San Paolo

 


 

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San Paolo

 

La vita di San Paolo


nelle sue grandi linee

Le date esatte della sua vita, come pure l'ordine preciso di alcuni suoi episodi sono ancora in discussione. Tuttavia se ne può ricostruire un quadro abbastanza completo, sulla base de­gli Atti degli Apostoli, delle stesse sue lettere, di documenti antichi cristiani, giudaici e pagani.
* * *

Nasce a Tarso in Cilicia nei primi anni della nostra era da una famiglia giudaica della tribù di Beniamino, ma pure «cit­tadino romano». Fin dalla fanciullezza, Saulo (questo era il suo nome, come quello del re Saul, pure beniaminita) riceve a Gerusalemme una educazione fortemente giudaica, secondo le direttive dei Farisei tanto zelanti per la legge di Mosè e per le tradizioni che vi si erano accumulate sopra; studia le S. Scritture con l'ardente passione e meticolosità dei rabbini; suo maestro è il grande rabbino Gamaliele, uomo di grande zelo e pure di fede molto aperta (At 5,34ss). Ma il suo disce­polo stenterà a cogliere questo lato del suo maestro.
In un primo tempo infatti Saulo perseguita accanitamente la giovane chiesa cristiana, che considerava decisamente come eretica e traditrice della Parola di Dio scritta nelle S. Scritture. Così come non poteva ammettere che Gesù di Nazaret, finito su una croce, fosse il Cristo, il Signore «alla destra del Padre»: per un giudeo come lui e come tanti altri quello era uno «scandalo, orrore, follia, maledizione».
Ma improvvisamente, o finalmente dopo diversi tentativi di resistenza e in modo pur sempre inaspettato (cf. At 26,14), Saulo, sulla via per Damasco, crede in Gesù come Signore, ri­sorto e vivo presso il Padre, unito alla sua Chiesa; e capisce che questo Gesù ha fiducia in lui e lo chiama a collaborare!
A partire da quel momento (siamo verso l'anno 36) egli de­dica tutta la vita al servizio di colui che l'ha «afferrato» (Fil 3,12).
Dopo alcuni anni di sporadici contatti con i cristiani di Antiochia di Siria e di Gerusalemme, di ritiro riflessivo in Arabia e a Tarso, Saulo è «riscoperto» da Barnaba e riportato nella chiesa di Antiochia dove è riconosciuto come predicatore e missionario. Difatti da lì parte con Barnaba per un primo viaggio missionario attraverso Cipro e alcune regioni del­l'Asia Minore (anni 45-49). Durante questo viaggio muta il no­me da Saulo in Paolo, che, per sé, in latino significava «piccolo, uomo da poco».

 


Nel 49 è a Gerusalemme per il concilio, dove, anche per il suo influsso, viene riconosciuta la libertà dei pagani convertiti nei riguardi della legge di Mosè e delle strutture giudaiche ad essa collegate. Cioè si riconosce che si può essere Chiesa di Dio in Cristo Gesù senza dover essere anche nazione giudaica, sen­za avere un'unica prassi, una sola politica.
Paolo torna ad Antiochia (dove forse avviene lo scontro con Pietro colpevole di incoerenza: Gal 2,11 ss) e da lì riparte, or­mai capo-gruppo, per un altro viaggio missionario: attraver­sa l'Asia Minore e la Grecia (50-52) e scrive le due lettere ai ca­ri Tessalonicesi (da Corinto). Questo viaggio, si può dire, co­stituisce il primo grande incontro di Paolo con il mondo gre­co-romano: un mondo dai contrasti molto forti, unificato po­liticamente (e culturalmente), ma ancora tanto diviso per re­ligioni, razze, classi sociali ecc.; ricco di religioni vecchie e recenti, ma anche di scetticismo, indifferenza, confusione, in­credulità; privo di speranza, eppure in ricerca di un senso per la vita; decaduto, ovviamente, nei costumi, eppure non privo di vari tentativi di ripresa. In questo mondo Paolo ha trovato, benché non sempre (ricordiamo il sorriso beffardo de­gli Ateniesi), una accoglienza all'Evangelo ben maggiore di quella dimostrata dal Giudaismo: ciò costituirà una delle sue gioie e delle sue sofferenze più acute.

Negli anni tra il 53 e il 58-59 compie un terzo grande viag­gio apostolico, sempre attraverso l'Asia Minore e la Grecia. Scrive da Efeso o dintorni la lettera ai carissimi Filippesi (è al­meno probabile; altri la collocano in altri momenti), diverse lettere agli amati e turbolenti Corinti (tra le quali quelle che noi chiamiamo la prima, da Efeso, e la seconda, dalla Macedonia), probabilmente quella ai deludentissimi Galati, certamente quella ai Romani (questa da Corinto). E un periodo di grande attività e di «grandi lettere»: in esse è espresso il «cuore» del messaggio paolino. E anche il periodo della «colletta» o rac­colta di aiuti fraterni tra le chiese degli etnico-cristiani per i po­veri della chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme: a questa iniziativa Paolo attribuirà una enorme importanza, e ne ve­dremo il perché.

