Alan Turing

 

 

 

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LA MACCHINA DI TURING


Nel 1936 il matematico inglese Alan Turing progettò una macchina ideale che fosse in grado di risolvere problemi.
Essa rappresenta ancora oggi uno dei più potenti strumenti logico concettuali mai creati dall’uomo ed è il punto di partenza per tutti gli studi successivi che portarono alla realizzazione dei potenti calcolatori.
La macchina di Turing, riportata nella figura successiva, è essenzialmente costituita dai tre seguenti elementi:
1) un nastro infinito, che possiamo immaginare di carta e di una testina di lettura/scrittura
Il nastro è suddiviso in singole celle nelle quali può essere scritto un simbolo appartenente a un alfabeto predefinito; il nastro è da considerarsi infinito a destra e a sinistra.
2) una testina di lettura e scrittura (TLS) che scorre sopra il nastro.
La TLS deve essere in grado di leggere i simboli scritti in una cella, di scrivervi un nuovo simbolo, di muoversi in entrambi i versi lungo il nastro.
3) un organo di controllo che comanda la testina ed è definita istante per istante da una quintupla di elementi:
s: lo stato della macchina all'istante presente;
i: il simbolo letto all'istante presente;
S(s, i): lo stato della macchina all'istante successivo; è funzione dei primi due parametri.
I(s, i): il simbolo scritto dalla macchina all'istante successivo; è funzione dei primi due parametri.
V(s, i): il verso (movimento) della macchina (destra/sinistra); è funzione dei primi due parametri.

Il nastro, che può essere considerato l’organo di memorizzazione delle informazioni, è suddiviso in caselle, e può spostarsi a destra o a sinistra di una sola casella per volta.
Questa macchina, concettualmente semplice, è in grado di risolvere una classe di problemi molto vasta, cioè è in grado di risolvere qualsiasi problema, o per lo meno tutti quelli risolvibili attraverso un algoritmo.
Si ricorda che u n qualsiasi procedimento eseguibile in modo meccanico è detto algoritmo se risponde alle seguenti quattro caratteristiche:

    • consta di un numero finito di passi
    •  ad ogni passo viene determinato univocamente il passo successivo
    •  rappresenta la risoluzione di tutti i problemi dello stesso tipo e non solo di un caso particolare
    •  è interpretabile ed eseguibile dall’esecutore.

Turing studiò in particolare la cosiddetta macchina universale, una macchina di Turing in grado di imitare una qualsiasi particolare macchina di Turing.
La macchina universale di Turing ha costituito il primo modello del futuro computer programmabile. In un certo senso gli odierni computer programmabili sono macchine universali di Turing.


TEST DI TURING/CURCH
Il test consiste in un gioco, noto come gioco dell'imitazione, a tre partecipanti: un uomo A, una donna B, e una terza persona C.
Il test di Turing si basa sul presupposto che una macchina si sostituisca ad A.
In tal caso, se C non si accorgesse di nulla, la macchina dovrebbe essere considerata intelligente, dal momento che - in questa situazione - sarebbe indistinguibile da un essere umano.
Per macchina intelligente Turing ne intende una in grado di pensare, ossia capace di concatenare idee e di esprimerle. Per Turing, quindi, tutto si limita alla produzione di espressioni non prive di significato
Le macchine di Turing sono macchine a stati finiti in grado di simulare altre macchine a stati discreti. Una macchina per sostenere il test deve essere programmata considerando la descrizione di un uomo in termini discreti (stati interni, segnali, simboli).
Dalla complessità del software, secondo lo scienziato, emergeranno le funzioni intellettuali. Su questa aspettativa si fonda una disciplina nota come intelligenza artificiale il cui scopo è la costruzione di una macchina in grado di riprodurre le funzioni cognitive umane.
Sebbene le previsioni di Turing fossero che entro il 2000 sarebbe stata realizzata una macchina intelligente, finora nessuna ha superato il test.

