Riassunto Cesare Pavese

 


 

Riassunto Cesare Pavese

 

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Riassunto Cesare Pavese

 

CESARE PAVESE   (1908-1950)

 

Questo scrittore nella sua breve vita esprime in modo emblematico la crisi interiore di tanti altri intellettuali di quel tempo, che vissero spesso in modo drammatico i grandi cambiamenti storici, tipici di quegli anni, il fascismo, la guerra, la lotta partigiana, la ricostruzione e l'impegno civile e politico.Cesare Pavese era originario della provincia di Cuneo ; era nato a S.Stefano Belbo nel 1908, la sua formazione scolastica avvenne nel famoso liceo "D'Azeglio" di Torino, ove ebbe come insegnante Augusto Monti, che in quegli anni era un punto di riferimento preciso nell'opposizione al fascismo.Ma altrettanto significativa per Pavese fu l'amicizia con un gruppo di intellettuali torinesi, come Carlo Levi, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio ed altri .


Dopo essersi laureato in lettere ed aver insegnato per alcuni anni, si dedicò prevalentemente all'attività di traduttore dei grandi autori americani e collaborò, insieme a Vittorini , alle attività culturali del gruppo editoriale torinese Einaudi. Fu anche direttore di una rivista letteraria, poi soppressa dal regime ; ciò comportò un anno di confino a Brancaleone in Calabria . Intanto nel 1936, subito dopo il confino, Pavese pubblicò un libro di Poesie Lavorare stanca, che in quegli anni costituiva un esperimento nuovo, di poesia-racconto, con un impianto cioè narrativo, ispirato al grande poeta americano W. Withman, su cui Pavese aveva scritto la sua tesi di laurea. Tale poesia si presenta molto diversa dall'allora imperante ermetismo.
Negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale sia la letteratura nord-americana (in particolare Lewis ) sia la vicinanza affettiva con la provincia piemontese(le langhe), determinarono in Pavese un "ritorno" a quel mondo autentico con i suoi valori e miti.
Durante questa fase si possono collocare alcuni romanzi come Paesi tuoi (1939),che al suo apparire si segnalò subito per alcune novità significative:
in primo luogo per l'impianto narrativo, che usa spesso la tecnica del monologo interiore e l'uso frequente di termini dialettali  per rappresentare certi aspetti del mondo operaio e contadino piemontese. Altro aspetto tipico è il tono a volte drammaticamente crudo, specie quando si parla di sesso e di sangue ove emergono pagine con tinte forti e cruente. Emerge un mondo contadino dove il lavoro e la fatica abbrutiscono ed imbestialiscono l'uomo.
Tuttavia dietro questo apparente e crudo realismo si nasconde una realtà simbolica più profonda, che emergerà maggiormente nelle opere successive e che trova nella campagna il potente significato del ritorno all'infanzia perduta. A ciò bisogna aggiungere la struggente nostalgia ed il forte senso di ricerca , sempre assai vivo in Pavese, per l'ideale femminile. Nel successivo romanzo, che valse a Pavese il premio Strega nel 1949, cioè La bella estate, appare evidente il contrasto tra città(Torino) e campagna.
Il "mito" consiste nell'identificare Torino, la città con l'età adulta e con la solitudine, invece la campagna con l'infanzia , la madre, il senso di appartenenza a qualcosa e a qualcuno.
Come si vede, si può osservare che vi è un apparente impianto descrittivo-veristico, ma in profondità emergono ricordi, immagini e miti di chiara  derivazione decadente :Nel tempo prerazionale dell'infanzia si colloca il mito, la prima forma di conoscenza con cui si indica il primo rapporto con la realtà con cui il bambino si confronta per la prima volta con il mondo , si fissano nel suo inconscio questi simboli che rimarranno per tutta la vita. Il conoscere dell'adulto è dunque un "ricordare" , un far affiorare dall'inconscio i miti dell'infanzia (Le langhe in Pavese).
Il poeta dunque recupera con la creazione artistica la suggestione di quel magico momento iniziale.Fortemente imbevuta di tale sostanza mitica è l'opera "I dialoghi con Leucò", che presenta chiare reminiscenze classiche.

