La riforma protestante

 

 

 

La riforma protestante

 

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LA  RIFORMA

La riforma protestante si sviluppa in Germania a partire dal 1517, quando Lutero affigge sul portale del duomo di Wittenberg le “95 tesi” sulle indulgenze (il versamento di denaro avrebbe procurato la remissione dei peccati). Poi si diffonde in tutta l’Europa e dura fino alla morte di Calvino (1564). I teorici sono Lutero, Zwingli, Bucero e Calvino. Nel Nuovo Mondo la diffusione comincia dal 1620 con il movimento puritano.
Capisaldi della dottrina di Lutero: Autorità della sola Scrittura in materia di fede e di morale. Libero esame dei testi sacri e negazione dell’interpretazione ufficiale della Bibbia. Giustificazione per sola fede: ai fini della salvezza non sono necessarie le opere, come sosteneva il cattolicesimo, basta la fede. Negazione del libero arbitrio e predestinazione dell’uomo; la salvezza non può arrivare in seguito alle libere azioni umane (l’uomo è corrotto e peccatore), ma in base ad un insondabile regalo di Dio fatto agli eletti; gli altri sono dannati. Ciò comporta lo svilimento della Chiesa come istituzione, non rimanendo alcuno spazio per un’autorità che si interpone e media fra il singolo credente e Dio; la vera Chiesa diventa una congregazione di fedeli. Conseguenza di ciò è il sacerdozio universale, cioè l’abolizione della differenza fra clero e credenti laici: ogni credente è tout court un ecclesiastico. I sacramenti da celebrare sono solo battesimo ed eucarestia. La corruzione, il temporalismo, la venalità, l’autoritarismo della Chiesa erano manifestazioni secondarie di una più importante deviazione della dottrina.
Contro il tomismo, secondo il quale Dio può essere percepito non solo mediante la fede, ma attraverso tutte le facoltà dell’uomo, compresi i sensi e la ragione; il p. invece pone Dio completamente fuori dalla portata delle facoltà umane; l’uomo non può attraverso la ragione comprendere come Dio desideri che egli agisca; la natura dell’uomo è troppo corrotta, malvagia e lontana da Dio per poter interpretare attraverso le facoltà razionali la volontà divina; primato assoluto della fede (nella rivelazione) e della grazia; gli ordini di Dio devono essere obbediti non perché ci sembrano giusti ma perché sono gli ordini di Dio.  Volontarismo: la volontà di Dio è assolutamente libera e arbitraria, non vi è una ragione che può delimitarla. [Rothbard: con questa sfiducia nella ragione i protestanti non avevano a disposizione nessuno standard di norme etiche per valutare e criticare l’azione dei governanti, e quindi non fornirono alcuna difesa contro la marea montante dell’assolutismo statale.]
In realtà le posizioni delle Chiese riformate nei vari paesi non sono omogenee, se non per alcuni principi d’ordine generale: la dottrina cristiana purgata dalle imposizioni di Roma; la negazione del monopolio della verità rivelata da essa custodita.
[Fassò: bisogna andar cauti nell’indicare la Riforma come una componente della cultura e della morale moderne: infatti se da un lato dà un apporto fortissimo ad aspetti dello spirito moderno come l’individualismo, l’interiorità della coscienza morale, lo svincolamento da dogmi, dall’altro ripudia il razionalismo e abbandona l’uomo all’imperscrutabile e arbitraria volontà di Dio, sottomettendolo alla parola della Rivelazione e togliendogli quel tanto di autonomia che la Scolastica gli aveva riconosciuto. Solo a partire dal ‘600 il pensiero protestante, imbevutosi dello spirito rinascimentale, opererà in senso moderno, promuovendo la tolleranza religiosa e politica. Un contributo in tal senso viene dato da Melantone.]
La Riforma protestante non produce una dottrina politica organica, gli autori non sono dei teorici del pensiero politico, non hanno costruito sistemi; il loro pensiero politico deriva essenzialmente dalla loro teologia, ma soprattutto è fortemente condizionato dalla situazione dello Stato in cui operano (e ciò avviene anche per la dottrina anglicana, presbiteriana o luterana); ogni gruppo adotta un pensiero politico in relazione alle circostanze nazionali; ad esempio, un luterano, un anglicano e un cattolico-gallicano andavano d’accordo sul diritto divino dei re. Tuttavia la posizione principale, secondo cui tutti i poteri sono ordinati da Dio e pertanto ai sovrani, non importa quanto tirannici, occorre sempre prestare obbedienza, apre la strada allo Stato assoluto. E anche il volontarismo teologico luterano è stato considerato un elemento culturale favorevole all’assolutismo (teocratico).
Il problema più controverso della filosofia politica diventò questo, e cioè il diritto dei sudditi di opporsi - diritto di resistenza - ai loro sovrani, o l’obbedienza passiva.
Inoltre, ridimensionando il potere della Chiesa di Roma, la Riforma accelera la tendenza al consolidamento del potere monarchico.