 

Prove a confutazione del test

Il test di Turing è stato via via riformulato durante gli anni. Le ragioni sono varie e passano dall'imprecisione della formulazione originale, al sorgere di nuovi problemi relativi alla definizione di macchina intelligente. A volte semplici programmi hanno costretto a riformulare i criteri del test perché inadeguati o troppo facilmente soddisfatti da programmi evidentemente non pensanti.
Il filosofo John Rogers Searle, ha proposto una modifica al test di Turing, che ha preso il nome di stanza cinese, vanificando l'attendibilità del Test di Turing come prova sufficiente a dimostrare che una macchina o un qualsiasi sistema informatico siano sistemi dotati di vera intelligenza, sia che questi abbiano superato o meno tale test.
Biografia di Turing
Alan Mathison Turing (Londra, 23 giugno 1912 – Manchester, 7 giugno 1954) è considerato uno dei padri dell'informatica. Introdusse la macchina ideale ed il test che portano il suo nome.
Nel 1935  descriveva, per la prima volta, quella che verrà poi definita come la macchina di Turing. Durante la seconda guerra mondiale, Turing mise le sue capacità matematiche al servizio del Department of Communications inglese per decifrare i codici usati nelle comunicazioni naziste, criptate tramite il cosiddetto sistema Enigma (progettato da Arthur Scherbius).
Con l'entrata in guerra dell'Inghilterra Turing e i suoi compagni lavorarono stabilmente alla decrittazione, sviluppando le ricerche già svolte dall'Ufficio Cifra polacco con la macchina Bomba, progettata da Marian Rejewski nel 1932 ed ultimata nel 1938. Basandosi su tali esperienze Turing realizzò nel 1942 una macchina chiamata Colossus (lontana antesignana dei computer) che decifrava in modo veloce ed efficiente i codici tedeschi creati con Enigma.
Al termine della guerra Turing fu invitato al National Physical Laboratory (NPL, Laboratorio Nazionale di Fisica) a Londra per disegnare il modello di un computer. Il suo rapporto che proponeva l'Automatic Computing Engine (ACE, Motore per il Calcolo Automatico) fu presentato nel marzo 1946, ma ebbe scarso successo a causa degli alti costi preventivati.
Per l'anno accademico 1947/48 tornò a Cambridge e spostò i suoi interessi verso la neurologia e la fisiologia. Fu in questo periodo che iniziò ad esplorare la relazione tra i computer e la natura.
Ebbe anche interessi al di fuori dell'ambito accademico: divenne membro del Walton Athletic Club e vinse alcune gare di corsa sulle tre e dieci migliae raggiunse inoltre ottimi livelli nella maratona.
Nel 1950 scrisse un articolo dal titolo "Computing machinery and intelligence" in cui descriveva quello che sarebbe divenuto noto come il test di Turing: su questo articolo si basa buona parte dei successivi studi sull'intelligenza artificiale.
L'anno seguente fu eletto Membro della Royal Society di Londra. Si trasferì all'Università di Manchester, dove lavorò alla realizzazione del Manchester Automatica Digital Machine (MADAM). Convinto che entro l'anno 2000 sarebbero state create delle macchine in grado di replicare la mente umana, lavorò alacremente creando algoritmi e programmi per il MADAM, partecipò alla stesura del manuale operativo e ne divenne uno dei principali fruitori.
Nello 1952 sviluppò un approccio matematico all'embriologia. Il 31 marzo dello stesso anno fu arrestato per omosessualità e condotto in giudizio, dove a sua difesa disse semplicemente che non scorgeva niente di male nelle sue azioni. Nonostante ciò la pena inflitta fu severissima: fu sottoposto alla castrazione chimica che lo rese impotente e gli causò lo sviluppo del seno; alcuni dei motivi che probabilmente lo condussero, di li a poco, al suicidio.
Nel 1954 Alan Turing morì ingerendo una mela avvelenata con cianuro di potassio, in tono col proprio carattere eccentrico e prendendo spunto dalla fiaba di Biancaneve da lui apprezzata fin da bambino. La madre sostenne che il figlio, con le dita sporche per qualche esperimento chimico, avesse ingerito per errore la dose fatale di veleno; ma il verdetto ufficiale parlò senza incertezze di suicidio: "Causa del decesso: cianuro di potassio autosomministrato in un momento di squilibrio mentale".
Speculazioni avanzate nel libro Zeroes and Ones di Sadie Plant, vogliono che il logo della Apple Inc. sia un omaggio ad Alan Turing, tuttavia, l'azienda non ha mai confermato né smentito questa notizia.


