Decadentismo riassunto

 


 

Decadentismo riassunto

 

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Decadentismo riassunto

 

DECADENTISMO


Premessa

  • 1883 Paul Verlain pubblica sul periodico parigino “Le chat noir” il sonetto “Langueur” i cui afferma l’identificarsi con l’atmosfera di stanchezza e di estenuazione spirituale dell’impero romano alla fine della sua decadenza. Il sonetto interpretava lo stato d’animo diffuso del tempo:
    • il senso di disfacimento e di fine di tutta una civiltà
    • l’idea assaporata con voluttuoso compiacimento autodistruttivo di un imminente crollo, di un cataclisma epocale.
    • Si avvertiva un’affinità con il periodo del tardo impero romano e si esaltava la suprema raffinatezza ed eleganza di simili momenti in cui una civiltà allo stremo può esprimersi.
    • Queste idee che erano proprie di circoli d’avanguardia e che si contrapponevano alla mentalità borghese e benpensante ostentavano idee deliberatamente provocatorie ispirandosi al modello “maledetto” Baudelairiano
    • La critica ufficiale usava il termine dispregiativo “decadente” ad indicare atteggiamenti del genere, ma quei gruppi intellettuali vollero capovolgerne il significato e ne fecero una sorta di bandiera.
  • Originariamente il termine “decadentismo” stava ad indicare un determinato movimento letterario sorto in un dato ambiente, quello parigino degli anni Ottanta con un preciso programma culturale, espresso esplicitamente da manifesti, successivamente quelle tendenze sarebbero state riprese e autonomamente sviluppate in altri contesti più vasti e nel corso del novecento ha iniziato a designare un’intera corrente culturale d dimensioni europee.

 

Il decadentismo appare come una somma di manifestazioni anche tra loro assai differenti :

(visione del mondo decadente)

  • Alla base vi è un irrazionalismo misticheggiante (che esaspera le posizioni già largamente presenti nella cultura romantica della prima metà del secolo). Rifiuto del positivismo : viene rifiutata dagli scrittori d’avanguardia la visione positivistica che rappresentava  l’opinione corrente borghese. Il decadente ritiene che la ragione e la scienza non possano dare la vera conoscenza del reale perché l’essenza di esso è al di la delle cose, misteriosa ed enigmatica.
  • Solo rinunciando all’approccio razionale si può tentare quindi di attingere all’ignoto. L’anima del decadente è perciò sempre protesa verso il mistero che è dietro la realtà visibile, verso l’inconoscibile.
  • Per questa visione mistica, tutti gli aspetti dell’essere sono legati tra loro da arcane analogie e corrispondenze che sfuggono alla ragione e possono essere colte solo in un abbandono di irrazionalità. Ogni forma visibile perciò non è che un simbolo di qualcosa di più profondo che sta al di là di essa e si collega con infinite altre realtà in un  rete segreta che solo la percezione dell’iniziato può individuare.
  • La rete di corrispondenze coinvolge anche l’uomo portando ad estreme conseguenze l’idealismo romantico che negava consistenza alla realtà oggettiva. La visione decadente propone quindi una sostanziale identità tra l’IO e il MONDO, tra oggetto e soggetto che si confondono un una arcana unità. Questa unione avviene sul piano dell’inconscio.
  • La scoperta dell’inconscio è il dato fondamentale della cultura decadente, il suo nucleo più autentico. Senza la scoperta di questa dimensione non si capirebbe nulla delle concezioni del decadentismo. Freud a fine secolo comincerà a dare una sistemazione scientifica a questa conoscenza, ma secondo un impiantio ancora positivistico e razionalistico o . I decadenti invece si lasciano voluttuosamente inghiottire dal vortice tenebroso distruggendo ogni legame razionale convinti solo che questo totale abbandono possa garantire la scoperta di una realtà più vera. Freud riconoscerà il suo debito verso i decadenti : ciò a cui lui aveva dato veste scientifica era stato prima di lui intuito da artisti e poeti.
  1. Se il mistero, l’essenza segreta della realtà, non può essere colto attraverso la scienza e la ragione, altri sono gli strumenti privilegiati del conoscere. Questi sono tutti gli stati abnormi e irrazionali dell’esistere : la malattia, la follia, la nevrosi, il delirio, il sogno e l’incubo, l’allucinazione. Questi stati di alterazione sottraendoli al limitante e paralizzante controllo della ragione aprono al nostro sguardo interiore prospettive ignote e permettono di vedere , magari confusamente il mistero che è al di la delle cose ignote. Gli stati di alterazione possono anche essere indotti artificialmente con l’uso di alcool, dell’assenzio e di altre droghe come hashish, oppio o morfina. Tali stati sono ritenuti in grado di consentire il contatto con l’assoluto e di stimolare infinitamente la creazione artistica. Il poeta si trasforma in veggente attraverso una lunga, immensa e volontaria sregolatezza in tutti i sensi.
  2. Vi sono poi per i decadenti altre forme di estasi che consentono questa esperienza dell’ignoto e dell’assoluto  : se io e il mondo non sono in realtà distinti, l’io individuale può annullarsi nella vita del gran Tutto : questo atteggiamento è stato definito panismo che ricorrerà particolarmente in D’Annunzio.
  3. Un altro stato di grazia è costituito dalle epifanie. Le definisce il giovane james joyce : una particolare realtà qualunque, cha appare insignificante alla visione comune si carica all’improvviso di una misteriosa intensità di significato che affascina come un messaggio proveniente da un'altra dimensione come rivelazione momentanea di un assoluto.

 

 

*3   Corrispondenze [precursore (Baudelaire) fiori del male]
*5   interpretazione dei sogni (Freud – 1899)
*6  [già presente in età romantica : Confessione di un oppiomane (Quincey), Paradisi Artificiali (Baudelaire)]
     [Rimbaud : “per arrivare all’ignoto occorre rendersi veggenti…questo avviene attraverso la sregolatezza in tutti i sensi]
*7 [D’Annunzio – Meriggio da Alcione]
*8 [James Joyce – Stefano Eroe ,  ritroviamo propaggini in Cesare Pavese in Feria d’agosto ]

 

Poetica del decadentismo

 

