Prima guerra mondiale riassunto sintesi e cause

 

 

 

Prima guerra mondiale riassunto sintesi e cause

 

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Prima guerra mondiale

 

Da un caso di polizia internazionale, l’assassinio di matrice terroristica di francesco ferdinando, erede al trono d’austria, il 28 giugno 1914, si passa ad un conflitto di dimensioni internazionali: “dal colpo di pistola al rombo del cannone”
le cause che portano all’insensata carneficina della grande guerra non possono essere note nella loro complessità a nessuno dei contemporanei, ma si inseriscono tutte nelle contraddizioni derivanti dall’imperialismo e sono mascherate dalla serenità apparente della belle epoque.

contrasti internazionali
la germania, dopo la nuova fase di ristagno economico iniziata nel 1913, è consapevole che la sua influenza politica è molto minore del peso economico raggiunto. vista la scarsità di zone del mondo rimaste da sfruttare, l’unico modo è quello di aggredire militarmente le altre potenze. il rischio che queste si coalizzino, accerchiandola, fa lievitare la preparazione militare tedesca.
l’impero asburgico, lacerato dalle tensioni nazionalistiche interne, tenta di mantenere l’ordine umiliando costantemente la serbia (ad esempio con l’annessione della bosnia-erzegovina nel 1908).
la russia intende a sua volta essere egemone nei balcani, al fine di ottenere uno sbocco sul mare, dando così il suo appoggio alla serbia nel nome del panslavismo. inoltre una politica di potenza è considerata necessaria per puntellare il traballante regime zarista.
la francia intende stroncare la minaccia tedesca che mina il proprio potere imperiale. la volontà di riconquistare l’alsazia e la lorena, perse nel 1871, oltre al revanscismo per la sconfitta, diventano un formidabile pretesto.
l’inghilterra vede nella germania il pericolo che questa superi il suo secolare primato industriale, commerciale e finanziario, soprattutto per l’accresciuta potenza navale tedesca che mina il dominio coloniale inglese.
la serbia, forza emergente nei balcani, infiammata da ambizioni nazionaliste, vuole fondare la jugoslavia, assoggettando gli stati limitrofi. il suo appoggio ad alcuni gruppi terroristici interni, come la “mano negra” esecutrice di francesco ferdinando, è innegabile.
gli altri staterelli minori sperano in un ingrandimento territoriale schierandosi dall’una o dall’altra parte.
da qualche decennio, comunque, si stanno intessendo una fitta rete di azioni diplomatiche, concretizzate in alleanze segrete. dopo i fatti di sarajevo queste vengono tirate in ballo con ferocia ed a sorpresa: la triplice alleanza tra germania, austria e, teoricamente, italia; la triplice intesa tra inghilterra, russia e francia.