Fonte: http://www.colombaantonietti.com/public/allegati/tecnologico/informatica/turing.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Alan Turing

 

ALAN TURING
Intelligenza artificiale
di Gilberto Trombetta

Deep the apple in the brew
Let the Sleeping Death sep trough*.

Tutto iniziò così, con una filastrocca, in un giorno lontano del 1931. Era il primo anno di Alan Turing a Cambridge. Quelli erano gli anni più felici, delle scoperte scientifiche e della scoperta del teatro. Quelli che seguirono, furono gli anni dell’affermazione scientifica e della solitudine umana. Quelli erano gli anni in cui nacque l’Intelligenza Artificiale.

Accolta da alcuni come l’alba di una nuova era, osteggiata da altri come fosse una bottega di ciarlatani, una pseudoscienza avida di soldi e avara di risultati. Una disciplina senza padre né madre, ma con tante madrine: psicologia, filosofia, biologia, fisica, matematica, ingegneria. Una scienza bambina, presuntuosa ed impavida, creativa e spudorata, allevata nel calore delle passioni diversissime di ricercatori eclettici, vissuta tra agi e stenti alterni, adulata e disprezzata, coccolata e abbandonata.

Una scienza ibrida, figlia del secolo ventesimo, proiettata nel ventunesimo, ma con radici antiche nel mito ebraico del Golem e nella filosofia leibniziana. L’IA è un’avventura che sa insieme di scienza e di mito, di sfida e di mistero, che vive nel silicio e nelle astrazioni della logica formale, ma che mira anche al segreto delle emozioni, delle passioni e degli istinti dei viventi.

Nel 1950, dopo una vita di successi scientifici e di fallimenti umani, dopo essere stato uno degli eroi più sconosciuti della seconda guerra mondiale, dopo aver inventato la ‘macchina universale’ (prototipo del moderno computer), Turing scrisse quello che ancora oggi resta uno dei testi fondamentali dell’IA: Computing Machinery and Intelligence.

L’articolo cominciava alla maniera informale, chiarissima e provocatoria tipica di Turing. “Propongo di considerare la domanda, «Possono le macchine pensare?». Bisognerebbe cominciare con le definizioni di cosa significhino ‘macchina’ e ‘pensare’, ma invece di tentare tale definizione, sostituirò la domanda con un’altra, che è strettamente connessa e si può esprimere con parole relativamente non ambigue. La nuova forma del problema si può esprimere nei termini di un gioco. Lo chiameremo gioco dell’imitazione”.
Tutto l’articolo è così: limpidissimo e ironico. Venti pagine senza una formula, senza una frase che non sia comprensibile a un sedicenne. Venti pagine da cui traspare il genio ribelle di Alan Turing. Venti pagine in cui Turing sembra aver immaginato molti sviluppi dell’IA e previsto tutte le critiche da lì a quarantanni. Venti pagine in cui inventò il ‘test’ che diventerà uno dei punti più dibattuti della disciplina.

Turing prese le mosse da un gioco che chiamò gioco dell’imitazione. Un ricercatore è chiuso in una stanza e può comunicare col mondo esterno solo tramite una tastiera con la quale invia messaggi e uno schermo sul quale legge le risposte. In altre due stanze, anch’essi isolati, ci sono un uomo e una donna. Il ricercatore deve riuscire a capire solamente dalle risposte che danno, chi dei due sia l’uomo e chi la donna.

I due però hanno il diritto di mentire spudoratamente: loro scopo infatti è di non lasciar capire il proprio sesso. Cosa c’entra l’IA? È proprio qui che entra in gioco la provocazione lanciata da Turing. Cosa accadrebbe se lasciassimo che una macchina giochi al posto di uno dei due? Il ricercatore sbaglierebbe l’identificazione lo stesso numero di volte? E sarebbe capace di riconoscere, anziché il sesso dei due giocatori, quale dei due sia la macchina? Se si avesse una macchina tanto sofisticata – sostenne Turing -  da reagire in tutto e per tutto come un essere umano, non si sarebbe costretti a concludere che essa pensi?

Otto anni prima dello sconvolgente articolo di Turing, un giovane ventiduenne, molto prima che vedessero realmente al luce, iniziava a pensare in maniera scientifica ai Robot. Nel 1942 immaginava che i robot del futuro sarebbero stati costruiti per essere in tutto e per tutto i migliori amici dell’uomo. Immaginava che, al momento della costruzione, ad ogni robot venissero impresse in modo indelebile nel cervello delle leggi a tutela dell’uomo. Immaginò, anzi inventò, le tre leggi della robotica. Quel ragazzo si chiamava Isaac Asimov.