  • Arte è per i decadenti il momento privilegiato di conoscenza.  Il poeta, il pittore, il musicista non sono solo abili artefici, capaci di usare le parole, i colori , la musica, ma sono sacerdoti di un vero e proprio culto: dei veggenti, (poeta veggente) capaci di spingere lo sguardo dove l’uomo comune non vede nulla. Arte , non è solo un’operazione intesa a produrre begli oggetti, ma voce del mistero che obbedisce a sollecitazioni profonde e suprema illuminazione.
  • Questo culto religioso dell’arte ha dato origine al fenomeno dell’estetismo. L’esteta è colui che assume come principio regolatore della sua vita non i valori morali, il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, ma solo il bello ed esclusivamente in base ad esso giudica la realtà. Egli si colloca al di là della morale comune in una sfera di assoluta eccezionalità rispetto agli uomini mediocri. Ogni aspetto che incontra egli lo trasfigura sovrapponendo su di esso un capolavoro artistico. Arte e vita quindi si confondono nel senso la via è assorbita interamente dall’arte.
  • Ne consegue che l’artista si rifiuta di usare l’arte per promulgare idealità morali e civili e rifugge la rappresentazione della realtà storica e sociale (che era una prerogativa del realismo ottocentesco). L’arte si chiude quindi nella celebrazione di se stessa, depurandosi di tutti gli intenti utilitaristici e pratici diviene cioè arte pura. (un’eccezione è costituita da D’annunzio nel periodo superomistico.
  • Se la poesia è veicolo della rivelazione del mistero e dell’assoluto, la parola poetica non può più essere strumento di una comunicazione logica, razionale, ma si propone di agire su una sfera più profonda assumendo valore puramente suggestivo ed evocativo. Il significato della parola si fa labile, evanescente o scompare del tutto lasciando solo il suo alone suggestivo. Alle immagini nitide si sostituisce l’impreciso, il vago, l’indefinito capace di evocare sensi ulteriori e misteriosi.
  • La parola smarrendo la sua funzione di strumento comunicativo immediato ricupera quella ancestrale di formula magica capace di rivelare l’ignoto, di mettere in contatto con un arcano al di là delle cose. Inoltre la poesia, essendo pura suggestione irrazionale, allusiva al mistero, rinuncia alla comunicazione di un significato razionale e diviene inevitabilmente oscura al limite della incomprensibilità.
  • Il poeta che vuole comunicare lo fa in forme cifrate, allusive, enigmatiche, rivolte a pochi iniziati perché solo questi sono in gradi di accedere al mistero e di comprendere il suo linguaggio. In situazioni estreme la poesia diviene pura autocomunicazione : il poeta non parla ad altri ce a se stesso. Si rivela di qui il carattere  estremamente aristocratico dell’arte decadente che rifiuta di rivolgersi al pubblico borghese ritenuto mediocre e volgare.
  • Questa scelta è inoltre motivata dall’imporsi della nascente cultura di massa, che offre al grande pubblico dei prodotti fatti in serie, come i romanzi d’appendice e i racconti pubblicati su giornali e riviste per famiglie. Anche le arti figurative con l’avvento della fotografia consente l’indefinita riproducibilità tecnica delle immagini distruggendo l’unicità dell’opera d’arte. Per questo l’artista sente il bisogno di difendersi, di differenziarsi e si rifuggia nel linguaggio ermetico per salvare l’arte vera. In questo periodo si delinea quindi una frattura radicale tra artista e pubblico, tra intellettuale e società, frattura che esaspera il conflitto già profilatosi in età romantica agli albori del capitalismo industriale moderno.
  • Vi sono vari mezzi tecnici con cui lo scrittore decadente (sia prosatore che poeta) ottiene questi effetti di suggestione. Innanzitutto la musicalità : la parola  vale non tanto quale significante logico, che richiama un preciso referente reale, ma quale pura fonicità che si carica di valori magicamente evocativi. Nella visione decadente la musica è la suprema delle arti, proprio perché è la più indefinita.
  • La trasformazione di parola in musica è esplicitamente teorizzata dall”arte poetica” di Paul Verlaine. Un andamento musicale ha parimenti la prosa narrativa dei romanzi di D’Annunzio. Nella poesia cadono i nessi sintattici tradizionali : la sintassi di fa vaga e imprecisa, altamente ambigua. Lo strumento forse più usato è quello metaforico. La metafora decadente non è intesa come ornamento dell’espressione, né come rapporto di somiglianza tra due oggetti come avveniva nella tradizione. La metafora decadente presuppone una concezione irrazionalistica : è espressione di una visione simbolica del mondo, dove ogni cosa rimanda ad altro e allude alla rete di relazioni che uniscono le cose in un sistema di analogie universali.
  • Il rapporto metaforico è simbolico e il simbolo è oscuro e misterioso, allusivo, polisemico, cioè non si possono dare equivalenti logici esaurienti poiché esso lascia sempre un margine un alone inafferrabile.
  • Analogo alla funzione della metafora è la sinestesia. Essa è una fusione di sensazioni ovvero di impressioni che evocano altre impressioni relative a sensi diversi. Anche la sinestesia rimanda a una rete simbolica sotterranea al reale che presuppone una segreta unità del tutto, una zona oscura dove tutte le sensazioni si fondono in un complesso indistinto.
  • In relazione a questa analogia universale si tenta di fondere i vari linguaggi artistici al fine di ottenere un’arte che abbia effetti propri di arti diverse : suggestioni musicali con la parola, plastiche e visive con la musica (Wagner).

 

*1  illiminazioni (Rimaboud) – prose liriche 1873-1875
*2  concetti teorizzati originariamente in Inghilterra da John Ruskin e Walter Pater, in Francia da Huysmans in       
controcorrente. Avranno poi massima risonanza con Oscar Wilde e Gabriele D’Annunzio.
*8  Walter Pater (teorico dell’estetismo inglese) afferma che tutte le arti tendono alla musica. Ricerca del tempo perduto 
     (Proust)
*9  trasformazione dell’arte poetica in musica : Sera Fiesolana di D’Annunzio, Alba Festiva in Myricae di Pascoli.
*10 Assiuolo di Pascoli, Temporale di Pascoli.
*11 pionieristico è in questo caso Corrispondenze di Baudelaire poi abbiamo il sonetto Vocali di Rimbaud, Sera Fiesolana
di D’Annunzio, La mia sera di Pascoli.
*12  Fusione della arti operata da Wagner  : “Gesamtkunstwerk”

 

Temi e miti della letteratura decadente.

