un'altra: ciò può venire interpretato come cortesia o come diffidenza, ma dipende dall’individuo). Le interpretazioni errate, ci portano così a commettere spesso errori di valutazione.
Nota ke nell’esperimento appena citato sarebbe stato utile uno studio pilota: è infatti molto difficile prevedere le conseguenze degli interventi a lungo termine ed è dunque necessaria un’attenta valutazione prima di condurli. In particolare, gli interventi sociali dovrebbero essere messi alla prova su scala ridotta, anke qnd sin dai primi risultati può apparire come un successo (à su larga scala potrebbe dimostrarsi un fallimento).
In un secondo studio di Cambridge-Sommerville venne poi esaminato il ruolo del contesto familiare ed economico: i gruppi di controllo vennero suddivisi in 4 categorie, in base al grado di benessere dato dalla famiglia(distinte le famiglie in base alla gravità dei problemi: es padri alcolizzati, grossa povertà..). Analizzando 40 anni dopo i medesimi soggetti, emerse ke le condizioni familiari avevano incidenze nulle o poco trascurabili (à quindi il fatto di appartenere a famiglie facili o difficili determinava una medesima probabilità di diventare criminale, suicidarsi, sviluppare psicopatologie..). Tale studio suggerisce dunque ke gli effetti derivanti da diverse situazioni possono essere molto diverse da ciò ke le teorie o le ns intuizioni ci suggeriscono: difatti, alcuni fattori valutati come importanti possono essere insignificanti e viceversa à quindi, nn siamo in grado di prevedere come le persone risponderanno alle situazioni nuove, xke nn possiamo aggrapparci a nessuna base certa (tanto meno la ns continua e ripetuta base quotidiana: comportamenti ke potremmo ritenere come scontati, talvolta possono nn dimostrarsi tali).
La prevedibilità appare dunque come un’illusione, ma a noi (disposizionismo ingenuo) sembra costantemente ke le persone si comportino in modo coerente. In generale, si può affermare ke le previsioni sul comportamento altrui, basate sulle differenze individuali, sono adeguate qnd:

  1. L’ambiente è quello quotidiano
  2. L’attore di cui dobbiamo prevedere il comportamento è nei ruoli e nei contesti in cui siamo abituati a vederlo
  3. La situazione nn è nuova

Se questi 3 punti nn sono presenti, le previsioni potrebbero nn essere accurate (es ritengo una persona fredda x via del ruolo ke ricopre, ma in realtà potrebbe nn rivelarsi così à es medico freddo xke richiesto dal suo ruolo, ma nella vita familiare è invece affettuoso). Inoltre, altri fattori ke vanno distinti nel processo di valutazione  sono:

  • Confusione tra le caratteristiche degli attori e dei ruoli (es un docente può essere intransigente coi propri alunni, ma nn necessariamente coi propri figli)
  • Pressioni Situazionali ke spingono alla coerenza (es sono con un amica femminista ke sente un commento sessista à penso ke lei si comporterà in un certo modo e lei agisce così di conseguenza x mostrarsi coerente nei miei confronti)
  • Coerenza motivazionale: una persona è determinata ad agire in un certo modo x motivazioni interne/esterne, con le quali tende ad essere coerente (es voglio studiare bene x diventare un buono psicologo)

Quindi, sono i principi e le intuizioni su cui le persone si basano ad essere sbagliate. Spesso, le ragioni di queste attribuzioni sono di natura percettiva (vedo un uomo ke batte un pugno sul tavolo à lo penso aggressivo) unito a fattori cognitivi (se abbiamo delle aspettative su un individuo, interpretiamo il suo comportamento sulla base di queste e troviamo delle giustificazioni qnd il suo comportamento nn è coerente con tali aspettative à ciò è definito come coerenza illusoria).
GRANDEZZA DELL’EFFETTO
X poter affermare ke gli effetti della situazione sono grandi rispetto a quelli della personalità ke son piccoli, abbiamo bisogno di alcune unita di misura (à in questi casi infatti nn basta la significatività statistica, xke anke le differenze minime diventano significative se il campione è abbastanza numeroso). X misurare la grandezza dell’effetto ci si può avvalere:

  • La “d” di Cohen à d = (M1-M2)/deviazione standard
    Quando d > .80 l’effetto è considerato grande
  • La “r” à essa è la correlazione presente tra manipolazione e variabile dipendente; in particolare r2 è la varianza spiegata
  • Criterio Pragmatico:  ossia considerazioni pratiche su alcune cose. Es quante vite potrà salvare tale medicina? Poche o tante?

IMITAZIONE
I pesci si muovono tutti insieme x dare ai predatori l’impressione ke (nell’insieme) siano un unico animale à qst è un metodo di difesa e avviene xke il loro cervello (dei pesci ke si muovono in gruppo) è impostato x seguire un proprio simile. Un atteggiamento simile è presente anke nei mammiferi, ad es qnd una madre nutre il bambino à aprono la bocca insieme, imitandosi a vicenda.
Esistono poi diverse prove sperimentali ke dimostrano l’imitazione della mimica facciale e della postura (chiamata imitazione automatica):

  • Eidelberg:  in tale esperimento veniva chiesto ai soggetti di toccarsi il naso qnd lui diceva naso e di toccar una lampada qnd diceva lampada. Ma se lo sperimentatore diceva naso toccando poi la lampada, i soggetti facevano lo stesso (risultato poi replicato in un altro esperimento di Chartrand e Bargh à se lo sperimentatore si gratta il naso, fa lo stesso anke il soggetto).
  • Printz: studia nel suo esperimento l’imitazione della struttura grammaticale delle frasi
  • Neumann e Strack: prove dell’imitazione del tono della voce

In generale, emerse da tali test ke le persone imitano automaticamente gli individui con cui hanno un buon rapporto (à c’è dunque una correlazione tra l’imitazione della postura e la qualità del rapporto tra le persone: tende infatti ad esserci un grado maggiore di imitazione qnd le persone hanno un atteggiamento positivo l’una nei confronti dell’altra).
Tuttavia, è bene sottolineare ke la correlazione tra imitazione e rapporto nn va vista come una relazione causale, ma come 2 aspetti ke possono influenzarsi a vicenda.
Questi fenomeni di imitazione automatica derivano da una tendenza ad imitare innata (à facciamo ciò ke vediamo fare da altri): ciò è dovuto ad un legame diretto tra percezione e azione ke ci porta a imitare quel ke vediamo. Il processo di imitazione è definito anke come traduzione automatica degli input percettivi, nei corrispettivi output comportamentali (= riceviamo un’azione come input ed essa viene subito tradotta come comportamento).
Infatti, qnd il ns cervello percepisce un comportamento sociale, si attiva una rappresentazione di questo comportamento mediante un flusso diretto:
Percezione del Comportamento à Attivazione della Corrispondente Rappresentazione Mentale à Maggiore Probabilità della Riproduzione Comportamentale
L’imitazione è dunque una conseguenza automatica della percezione; in particolare, si può affermare ke la rappresentazione mentale  dell’azione percepita e del comportamento agito sono sovrapposte.
La percezione nn è solo un modo x comprendere il mondo, ma soprattutto un mezzo x muoversi e agire adeguatamente nel mondo à grazie ad una corretta comprensione si può infatti giungere all’azione più adeguata.
Di tutto qst venne data inizialmente una prospettiva evolutiva: si ritiene ke da qnd l’uomo ha iniziato ad agire sul mondo si sono sviluppate le abilità percettive, in modo da consentire al soggetto di agire e reagire nel mondo (à quindi le abilità percettive si sono sviluppate xke abbiamo cominciato ad agire e nn a capire; un es di qst sono le rane, ke hanno 2 sistemi percettivi ke funzionano indipendentemente uno dall’altro: il 1° vede oggetti piccoli e attiva il sistema caccia e detenzione -serve alle rane x cacciare e mangiare gli insetti-; il 2° invece, qnd vede oggetti larghi, attiva il sistema fuga -serve x scappare da eventuali nemici mortali-. Quindi, studi su animali come pesci e balenomorphe indicano ke il sistema percettivo è legato all’azione. Va infine osservato ke ad un sistema corrisponde un comportamento e se 1 dei 2 sistemi viene meno, l’altro continua cmq a funzionare). Studi sui primati hanno poi ulteriormente confermato la sovrapposizione esistente tra la rappresentazione della percezione e dell’azione: qnd una scimmia vede un’azione, attiva la medesima area della corteccia premotoria ke attiva poco prima di compiere l’azione (si ha così sovrapposizione tra azione percepita e azione agita).
Bargh et Al condussero poi un’altra ricerca sull’imitazione: veniva chiesto ai partecipanti di ricordare una serie di espressioni facciali à nel fare qst xo, imitavano spontaneamente i volti ke stavano guardando. Nella 2° parte del test si volle osservare cosa succedeva con un’eventuale interferenza. Se si interferiva con l’azione (ossia espressioni ripetute sul proprio viso, al fine di ricordare - ad es chiedendo al soggetto di masticare una gomma durante il ricordo-) la rievocazione era peggiore: da ciò, la conclusione ke interferendo con l’azione, nn si permette la percezione ottimale.
Qst fu una delle prove più accreditate del fatto ke le rappresentazioni dell’azione agita e percepita sono sovrapposte, xke un compito di così basso carico cognitivo può interferire con un compito mnemonico. Ulteriori conferme di tale conclusione vennero da diversi autori:

  • Fadigo sottolineò ke qnd si vede un comportamento, si mettono in atto le fasce muscolari necessarie a compiere l’azione (à cosa ulteriormente a favore della sovrapposizione delle rappresentazioni).
  • Pause et Al fecero notare ke qnd si pensa ad una parola o ad un gesto si attivano le stesse aree cerebrali ke si attiverebbero in caso di linguaggio o compimento del gesto.
  • Jeannerod evidenziò come la simulazione mentale di un’azione provochi l’attivazione dei medesimi neuroni della corteccia premotoria, ke si attiverebbero in caso di azione

La conclusione finale di tutto ciò è ke pensare ad un movimento è identico a eseguirlo, tranne ke x la parte esecutoria ke viene bloccata.
Da qui, il principio di azione ideomotoria, ke sostiene ke il pensiero è x l’azione.
Sin dall’800 si sostennero ipotesi sul fatto ke il pensare di fare una cosa potesse accrescere la probabilità di farla à x James ogni rappresentazione di un’azione attiva in un certo grado il movimento pensato. Quindi, se penso di fare una cosa nn serve un atto di volontà x metterla in atto: l’atto di volontà è semplicemente necessario x bloccare l’azione (e nota ke esperimento recenti evidenziano lo stesso principio).
Quindi qnd osservo un comportamento, penso al comportamento, ne attivo le rappresentazioni mentali corrispondenti e ho pertanto una maggiore probabilità di attivarlo (in base poi al blocco ke esercito).
Il comportamento imitativo è tuttavia flessibile, poiché può decidere di imitare o meno; esistono infatti 2 possibili meccanismi insiti in tale flessibilità:

  • Facilitazione:  imitazione probabile xke sostenuta dalla stessa motivazione (se vedo un comportamento è maggiore la probabilità ke Io lo metta in atto; se poi a qst si aggiunge la motivazione, è ancora più probabile ke si attivi il comportamento).
    Quindi: percezione à attivazione della rappresentazione mentale + motivazione = Azione
  • Inibizione: L’imitazione è meno probabile x la capacità di controllo ke caratterizza la cognizione umana. Dalla percezione si può passare infatti all’attivazione delle rappresentazioni mentali ke se nn inibite (dagli eventi o dal controllo umano), scatenano l’azione.
    Quindi: percezione à attivazione della rappresentazione mentale - inibizione = Azione

Nota ke l’inibizione si sviluppa tramite l’evoluzione: solo le strutture cerebrali più recenti riescono a frenare l’azione.
Gli studi neuropsicologici sono a sostegno dell’ipotesi evolutiva del meccanismo di inibizione: il lobo frontale è infatti quello associato al comportamento intenzionale e se danneggiato provoca una diminuzione della funzione inibitrice. Infatti, i pazienti con danni al lobo frontale hanno effetti diretti e incontrollati: la percezione li porta infatti ad un comportamento automatico. Dunque, la rimozione della capacità inibitrice aumenta l’effetto della percezione sul comportamento.
Berkowitz sostiene ke la percezione di un atto aggressivo provocherebbe l’impulso ad agire aggressivamente: solo l’inibizione dell’impulso potrebbe fermarlo, ma senza tale inibizione innescheremo degli atti violenti à molti atti aggressivi sono così spiegabili mediante una reazione ad una catena percezione/azione. In particolare, un fattore di cui preoccuparsi è la violenza nei media: entro i 18 anni i ragazzi vedono 200.000 atti di violenza à i dati dimostrano inoltre ke i bimbi ke vedono tv più violenta sono mediamente più violenti coi coetanei.
Baron ipotizzò ke la visione di spettacoli violenti aumenta l’aggressività nei bambini: sulla base di questa teoria sostenne un esperimento. Un campione di bimbi venne diviso casualmente in 2 gruppi: al gruppo di controllo venne fatta vedere della tv normale, mentre al gruppo sperimentale furono mostrati dei programmi violenti. Da ciò emerse ke chi vedeva più violenze (ossia il gruppo sperimentale) era maggiormente predisposto ad essere più aggressivo.
Dunque, assistere alla violenza stimola l’aggressività.
Black e Bevan condussero invece un altro esperimento, atto a comprendere se una tendenza comportamentale poteva scatenare un comportamento consono ad essa (es sono un individuo aggressivo à sono più propenso a vedere film aggressivi). X comprendere qst, vennero somministrati dei questionari sull’aggressività su adulti ke entravano/ uscivano dal cinema à quelli ke dovevano andare a vedere film violenti erano già inclini ad esserlo a loro volta; inoltre, qnd uscivano dalla visione di film violenti erano divenuti ancor  più aggressivi.
Quindi, guardare contenuti violenti amplifica le inclinazioni violente (e a loro volta le inclinazioni naturali, in teoria, potrebbero portare a scegliere contenuti consoni alla propria personalitààtuttavia tale legame nn è tutt’ora ben compreso a fondo).
Philips studiò invece la correlazione esistente tra programmazione televisiva e l’incidenza di crimini à da qst ricerca emerse una relazione positiva tra incontri di boxe e omicidi (l’effetto inoltre risultava tanto maggiore quanto più l’evento veniva pubblicizzato; inoltre, la razza della vittima era spesso collegata alla razza del pugile sconfitto). In una ricerca successiva, fu poi in grado di riscontrare anke una correlazione tra il numero di suicidi e i suicidi clamorosi (à es Marylin Monroe).
In generale, dagli studi sull’imitazione, si può dire ke i comportamenti semplici e quelli complessi sono dovuti in parte alla situazione e in parte all’imitazione; l’imitazione inconsapevole riguarderà poi aspetti più complessi come il perseguimento degli obiettivi.
CREAZIONE DI NORME SOCIALI
Effetto Autocinetico (Sherif): se in una stanza completamente buia c’è un solo punto luminoso fermo, noi lo vedremo muoversi a causa dei costanti movimenti degli occhi. Se poi ai partecipanti veniva domandata la direzione in cui si spostava il punto, essi riferivano posizioni ke variavano di 2-20 cm dalla reale posizione. Tale esperimento era diviso in 3 fasi:

  1. Fase 1: soggetti da soli
  2. Fase 2: soggetti con altre 2 - 3 persone (stima fatta ad alta  voce)
  3. Fase 3: soggetti da soli

