Cristoforo Colombo

 

 

 

Cristoforo Colombo

 


CRISTOFORO  COLOMBO

Cristoforo Colombo nacque a Genova, fra l'agosto e l'ottobre 1451, primo figlio di Domenico, lanaiolo e di Susanna Fontanarossa.

Ebbero altri tre figli,  Giovanni, Bartolomeo e Diego.

Il padre di Colombo, verso il 1470 si trasferì con tutta la famiglia a Savona. Avviò i quattro figli all'arte della lana poi facendo poco affari, avviò i figli al piccolo commercio marittimo e questi abbandonarono definitivamente Savona..

Il 3-agosto, da Porto Palos, salpa CRISTOFORO COLOMBO con le tre caravelle, la Nina, la Pinta e l'ammiraglia Santa Maria.
Dopo numerosi tentativi fatti alla Corte del Portogallo e in Spagna, Colombo é riuscito a convincere i sovrani spagnoli, a finanziare ed allestire la spedizione per trovare una nuova rotta per le Indie navigando ad ovest.

Dopo 79 giorni di navigazione, il 12 OTTOBRE, approda su un isoletta delle Bahamas (S. Salvador); poi sbarcherà a Cuba e Haiti.
Colombo non sa, nè lo saprà mai di aver scoperto un nuovo continente


Al ritorno dai viaggi, fra le altre cose, Colombo portò con se in Europa grani di mais (che gli inglesi coltiveranno come mangime per darlo ai tacchini=turkey, a questi animali da cortile anch'essi provenienti dal nuovo mondo. In seguito si darà al mais quello strano nome grano-turco che però non ha proprio nulla a che vedere con i turchi, ma con i "tacchini".

 La scoperta del Nuovo Mondo -  Questa data, è di rilevante importanza anche per Venezia. Il viaggio di Colombo, volto a scoprire il Levante navigando a Ponente, inaugura una lunga serie di grandi spedizioni navigazioni oceaniche, in particolare la circumnavigazione dell'Africa compiuta da Vasco da Gama, che consente ai Portoghesi di raggiungere per mare i luoghi di produzione delle spezie, realizzando notevoli vantaggi rispetto ai mercanti veneziani, abituati ad esserne riforniti attraverso lunghi e spesso insicuri percorsi terrestri.

 

 