  • Fornire una sintesi esauriente delle tematiche affrontate dal decadentismo europeo è un impresa impossibile, cercheremo di individuare quei filoni particolarmente significativi .
  • L’atmosfera dominante nell’età del decadentismo è rappresentata da uno stato d’animo di stanchezza derivante dal senso di disfacimento di una civiltà che si avverte prossima al crollo. Da qui deriva l’ammirazione per le epoche di decadenza, come la grecità alessandrina, la tarda latinità imperiale, l’età bizantina, dove l’esaurirsi delle forze si traduce in estrema raffinatezza.
  • Al culto per la raffinatezza estenuata di tali epoche si unisce il vagheggiamento del lusso raro e prezioso e della lussuria complicata da perversità e crudeltà. Nelle fantasie perverse di lussuria e crudeltà raffinata si esprime la stanchezza di una fantasia sazia che ricerca il nuovo e l’inaudito per trovare ancora stimoli che le impediscano di cadere nell’inerzia e nella noia.
  • Al tempo stesso si manifesta una sensibilità acutissima ed esasperata al limite dalla nevrastenia. La nevrosi è una costante che segna tutta la letteratura decadente e spesso viene tematizzata direttamene in personaggi di romanzi, drammi , poesie.
  • Accanto alla malattia nervosa, la malattia in genere è una altro grande tema decadente. Da un lato essa si pone come una metafora di una condizione storica, di un momento di crisi profonda, di smarrimento delle certezze, di angoscia per il crollo, avvertito prossimo,di tutto il mondo. Dall’altro lato, la malattia diviene condizione privilegiata, segno di nobiltà e distinzione, di quella separazione sprezzante verso la massa che contrassegna l’aristocraticismo degli intellettuali di questa età e costituisce uno strumento conoscitivo eccellente. Alla malattia umana si associa la malattia delle cose, il gusto decadente ama tutto ciò che è corrotto, impuro, putrescente.
  • La malattia e la corruzione affascinano i decadenti anche perché sono immagini della morte. La morte in questo periodo è un tema dominante, ossessivo. E’ rappresentata nella letteratura decadente con una voluttà morbosa di annientamento. Se è vero quanto dice Freud che l’uomo ha in se due pulsioni : l’Eros e il Thanatos, ovvero la pulsione creatrice e quella distruttrice, possiamo affermare che questa età vede il trionfo incontrastato della seconda. Se c’è una malattia, essa non è del singolo individuo, ma della civiltà. Questa ossessiva presenza della morte, con i suoi corollari della malattia e della decadenza è evidentemente il simbolo di un dato epocale di una condizione generale della società europea.
  • Sempre all’interno della stessa cultura, al fascino della malattia, della decadenza e della morte si contrappongono però delle tendenze opposte : il vitalismo , cioè l’esaltazione della pienezza vitale senza limiti e senza freni che afferma se stessa al di là di ogni norma morale, la ricerca del godimento ebbro, “dionisiaco”, la celebrazione della forza barabarica che impone il suo dominio sui deboli e può così rigenerare un mondo esausto. Queste due componenti opposte si possono trovare sull’arco della produzione Dannunziana. In realtà questi atteggiamenti sono solo in apparenza contradditori : il culto della forza e della vita in Dannunzio e nell’età decadente  in generale non sono che un modo per esorcizzare l’attrazione morbosa per la morte, per cercare di sconfiggere un senso di stanchezza e di esaurimento che si affaccia nonostante ogni sforzo di tendere le energie verso mete sovraumane. Il vitalismo superomistico non è che l’altra faccia della malattia interiore, del disfacimento e degli impulsi autodistruttivi o meglio la maschera che cerca inutilmente di nasconderli.
  • Un altro senso dell’estenuante morbosità e il vitalismo barabarico sono entrambi il rifiuto aristocratico della normalità, di una ricerca esasperata del diverso, dell’abnorme, in polemica con la visione normale, benpensante, “borghese”, che l’artista ha in orrore. Il conflitto con la società e l’atteggiamento antiborghese si esasperano all’estremo e l’artista decadente si isola ferocemente dalla realtà contemporanea, orgoglioso della propria diversità.
  • Nascono alcune figure ricorrenti nella letteratura decadente che assumono spesso una dimensione mitica. Innanzitutto la figura dell’artista “maledetto” che profana tutti i valori e le convenzioni della società, che sceglie deliberatamente come un gesto di rifiuto, il male e l’abiezione e si compiace di una vita misera, errabonda e sregolata condotta sino al limite estremo dell’autoannientamento.
  • Altra figura tipica è quella dell’esteta. E’ l’artista che vuole trasformare la sua vita in opera d’arte sostituendo alle leggi morali le leggi del bello e andando costantemente alla ricerca di sensazioni squisite e piaceri raffinati, modellati sull’esempio delle grandi opere poetiche, pittoriche o musicali del passato. L’esteta ha orrore della vita comune, della volgarità borghese, di una società dominata dall’interesse materiale e dal profitto, dall’egualitarismo democratico e si isola in una sdegnosa solitudine circondato solo dalla bellezza e dall’arte. Il presente per lui è il trionfo della bruttezza  dello squallore e ciò che è bello può essere collocato solo nel passato, in età di suprema raffinatezza come quella greca o quella rinascimentale.
  • Una terza figura fondamentale è quella dell’”inetto a vivere”. L’inetto è escluso dalla vita che pulsa intorno a lui e a cui egli non sa partecipare per mancanza di energie vitali, per una sottile malattia che corrode la sua volontà. Può rifugiarsi solo nelle sue fantasie per compensare la realtà frustrante, vagheggiando sogni d’azione da cui è escluso. Vorrebbe provare forti passioni , ma si sente inaridito, isterilito, impotente. Più che vivere osserva vivere. E’ proprio la sia qualità di intellettuale, il continuo osservarsi e studiarsi che gli raggelano i sentimenti e lo bloccano dall’azione isolandolo dalla vita che scorre fuori e lontano da lui. La sua vita interiore diviene una dimensione alternativa, parallela alla realtà vera nella quale l’eroe si chiude interamente perdendo i contatti con il mondo esterno talora arrivando ad una lucida follia.
  • Di contro a questi uomini deboli, malati, incapaci di vivere, nella letteratura decadente troviamo un’immagine antitetica di donna: “donna fatale”, dominatrice del maschio fragile e sottomesso, lussuriosa e perversa, crudele e torturatrice, maga ammaliatrice al cui fascino non si può fuggire, che succhia le energie vitali dell’uomo come un vampiro, lo porta alla follia, alla perdizione, alla distruzione. La donna fatale è una figura che esprime conflitti profondi, e per questo appare l’equivalente dei mostri che emergono dagli incubi degli scrittori romantici : non per nulla essa assume tratti  che sono propri di Satana o caratteri vampireschi.

 

*3    “Nave” di D’Annunzio. Leopold Von Sacher Masoch. Huysmans, Wilde, D’Annunzio.
*4    “Des Esseintes di Huysmans. Trionfo della morte di D’Annunzio.
*5    Vergini delle rocce di D’Annunzio. Coscienza di Zeno di I. Svevo.
*6    Trionfo della morte e Contemplazione della morte di D’Annunzio. Morte a Venezia T. Mann.
*7     Il vitalismo vede il suo teorico in Nietzsche. Trionfo della morte di D’Annunzio.
*10   Verlaine sulle pagine della rivista “luteche” aveva introdotto la formula “poeti maledetti”
*10   “Des Esseintes di Huysmans. Dorian Gray di Wilde.
*11   Memorie del sottosuolo Dostoievskyj.Trionfo della morte D’Annunzio.Una Vita e Senilità Svevo.Fu Mattia Pascal.Piran
*12   Venere in pelliccia di Masoch. Opere teatrali di D’Annunzio. Wilde.

  • L’inetto vivere conosce una variante originale col “fanciullino” pascoliano. Il rifiuto della condizione adulta, della vita di relazione al di fuori del tiepido e protettivo nido familiare, il regredire a forme di emotività e sensibilità infantili che si pongono in antitesi alla visione matura della realtà, si traducono in un atteggiamento di trepida indagine del mistero del mondo. Il “fanciullino” è portatore di una visione fresca e ingenua delle cose nella loro vergine essenza, liberandole dalle “incrostazioni” di cui le hanno ricoperte le convenzioni della vita normale, “adulta”. Il mito pascoliano del “fanciullino” esprime l’esigenza di una regressione a forme di coscienza primigena, anteriori alla vita logica, quindi anch’esso è espressione dell’irrazionalismo e del misticismo che sono propri delle concezioni decadenti.
  • Alla crisi e alla malattia interiori il decadentismo può reagire, come abbiamo detto, appellandosi alla forza barbara e ferina. Da questa ha origine un’altra figura mitica : quella del “superuomo” che D’Annunzio propone a partire delle “Vergini delle rocce” manipolando a suo uso e consumo le teorie di Nietzsche. Il superuomo Dannunziano vuole essere l’antitesi degli eri deboli e inetti, perplessi e sconfitti dei primi romanzi : anche la malattia, il disfacimento e la morte, anziché inghiottirlo nel loro vortice insidioso, non fanno che esaltarne la sua forza. Il mito si carica di significati politici : il superuomo deve mirare alla rigenerazione dell’Italia, riportandola alla sua grandezza passata e per fare questo deve imporre un saldo dominio sconfiggendo le forze disgregatrici del parlamentarismo, del liberalismo , della democrazia, dell’egualitarismo, instaurando una dittatura di eletti e di forti. Ma si è anche detto che il superuomo non è che una maschera costruita da D’Annunzio per esorcizzare le forze oscure della disgregazione, il fascino della morte e del nulla. Dietro il superuomo è facile quindi scorgere sempre la fisionomia dell’eroe decadente, corroso dalla malattia interiore, inetto e impotente  che il velleitarismo dannunziano male riesce a mascherare.
  •  Caratteristica degli eroi decadenti è pertanto una psicologia complicata, tortuosa, dominata da spinte contraddittorie e ambivalenti. Tipici della letteratura decadente sono l’attenzione per l’ambiguità della psiche. Nasce da questo una nuova struttura romanzesca : non più il romanzo realista che studia le psicologie individuali in rapporto a determinati ambienti sociali, ma il romanzo psicologico in cui la dimensione soggettiva viene prepotentemente in primo piano, oscurando quella sociale. In Italia il vero promoter del romanzo psicologico è Svevo, con “Una vita” e “Senilità”.