Di ritorno a Gerusalemme Paolo sfugge a un linciaggio da parte dei Giudei (forse anche di alcuni giudeo-cristiani), che vedevano in lui e nella sua predicazione un tradimento sia della Parola di Dio che delle loro «sacre» strutture. I soldati ro­mani lo salvano, ma lo tengono prigioniero in attesa di pro­cesso. Inizia così una lunga prigionia, durata tra il 58-59 e il 62­63: dapprima a Gerusalemme e a Cesarea di Palestina, poi a Roma in forma di domicilio coatto. Da Roma scrive (o fa scri­vere) le lettere ai Colossesi, a Filemone, agli Efesini (dette, con quella ai Filippesi, «della prigionia»).
Pare che tale prigionia sia finita con una assoluzione. Pao­lo riprende a viaggiare: forse va in Spagna, poi torna in orien­te. Arrestato di nuovo, torna a Roma, dove antiche tradizioni collocano il suo martirio (probabilmente avvenuto nel 67). In quest'ultimo periodo si collocano le lettere pastorali: due al­l'amatissimo Timoteo e una a Tito. A parte rimane la lettera a cristiani Ebrei, probabilmente opera di qualche suo discepolo.

Il complesso delle lettere di S. Paolo venne ben presto va­lorizzato nella chiesa antica, pur avendone notata già allora la difficile lettura. La Seconda lettera di Pietro (in realtà scritta, probabilmente, da un suo discepolo che gli presta la voce qualche decennio dopo la sua morte) così si esprime: «La magnanimità di nostro Signore consideratela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, se­condo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose dif­ficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisa­no, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (2 Pt 3,15-16).
Dalle lettere di S. Paolo appare infatti una luminosa «sapienza» e un grande «cuore», cioè un messaggio ricchissimo scritto da un uomo, a dir poco, formidabile. Vale la pena di tentare di accostarci a questo straordinario fenomeno della sto­ria delle religioni e di quella cristiana in particolare. Nono­stante le difficoltà che tutti incontriamo nella sua lettura, cer­cheremo ugualmente di raccogliere almeno qualche briciola della sua «sapienza» e di sintonizzarci un po' di più con il suo «cuore» appassionato per Gesù «Cristo e Signore» (leggi Fil 1­-3, soprattutto gli eloquenti brani autobiografici ivi contenuti).

Tentiamo questo ascolto di Paolo, anche per vivere meglio il momento di Chiesa attuale.Infatti tra gli... strani «segni dei tempi» oggi c'è anche questo: la lettura di S. Paolo fu uno dei più gravi motivi di dissenso tra cattolici e protestanti dal tem­po di Lutero e del Concilio di Trento fino a qualche decennio fa; ora non lo si può più dire, anzi si può certamente parlare di molto maggior accordo che di distanza! Ciò è dovuto all' ab­bandono dello spirito di polemica e della reciproca ignoranza, al sorgere di nuovi interessi comuni agli uni e agli altri e di nuovi impegni verso il mondo, al ricupero da parte cattolica della lettura della Bibbia e da parte protestante di un certo va­lore della tradizione e della Chiesa.
Ciò stupisce e sconcerta ancora molti. Rimane tuttavia un dato di fatto, pieno di speranza e di incoraggiamento a rileg­gere oggi S. Paolo, a riscoprirlo, ad ascoltarlo, a lasciarci anche giudicare dal suo messaggio di apostolo e testimone di Gesù Signore suo e nostro, giudice e salvatore di tutti.
Lasciamoci stimolare alla sua lettura anche da un altro dato dei nostri tempi: da varie parti, specialmente da Ebrei pur interessati al Cristianesimo e a Gesù, si rispolvera una vecchia teoria: Paolo ha tradito il vero Gesù e ha creato la Chiesa! Teoria al limite dell'assurdo, benché rilevi una verità: quel­l’apostolo fu una forza esplosiva, ma carica dell' energia che gli proveniva dalla fede in Gesù, nel Gesù di Pietro, di Giacomo, di Giovanni, delle «colonne» della Chiesa primitiva (Gal 2,6ss). A quando un dialogo tra Paolo e i suoi fratelli ebrei?
(Giovanni Giavini).

SAN PAOLO:
PRIMO ROVER DI CRISTO

Ha incontrato Gesù sulla strada che da Gerusalemme porta a Damasco:
- strada fisica;
- strada simbolo della conversione, della vita, dell’atteggiamento della ricerca, dell’andare verso una meta.

Ha messo insieme la dimensione del pensiero con quella dell’azione:
Pensiero: Paolo aveva frequentato la scuola di teologia rabbinica di Gerusalemme sotto la guida sapiente di Gamaliele. Dopo la sua conversione, passa un lungo  periodo di ritiro nel deserto; scrive molte lettere alle comunità cristiane. Insomma: la testa ce l’aveva e la usava bene.
Azione: Paolo non è solo un tipo di pensiero, è un tipo che ama l’azione. Si guadagna da vivere fabbricando tende, non si fa mantenere da nessuno. Quando, prima della conversione,  si tratta di reprimere il fenomeno della defezione dei giudei che diventano cristiani, lo fa con convinzione e coraggio: Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com'ero nel sostenere le tradizioni dei padri” (Galati 1, 13-14).
La stessa convinzione la metterà nel seguire Gesù, e nel portare il Vangelo dappertutto, senza temere la persecuzione.

Mette insieme mistica e missione:
mistica: esperienza personale di Gesù, crocifisso e risorto (“Per me vivere è Cristo”:Gal 2,20)
Missione: slancio missionario: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!”
(1 Cor 9,16).

Un tipo libero nei confronti dell’autorità:
Non ha problemi ad arrabbiarsi con il capo dei cristiani, Pietro, smascherando la sua ipocrisia: Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: «Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei Giudei?”. (Gal 2,11-14).