           LA NINA                                         LA PINTA                                        LA SANTA MARIA


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Cristoforo Colombo

La caduta di Costantinopoli, nel 1453, significò il blocco degli scambi commerciali tra l’Europa e l’Oriente attraverso il mediterraneo orientale. Questa nuova situazione spinse, quindi, gli stati Cristiani, soprattutto quelli bagnati dall’Atlantico, a prendere in seria considerazione lo studio di un itinerario alternativo per le Indie.
Il primo stato a impegnarsi seriamente in questo tentativo fu il Portogallo, soprattutto grazie all’impegno del re Enrico di Aviz detto Enrico il Navigatore. La maledizione di Jacques de Molay contro Filippo IV e Clemente V aveva così impressionato il re Dionigi di Portogallo tanto da spingerlo a donare i beni sottratti ai templari a una nuova confraternita che egli stesso creò: l’Ordine di Cristo. Nel 1414 Enrico aveva convinto il padre, Giovanni I, a intraprendere la conquista di Ceuta, sulla costa nordafricana vicino allo Stretto di Gibilterra. Enrico divenne nel 1419 Gran Maestro dell’Ordine di Cristo e utilizzò le grandi risorse economiche dell’ordine per finanziare numerosi viaggi di esplorazione.
Il Rinascimento, con la sua brama di conoscenza diretta dei classici, aveva permesso di riscoprire le nozioni scientifiche degli antichi greci, in particolare l’arte della cartografia (contenuta nell’opera di Tolomeo, II sec.), indispensabili per la navigazione nell’oceano. I navigatori europei utilizzarono strumenti di navigazione come l’astrolabio, introdotto in Egitto ai tempi di Tolomeo e poi migliorato dagli arabi, e la bussola, ideata dai cinesi. Con lo sviluppo di un nuovo tipo di nave, la Caravella, in grado di reggere meglio il mare Atlantico burrascoso, le spedizioni conobbero ulteriore impulso. Un ulteriore problema era costituito dai venti costanti che spingevano verso sud le navi che esploravano l’Africa. Nel viaggio di andata questo era un bel vantaggio ma il ritorno in Europa era gravemente ostacolato. Questo problema fu risolto con la scoperta di venti contrari che risiedevano nel centro dell’Atlantico e che permettevano un agevole rientro in Europa.
I Portoghesi erano interessati a saltare l’intermediazione araba nel commercio dell’oro e dell’argento provenienti dall’Africa sub-sahariana. Senza questi mezzi commerciali, infatti, il commercio rischiava di paralizzarsi. Per questo motivo erano molto interessati ad esplorare le coste africane. Essi erano convinti, ingannati dalle carte di Tolomeo, che l’Africa fosse più corta e direttamente unita all’Asia.
La penisola di Capo Bianco fu raggiunta nel 1441, le foci del fiume Senegal e il Capo Verde nel 1444. Dopo si iniziò l'esplorazione della Guinea. Furono così raggiunte le stazioni commerciali a sud del grande Deserto del Sahara
A partire dal 1450, Alvise Cadamosto esplorò le coste africane dell'Atlantico arrivando al fiume Gambia nell'attuale Senegal e, tra il 1455 ed il 1456 scoprì (probabilmente avvistò le isole senza esplorarle) le prime cinque isole dell'arcipelago di Capo Verde che vennero colonizzate. . A partire dal 1452 il flusso di oro giunto in Portogallo dall’Africa era sufficiente a coniare i primi cruzados d'oro. Nel 1460 la costa africana era stata esplorata fino all'attuale Sierra Leone. Ventotto anni dopo, Bartolomeo Diaz confermò che l'Africa era circumnavigabile, raggiungendo il punto più a sud del continente africano (oggi si chiama Capo di Buona Speranza). Nel 1498, Vasco da Gama, per primo, dal Portogallo raggiunse l'India. Fu un viaggio pericoloso; la piccola flotta navigò oer sessantanove giorni consecutivi. Nel tentativo di doppiare il Capo di buona speranza le navi si trovarono in balia di una spaventosa tempesta e solo con grande fatica riuscì a risalire le coste dell’Africa sud-orientale. Da Gama approdò in Mozambico e a Malindi. Il re del Malindi si mostrò benevolo e mise a disposizione dei portoghesi un pilota che, nel maggio del 1498, li guidò sino a Calicut (oggi Kozhikode). Da Gama fu ben accolto dal principe del Malabar, ma si accorse ben presto che gli indigeni non erano facilmente impressionabili e poco interessati ad acquistare le merci portoghesi. Fu necessario ricorrere alla forza per ottenere un accordo commerciale che prevedeva l’acquisto di spezie e pietre prezione.  I portoghesi dovettero successivamente combattere una dura battaglia contro i mercanti arabi per impadronirsi di una posizione stabile nell’oceano indiano. Questo progetto fu realizzato, seppur parzialmente, da Alfonso de Albuquerque che conquistò Goa nel 1510, attaccò le regioni attorno al mar rosso e conquistò Ormuz, chiave di accesso al Golfo Persico. I portoghesi fondarono poi altri centri fortificati nella penisola indonesiana riuscendo a realizzare una vera e propria talassocrazia. Dopo la morte di Albuquerque però, l’India portoghese non ebbe più una guida forte e, quando il Portogallo fu unito alla Spagna nel 1580, i possedimenti orientali furono in gran parte soppiantati dagli olandesi e dagli inglesi.