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*14       Superuomo : personaggio Claudio Cantelmo (eroe delle Vergini delle Rocce), Stelio Effrena (eroe del “Fuoco”).
*15       I nuovi “aristocratici”, gruppo di eletti, di forti devono sottomettere la “grande bestia”: il popolo trasformandolo in un
docile strumento delle conquiste imperiali.
*15b     contraddizioni dei personaggi superomistici : la loro forza non si concreta mai veramente in azione, il gesto eroico è
solo alluso, rimandato ad un vago futuro.
*16        Colui che dalla Franca propone il romanzo psicologico in antitesi a quello naturalista è paul bouget, romanziere
che al tempo ebbe larga risonanza. “La Coscienza di Zeno di Svevo”. “Fu Mattia Pascal” e “uno, nessuno,
             centomila”  Pirandello.

 

Coordinate storiche e radici sociali del decadentismo.

(Decadentismo e Romanticismo)

  • sul piano culturale tra il romanticismo e il decadentismo non c’è soluzione di continuità, ma gli storici hanno successivamente sottolineato che quasi tutte le tendenze e le tematiche del Decadentismo possono già trovare riscontri o anticipazioni nel clima romantico, in particolare nel Romanticismo tedesco e inglese. Pertanto il Decadentismo può a buon diritto essere ritenuto una seconda fase del Romanticismo. Certo il Decadentismo ha una sua fisionomia specifica che rimanda a un clima culturale e storico particolare, ma per massima parte i suoi aspetti salienti si individuano rispetto al Romanticismo più come svolgimenti, accentuazioni, esasperazione che come novità assolute.
  • Gli aspetti salienti che caratterizzano il nuovo clima decadente potrebbero essere così schematizzati :
    • Sulla base di un comune irrazionalismo e un rifiuto della realtà con conseguente fuga verso un altrove ideale e fantastico :
      • L’età romantica propone uno slancio entusiastico, forme di ribellione eroica e titanica.
      • Il Decadentismo è contrassegnato da un senso di stanchezza, estenuazione e smarrimento, languore, presentimento di fine e di sfacelo che inibisce ogni slancio energico e induce a ripiegarsi all’analisi inerte della propria “malattia” e debolezza.
    • Valore dell’arte :
      • Mentre l’artista romantico mosso da uno slancio verso l’ideale opera un impegno, magari solo negativo con la rivolta, trattando i grandi problemi,
      • L’artista decadente rifiuta invece ogni impegno, erige la forma artistica come valore supremo e afferma il principio della poesia pura, non contaminata da interessi pratici, morali o politici.
    • Modalità creative :
      • Il Decadente esalta l’artifizio, la complicazione, la creazione di un prodotto squisito, cerebrale.
      • Il romantico esalta la forza creatrice immediata del genio, ponendo come valore assoluto la natura e tutto ciò che è spontaneo e immediato.
  • La continuità tra Romanticismo e Decadentismo corrisponde alla sostanziale omogeneità delle condizioni di vita materiale nell’arco del secolo, non vi è frattura sul piano dell’assetto economico e sociale. La crisi di coscienza, il rifiuto della realtà, le tematiche negative , tutti fattori che accomunano Romanticismo e Decadentismo si possono quindi collegare a omogenee reazioni di poeti e artisti delle due età di fronte ai tratti più inquietanti del moderno asseto capitalistico e industriale. Gli aspetti più specifici del clima decadente possono invece essere messi in relazione con gli sviluppi che caratterizzano particolarmente la situazione europea di fine secolo : la grande industria con l’impiego massiccio delle macchine, la produzione su vasta scala, la razionalizzazione del processo produttivo, hanno raggiunto dimensioni colossali,
  • Questa organizzazione produttiva da anche origine alla società di massa in cui gli individui perdono la loro fisionomia peculiare e si riducono a rotelle di un ingranaggio sempre più perfezionato che ne condiziona i comportamenti, idee, scelte.

 

  • Nell’apparato industriale e finanziario monopolistico l’intellettuale non trova più posto, è spinto ai margini, si sente inutile e frustrato. I nuovi processi produttivi lo declassano anche materialmente, lo relegano a funzioni dequalificate, ripetitive, impiegatizie : perde definitivamente quel privilegio materiale e spirituale di cui aveva goduto in precedenti età della storia. Proprio per questo reagisce disperatamente accentuando la sua diversità e la sua eccezionalità attraverso l’estetismo, il maledettismo, il superomismo. Gli artisti romantici più sensibili avevano recepito il fenomeno riflettendolo in figure di eroi intellettuali deboli, smarriti, schiacciati dalla realtà, oppure per reazione titanicamente ribelli, ma ora a fine secolo in fenomeno raggiunge proporzioni macroscopiche.
  • Stritolato da un apparato produttivo disumano e minaccioso, lo scrittore è poi preso da un ingranaggio perverso : scrivere ormai vuol dire solo produrre per un mercato; l’opera d’arte si riduce sempre più a merce. L’artista allora come si è visto cerca di reagire rifiutandosi di rivolgersi al pubblico comune, individuando una cerchia ristrettissima di iniziati a cui indirizzare le sue opere e accentuando le caratteristiche ermetiche del suo linguaggio nel tentativo di sottrarre la sua creazione al circuito di mercato, di salvarne l’”aura” ineffabile.
  • Anche i conflitti di classe che esplodono prepotentemente come mai prima lasciano l’intellettuale smarrito e spaventato poiché egli è estraneo sia agli interessi dei borghesi che a quelli del proletariato.