 

Il momento dell'impegno

 

Anche Pavese subì l'influsso inevitabilmente del neorealismo e delle tematiche ad esso collegate, comela Resistenza, la lotta partigiana, l'impegno civile dell'intellettuale.
Due romanzi in particolare esprimono tale momento: Il compagno (1947) risponde ad un'esigenza
di maggior impegno politico. E' la storia di Pablo, un giovane che conduce a Torino una vita spensierata ed oziosa ; egli si trasferisce a Roma, incontra esponenti della Resistenza e si inserisce nella lotta clandestina, finendo in carcere. Con questa serie di esperienze egli trova dei valori autentici, che danno un senso ad un'esistenza altrimenti vuota ed esce dall'isolamento. Questo romanzo tuttavia non  ha avuto molti consensi da parte della critica ; la figura di Pablo appare poco convincente perché Pavese non riesce a descrivere in modo appropriato il cambiamento interiore


del giovane. Inoltre a giudizio di alcuni,  vi sarebbe un pò di "enfasi ideologica" in alcune pagine  del romanzo, che toglierebbe spontaneità alla vicenda. 
Molto più riuscito e valido è l'altro romanzo La casa in collina, che fa parte insieme a Il carcere del volume Prima che il gallo canti. Questo romanzo di chiara impronta autobiografica narra le vicende di Corrado, un insegnante che fugge via da Torino, bombardata dagli alleati, rifugiandosi sulle colline limitrofe alla città ; entra in contatto con i partigiani, rincontrando in particolare Cate, con la quale aveva avuto una precedente relazione e, forse, un figlio Dino. Cate e gli altri vengono arrestati  dai nazisti ; Corrado riesce a fuggire, si rifugia in un collegio di religiosi, ove trova Dino. Mentre Dino, compiendo una scelta di campo autentica si unisce ai partigiani, Corrado non riesce a trovare la stessa energia interiore e indeciso e pieno di contraddizioni interiori ritorna nelle langhe.
Questo è il romanzo che meglio di altri esprime angoscia, turbamento, indecisione, ma anche l'individualismo un pò egoistico di un intellettuale piccolo-borghese, che non riesce a scegliere in modo chiaro l'impegno politico. Questo atteggiamento riflette in modo speculare la drammatica condizione esistenziale di tanti intellettuali, non del solo Pavese, in quegli anni così tragici.
Lo scrittore piemontese arriva alla lucida constatazione che non esiste una guerra giusta o ingiusta, ma che ogni guerra è , oltre che crudele, sempre assurda ed irrazionale.

 

La rivincita  del mito e la definitiva sconfitta

L'ultimo romanzo La luna e i falò (1950) rappresenta il testamento spirituale di Cesare Pavese ; attraverso la storia di Anguilla, un trovatello emigrato in America, che dopo aver fatto fortuna torna nelle langhe per ritrovare le sue origini. A contatto con le langhe riaffiora il "mito", l'infanzia lontana, il contatto viscerale e quasi sanguigno con la natura, con l'innocenza perduta.
E' una specie di impossibile ricerca del tempo perduto, perchè ormai l'infanzia è lontana, il tempo è scorso inesorabile, ormai irrecuperabile, anche nelle langhe, .
In questo romanzo Pavese cerca disperatamente per l'ultima volta di uscire dalla solitudine, di ritornare alle origini, di riscoprire se stesso, ma si rende conto che ciò è impossibile, comprende di essere solo. Nel prendere atto disperatamente di tale solitudine, egli lascia  intravedere il tragico gesto del suicidio ("il vizio assurdo") già in alcuni passi de Il mestiere di vivere, una specie di diario in cui sono annotate nelle ultime  pagine le tragiche vicissitudini  interiori di un animo ormai disperato.
lo scrittore in preda a questa tragica depressione si suicidò a Torino con una forte dose di barbiturici nell'agosto del 1950 ; ad esasperare tale malessere e a far precipitare la situazione, contribuì il fallimento della relazione amorosa con una giovane attrice americana Constance Dowling, da lui appassionatamente amata .
Traccia di tale dolorosa, sfortunata ed intensa  relazione sentimentale si coglie nella raccolta di poesie, pubblicata postuma nel 1951 Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Tale raccolta è molto diversa dalla precedente Lavorare stanca ; in queste poesie di tono fortemente lirico torna in modo ossessivo il tema della vita e della morte, dell'amore e della solitudine. La morte assume il volto della donna amata ; in termini psicanalitici si può intravedere una specie di ritorno del poeta  all'inconscio primitivo, allo stadio pre-natale, una regressione al grembo materno.
Queste poesie rappresentano l'estrema testimonianza di un'anima sensibile che, nella disperata  ricerca di amore , cade vittima della sua solitudine ed incomunicabilità, cedendo al "vizio assurdo"
cioè alla tentazione del suicidio, al richiamo della morte. Trova così l'epilogo il contrasto tra due diverse  componenti interiori : da un lato il mito, la suggestione interiore, il richiamo del passato, dall'altra il tentativo di uscire da se stesso, dalla propria solitudine e, aderendo al neorealismo in modo certamente  un pò confuso, tentare di "essere un uomo tra gli uomini" (secondo la definizione di U. Saba). Questo tragico conflitto non trovò mai una soluzione positiva.

 

Fonte: http://www.liceicortona.it/doc/italiano.doc

Autore del testo: Alessandro Silveri

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