Il viaggio di Colombo
Il genovese Cristoforo Colombo si era convinto, leggendo l’Imago Mundi di Pierre D’Ailly (1485) e le carte di Paolo Toscanelli che il mondo fosse molto più piccolo di quanto non lo sia realmente. Quell’errore di calcolo gli diede l’audacia necessaria per provare a raggiungere l’Oriente navigando verso occidente. Dopo aver provato inutilmente a convincere Giovanni II del Portogallo a farsi finanziare il viaggio, le sue richieste furono respinte, nel 1486, anche dai sovrani spagnoli. Il 30 aprile 1492, però, Isabella di Castiglia accettò la sua proposta e il viaggio fu finanziato.
Colombo partì da Palos, in Spagna, il 3 agosto 1492 con una nave ammiraglia, la Santa Maria e due navi più piccole, la Niña e la Pinta guidate dai fratelli  Pinzòn, cofinanzia tori del viaggio. Dopo una breve sosta alla Canarie, il viaggio riprese e il 12 ottobre la terra fu raggiunta. Colombo era giunto su un isola che chiamò San Salvador (oggi Waitling) dell’arcipelago delle Bahamas. Gli spagnoli offrirono collanine di vetro e berretti agli indigeni che si dimostrarono assai docili ma poverissimi. Non c’era traccia dei ricchi imperi orientali di cui aveva parlato Marco Polo. Colombo era consolato dalla bellezza lussureggiante delle isole e alla prospettiva di convertire gli indigeni al cristianesimo. Il 28 ottobre Colombo arrivò a Cuba dove fu abbandonato dal capitano della Pinta, Martin Alonso Pinzòn. La Santa Maria inoltre si incagliò  e divenne inutilizzabile. Dopo aver fondato una colonia sull’isola di Hispaniola (Haiti) decise di rientrare in Spagna per comunicare le scoperte ai reali spagnoli. Dopo essersi riconciliato con A. Pinzòn, Colombo riprese con lui la via del ritorno ma il viaggio fu funestato da terribile tempeste. Il 15 marzo 1493 rientrò a Palos, dopo essere approdato in Portogallo per riparare i danni della nave. Pinzòn lo aveva preceduto, ma i reali non vollero riceverlo e aspettarono l’arrivo di Colombo. Due settimane dopo Pinzòn morì, forse per il dolore di non essere stato ricevuto o, più probabilmente, per una malattia contratta in America.
Se la prima volta Colombo aveva dovuto faticare per racimolare un equipaggio sufficiente, ora i marinai facevano a gare per imbarcarsi. Il secondo viaggio iniziò nel settembre 1493 ma non fu gioioso come i marinai si aspettavano. I pochi coloni lasciati ad Haiti erano tutti morti. Il forte era stato distrutto, gli spagnoli s'erano uccisi tra loro e quelli che erano rimasti erano stati trucidati dagli indios, i quali s'erano stancati di essere maltrattati e saccheggiati. Allora Colombo fondò una nuova colonia che chiamò Isabella, che non ebbe una sorte migliore della prima. Durante il viaggio Colombo scoprì l'isola di Giamaica, dove inutilmente cercò di trovar dell'oro, quindi costeggiò la costa meridionale di Cuba arrivando a cento miglia circa dalla sua estremità occidentale, convinto che si trattasse d'una penisola asiatica.
Poco dopo a Tordesillas, in Castiglia, nel 1494, il papa Alessandro VI favorì un accordo tra Spagna e Portogallo per dividere le rispettive zone di influenza sul mondo. Il trattato di Tordesillas stabilì, quindi, che tutte le terre a ovest del meridiano a 370 Leghe (1.770 km) ad ovest delle Isole di Capo Verde (al largo della costa del Senegal, nell'Africa Occidentale), sarebbero appartenute alla Spagna e quelle ad est al Portogallo.