 

(Decadentismo e Naturalismo)

  • Nonostante l’antitesi tra le concezioni di fondo (positivismo in primis), non dobbiamo dimenticare che le due correnti sono compresenti lungo gli anni settanta-ottanta e per i primi anni novanta. Solo dalla metà del 1890 il Naturalismo comincia a esaursi e le tendenze decadenti a prendere il sopravvento.
  • Nella Parigi che vedeva nascere i periodici “Le Chat Noir”, “Lutece”, “Le Decadent” in cui operavano Verlaine, Rimbaud, Huysmans, erano ancora pienamente attivi scrittori naturalisti : Zolà, Maupassant, Daudet.
  • Non si può dire quindi che il Decadentismo sia frutto di una situazione storica diversa e successiva rispetto a quella del Naturalismo-Verismo, ma sono due tendenze parallele in certo modo complementari che nascono sul terreno delle stesse condizioni oggettive.
  • Le opposte fisionomie delle due correnti si possono solo spiegare col fatto che esse sono espressione di gruppi intellettuali diversiche diversamente si collocano nei confronti di un medesimo contesto storico.
  • Gli scrittori naturalisti sono sostanzialmente integrati nell’ordine borghese, ne accettano l’orizzonte culturale costituito dal positivismo, dallo scientismo, dal materialismo. Al massimo come avviene per Zolà, possono criticare gli aspetti più aberranti del sistema, ritenendo di poterlo migliorare. Tali posizioni divengono via via più insostenibili man mano che si accentuano le trasformazioni della struttura socio-economica, la fiducia nella scienza si esaurisce nello scrittore e questo porta all’esaurirsi del Naturalismo e all’affermarsi incontrastato del Decadentismo.

 

(Decadentismo e Novecento)

  • Alcuni hanno proposto di impiegare il termine Decadentismo a designare tutto quanto il Novecento, altri invece ritengono sia più corretto limitarlo i soli fenomeni letterari di un periodo più ristretto. E’ vero che molte tendenze del 900 hanno radici in quel clima e ad esso sono legate da molti fili : Crepuscolarismo, Futurismo, Dadaismo, Surrealismo, la poesia ermetica; ma questi fenomeni, pur essendo nati dalla crisi epocale apertasi negli ultimi due decenni dell’Ottocento, si collocano in contesi ormai diversi.
  • Decadenti Italiani : D’Annunzio e Pascoli (Fogazzaro che in passatto godette di grande fortuna e considerazione oggi è considerato un “minore”). Vi è una certa perplessità nell’includere anche Svevo e Pirandello che per certi aspetti hanno le loro radici in quel clima, ma che poi se ne distaccano per una più lucida consapevolezza critica, per una proposizione del mondo più moderna, più “aperta”, ma ci uniformiamo a quanto indicato dal Salinari che fece approfonditi studi proprio sul Decadentismo in Svevo, Pirandello e D’Annunzio.
  • Il termine Decadentismo ha avuto in origine una connotazione negativa e nella critica del Croce l’ha conservata nel suo giudizio negativo sulla “malattia” decadente. Oggi appare chiaro che il Decadentismo non ha implicato assolutamente una decadenza della cultura e dei valori artistici, anzi si è dimostrato un terreno fertile, da cui sono scaturite opere di grande profondità e forza innovativa. La “malattia” decadente, come già quella romantica, ha un alto valore conoscitivo : è lo strumento che consente agli scrittori di andare a fondo nell’esplorare la crisi di un epoca e permette loro di trovare le forme di espressione più penetranti per renderla sulla pagina letteraria.

 


 

Decadentismo

(visione del mondo)

 

Rifiuto del positivismo

 

Mistero

 

Corrispondenze

 

Identità
Io-Mondo

 

Inconscio

 

Stati abnormi della coscienza

 

Panismo

 

epifanie

 

Decadentismo

Poetica

  

 


                                                                                                                                                                                                                                                        

 

Poeta
veggente

 

estetismo

 

Poesia
pura

 

Rivoluzione del ling. poetico

 

Valore suggestivo della parola

 

Oscurità enigmatica

 

Reazione alla cult. di massa

 

musicalità

 

Poesia
pura

 

Arte poetica
“P. Veraline”

 

Linguaggio metaforico

 

Il simbolo

 

La sinestesia

 

La fusione delle arti

 

Decadentismo

Temi e miti della letteratura decadente

 

Ammirazione per epoche di decadenza

 

Perversione e crudeltà

 

Sensibilità nevrastenica

 

La
malattia

 

La
Morte

 

Il Vitalismo

 

Superomismo
dannunziano

 

Rifiuto aristocratico della normalità

 

Eroi decadenti:
“il maledetto”

 

Eroi decadenti:
“’l’esteta”

 

Eroi decadenti:
“l’inetto a vivere”

 

Eroi decadenti:
“fanciullino” di Pascoli

 

Psicologia complicata

 

Romanzo psicologico

  

 

Decadentismo riassunto

Fonte: http://web.tiscali.it/lucasanna/italiano/Decadentismo.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Decadentismo riassunto

Il Decadentismo è un movimento culturale, artistico, letterario, che nasce in Francia negli ultimi decenni dell’ Ottocento e si estende fino a comprendere un lungo e vasto periodo. Il Decadentismo si protende dalle ultime espressioni del Realismo, con cui per un certo periodo si complica, fino quasi ai giorni nostri, attraverso scuole, tendenze, correnti, movimenti, poetiche, anche distanti fra loro ideologicamente (come, per esempio, il crepuscolarismo e il futurismo).
La parola Decadentismo deriva da “decadént”, termine usato dalla critica francese accademica, con intenzione spregiativa, contro i “poeti maledetti”. Essa chiamava decadenti, quegli artisti ribelli che contestavano sia l’ arte tradizionale, sia ogni forma di vita individuale e sociale predeterminata: artisti moralmente instabili, ma depositari, secondo loro, di un modo nuovo e autentico di sentire la vita e l’arte. Essi non si offesero e usarono questo appellativo come vessillo di battaglia nella loro rivista “Le Decadént”, uscita nel 1886.
Oggi il termine Decadentismo non ha alcun significato dispregiativo: infatti la parola serve ad indicare sul piano storico-culturale la civiltà sorta dalla crisi del Positivismo. In Italia la parola ha finito per indicare tutta la letteratura del Novecento.

 

 

DECADENTISMO EUROPEO

 