LUTERO  
Le buone opere, La cattività babilonese della Chiesa (1519), Alla nobiltà della nazione tedesca (1520), La libertà del cristiano (1520), L’autorità secolare (1523)
Dalla visione della Chiesa come semplice comunità di fedeli deriva che essa non deve detenere poteri giurisdizionali (da cui rifiuto del diritto canonico, che sottrae la Chiesa all’autorità secolare), il potere coercitivo spetta solo allo Stato. Lo Stato è necessario perché, nell’ordine temporale, l’uomo è profondamente corrotto, e l’autorità politica, diretto tramite di Dio (S. Paolo), deve sottomettere l’uomo con la forza. I soli scopi dello Stato consistono nel domare i malvagi attraverso la sanzione e nel garantire la pace sociale. I governanti sono obbligati ad essere i flagelli di Dio, a usare il terrore per raggiungere tali scopi. Passerin: La politica è il regno della forza e lo Stato è la suprema incarnazione della forza.
Questa enfasi sull’uso della forza legittima lo Stato assoluto.
Il governante è ministro di Dio; non ha però alcuna autorità sul contenuto della religione; egli deve solo promuovere la predicazione del vangelo e sostenere la vera fede. [Fassò: L. conferisce allo Stato un’autorità assoluta anche di carattere religioso, giungendo ad una concezione politica decisamente teocratica.]
Il potere del principe deve essere senza limiti (assolutismo). Nonostante la dottrina di L. simpatizzasse con la libertà individuale, in particolare in materia di fede (La libertà del cristiano), nell’ambito politico egli è sostenitore della tesi dell’obbedienza passiva. L’opposizione ai governanti è sempre male; è un peccato peggiore dell’omicidio o del furto; anche se i governanti sono ingiusti. Prende le distanze dalla rivolta dei contadini tedeschi guidata da Muntzer nel 1525 in Contro le empie e scellerate bande dei contadini perché i loro atti e le loro richieste trasgrediscono il diritto positivo esistente. [Dipendendo dai re e dai prìncipi per il successo della Riforma, era inevitabile che L. ne sostenesse il potere e la legittimità, contro il temporalismo della Chiesa di Roma. Tuttavia teologi luterani successivi come Osiander, Bucero e Vermigli, in seguito alle vicende storico-politiche, adotteranno la teoria della resistenza, seppure in maniera ambigua]
La libertà consiste nella capacità di conoscere la verità e il bene, e di liberarsi dall’errore e dal male (arbitrium); dunque è un elemento interiore, connesso in maniera molto tenue con il potere temporale.