Colombo compì un terzo viaggio dal 1498 al 1500 e un quarto dal 1502 al 1504. Realizzò così molte altre scoperte. Nel terzo viaggio scoprì Trinidad e la foce dell’Orinoco, in Venezuela. In questa occasione i suoi rivali organizzarono una rivolta. Colombo fu arrestato da un inviato del re e portato in Spagna in catene. Il re Ferdinando lo liberò ma non rispettò gli accordi del 1492.
Nel quarto viaggio Colombo aveva soltanto compiti esplorativi ma fu il viaggio più avventuroso e terribile tra quelli compiuti dal grande navigatore. Giunto nei pressi dell’isola di Hispaniola, dove gli era vietato mettere piede, si accorse che un tifone sarebbe presto giunto e chiese al governatore Nicolás de Ovando di poter attraccare. Ovando lo derise e gli vietò di scendere a terra, allora Colombo si rifugiò con le sue navi in una piccola insenatura vicina, mentre il tifone giunse improvvisamente investendo la flotta di Ovando e affondando 19 navi coi loro equipaggi, altre otto affondarono, ma alcuni marinai si salvarono. Solo pochissime navi, molto malconce, riuscirono a sfuggire alla furia del tifone. Colombo e la sua flotta esplorarono l'Honduras, il Nicaragua, il Costarica e il Panama. Non è sicuro che abbia esplorato anche la Colombia. Morì a Valladolid il 20 maggio 1506, quasi povero, senza aver capito di aver trovato un nuovo continente.
Fu Amerigo Vespucci, con una serie di viaggi tra il 1498 e il 1504 a capire che i territori scoperti non erano l’Asia. Fu il cartografo Martin Waldseemüller a utilizzare il nome America del suo nome latinizzato (Americus Vespucius), per indicare il nuovo continente in una carta del mondo disegnata nel 1507.
Nel 1980 Howard Zinn scrive “People's History Of The United States” nel quale racconta la storia statunitense partendo non dai presidenti o dalla classe dirigente, ma da quelle persone escluse dalla storia, ovvero i poveri, i nativi americani, gli schiavi di colore, le donne. Nel capitolo dedicato a Colombo Zin sottolinea con enfasi tutti i caratteri negativi dei suoi viaggi e le conseguenze nefaste che ebbero sui nativi. Cosa voleva Colombo? Si domanda Zin. Nelle prime due settimane del diario di bordo c’è una sola parola che ricorre 75 volte: “oro”. Il libro ha scatenato aspre polemiche negli Stati Uniti ma non in Europa, dove la visione “gloriosa” delle scoperte geografiche è stata abbandonata da un pezzo. Zin si schierò contro le celebrazioni di quei viaggi voluta dall’amministrazione Bush come corroboranti della sua linea di politica estera, secondo Zin fortemente imperialistica.
Nel 1992 Maurizio Parenti e Marco Tangheroni scrivono sulla rivista “Cristianità” l’articolo “Cristoforo Colombo, ammiraglio genovese e defensor fidei". In questo articolo cercano di parare i colpi che provengono dai critici di Colombo. Essi riscoprono il Colombo religioso, esportatore della fede e perfettamente convinto della bontà, agli occhi di Dio, delle sue imprese. Essi sottolineano come sia assurdo pretendere da Colombo un atteggiamento e una mentalità moderni, diversi da quelli tipici del suo tempo. Colombo non va giudicato col nostro metro.
Possiamo riflettere che gli eroi senza macchia non ci servono. Ci può bastare ricostruire le ragioni che spinsero i nostri avi a muovere i propri passi nella storia.
Vasco Nuñez da Balboa