La stima di movimento di qnd si era da soli, cambiava dove si faceva il compito in più persone, poiché l’idea di uno influenza quella dell’altro fino ad uniformarsi (infatti i risultati finivano x convergere in un unico puntoàanke se chiamati 1 anno dopo x ripetere la prova, i soggetti finivano x ripetere il risultato creato dal gruppo. Nota tuttavia ke in tal caso la situazione era ambigua e i partecipanti nn avevano feedback sul fatto ke le risposte fossero corrette o sbagliate). Nel gruppo avveniva dunque una creazione di norme auto cinetiche x cui, man mano, il giudizio dei singoli si avvicinava progressivamente a quello creato dal gruppo: le norme auto cinetiche venivano infatti interiorizzate velocemente. Qst, xke le nostre percezioni, e i giudizi del mondo, sono condizionati e imposti socialmente (in particolar modo nelle situazioni ambigue, ci si adatta e associa maggiormente agli altrià in tal modo il pensiero dell’ambiente sociale influenza quello dei singoli individui).
Ma cosa accade qnd la situazione nn è ambigua e siamo sicuri delle ns risposte? Qst venne decretato in base ad una prova ke si proponeva di osservare ancora una volta l’influenza sociale (Asch); venne fatto un banale test in cui si chiedeva ai soggetti, prima da soli e poi in gruppo, di dire quale  tra 3 linee fosse identica ad una mostrata come target (la risposta era ovvia). Da soli ovviamente gli individui davano un corretto responso; tuttavia, qnd erano in gruppo, le persone si conformavano perlopiù all’idea (sbagliata apposta in quanto attori) del gruppo. Su 12 prove, il 50% dei partecipanti dava risposte errate (xke credevano ke il gruppo avesse ragione e nn volevano apparire ridicoli) e solo il 25% nn si lasciò mai influenzare (sebbene affermò di sentirsi a disagio nel rispondere secondo la propria opinione).
X far si ke tale influenza avvenga, è sufficiente ke il gruppo sia composto da un totale di 3 persone (2 attori + 1 ke si lascia influenzare) x far si ke avvenga il conformismo.
Il conformismo infatti nasce x soddisfare 2 esigenze particolari: essere nel giusto ed essere accettati dagli altri (à cose possibili visionando semplicemente il comportamento di altre persone ke ci informano sulla “cosa giusta da fare”).
Asch fu tuttavia criticato x via del contesto sperimentale del laboratorio. Milgram, x smentire le accuse, decise quindi di intraprendere un esperimento alternativo: i soggetti dovevano dare info x creare un sistema di segnalazione x aerei, la cui opinione poteva influire sulla vita delle persone (se segnalazione errata potevano schiantarsi). La situazione risultava dunque simile a quella di Asch, dovendo decidere se conformarsi o meno, ma con la differenza ke il compito implicava una forte responsabilità. Eppure, anke in tal caso, emerse un forte conformismo.
Concludendo, dovremmo aspettarci un conformismo ancora maggiore nelle situazioni quotidiane, dovuto al potere della situazione à tale conformismo scaturirà quindi anke in situazioni sociali.
INIBIZIONE DELL’INTERVENTO DEI PASSANTI
Il conformismo è presente anke qnd, in situazioni di gruppo, si possono inibire l’intervento delle persone presenti in 2 modi:

  • Diffusione di Responsabilità: una persona si ritiene tanto meno responsabile, quanto più sono presenti altri individui (se son presente solo Io, mi ritengo direttamente responsabile, ma se ci sono 20 persone mi sento meno responsabile).
  • Interpretazione o Definizione Sociale: se una situazione è ambigua, la mancanza di azione/intervento da parte delle altre persone permette un’interpretazione del mancato intervento (es nn sarà una situazione grave). Qst xke ci basiamo sul comportamento degli altri, osservando i loro comportamenti e attribuendo a questi dei ruoli informativi (se nn fanno nulla è xke nn ce nulla da fare).

Quindi la presenza di altre persone inibisce il pronto intervento e, proprio tale mancato intervento iniziale conferma le definizioni della situazione ke fanno apparire l’intervento come nn necessario, imprudente o inopportuno: ciò crea riluttanza nell’intervento (e un suo ulteriore ritardo) creando così un circolo vizioso (altre persone à nn intervengono à penso a mia volta ke nn ci sia bisogno dell’intervento à nn intervengo nemmeno Io).
Se tuttavia la persone è sola (e nn è così possibile dividere la responsabilità) prestano soccorso quasi tutti.
Se oltre a me c’è un’altra persona, solo 6 casi su 10 intervengono.
Se oltre a me ci sono 4 o più persone, intervengono 3 casi su 10.
Ma da cosa è causata la mancanza di intervento, oltre le 2 cause prima citate? Difatti, si prova agitazione, disagio o preoccupazione anke se l’intervento nn è dispendioso o pericoloso.
Darley et Al intrapresero un esperimento, in cui si poneva un soggetto in una situazione di emergenza: egli era infatti in una stanza con 2 collaboratori dello sperimentatore, ke rimanevano impassibili dinnanzi ad una fuoriuscita di fumo continuo ke stava riempiendo la stanza. Se il soggetto era solo (2° fase) nel 75% dei casi usciva e segnalava il fumo; se era in compagnia dei complici invece, agivano solo il 10% delle persone (e, in particolare, se ce n’erano 3 si muoveva il 38%, ma poiché il fumo raggiungeva livelli preoccupanti).
Il risultato è ke ci si guarda a vicenda e, se nessuno reagisce, spesso nn vi sarà alcuna reazione. Il macato intervento dipende cmq dalla specificità della situazione, includendo poi le regole comportamentali esplicitamente o implicitamente trasmesse nel momento in cui si presenta la possibilità di intervenire.
L’influenza sociale può essere considerata così forte x via degli aspetti Informativi: le altre persone sono una fonte di informazioni sul mondo e spesso nn tendiamo ad ignorare il pensiero degli altri xke, in passato si è rivelato utile strumento di conoscenza del mondo. Inoltre, l’essere in disaccordo con gli altri produce un disagio ke dobbiamo risolvere o spostandoci verso la loro posizione, o facendo venire loro verso la nostra (in alternativa si può decidere ke essi nn siano una fonte utile di informazione).
X Moscovic xo, il conformismo nn avviene sempre nei confronti della maggioranza.
Vediamo ora le probabilità di ricevere aiuto: esse sono più probabili qnd l’intervento nn ha costi elevati (nn c’è sangue, il soggetto nn è in ritardo), se il soggetto crede di poter aiutare la vittima e qnd qst’ultima è sentita simile a noi.
Kallgren et At fecero un esperimento sul comportamento problematico e usuale delle persone di buttare le cartacce x terra; nel test, i ricercatori mettevano volantini sulle auto e suddividevano poi la situazione in sperimentale e in situazione di controllo.
Nella condizione di controllo, il 37% dei casi appallottolava il volantino e lo buttava x terra. Nella condizione sperimentale invece, qnd un soggetto andava alla macchina, un complice vedendo la cartaccia x terra la raccoglieva e la buttava nel cestino. Con tale manovra, si passò dal 37% di persone ke gettavano a terra la cartaccia al 7%.

STUDI SULL’OBBEDIENZA ALL’AUTORITÀ
Milgram, fece un esperimento in cui una persona, obbedendo agli ordini dello sperimentatore, doveva dare una scossa elettrica ad un altro individuo (L’ipotesi iniziale di Milgram in tutto qst era ke vi fossero delle differenze culturali insite nell’obbedienza). L’esperimento prevedeva un docente (= soggetto), un allievo (= complice) e lo sperimentatore. All’allievo veniva proposto un test cognitivo in cui, ogni volta ke sbagliava, doveva ricevere una scossa elettrica da 15 a 450 volt da parte del soggetto. Dopo alcune scosse l’allievo urlò di dolore  e chiese di interrompere l’esperimento (anke xke affermò di soffrire di cuore); tuttavia lo sperimentatore disse al soggetto di continuare, anke xke nel caso in cui fosse successo qlcs, si sarebbe assunto ogni responsabilità.
Il 65% dei soggetti arrivò a dare la scossa più potente (quella mortale) e, sebbene preoccupati, si sentivano in obbligo di tener fede all’impegno preso con lo sperimentatore. Ma nel caso in cui erano presenti altri 2 complici ke xo si ribellavano allo sperimentatore ritenendo l’esperimento ingiusto, anke il soggetto aderiva alla loro causa.
L’obbedienza, cmq, dipende molto anke dal contesto: se infatti l’individuo ke da gli ordini gode di una certa credibilità, si è propensi ad obbedire; gli stessi risultati si hanno se a comandare le cose era lo sperimentatore o qualcuno x lui.
I risultati erano xo sempre più bassi qnd nn era presente lo sperimentatore, o se la vittima era nella stessa stanza di chi dava la scossa . I risultati, oltretutto, calavano vertiginosamente qnd x infliggere la scossa era necessario del contatto fisico.
Dunque, ci si aspetta una maggiore obbedienza all’autorità qnd:

  • L’autorità è considerata legittima: nella vita reale, i simboli come una divisa da poliziotto o un camice da medico sono spesso sufficienti a provocare obbedienza. Bickman in un esperimento mostrò ke se un poliziotto chiedeva 5 cent ad una persona x il parcheggio, gli veniva dato nel 92% dei casi, mentre veniva rifiutato dal 49% delle persone se a domandarlo era un individuo normale.
  • L’autorità si assume la Responsabilità: qnd la responsabilità viene delegata ad un’autorità, i soggetti sentono di agire come in stato di agente, senza responsabilità ne colpa in quanto esecutori.
  • Graduale intensificazione del comportamento: il ragionamento ke guida una persona ke ha già obbedito (se ho dato una scossa da 150 V cosa cambia se gliela do da 165 V?) è ke se nn ci si è fermati prima, tanto vale andare avanti.
  • Trasposizione della Colpa: se quell’individuo è in quella situazione lo può imputare solo a se stesso (era l’allievo ke sbagliava le risposte)

La massima obbedienza possibile (anke nel caso di un ordine ingiusto) si ha quindi nel caso in cui vengono soddisfatte alcune condizioni particolari:

  1. L’ordine proviene da un’autorità credibile
  2. L’autorità si assume la responsabilità delle azioni
  3. Nn ci sono dissidenti
  4. Si è distanti dalla vittima e vicini all’autorità
  5. Si può incolpare la vittima di qlcs
  6. È avvenuta un’intensificazione graduale del comportamento

PENSIERO DI GRUPPO
Veniamo ora ad un nuovo tema. In un esperimento si volle indagare l’impatto delle norme di eguaglianza e lealtà nel comportamento. Venne così preso un campione consistente di 60 studenti cattolici, e si fece completare loro delle frasi sulla lealtà, sul controllo e sull’uguaglianza. In tal modo, si volle misurare l’atteggiamento implicito ke questi avevano. Si fece entrare il soggetto in una stanza dove avrebbe dovuto incontrarsi con un musulmano: tuttavia, quest’ultimo era assente, tranne ke x una giacca e un giornale su una sedia posti a indicare il posto in cui stava à si misurò quindi la distanza alla quale il soggetto si sarebbe seduto dall’altro.

  • Se la norma era basata sull’uguaglianza, si sedeva a circa 120 cm di distanza
  • Se era basato sul controllo si poneva a 130 cm
  • Se era basato sulla lealtà si sedeva invece a circa 140 cm

In natura vi è infatti una preferenza di base x il proprio gruppo.
Un altro esempio di qst fu il disastro del Challenger: nel 1986, in USA, venne lanciato uno shuttle nonostante i dati e le condizioni sfavorevoli à a causa di ciò il lancio fallì e morirono tutti. La decisione venne presa x vari motivi: vi era un’enorme interesse dell’opinione pubblica x la presenza di un civile tra l’equipaggio, la NASA necessitava di dimostrare la sua efficienza x via di alcuni precedenti fallimenti, vi sarebbe stato una grossa perdita economica nella mancata effettuazione del lancio e infine, x le forti pressioni ke i funzionari della NASA subivano (sul “lanciare a tutti i costi”). Gli ingegneri quindi sapevano ke nn sarebbe stato opportuno lanciare, ma il gruppo era coeso e nn poteva avere pensieri dissidenti al suo interno.
Ciò venne definito GroupThink, ossia il fallimento nella presa di decisione di gruppo xke considerano solo alcune opzioni, tralasciando tuttavia quelle corrette à nota ke alla base di tutto qst c’è una ricerca estrema di conformismo (nella decisione si persegue più il consenso ke la correttezza). Altre condizioni influenti sono poi:

  • la coesione del gruppo
  •  l’isolamento
  •  la leadership direttiva
  •  l’elevato stress e la poca speranza di soluzione  

Più queste condizioni sono presenti, e maggiore sarà la probabilità ke nasca il Group Think.
Esistono quindi prove sulla fortissima influenza della situazione nella determinazione del comportamento (anke se spesso xo ne siamo inconsapevoli).
INTERPRETAZIONE DEL MONDO
I primi psicologi a valutare l’influenza della situazione sul comportamento umano furono i comportamentisti con Watson quale pioniere: egli vedeva la persona come la somma delle contingenze situazionali sperimentate nel passato, le quali fornivano poi una base x prevedere e controllare il comportamento in modo sicuro.
I comportamentisti tuttavia ignoravano l’esperienza soggettiva la quale rendeva impossibile la reale comprensione del comportamento umano in quanto, soprattutto quello sociale, è comprensibile solo alla luce delle interpretazioni e credenze soggettive coinvolte (l’interpretazione, infatti, è spesso inconsapevole e porta ad osservare le cose in una certa ottica à senza conoscere l’interpretazione soggettiva, è difficile fare previsioni corrette).
Inoltre, tramite esperimenti su animali, si è visto ke anke questi interpretano il mondo: in un test coi ratti, si mostrava in una prima fase 2 tipi di luci al topo, una da 25W e l’altra da 50W à il ratto riceveva una ricompensa solo qnd premeva una leva in presenza della luce da 25W; nella seconda fase le 2 luci erano da 10W e da 25W: i topi premevano esclusivamente in presenza della luce da 10W à qst xke i  ratti avevano interpretato ke la leva andava premuta solo in corrispondenza dello stimolo più debole. Nota poi ke x gli uomini la relatività del giudizio è simile: se sollevo 15 kg e poi 10 kg mi sembreranno uguali; se invece sollevo 50 kg e poi 10 kg, il secondo peso mi parrà ben più leggero à qst xke l’esperienza precedente influenza l’interpretazione delle cose.
Vediamo ora la teoria della prospettiva: essa è in grado di spiegare l’irrazionalità in alcuni comportamenti umani à spesso infatti le persone giudicano costi e benefici in base ai confronti, e nn ai risultati (es  vinco 5€: sono triste se in palio c’è un montepremi di 1 milione). È inoltre possibile osservare un’asimmetria tra perdita e guadagno: le persone sono infatti più propense ad evitare una perdita ke a ottenere un guadagno della stessa entità (se devo scegliere ke mi vengano regalati 1000 €, o ke da 2000 me ne tolgano 1000, si è più motivati ad evitare la perdita).
Nelle scene sociali le persone nn solo cercano di interpretare le parole e le azioni reciproche, ma tentano anke di prevedere, controllare e guidare gradualmente le interpretazioni reciproche.
Vediamo ora l’importanza del Significato Soggettivo: x comprendere (seppure nn sarà mai possibile farlo completamente) il comportamento altrui bisogna:

  • Capire come i soggetti vedono e valutano la situazione presente, e come la loro esperienza passata, nonché le loro attuali credenze sul mondo, ne influenzano la valutazione.
  • Sapere quali probabilità attribuiscono a determinate conseguenze, e quali sono le ipotesi causa-effetto ke governano tali probabilità.