CALVINO 
Istituzione della religione cristiana (1536) - La dottrina di C. ha al centro il concetto di predestinazione: soltanto la grazia divina può dare la salvezza; questa è indipendente dagli sforzi degli uomini. Il bene operare è proprio dell’eletto, colui al quale è toccata la grazia divina. La grazia comporta l’obbligo ad accrescere la gloria di Dio in ogni momento della propria vita e a costringere l’umanità entro la regola cristiana.
Vocazione: qualunque attività, anche umile, essendo un compito che Dio assegna, ha una grande dignità e dunque deve essere svolta con il massimo impegno. Il successo in un’attività, la ricchezza, sono i segni dell’operare della grazia nei predestinati (Weber ). Dunque un’etica d’azione, non quietistica.
L’idea di tolleranza religiosa è estranea al c.
Dalla teologia si derivano norme morali rigide che devono investire tutti i momenti della vita. Organizzazione della sua Chiesa: pastori, dottori, diaconi, presbiteri; controllo feroce della vita morale e religiosa dei membri. La compattezza e l’autodisciplina conferiva ai gruppi calvinisti una grande forza di suggestione e di proselitismo.
Teoria del “governo civile”: il magistrato, cioè il governante (che può essere individuale o collettivo) predispone e conserva le leggi, a cui il popolo si deve attenere; il magistrato è il vicario di Dio in terra. Unione fra Chiesa e Stato, nel senso che quest’ultimo deve soggiacere alla prima, sostenendo con la forza i principi morali e dottrinari della Chiesa. Il primo dovere del governo secolare è il mantenimento del culto di Dio e lo sradicamento dell’eresia; quindi il mantenimento della pace. La guerra e i tributi non sono in conflitto con la legge di Dio.
Dovere d’obbedienza passiva: il potere secolare è il mezzo esteriore che conduce a salvezza, dunque opporsi al magistrato, significa opporsi a Dio. [Diritto divino del re] La sottomissione è dovuta all’ufficio, non alla persona. Il governante ha dei doveri verso i sudditi, ma la punizione del governante colpevole spetta a Dio, non ai sudditi (unico caso ammesso di disubbidienza: se il governante ordina qualcosa contro Dio). Tuttavia nell’edizione delle Istituzioni cristiane del 1559 rivede la sua concezione, e ammette la resistenza attiva non per i singoli ma per i magistrati inferiori, che sono gli organi che eleggono il principe e concorrono all’amministrazione dello stato.
Lontano dal liberalismo, dal costituzionalismo e dai principi rappresentativi; quando poté essere applicato, il c. si risolse in una teocrazia, un’oligarchia basata su un’alleanza fra clero e nobiltà, illiberale, oppressiva e reazionaria (Ginevra, i puritani nel Massachusetts. A Ginevra il governo della città è un concistoro composto da sei pastori ecclesiastici e dodici anziani eletti dai consigli municipali).
Più del luteranesimo, che rimane circoscritto a Germania e Scandinavia, è il c. a conquistare proseliti, nei Paesi Bassi, in Scozia (nella forma della Chiesa presbiteriana), in Francia e nelle colonie inglesi dell’America settentrionale. Inoltre il puritanesimo calvinista influenzò pesantemente la chiesa anglicana alla metà del Seicento.

Una setta sorta sull’onda della riforma è quella degli Anabattisti: essi credono nella predestinazione degli eletti, ma ritengono, a differenza di Lutero, di sapere chi siano gli eletti: loro stessi. Separatezza dalla società. Il principale esponente è Muntzer.
A partire dal 1534 nella città tedesca di Munster Jan Matthys e Jan Bockelson guidano con il terrore un esperimento di teocrazia comunistica, che ha termine nel giugno 1535, quando le truppe inviate da vari principi tedeschi sconfiggono gli anabattisti.

Era inevitabile che il c., trovandosi in uno Stato i cui reggitori professavano una religione diversa (Scozia e Francia di fine ‘500), abbandonasse la posizione dell’obbedienza passiva e la rovesciasse nella resistenza attiva. È ciò che fanno calvinisti radicali come gli inglesi PONET e GOODMAN e lo scozzese KNOX (1558), la cui teoria della rivoluzione popolare entra nella corrente principale del pensiero costituzionale moderno (Locke).
Nel 1567 in Scozia i calvinisti, nettamente maggioritari, depongono la regina cattolica Maria Stuarda.

Nell’ambito della letteratura monarcomaca protestante si segnalano tre opere:

HOTMAN
Franco-Gallia (1573) - Si presenta come uno studio sulle origini dell’istituto monarchico in Francia [secondo alcuni con qualche forzatura]. Gli antichi re di Francia dovevano la loro corona all’elezione; tale potere elettivo risiede nel corpo popolare, che va però inteso come assemblea degli ordini, cioè quelli che alla sua epoca vengono definiti i tre Stati. L’assemblea non cede la sovranità per sempre, ma mantiene un diritto di sorveglianza e quindi può, se necessario, deporre il sovrano. Ciò significa che l’autorità del consiglio è superiore a quella del re, che viene ridimensionato a semplice funzionario.
I re erano eletti per essere re secondo leggi e condizioni stabilite, e non tiranni detentori di un potere assoluto. Il non rispetto di tali leggi è dunque una condizione per togliere la corona. Una sovranità revocabile non era assoluta, bensì un governo misto, il miglior tipo di governo, che associa e tempera i tre elementi: regio, aristocratico e popolare. In esso l’aristocrazia funge per diritto di nascita da intermediaria tra l’autorità reale e l’autorità popolare, naturalmente nemiche.
L’opera è un attacco diretto alla preponderanza del potere reale, una sfida ai giuristi che, dopo Filippo il Bello, avevano lavorato a resuscitare l’imperium del diritto romano imperiale - potere di comando assoluto e insindacabile - in favore del re di Francia. Anticipa la teoria lockeana della sovranità popolare. Gli ugonotti (calvinisti) in Francia adottano la sua teoria per resistere e sfidare il re.