Nel 1513 gli spagnoli videro per la prima volta l’Oceano Pacifico. Vasco Nuñez da Balboa era un avventuriero che proveniva da Haiti e che aveva dato mostra di atroce crudeltà facendo divorare molti indigeni dai suoi cani. Egli aveva fatto amicizia con un cacicco, un capo indigeno, incontrato nell’istmo di Panama, il cui figlio, rimproverando l’avidità d’oro degli spagnoli, aveva detto loro: “se siete venuti  fin qui per amore dell’oro, sopportando tante pene e saccheggiando le nostre terre, vi dirò di un posto dove potrete saziare la vostra fame”, indicando il sud, parlò quindi di un paese, oltre un grande mare, dove abitava un popolo che possedeva enormi quantità d’oro.
Balboa pungolato dal racconto riuscì, con enormi sacrifici, ad aprirsi un varco nella foresta vergine e a raggiungere per primo le coste dell’Oceano Pacifico. Qualche anno dopo, in quel luogo, venne fondata la città di Panama.
Magellano
Dopo aver accertato che l’America era un continente tra l’Europa e l’Asia, occorreva trovare un varco per giungere all’Oceano Pacifico. Magellano era un nobile portoghese che aveva partecipato a una spedizione verso le indie nel 1505. Aveva più volte chiesto al re Manuel I di finanziare un viaggio volto alla ricerca di un varco occidentale per le Indie. Lo scopo era quello di giungere alle Molucche che, secondo l’accordo di Tordesillas del 1494, appartenevano al Portogallo. Le Molucche erano per gli europei di allora le leggendarie Isole delle Spezie. L'occidente sapeva che lì si trovava la fonte delle più pregiate spezie come la noce moscata o i chiodi di garofano. Re Manuel respinse le richieste di Magellano e lo lasciò libero di rivolgersi ad altri finanziatori. Magellano allora si rivolse al re di Spagna Carlo d’Asburgo (re dal 1516), che finanziò il viaggio.
Di questo famoso e meraviglioso viaggio ci è rimasta una preziosa testimonianza lasciata dall’italiano Antonio Pigafetta, che intraprese il viaggio come passeggero pagante, spinto dalla sua curiosità di visitare terre misteriose e sconosciute.
Ai primi di settembre del 1519 la flotta, composta da 5 navi nere come una notte senza luna, raggiunsero il Brasile dove i marinai si riposarono per qualche settimana. Il viaggio verso sud fu però periglioso a causa delle tempeste e del freddo. La flotta rimase ferma per qualche mese per riparare le navi (una affondò dopo essersi incagliata). All’inizio dell’autunno 1520 venne trovato il passaggio verso il grande mare. Per attraversarlo  ci vollero tre settimane, il freddo era glaciale, le terre sembravano disabitate, il mare di una profondità spaventosa. Una nave si ammutinò e rientrò in Spagna.
Allora le restanti navi viaggiarono per quasi quattro mesi senza disporre di cibi freschi e molti marinai si ammalarono di scorbuto e morirono. Nel marzo 1521 giunsero alle Marianne e infine alle Filippine. Gli indigeni furono molto cordiali e interessati alle merci degli spagnoli. Magellano però, nel tentativo di convertire con la forza uno dei capi locali, morì ucciso dagli indigeni. Successivamente i sopravissuti giunsero alle Molucche dove trovarono finalmente le spezie tanto agognate. Dopo varie vicissitudini una sola nave, la Victoria, riuscì a rientrare in patria seguendo la rotta africana, sotto la guida di Juan Sebastián Elcano, nel settembre 1522. Solo 18 uomini, esausti e macilenti, erano sopravissuti dei 237 partiti. La vendita del carico bastò a coprire tutte le spese e a fornire notevoli utili. Elcano ebbe una pensione vitalizia.