aspetti ideologici
tutti gli stati si sentono aggrediti ma sono pronti ad aggredire. l’imperialismo si è dimostrato strettamente connesso con la potenza economica e politica di un paese. ora che la spartizione del mondo è completa, le uniche  alternative sono battere militarmente le altre potenze, rimettendo in discussione le loro conquiste, oppure espandersi colonialmente in europa, sfruttando la presenza di minoranze etniche.
grazie alla grande stampa, legata al potere economico, le ideologie militariste e nazionaliste invadono il pensiero comune. la guerra è vista come un valore da contrapporre alla vita borghese della società massificata: l’imperativo dominante è “vivere o morire a forti tinte”.
“la comunità di agosto” di e. j. leed
l’entusiasmo popolare lega gente estranea e la fa scendere nelle piazze nell’agosto del ‘14, a manifestare il proprio entusiasmo per la guerra finale, l’ultima prima della pace definitiva.
la guerra è vista in netta contrapposizione alla vita sociale, come antipode alla normale esistenza. si pensa che i popoli europei entreranno in un universo d’azione, dominato da autorità, disciplina, cameratismo e fini comuni.
la moltitudine diventa l’incarnazione della solidarietà nazionale, non è più una massa, plebaglia pronta a soverchiare l’ordine costituito. come dice zweig, “tutte le differenze erano sommerse dalla grande corrente della fraternità.” in realtà le differenze di classe, di lingua e di religione sono soltanto accantonate, non certo superate. la dichiarazione di guerra muta l’angolo prospettico dal quale gli uomini sono soliti guardarsi, mentre confidano di appartenere tutti ad un comune destino.
il popolo si identifica intensamente con la nazione, grazie anche alla pressione psicologica esercitata negli anni da stampa, cultura ed esaltazione sportiva. la guerra è vista come la liberazione dall’ordinamento economico della società, come la possibilità di svilupparsi secondo una umanità virtuosa e morale, svincolata dalle leggi di mercato.
le forze armate esercitano un pesante condizionamento della vita politica, esentate da ogni controllo in nome della tecnica militare. questa favorisce l’accelerazione del conflitto, teorizzando che è necessario prevenire gli avversari e quindi armarsi “fino ai denti” per essere pronti ad ogni evenienza.
la guerra si presenta come una ghiotta occasione per sopire i contrasti interni di carattere economico-sociale, compattando la popolazione. le organizzazioni di massa pacifiste, quali i partiti socialisti ed i sindacati operai, non riescono a fare argine alle forze ormai orientate verso il conflitto: sconvolte dagli avvenimenti, rivelano la loro impotenza e la loro scarsa organizzazione.

inizio del conflitto
nel 1878, con il congresso di berlino, serbia, bulgaria e romania diventano indipendenti dal decadente impero ottomano mentre la bosnia-erzegovina diventa un protettorato austro-ungarico. quando nel 1908 dal protettorato si passa all’annessione, i contrasti con la serbia si acuiscono, e la zona balcanica diventa il principale pericolo per la stabilità europea.
la fase iniziale della guerra gravita intorno al mese passato tra l’assassinio dell’arciduca e la dichiarazione di guerra. subito dopo l’attentato l’austria-ungheria chiede che le indagini di polizia siano condotte da 6 ispettori imperiali all’interno del territorio serbo. il governo serbo vieta le indagini, che considera lesive della propria sovranità. così l’austria, ottenuto l’appoggio della germania, intima un ultimatum allo stato balcanico. il testo di quest’ultimo, divulgato dalla stampa, trova l’appoggio dell’opinione pubblica europea, in conformità al sentimento di esaltazione nazionalistica interno ad ogni paese.
dal 28 giugno si passa al 24 luglio: ottenuto l’appoggio della russia, la serbia decide di non accettare tutti i punti dell’ultimatum. così l’austria-ungheria dichiara guerra alla serbia, cui  la russia dà pieno appoggio militare.
nei giorni immediatamente successivi, dopo un periodo di incertezza, i militari tedeschi incitano gli austriaci ad agire in fretta, temendo le tredici armate che i russi hanno dispiegato sul confine. in queste fasi concitate c’è una scarsa intesa tra politici e militari: i primi sono frastornati dalla rapida successione degli avvenimenti, mentre i secondi hanno pianificato uno scenario diverso da quello effettivo.
infatti i generali tedeschi avevano lavorato unicamente al “piano shlieffen”, una rigorosa e precisa tattica di guerra che consisteva nell’attuare una fulminea guerra di conquista della francia, a cui sarebbe seguito il trasferimento delle truppe sul fronte russo, tramite un complesso sistema di coincidenze ferroviarie tra 13000 treni. era infatti necessario annientare in modo più lento l’imponente macchina bellica russa, per evitare colpi di coda. tuttavia questo piano era pensato per la difesa, ossia per la reazione alla dichiarazione di guerra della francia.
il diverso svolgersi dei fatti costringe il governo tedesco a richiamare le avanguardie già penetrate in belgio. focalizzata meglio la situazione internazionale i tedeschi dichiarano guerra a francia, russia e belgio, colpevole di aver negato ai teutonici il passaggio delle loro truppe: viste le fortificazioni costruite dai francesi lungo il loro confine, infatti, passare per il belgio è necessario. il piano schlieffen viene così modificato per l’attacco.
anche l’inghilterra entra in guerra, ma prima di organizzarsi e raggiungere il continente vedrà cadere gli alleati francesi. tutto è avvenuto in sei giorni, impedendo un’organizzazione razionale degli attacchi e delle politiche belliche.