Fino ai primi decenni del ventesimo secolo gli esseri meccanici erano chiamati automi, dal greco autòmaton, ciò che si muove da sé. Nel 1921 lo scrittore ceco Karel Capek scrisse il dramma teatrale R.U.R.: Rossum’s Universal Robots (I Robot universali di Rossum). La parola robot deriva dallo slavo robota e vuol dire lavoro forzato, schiavitù (la radice è la stessa per le parole che denotano il lavoro in russo e in tedesco: robota e arbeit). Capek fu candidato al nobel, ma non lo vinse. Morì nel 1938 mentre era ricercato dalla Gestapo per le sue posizioni antinaziste. Il suo R.U.R. sarebbe passato alla storia.

IA forte, IA debole, cibernetica, robotica, artificial life, rete neurali, sistemi esperti. Sono tutte scienze figlie più o meno legittime delle idee di Alan Turing. Oggi i campi di ricerca si muovono in nuove direzioni rispetto all’inizio. La stessa IA, oltre che essere stata scorporata in più discipline, vive un forte scisma al suo interno, nato da un approccio diametralmente opposto alla materia. La cosiddetta corrente forte dell’IA predica la possibilità di creare macchine pensanti a partire dalla creazione di un determinato algoritmo, un programma. Sostiene cioè che l’intelligenza possa nascere dalla creazione di un particolare sistema formale che manipoli simboli.

La corrente debole dell’IA, anche chiamata approccio bottom-up, sostiene invece che il solo modo per arrivare ad un’intelligenza artificiale sia quello di costruire una serie di reti neurali così potenti che permettano l’emersione di un apparato intelligente autonomamente, senza bisogno di una programmazione umana che la guidi. Una rete neurale è un sistema nel quale inseriamo una serie di numeri o di segnali elettrici che possono rappresentare, per esempio, un’immagine o un suono, e che risponde fornendo altri numeri o segnali elettrici.

Ciò che il programmatore decide della rete è il numero di neuroni, la maniera in cui sono collegati tra loro e il ‘peso’ delle loro connessioni, ovvero quanto valgono i numeri che un neurone riceve dai propri vicini (cioè, nell’analogia col cervello, se le sinapsi sono inibitorie o eccitatorie). Poi la rete impara il resto da sé. C’è anche chi negli ultimi anni ha provato a coniugare le due correnti, convinto che la soluzione sia nel mezzo.

Insomma a più di 50 anni dalla sfida lanciata da Turing - può una macchina pensare? – la querelle è tutto tranne che superata. Anzi, se si pensa che nel febbraio scorso, a Fukuoka, è stata annunciata la “Fukuoka World Robot Declaration”, documento sugli intenti benefici dei robot prodotti dall’industria giapponese, si può tranquillamente pensare che una risposta a quella domanda sia finalmente vicina.

Ma per Turing tutto finì com’era iniziato. Il 7 giugno 1954 Alan Turing immerse una mela nel cianuro e la morse. Il genio che lanciò al mondo il pomo della discordia (Può una macchina pensare?), moriva per una mela avvelenata. L’uomo che per anni fu leader di uno dei progetti più segreti del pianeta, l’eroe in incognito, che fu prima corteggiato dai militari e poi trattato alla stregua di un criminale, costretto per un anno a causa della sua omosessualità a una tortura chimica, si spengeva in silenzio. Personaggio dai cento misteri, Alan Turing moriva nell’atmosfera da favola di una mela avvelenata.

Uno stupido incidente, a detta della madre. Suicidio, secondo il medico legale. Forse Turing ha scelto un suicidio dubbio per non creare altri scandali in famiglia. E forse, con l’ironia e il gusto del teatro che gli erano propri, ebbe la forza di canticchiare in quegli ultimi momenti la canzone che amava ai tempi di Cambridge, quella della strega di Biancaneve:

Deep the apple in the brew
Let the Sleeping Death sep trough*

* Immergi la mela nell’infuso
   Lascia che vi si insinui il sonno di morte

 

Fonte: http://fmwebsite.altervista.org/download/Alan_Turing.doc
di Gilberto Trombetta

 

 

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