La conquista del Messico
Fernando Cortès aveva contribuito alla conquista di Cuba e come bottino aveva ricevuto una grande estensione di terre. Nel 1519 venne inviato dal governatore di Cuba, Diego Velasquez, sul continente, per estendere il dominio spagnolo. Egli disponeva di poche centinaia di uomini e di qualche centinaio di servi indigeni. Dopo aver combattuto con le popolazioni messicane ricevette un ambasceria dell’imperatore azteco Montezuma, che gli aveva inviato dell’oro chiedendogli di non cercare di incontrarlo. Cortès, invece, bramoso di ricchezze fece di tutto per trovare la via per la capitale azteca. L’esercito di Montezuma cercò di sbarrare la strada a Cortès ma la cavalleria e i cannoni permisero agli spagnoli di prevalere e di ottenere il passo. Giunti a Tenochtitlan gli spagnoli furono ospitati da Montezuma e potevano circolare liberamente. Il pericolo di una reazione violenta degli aztechi indusse però gli spagnoli a prendere prigioniero Montezuma per ottenere l’oro tanto bramato. Quando Cortes seppe che 18 navi spagnole erano giunte sul continente per cercarlo, dovette fuggire, coi suoi uomini, dalla città. Nella battaglia Montezuma morì, e gli spagnoli, pur con molte perdite, riuscirono a fuggire. Più tardi, nella primavera del 1521, Cortes ritornò e, con l’utilizzo di una flottiglia armata di cannoni, riuscì a isolare la città sino ad ottenerne la resa. I cronisti del tempo parlando della città conquistata, la paragonano alla Gerusalemme del 1099. Tutto era ricolmo di cadaveri, di teste e di arti mozzati. Il successore di Montezuma fu bruciato vivo. Gli spagnoli occuparono un vasto territorio che si spingeva sino alla California. Nacque così la Nuova Spagna.
Pizarro conquista l’impero Inca
La conquista dell'impero Inca avvenne gradualmente negli anni successivi al gennaio 1531 per mano di avventurieri spagnoli, guidati da Francisco Pizarro e Diego de Almagro, che con un colpo di mano riuscirono a cancellare un impero vasto e consolidato.
Gli spagnoli avevano iniziato già nel 1524 e nel 1526 ad esplorare la regione delle Ande. Pizarro e i suoi compagni avevano così scoperto che sulla cordigliera delle Ande, a un’altitudine di migliaia di metri, si era sviluppata una civiltà doviziosa. In quel momento l’impero era diviso tra i due figli del precedente imperatore, Huascar e Atahualpa.
Pizarro era rientrato a Panama nel 1528, dopo aver ottenuto dal Carlo V  il consenso a una spedizione verso sud lasciò Panama nel 1531 con 180 uomini e 37 cavalli. Nel frattempo era scoppiata una guerra tra Huascar e Atahualpa. Pizarro aveva capito di dover intervenire nella contesa, se voleva guadagnare la fiducia di uno dei due contendenti. Il primo dei due Inca in lotta a interessarsi degli Spagnoli fu Atahualpa.
L’incontro avvenne nei pressi della città di Cajamarca, nell'attuale Perù. L’inca comparve con un fastoso seguito sulla piazza del mercato dove gli spagnoli lo attendevano. Un delegato di Pizarro iniziò a spiegare ad Atahualpa ciò che gli spagnoli volevano. L’inca ascoltò con impazienza il discorso, di cui capiva bene solo la richiesta di sottomissione. Quando un prete gli mostrò la Bibbia Atahualpa la sfogliò per un attimo e poi la gettò a terra con disprezzo. Subito scoppiò il finimondo. Gli spagnoli, iniziarono a sparare coi cannoni e coi fucili e gli indiani, folli di terrore si sparpagliarono da ogni parte. Nella confusione l’imperatore venne preso prigioniero. In carcere Atahualpa promise, in cambio della sua libertà, di far riempire d’oro la stanza in cui era prigioniero. Gli spagnoli accettarono e subito l’imperatore spedì corrieri in ogni punto per far portare l’oro. La stanza fu incredibilmente riempita. Atahualpa chiese agli spagnoli di rispettare i patti ma Pizarro in tutta risposta portò l’inca davanti a un tribunale e lo fece condannare al rogo. Quando fu fatto salire sulla catasta di legna per essere bruciato Atahualpa accettò di convertirsi al cristianesimo. Venne battezzato poi gli passarono un filo metallico sul collo che fu stretto sino a soffocarlo.
Il confronto tra due civiltà, quella europea - provvista di armamenti avanzati - e quella Inca - ancora all'età del bronzo - non poteva che risolversi a vantaggio della prima.
La Distruzione delle Indie