dalla guerra lampo alla trincea
i tedeschi, con 7 armate e 1.500.000 uomini, spazzano il belgio e calano velocemente in francia. il generale giuffrè, legato ancora ad una visione ottocentesca della guerra, manda alla carica i fanti contro il fronte centrale tedesco, organizzato con l’artiglieria. metà dell’esercito transalpino è annientato: il tentativo di spaccare il fronte tedesco per prenderlo alle spalle è insulso, e denota l’arretratezza tattica e militare dei francesi.
sul filo del collasso, i francesi che stavano ripiegando vedono accadere l’incredibile: il generale von bulov, temendo di essere tagliato fuori dall’avanzata, invece di spingersi ulteriormente a sud ripiega su parigi. la reazione d’orgoglio dei francesi porta il contrattacco fin sulla marna, dove per quattro anni i due eserciti attueranno una guerra di trincea, guadagnando metro per metro, morendo di malattie, dissenteria e fame. le perdite complessive arriveranno anche a 100.000 uomini al giorno in alcuni giorni di agosto. anche sul fronte russo lo scontro passa presto da conflitto d’assalto a conflitto stanziale, per l’enorme fronte russo disposto nelle steppe.
la guerra di trincea esalta al massimo la tecnologia militare, ma impone prezzi umani assolutamente assurdi. non si muore più eroicamente andando alla carica, ma come topi nelle trincee; e quel che è peggio, si morirà di più rispetto al passato: nei primi 5 mesi di guerra le perdite saranno di 4 milioni di persone sui 9 mobilitati, un uomo ogni due.

mondializzazione del conflitto
i combattimenti, con i suoi effetti diretti ed indiretti, non risparmieranno praticamente nessun angolo del pianeta.
in realtà la russia giunge fino al confine con l’ungheria nelle prime fasi dell’attacco: al fine di scongiurare il controllo dello zar sull’intero mediterraneo nord-orientale, si assiste  all’entrata in guerra dell’impero ottomano al fianco degli imperi centrali. la turchia invoca la guerra santa dell’islam per mobilitare le popolazioni musulmane dell’africa settentrionale contro il colonialismo anglo-francese, ma gli inglesi sono altrettanto abili a giocare la carta del nazionalismo arabo con la singolare figura di lawrence d’arabia.
nel ‘15 entrano in guerra l’italia a fianco dell’intesa, mentre bulgaria e romania si affiancano rispettivamente all’alleanza ed all’intesa.
nel ’17 il conflitto raggiunge la sua massima ampiezza, con la cina che intende recuperare i possedimenti tedeschi sul suo territorio già conquistati nel ’14 dai giapponesi, e gli stati uniti che riversano sulla germania il loro enorme potenziale bellico dopo l’affondamento di alcune navi mercantili ad opera dei sottomarini tedeschi.

guerra totale
la prima guerra mondiale è una guerra nuova soprattutto perchè per la prima volta il conflitto assorbe tutte le risorse economiche, umane e politiche delle nazioni.
per mobilitare l’intera popolazione i governi si ergono ad interpreti unici ed assoluti dell’interesse nazionale, dilatando il controllo militare e potenziando le organizzazioni assistenzialistiche dello stato per avere consensi.
in politica la dialettica del sistema democratico-parlamentare viene di fatto svuotata: si formano governi di solidarietà nazionale ed a quei pochi partiti socialisti che rifiutano la collaborazione patriottica è interdetta ogni attività.
le regole di mercato vengono annullate di pari passo alla creazione di speciali apparati con il compito di centralizzare le attività produttive, affidando ad alcune grandi aziende il monopolio delle produzioni belliche.
le misure di polizia contro il dissenso si moltiplicano, fino a dichiarare lo sciopero e le dimissioni volontarie legalmente punibili e ad attuare un minuzioso controllo poliziesco della corrispondenza e della stampa.