Plessis-MORNAY  o Languet
Vindiciae contra tyrannos (Vendette contro i tiranni) (1579) - Relativamente al diritto a limitare o a opporsi al tiranno è l’opera più importante; è espressione del partito ugonotto, protestante.
La cosa più importante per l’uomo è il diritto naturale alla libertà; per salvaguardarla e promuovere il proprio benessere, ci si sottomette volontariamente allo Stato.
Vi è un duplice patto: quello di Dio con il re e con (i magistrati rappresentanti del) popolo, e quello fra re e (rappresentanti del) popolo. Nel primo (foedus), di natura religiosa, il re si impegna con Dio a governare nel rispetto della legge divina; poiché è pericoloso affidarsi ad un singolo individuo, Dio stipula un accordo ordinando anche i magistrati, affinché garantiscano una giusta esecuzione dei doveri del re. Il secondo patto (pactum), quello fra re e popolo, di natura politica, è basato sull’impegno da parte del re a garantire il benessere e i diritti del popolo. In base a questo patto il popolo deve obbedire al re solo se il re governa con giustizia. Il re è limitato dalla legge, sia da quella naturale sia da quella positiva. [Dunque anche i protestanti, per fondare una teoria della sovranità popolare, a un certo punto ricorrono alla tradizione tomista del diritto naturale e al diritto romano.]
Il popolo, avendo instaurato lo Stato per i propri fini, ne resta proprietario; dunque la sua sovranità originaria è solo delegata al governante, non alienata. Pertanto il popolo è più potente e superiore al re, che è solo un mandatario del popolo.
L’opposizione attiva al potere regio è legittima quando i comandi del re sono contrari alla legge di Dio o a quella civile, se il re non mantiene il vero culto (quello protestante), oppure per mancanza del titolo legittimo. [Dunque in Mornay la resistenza è legittimata non soltanto dall’abbandono dell’uniformità religiosa, come per i calvinisti, anche radicali, ma anche da elementi secolari, come il benessere e i diritti. Invece per Fassò il fine del contratto è di carattere religioso, cioè mira a tutelare il diritto dei cittadini di avere un re della loro religione; l’esigenza costituzionalistica del limite al potere del re e quella della sovranità popolare sono in secondo piano.] Tale controllo deve essere garantito dal Parlamento di Parigi; non è dunque un singolo individuo o una massa ribelle che può “sguainare la spada” contro il re; la resistenza attiva è riservata solo ai magistrati e all’assemblea degli Stati. È legittimo anche l’intervento di un principe confinante in soccorso di un popolo vessato da un tiranno.

George BUCHANAN
Sul diritto del regno tra gli scozzesi (1579) – Nello stato di natura, contrariamente alla tesi tomista, non vi era alcuna condizione sociale; in accordo con la tesi stoica, vi è stato un tempo in cui gli uomini conducevano una vita nomade e solitaria, vagando come tanti estranei. Questa raffigurazione dello stato di natura serve a B. per sostenere che le società politiche non sono state ordinate direttamente da Dio, ma sorgono da decisioni prese dagli uomini stessi per sottrarsi ad una condizione disagiata. Inoltre servirà a legittimare una concezione individualistica del diritto alla resistenza.
Nella fondazione dello Stato B. fa cenno solo ad un patto politico fra popolo e governante, non al patto religioso di Mornay. Il contratto politico è stipulato direttamente dall’intero popolo con il futuro governante, senza intermediari (i magistrati rappresentanti di Mornay).
Se il governo deriva dalla società degli uomini, ed è solo un custode del pubblico interesse, nel caso in cui il governante non rispetti i termini della Lex regia promulgata al momento del suo insediamento (viola i diritti individuali), tutta la popolazione ha il diritto di resistenza; e, punto fondamentale, questo diritto alla resistenza attiva, che può arrivare fino al tirannicidio, spetta anche ad ogni singolo cittadino.
[Skinner: il protestante Buchanan, produce una teoria della sovranità popolare simile a quella proposta vent’anni prima dal cattolico Mariana; dunque fondamentalmente indipendente dal credo religioso, e disponibile per coloro che nel ‘600 sosterranno il costituzionalismo.]