La Conquista delle Indie fu, dal punto di vista degli americani, una tragedia di colossali proporzioni.
La schiavizzazione forzata degli indigeni americani e le spaventose violenze a cui furono sottoposti (molti indigeni si suicidarono per non cadere vittime degli europei) furono tra le cause dell’immane genocidio compiuto dagli europei in America. A partire dal XVI secolo (Leggi di Burgos del 1512 e Leggi nuove del 1542) fu adottato dagli spagnoli uno strumento di colonizzazione denominato “encomienda”.
L' encomienda coloniale consisteva nell'affidare a degli encomenderos spagnoli determinati territori abitati con, "in dotazione", un gruppo di indigeni, che dovevano essere colonizzati e cristianizzati. L'encomienda fu quindi un'istituzione che permise di consolidare la colonizzazione dei nuovi territori, attraverso l'assoggettamento fisico, morale e religioso delle popolazioni precolombiane. Gli encomenderos abusavano sistematicamente dei loro encomendados, facendoli lavorare in modo disumano. Essendo data assoluta libertà di governo a questi encomenderos, gli abusi di potere erano all'ordine del giorno e le condizioni di vita degli autoctoni pessime
In verità la maggior parte delle morti si deve, però, alle malattie che, a partire dal 1492, gli europei trasportarono involontariamente in America. Malattie come il vaiolo, l'influenza, la varicella ecc erano pressoché inesistenti nelle Americhe; la maggioranza di questi virus e batteri era presente nei corpi degli animali da soma come cavalli, bovini o suini, che furono trasportati dagli Europei. Nel continente antico questi virus erano presenti da millenni, per cui le popolazioni di Europa, Asia e Africa avevano sviluppato anticorpi a queste malattie. Nel Nuovo Mondo invece questi mammiferi non erano presenti e gli indigeni erano stati pressoché isolati dal continente antico per più di 40 millenni. Si stima che circa l'80% della popolazione indigena delle Americhe perì in un periodo di tempo che va dal 1491 al 1550. Questo è anche il motivo dell'inizio della tratta dei neri africani; i conquistadores, non avendo più lavoratori indigeni da sfruttare, importarono schiavi dall'Africa.
Una figura rilevante, a proposito del problema della distruzione delle Indie, fu il domenicano Bartolomé de Las Casas - in taluni testi italiani riconoscibile anche come Bartolomeo (484 –1566) - è stato un vescovo spagnolo, impegnato nella difesa dei nativi americani. Nel 1542 l'imperatore Carlo V chiese al domenicano di redigere una sintesi dei memoriali che aveva presentato sulla situazione degli indios. L'opera venne pubblicata quello stesso anno, con il titolo Brevísima relación de la destrucción de las Indias, ebbe subito grande risonanza ed ebbe una indubbia influenza sulla liberazione per legge degli indios decretata dall'imperatore con le Leyes Nuevas del 1542-43. L'applicazione della nuova legislazione fu tuttavia resa difficile dalla resistenza dei conquistadores, che arrivarono ad uccidere i messi del re che cercavano di farla rispettare. In ogni caso, la condizione degli indigeni nei territori dominati dagli spagnoli risultò diversa da quella dei vicini territori portoghesi, dove la schiavitù rimase pienamente in vigore.
In uno dei suoi ritorni in Spagna, Las Casas fu protagonista del grande dibattito del 1550, voluto da Carlo V, che aveva convocato allo scopo la Giunta di Valladolid. Avversario di Las Casas era il rappresentante del pensiero colonialista, l'umanista Juan Ginés de Sepúlveda, che sosteneva che alcuni uomini sono servi per natura, che la guerra mossa contro di loro è conveniente e giusta a causa della gravità morale dei delitti di idolatria, dei peccati contro natura e dei sacrifici umani da loro commessi e che, infine, l'assoggettamento avrebbe favorito la loro conversione alla fede.
Las Casas si dichiara, invece, a favore di una pacifica conversione e afferma la naturale bontà degli indios ("senza malizia né doppiezza"), dando origine al cosiddetto mito del buon selvaggio: gli stessi sacrifici umani non sono tanto negativi se li si considera "indotti dalla ragione naturale", al punto che i nativi avrebbero peccato se non avessero onorato i loro dei. Il processo e le discussioni durarono ben cinque giorni.