in questo modo sacrifici e vantaggi risultano distribuiti, come sempre, in maniera ineguale: alcuni grandi famiglie imprenditoriali guadagnano e speculano sulla guerra, mentre l’inflazione tocca punte del 300%, a danno delle classi meno abbienti.

tecnologia
la scienza e la tecnica di cui dispongono le potenze è messa interamente al servizio degli eserciti.
i progressi delle comunicazioni radiofoniche e telefoniche permettono di coordinare le operazioni. la meccanica fa un rapido balzo in avanti, arrivando alla costruzione delle autoblindo e dei carriarmati, che consentono addirittura l’attraversamento delle trincee.
l’aereo comincia a divenire il padrone dei cieli, inizialmente con compiti di ricognizione e documentazione, progressivamente cambiati in bombardamento e attacco diretto.
la chimica produce il lanciafiamme ed i gas asfissianti, che però si rivelano un’arma a doppio taglio, poichè seguono la direzione dei venti.
nei mari le corazzate aumentano la loro potenza di fuoco e la loro stazza, ma il vero simbolo della grande guerra è il sottomarino, che permetterà ai tedeschi di imperare nei mari annientando tanto le flotte militari che le navi mercantili collaborazioniste, almeno fino alla reazione americana.
un altro simbolo è la mitragliatrice, arma che sancisce il cambiamento da guerra d’assalto ottocentesca e guerra stanziale, falcidiando senza pietà i fanti alla carica.

situazione italiana
la crisi internazionale del ’14 di sovrappone ad una crisi interna, la sollevazione popolare della “settimana rossa”.
i veloce sviluppo del decennio felice fa intravedere degli squilibri strutturali, come la ristrettezza delle aree industrializzate, il progresso agricolo della sola pianura padana, lo scarso consumo del mercato interno.
la concezione del progresso porta a puntare sulla siderurgia, sulla meccanica, sulle navi e sulle armi, settori che il governo sostiene a discapito del mercato finanziario, quasi inesistente visto che gli investimenti confluiscono per la stragrande maggioranza nelle casse dello stato (BOT, CCT). i finanziamenti di quest’ultimo vengono decisi dai vertici governativi in collaborazione con alcune grandi famiglie imprenditoriali, che se ne riservano una buona fetta.
la guerra di libia porta solo svantaggi. le masse odiano la classe dirigente, ormai considerata non a torto repressiva ed antidemocratica. al fine di evitare disordini, il governo vieta le manifestazioni contro la partenza dei soldati verso il nordafrica: dopo uno sciopero geerale, la sollevazione si fa insurrezionale ed i socialisti proclamano varie repubbliche ispirate al marxismo.
in questo frangente emerge la contraddizione della classe politica socialista, che tende a proclamare la rivoluzione con parole auliche e tuonanti, senza organizzarle e senza appoggiare le masse popolari quando insorgono autonomamente. questa doppia anima del partito socialista, la frangia massimalista e minimalista, saranno importanti nel “biennio rosso” del ‘19-’20.

 

