Santa Rosa

 


 

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Vita di Santa Rosa
            Rosa nasce a Viterbo nel 1233 da Giovanni e Caterina persone di semplici origini; nella sua famiglia si vive nell’amore e nel rispetto di Dio secondo le esortazioni dei primi seguaci di San Francesco. Di delicata costituzione e gentile nei modi, la grazia del Signore si manifesta in lei fin dalla più tenera età così che le sono attribuiti numerosi eventi prodigiosi come quello del pane trasformato in rose, della brocca risanata ed altri ancora.
            Le sue biografie la vogliano al fianco dei suoi concittadini, durante l’assedio di Federico II di Svevia alla città di Viterbo nel 1243, sia con il conforto delle sue sante parole che con la preghiera costante.
            Nel  giugno del 1250 Rosa è gravemente malata e prossima a morire, ma la notte del 22, dopo aver avuto la visione di persone scomparse molti anni prima, si alza improvvisamente guarita, tra lo stupore dei presenti che la vegliano.
            Il giorno successivo le appare la Vergine Maria che la esorta a compiere un pellegrinaggio in alcune Chiese della città ed a vestire l’abito di Terziaria Francescana.
            La mattina del 24 Giugno 1250, in obbedienza alla volontà celeste, nella Chiesa di S.Maria in Poggio avviene la cerimonia pubblica con il taglio dei capelli e la vestizione con l’abito della penitenza e il cingolo ai fianchi.
            Mentre Viterbo, travagliata dall’eresia, vive tempi di lotte e di sdegno verso il Podestà imposto da Federico II, Rosa, con la croce in mano, percorre le vie cittadine pregando e cantando le lodi dell’Altissimo e della Vergine Maria.
            Sull’esempio di San Francesco e accompagnata dalla grazia del Signore, si rivolge ai Viterbesi esortandoli alla pace, all’amore cristiano e alla fiducia nel Signore. Pur se derisa da alcuni, parecchi l’ascoltano e in breve tempo, miracolosamente, la città cambia volto: molti si convertono e ritornano alla fede e alla pace.
            Tutto ciò provoca inquietudine nei seguaci dell’Imperatore che, considerandola comunque un pericolo, decidono di esiliarla dalla città.
            Nella notte del 4 dicembre 1250, ormai in pieno inverno, Rosa, nonostante il suo stato di salute, si mette in cammino con i suoi genitori sugli scoscesi sentieri verso Soriano nel Cimino.
            Durante quel viaggio predice, dopo una visione divina, la fine della persecuzione della Chiesa con la morte dell’imperatore Federico II, che di fatto avviene il 13 dicembre 1250.
            Fu così che Rosa può rientrare a Viterbo e, sulla via del ritorno, continuando a seminare la parola di Dio, sosta qualche giorno a Vitorchiano, restituendo la vista alla fanciulla Delicata, cieca dalla nascita e convertendo un’eretica con la prova del fuoco.
            Accolta in città come una santa, chiede di entrare nel Monastero di S.Maria, ma poiché ciò non le è consentito si ritira nella sua casa, vigilante e penitente, in attesa del suo transito in cielo il 6 marzo del 1251.
            Sepolta nella nuda terra del cimitero parrocchiale della Chiesa di Santa Maria in Poggio, diciotto mesi dopo, Innocenzo IV ordina il processo di canonizzazione e il suo corpo, esumato, viene nuovamente sepolto all’interno della Chiesa dove vi rimane ancora per sei anni.
            Quando il Pontefice Alessandro IV, residente a Viterbo, ne ordina di nuovo la riesumazione il corpo viene trovato miracolosamente incorrotto come fosse spirato allora. Lo stesso Papa viste le dimostrazioni di affetto e devozione dei Viterbesi verso la piccola concittadina, il 4 settembre 1258 fa traslare in forma solenne il corpo di Rosa, portato a spalla da quattro Cardinali, per le vie della città fino alla piccola chiesa di Santa Maria delle diamianite(nome delle clarisse in ricordo della chiesa assisana di S.Damiano ), accompagnato dalla corte papale, dalle autorità e da tutto il popolo festante.
            Al termine della cerimonia, cantato l’ufficio divino delle vergini in onore di Santa Rosa, ne stabilisce la festa, da celebrarsi ogni anno in tale data.
            Il corpo della piccola e giovane Santa è affidato alle figlie di Santa Chiara perché la custodiscano gelosamente; cosa che ancora oggi avviene.