Un tipo dalla parola schietta:
come quando, rasentando la volgarità, difende  la dottrina della salvezza a partire dalla fede e non dall’appartenenza ad una cultura o a una tradizione religiosa (circoncisione):“ma tagliatevelo del tutto!”.
Di fronte al valore e alla bellezza del Vangelo, considera tutto il resto “stronzate” (SkÚbala):“Anzi, tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo” (Filippesi 3,8).

Un tipo che sa andare oltre, perché si lascia guidare dalla libertà dello Spirito Santo:
San Paolo ha portato il Vangelo oltre le sacrestie della religione ebraica, nell’ambiente greco-romano. Il Vangelo di Gesù è per tutti e soprattutto è gratis: “Il Vangelo della grazia”, ossia dell’amore gratuito di Cristo. Siamo salvi per pura grazia.
Partecipa al primo Concilio della storia cristiana (Gerusalemme, 50 d.C.):
Di ritorno dal primo viaggio apostolico, si reca a Gerusalemme per discutere attorno ad una questione infuocata: i pagani convertiti al Cristianesimo, debbono anche osservare le severe e complicate regole della Legge di Mosè? Molti giudei-cristiani intransigenti sono di questo parere. Il Concilio darà una risposta chiara: no! Ai pagani convertiti non si deve imporre la Legge di Mosè! Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura” (Gal 6,15).

Infaticabile rover, camminatore, per portare il Vangelo:
Oltre al viaggio avventuroso che l’ha condotto Roma, Paolo ha organizzato e affrontato tre grandi viaggi missionari, annunciando il vangelo sia in ambiente ebraico (sinagoga), sia in ambiente pagano (agorà). In numerose città dell’Impero fonda comunità cristiane. In seguito tiene i contatti e le visita personalmente rafforzando la fede dei cristiani e dirimendo le beghe che cominciavano a nascere.

Debole come tutti:

Paolo è consapevole della ricchezza del Vangelo, ma è anche convinto che il Vangelo è come un tesoro in un vaso di creta, cioè annunciato da uomini deboli e fragili come tutti. Tentato dallo scoraggiamento, Gesù lo conferma e gli dice: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (2Corinzi 12,9).
Doveva avere un fisico e un carattere eccezionali:
“Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde; innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese.
Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema? Se è necessario vantarsi, mi vanterò di quanto si riferisce alla mia debolezza. Dio e Padre del Signore Gesù, lui che è benedetto nei secoli, sa che non mentisco” (2 Corinzi 11, 24 ss). Leggi anche il racconto del viaggio verso Roma: Atti capp. 27-28.

Perché Gesù lo ha scelto?
Non è facile rispondere. Forse perché aveva già trovato in lui, quando ancora non era cristiano, un uomo retto, vivo, appassionato della vita, anche se ancora non aveva incontrato il Signore. Ecco, forse l’ha scelto per questo, perché era un uomo intelligente e con una gran voglia di fare, di agire.

Perché gli scout hanno scelto san Paolo come patrono della Branca R/S?
Perché con la parola e l’azione ha vissuto Strada – Comunità – Servizio.

San Paolo e gli scout:
Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove.
State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio (Efesini 6,10 e ss)

Preghiera a San Paolo


A noi Scolte e Rover piace avere te, san Paolo, come nostro patrono perché tu sei stato il primo Rover di Cristo: camminando per tutte le strade del mondo allora conosciuto, hai amato, annunciato a testimoniato colui che ha detto di sé: «Io sono la Strada».
Fa’ crescere in me il gusto dell’avventura e sostieni la mia volontà nel seguire con slancio e con amore Cristo, unico mio maestro e guida verso la Casa del Padre.
Aiutami a conquistare un carattere umile e forte, paziente e costante nelle difficoltà, attento e generoso nel fare della mia vita, come la tua, un servizio a Dio e ai fratelli. Così saprò più facilmente riconoscere nel volto dell’uomo, che cammina sulla stessa mia strada, il volto del Signore e ne saprò condividere le speranze e le gioie.
Amen.

Fonte: http://www.fattipiuinla.it/Scout/Documenti%20vari/A5%20-%20La%20vita%20di%20San%20Paolo.doc

Sito web da visitare: http://www.fattipiuinla.it/

 

Patria, educazione di san Paolo; suo odio contro ai Cristiani.


SAN Pietro è il principe degli Apostoli, primo Papa, Vicario di Gesù Cristo sopra la terra. Egli fu stabilito capo della Chiesa; ma la sua missione era particolarmente diretta alla conversione degli Ebrei. San Paolo poi è quell'Apostolo che fu da Dio in maniera straordinaria chiamalo a por­tare la Luce del Vangelo ai Gentili. Que­sti due gran Santi sono dalla Chiesa nominali le colonne e le fondamenta della Fede, principi degli Apostoli, i quali colle loro fatiche, coi loro scrini e col loro sangue e' insegnarono la legge del Signore ; — Ipsi nos docuerunt legem tuam, Domine. Per questo motivo alla vita di san Pietro facciamo succedere quella dj san Paolo. È vero che questo apostolo non è da annoverarsi nella serie