 


In base a queste posizioni, Max Weber ha sostenuto che il protestantesimo ha generato il capitalismo e la rivoluzione industriale. Rothbard dissente da questa interpretazione: 1) il capitalismo non inizia nel ‘700 ma nel ‘300 nelle città-stato italiane, tutte cattoliche; la partita doppia e altre tecniche finanziarie vengono inventate in quel periodo nei centri italiani; 2) nel ‘500 il maggior centro finanziario e commerciale era Anversa, città cattolica; 3) ci sono paesi protestanti molto sviluppati e altri che non lo sono, ad esempio la Scozia, dunque il criterio unico di Weber non regge.

 

Fonte: http://www.rothbard.it/filosofia-politica/24Riforma-protestante.doc
Autore: non identificabile dalla fonte e dal documento

 

La riforma protestante

Lutero

 

I mali della Chiesa (12.1)

Risalgono al periodo storico in cui il papa era costretto a stare ad Avignone, dove i papi erano solo francesi per 70 anni.
All’inizio del ‘500 la crisi non era ancora stata superata.
Nel 1517 Lutero comincia il “combattimento” facendo una richiesta di riforma. I laici fanno la loro domanda tramite Erasmo, ma non solo, anche molti ecclesiasti vogliono la riforma.
La Chiesa però non riesce a trovare la forza per riformarsi, anzi, va sempre peggio.
La crisi questa volta si risolve con una drammatica spaccatura. L’Europa vive un momento di grave frattura, che porta anche alla guerra.

 

Lutero e le 95 tesi (pag. 253)

Nel 1517 Lutero denuncia uno dei mali della chiesa: le indulgenze, che ritiene solo un modo per fare soldi, illudendo gli uomini della salvezza eterna. Ha affissato le denunce alla porta della chiesa stessa del suo paese, perché è un luogo in cui tutto passano.

Chi era Lutero

Lutero era un monaco, studiava diritto ed era un acuto ed intelligente figlio di un piccolo borghese. Entra in convento ad età adulta (22 anni) e quindi la sua è una scelta consapevole e come monaco si dedica molto allo studio. Sceglie infatti un convento Agostiniano, perché era uno dei più colti.

Il primo atto di ribellione

Lutero rimane scandalizzato dagli avvenimenti e scrive ciò che diventerà il primo atto di ribellione. La Chiesa non si accorge subito di lui, il papa interviene solo nel 1520. A insaputa di Lutero le 95 tesi vengono stampate e distribuite in tutta la Germania e dunque arriva anche precocemente al papa.
Lutero va molto oltre, criticando i dogmi della Chiesa (i suoi fondamenti) e quindi staccandosi  dalla Chiesa stessa. I tre dogmi che vengono attaccati sono: (pag. 235-36)

  • giustificazione per fede

E’ il dogma della salvezza, infatti il fedele si salva per volontà di Dio, ma anche attraverso quello che ha fatto nella sua vita (opere). Lutero è categorico: la salvezza viene esclusivamente da Dio, perché tutta la vita dell’uomo deve giustificare la sua fede. In questa posizione crea un’innovazione: cos’è l’uomo. Secondo il riformatore l’uomo ha due componenti: interiore ed esteriore. Quella interiore, cioè la parte spirituale che mette in contatto il fedele con Dio, deve essere libero nella ricerca di Dio, perché il Signore gli ha indicato già la strada che deve percorrere con la Bibbia. L’uomo esteriore è quello in carne ed ossa che agisce tutti i giorni, che è in rapporto con gli altri, che ha una vita sociale. Deve essere tradizionalista e quindi rispettare tutte le autorità (re, signore,…), ma Lutero invita chi ha potere ad usarlo bene.

  • Sacerdozio universale dei credenti

Chiunque sia battezzato è anche sacerdote di sé stesso e quindi Lutero considera tutti i battezzati uguali e quindi non fa distinzione tra i laici ed ecclesiasti e quindi rifiuta tutto il clero e la Chiesa, compreso il papa.

  • Diversa valutazione dei sacramenti

Per la Chiesa cattolica i sacramenti sono sette, mentre per Lutero i veri sacramenti sono due: il battesimo e l’eucarestia. Semplifica anche questo aspetto teologico.
Il papa gli da tre anni di tempo per ritirare le sue accuse, ma nel 1520 non può fare altro che condannarlo, perché Lutero non ha alcuna intenzione di tornare sui suoi passi.