Sul finire dell’ Ottocento, precisamente nell’ ultimo decennio del secolo, si percepisce nella letteratura un tono nuovo. Dietro a questa svolta culturale si scorge una violenta reazione alla cultura del Verismo e alla filosofia del Positivismo, ritenute ormai remote, figlie del loro tempo, del tutto estranee ai mail attuali, troppo povere e grettamente legate ai fatti.
Il Positivismo ed il Verismo erano l’espressione di un mondo piccolo-borghese che, studiando il vero, si proponeva di modificare l’ordine esistente, in virtù della teoria del progresso.
Nel decennio 1870 – 1880, e specie verso la sua fine, è evidente una accanita ricerca di nuove vie che nasce dall’ insoddisfazione per la poesia accademica tradizionale (i parnassiani) e dalla rinunzia al culto del dato oggettivo che, teorizzato dal Positivismo, era diventato anche l’atteggiamento mentale della classe borghese tutta volta all’ ordine, alla realizzazione del guadagno. Un gruppo di poeti, artisti, intellettuali, rifiuta polemicamente questa visione della vita, questa etica. Ne derivano una produzione artistica e una serie di comportamenti di vita, un costume che – esemplati perfettamente in Rimbaud – caratterizzeranno questa fine secolo (e non solo in Francia).
La bandiera dell’ anticonformismo, inalberata dai decadenti, è di origine romantica. Era stato il Romanticismo all’ inizio del secolo ad arricchire la tipologia letteraria di un nuovo mito umano: il ribelle, che nelle varie letterature si chiama Ortis, Werther, Obermann.
Parigi è un pullulare di riviste letterarie, di gruppi e di cenacoli che esprimono la visione antiborghese, di cui abbiamo già parlato. Edmund Wilson ha notato acutamente che il poeta decadente “si isola dalla società educandosi alla disciplina dell’ indifferenza”: disposto a coltivare la propria sensibilità unica e personale anche più di quanto non l’abbiano coltivata i romantici, finisce per spostare i confini della letteratura, trasferendola da un mondo oggettivo a un mondo soggettivo.
Il Decadentismo incarna la nuova sensibilità in personaggi esemplari, in miti umani, che di questo complesso periodo della storia europea sono l’espressione: abbiamo così una vera e propria tipologia dell’ eroe decadente.
La letteratura europea conoscerà tanti eroi decadenti, ma il capostipite è Des Esseintes. Protagonista del romanzo “A ritroso” di J.K.Huysmann, è un ribelle “freddo” a cui manca la confusa, ma sempre ricca, vita interiore dei ribelli romantici. Il romanzo si concluda con la confessione di una sconfitta: la fuga dal reale non regge alla prova.
Per quanto riguarda la letteratura inglese si parla, per buona parte dell’ Ottocento, di mentalità, di gusto, di ideali “vittoriani”. Nei “Ritratti immaginari” di Walter Pater, la preparazione e la cultura vastissima si traducono nella creazione di un mito umano, nell’ elaborazione di un’ arte del vivere, basata tutta sul culto della bellezza.
Un attacco ben più grave doveva subire la mentalità vittoriana dall’ opera e dal comportamento di Oscar Wilde. Il suo “Ritratto di Dorian Gray” è senz’ altro “il classico del decadentismo in Inghilterra” (Praz). È significativo che il “Ritratto di Dorian Gray” approdi alla stessa conclusione di “A ritroso”. Il culto esclusivo della bellezza, l’estromissione della vita perseguiti con tanto puntiglioso accanimento falliscono: Des Esseintes avverte che la sua costruzione sarà inesorabilmente travolta dalle onda della mediocrità umana; sul volto di Dorian Gray alla fine si scavano le rughe e i segni della sofferenza; cioè, della vita.
Des Esseintes e Dorian Gray sono solo gli iniziatori di una serie di eroi decadenti che si presentano in tutta l’Europa. Ci saranno le liriche di Reiner Maria Rilke, “L’uomo senza qualità” di Robert Musil, i romanzi di Joseph Roth. In Italia, l’estetismo nel “Piacere” di D’Annunzio, il cui protagonista, Andrea Sperelli, è quasi la versione italiana del Des Esseintes di Huysmann; l’isolamento dagli “altri”, la impossibilità di una dimensione sociale alimenteranno tanta produzione di Pascoli e di Pirandello.

 

Esponenti del Decadentismo europeo

 

I più notevoli rappresentanti di questo nuovo gruppo di artisti, che confusero la vita individuale e sociale con l’arte, sono Jean Morèas, Charles Baudelaire, Paul Verlaine, Stèphanè Mallarmè, Arthur Rimbaud.
Essi credono nel Simbolismo, cioè in una maniera assai originale e nuova di interpretare la realtà e di cogliere il valore e la funzione della parola, la quale è per essi la proiezione immediata dell’ anima sorpresa dalla emozione, dalla radice profonda e misteriosa delle cose.
La parola insomma, rimossa ogni limitazione tradizionale, si svela e si nasconde, si fa chiara e cupa, carnale e aerea, nebulosa e trasparente, cangiante a seconda delle condizioni psichiche del poeta, che la avverte dentro di sè come vitale e urgente.

 

Aspetti del Decadentismo europeo

 

Il Decadentismo è la trasposizione letteraria di una crisi complessa che investa l’Europa fra la fine dell’ Ottocento e i primi del Novecento. Si sviluppa dopo il fallimento del Positivismo che, insistendo sullo scientismo, aveva perduto di vista il valore della verità assoluta. Al Positivismo reagivano filosofie diverse, generalmente spiritualistiche: la Fenomenologia, lo Spiritualismo, il Neoidealismo, l’ Esistenzialismo ed altre ancora, tutte diverse tra loro, ma tutte concorde nel recupero antipositivistico dei valori veri e totali dell’ uomo.
Comunione diretta fra l’ uomo, cioè il poeta, e l’ ignoto, cioè il tutto, è per i decadenti la poesia, immedesimazione istantanea dell’ artista con la totalità delle cose. Respinta ogni mediazione razionale fra il poeta e il mondo, la parola poetica perde la sua funzione tradizionale (quella cioè di esprimere in maniera statica e razionale un concetto) e diventa dinamica come l’anima; si fa, come dice Mario Sansone, incarnazione della profonda realtà dell’ anima, segno della unione fra il poeta e il mondo oscuro che lo circonda. Poichè la poesia deve dare immagine immediata e “totale” delle emozioni, deve creare un’ atmosfera che sveli le sfumature più fuggevoli e sottili del sentire. Nella parola poetica si confondono suoni, rilievi, profumi, sapori, colori, secondo una concezione che risale a Richard Wagner e a Charles Baudelaire.
Le componenti culturali del Decadentismo vanno individuate nel “superomismo” di Nietzsche, nell’ “intuizionismo” di Bergson e nella scoperta dell’ inconscio di Freud.

 

La filosofia di Nietzsche

Friedrich Nitzsche (1844 – 1900), filosofo tedesco, afferma che il sapere è falso e ipotetico perchè noi non possiamo che conoscere le “apparenze” della realtà, la quale invece è costituita dalla “vita” dominata dagli “istinti”. La gran massa degli uomini (“branco”) è istintivamente orientata verso l’ accettazione di un “capo”, di un “padrone”, perchè, essendo incapace di scelte autonome, si sente protetta nel seguire quelle impostelle dall’ uomo forte. Pochi sono, invece, gli uomini dotati dell’ istinto che il filosofo definisce “la volontà di potenza”, e sono questi che hanno il diritto e il dovere di elevarsi sulla massa e di comandare (“superuomini”). Inoltre, se la vita è dominata dagli istinti, le varie “morali” storiche (tra cui quella cristiana) non hanno alcuna ragione di essere in quanto fondate su principi astratti e su infondate conoscenze della realtà: queste morali sono frutto della paura e vengono accettate per vigliaccheria. Le uniche morali possibili sono quella dei padroni e quella dei servi. La prima è fondata sulla consapevolezza del superuomo che è compito suo determinare e affermare i “valori” e che a nessun altro è dato di esprimere giudizi sul suo operato.
Quella di Nietzsche è una filosofia della crisi ed è espressione di una critica radicale della civiltà occidentale. Tre sono le fasi del pensiero niciano:
1.  l’ influenza di Schopenhauer e Wagner;
2. la critica nella metafisica e della morale; la trasvalutazione di tutti i valori; l’ affermazione della volontà di potenza;
3. il nichilismo.
La filosofia di Nietzsche si inserisce, come gli atteggiamenti decadenti esaminati, nel più vasto movimento di reazione antipositivistica e di polemica contro la tirannia della ragione scientifica. Contro l’ angusto conformismo dei principi democratico-egualitari e contro la piatta fiducia in un deterministico progresso, Nietzsche leva con accenti lirici la sua protesta, esaltando invece la forza, l’ Eros gioioso e libero, il vitalismo e, all’ apice di tutto, lo spirito agonistico e la volontà di potenza. Sono queste le componenti di quello che egli definì lo “spirito dionisiaco”. Questo momento dionisiaco si realizzerà nel superuomo che, spezzando ogni remora e condizionamento, incarnerà pienamente un nuovo esemplare di umanità, al di là della morale comune coi suoi concetti di bene e di male, di pietà per i falliti ed i deboli, destinati in questa lotta a soccombere. La morale comune è, per Nietzsche, una forma di mascheramento.
Alla presenza della filosofia niciana, va notata la introduzione di nuovi motivi nel Decadentismo, cioè: l’ attivismo, il vitalismo che cerca l’ avventura per esplicarsi nel bel gesto, per attuare le componenti super-umane del protagonista, la “disponibilità”, la ricerca del rischio e dell’ esperienza di vita al di là del bene e del male.