http://www.liceicarbonia.it/public/pagine/allegati/Le%20scoperte%20geografiche.rtf

 

Cristoforo Colombo

Cristoforo Colombo

Nato a Genova nel 1451, Colombo viaggiò dapprima per scopi solo commerciali in Spagna, Portogallo, all'isola di Madera per imbarcare zucchero...aveva quasi quarant'anni quando si accorse, attraverso la lettura di libri di scienza e viaggi, di avere la passione del mare e si convinse che " la via d'Occidente portava anch'essa alle Indie".


 

 

 

 


 Anche se ancora non era provato che la terra fosse rotonda, egli ne era certo. Puntando quindi verso occidente, necessariamente avrebbe dovuto sbarcare nelle terre asiatiche. Dalle coste della Spagna, dove si trovava, davanti ai suoi occhi si apriva l'immensa distesa dell'oceano: si trattava solo di percorrerlo, sfidando un elemento per lui naturale. Egli dovette affrontare difficoltà per convincere qualcuno ad appoggiare e finanziare il suo piano...ma finalmente i reali di Spagna gli diedero fiducia e lo aiutarono nell'impresa che ai più sembrava folle.

 

 

Nel 1492 tre piccole navi, le caravelle, furono allestite nel porto di Palos; la Santa Maria, la Pinta,e la Nina. Colombo sulla prima il 3 agosto con 120 uomini di equipaggio, avventurandosi nell'immenso Oceano Atlantico mai attraversato da nessuno. La più grande avventura di ogni tempo era iniziata. La traversata dell'Atlantico durò oltre due mesi, tra il malcontento degli uomini dell'equipaggio a cui Colombo spesso doveva nascondere la reale distanza compiuta per non scoraggiarli. Il 12 ottobre, il passaggio di uccelli migratori precedette, tra il giubilo generale, l'avvistamento della prima isola. Una piccola isola dell'arcipelago Bahama, nell'America centrale, detta Guanahani e ribattezzata da Colombo San Salvador. Colombo era sicuro di essere giunto in Asia, nelle terre descritte da Marco Polo; proseguendo egli scoprì le grandi isole di Cuba e di Haiti, e nella sua convinzione, chiamò queste terre " Indie Occidentali" e gli abitanti "indiani". Ad Haiti costruì una fortezza, lasciò un piccolo contingente di uomini, quindi riprese  il mare per ritornare in Europa.Nel marzo 1493, dopo una traversata altrettanto avventurosa, ma sostenuta dall'entusiasmo della " scoperta", Colombo approdò a Palos tra l'incredulità degli Spagnoli e di tutti coloro che avevano osteggiato il suo progetto. Certo pochi avrebbero prestato fede al racconto suo e dei suoi uomini se Colombo non avesse portato con sé indiscutibili testimonianze; un carico di prodotti strani e dieci indigeni. Aveva senz'altro raggiunto terre sconosciute, ma quanto aveva portato lasciò delusi i sovrani, che si aspettavano da quel viaggio qualcosa di più prezioso.

 Nel giro di pochi anni tra il 1493 e il 1500, altre quattro spedizioni seguirono la prima. Tra queste, la più importante fu la seconda, partita da Cadice e fornita di 170 persone che avevano il compito di iniziare la colonizzazione dei nuovi territori per i reali di Spagna: vennero scoperte le isole Antille e la costa nord dell'America meridionale alle foci dell'Orinoco. Qui, a causa di ribellioni, che da tempo avvenivano nelle terre appena colonizzate, un inviato del re arrestò Colombo e lo portò prigioniero in Spagna, ma fu presto liberato. Nel 1504 si stabilì in Spagna e vi trovò un ambiente ostile; la regina, sua protettrice, era morta; il re e la corte non comprendevano l'importanza delle sue scoperte. Morì a Valladolid nel 1506, quasi povero, convinto sempre di aver raggiunto l'Oriente navigando verso Ponente. Ma il suo grande merito rimane, quello di aver compiuto un viaggio di scoperta verso una meta che era solo un'intuizione, un'impresa quasi irrealizzabile con i mezzi del tempo.

 

 

 

 

 

 

fonte: http://www.operavenir.com/cours/docs/COLOMBO.doc

 

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