 

La bolla Exurge Domine (12.2)

Vengono condannati al rogo gli scritti di Lutero, mentre lui ha ancora due mesi di tempo per abiurare (ritrattare la sua posizione religiosa).
Dimostra subito che non ha intenzione di ritrattare, bruciando a sua volta la bolla. Ha però una fortuna: viene protetto da un principe. Infatti Lutero vive nel principato di Sassonia, regno di uno dei sette grandi elettori, Federico il Savio. E’ convinto dell’azione di Lutero, quindi gli consiglia di appellarsi all’imperatore.
Carlo V imperatore era un saggio ed accetta di aiutare il riformatore riunendo la Dieta (assemblea dei sette grandi principi elettori) per capire se ci sono margini di trattativa. Lutero però non vuole trattare col papa ed è irremovibile, dunque l’imperatore non può fare altro che convalidare la bolla del papa e quindi Lutero è perseguibile dalla legge. Ha sempre però la protezione del principe.

Il rapimento (pag. 273)

Il principe inscena un rapimento accordato, dove Lutero alloggerà in un castello dove potrà studiare e dove compierà un’opera colossale: la traduzione della Bibbia dal latino al tedesco. Lutero morirà dopo quest’opera.

Ceti sociali che seguono la riforma (pag. 273)

Il proletariato urbano e i contadini

Il successo della riforma tocca ceti sociali molto diversi. In molte parti della società si aspettava una riforma della Chiesa. Ci sono categorie sociali povere: il proletariato urbano e i contadini. Queste categorie sono attratte da due elementi. Il primo è il discorso di giustizia di Lutero (l’ingiustizia del mondo va combattuta). In secondo luogo i contadini si sentono oppressi dal sistema feudale, mentre il proletariato vive in una condizione di instabilità. C’è anche il desiderio di una religione più vicina a loro. Interpretano però il messaggio di Lutero in una direzione diversa da quella de lui desiderata. Il suo pensiero è dunque un motivo di rivolta per queste classi.
Lutero invece non voleva una rivolta trasformatasi in guerra, ma semplicemente la distinzione di uomo interiore libero e uomo esteriore sottomesso alla gerarchia, quindi era contrario a conquistare la giustizia con la forza (la ribellione).

La borghesia

E’ soprattutto coinvolta per la libertà spirituale che non trova nel cattolicesimo. La borghesia vede Lutero come un elemento di ordine sociale, interpretando in modo esatto il suo pensiero e dunque la riforma per loro è una sicurezza. Riescono ad interpretare in modo giusto il messaggio di Lutero perché sono colti, sanno leggere e scrivere, hanno studiato e quindi riescono a cogliere il pensiero attorno al quale gira la riforma.

I principi e la feudalità

Sono convinti dell’aspetto interiore, ma sono più convinti dalla condanna verso i beni della Chiesa, che sono di notevole entità. La feudalità è sempre alla ricerca di terre e vede nell’adesione alla riforma questa possibilità. I principi hanno una motivazione in più rispetto alla feudalità che mira solamente alle terre: indebolire la figura imperiale in modo da ottenere più prestigio. L’imperatore è potente grazie all’appoggio del papa e quindi se la Chiesa viene screditata anche il papa lo è, e di conseguenza anche l’imperatore. Principi e feudalità hanno dunque interessi economici e politici.

Gli intellettuali

Gli intellettuali, umanisti eccetera, sono pronti ad accogliere un nuovo messaggio religioso. Erasmo, al contrario di molti erasmiani, resta al cattolicesimo, anche se si separa dalla Chiesa.

Ecclesiasti

Molti abbandonano il cattolicesimo sia tra il clero regolare, cioè i monaci (coloro che seguono delle regole ben precise e ferree), sia tra il clero secolare, cioè i preti.

Le conseguenze della riforma in Germania (12.4)

Le conseguenze in Germania sono due guerre: una rivolta e una guerra civile.

Le rivolte (pag. 238-39)

I cavalieri, nel 1521-23, sono gli appartenenti al gradino più basso della feudalità e quelli con minori risorse. Sono dunque quelli che mirano alla conquista delle terre della Chiesa.
In molte zone della Germania gruppi di cavalieri assaltano castelli di feudatari e religiosi. La grande feudalità si compatta per fermare la rivolta e Lutero stesso è a favore della repressione. Scongiurata la rivolta dei cavalieri entrano in gioco i contadini, dal 1524 al 1526, con una grande differenza: le rivolte sono estesissime e per questo viene anche chiamata guerra. Dura più a lungo della rivolta dei cavalieri e la loro organizzazione è migliore. In alcune regioni i contadini formano alleanze o leghe, a volte dandosi anche dei programmi scritti. Noi abbiamo anche un documento chiamato “I dodici articoli”. I contadini sono molto determinati tanto che i principi chiedono a Lutero di esprimersi con un documento scritto per far conoscere pubblicamente la sua decisione (da che parte sta?). Lutero pubblica quindi la sua posizione (pag. 239), ammettendo che l’oppressione dei contadini da parte dei signori era esagerata, ma i contadini non avevano il diritto di giustificare le loro azioni in base al Vangelo. Solo Dio può giudicare chi ha operato bene o male e quindi ribadisce che la gerarchia della società è incontestabile, si può essere liberi solo interiormente. Fu quindi giudicato un traditore e la rivolta fu duramente repressa (pag. 240).