Da ciò, risulta ke i giudizi sugli stimoli sono intrinsecamente relativistici e soggettivi.
Il progetto dei comportamentisti radicali era quello di definire le info in ingresso (input) x determinare quelle in uscita (output): tuttavia gli psicologi della Gestalt dimostrarono ke nn è possibile dare giudizi assoluti sugli stimoli, poiché vengono sempre valutati in relazione ad altri stimoli (e pertanto sempre soggettivi) à la relatività del giudizio è poi alla base della psicologia cognitivista moderna: le persone infatti valutano un’azione in base ad un confronto tra lo stimolo presente e quelli richiamati dalla memoria, rispetto ai quali viene giudicato (es mentre mangio una minestra, la confronto mentalmente con quelle mangiate in passato, x poter così valutare quella attuale). Qst processo è definito Valutazione Comparativa. In tal modo, l’insieme di confronti diventa la norma rispetto la quale valutare lo stimolo presente (e siccome ogni individuo ha una storia differente, la valutazione sarà diversa x tutti). I confronti ke avvengono sono:
- Confronto col Passato: i ricordi del passato hanno una forte influenza sul presente: gli stati emotivi e motivazionali inoltre variano in risposta a cambiamenti immediati delle condizioni di vita delle persone, e nn al livello assoluto di soddisfazione dei bisogni (infatti giudichiamo il presente solo in base al passato à 1200 € di stipendio sono tanti se prima ne guadagnavo 800, pochi se prima ne guadagnavo 1600).
- Confronto Sociale: esso incide pesantemente sulla valutazione soggettiva del proprio stato, sulle motivazioni e sul comportamento; si opera molto spesso un confronto sociale fatto con gli altri e specialmente con coloro ke riteniamo significativi (tipico es fu lo studio condotto sui soldati neri degli USA durante la 2°GM: essi potevano essere inviati a nord dove le condizioni x i soldati erano migliori, o a sud, in cui le condizioni erano peggiori. Tuttavia i soldati del sud si dichiaravano più soddisfatti rispetto a quelli del nord à Qst xke i soldati del sud valutavano la loro situazione in base ai civili del sud, le cui condizioni erano drastiche e, x tale motivo, si sentivano “fortunati” confrontandosi socialmente con loro e potendo constatare la loro deprivazione relativa. Il confronto dei soldati del sud quindi avvenne nei confronti dei civili, e nn dei compagni del nord).
- Valutazione di Sé (comparazione Intrinseca): la gente crede di essere capace/incapace, ricca/povera confrontandosi con gli altri. Attraverso la scelta strategica dei gruppi di riferimento, le persone possono poi rafforzare il senso del proprio valore e affrontare al meglio le avversità.
INTERPRETAZIONE E RICOMPENSA
Festinger avanza la teoria della dissonanza cognitiva, riprendendo il concetto ke le persone tendono ad essere coerenti con se stessi nel modo di pensare e di agire; qnd manca qst coerenza si crea uno stato di disagio ke l’attività mentale tende ad eliminare o attenuare con vari metodi, tra cui il cambiamento del proprio comportamento, del proprio ambiente o del proprio pensiero.
La dissonanza cognitiva è sempre legata ad un coinvolgimento personale molto stretto, x cui vengono coinvolte l’autostima ed il concetto di Sé.
Il classico paradigma di ricerca sulla dissonanza utilizzato era il seguente: dei soggetti venivano pagati x dire ai soggetti successivi ke l’esperimento era divertente (sebbene fosse, in realtà, molto noioso). I soggetti sentivano il compito davvero come interessante qnd il compenso era di 1$ anziché di 20$ (ricevendo più soldi avrebbero dovuto raccontare con più enfasi la storia, poiché maggiore la ricompensa: xke accadde il contrario?); qst xke ricevere 1$ x raccontare una bugia li faceva pensare ke la loro onestà valesse così poco: quindi, x essere a posto con loro stessi, si illudevano ke il compito piacesse loro davveroà Nota ke tutto ciò è contro la teoria del rinforzo convenzionale, x cui si pensa ke a maggiori ricompense corrisponda maggiore efficacia: spesso, dare piccoli incentivi alle persone x agire come se avessero una convinzione ke inizialmente nn hanno, promuove un cambiamento più grande ke si avrebbe  invece dando incentivi più grandi (quindi è meglio dare piccole punizioni e piccoli incentivi, anziché darne di esageratamente grandi). Quindi ricompensare un dato comportamento può diminuire la sua attrattiva e la probabilità ke esso si ripresenti in futuro.
Lepper et Al fanno difatti notare come le persone ke svolgono un compito ke normalmente trovano come interessante e divertente, ma lo fanno aspettando poi una successiva ricompensa, potrebbero decidere ke si sono impegnati nel compito solo x ottenere la ricompensa finale ma, così facendo, arriverebbero a vedere il comportamento come meno attraente da un punto di vista intrinseco. Un esperimento a sostegno di ciò fu fatto su un gruppo di bimbi ke disegnavano:

  • Gruppo A: vennero dapprima avvisati e in seguito fu data loro una ricompensa
  • Gruppo B: nn venne data loro nessuna ricompensa
  • Gruppo C: venne data una ricompensa ma senza preavviso

Da ciò emerse ke i gruppi B e C provavano lo stesso interesse di prima nel colorare, mentre nel gruppo A fu invece riscontrato un calo d’interesse à Qst xke la ricompensa cambiò l’interpretazione dell’attività, trasformandola da un gioco a un lavoro;  si compiva l’atto solo x avere la ricompensa finale: in tal modo la motivazione passava da intrinseca ad estrinseca.
VARIABILITÀ DELL’INTERPRETAZIONE
X Asch le risposte delle persone nei confronti di un oggetto, spesso dipendono più dall’interpretazione dell’oggetto del giudizio in quell’occasione, ke dai propri atteggiamenti e valori. L’interpretazione varia infatti da persona a persona, e nel tempo: quindi, anke se le situazioni sono simili, possiamo aspettarci in ogni caso una variabilità del comportamento dovuta alla variabilità dell’interpretazione (à solo nn ce ne rendiamo conto).
Asch identificò i fattori ke inducono tale variabilità di interpretazioni tra soggetti e nella stessa persona: secondo l’opinione tradizionale, si ritiene ke il conformismo venga perseguito a causa della ricerca di approvazione e paura del rifiuto che accomuna tutte le persone à Asch nn respinge questa idea ma la arricchisce, affermando ke il comportamento ed il pensiero altrui servono agli individui x definire l’oggetto da valutare e sapere come viene valutato dagli altri, a titolo informativo (dunque il conformismo ha valore informativo: nn solo le persone si conformano x ricevere approvazione ed evitare il rifiuto, ma anke xke i comportamenti altrui forniscono informazioni sugli altri e sulla situazione).
Dopodiché, una volta accettata l’interpretazione altrui, è più probabile ke ci si associ, conformandosi al pensiero degli altri. Quindi, il mondo sociale influenza le nostre interpretazioni.
In un suo esperimento, Asch chiese ai suoi studenti di ordinare delle professioni in base allo status o al prestigio di queste: a un gruppo venne detto ke il lavoro di politico fu messo in cima alla lista da altri valutatori; all’altro gruppo venne detto ke invece era stato collocato in cima. Questa manipolazione produsse effetti di indirizzamento del pensiero (nn conformismo): infatti il gruppo cui era stato detto ke i politici erano stati messi in fondo, pensò a personaggi corrotti, al contrario degli altri ke pensavano invece a grandi politici. I soggetti dunque interpretano ed elaborano le risposte in base a molti fattori, anke in base a come gli altri interpretano una cosa: pertanto le idee nn possono essere considerate fisse e statiche, ma assumono connotazioni diverse a seconda del contesto e di come sono confrontate.
Si può così affermare ke le persone hanno percezioni e comportamenti diversi xke giudicano 2 cose diverse, e nn la stessa cosa (abbiamo quindi differenza nell’oggetto del giudizio, e nn del giudizio dell’oggetto).
I concetti, in particolare, nn sono unità statiche, ma sono il risultato di una rievocazione dalla memoria a lungo termine di info generiche ed episodiche, x poi essere riprese sul momento dalla memoria di lavoro. Infine, va sottolineato ke le categorie entro le quali vengono differenziati i concetti sono flessibili ed instabili.
Dunque, esiste una variabilità soggettiva molto alta anke in proposito a concetti molto semplici: anke nella stessa persona le interpretazioni variano in base a molti fattori; semplicemente, noi nn ci rendiamo conto della variabilità intrinseca alla ns interpretazione degli eventi, né delle differenze tra la ns interpretazione degli eventi e quella degli altri à di conseguenza, facciamo previsioni sul comportamento proprio e altrui troppo sicure: qnd poi sbagliamo, attribuiamo queste differenze a tratti personali o motivazionali, nn tenendo presente ke l’errore potrebbe essere frutto di diverse interpretazioni (spesso si hanno infatti differenze nell’oggetto del giudizio à anke se l’oggetto è fisicamente uguale x tutti, rievoca a ciascuno un pensiero ed una valutazione propria, attribuendo poi, in tal modo, caratteristiche diverse). Nn cambia necessariamente il giudizio in Sé, ma l’oggetto ke viene giudicato.
In seguito, Asch tentò di dimostrare l’influenza dei processi interpretativi sulla formazione delle impressionià le varie informazioni isolate a proposito di un oggetto/soggetto sono suscettibili di interpretazioni diverse: infatti, il significato specifico dato ad un’info dipende dalle impressioni globali a proposito di quell’oggetto (es intelligente se interpretato in modo positivo è associabile ad una personalità sensibile e acuta; se interpretato negativamente è invece visto come furbo e scaltro).
Da qui, scaturisce xo l’importanza dell’Effetto Primacy: gli elementi iniziali in una lista di tratti, ci portano ad ipotesi provvisorie ke a loro volta influenzano l’interpretazione delle info successive à dunque, gli elementi di informazione iniziali esercitano una forte influenza sui giudizi (è stato infatti provato ke mettendo gli elementi in un modo diverso, si otterranno giudizi diversi: qst xke noi interpretiamo il mondo, nn reagiamo al mondo oggettivoà es cambia se descrivo una persona come intelligente, operoso, impulsivo e testardo anziché come testardo, impulsivo, operoso e intelligente: a seconda dell’ordine cambio infatti il significato di ogni aggettivo). Inoltre, le argomentazioni producono più cambiamenti di atteggiamento nelle persone qnd sono attribuite a fonti stimate (ossia degne di fede/esperte) rispetto a qnd sono attribuite a fonti scarsamente stimate (qst xke le fonti stimate suscitano una maggiore attenzione, poiché più accurati e affidabili).
La diversa fonte induce infatti un cambiamento nn del giudizio dell’oggetto, ma dell’oggetto del giudizio (a seconda della fonte, l’interpretazione cambia in quanto cambia il soggetto da interpretare à se 2 persone dicono la stessa frase ma uno è reputato simpatico, mentre l’altro scorbutico, cambierà l’interpretazione data alla cosa).
PARZIALITA’ E PERCEZIONE
Parzialità dell’Interpretazione: Hastorf et Al provarono con un esperimento ke l’interpretazione di una partita di football cambiava completamente a seconda di quale delle 2 squadre si appartenesse: nonostante il match fosse lo stesso, le valutazioni dei tifosi erano opposte e sembrava avessero assistito a 2 partite diverse x la diversa descrizione data à più in generale, si può affermare ke tendiamo a vedere le cose in modo diverso a seconda delle persone con cui siamo.
Svalutazione Reattiva: In una prova, i soggetti erano posti davanti a 2 scelte, in cui si aveva una totale imparzialità (nn cambiava nulla scegliere tra 1 cosa e l’altra); tuttavia, qnd qualcuno sceglieva una cosa, i soggetti propendono x quella scartata, svalutando quella appena scelta. La svalutazione reattiva consiste dunque nella propensione verso una decisione o un’ipotesi ke si è scartata, ma verso la quale si mostrava prima un atteggiamento imparziale.
PROCESSO DI ATTRIBUZIONE CAUSALE
Il processo di Attribuzione causale è un processo attraverso il quale le persone tentano di comprendere le relazioni tra  situazioni/comportamento e tra comportamento/conseguenze (del comportamento).
In generale le persone tendono a cercare di comprendere le cause degli eventi e dei comportamenti altrui: da queste attribuzioni si determina poi il comportamento (ossia le persone tentano di comprendere le cause degli eventi e dei comportamenti degli altri: in base a qst determinerò poi il mio comportamento à es Giulia mi risponde male: se so ke è il suo modo di fare ne sarò indifferente; se è xke le è successo qlcs la aiuto; se è xke è arrabbiata con me mi scuso..).
Le attribuzioni possono riguardare:

  • L’importanza dei fattori causali
  • Le caratteristiche personali (nostre e altrui)
  • Le capacità personali (nostre e altrui)
  • Le previsioni sulle conseguenze