italia in guerra
durante il primo anno di guerra lo stato italiano rimane neutrale. il governo si appella a tre clausole della ormai logora triplice alleanza: innanzitutto essa era difensiva, pertanto l’intervento dell’italia era obbligatorio solo se gli imperi centrali venivano attaccati; inoltre l’alleanza non doveva essere in funzione anti-inglese e prevedeva che l’italia venisse preventivamente avvertita della dichiarazione di guerra.
il governo italiano si riserva quindi di scegliere l’eventuale partecipazione in base ai propri interessi “vitali”, come l’egemonia sull’adriatico. inoltre i rapporti diplomatici tra italia ed impero asburgico sono tesi dagli interessi di entrambi nei balcani e dalla rivendicazione italiana di trento e trieste. in quest’ultima città, ad esempio, il governo asburgico minaccia il licenziamento di tutti gli impiegati statali di etnia italiana, mentre fomenta e reprime immediatamente le lotte con gli slavi.
della neutralità italiana giova dapprima la francia, che può concentrare tutte le sue forze contro l’invasore tedesco. una volta che le posizioni italiane cominciano a delinearsi a fianco dell’intesa, è l’austria ad auspicare la neutralità italiana, barattandola con la concessione di trento e trieste.
gli schieramenti politici si dividono subito in interventisti e neutralisti, come era già accaduto in occasione della conquista libica:

  • i nazionalisti vedono nella guerra una importante occasione per recuperare le “terre irredente”; il dilemma è se combattere contro la francia per riavere nizza e la savoia oppure contro l’austria per recuperare il trentino e la venezia-giulia. a rassicurare d’annunzio e degli altri leaders nazionalisti pensa salandra, perfezionando l’accordo con l’intesa
  • alcuni socialisti moderati, come bissolati e bonomi, progressisti liberali, come salvemini, repubblicani e certi settori del sindacalismo vedono la guerra utile perchè condotta sotto la bandiera della democrazia contro il militarismo prussiano e l’austria soffocatrice della libertà dei popoli, dimenticando però il colonialismo anglo-francese e l’assolutismo russo
  • l’ala intransigente del partito socialista vede probabilmente nella guerra l’allenamento per la futura rivoluzione proletaria; questa è guidata da benito mussolini, direttore dell’“avanti!”, espulso dal partito, sul quale influiscono i generosi investimenti degli industriali e del governo francese per fondare un nuovo giornale, “il popolo d’italia”
  • alcuni gruppi di industriali, i conservatori del primo ministro salandra ed alcuni circoli militari, galvanizzati dalle parole del “corriere della sera”,  sono completamente favorevoli al conflitto soprattutto per le prospettive di guadagni facili e di appalti importanti che ne derivano
  • la maggioranza dei socialisti è contraria alla guerra, a differenza dei loro colleghi francesi e tedeschi: li anima la consapevolezza che il conflitto avrebbe danneggiato unicamente le masse popolari, conformemente al pacifismo alla base del loro disegno politico
  • i liberali giolittiani, assieme ai settori più moderni dell’industria, ritengono, a buon diritto, l’italia militarmente impreparata al conflitto e vedono l’annessione di trento e trieste possibile attraverso pacifiche trattative con gli austriaci
  • la stragrande maggioranza del paese, quella esterna alle aule del parlamento, è ancora più estranea alla guerra, che considera alla stregua della siccità o della peste.

il governo apre trattative con entrambi i fronti. l’austria, che inizialmente concede poco o nulla, arriva a concedere il trentino e la venezia giulia fino a monfalcone. l’inghilterra, invece, promette prestiti ingenti per finanziare lo sforzo bellico italiano e che lo stato, con la vittoria, avrebbe annesso il trentino, l’alto adige, tutta la venezia giulia, l’istria e la dalmazia con le rispettive isole nell’adriatico, e che si sarebbe spartito l’albania e l’influenza sul resto dei balcani, mantenendo le isole del dodecanneso. il patto di londra è così firmato segretamente il 25 aprile del 1915 dal ministro degli esteri, dal presidente del consiglio e dal re.
al capo del governo manca però il via libera del parlamento, tenuto all’oscuro delle decisioni governative e in maggioranza neutralista: il consenso degli onorevoli è basilare per votare la fiducia e per approvare le leggi speciali di guerra. salandra comincia così a favorire le manifestazioni militariste ed a reprimere quelle neutraliste per esercitare forti pressioni sui parlamentari. importanti sono le “radiose giornate di maggio”, quando personaggi come d’annunzio, marinetti e mussolini, dai teatri di tutta italia, incitano con la loro retorica le masse alla guerra e minacciano di morte i socialisti. alcuni giovani riescono persino ad entrare in parlamento e compiere atti di vandalismo all’interno di montecitorio.
salandra dà le dimissioni e minaccia di mobilitare le piazze, costringendo il parlamento a farsi da parte. il re promette l’abdicazione se giolitti avesse sconfessato il patto di londra. questi non riesce ad organizzarsi, così il parlamento vota l’appoggio alla guerra il 20 maggio. il parlamento è così scavalcato: da una parte il governo agisce segretamente con il re, dall’altro i rappresentanti vanno contro la popolazione che li ha votati. si assiste così ad un colpo di stato “bianco”, ossia al fatto che ciò che è accaduto è istituzionalmente ineccepibile, mentre il condizionamento dei parlamentari è totale e la democrazia comincia a svuotarsi.