 

Fonte: http://www.sanfrancescoviterbo.it/doc/VitaSRosaImm.doc
Sito web: http://www.sanfrancescoviterbo.it/

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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Santa Rosa da Lima
(memoria liturgica: 23 Agosto)

A Lima, la città fondata in Perù da Francesco Pizzarro, le crudeltà, le violenze e le stragi perpetrate su Indios e su schiavi negri importati dall’ Africa, rischiavano di rendere odiosa ed incomprensibile la religione cristiana imposta dai conquistatori spagnoli, ma proprio in essa sbocciò il primo e più bel fiore di santità delle Americhe, come un balsamo di pace ed un richiamo di speranza per aprire la strada alla conquista spirituale di quelle.
Isabel Flores Oliva vide la luce il 20 Aprile 1586: suo padre Gaspar Flores, discendeva da famiglia nobiliare spagnola, era un ex-soldato dell’esercito dei conquistatori; sua madre Maria Oliva era nativa di Lima, anch’essa di origine spagnola. La piccola nel Battesimo ricevette il nome della nonna materna, Isabel, ma la mamma, vedendone la bellezza, preferiva chiamarla Rosa. Altri dieci figli avevano già preceduto la nascita di Rosa ed in casa si trovavano anche una serva india ed una schiava negra. Non era facile, perciò, ai genitori mantenere un tenore di vita quali il loro orgoglio e la loro ambizione avrebbero voluto, tuttavia, soprattutto la madre, non rinunciava a feste, ricevimenti e viaggi in carrozza, non appena le circostanze glielo consentivano. Rosa fu, sin dai primi anni, una vera contraddizione in questo clima familiare. Mamma Maria, carattere impulsivo e di umore variabile, alternava premure e durezze, moine ed aspri rimproveri verso quella bimba che sapeva essere obbediente e gentile, ma altrettanto ostinata nel mantenersi fedele ai propositi che riteneva giusti e graditi a Dio; sapeva sopportare in silenzio sofferenze fisiche per la sua tenera età, ma era imprevedibile e rapida nelle decisioni che riusciva a realizzare con furbizia e abilità.
Davanti alle sofferenze, la risposta di Rosa era sempre una sola: ”Per amor di Dio”, e indicava l’immagine di Gesù flagellato e coronato di spine. Le piaceva stare nel giardino di casa per immergersi nella solitudine della natura pensando a Dio e conversando con Lui. Dal fratello Ferdinando si era fatta costruire in un angolo del giardino una celletta piegando opportunamente i rami di vari alberi: qui spesso si rifugiava, anche per sfuggire all’ ammirazione delle amiche della mamma.
A sei anni la mamma si preoccupò che imparasse a leggere e a scrivere, in casa naturalmente, sotto il suo controllo, imparando a leggere la sua predilezione andò subito alla biografia di S. Caterina da Siena che scelse come modello e guida.
Molte somiglianze si riscontrano nella vita delle due Sante, sia sul piano umano che su quello spirituale, a cominciare dalla convivenza con una mamma dalle idee opposte alle loro. Anche mamma Maria, come Monna Lapa, avrebbe voluto la figlia più dedita alla cura della sua bellezza: voleva che Rosa danzasse, che partecipasse alle gite e alle feste. E la figlia si ingegnava a trovare degli impedimenti: si faceva cadere su un piede una grossa pietra..., si strofinava gli occhi col pepe…
Si resta stupiti dalle estenuanti e molteplici penitenze a cui la Santa si sottopose volontariamente per tutta la vita. Dalle testimonianze dei suoi Confessori sappiamo che il suo intento era imitare la passione del Cristo, e si era offerta come mezzo efficace di predicazione e di benedizione per il Nuovo Mondo. Verso i dodici anni Rosa aveva già compiuto un lungo ed aspro cammino ascetico e viveva i primi gradini di mistica unione con Dio. Era una ragazzina serena, disponibile ed utile in casa per tante faccende.
Rosa abitava vicino al convento dei Frati Predicatori e nella loro chiesa si recava a pregare. Il luogo preferito ere la cappella della Regina del S. Rosario, molto venerata da tutti con solenni processioni in suo onore e recite quotidiane del Rosario, a maggio ed ottobre anche per le vie. Fin dall’età di quattordici anni ebbe l’incombenza, che assolverà con entusiasmo per il resto della sua vita, di onorare la statua della Vergine nelle solennità cambiandole l’abito secondo l’usanza dell’epoca, preparando corone di fiori e tenendo pulita la cappella. Nel volto della Madre Celeste e del Bambino Gesù ella “leggeva” la risposta ad ogni sua richiesta, capiva se la sua preghiera sarebbe stata esaudita perché conforme ai divini voleri o no. Fu proprio la Madonna del Rosario che le indicò chiaramente che doveva essere, come Santa Caterina, una Sorella della Penitenza del Terz’Ordine laicale domenicano.