Si noti ke incide in larga parte anke la percezione delle cause degli avvenimenti passati: sono soprattutto queste a determinare le decisioni del soggetto.
X Kelley, x capire xke una persona si è comportata in un certo modo, si fa appello a 3 fattori: alla propria conoscenza o alle proprie ipotesi sul modo in cui qst soggetto ha agito in altre situazioni simili (à dati sulla specificità), nella stessa situazione in passato (à dati sulla coerenza) e su come hanno agito altri nella stessa situazione (à dati sul consenso).
Quindi, le influenze sistematiche influenzano il ns processo di attribuzione/interpretazione causale.
Vediamo ora il falso consenso: riteniamo ke il ns comportamento sia la norma (ossia come siamo di solito è il modo giusto di essere x tutti), quindi si tende a vedere il pensiero/comportamento degli altri col proprio modo di pensare. Il processo di interpretazione della situazione sociale ha una forte influenza sul nostro e altrui modo di comportarsi e varia da persona a persona e da momento a momento (es un intervistatore A chiede a dei soggetti B appena usciti da un negozio dei giudizi sul posto, dopodiché domanda loro se può utilizzare il materiale x farne una pubblicità à le spiegazioni ke un individuo C da sulla risposta dell’intervistato B ( si puoi farne una pubblicità oppure no) le attribuisce quasi sempre ai tratti disposizionali di B(es ha rifiutato xke probabilmente è timido). Inoltre, gli individui C, tendono spesso a sovrastimare il numero di persone ke farebbero la scelta ke C decide più opportuna (se C pensa sia bene accettare, dirà ke in molti accetteranno).
In genere, quella ke nn viene riconosciuta è l’importanza dell’interpretazione soggettiva della situazione: se qualcuno si comporta in modo diverso da noi, la spiegazione a questa differenza viene ricercata nn nell’interpretazione ke il soggetto può aver fatto dell’oggetto/situazione ma, x effetto del falso consenso, nelle sue caratteristiche (ossia se qualcuno si comporta in modo diverso dal mio, probabilmente dipenderà dalle sue caratteristiche disposizionali, e nn dal modo in cui interpreta la situazione) à tuttavia, è proprio xke nn viene riconosciuta la possibile diversa interpretazione delle persone ke tendiamo a prevedere il comportamento altrui e nostro con troppa sicurezza.
ATTRIBUZIONI CONCERNENTI IL SE’
Singer et Al proposero nel ’62 una teoria x l’attribuzione delle emozioni: questi ritenevano ke le esperienze emozionali soggettive delle persone (ossia la definizione delle sensazioni di amore, odio, paura ecc, nonché il modo di rispondere agli stimoli scatenanti) potessero nn dipendere strettamente dallo stato fisiologico interno, ma dalle inferenze ke facciamo sulle cause della nostra attivazione emotiva. Abbiamo dunque dapprima l’Arousal, uno stato di attivazione fisiologica ke è xo considerata come un’emozione indifferenziata (= nn sappiamo ancora cosa stiamo provando) ke viene tuttavia definita in base al contesto, agli avvenimenti, alle cause ecc (es l’aumento del battito cardiaco -l’arousal- potrebbe essere dovuto alla paura xke entra uno sconosciuto, alla gioia xke vinco un premio o all’indifferenza xke ho appena corso à qst viene xo decretato in base alla situazione).
Nota ke se nn avviene alcuna attivazione fisiologica, nn si prova nemmeno nessuna emozione, portando così all’indifferenza il soggetto (cosa ke dinnanzi ad alcuni eventi fortemente emotigeni è imbarazzante); se invece abbiamo l’arousal ma nn ne conosciamo il motivo, definiremo qst in base alla situazione; infine, è importante osservare ke se l’attivazione fisiologica è legata a cause fisiche come la corsa, nn si prova nessuna emozione poiché attribuiremo l’arousal a cause nn emotive.
Tutto questo venne provato grazie ad un esperimento; i partecipanti vennero divisi in 2 gruppi: al 1° si diede dell’epinefrina (la quale attiva fisiologicamente), al 2° un placebo. Al gruppo in cui venne iniettata l’epinefrina, si disse a un terzo dei partecipanti la verità in merito agli effetti del medicinale (ossia ke causava attivazione); un terzo fu informato del medicinale, ma dicendo ke aveva effetti opposti (ke causava relax); a un terzo nn venne invece detto nulla (furono omessi gli effetti del medicinale). Dopo la somministrazione, i soggetti vennero condotti in una stanza, in cui entrava dopo alcuni minuti un complice dello sperimentatore, comportandosi  in modo collerico/euforico. I risultati furono ke coloro ke vennero informati correttamente e il gruppo placebo nn emulavano il comportamento del complice (sapevano ke l’attivazione era da attribuire al medicinale e pertanto nn manifestarono emozioni corrispondenti); chi invece venne informato malamente, o venne omessa la spiegazione del medicinale risultava invece agitato, provando le medesime emozioni della persona appena entrata (erano attivati, ma nn sapendo xke attribuivano la cosa al complice).
Dunque, si può dire ke le persone definiscono/etichettano le proprie emozioni in base ad attribuzioni causali plausibili.
Ben afferma ke le persone valutano i propri atteggiamenti, le proprie preferenze  e le proprie caratteristiche in base al proprio comportamento manifesto e in base al contesto in cui avviene (e lo stesso x gli altri); tuttavia, così facendo, è probabile ke si definiscano erroneamente gli attributi personali/comportamentali, i quali sono magari dovuti a pressioni o situazioni; spesso, si tralasciano infatti i processi e gli eventi cognitivi sottostanti a tali risposte (à inoltre va sottolineato ke sovente le persone stesse sono all’oscuro del xke del proprio comportamento).
Questo xke le elaborazioni delle informazioni (ossia di ogni stimolo) ke portano a determinati comportamenti / emozioni sono tutte inconsce: nn esiste infatti alcun accesso diretto ai processi cognitivi, ma solo alle idee e alle inferenze ke risultano da questi processi (à nota ke ciò vale soprattutto x le situazioni nuove: a maggio ragione, i processi cognitivi sottostanti ad esse nn saranno conoscibili).
Le persone elaborano teorie sui fattori ke influenzano i loro giudizi e quelli degli altri, nonché su tutti i tipi di processi sociali, ma spesso queste teorie sono inadeguate, xke quella ke sembra una percezione diretta dello stimolo è spesso fortemente mediata da processi di interpretazione fuori dalla sfera cosciente à quindi, è a causa di questa mancanza di consapevolezza dei nostri processi interpretativi ke nn riusciamo a riconoscere il fatto ke una persona possa (partendo da una diversa prospettiva) interpretare gli stessi stimoli in maniera diversa. Tale diversità di pensiero verrà poi attribuita a disposizioni insolite o da forti motivazioni insite nella persona.
È quindi importante tener conto dei fattori situazionali ke portano ad un certo comportamento.
RICERCA DELLA COERENZA PERSONALE
Reminder = Le persone, tentando di interpretare il comportamento altrui, trascurano spesso le influenze situazionali e l’interpretazione soggettiva, giungendo spesso ad errori interpretativi (soprattutto x quanto riguarda comportamenti esterni ke ci sorprendono) ke ci portano a spiegare e prevedere i comportamenti altrui (o gli atteggiamenti generali) in base ai caratteri disposizionali (à il cosiddetto disposizionismo: esso contraddistingue la maggior parte delle persone comuni), mentre essi sono comprensibili solo in base all’interpretazione della situazione da parte del soggetto.
Da ciò, si sviluppano poi le teorie convenzionali della personalità; esse si fondano su 2 presupposti fondamentali del comportamento umano:

  • Le persone reagiscono in modi diversi nelle diverse situazioni sociali quotidiane (cosa ke evidenzia le differenze individuali)
  •  Le persone sono sostanzialmente coerenti e, pertanto, prevedibili in situazioni diverse.
    Quindi, il ricercatore nel campo delle differenze individuali (o della personalità) deve:
    • Definire i principali tratti di personalità ke determinano il comportamento, e trovare poi i  modi di misurarli
    • Scoprire regolarità e correlazioni (à ossia la struttura della personalità).
    • Capire come questi attributi si sviluppano e modificano (à e da qui la domanda: come si può modificare questi tratti).

Così facendo, i ricercatori hanno sviluppato vari strumenti di valutazione ke vanno dai semplici questionari basati sulla descrizione personale di tratti comportamentali (Rorschach) o altri diretti ad analizzare e quantificare gli attributi personali. Generalizzando al massimo si può distinguere tra:

  • Estroversione/introversione (è un ambito generale ke raggruppa alcuni tratti come la loquacità, l’avventurismo..)
  • Piacevolezza (es cooperatività e mitezza)/spiacevolezza
  • Stabilità/instabilità emotiva
  • Dominio/sottomissione
  • Coscienziosità/nn coscienziosità

Le persone solitamente vedono nelle persone gli stessi tratti ed hanno lunga durata nel tempo à ciononostante, le nostre capacità di previsione nn sono in grado di prevedere il comportamento di un soggetto in una situazione.
AUTOSTIMA IMPLICITA
Vediamo innanzitutto le Associazioni Implicite: esse sono misurazioni indirette (à nn richiedono al rispondente di parlare dei suoi atteggiamenti), xke nn si domanda direttamente ad un individuo qualcosa, ma ciò è inferito tramite questionari/test. Le misure implicite vengono utilizzate x superare le distorsioni consapevoli provenienti dai self report (cosicché certe risposte sono preferibili ad altre).
Un altro sistema x sopperire alle distorsioni è la Bogus Pipeline: esse sono un insieme di procedure ke motivano i soggetti a fornire risposte più veritiere alle domande, facendo loro credere di poterlo misurare (un es è la macchina della verità: nn esiste ma i soggetti son più propensi a dire il vero; in un esperimento si chiese a quanti studenti fumano: essi possono rispondere sinceramente o mentendo, ma se in seguito si aggiunge ke al termine del questionario verrà effettuato un test solve x la nicotina, dicono praticamente tutti la verità).
Nota ke con le misure implicite emergono forse degli aspetti nn focalizzabili attraverso l’introspezione, poiché nn sempre le persone riescono a descrivere esplicitamente i propri atteggiamenti ed associazioni cognitive, i quali possono avere conseguenze comportamentali.
Tra le tecniche più note, abbiamo il Priming: esso è la valutazione della velocità di risposta ad uno stimolo, ke emerge analizzando l’effetto di facilitazione/inibizione dato dal prime e della connotazione di un altro stimolo presentato successivamente (es se ho dei pregiudizi sui neri, in caso di aggettivo positivo avrò TR più veloci associati ad individui bianchi mentre, in caso di aggettivo negativo, avrò TR più veloci se associati a individui neri).
Esiste poi l’Implicit Approach Avoid, ke si basa sulla categorizzazione dei volti di diverse etnie.
Infine, si ricordano le Associazioni Spontanee in cui, associazioni tra concetti attivati automaticamente, influenzano le risposte delle persone.
IMPLICIT ASSOCIATION TEST (IAT)
Essa è la misura implicita più importante, poiché risulta essere la più affidabile: lo IAT misura la forza dell’associazione automatica tra i concetti, ke sono al di là dell’aspetto cosciente (es uomo/donna x il lavoro ke gli spetta; oppure misurazione della preferenza x fiori o x insetti à in questi casi bisogna fare una doppia categorizzazione, inserendo fiori e parole positive a sin e insetti e parole negative a dx -e viceversa-). La facilità nello svolgimento del compito è indicatore della forza associativa tra i 2 concetti/elementi: qnd 2 concetti sono associati, è facile dare la stessa risposta x uno o x l’altro, ma la cosa più difficile è se nn sono associati à quindi, la facilità di attribuzione della stessa risposta a 2 concetti ne misura l’associazione.
Lo IAT prevede l’utilizzo di 5 compiti:

  1. Apprendimento del concetto
  2. Apprendimento dell’attributo
  3. (Critico) Doppia Classificazione
  4. Apprendimento Concetto (Ribaltato) à qst xke potrebbe esserci un’interferenza con compiti precedenti o addirittura l’abituazione; xcio, x rendere il compito più difficile si invertono gli items.
  5. (Critico) Doppia Classificazione

L’indice dello IAT sarà poi dato dal calcolo della differenza tra le latenze.
Lo IAT presenta il vantaggio di essere molto flessibile, in quanto utilizzabile x molti tipi di associazioni concettuali (stereotipi, preferenze x gruppi, concetto di Sé); inoltre è molto semplice da somministrare, è sensibile e presenta una certa sicurezza contro la sopraffazione (à un soggetto ke nn ha mai fatto uno IAT, difficilmente riuscirà a falsare le risposte, a differenza di uno ke l’ha già provato e ke potrebbe raggirarlo con relativa facilità).
Le variabili di cui bisogna tener conto in tale test, sono quelle legate alle caratteristiche del soggetto: la sua velocità nel compito, la sua età, le sue esperienze con lo IAT e le caratteristiche cognitive (flessibilità nel passare da un concetto o da un compito all’altro).
Va inoltre sottolineato ke lo IAT è molto predittivo dei comportamenti spontanei su cui il rispondente ha poco controllo (o xke nn è in grado di farlo, o xke nn lo fa al momento); in particolare funziona soprattutto x i gruppi etnici/ nazionali e razziali, le differenze nel concetto di Sé tra uomini e donne e le varie fobie (serpenti, ragni..).
Caratteristiche Psicometriche dello IAT: Lo IAT presenta validità interna: infatti nn sembra essere influenzato ne dalla presentazione a dx/sin degli stimoli, ne dal numero degli items, ma SOLO dall’ordine di presentazione dei compiti.
Si ha inoltre una validità di costrutto dello IAT, dato dalle correlazioni.  Si possono avere:

  • Correlazioni con le misure esplicite: variano da ambito ad ambito, da quasi nulla (nei temi più sensibili) a sostanziale (es negli stereotipi: uomini bravi in matematica).
  • Correlazioni con le misure Implicite: spesso è molto bassa o assente, x via della bassa attendibilità delle altre misure implicite e x via delle differenze tra i costrutti misurati.
  • Correlazione con misure psicofisiologiche: es qnd un bianco vede una persona di colore, si attiva l’amigdala: più essa si attiva e più ci sarà correlazione nel test IAT, poiché sono comportamenti inconsci.

Si sa ke lo IAT funziona bene, ma nn se ne conoscono i motivi, poiché sconosciuti i processi ad esso sottostanti. Tuttavia, va sottolineato ke lo IAT nn è utilizzabile x indicazioni sulle differenze individuali (es scelte di persone).
In un esperimento, si volle fare una misurazione della timidezza implicita. L’associazione Sé/timidezza  può essere misurate mediante una richiesta esplicita (test self-report) o una strategia dissociativa, in cui viene utilizzato in un primo momento il self report x misurare gli aspetti controllati del comportamento, e in un secondo momento viene invece adoperato lo IAT x misurare gli aspetti spontanei. In tal modo, con le misure esplicite era possibile ottenere un concetto di Sé esplicito; con le misure implicite era invece possibile ottenere invece il concetto di Sé implicito.
Tra gli indicatori comportamentali della timidezza era possibile osservare:

  1. Movimenti e postura: tra cui l’eloquio e i movimenti illustratori (ke sono espliciti) o la postura e i movimenti diretti al Sé (come toccarsi, sistemarsi i capellià sono impliciti).
  2. Sguardo

Esiste infatti una correlazione tra queste valutazioni e la timidezza valutata dagli osservatori.
La procedura consisteva nell’interazione tra una persona di sesso maschile ed una femmine molto attraente: vennero dapprima fatti test di autovalutazione espliciti, cui segui lo IAT, impiegato x 2 volte.
AFFECT MISATTRIBUTION PROCEDURE (AMP)
Le persone nn sempre sono consapevoli delle origini delle loro emozioni: sensazioni ed emozioni possono essere evocate spontaneamente x un processo inconsapevole di diffusione dell’attivazione nella struttura cognitiva (à es il sole: rende l’umore, il giudizio e la sensazione di Sé migliore; ma se il ricercatore li rendeva consapevoli di questa influenza del clima sul pensiero, l’umore ne diventava indipendente). L’AMP usa e interpreta questi errori delle persone dovuti ad associazioni mentali implicite x valutarne gli atteggiamenti.
La procedura consiste nella somministrazione di un Prime (immagine di un oggetto di atteggiamento) a cui faceva seguito un target (uno stimolo ambiguo, come ad es un ideogramma, ke ha un significato sconosciuto).
Il compito consisteva nel giudicare il target in base all’atteggiamento emotivo suscitato dal prime (il giudizio era poi dovuto alla diffusione dell’attivazione). L’AMP è dunque una misura indiretta di atteggiamento,ke viene inferito dal comportamento spontaneo (e implicito) dei soggetti.
Il priming, in particolare, può consistere in una presentazione di immagini, in associazioni di parole positive/negative o in una misurazione della latenza delle risposta.
Infine, vediamo il priming sequenziale: esso consiste in una comparsa sullo schermo di 2 parole relative a 3 concetti + 1 neutro; la prima parola nn è nemmeno leggibile poiché si presenta troppo velocemente: il cervello tuttavia la comprende cmq. La seconda invece viene letta. Se esiste un’associazione tra le 2 parole, la lettura della seconda sarà facilitata: in particolare, più forte sarà  il legame di associazione tra le 2, e più facile/veloce risulterà la lettura della seconda parola.
X valutare la forza dell’associazione (= l’automaticità del legame) si associa la 2° parola ad uno stimolo neutro e si valuta il tempo di latenza. Dopodiché la parola viene associata ad uno stimolo relativo ad un concetto, x cui se il prime è collegato alla 2° parola (target) la lettura di qst’ultima sarà facilitata, o inibita se nn c’è associazione.
L’associazione (l’automaticità del legame) può poi essere monodirezionale (1 prime facilita 1 target ma NON viceversa) o bidirezionale (1 prime facilita un target e viceversa).