La guerra civile del 1531

Ha conseguenze definitive e fu combattuta dai principati e le città cattoliche e quelle protestanti della Germania (vedi cartina).
I principi si uniscono in una lega militare, però Lutero non interviene nella lunghissima guerra civile. L’autorità cattolica ovviamente coinvolta è l’imperatore Carlo V, che avrà un atteggiamento di pace, cioè quello di non esasperare la guerra.

La figura di Carlo V (pag. 255)

Carlo diventa imperatore nel 1519, è un Asburgo  e quindi c’è una preferenza circa la successione, anche se è elettiva. Carlo V però dal 1516 ha ereditato la corona di Spagna, unendo due corone di due stati cruciali. La Spagna ha possedimenti non solo in America, ma anche nell’Italia meridionale, all’Interno della Germania e delle Fiandre (Amsterdam e Anversa), cioè possedimenti vastissimi.
Il regno che viene sacrificato da questa enorme unione è la Francia, che si è accorta di questo pericolo prima della nomina, cercando di impedirla inizialmente con successo. Francesco I re di Francia pone la sua candidatura alla nomina imperiale, ma serve a poco perché Carlo V paga di più (ha dunque una grandissima forza economica) (pag. 256).
Carlo V è l’uomo più potente e l’unico suo rivale è l’imperatore ottomano, per questo gestisce il suo potere con molta prudenza e senso del dovere. Non interviene nella guerra con durezza perché preferisce non esasperare la situazione in Germania, per due motivi:

  • L’imperatore è coinvolto in guerre internazionali molto pericolose
  • Preferisce dare alla Germania, riguardo alla questione religiosa, una situazione di compromesso

Le guerre internazionali dal 1526 al 1559 (pag. 257)

Il conflitto maggiore è senza dubbio con la Francia, che si è riaperto dopo la sconfitta di Francesco I alle elezioni e durerà fino al 1559. Il campo di battaglia sarà il territorio italiano.
Il papa è uno dei poteri politici che prende parte alla guerra. La logica suggerisce che il papa si schieri con la Germania, ma dopo un certo periodo cambia idea e combatte contro i tedeschi. Carlo V manda dunque il suo esercito contro il papa, che era composto da terribili mercenari protestanti, che hanno il compito di spaventare il pontefice.

Il Sacco di Roma del 1527

I mercenari hanno l’ordine di andare a Roma ma non di attaccare, appunto per spaventare il papa. Purtroppo però i soldi inviati da Carlo V arrivano in ritardo e quindi i mercenari, trovatisi senza risorse finanziarie, saccheggiano Roma.

Il Mediterraneo

Carlo V deve anche combattere contro i turchi dell’impero ottomano in espansione, talmente tanto da arrivare anche a minacciare Vienna. L’imperatore deve far fronte a tre battaglie (quella civile in Germania, quella con la Francia e quella con i turchi) e decide che la guerra civile è la prima a cui porre fine, evitando di esasperarla.

La pace di Augusta del 1555 (pag. 262)

Questa pace sancisce la divisione della Germania in cattolica e protestante. Carlo V accetta un  compromesso: ci sarà un imperatore cattolico riconosciuto anche dai principi luterani, che in cambio ricevono il riconoscimento del protestantesimo nel territorio imperiale.

Il principio di pace

Si stabilisce su un principio fondamentale: in questi secoli c’è il pensiero di “religione di stato”.

Religione di stato = unica dottrina riconosciuta dallo stato e quindi imposta a tutti i sudditi. E’ valido in tutta l’Europa. C’è uno stato e una dottrina.

La pace di Augusta risolve il problema della religione di stato. Infatti ogni città sceglie la sua dottrina e la impone e la religione è scelta da chi ha l’autorità suprema nel comune. I sudditi che non vogliono seguire la religione impostagli dalla città hanno la possibilità di trasferirsi liberamente in un altro comune. Chi non ha le possibilità di migrare si sottomette alla religione presente.
Le terre confiscate alla Chiesa rimangono confiscate, ma dal 1552 non saranno più possibili le confische alla Chiesa.