il 25 maggio l’esercito italiano occupa il suo posto sul fronte del carso sotto il comando del gen. luigi cadorna. i cattolici si affrettano a dichiarare che “avrebbero fatto il loro dovere di cittadini”, mentre i socialisti si trincerano dietro all’equivoca indicazione “nè aderire, nè sabotare”.
il confine va dalla costa tra grado e marano e continua tra cividale e palmanova, i primi austriaci, i secondi italiani. gli austriaci ripiegano immediatamente di una trentina di chilometri e si arroccano sulle “colline” del carso sopra gorizia, lungo l’isonzo e le alpi giulie. dopo 3 anni ed 11 battaglie il confine si sposta di altri 30 km, fino a quando con caporetto non perdiamo tutto il friuli-venezia giulia ed il veneto fino al piave.
rottura degli equilibri sociali
l’estenuante guerra di trincea è saltuariamente interrotta da furiosi tentativi di sfondamento delle linee nemiche, che si concludono nella maggior parte dei casi con assurdi massacri. un macello è la battaglia di verdun, quando l’offensiva tedesca si concretizza in scontri all’arma bianca (baionetta) ed i morti sono 400.000, senza che la linea di confine sia modificata in modo importante.
mano a mano che passano i mesi e gli anni di guerra crescono le tensioni sociali. visto anche lo scarso potere d’acquisto delle masse popolari per l’inflazione galoppante, i governi passano ad associare le misure repressive a promesse di riforme o di maggiore equità.
questo non basta ad arginare il malcontento, così scioperi di vasta portata e manifestazioni anti-militaristiche si verificano sempre più spesso in tutti i paesi coinvolti nel conflitto. nei primi mesi del ’17 in francia si registra una serie impressionante di ammutinamenti, mentre alcuni corpi delle 54 divisioni insorte intendono muovere su parigi per combattere il “nemico interno”, ossia le autorità e gli “sciacalli” arricchiti dalla guerra.
in italia, sempre nello stesso anno, gli scioperi interessano i maggiori centri industriali del settentrione. sebbene alla repressione partecipi anche l’esercito, non mancano momenti di solidarietà tra militari e dimostranti. la mobilitazione è alimentata tanto dalla rivoluzione russa quanto dall’organizzazione delle minoranze di sinistra che reagiscono al patriottismo.

epilogo
la pace derivante dalla rivoluzione russa fa ben sperare gli imperi centrali. agli inizi del ’18 la germania tenta un’ultima, disperata offensiva sul fronte occidentale, ma anche questo attacco si ferma sulla marna. con il popolo alla fame per i rifornimenti interrotti e la pressione bellica americana, la germania si rende conto delle sue scarse possibilità di vittoria. quando anche l’offensiva austriaca sul fronte italiano non riesce ad oltrepassare il piave, il clima di solidarietà patriottica si rompe definitivamente. crescono esponenzialmente le dimostrazioni di piazza e gli ammutinamenti nell’esercito e nella marina.
l’uscita dalla guerra di bulgaria ed impero ottomano danno il colpo di grazia agli imperi centrali: l’impero asburgico è costretto alla resa anche per l’offensiva italiana di vittorio veneto, mentre in germania la monarchia è sostituita da una repubblica parlamentare presieduta dal socialista moderato elbert, che abbandona la lotta.