Fonte: http://appunti.buzzionline.eu/downloads/differenzeindividuali0708.doc

sito web: http://appunti.buzzionline.eu/
Autore : Tommy

 

IL SÈ

Il sé, e dunque un’impressione coerente di sé, è formato da due elementi fondamentali, il concetto di sé, ossia quello che sappiamo circa noi stessi, e l’autostima, ossia quello che proviamo nei confronti di noi stessi, entrambi i quali si sviluppano e si modificano continuamente a seconda delle esperienza, delle situazioni di vita e delle circostanza sociali.
Più precisamente, il concetto di sé può essere definito come la totalità delle conoscenze di un individuo riguardo le proprie qualità personali, costruite a partire da diverse fonti di conoscenza: una fonte fondamentale è il proprio comportamento. Secondo la teoria dell’autopercezione, infatti, in presenza di indizi interni deboli o ambigui, le inferenze sulle proprie caratteristiche personali vengono tratte dai propri comportamenti, in quanto pensare a comportamenti (reali o immaginari) accresce l’accessibilità di caratteristiche personali correlate. Si è visto inoltre che tale processo di autopercezione ha importanti risvolti sulle prestazioni di in individuo in un determinato compito, influenzandole positivamente, in quanto considerare il sé in possesso di tratti rilevanti ai fini dell’esecuzione di un compito rende più accessibili pensieri e sensazioni correlati a prestazioni di lato livello, migliorando non solo la fiducia, la perseveranza e l’impegno ma anche la prestazione stessa.
All’interno di tale teoria, un elemento significativo al fine di dedurre il proprio concetto di sé è l’autopercezione della motivazione in quanto sono maggiormente informativi nel compiere inferenze i comportamenti scelti liberamente, guidati da una motivazione intrinseca.
Altre fonti della conoscenza del sé sono rappresentate dai pensieri e dai sentimenti, indizi più importanti e significativi rispetto al comportamento esterno perchè meno influenzabili da pressioni esterne, dalle reazioni altrui in quanto, come afferma Colley, le impressioni e le aspettative altrui costituiscono uno specchio che riflette la nostra immagine e che influenza, non solo il comportamento, ma anche il concetto che abbiamo di noi stessi. Esempio classico dell’importanza delle reazioni altrui come fonte di conoscenza sul sé è la ricerca di Miller e colleghi a cui presero parte tre gruppi di studenti, al primo gruppo gli insegnanti dissero loro ripetutamente che erano ordinati, al secondo gruppo che dovevano essere ordinati e al terzo gruppo di controllo non venne detto nulla, e da cui emerse che i bambini maggiormente ordinati furono quelli del primo gruppo che, etichettati come ordinati, si comportavano di conseguenza, esprimendo il loro nuovo concetto di sé. Bisogna precisare che  il grado di influenza del feedback esterno e dell’opinione altrui è  determinato dalla discrepanza del feedback rispetto all’autopercezione, la quale determina la credibilità del feedback, la benevolenza del feedback, la credibilità del valutatore, il possesso di schemi relativi alla dimensione valutata e la centralità degli attributi valutati, e dal confronto sociale.
In particolare, secondo la teoria del confronto sociale di Festinger, i soggetti per valutare accuratamente se stessi e per verificare le proprie opinioni e competenze si confrontano con altri, in particolare con altri simili appartenenti al proprio gruppo di riferimento dalla abilità non troppo diverse dalle proprie per evitare di mettere a repentaglio la propria stima di sé con confronti troppo azzardati.
Il confronto sociale ci permette quindi di sviluppare il senso della nostra unicità.
Benché la conoscenza degli altri sia costruita in maniera molto simile alla conoscenza di sè, esistono tra loro importanti differenze relative alla quantità di conoscenze, in quanto disponiamo di una maggiore quantità e varietà di informazioni comportamentali su noi stessi che non sugli altri, al processo di attribuzione causale in quanto, secondo l’effetto attore- osservatore, le persone tendono ad attribuire le cause del proprio comportamento a fattori situazionali e quelle del comportamento altrui a fattori disposizionali, a causa di differenze di salienza (quando si osserva il comportamento altrui il fulcro è rappresentato più dal soggetto che non dalla situazione, a differenza di quando siamo noi ad agire) e di confronti presunti (i repertori di fattori causali sono diversi per sé e per gli altri).
Tuttavia, una maggior conoscenza circa se stessi rispetto agli altri non corrisponde necessarimanete ad un’altrettanto accuratezza di giudizio in quanto, anche quando ci si impegna nell’individuare le cause del proprio comportamento, ci si avvale spesso di teorie causali generali per interpretare le nostre stesse azioni oltre che quelle altrui.
La conoscenza si sé, inferita a partire da diverse fonti di conoscenza, è organizzata attorno a diversi e molteplici ruoli, attività e relazioni: una distinzione importante è quella riguardante il sé privato, ossia il concetto che abbiamo di noi stessi, e il sé pubblico, ossia il concetto che gli altri hanno di noi, stretti in un rapporto di reciprocità: l’immagine di noi che altri significativi, e in particolare le figure di attaccamento, ci rimandano svolge un importante ruolo di causa nella costruzione del sé privato e, d’altro canto, questo influenza l’impressione che gli altri hanno di noi. tuttavia, tra i concetti esistono differenze, anche molto marcate, in quanto esistono aspetti molto privati del sé che difficilmente vengono alla luce e che quindi gli altri non conoscono e in quanto partono da punti di vista differenti nel formare un sistema di conoscenze su noi stessi. Il sé pubblico viene costruito attraverso opportune strategie di presentazione di sé, tali per cui si nascondono determinate caratteristiche o intenzioni e ci si attiva nel presentare una certa faccia per ottenere il favore, l’interesse e la considerazione altrui e per ottenere particolari obiettivi. Quello che è importante sottolineare a tale proposito è il fatto che le strategie di presentazione di sé non consistono solamente nella recitazione di una certa parte di fronte agli altri, ma anche di un modo per costruire la nostra identità sociale: presentare una certa faccia o recitare una parte finisce per influenzare il nostro sé privato, anche indipendentemente dalla reazione altrui, al punto tale che, se in particolari casi di finzione si crea una forte dissonanza cognitiva, ossia un’incoerenza tra pensieri e comportamenti che viene risolta attraverso la modificazione dell’elemento più facilmente modificabile, cioè il pensiero e le conoscenze circa se stessi.
Si crea così quella complessità del sé, diversa da individuo a individuo, consistente nel numero e nella diversità degli aspetti del sé, relativi a ruoli, attività e rapporti che devono essere continuamente combinati, al fine di costruire un concetto di sé coerente e stabile, attraverso diverse strategie quali la limitazione all’accessibilità, attraverso la messa in gioco del sé operativo, ossia quello schema di sé reso accessibile in riferimento ai segnali contestuali (per ogni situazione si attiva un solo aspetto del sè), la memoria selettiva, tale per cui si opera una ricostruzione dei ricordi modificandoli e cancellando le incoerenze, il processo di attribuzione causale in virtù del quale interpretiamo i nostri comportamenti incongruenti come il prodotto di circostanze incongruenti e non dell’incoerenza del nostro sé e, infine, selezionando ed enucleando alcuni attributi chiave formando uno schema di sé, ossia una struttura schematica in cui sono contenute tutte le informazioni che ci contraddistinguono e, in particolare, una serie di tratti ritenuti centrali per la descrizione di sé e che fungono da filtro di conoscenza per molti altri oggetti sociali.
La cultura d’appartenenza influenza in maniera significativa il tipo di coerenza perseguita: mentre infatti in molti paesi del Nord America e dell’Europa occidentale si tende a considerare il sé indipendente e separato dagli altri per cui si tende a descrivere se stessi elencando attributi che ci contraddistinguono come individui unici, nelle culture interdipendenti dell’Asia, dell’Africa, del Sud America si tende a ritenere il sé connesso agli altri ed espressola ruoli e rapporti sociali e definito dagli aspetti del sé.

Una volta formatosi, il concetto di sé tende a divenire maggiormente resistente al cambiamento prodotto dalle nuove informazioni e a regolare numerosi aspetti importanti della nostra esistenza. La componente egocentrica nella nostra comprensione e interpretazione della realtà svolge infatti un ruolo centrale e dà origine ai fenomeni dell’effetto di autoreferenza, secondo il quale la nostra memoria assegna un ruolo privilegiato a tutto ciò che riguarda il sé, al punto tale di ricorrere alla strategia di riferire a noi stessi informazioni originariamente neutre al fine di ricordale meglio. Come è stato dimostrato dall’esperimento di diversi autori (SRE), secondo il quale si chiedeva a i partecipanti di analizzare una lista di aggettivi con compiti di diverso tipo, analisi fonologica, semantica e descrittività con riferimento al sé, e dal quale emerse che il ricordo era minimo nella condizione di codifica fonologica, intermedio nella condizione di codifica semantica e massimo nella condizione di codifica con riferimento al sé, se uno stimolo viene analizzato con riferimento al sé è particolarmente probabile che venga successivamente ricordato, mettendo così in luce come il sé rappresenti la struttura di conoscenza più ricca ed elaborata in memoria e, dunque, la forte caratterizzazione egocentrica dei processi di pensiero.
Altri fenomeni consistono nel fenomeno dell’illusione del controllo del sé, per cui si attribuisce a se stessi un potere di controllo superiore a quello reale, dell’illusione di protagonismo, secondo il quale si tende a sopravvalutare il nostro ruolo causale, ossia ad assegnare un peso maggiore dovuto al nostro contributo nello svolgimento di un certo compito e, infine, dell’illusione di infallibilità e del conservatorismo cognitivo secondo cui il sé, nella sua attività conoscitiva e valutativa tende a mantenere e difendere le credenze e i giudizi già costituiti, ritenendo plausibile o vera una nuova informazione se essa conferma o avvalora quello che già crediamo o, in caso contrario, trascurandola o cercando argomenti contro di essa, processo questo che pur comportando un’incompletezza e un’inesatezza della conoscenza permette di costruire un sistema di conoscenze stabile o organizzato. Per quanto riguarda il concetto di sé, il principio del conservatorismo implica la condizione secondo la quale, una volta che gli individui si sono formati un’idea di se stessi, tale idea tende a perpetuarsi attraverso il modo in cui interpretano le nuove informazioni (cioè attraverso il filtro delle proprie convinzioni, ossia attraverso la percezione selettiva e la distorsione delle informazioni). I comportamenti incoerenti avranno così uno scarso effetto sulla conoscenza di sé, le reazioni degli altri giocheranno un ruolo minore.
Un altro effetto è l’effetto di falso consenso, uno dei fenomeni più documentati nella ricerca socio psicologica: il noto esperimento di Ross ha evidenziato che quegli studenti disposti a girare per il campus facendo l’uomo sandwich ritenevano che una maggior porzione di studenti avrebbe accettato di fare la stessa cosa, rispetto a coloro che rifiutavano di vestirsi da uomo sandwich. Bisogna, tuttavia, precisare che tale fenomeno non si manifesta in tutte le situazioni. Le persone tendono a esprimere maggiore falso consenso per i tratti che possiedono e che ritengono poco desiderabili, più che per il loro tratti maggiormente desiderabili, al fine di mantenere un’autostima positiva, dal momento che si attribuiscono anche ad altri soggetti le proprie caratteristiche negative e che, d’altro canto, ci si sente unici e speciali per quel che riguarda le proprie caratteristiche e capacità positive.

 

Il sé, inoltre, tende a dirigere e regolare le emozioni e il comportamento.
Le prime sorgono da un’interpretazione, da parte del soggetto, di sé e del mondo , ossia da valutazioni cognitive circa le cause di venti rilevanti e le implicazioni, positive o negative, che queste avranno per il sé. Diverse valutazioni della stessa situazione possono produrre emozioni diverse. La conoscenza di sé guida la valutazione cognitiva degli eventi che detta la reazione emotiva la quale, se l’evento è valutato rilevante per il sé risulta formata da molte componenti, valutazioni cognitive, reazioni fisiologiche, sensazioni soggettive, ognuna delle quali influenza l’altra contribuendo a comportamenti guidati dall’emozione. Il concetto di sé dirige, oltre che le nostre emozioni, anche il nostro comportamento in quanto è attraverso esso che, da un lato, possiamo esprimere il nostro autentico sé e, dall’altro, plasmare le opinioni altrui su di sé, selezionando i nostri comportamenti, al fine di trasmettere particolari impressioni e di raggiungere particolare scopi.
In questi tentativi di comunicare che siamo veramente e di creare negli altri determinate opinioni di sé entrano i gioco i processi di autoespressione, consistente nella motivazione a scegliere comportamenti e situazioni sociali che consentano di agire in modo coerente e con il proprio concetto di sé, permettendo agli altri di formarsi un’impressione accurata di noi e consentendo loro di trattarci in maniera tale da rafforzare le preesistenti convinzioni su noi stessi, e di autopresentazione ossia nella motivazione a ricercare comportamenti volti a creare negli altri l’impressione di sé che si desidera, al fine di ricavarne potere, influenza o approvazione. Tuttavia, l’autopresentazione non influenza solamente gli altri ma anche noi stessi, in quanto l’immagine di sé che si tenta di creare attraverso l’autopresentazione finisce per diventare il sé reale.
Una maggiore propensione nell’attuare un processo piuttosto che un altro riflette differenze di personalità, dovute al diverse grado di automonitoraggio ossia il grado di sensibilità alle richieste degli eventi sociali, in base al quale le persone conformano il loro comportamento alle diverse situazioni. Persone con un alto grado di automonitoraggio conformano il proprio comportamento a quelle che credono essere le richieste delle persone o alla situazione del momento, mentre persone caratterizzate da scarso automonitoraggio tendono a esprimere i propri atteggiamenti e le proprie inclinazioni agendo in maniera maggiormente coerente in presenza di persone diverse, da situazione a situazione.