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dei papi; ma le fatiche straordinarie da lui sostenute per aiutare san Pietro a propa­gare il Vangelo, lo zelo, la carità, la dottrina lasciataci ne' sacri libri, ce lo fanno parer degno di essere posto a lato della vita del primo Papa, come forte colonna su cui si appoggia la Chiesa di Gesù Cristo.
SAN Paolo era Giudeo della tribù di Beniamino. Otto giorni dopo la sua na­scita fu circonciso e gli fu imposto il nome di Saulo che fu di poi cangiato in quello di Paolo. Suo padre dimorava in Tarso, città di Cilicia, provincia del­l'Asia Minore. L'imperatore Cesare Au­gusto concedette molti favori a questa città e fra gli altri il diritto di cittadi­nanza romana. Onde san Paolo essendo nato a Tarso era cittadino romano, qualità che portava con sé molti vantaggi; per­ciocché si poteva godere dell' immanità dalle leggi particolari di lutti i paesi soggetti o alleati al romano impero, ed in qualunque luogo un cittadino Romano poteva appellarsi al senato od ali' impe­ratore per essere giudicalo.
I suoi parenti essendo agiati lo man­darono a Gerusalemme per dargli una


educazione conveniente al loro slalo. Il suo Maestro fu un dottore di nome Ga-malicle, uomo di gran virtù, di cui ab­biamo già parlalo nella vita di san Pietro. In quella città ebbe la ventura di tro­vare un buon compagno di Cipro, chia­mato Barnaba, giovane di gran virtù, la cui bontà di cuore contribuì molto a temperare 1' animo focoso del condisce­polo. Questi due giovani si conservarono sempre leali amici e noi li vedremo a divenire colleghi nella predicazione del Vangelo.
Il padre di Saulo era Fariseo, vale a dire professava la setta più severa fra gli Ebrei, la quale faceva consistere la virtù in una grande esterna apparenza di rigore, massima affatto contraria allo spirito di umiltà del Vangelo. Saulo seguitò le massime di suo padre, e poiché il suo maestro era eziandio Fariseo, così egli divenne pieno di entusiasmo per accre-scerne il numero e togliere di mezzo ogni ostacolo che si opponesse a tale scopo.
Era costume presso gli Ebrei di far imparare ai loro figliuoli un mestiere mentre attendevano allo studio della Bib­bia. Ciò facevano affine di preservarli


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dai pericoli che   seco   porta  1' oziosità; ed anche  per  occupare   il   corpo e lo spirilo in qualche cosa che polesse som­ministrare   di   che   guadagnarsi il pane nelle gravi congiunture della vita: Saulo imparò il mestiere di conciatore di pelli e   specialmente   a   cucir  tende. Egli si segnalava sopra tulli quelli di sua età pel suo zelo verso la legge di Mosè e le tradizioni de' Giudei. Questo zelo poco illuminalo lo rese bestemmiatore, perse­cutore e feroce nemico di Gesù Cristo. Egli eccitò i Giudei a condannare santo Stefano, e fu presente alla sua morte. E poiché la sua età non gli permetteva di prender parte  ali' esecuzione  della sen­tenza, così egli  quando Stefano era per essere lapidalo custodiva  le  vestimenta de' suoi compagni e li eccitava  con fu­ria a scagliare  pietre  contro di lui. Ma Stefano vero seguace del Salvatore fece la   vendetta   dei   santi, cioè si  mise a pregare   per   coloro  che  Io lapidavano. Questa preghiera   fu   il   principio  delia conversione di Saulo; e san Agostino dice precisamente che la Chiesa non avrebbe avuto in Paolo un apostolo, se il Diacono Stefano non avesse pregalo.


In quei tempi fu suscitala una violenta persecuzione conlro alia Chiesa di Geru­salemme e Saulo era colui che mostrava una smania feroce per disperdere e man­dare a morte i discepoli di Gesù Cristo. A fine di fomentare meglio la persecuzione in pubblico ed in privato si fece a tal uopo autorizzare dal principe dei sacerdoti. Allora egli divenne qual lupo affamato che non si sazia di sbranare e divorare. Entrava nelle case dei Cristiani, li insul-tava, li malmenava, li legava o li faceva caricare di catene perché fossero di poi strascinali in prigione, li faceva ballere con verghe; insomma adoperva ogni mezzo per costringerli a bestemmiare il santo nome di Gesù Crislo, La nolizia delle violenze di Saulo si sparse anche in paesi lontani di modo che il solo suo nome incuteva spavento fra i fedeli.
I persecutori non si contentavano di incrudelire conlro alle persone dei Cri­stiani, ma, come fu sempre iisalo dai persecutori, li spogliavano ancora dei loro beni e di quanto possedevano in comune. La qual cosa faceva che molli erano indotti a campar la vita colle li-mosine che i fedeli delle Chiese lontane


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loro inviavano. Ma avvi un Dio che as­siste e governa la sua Chiesa, e quando che meno ci pensiamo egli viene in soc­corso di chi in lui confida.
CAPO II.
Conversione e Battesimo di Saulo Anno di Cristo 34.
Il furore di Saulo non poleva saziarsi; egli non respirava che minacce e stragi contro ai discepoli del Signore. Avendo inleso che in Damasco, città disiante circa cinquanta mglia da Gerusalemme, molli Giudei ave ano abbracciala la fede, si sentì ardere di furibondo desiderio di recarsi colà a farne strage. Per fare liberamente quanto gli fosse per suggerire il suo odio contro ai Cristiani, andò dal prin­cipe dei sacerdoti e dal senato che con lettere lo autorizzarono di andare in Damasco, incatenare UUti i Giudei che si dichiarassero Cristiani e quindi condurli .in Gerusalemme ed ivi punirli con una severità capace di arrestare quelli che fossero slali tentati d'imitarli.