conferenza di pace
nel gennaio del ’19 è indetta a parigi la conferenza di pace. come sempre accade, sebbene la guerra sia finita più per la rinuncia interna al nazionalismo che per effettive grandi sconfitte militari, i vinti impongono tutte le loro condizioni ai vincitori.
l’inghilterra intende riaffermare il dominio si mari, consolidare il suo impero coloniale e controllare direttamente gli equilibri del continente. la francia chiede il ridimensionamento economico e territoriale del pericoloso confinante tedesco. l’italia cerca di trarre il massimo beneficio dallo smembramento dell’impero asburgico.
gli stati uniti mirano ad un consolidamento internazionale della propria potenza politica oltre che economica e militare. il presidente americano wilson, infatti, redige una proposta in 14 punti per creare un nuovo sistema di relazioni internazionali fondato sulla libertà di commercio e navigazione, sulla autodeterminazione dei popoli, sulla riduzione degli armamenti e sulla creazione di una società delle nazioni.
con il trattato di versailles (28 giugno 1919) la germania deve restituire ai francesi l’alsazia e la lorena, consegnare la regione carbonifera della saar ed a passare le proprie colonie a francia ed inghilterra. inoltre viene privata della prussia occidentale a vantaggio del nuovo stato polacco, ed è tagliata dalla prussia orientale dal corridoio di danzica che garantisce uno sbocco sul mare ai polacchi. ma ancora più pesante è la smilitarizzazione e l’immane indennità di guerra (132 milioni di marchi-oro) che, con l’economia dell’epoca, sarebbe riuscita a pagare interamente solo nel 1985.
con il trattato di saint germain (10 settembre) l’impero asburgico viene trasformato in una serie di stati indipendenti ma non rispettosi delle diversità etniche dell’europa centro-orientale.
in base al trattato di sevres (10 agosto 1920) l’impero ottomano è costretto ad abbandonare il medio oriente, dove si formano numerosi stati soggetti all’influenza inglese o francese, mentre la turchia inizia il suo cammino verso la modernizzazione con kemal ataturk.
l’italia recupera trento e trieste, ottiene l’alto adige, la città di zara, e l’egemonia sull’albania, mentre non può ottenere la dalmazia per il veto di wilson e non partecipa alla spartizione delle colonie tedesche. i sogni imperialistici con i quali si era spinto i parlamentari alla guerra sono realizzati in minima parte, mentre le popolazioni dell’alto adige e dell’albania si trovano ora nella stessa condizione dei trentini e dei giuliani prima della guerra.

società delle nazioni
il dieci gennaio del 1920 a ginevra, nella svizzera tradizionalmente neutrale, viene fondata la società delle nazioni, in base alle proposte del presidente americano wilson. il suo ruolo sarebbe stato quello di favorire le relazioni reciprocamente pacifiche di tutti gli stati nazionali e di garantire ai popoli l’autodeterminazione e la democrazia.
in questo organismo transnazionale, però, si riaffacciano tutte le contraddizioni tipiche della politica mondiale: i vinti non sono ammessi a parteciparvi, le colonie inglesi e francesi non hano il diritto all’autodeterminazione, il senato americano rifiuta di aderirvi per evitare ogni intromissione nella propria politica continentale.
la sua fondazione sancisce comunque la fine di un’epoca: le potenze egemoni europee non sono più le uniche a gestire il destino del mondo. così le suggestioni della rivoluzione russa, la prospettiva di democrazia e benessere americano ed i progetti di rivincita degli sconfitti rendono i popoli sempre più artefici del proprio destino, nel bene e nel male.

 

http://www.madchild.it/ingciv/Appunti/Liceo/storia/prima%20guerra%20mondiale.doc

 

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