Il sé è, tuttavia, esposto a una continua serie di minacce, quali i fallimenti che ci espongono a un feedback negativo sul senso della nostra identità e sulle nostre capacità, le incongruenze, le quali ci forniscono informazioni che contraddicono le nostre convinzioni sulla nostra idoneità, e fattori di stress che minacciano il benessere del sé in quanto ci sembra di non avere energie, risorse sufficienti per affrontarli. Veneti particolarmente minacciosi per il sé consistono in esperienze di mancanza di controllo che, se ripetute, danno luogo a una situazione di impotenza appresa attraverso esperienze fallimentari vissute come il riflesso della propria mancanza di abilità. Pensieri negativi ripetuti ed emozioni negative ad essi associati interferiscono infatti con quei processi mentali responsabili di un effettivo controllo generando, specialmente in concomitanza con uno stile attributivo depressivo tale per cui la causa di un vento viene percepita non solo come globale e incontrollabile, ma anche come interna all’individuo, una depressione clinica.
Per difendersi da tali minacce al sé gli individui mettono in atto opportune strategie di reazione, ossia tentativi compiuti per ridurre le conseguenze negative di eventi minacciosi per il sé, focalizzati sull’emozione o sul problema.
Per quanto riguarda le reazioni focalizzate sull’emozione, esse sono incentrate sulla gestione delle proprie reazioni emotive nei confronti di eventi minacciosi e consistono nella fuga, in quanto sottrarsi alla sfida anziché cercare di confrontarsi con essa, pone immediatamente fine alla coscienza della propria inadeguatezza, nell’ignorare la minaccia, tentando di evitare così una penosa conoscenza di sé, nell’autoespressione, ossia nell’elaborare la minaccia attraverso il parlare dei sentimenti causati da tali eventi minacciosi e, infine, nel minimizzare la minaccia sminuendo l’importanza di sfere in cui otteniamo prestazioni mediocri, per gestire le conseguenze negative che implicano, rispetto a sfere in cui eccelliamo (più le persone si dimostrano capaci in determinati ambiti più considerano importanti tali ambiti), processo questo che, pur arrecando benefici all’autostima genera problematiche sul lungo periodo in quanto si innesca una spirale di fallimento che si autoavvera.
Le reazione focalizzate sul problema consistono nel dirigere le risorse cognitive, emotive e comportamentali verso una reinterpretazione dell’evento come non minaccioso o verso la rimozione fisica dell’evento. Tali strategie consistono, infatti, nella valutazione distorta di informazioni rilevanti per il sé mettendone in dubbio la validità, al fine di ridefinire o rimuovere la minaccia, nel trovare scuse e, in particolare, nelle attribuzioni da sopravvalutazione del sé attraverso cui si distorcono le spiegazioni date a successi e fallimenti, nell’autosabotaggio consistente nell’anticipazione di ostacoli alle prestazioni, reali o presunti, al fine di proteggere l’autostima e il valore si sé in caso d’insuccesso e di incrementarli in caso di successo, nell’assumere il controllo del problema in quanto, anche di fronte a esiti negativi, ritenere controllabili le forze e i fattori in gioco e possedere, dunque, un alto grado di autoefficacia (ossia la percezione soggettiva di riuscire a controllare e affrontare una determinata situazione con successo), correla positivamente con la prestazione e, infine, nel risolvere il problema rispondendo alla sfida: attribuire gli esiti negativi a fattori controllabili, la natura dolorosa delle discrepanze del sé e l’autoconsapevolezza sono tutti fattori che inducono gli individui a vivere all’altezza delle proprie guide del sé e ad attivare strategie in grado di modificare le prestazioni e di rispondere in maniera attiva alla minaccia per il sé.
Sulla scelta delle strategie di reazione incidono le risorse dell’individuo, in particolare la complessità del sé e l’autostima per cui un’elevata autostima porta ad affrontare con successo le minacce al sé, ripristinando l’autostima elevata che, a sua volta, innesca meccanismi di sopravvalutazione del sé (mentre una bassa autostima porta a negare, fuggire, evitare la minaccia e dunque a reazioni focalizzate sull’emozione) e la valutazione cognitiva della situazione minacciosa, in particolare la valutazione della sua controllabilità in quanto, mentre per le minacce controllabili, la migliore reazione potrebbe essere quella focalizzata su problema, per minacce e fattori incontrollabili le forme di reazione focalizzate sull’emozione potrebbero essere le uniche efficaci.

AUTOSTIMA

L’autostima consiste nella considerazione che un individuo ha di se stesso e vede come elemento centrale la dimensione dell’autovalutazione, fortemente influenzata da forti motivazioni a pensare bene di se stessi e a valutarsi come al di sopra della media in numerose caratteristiche, dando così origine a quel processo di distorsione da sopravvalutazione del sé,consistente nella tendenza a raccogliere o interpretare le informazioni concernenti il sé, in maniera tale da produrre valutazioni eccessivamente positive e funzionale alla messa in atto di comportamenti intraprendenti e tenaci tali da permettere di rischiare l’insuccesso di fronte a iniziative dall’esito incerto, apprendendo nuove strategie, acquisendo nuove competenze e aumentando così le possibilità di un buon adattamento all’ambiente.
La principale motivazione che guida la conoscenza di se stessi è lo scopo di autovalutazione realistica, consistente nel desiderio di stimare esattamente le proprie abilità. Questo guida le persone ad acquisire le conoscenze più complete, precise e diagnostiche a proposito del sé e delle proprie prestazioni, motiva gli individui a cercare indici che consentano loro di avere una buona capacità di prevedere le proprie prestazioni ed esercitare un controllo efficace sull’ambiente. Possedere un’accurata informazione sulle proprie abilità e caratteristiche permette, infatti, di affronatre e decidere sulla base di informazioni corrette a proposito delle nostre abilità ed è proprio in virtù di tale motivazione all’accuratezza che le persone scelgono di impegnarsi in compiti che siano diagnostici a proposito di loro prestazioni future che permettano la manifestazione di caratteristiche, sul possesso delle quali si dimostrano piuttosto incerte.
Il processo di valutazione può dunque portare ad accrescere o a diminuire l’autostima e quasi sempre lascia spazio a distorsioni da sopravvalutazione del sé.
Principale fonte dell’autostima consiste nelle esperienze personali il cui effetto è fortemente influenzato dalle distorsioni da sopravvalutazione del sé, in quanto gli individui scelgono le situazioni in cui possono brillare, interpretano le esperienze per garantirsi il beneficio del dubbio e gonfiano il proprio contributo a progetti o imprese comuni.
Altre fonti e strategie per difendere l’autostima sono rappresentate dai confronti sociali che, seguendo il modello della costanza dell’autovalutazione di Tesser, influenzano l’autostima a seconda della vicinanza e del grado di intimità con il soggetto con cui  ci si confronta, nonché dell’importanza che l’attributo in questione riveste per la persona, dai confronti verso il basso secondo i quali quando si possono scegliere le persone con cui confrontarsi gli individui si evitano paragoni che possono far apparire in una luce negativa capacità e tratti di personalità e ci si confronta con altri che riteniamo essere meno abili di noi in maniera tale da uscire vincenti dal confronto.
L’autostima è influenzata in maniera significativa dalle guide del sé, ossia canoni personali interiori a cui tendiamo a conformarci. Secondo la teoria delle discrepanze del sé di Higgins gli individui tendono a valutare se stessi sulla base di tre parametri consistenti nei sé possibili, ossia quelle concezioni di sé riguardanti possibili stati futuri che dirigono l’azione e le motivazioni: si tratta del sé effettivo, cioè ciò che crediamo d’essere in questo momento, del sé ideale che delinea la persona che si vorrebbe essere e che comprende, dunque, i tratti che ci aiutano a realizzare le nostre aspirazioni e, infine, del sé imperativo che delinea invece la persona che si sente di dover essere e che comprende i tratti che ci permettono di espletare i nostri obblighi. Secondo tale teoria, dunque, le persone valutano se stesse e costruiscono la propria autostima sulla base di canoni interiori, ideali o imperativi, detti guide del sé.
Discrepanze tra il sé reale e guide del sé danno luogo a specifiche conseguenze emotive: il tipo di emozione provata in seguito a una discrepanza del sé dipende dal fatto che tale discrepanza del sé coinvolga il sé ideale o quello imperativo. Mentre, infatti, una contrapposizione tra sé reale e sé ideale, valutata in base al fatto che il soggetto ritenga o meno di poterla risolvere, porta a sentimenti di delusione, depressione, frustrazione e una minor autostima, una contrapposizione tra sé reale e sé imperativo dà luogo a sensi di colpa, imbarazzo e ansia e genera anch’essa, sul lungo periodo, una minor autostima. La consapevolezza di tali discrepanze è resa particolarmente intensa dal grado di autocoscienza privata, ossia dalla tendenza a mettere a fuoco i propri stati d’animo e i propri sentimenti. Possiamo dire, infatti, che le discrepanze tra sé reale e guide del sé, accompagnate dai diversi stati emotivi che implicano, influenzano in maniera importante il grado di autostima e, dunque, il grado e il tipo di valutazione nei confronti di se stessi. Ciò che conta ai fini dell’autostima, infatti, non è tanto come ci si vede e ci si valuta, quanto piuttosto il rapporto tra le nostre autovalutazioni e le nostre aspirazioni: se la discrepanza tra sé attuale e guide del sé è piccola, l’autostima sarà alta in quanto la persona sente di corrispondere ai suoi desideri, alle sue aspettative e ambizioni. Se la discrepanza è grande, l’autostima sarà bassa.
Altre strategie attraverso cui si costruisce e si difende una buona autostima consistono nell’attribuire un’importanza selettiva agli scopi che siamo in grado di raggiungere o meno, attribuzione formulata posteriormente rispetto all’autovalutazione in un determinato ambito o compito, in maniera tale che se l’autovalutazione risulta essere positiva riteniamo lo scopo importante, innalzando l’autostima, mentre se risulta essere negativa siamo propensi a pensare che lo scopo abbia scarsa rilevanza, proteggendo così l’autostima. Circa il problema di come vengano scelti tali scopi e ambiti rilevanti per la propria autostima, alcuni autori affermano che le persone tendono a scegliere come rilevanti per il sé quegli ambiti in cui hanno prestazioni elevate, in cui hanno un ruolo rilevante anche i processi di socializzazione e influenza sociale (interazioni genitori-figli, norme, valori culturali), e in cui hanno esperito accettazione o rifiuto da parte di altri.
Altre strategie consistono nell’attenzione e nella memoria selettive, per cui è più facile ricordare i successi e le autovalutazioni positive che non gli insuccessi, le umiliazioni e le autovalutazioni negative, nella tendenza ad attribuire i successi a fattori interni (meriti propri) e i fallimenti a fattori esterni e ad escludere, nel caso in cui si tratti di cause interne, quelle stabili (incapacità) e preferire quelle contigenti (stanchezza), più controllabili e rimediabili e, infine, nel self- handicapping, ossia nella tendenza, di fronte a possibili minacce per l’autostima, a creare attivamente condizioni di partenza svantaggiose riducendo, di fatto, le possibilità di successo, ma garantendosi la possibilità di ricondurre l’eventuale fallimento all’ostacolo, proteggendo così l’autostima, o, in caso di successo, di accrescere ulteriormente il proprio valore dal momento che si è riusciti, nonostante l’handicap. Tale strategia è particolarmente usata nei compiti che si ritiene abbiano un’importanza significativa per la propria autostima, di media difficoltà, e in presenza di terze persone che osservano e giudicano le prestazioni.

Particolarmente importante è il fenomeno di identificazione selettiva, noto come BirGing (brillare di luce riflessa), consistente nell’aumentare la propria autostima identificando o rivendicando l’appartenenza a gruppi di successo. Cialdini e colleghi hanno evidenziato tale fenomeno osservando l’abbigliamento di studenti di sette università americana nei giorni di lezione successivi a partite di footballl in cui giocavano le squadre universitarie (osservando, in maniera particolare, il numero di studenti che indossava capi della squadra dell’università) e notando che, in caso di vincita della squadra, gli studenti indossavano un maggior numero di capi recanti il nome dell’università, osservazione a partire dalla quale si giunse alla conclusione secondo cui il legame con la squadra vincente permetteva di accrescere l’autostima, sottolineando così la tendenza, da parte degli individui, a mettere in luce gli elementi che li accomunano ad altri individui o ad altri gruppi valutati positivamente, al fine di accrescere la propria autostima, e a negare il più possibile elementi in comune con altri individui o gruppi valutati negativamente al fine di proteggere la propria autostima, strategia questa, adottata in misura maggiore nelle situazioni in cui propria autostima è minacciata.

Per farsi un’idea di quanto si vale ci si basa, quindi, su continui confronti, tra il successo e il fallimento e i propri scopi e aspirazioni e tra la propria prestazione e quella altrui.
Tuttavia, ciò che distingue soggetti con alta autostima e soggetti con bassa autostima è il grado di importanza assegnato a ogni termine di confronto disponibile: soggetti con bassa autostima, infatti, hanno bisogno di confrontarsi con le prestazioni altrui per modellare e costruire su esse le proprie aspirazioni. In tali soggetti, dunque, il potere delle valutazioni altrui è estremamente importante, in quanto la propria autostima arriva a dipendere dalla stima altrui: il bisogno di valutazione positiva altrui si traduce in un bisogno di approvazione attorno al quale ruota la propria autovalutazione. Avere una bassa autostima innesca purtroppo un circolo vizioso tale per cui, partendo da una bassa autostima, si costruiscono aspettative negative rispetto alle prestazioni che influenzano negativamente il modo in cui si impiegano le proprie capacità e il grado di impegno e di persistenza. In particolare, una grande difficoltà a tenere sotto controllo le proprie emozioni, la costante messa a fuoco delle proprie inadeguatezze e uno scarso impegno nelle prestazioni, tanto maggiore quanto più si dimostra essere necessario (in quanto ci si trova di fronte a difficoltà), portano facilmente al fallimento della prestazione da cui si risale alle autovalutazioni negative e alla bassa autostima. Anche un eventuale successo non riesce, in tal caso, a essere un’efficace smentita della sua bassa autostima. Le prove non sono viste come sfide stimolanti, ma come minacce per la propria autostima di fronte alle quali è preferibile sottrarsi all’impegno.
Chi invece è caratterizzato da un’autostima alta si concentra più facilmente sul compito che ritiene alla propria portata, percepisce gli ostacoli come sormontabili e stimolanti e il successo è visto come una conferma della sua alta autostima. Inoltre, tende a confrontarsi non tanto con gli altri, quanto piuttosto con se stesso e le proprie aspettative e non vede una relazione necessaria tra ciò che gli altri pensano di lui e ciò che egli pensa di se stesso. Tuttavia, può accadere che, volendosi distinguere ed eccellere di fronte a iniziali segni di insuccesso, ritirerà o ridurrà l’impegno utilizzando, tuttavia, una strategia compensativa tale da permettergli di impegnarsi in un compito alternativo dove possa meglio dimostrare le sue capacità. Bisogna precisare che un’alta autostima non equivale necessariamente a maggiori possibilità di un buon adattamento: implica infatti, in alcuni casi, una serie di distorsioni tra cui, fondamentale, il grado di deformazione, in accuratezza delle percezioni della realtà e delle sopravvalutazioni di sé, che comportano rischi di un grave disadattamento. Inoltre ciò che è importante è l’autencità dell’illusione, ossia il fatto che tali autovalutazioni, indipendentemente da quanto siano fondate sulla realtà, siano ritenute vere dal soggetto, cioè che non assumono l’aspetto di una maschera dietro alla quale si celano dubbi inconfessati sul proprio valore.
Ma che cosa determina un’autostima bassa piuttosto che alta? Un fattore certamente fondamentale risiede nei propri vissuti e nell’educazione che si ha ricevuto, sia a livello familiare che scolastico, dove entrano in gioco gli insuccessi o successi precoci e le aspettative degli insegnanti. Tuttavia, tale spiegazione non è sufficiente: è necessario infatti, prendere in considerazione il fattore motivazionale e dunque il ruolo occupato dallo scopo dell’autostima rispetto ad altri scopi. Una componente importante dell’autostima e del suo circolo vizioso è costituta infatti dallo scopo di autoverifica, ossia di mantenere coerenti e stabili le autovalutazioni, anche se negative, che conduce a una forma di resistenza alle smentite e che si dimostra essere maggiormente importanti rispetto allo scopo della buona autostima. Una ragione importante nello spiegare le differenze, tale per cui i soggetti sono dotati di un’autostima bassa piuttosto che alta, risiede nel fatto che i soggetti con bassa autostima tendono a difendere tale autostima, a ricondurre ogni problema o fallimenti alla propria inadeguatezza anche di fronte all’evidenza che potrebbe indirizzare verso spiegazioni alternative, pena la messa in discussione del concetto di sé e delle proprie credenze.
Una variabile importante dell’autostima è il grado di stabilità: un’autostima instabile si configura come un’autostima dipendente dalle specifiche autovalutazione che ci diamo, le quali concorrono a determinare l’autostima complessiva, più o meno permeabile e influenzabile dagli specifici successi o fallimento, automaticamente interpretati come segni del proprio valore in conseguenza del quale l’autostima si innalza o si abbassa. Oltre alla dipendenza dalle autovalutazioni specifiche, le fluttuazioni dell’autostima sono favorite da un concetto di sé poco sviluppato e incerto che porta a ricavare informazioni su di sè dalle autovalutazione del momento, dando origine a un insieme incoerente di generalizzazione contrastanti, continuamente fluttuanti a seconda dell’alternarsi di circostanza favorevoli o sfavorevoli. Un’autostima instabile è inoltre frutto delle esperienze precoci del soggetto e, in particolare, dell’arbitrarietà e mutevolezza delle valutazioni altrui a cui si è stati esposti durante l’infanzia: se l’adulto esprime giudizi arbitrari, contradditori, di fronte allo stesso comportamento del bambino, e quindi motivati più dall’umore del momento che non dal comportamento del bambino, questo si convincerà di non avere controllo sulle valutazioni che riceve, di non essere in grado di favorirne certe e di impedirne altre, situazione tale per cui l’unica cosa che conta è l’esito contingente delle sue prestazioni. Sia un’alta che una bassa autostima possono quindi essere più o meno stabili. Soggetti con un’alta autostima si differenziano in quanto, mentre per i soggetti stabili l’autostima si mantiene alta col mutare delle circostanze e non ha bisogno di continue conferme né dai fatti né dalle valutazioni degli altri, per i soggetti instabili l’autostima è più oscillante, sotto continua minaccia, bisognosa del giudizio sociale e mossa dalla continua preoccupazione di difendere un’immagine positiva di sé, negando l’insuccesso o riconducendolo a cause esterne e adottando strategie come il confronto verso il basso o il self- handicapping al fine di esaltare continuamente il proprio successo alla luce degli ostacoli superati. Soggetti con una bassa autostima stabile si caratterizzano, invece, per la forte convinzione del proprio scarso valore, mostrando resistenza alle valutazioni positive e vedendo ogni frustrazione come una prova della propria inadeguatezza. Soggetti con una bassa autostima instabile, da’latra parte, si caratterizzano per l’incertezza circa le proprie capacità e dunque per la continua ricerca di conferme positive e di confronti a suo favore. Tali soggetti non sono convinti di essere persone di poco valore, ma lo temono molto ed è per questo che s’impegnano continuamente in strategie autodifensive. La questione se sia preferibile una bassa autostima stabile piuttosto che una bassa autostima instabile è, a tutt’oggi, un problema ancora aperto: sembra, tuttavia, che si consideri più positivamente una stabilità della bassa autostima in quanto è emerso che i soggetti a bassa autostima instabile presentano più sintomi nevrotici, sono più esposti alla depressione, proprio a causa delle elevazione intermittenti dell’autostima.