Ma sono vani i progetti degli uomini quando sono contrari a quelli del Cielol Dio, mosso dalle preghiere di san Stefano e degli altri fedeli perseguitati, volle manifestare in Saulo la sua potenza e la sua misericordia. Saulo colle sue lettere commendatizie pieno di ardore divorando la strada era vicino alla città di Damasco, e già. gli sembrava di avere i Cristiani fra le mani. Ma quello era il luogo della divina misericordia.
Nell'impeto de! suo cieco furore, verso il mezzodì una gran luce, più risplen­dente che quella del sole, lo circonda con lutti quelli che l'accompagnavano. Sbalorditi da quel celeste splendore cad­dero lutti a terra come morti: nel tempo stesso intesero il rumore di una voce solamente compresa da Saulo. Saulo, Saulo, disse la voce, perché mi perse­guiti? Allora Saulo ancora più spaventalo ripigliò: Chi siete voi, che parlate? Io sono, continuò la voce, quel Gesù che tu perseguili. Ricordali che è cosa troppo dura il trar calci contro allo sperone, il che lu fai resistendo ad uno più po-tenle di le. Perseguitando la mia Chiesa, lu perseguili me stesso; ma questa di-


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verrà più fiorente, e non farai male che a le stesso.
Questo dolce rimprovero del Salva­tore accompagnato dall' unzione interna della sua grazia raddolcì la durezza del cuore di Saulo e lo cangiò in un uomo affatto nuovo. Pertanto tulio umi­lialo: Signore, esclamò, che volete che io faccia? Come se dicesse: Quale è il mezzo di procurare la vostra gloria? Io mi offro a voi per fare la vostra santis­sima volontà.
Gesù Cristo ordinò a Saulo di levarsi su e andare nella città ove un discepolo avrebbelo istruito intorno a ciò che do­veva fare. Dio, dice san Agostino, rimet­tendo a' suoi ministri 1' istruzione di un apostolo chiamalo in una maniera così straordinaria ci ammaestra che bisogna cercare la sua santa volontà nell' inse­gnamento dei Pastori, che egli ha rive­stili di sua aulorilà per essere noslre guide spirituali sopra la terra.
Saulo essendosi alzato non vedeva più nulla, sebbene tenesse gli occhi aperti. Quindi fu d'uopo dargli mano e condurlo a Damasco, come se Gesù Cristo volesse condurlo in trionfo. Egli prese alloggio


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nella casa di un negoziante nominalo Giuda; ivi dimorò Ire giorni senza vedere, senza bere e'senza mangiare, ignorando tultora ciò che Dio volesse da lui.
Eravi a Damasco un discepolo nomi­nalo Anania mollo slimalo da' Giudei per la sua virlù e sanlilà. Gesù Crislo gli apparve e gli disse: Anania! ed egli a lui: Eccomi, o Signore. Il Signore soggiunse : Levali su e va nella via chiamala Diritta, e cerca di un cerio Saulo nativo di Tarso ; tu lo troverai menlre fa orazione. Anania, senlilo il nome di Saulo, tremò e disse: Deh I Signore, dove mai mi mandale! Voi ben sapete il gran male che ha fatto ai fe­deli in Gerusalemme-, ora si sa da lulli che egli è venule qua con pieno potere di legare tulli coloro che credono nel vostro Nome. Il Signore replicò: va pure tranquillo, non temere, perché quest'uomo è un islrumento scello da me per por-lare il mio nome ai genlili, dinanzi ai re e dinanzi ai figliuoli d1 Israele; per­ciocché io gli farò vedere quanto egli debba patire pel mio nome. Menlre Gesù Crislo parlava ad Anania mandò a Saulo un' allra visione in cui gli apparve un


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uomo, chiamalo Anania, che avvicinan­dosi a lui, gì' imponeva le mani per ri­donargli la vista. La qual cosa fece il Signore per assicurare Saulo che Anania era colui che mandava per manifestargli i suoi voleri.
Anania obbedì, andò a trovare Saulo, gl'impose le mani egli disse: Saulo fra­tello, il Signore Gesù che li apparve nella strada, per cui venivi a Damasco, mi ha mandato a te, affinchè ricuperi la vista e sii ripieno dello Spirilo Santo. Parlando così Anania e tenendo le mani sul capo di Saulo soggiunse: aprigli occhi. In quel momento caddero dagli occhi di Saulo cerle sca­glie come squame, ed egli ricuperò per-fellamente la vista.
Quindi Anania soggiunse : ora levati su e ricevi il Battesimo, e lava i tuoi peccali invocando il nome del Signore. Saulo si levò toslo per ricevere il Battesimo; quindi tulio pieno di gioia ristorò la sua stanchezza con un po' di cibo. Passali appena alcuni giorni coi discepoli di Damasco, si mise a predicare il Vangelo nelle sinagoghe dimostrando colle sacre Scritture che Gesù era figliuolo di Dio. Tulli quelli che lo ascoltavano erano


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pieni di stupore e andavano dicendo: non è egli costui che in Gerusalemme perseguitava coloro che invocavano il nome .di Gesù e che è venuto a bella posta a Damasco per condurli colà pri­gionieri?
Ma Saulo aveva già superalo ogni rispetto umano; egli nulla più deside­rava che promuovere la gloria di Dio e riparare lo scandalo dato; perciò la­sciando che ognuno dicesse di lui quel che voleva, confondeva gli Ebrei e con intrepidezza predicava Gesù Crocifisso.
CAPO III.
Primo viaggio di Saalo. - Ritorna a Damasco; gli sono tese insidie. - Va in Gerusalemme; si presenta agli Apostoli. Gli appare Gesù Cristo. — Anno di G. C. 35-6-7.
Saulo alla vista delle gravi opposizioni che gli si facevano da parte degli Ebrei, stimò bene di allontanarsi da Damasco per passare qualche tempo cogli uomini semplici della campagna ed anche per recarsi nell'Arabia a cercare altri popoli meglio disposti a ricevere la fede.