 

L’ intuizionismo di Bergson

Per il filosofo francese Henri-Louis Bergson (1859 – 1941), la vita consiste in uno slancio vitale che crea perennemente e imprevedibilmente infinite “forme” fuori del tempo e dello spazio convenzionali. Il suo processo, puramente spirituale, implica l’esistenza di un unico indivisibile momento ideale (“durata”) nel quale il passato è conservato nel presente e da questo nasce spontaneamente il futuro. La materia e la spazialità nascono da un momento di inerzia dello “slancio vitale”. Le scienze positive possono darci nozioni inerenti alla materia, ma solo l’ intuizione può rivelarci la “durata”, può svelarci il principio generatore della vita (“intuizionismo”).
Bergson utilizza i risultati già conosciuti nella sua epoca, e indebolendo la fiducia nella scienza, aveva aperto la via all’ affermazione di valori spiritualistici, religiosi, misitici o comunque irrazionalistici.
Secondo Bergson, il tempo è “puramente una successione di istanti che si susseguono in un ben determinato ordine rettilineo (passato, presente e futuro); per la realtà della coscienza il tempo è invece qualcosa di irriducibile all’ istante, è durata, è processo fluido che conserva il passato e crea il nuovo”.
Il senso più profondo della realtà noi lo cogliamo non con l’ intelligenza, ma con l’ istinto che al suo grado più alto diventa  intuizione. Tramite l’intuizione noi penetriamo all’ interno delle cose, cogliamo nel profondo il divenire stesso della realtà. Bergson ritiene che una forma di intuizione “sia già presente nell’ arte, in quanto essa penetra nell’ anima delle cose infinitamente più a fondo di qualunque pur minutissima descrizione scientifica, di qualunque riproduzione fotografica per quanto precisa...”.

 

La scoperta dell’ inconscio di Freud

L’ austriaco Sigmund Freud (1856 – 1939), fondatore della psicanalisi, determinò la presenza di tre livelli o zone della psiche: l’ inconscio, il subconscio (o “subconscienza”) e la coscienza. La prima è la zona più misteriosa dell’ individuo umano e rappresenta la sede degli istinti più primordiali e il campo di un’attività psichica assolutamente libera da ogni controllo della volontà. Questa attività latente, che condiziona enormemente l’evoluzione psichica dell’individuo, è all'origine della formazione dei cosiddetti “complessi” e pertanto costituisce un momento assai rilevante nell’economia esistenziale dell’uomo. Addentrarsi nell’incoscio è assai arduo: un tentativo terapeutico, che si rivelò al Freud abbastanza proficuo, consiste nell’analisi dei sogni. Il “subconscio” è una zona - al limite della coscienza - in cui dominano ancora gli istinti naturali ma non senza che il soggetto ne abbia una qualche consapevolezza. La “coscienza” è invece la sede in cui l’attività psichica si esplica sotto il dominio della volontà e, quindi, applicando o non applicando deliberatamente le norme del vivere civile (in altre parole è la sede in cui si manifestano la “cultura” e la “moralità” dell’individuo).
Sigmund Freud elaborava la sua psicanalisi, proprio mentre maturavano l’ intuizionismo bergsoniano e il proustiano idoleggiamento della memoria. Freud faceva oggetto d’ indagine quel disagio della civiltà che era presente nell’ opera di Huysmann, di Wilde, di Rimbaud, nell’ atteggiamento di estraneità e ribellione al mondo contemporaneo dominato da sempre più spettacolose conquiste della scienza: atteggiamento che si esplicava nell’ estetismo, nella fuga vera e propria verso terre lontane.
Ancora, Freud, riprendendo un tema caro a Nietzsche, indagherà sul meccanismo psicologico per cui l’uomo si maschera a se stesso, si autoinganna; spiegherà come alla base di tanti atteggiamenti che apparentemente si accordano con la morale riconosciuta ci siano la repressione, il senso di colpa, la sublimazione della libido.
L’ influenza della psicanalisi sulla letteratura è stata enorme. Essa si è manifestata sia nel campo nella critica, sia nel campo della vera e propria creazione artistica. Ha influenzato la critica, in quanto ha fornito nuovi mezzi  e tecniche di indagine per la comprensione del fatto artistico e del rapporto fra autore ed opera. Ha influenzato anche la creazione letteraria, in quanto ha permesso una consapevolezza dei fatti psichici che ha dilatato enormemente il campo e le tecniche di rappresentazione.

 

Altri componenti

La spiritualità decadentistica presenta due aspetti fondamentali: la consapevolezza che la realtà della vita sia un mistero che la ragione non potrà mai spiegare e la scoperta di una nuova dimensione della psiche, l’ inconscio, sede degli istinti naturali, ove è possibile attingere il senso della realtà vera, ma solo mediante l’ intuizione, che consiste in una  improvvisa folgorazione dello spirito. Ne conseguono il ripudio di ogni fiducia nella scienza e la convinzione che solo la poesia, mediante l’ esplorazione dell’ inconscio, può svelare il mistero della vita. La poesia, quindi, viene assunta come strumento di conoscenza. Si crea così un canone fondamentale del decadentismo: arte = conoscenza.
Questa attribuzione di nuovi fini alla poesia comporta necessariamente la sperimentazione di nuovi mezzi, di nuove tecniche espressive: schematizzando, possiamo dire che un testo esemplare per i fini è la Lettera del veggente di Rimbaud, per i mezzi è l’ Arte poetica di Verlaine. Crollano così la rima, l’ eloquenza, il parnassiano impegno del verso-bassorilievo e la poesia accoglie suggestioni dalle altri parti (la musica specialmente).

Da quanto si è detto, risulta evidente la complessità degli aspetti del decadentismo: questo termine non ha più una accezione negativa, spregiativa, ma via via ha assunto il valore di una definizione storica. Oggi, serve a definire gli atteggiamenti, la sensibilità, i moduli di rappresentazione di tutt’ una epoca.

 

DECADENTISMO ITALIANO

 

Il Decadentismo penetra e si sviluppa in Italia molto lentamente, con il ritardo di circa un quarantennio rispetto alle più significative manifestazioni del Decadentismo europeo. Affiora confusamente nelle prime esperienze innovatrici degli Scapigliati, fra il 1860 ed il 1880; lo troviamo più o meno mescolato ad elementi culturali tradizionali nelle opere di Pascoli e D’Annunzio; si avverte più chiaramente in Pirandello, nei crepuscolari, nei futuristi e, in modo più deciso, nei poeti ermetici fioriti tra le due guerre mondiali.
Inoltre, esso assume aspetti diversi in rapporto alla personalità di ciascun artista:

  • Nel Pascoli, assume l’ aspetto simbolistico e vittimistico;
  • In D’Annunzio l’ aspetto estetizzante, superomistico e sensualistico;
  • In Pirandello l’ aspetto dialettico, polemico, demolitore delle ipocrisie e dei luoghi comuni;
  • In Italo Svevo l' aspetto apatico e rinunciatario;
  • Nei poeti crepuscolari l'aspetto smarrito ed estenuato;
  • Nei poeti futuristi l'aspetto vitalistico ed attivistico;
  • Nei poeti ermetici l'aspetto simbolistico;
  • Negli scrittori neorealisti del secondo dopoguerra, infine, riscontriamo la contaminazione di elementi decadenti con elementi realistici.