Un’altra dimensione dell’autostima riguarda la sua specificità /globalità. L’autostima globale consiste in un giudizio complessivo sul proprio valore o, meglio, sulla percezione di avere valore, di meritare attenzione, stima e considerazione e ha valore predittivo del benessere psicologico dell’individuo, in quanto soddisfa il bisogno umano fondamentale di contare, di avere valore. L’autostima specifica riguarda, invece, specifici settori autovalutativi (fisico, intellettuale, sociale), anche a livelli diversi di specificità, e permette di prevedere con un alto grado di certezza, il comportamento di un individuo nel dominio di attività considerato nonché i successi o fallimenti. Possiamo quindi dire che l’autostima globale è predittiva del benessere psicologico, ma non delle prestazioni in quanto non fornisce sufficienti informazioni su quanto l’individuo si ritenga capace e adeguato al compito e alle sue aspettative, mentre l’autostima specifica è predittiva del successo ma non possiede una relazione immediata col benessere psicologico. Ciò che è importante mettere in luce, infatti, è la tesi secondo cui le autostima specifiche non sono necessariamente indicatori del valore che l’individuo si attribuisce e, dunque, dell’autostima globale sia perché riguardano solamente una parte delle autovalutazioni sia perché l’autostima globale non si forma soltanto a partire dalla molteplicità delle varie autostime, ma anche e soprattutto, a partire da quel primitivo nucleo di autostima che si forma nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, quando le autostime specifiche non hanno ancora avuto modo e occasione di svilupparsi. La sensazione globale di contare, di valere, di essere o non essere importanti, rimandata dalle figure di attaccamento, si traduce in un sentimento globale di orgoglio di sé, piuttosto che di disprezzo o umiliazione, che a va a formare il nucleo centrale dell’autostima globale, particolarmente solido e difficilmente permeabile (a seconda della sua stabilità) dalle varie autostime specifiche che il bambino, crescendo, avrà modo di sviluppare. È anche per questo che le sommatorie e le medie dei punteggi autovalutativi non permettono di stabilire se e quanto l’autostima di un individuo sia alta o bassa. Tutto ciò non significa che tra autostima globale e autostima specifica non vi siano punti di contatto: al contrario, date certe condizioni, vi sono tra esse relazioni di influenza reciproca tali per cui l’autostima globale può influenzare un’autostima specifica e, di conseguenza, avere valore predittivo sul comportamento di una persona, nei casi in cui si debba affrontare situazioni e compiti nuovi, nei confronti dei quali l’atteggiamento dipenderà dall’autostima globale e dalla fiducia generale nelle proprie capacità che modellerà un’autostima specifica pertinente alla circostanza, e tali per cui l’autostima specifica influenza l’autostima globale. Quest’ultimo processo avviene a seconda della specifica importanza assegnata dal soggetto all’autostima specifica, per cui quanto è più importante per l’individuo riuscire e potersi valutare bene in un dato campo tanto più quella autostima specifica avrà un perso sulla sua autostima globale, e del grado di certezza con cui formuliamo le autovalutazioni specifiche, elementi a partire dai quali viene determinata la misura in cui le autostime specifiche vanno a configurarsi come veri e propri assi portanti attorno ai quali ruota l’autostima globale, rappresentano così buoni indicatori, non solo del successo o del fallimento, ma anche del benessere psicologico e del valore che l’individuo si attribuisce. Ma solamente a tali condizioni le autostima specifiche influenzano quella globale.
Posiamo quindi dire che, a determinate condizioni, è possibile il rapporto tra autostima specifica e benessere psicologico attraverso la mediazione dell’autostima globale e , viceversa, a determinate condizioni (importanza e grado di certezza dell’autostima specifica) il rapporto tra autostima globale e successo che vede come intermediario necessario l’autostima specifica che po’ avere una ricaduta sull’autostima globale, modificandola in positivo o negativo.

 

DIFFERENZE SESSUALI

La psicologia delle differenze sessuali si occupa di rilevare e spiegare se e quanto esistano differenze, da un punto di vista del funzionamento cognitivo, determinate dall’appartenenza sessuale e di chiarire come alla determinazione di tali differenze concorrano sia i fattori biologici e genetici sia i vissuti personali e, in generale, il contesto socio- culturale di appartenenza, al fine non di stabilire la superiorità di un sesso rispetto all’altro quanto piuttosto di individuare eventuali specificità, determinate dall’appartenenza sessuale, che aiutino a far luce sul funzionamento cognitivo umano in generale fornendo, appunto, informazioni di natura generale circa le modalità di sviluppo del cervello, l’apprendimento delle diverse strategie, il ruolo dell’esperienza pregressa nello sviluppo cognitivo.
Purtroppo non è sempre stato così: storicamente, infatti, le differenze sessuali venivano immediatamente tradotte in un’organizzazione gerarchica in cui la donna appariva subordinata all’uomo, tesi a sostegno delle quale, durante il 1800, cominciarono a prendere piede una serie di teorie pseudo scientifiche asserenti l’esistenza di differenze strutturali e funzionali nel cervello imputabili all’appartenenza sessuale: seguendo l’impostazione culturale dell’epoca ( e vantaggiando dunque il sesso maschile), e partendo dall’assunto secondo cui l’intelligenza fosse proporzionale alle forme e al peso del cervello, presero avvio ricerche frenologiche, aventi come oggetto di studio la forma del cranio e il volume delle aree cerebrali in virtù delle quali si sosteneva la superiorità dell’uomo rispetto alla donna. Anche la scoperta che i maschi presentavano in media una maggiore variabilità rispetto alle femmine, relativamente a una caratteristica sottoposta a misurazione, dovuta alla presenza di più soggetti che si staccavano dalla media ed eccellevano in quella particolare ablità e ritenuta equivalente a migliori possibilità di adattamento e sopravvivenza, confermava tale tesi. Nel 1900 torva particolare successo l’approccio della psicologia evolutiva la quale, traendo importanti contributi dalla teoria darwiniana, sostiene che le differenze sessuali siano interpretabili sulla base di meccanismi di selezione delle caratteristiche più utili alla sopravvivenza della specie e si radicano, dunque, in principi evolutivi: in virtù di tale tesi le donne sembrano avere un maggiore predisposizione genetica ad allevare la prole, in quanto una donna priva di tale istinti genererebbe figli con minore capacità di adattamento e sopravvivenza e quindi poco atti a riprodursi, riducendo così la trasmissione genetica di tale predisposizione e minando così fortemente il mantenimento della specie, e gli uomini, d’altro canto, sembrano ottenere migliori prestazioni in compiti visuo-spaziali in quanto, occupandosi della caccia ed essendo, secondo tale prospettiva, poligami, necessitavano di maggiori capacità spaziali per procurare il cibo e per garantirsi l’incontro con più femmine. Possiamo quindi dire che, secondo tale teoria, gli uomini, a differenze delle donne, svilupparono strutture cerebrali specifiche per abilità motorio- spaziali per meccanismo adattivi evolutivi in grado di assicurare maggiori probabilità di sopravvivenza della specie.

Nello studio delle differenze sessuali un assunto fondamentale è dato dall’impossibilità di isolare completamente i fattori biologici da quelli culturali: lo sviluppo è influenzato, infatti, sia da fattori genetici sia da fattori ambientali che interagiscono dinamicamente al punto tale che, mutamenti nella struttura cerebrale, avvengono sa sulla base del corredo genetico sia in sseguito a particolari esperienze.

Fattori biologici: sono in gioco tre sistemi biologico correlati tra loro, il corredo cromosomico, l’organizzazione e la struttura cerebrale e la concentrazione ormonale. Il processo di differenziazione sessuale inizia nelle prime settimane di gestazione a seconda del 23° paio di cromosomi ed è regolato dagli ormoni secreti dalle gonadi: alla 6° settimana di gestazione il gene SRY determina la trasformazione delle gonadi attraverso una cospicua quantità di testosterone nei testicoli mentre, se ciò non avviene, le gonadi si sviluppano in ovaie e, in assenza di testosterone, i genitali esterni si evolvono in clitoride e labbra. Ormoni androgeni (maschile) ed estrogeni (femminile) sono secreti sia dai testicoli che dalle ovaie ma in quantità differenti a seconda delle quali avvengono i successi passaggi della differenziazione sessuale. Tali ormoni, inoltre, sembrano giocare un ruolo fondamentale nel processo di differenziazione sessuale in quanto si è visto che la reazione di determinate strutture cerebrali agli androgeni determinerebbe una modalità maschile di sviluppo neurale durante il periodo embrionale e fetale, mentre, in assenza (o in quantità ridotte di testosterone) ai avrebbe una modalità di tipo femminile del neurosviluppo. Quello che è stato rilevato con certezza è la presenza di differenza nella morfologia, nella biochimica e nel funzionamento cerebrale di maschi e femminile. Da un punto di vista morfologico, il cervello maschile è più pesante e più esteso rispetto a quello femminile caratterizzato, tuttavia, da un flusso sanguigno cerebrale più veloce. Il cervello femminile, inoltre, presenta una maggior lateralizzazione e un maggior spessore del corpo calloso, facilitando dunque la comunicazione interemisferica e, di conseguenza, un’influenza di fattori emotivi e affettivi sui processi di ragionamento. Alcune ricerche hanno, per esempio, portato alla luce differenze sessuali nella lateralizzazione linguistica tali per cui, sebbene l’emisfero sinistro sia dominante nel linguaggio sia per i maschi che per le femmine, si è trovato un maggior grado di dominanza nelle donne rispetto agli uomini. Altre differenze riguardano la corteccia cerebrale, in particolare nel planum temporale, area importanti per il linguaggio che si è vista essere caratterizzata da una maggiore densità neurale nelle donne, l’ippocampo e l’ipotalamo il quale, dal momento che secerne ormoni che regolano il ciclo mestruale, è ovviamente diverso in maschi e femmine, da un punto di vista funzionale, grazie a tecniche di indagine in vivo (la PET e la FMRI) si sono registrate differenze sessuale nella quantità metabolica del glucosio, maggiore nelle femmine, e della serotonina il cui metabolismo neu sude sessi influenzerebbe la modalità di espressione dell’aggressività. Infine, è stato ampiamente dimostrato che gli ormoni sessuali esercitano un’influenza significativa sul funzionamento cognitivo: secondo l’ipotesi di Nyborg esiste una relazione tra concentrazioni ormonali e prestazioni cognitive tale per cui esisterebbe un livello di estradiolo (derivante dal testosterone) che sarebbe ottimale per l’effettuazione di compiti visuo- spaziali, abilità nelle quali infatti gli uomini ottengono risultati migliore. Studi su gemello sviluppatisi in una o due placente, l’esame del liquido amniotico e del cordone ombelicale e lo studio di anomalie genetiche suggeriscono che la quantità di testosterone nel periodo prenatale e neonatale sarebbe un indicatore delle abilità spaziali rinvenibili in età adulta, sebbene sia necessaria una cautela nel sostenere l’esistenza di una relazione lineare tra il livello di ormoni presenti nella fase prenatale e successivo sviluppo cognitivo.
Per quanto riguarda l’età adulta, tuttavia, la relazione tra livelli di estrogeni e testosterone  e abilità cognitive non è ancora del tutto chiara e gli studi condotti non portano a conclusioni certe in tal senso anche se, ricerche condotte su transessuali sottoposti a trattamenti ormonali, spingono verso una spiegazione delle maggiori abilità verbali nelle donne e visuo- spaziali negli uomini non tanto genetica, quanto piuttosto ormonale. Resta comunque difficile stabilire il preciso contributo di ciascun sistema biologico al funzionamento cognitivo e alle differenze presenti tra gli individui, in tale funzionamento, legate all’appartenenza sessuale.

In cosa differiscono? Da un punto di vista cognitivo è emerso come dato certo che uomini e donne differiscono in determinate abilità e prestazioni. In particolare, i compiti in cui si evidenzia un significativo scarto di prestazione rientrano nelle tre categorie delle abilità verbali, delle abilità visuo- spaziali e delle abilità matematiche.