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Dopo Ire anni credendo cessala la. tem­pesta ritornò a Damasco ove con zelo e forza diedesi a predicare Gesù Cristo; ma gli Ebrei non potendo resistere alle pa­role di Dio, che pel suo ministro loro si predicavano, presero H partito di farlo morire. Per meglio riuscire in tale divi-samento lo denunziarono ad Areta re di Damasco, rappresentandogli Saulo come perturbatore de.Ha pubblica tranquillità. Quel re troppo credulo ascoltò la calunnia e comandò che Saulo fosse condotto in prigione, e perché non fuggisse pose guardie a tulle le porte della città. Queste insidie però non poterono tenersi così oc-culle, che non ne venisse notizia ai di­scepoli ed allo slesso Saulo. Ma come mai poterlo liberare? Que' buoni discepoli lo condussero ad una casa che corrispon­deva sopra le mura della città, e messolo in una cesta giù lo calarono per la mu­raglia. Così mentre le guardie vegliavano a tutte le porte, e si faceva rigorosis­sima ricerca in ogni angolo di Damasco, Saulo liberalo dalle loro mani, sano e salvo prende i! cammino di Gerusalemme. Sebbene la Giudea non fosse il campo affidato al no zelo, era però santo il


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molivo di queslo suo viaggio. Egli riguar­dava come suo indispensabile dovere il preseniarsi a Pietro dal quale non era ancora conosciulo, e così dar conio della sua missione al Vicario di Gesù Cristo. Saulo aveva impresso terrore sì grande del suo nome ai fedeli di Gerusalemme che non potevano credere alla conversione di lui. Cercava egli di accostarsi ora agli uni, ora. agli altri, ma tulli paurosi lo fuggivano senza dargli tempo di spiegarsi. Fu in quella congiuntura che Barnaba si dimostrò vero amico. Appena udì rac­contare la prodigiosa conversione di que­sto suo condiscepolo si recò tosto da lui per consolarlo ; andalo poscia da­gli Apostoli raccontò loro la prodigiosa apparizione di Gesù Cristo a Saulo, e come esso istruito direttamente dal Si­gnore non altro desiderava che pubbli­care il santo nome di Dio a tulli i po­poli della terra. A così liete novelle i discepoli lo accolsero con gioia, e SAN Pie­tro lo tenne parecchi giorni in sua casa ove non lasciò di farlo conoscere a' più zelanti fedeli. Durante quel tempo egli si adoperò per riparare lo scandalo che in quella capitale aveva dato colle sue


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violenze conlro ai fedeli ; né lasciavasi sfuggire occasione alcuna per rendere testimonianza a Gesù Cristo in quei luoghi medesimi in cui 1' aveva bestemmiato e fatto bestemmiare.
E siccome egli troppo caldamente strin­geva gli Ebrei e confondevali in pubblico ed in privato, questi gli si levarono conlro risoluti di lorgli la vita. Per la qual cosa i Fedeli lo consigliarono a partire da quella città. La medesima cosa gli fece cono­scere Iddio , per mezzo- di una visione. Un giorno mentre Saulo faceva orazione nel tempio gli apparve Gesù Cristo e gli disse: parli presto da Gerusalemme, per­ché questo popolo non crederà a quello che tu sei per dir di me. Paolo rispose: Signore, eglino sanno come io fui per­secutore e bestemmiatore del vostro santo nome, se sapranno eh' io mi sono con-verlito, certo seguiranno il mio esempio e si converliranno anch'essi. Gesù sog­giunse: non è. così: essi non presteranno fede alcuna alle lue parole. Va, io li ho scelto a portare il mio Vangelo in lon­tani paesi fra i gentili (Alt. apost. cap. 22).
Deliberala così la partenza di Paolo i discepoli lo accompagnarono a Cesarea,


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e di là lo inviarono a Tarso sua patria, colla speranza che avrebbe potuto vivere con minor pericolo tra i parenti e gli amici e cominciare anche in quella città a far conoscere il nome del Signore.
CAPO IV.
Profezia di Agabo. - Saulo e Barnaba ordinati vescovi. - Vanno nell'isola di Cipro. - Con­versione del proconsole Sergio. - Castigo del mago Elinna. - Gian Marco ritorna in Ge­rusalemme.— Anno di G, C. 40-1-2-3.
Mentre Saulo a Tarso predicava la di­vina parola, Barnaba si pose a predicarla con gran frutto in Antióchia. Alla vista poi del gran numero di quelli che ogni giorno venivano alla Fede, Barnaba slimò bene di recarsi a Tarso per invitare Saulo a venirlo a coadiuvare. Vennero di­falli anaendue in Anliochia, e quivi colla predicazione e coi miracoli guadagnarono un gran numero di fedeli.
In que' giorni alcuni profeti, cioè alcuni fervorosi cristiani che illuminati da Dio predicevano l'avvenire, vennero da Ge­rusalemme ad Antióchia. Uno di essi di
2 L. C. — An. V, F. TI.