Guidata spiritualmente dal Padre Juan de Lorenzana e da altri Padri del convento di S. Domenico, si preparò alla sua professione nella Confraternita del Terz’Ordine che la accolse tra i suoi membri il 10 Agosto 1606. A questo atto ufficiale seguì il sigillo delle nozze mistiche, nella cappella del Rosario, dove Rosa udì il Bimbo in braccio alla Mamma sorridente, dirle con soavità e tenerezza:”Rosa del mio cuore, tu sarai la mia sposa!”, e spesso era visitata dal Bambino Gesù col quale intratteneva dolci colloqui, inoltre continuava a compiere le faccende domestiche, ma soprattutto intensificava le sue penitenze per ottenere la salvezza delle anime. Per meglio custodire l’intimità divina nel suo cuore, riuscì ad ottenere un romitorio tutto per sé nel giardino della propria abitazione, uno spazio esiguo, da cui Rosa usciva solo di sera per tornare in casa. Un luogo freddissimo d’inverno e afoso d’estate, circondato da nugoli di zanzare che non disturbavano lei, ma scoraggiavano chiunque dall’ avvicinarsi: qui ella trascorreva ogni giorno ben dodici ore in preghiera. Innamorata com’era dell’Eucarestia, ottenne dai confessori la concessione di comunicarsi quasi quotidianamente, cosa rara a quei tempi, ed ella nel suo eremitaggio prolungava il ringraziamento o intensificava la preparazione.
Rosa amava Cristo anche nei poveri e nei malati e li accoglieva, li accudiva, li confortava, usando tutti i mezzi a lei possibili. Le fu concessa una stanza della casa per ospitare, una dopo l’altra, le persone bisognose che ricorrevano a lei e per molte altre invocò la guarigione con la sua preghiera a Gesù Bambino,”il doctorcito”. In quei medesimi anni nel convento di S. Domenico aveva fatto la sua professione come fratello cooperatore fra Martin de Porres e se anche non esistono documenti testimonianti i loro rapporti, non possiamo non constatare la loro affinità, sia per vocazione, sia per stile di vita. Sarà proprio fra Martino a mettere sul capo della salma di Rosa esposta in chiesa, la corona di spine tolta alla statua di S. Caterina, perché non si era riusciti a trovare dei fiori per cingerle il capo.
Gli ultimi tre anni della sua vita Rosa li trascorse nella casa dei coniugi Gonzalo e Maria de La Masa, che ne avevano a lungo desiderato la presenza affinché fosse maestra di vita alle loro tre figlie. Soffriva già di acuti dolori in tutto il corpo e l’unico vantaggio che ne ricavò fu di avere più tempo per pregare. Si fece costruire una celletta nel granaio della casa dei suoi ospiti e vi passava intere giornate in preghiera. Mancava poco più di un anno alla sua morte quando, per ordine del Padre de Lorenzana, Rosa venne sottoposta ad un rigoroso esame teologico sulla sua vita ascetica e mistica, sulle grazie e sulle visioni ricevute, sulle prove e sugli assalti del demonio, e da esso ne uscì accresciuta la sua fama di santità.
Fin da bambina sapeva che sarebbe morta nel giorno della festa di S. Bartolomeo, il 24 Agosto 1617, e perciò nei giorni precedenti chiese il Viatico e l’Unzione degli infermi, e volle che le stendessero sulle coperte lo scapolare domenicano. Suo padre e sua madre le erano accanto ed implorò la loro benedizione. Le ultime sue parole furono: “Gesù, Gesù, Gesù sia sempre con me”.
Dal giorno della morte numerosissimi furono i miracoli e le grazie attribuite alla Santa di Lima e già nel 1630 iniziò il processo informativo per la beatificazione che sarebbe avvenuta nel 1668 ad opera di papa Clemente IX, che la proclamò contemporaneamente Patrona del Perù. Verrà canonizzata da papa Clemente X il 12 Aprile 1671, dopo che l’anno precedente era stata costituita Patrona delle Americhe e delle Filippine.
Le sue spoglie sono ora conservate in un’urna nella cappella del Rosario dell’omonima basilica di Lima, ove sono sepolti anche S. Martino de Porres e S. Juan Macias.

 

Autore: Sr. Carla Bertaina op


Fonte: http://www.domenicanecaterina.org/area_scambio/doc/ritratti/rosa.doc

Sito web: http://www.domenicanecaterina.org

 

 

 

 

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