ABILITA’ VERBALI
Con tale definizione si fa riferimento a una serie di competenze e di funzioni distinte, quali la capacità di fluenza verbale, la conoscenza della grammatica, la ricchezza e la proprietà lessicale, la capacità di usare analogie verbali, corrispondenti a diverse aree cerebrali. Per questo motivo, nello studio delle differenze sessuali nelle abilità verbali, è importante specificare la natura del compito e il contesto sperimentale e, dunque, limitare l’effetto trovato allo specifico compito indagato. Come emerso dalla meta- analisi di Hyde e Linn, in tutti i gruppi di età si osserva un costante vantaggio femminile nell’esecuzione di compiti verbali (sebbene, invece, si registri un vantaggio maschile nella produzione di analogie), anche se bisogna precisare come tale vantaggio femminile sia rilevante solamente per bambini minori di 5 anni e per gli adulti, mentre tra i 6 e i 25 anni le differenze non sono più così marcate e comuni a tutte le abilità verbali, ma risultano essere confinate a specifici compiti. Nei compiti di memoria verbale in cui è quindi implicata la capacità di ricordare materiale codificato o ricodificabile in forma verbale, la prestazione femminile è sistematicamente migliore rispetto a quella maschile, indipendentemente dal tipo di prova e di materiale utilizzato e dall’età dei soggetti, in particolare nei compiti di rievocazione di materiale dotato di significato. Una superiorità femminile si nota anche in presenza di disturbi linguistici, più frequenti nei maschi, per cui le funzioni verbali femminili si dimostrano meno sensibili all’insorgenza di patologie evolutive.
Possiamo quindi dire che, sebbene i dati non dimostrino sempre l’esistenza di differenze significative, le femmine sembrano essere complessivamente migliori nelle abilità verbali, fenomeno questo particolarmente evidente nell’infanzia e tendente a persistere fino alla vecchiaia.

ABILITA’ VISUO- SPAZIALI
Le abilità visuo spaziali consistono in quell’insieme di abilità accomunate dall’utilizzo di informazioni non verbalizzabili e da una codifica di tipo analogico e bisogna precisare che, anche in tale ambito, emergono differenze sessuali solo in specifici compiti e la loro entità cambia a seconda del tipo di compito. Per questo è importante suddividere le abilità visuo- spaziali nelle tre categorie della percezione spaziale, i cui compiti consistono nello stabilire l’inclinazione di un elemento collocato in una cornice a prescindere dal contesto, abilità in cui si registra una peggiore prestazione femminile a tutte le età (sebbene sia più consistente negli dulti), della visualizzazione spaziale, i cui compiti richiedono di immaginare il risultato di determinate combinazioni delle parti di un oggetti, operando così una serie di manipolazione di informazioni generali, e dai cui risultati non emergono differenze sessuali rilevanti e, infine, della rotazione mentale, compiti in cui si registra il maggior vantaggio maschile. A partire dall’emergere di tali risultati è possibile comprendere le ragioni per cui si riscontrano importanti differenze sessuali in alcune capacità implicate nella vita quotidiana come, ad esempio, la capacità di risolvere problemi, in cui si registrano prestazioni maschili superiori soprattutto nelle prove di animazione mentale (in quanto si è visto che gli uomini utilizzano più spessp le immagini mentali), la memoria per la posizione di oggetti, ambito questo in cui le donne sembrano avere prestazioni migliori relativamente, non tanto a una memoria per le pure posizioni occupate, dove si registra un effetto a favore dei maschi per la capacità di mantenere in memoria rappresentazioni spaziali pure), quanto piuttosto per la memoria per le caratteristiche di un oggetto, inclusa la sua posizione rispetto ad altri oggetti (le donne non sono infatti abili a dissociare cosa occupa una posizione dalla posizione stessa) e, infine, l’orientamento dove i maschi ottengono migliori prestazioni: a tale proposito sembra che, mentre le donne utilizzino una prospettiva sequenziale dal basso del percorso, basata su punti i riferimenti che s’incontrano, gli uomini adottino una mappa mentale generale dell’ambiente dall’alto, basata su informazioni spaziali di tipo geometrico, strategia questa che richiede continue rotazioni mentali al fine di mantenere la mappa centrata sul punto in cui si trova e che si mostra più efficace rispetto alla strategia dal basso.
È stato ipotizzato come, alla base di tali differenze sessuali nelle abilità visuo- spaziali, vi siano due fattori critici, quali la tridimensionalità, la quale richiede un tipo di elaborazione specifica tale per cui è necessario generare e mantenere contemporaneamente più immagini o integrarle in una dimensione più complessa, rendendo così più evidenti le minori risorse femminili visuo- spaziali e la quantità di elaborazione attiva richiesta dal compito, ossia di trasformazione o integrazione delle diverse informazioni che, a differenza dei compiti passivi (memorizzazione e ricordo degli stimoli) dove i due sessi non differiscono, registra un vantaggio a favore dei maschi sebbene sia necessario precisare che non si tratta di effetti di complessità quanto piuttosto di una specificità del tipo di processo utilizzato.

ABILITA’ MATEMATICHE
Sebbene in generale vi siano differenze sessuali in tale ambito nella direzione di un vantaggio maschile, è necessario anche in tale dominio diversificare tra competenze diverse quali l’abilità di calcolo, che registra una migliore prestazione femminile, la comprensione dei concetti matematici e l’utilizzo delle corrette procedure dove non si registrano differenze significative e la risoluzione di problemi dove, invece, si registra una prestazione maschile migliore. In particolare, è risultato importante studiare i compiti matematici dal tipo di strategia utilizzata in quella determinata prova, mostrando così come le differenze a favore degli uomini siano più rilevanti nei casi in cui il compito chiedeva di generare e manipolare una rappresentazione mentale.

È possibile infatti che le differenze sessuali in mabito cognitivo non siano tanto il riflesso di due capacità diverse, quanto piuttosto il risultato dell’uso di diverse strategie. In virtù di tale tesi è stato quindi ipotizzato che insegnando a maschi e femmine uguali strategie specifiche (legate a un determinato compito, per esempio di memoria) si possano ottenere prestazioni simili e diverse ricerche hanno mostrato che, soprattutto riguardo il dominio delle abilità visuo spaziali, il training è in grado di livellare le prestazioni femminili e maschili, mostrando così come le differenze sessuali siano in grossa parte il prodotto di fattori ambientali. Il maggior punteggio maschile in compiti matematici è infatti dovuto al fatto che generalmente i maschi tendono a seguire più corsi di matematici rispetto alle femmine per aspettative e pregiudizi) e come sia dunque possibile equiparare i livelli di competenza dotando entrambi i sessi degli stessi strumenti cognitivi.
Aldilà di tali considerazioni è quindi possibile affermare che maschi e femmine differiscono nell’uso di strategie. In particolare, differiscono in maniera importanti rispetto ad alcune strategie generali come la metacognizione, per cui è ipotizzato che i limiti mostrati dalle donne in alcune prove cognitive siano riconducibili a processi di controllo meno efficaci che non permettono di valutare passo dopo passo la propria prestazione, l’autoefficacia che risulta essere minore nelle donne influendo negativamente sulla prestazione, lo stile di apprendimento che nelle donne sembrerebbe dipendere maggiormente dalle tecniche apprese a scuola (ragione per cui tendono a mostrare una migliore prestazione scolastica), la velocità di risposta. A tale proposito si è visto come, in test di rotazione mentale, il vantaggio maschile fosse dovuto non una maggiore correttezza delle risposte, ma a tempo di reazione più brevi rispetto alle donne che influenza il punteggio complessivo. Le donne avrebbero dunque tempi di risposta più lunghi ed è importante sottolineare come tra tale elemento e determinate abilità non sia possibile ipotizzare un rapporto di causa- effetto, quanto piuttosto una correlazione dei due fattori che incidono sulla prestazione. Sembra così avvalorarsi l’idea secondo cui le differenze sessuali in ambito cognitivo dipendano non da diverse capacità ma da strategie diverse.
Le differenze sessuali coinvolgono non solo il funzionamento cognitivo, ma anche il comportamento emotivo: tali aspetti sono fortemente correlati in quanto, come diverse ricerche hanno dimostrato, l’emotività svolge un ruolo critico nell’influenzare le prestazioni in diversi compiti cognitivi. Un’emozione è costituita, oltre che da una componente fisiologica, da una componente espressiva e da una componente esperenziale: tale distinzione è importante nello studio delle differenze sessuali in tale ambito in quanto, a partire dall’analisi delle espressioni facciali e da questionari di autovalutazione, emerge una maggior predisposizione femminile all’espressività emotiva, estendibile alla gran parte delle emozioni, una maggior abilità  nel comprendere le emozioni altrui e una maggior sensibilità, dunque, verso la trasmissione e la comunicazione delle emozioni in contesto sociale, non vi sarebbero differenze sessuali nell’esperire un’emozione, come è emerso da studi basato sulla misurazione della reattività cutanea: sebbene gli uomini tendessero a esprimere le emozioni in misura minore, avevano risposte psicofisiologiche agli stimoli emotigeni perfino più forti di quelle delle donne. La maggiore espressività maschile non dipende quindi da un minor coinvolgimento emotivo, ma da una maggior interiorizzazione dei propri vissuti emotivi e le differenze sessuali nell’emotività non sono dovute tanto al fatto di provare quelle emozioni con minore o maggiore frequenza o intensità, quanto piuttosto a una diversa modalità di manifestazione delle emozioni. L’apparente incongruenza che, tuttavia, emerge tra una maggiore espressività femminile e una minore emotività interna degli uomini è stata risolta da alcuni autori facendo riferimento a stili emotivi portati verso l’interno o verso l’esterno secondo i quali, mentre nel primo caso (prevalente nei maschi) gli individui tendono a mostrare elevati livelli di attivazione emotiva associata alla capacità  di nascondere la propria emotività, nel secondo caso scarsi livelli i attivazione emotiva si associano a minor timore di manifestare il proprio stato emotivo e di conseguenza a una maggiore espressività emotiva. Ciò che è importante sottolineare è il fatto che, secondo tale prospettiva, a determinare uno stile emotivo interno o esterno intervengono non tanto l’appartenenza sessuale quanto piuttosto tratti comportamentali e di personalità dei singoli individui come, ad esempio, l’autostima e il livello di sicurezza di sé. Inoltre si è ipotizzato che differenze nel comportamento emotivo dipendano dal grado di femminilità e di mascolinità, più che dal sesso dei soggetti e, in particolare, che a determinare una maggiore espressività emotiva sia l’androginia, ossia quella condizione tale per cui gli individui ottengono punteggi di mascolinità e femminilità non fortemente polarizzati e non tanto il sesso femminile. Assunto fondamentale è comunque che le donne abbiano una maggior propensione a manifestare il proprio stato emotivo e, a tale proposito, si è cercata di individuare i fattori di tale fenomeno e il loro peso. Sebbene l’influenza biologica non possa essere esclusa, fattori educativi e socio- culturali rivestono un ruolo centrale nel determinare il comportamento emotivo: a seconda del sesso di appartenenza, vengono imposti ai bambini modelli educativi e comportamentali secondo i quali, da un lato, la donna sarebbe maggiormente portata a esprimere emozioni di affetto, gioia, paura, colpa, tristezza in quanto conformi al ruolo sociale assegnatole e, dall’altro, il maschio sarebbe portato ma manifestare maggiormente la rabbia e l’orgoglio dal momento che la società prevede che si più competitivo, aggressivo e focalizzato su obiettivi concreti: l’adeguazione del proprio comportamento ai ruoli sessuali stereotipati sembra quindi influenzare in maniera significativa anche il comportamento emotivo. In tale prospettiva, quindi, il contesto familiare esercita un’influenza estremamente potente nel determinare i modelli di comportamento dei bambini, sia selezionando il tipo di emozione comunicate in base al sesso del bambino (con le figlie si tenderebbe a riferirsi perlopiù a emozioni positive, evitando di menzionare parole come rabbia o aggressività particolarmente usate, invece, nelle conversazioni coi figli maschi) sia avendo comportament maggiormente emotivi con le figlie, incoraggiandole a parlare delle proprie emozioni. Gli effetti una maggior familiarità con le emozioni, esperita fin dall’infanzia attraverso la descrizione e la trasmissione delle emozioni, diversi stili ludici che orientano lo sviluppo emotivo, portando i maschi a giocare in gruppi più ampi dove il conflitto è più forte e dove vigono atteggiamento aggressivi e competitivi e le femmine a formare gruppi più ristretti e intimi in cui prevalgono la cooperazione, l’accordo e atteggiamenti empatici, nonché gli effetti dell’aspettativa sociale, sono tutti fattori fondamentali, stretti in un rapporto d’interazione, nel determinare differenze sessuali nel dominio dell’emotività e, in particolare, della manifestazione emotiva. L’approccio biologico, tuttavia, non rende conto della complessità del comportamento umano: quello che oggi è dato per certo è che le differenze sessuali  osservate non dipendono solamente dai geni ma anche e soprattutto dall’ambiente, inteso come educazione ricevuta, contatti sociali cui si è esposti e sistema sociale di cui si fa parte, la cui importanza emerge nei casi in cui l’identità sessuale autopercepita da un individuo, costruita socialmente, sia in opposizione al suo corredo cromosomico. Inoltre, come emerso da diverse meta- analisi, alcune differenze sessuali nei livelli di prestazione in vari compiti si sono attenuate nel tempo e le prestazioni sono diventate via via più omogenee. Sebbene la questione dell’andamento delle differenze sessuali nel tempo sia argomento complesso in cui entrano in gioco molte variabili, sembra comunque attribuire le differenze sessuali rinvenute in determinate abilità cognitive al contesto socio- culturale mutato nel tempo, sottolineando così l’influenza dell’ambiente nel creare le differenze. L’esperienza e il sistema sociale di appartenenza svolgono quindi un ruolo fondamentale nel modulare le nostre abilità, in particolare attraverso gli stereotipi che lo caratterizzano circa cosa sia propriamente maschile e cosa sia propriamente femminile. L’assimilazione di modelli sessuali stereotipati avviene prestissimo, in famiglia, a scuola, attraverso i media e attraverso i giochi cui maschi e femmine vengono indirizzati: mentre i maschi vengono indirizzati verso giochi in cui il movimento e il coordinamento spazio- motorio assumono un ruolo centrale, determinando di conseguenza una maggior attitudine verso tali abilità anche in età adulta, le femmine sono maggiormente indirizzate verso giochi di ruolo in cui l’imitazione di figure femminili è massima, rinforzando così gli stereotipi legati all’appartenenza all’uno o all’altro sesso. Pregiudizi e aspettative riguardo presunte competenze tipicamente maschili o femminili influenzano le scelte scolastiche e professionali e, dal momento che le diverse esperienze formative, giocano un ruolo cruciale nel determinare lo sviluppo di determinate abilità e strategie, si innesca un circolo vizioso che porta a penalizzare ancora di più lo sviluppo di particolari capacità in un sesso piuttosto che nell’altro. Tale aspetto è, inoltre, particolarmente importante nel momento della valutazione dei risultati ottenuti nei test attitudinali che spesso trascurano il percorso scolastico. Le influenze dell’ambiente familiare, della scuola, dei modelli sessuali stereotipati hanno quindi un ruolo chiave nel modulare la formazione di un’identità maschile o femminile e nel definire il profilo cognitivo di un individuo e, pertanto, non si può escludere che determinate sessuali in ambito cognitivo dipendano non dal sesso, quanto piuttosto dall’identità sessuale autopercepita dall’individuo, socialmente costruita.

 

Fonte: http://appunti.buzzionline.eu/downloads/differenzeindividuali0506.doc
Autrice: Clotilde

 

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