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nome Agabo, inspiralo dallo Spirilo Sanlo, predisse una gran carestia che doveva desolare lulta la lerra, come difatli av­venne sotto all'impero di Claudio. I Fedeli per prevenire i mali, che questa carestia avrebbe cagionato risolsero di fare una colletta e così ciascuno secondo le pro­prie forze mandar qualche soccorso ai fratelli della Giudea. La qual cosa fecero con mollo buon risultalo. Per avere poi una persona di credito presso a lutti, scelsero Saulo e Barnaba e li mandarono a portare tal limosina ai sacerdoti di Ge­rusalemme perché ne facessero la distri­buzione secondo il bisogno. Compiuta la loro missione Saulo e Barnaba ritorna­rono in Ànliochia.
Dimoravano pure in questa città altri profeti e dollori, Ira i quali un cerio Simone soprannominalo il Nero, Lucio da Cirene e Manaem fratello di latte di Erode. Un giorno mentre essi offeri­vano i Santi Misteri e digiunavano, ap­parve lo Spirilo Santo in maniera stra­ordinaria e disse loro: separatemi Saulo e Barnaba per l'opera del sacro mini­stero a cui li ho elelli. Allora fu ordi­nalo un digiuno con pubbliche preghiere


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e avendo loro   imposto le mani, li con­sacrarono vescovi. Questa ordinazione fu modello di quelle che la Chiesa Cattolica suole fare ai suoi ministri: di qui ebbero origine i digiuni   delle   quattro tempera, delle preghiere e altre cerimonie che so­gliono aver luogo nella sacra ordinazione. Saulo era in Anliochia quando ebbe una maravigliosa visione nella quale fu rapito al terzo cielo, cioè fu sollevato da Dio a contemplare le cose del Cielo più sublimi di cui sia capace un uomo mortale. Egli medesimo   lasciò   scritto che ha veduto cose le quali non si possono esprimere con parole, cose non  mai  vedute , non   mai udite, e che il cuor dell'uomo non può nemmeno immaginare. Da questa celeste visione Saulo   confortato partì con Bar-naba e. andò  direttamente a Seleucia di Siria, così chiamata per distinguerla da un'altra città  dello  slesso   nome   che è situala in   vicinanza   del   Tigri  verso la Persia. Avevano eziandio seco loro certo Giovanni Marco, non Marco l'Evangelista. Esso era   figliuolo   di quella pia vedova nella cui casa  erasi   rifuggilo SAN Pietro quando fu miracolosamente da un angelo liberato di prigione. Egli era cugino di


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Barnaba ed era slalo condono da Gerusa­lemme in Antiochia nell'occasione che an­darono colà a portar le limosine.
Seìeucia aveva un porto sul Mediter­raneo; di là i nostri operai evangelici si imbarcarono per andare all'isola di Cipro patria di SAN Barnaba. Giunti a Salamina, città e porto considerevole di quell'isola, cominciarono ad annunciare il Vangelo ai Giudei, e di poi ai Gentili che erano più semplici e meglio disposti a ricevere la fede. I due Apostoli predicando per tutta quell'isola vennero a Paio capitale del paese dove risiedeva il proconsole ossia il governatore Romano di nome Sergio Paolo. Qui lo zelo di Saulo ebbe occa­sione di esercitarsi a motivo di un mago chiamalo Bar Jesu o Elima.'Costui fosse per guadagnarsi il favore del proconsole, o cavar danaro dalle sue truffe, seduceva la gente e allontanava Sergio dal seguire i pii 'sentimenti del suo cuore. Il pro­console avendo udito a parlare dei predi­catori che erano venuti nel paese da lui governato, li mandò a chiamare, affinchè andassero a fargli conoscere la loro dot­trina. Andarono tosto Saulo e Barnaba ad esporgli le verità del Vangelo; ma Elima


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a! vedersi togliere la materia de' suoi guadagni, temendo forse peggio, si mise a guastare i disegni di Dio, contraddicendo alla dottrina di Saulo e screditandolo presso al Proconsole per tenerlo lonlafio dalla verità. Allora Saulo tutto acceso di zelo e di Spirilo Santo gli gitlò addosso gli sguardi: scellerato, gli disse, arca di em­pietà e di frode, figlio del diavolo, ne­mico d'ogni giustizia, n.on ti arresti ancora dal pervertire le diritte strade del Signore? Or ecco la mano di Dio pesare sopra di le: fin da questo momento tu sarai cieco, e per quel tempo che Dio vorrà non ve­drai più la luce del sole. All-'istante gli cadde sugli occhi una caligine da cui lol-tagìi la facoltà di vedere, egli andava at­torno tentone cercando chi gli desse la mano.
A quel fatto terribile Sergio rico­nobbe la mano di Dio, e mosso dalle pre­diche di Saulo e da quel miracolo cre­dette in Gesù Cristo ed abbracciò la fede con tutta la sua famiglia. Anche il mago Elima atterrito da questa repentina cecità, riconobbe la potenza divina nelle parole di Paolo, e rinunciando all'arte magica, si convertì, fece penitenza ed abbracciò


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la fede. In quesl' occasione Saulo prese ii nome di Paolo sia in memoria della conversione di quel governatore, sia per essere meglio accollo fra i Gentili, per­ciocché Saulo era nome ebreo, Paolo in vece era nome romano.
Raccolto in Pafo non piccolo frullo della loro predicazione, Paolo e Barnaba con altri compagni s'imbarcarono alla volta di Perga città della Pamfilia. Ivi rimandarono a casa Giovanni Marco che fino allora erasi adoperalo in loro aiuto. Barnaba lo avrebbe volentieri ancor lenuto; ma Paolo scorgendo in lui una certa pu­sillanimità ed incostanza pensò di riman­darlo a sua madre in Gerusalemme. Noi vedremo fra breve questo discepolo a ri­parare la debolezza or ora dimostrata e divenire fervososo predicatore.
CAPO V.
SAN Paolo predica in Antiochia dì Pisidia. Anno ài Gesù Cristo 44,
Da Perga SAN Paolo andò con SAN Bar­naba ad Anliochla di Pisidia, cosi detta per distinguerla da Antiochia di Siria che