3.1      Contesto storico

Un grandissimo ruolo sulla dominazione del Decadentismo in Italia ebbe la situazione politica e il contesto storico, in generale.
La nuova realtà politica era drammatica: il tentativo di risolvere la terribile crisi interna e la “questione sociale” con la politica coloniale di conquista di un impero in Africa si rivelò vano dopo il disastro di Adua (1896) in cui morirono più di cinquemila soldati.
Inoltre, nel 1900, un attentato anarchico contro il re Umberto I era la dimostrazione più evidente dell’ acutizzarsi dell’ inquitudine sociale. La nuova generazione, non avendo più fede nella capacità della ragione a risolvere i problemi più scottanti, volle rompere ogni forma di solidarietà con le classi subalterne, rinunciare all’ osservazione concreta della realtà, sostituendola con la speculazione astratta in cui posto centrale occupavano gli impulsi del cuore, gli slanci della passione e la vita dell’ inconscio.
Sul finire dell’ Ottocento, dunque, l’Italia visse anni di profonda crisi in cui si intrecciarono vari stati d’animo, tutti più o meno generati da turbamento ed angoscia.
Questa condizione di “incertezza” che caratterizzò la vita intellettuale italiana ed europea si espresse nei modi più vari e con motivi diversissimi, ma riconducibili tutti alla civiltà che si suole chiamare del “Decadentismo”.

 

Esponenti del Decadentismo italiano

 

Fra i decadenti italiani possiamo annoverare, ciascuno col proprio “mito”, il D’Annunzio (superuomo, esteta), il Pascoli (fanciullino) ed il Fogazzaro (santo). Ma gli autori che rivelarono una più profonda consapevolezza della crisi esistenziale del proprio tempo furono Luigi Pirandello ed Italo Svevo.
Va però precisato che tutte le tendenze poetiche dei primi decenni del Novecento, dal crepuscolarismo al futurismo, dalla poesia pura alla poesia ermetica, germogliano e vivono nell’ area della sensibilità decadente.

 

Aspetti del Decadentismo italiano

 

Vedremo qui le varie posizioni che il Decadentismo assume in Italia (sono approssimative).
La posizione pascoliana si lega ai motivi più autentici del Decadentismo e appare oggi come l’espressione poetica più profonda e più felice, in Italia, di tale movimento. Pascoli è smarrito di fronte al mistero cosmico, al dolore umano (lui stesso aveva perso quasi tutta la sua famiglia), deluso nelle speranze laiche. Così, tenta di carpire le cose che corrispondono ai suoi sentimenti, rinnovando simultaneamente il linguaggio e le strutture poetiche secondo moduli decadentistici.
C’è, poi, la posizione dannunziana, che si esplica però in differenti atteggiamenti. Con il personaggio di Andrea Sperelli si avvicina al clima di A Ritroso e di Il Ritratto di Dorian Gray; in primo luogo, si trova in pieno estetismo. Dopo, però, la lettura di Nietzsche, il senso decadentista dannunziano diventa mito del superuomo, idoleggiamento della vita ferina, attivismo. E questo non solo sul piano della produzione artistica, ma anche su quello pratico e politico insieme.
La posizione di Guido Gozzano e dei crepuscolari è contraria all’ attivismo dannunziano e più vicina all’ intimismo pascoliano. Consapevole della sua solitudine, della sua condizione di sradicato, il poeta crepuscolare è incapace di accogliere ed accettare i miti dannunziani. Si rifugia allora nel vagheggiamento di un mondo di piccole, umili cose, di sonnolente abitudini provinciali. Ma è un’ evasione ambigua perchè il poeta crepuscolare sa che gli manca il necessario candore per aderire a quel mondo: lo accarezza e nel contempo lo ironizza.
Le posizioni, tuttavia, che più profondamente si richiamano al Decadentismo – senso di crisi, dissolversi delle antiche certezze – sono quelle di Luigi Pirandello e di Italo Svevo. Il Pirandello esercitò i più importanti influssi su tutta la produzione letteraria italiana del Novecento e anche sul teatro mondiale. Il Svevo adottò nuove tecniche narrative e nella fusione tra lucida introspezione e rappresentazione dell’ “inettitudine” a vivere, si lega alle esperienze maggiori (Proust, Joyce ecc.) del Decadentismo.
Riconducibile, in ultima analisi, al Decadentismo è il pullulare delle avanguardie, cioè di movimenti che pur grande diversità di poetiche, mirano alla sperimentazione di nuove tecniche espressive. Esse, muovendo tutte da premesse irrazionalistiche, segnino una radicale frattura col passato e siano voce e testimonianza della consapevolezza della crisi.
Anche quel complesso movimento poetico, detto piuttosto genericamente ermetismo, è inseribile nell’ area del Decadentismo: sia perchè riprende canoni delle poetiche decadenti che abbiamo esaminate (Mallarmè soprattutto), sia perchè in gran parte centrato sul motivo della solitudine, dell’ angoscia esistenziale di chiara origine decadente.
Discorso a parte merita la neo-avanguardia, che in questi ultimi dieci anni ha ripreso posizioni e tecniche delle avanguardie storiche.

 

EPILOGO

 

Da quello che si è detto, si nota che il Decadentismo italiano è la conseguenza del Decadentismo europeo, anche se ritardata. Questa lentezza con cui il Decadentismo fu fatto conoscere e diffondere in Italia è dovuta:

  1. alla tenacia della tradizione culturale italiana da poco rinverdita dal Carducci;
  2. all’ opposizione condotta dal Croce contro il Decadentismo, considerato come la fabbrica del vuoto ed espressione di quella irrazionalità, istupidimento, bestialità e disumanità che “travagliano il mondo intero e che ha celebrato la sua orgia sanguinosa nell’ ultima guerra”;
  3. al senso di misura e di equilibrio dello spirito nazionale.

 

5.      BIBLIOGRAFIA

Manacorda Giuliano, Storia della letteratura italiana. L’ Ottocento e il Novecento, Roma, Newton e Compton editori, 1995.
Pazzaglia Mario, Letteratura italiana, vol. IV, Il Novecento, Testi e critica con lineamenti di storia letteraria, Bologna, Zanichelli, 2000.
Ρόζα, Αλμπέρτο Αζόρ, Ιστορία της Ιταλικής Λογοτεχνίας, Eισαγωγή – επιμέλεια: Φοίβος Γκικόπουλος, Θεσσαλονίκη, Εκδόσεις Παρατηρητής, 1998.
Ζurula Mariella, Antologia della letteratura italiana, Perugia edizioni.
Salvatore Guglielmino, Guida al Novecento, Milano, Principato editore Milano.

 

fonte: http://web.tiscali.it/lucasanna/italiano/erg_decadentismo.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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