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era la gran capitale dell' Oriente. Ave­vano quivi i Giudei, siccome in molle altre città dell'Asia, la loro sinagoga dove ne' giorni di sabato si radunavano per ascoltare la spiegazione della legge dì Mosè e dei Profeti. Intervennero anche i due apostoli e con essi molti ebrei e gentili che già adoravano il vero Dio. Secondo l'uso degli ebrei i dottori della legge lesserò un brano della Bibbia che diedero di poi a Paolo con preghiera di dir loro qualche cosa di edificante. Paolo che non altro aspettava che l'opportunità di parlare si levò in piedi, indicò colla mano che facessero tulli silenzio, e prese a parlare così: « Figliuoli d'Israele, e voi lutti che temete il Signore, poiché mi inviiate a parlare, vi prego di udirmi con quell'attenzione che merita la dignità delle cose che sono per dirvi.»
« Quel Dio che ha scelto i nostri padri quando erano nell'Egitto e con una lunga serie di prodigi ha fatto di essi una na­zione privilegiala, ha in particolar maniera onorata la stirpe di Davidde promettendo che da questa farebbe nascere il Salvatore del mondo. Quella grande promessa con­fermala da lante profezie, si è finalmente


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adempiuta nella persona di Gesù di Na-zaret. Giovanni, cui certamente voi cre­dete, quel Giovanni, le cui sublimi verità fecero credere per Messia, gli ha reso la più autorevole testimonianza dicendo che egli non si giudicava degno di scio­gliere nemmeno i legacci de' suoi calzari. Voi oggi, o miei fratelli, voi degni figli d'Abramo, e voi lutti adoratori del vero Dio, di qualunque nazione o stirpe siale, voi siete quelli ai quali è parlicolarmenle indirizzata la parola di salute. Gli abi­tanti di Gerusalemme ingannali dai loro capi non hanno voluto riconoscere il Redentore che a voi predichiamo. Che anzi gli diedero la morte; ma Iddio on­nipotente non ha permesso, siccome a-veva predetto, che il corpo del suo Cristo provasse nel sepolcro la corruzione. Per­tanto nel terzo giorno dopo la morte lo fece risorgere glorioso e trionfante.
« Fino a questo punto voi non avete colpa alcuna, perché la luce della verità non era ancor giurila fino a vei. Ma tremale d'or in avanti se mai chiuderete gli occhi; tremale di provocar sopra di voi la maledizione fulminata dai profeti contro a chiunque non vuole riconoscere


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la grande opera del Signore, il cui com­pimento deve aver luogo in questi giorni.»
Finito il discorso, tutti gli uditori si ritirarono in silenzio meditando le cose udite da SAN Paolo.
Erano però diversi i pensieri che oc­cupavano le loro menti. I buoni erano pieni di gioia alle parole di salute loro annunciate, ma gran parie de' giudei sempre persuasi che il Messia dovesse ristabilire la potenza temporale della loro nazione, e vergognandosi di riconoscere per Messia colui che i loro principi ave­vano condannato a morte ign'ominiosa, accolsero con dispetto la predica di Paolo. Tuttavia si mostrarono soddisfatti ed in­vitarono l'Apostolo a ritornare nel seguente sabato con animo però ben diverso. I ma­levoli per apparecchiarsi a contraddirlo, e quelli che temevano il Signore, israeliti e gentili, per meglio istruirsi e confer­marsi nella fede. Nel giorno convenuto si radunò immenso popolo, per udire questa nuova dottrina. Appena SAN Paolo si pose a predicare, subito i dottori della sinagoga si levarono,contro di lui. Op­posero dapprima delle difficoltà; quando poi si accorsero di non poter resi-


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stere alla forza delle ragioni con cui SAN Paolo provava l'è verità della fede, si abbandonarono agli schiamazzi, alle ingiurie, alle bestemmie. I due apo­stoli vedendosi soffocala la parola in bocca con forte animo ad alta voce es­clamarono: « a voi si doveva in, primo luogo annunziare la divina parola; ma giacché volete chiudere dispettosamente le orecchie, e con furore la rigettate, vi rendete indegni dell'eterna vita. Noi per­tanto ci rivolgiamo ai gentili per com­piere la promessa fatta da Dio per bocca del suo Profeta quando dissej: « io ti ho destinalo per luce dei gentili e per la salute di essi fino all'estremità della terra.»
I Giudei allora vie più mossi da invi­dia e sdegno eccitarono contro.gli Apo­stoli una fiera persecuzione,
Servironsi di alcune donne che gode­vano credito di essere pie ed oneste e con esse invitarono i magistrali della città, e lutti insieme gridando e schiamazzando coslrinsero gli Aposloli ad uscire dai loro confini. Così costretti Paolo e Barnaba partirono da quello sventurato paese, e nell'alto della loro partenza secondo il comandamento di Gesù Cristo scossero


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la polvere dei loro piedi in segno di ri-nunziare per sempre ad ogni commercio con essi, come uomini riprovati da Dio e colpiti dalla divina maledizione.

 

Fonte: citazione - estratto da http://oratorio.crocetta.org/res/DonBosco/vitadispaolo.doc

Sito web da visitarer: http://oratorio.crocetta.org

Autore del testo:

S. PAOLO APOSTOLO
DOTTORE    DELLE    GENTI
per cura del Sacer.
BOSCO   GIOVANNI



TORINO
Tipografia di G. B Paravia e Comp.
1857.

 

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