Come avviene la pace

Carlo V si inserisce nella corrente erasmiana ed è amico di Erasmo stesso. Secondo i suoi obblighi politici avrebbe dovuto difendere il cattolicesimo, ma vedendo che la guerra si protraeva e ricordando le dottrine erasmiane decide di arrivare alla pace religiosa di Augusta nel 1555. Prevale dunque, secondo il concetto di religione di stato, la religione scelta dal capo politico, che la impone.

L’abdicazione (pag. 262)

La pacificazione però non è soltanto religiosa e quindi Carlo V decide di abdicare e separare l’impero, causa oramai solo di guerre e conflitti. Lascia a Ferdinando I, suo fratello, i territori a est, mentre la Spagna e tutti i possedimenti ad essa collegati al figlio Filippo II. Carlo invece si allontana dal mondo e dal suo potere ritirandosi in un convento.
La Francia, non sentendosi più oppressa dalla morsa dell’impero, decide di accettare la pace nel 1559 (pace di Cateau – Cambrésis).

Zwingli

 

La riforma di Zwingli (vedi fogli)

Anche in Svizzera c’è un clima favorevole alla riforma. Come in Germania, la stampa, l’Umanesimo e il Rinascimento aiutano e rendono possibile la riforma. Il primo riformatore svizzero fu Ulrich Zwingli (1484-1531), umanista che studiò a Basilea.

Le autorità cittadine, dopo le 67 tesi del 1523, entrano subito in disputa. Zwingli vuole predicare la riforma solo con l’autorizzazione delle autorità politiche e religiose, cosa che Lutero non ha mai preso in considerazione.
I religiosi non vogliono affrontare il problema, quindi le autorità politiche prendono in mano la situazione e democraticamente danno il permesso al riformatore di divulgare le sue idee.

 

Gli aspetti dottrinali

 

Le critiche verso alla chiesa di Zwingli sono molto affini a quelli di Lutero, ma più radicali:

  • Niente statue o dipinti nelle chiese
  • Abolizione del celibato dei preti
  • Smantellamento dei conventi, destinando i possedimenti alla pubblica sussistenza
  • Abolizione la messa, perché abrogò il sacramento dell’eucarestia
  • Abolizione della carica dei mercenari (vedi: “Non bisogna vendere il sangue svizzero”)

Questa è una condanna morale, perché non è onorevole per un cristiano vendersi per combattere, specialmente contro altri cristiani (secondo Erasmo infatti la pace è meglio della guerra). Zwingli ha partecipato alla guerra di Marignano (1515), dove la Svizzera ha perso contro la Francia e si alleano. Qui il riformante ha visto combattere svizzeri contro svizzeri.

 

Dove avviene la riforma

 

La riforma ha successo anche fuori da Zurigo e in alcuni baliaggi. Viene così a crearsi una frattura tra i cantoni protestanti e quelli cattolici, che oppongono una forte resistenza, perché i protestanti vogliono che rinuncino ai mercenari. Si giunge dunque alla guerra. I cantoni cattolici sono principalmente rurali e quindi ha un surplus di popolazione che ha bisogno di lavoro, che trova grazie al mercenariato.

 

La guerra

Dal 1530 al 1531 scoppia la guerra vera e propria. Zurigo chiude i propri mercati ai cantoni e quindi è costretto a combattere in due battaglie (Kappel e Gubel) durante una delle quali Zwingli trova la morte e la città viene sconfitta. Il patto federale, secondo il quale quando c’è una battaglia tra cantoni la Dieta ha il compito di riportare la pace, aiuta a giungere ad un accordo.

 

Le paci

 

I cantoni avviano i colloqui di pace il 16 novembre del ’31 e si stipulano definitivamente a cavallo del ’31 e del ’32:

  • I cantoni protestanti non metteranno più in discussione la fede cristiana
  • La pace è vincolante per entrambe le parti (Zurigo e cinque cantoni)
  • I cattolici rispettano la dottrina protestante
  • I protestanti si impegnano anche per gli alleati cattolici
  • Zurigo toglie il blocco economico
  • E’ obbligatorio il rispetto delle signorie e dei diritti nei baliaggi comuni e quindi politicamente la situazione non cambia
  • Chi si converte è libero di farlo, la decisione spetta ai singoli individui e quindi chi vuole può anche tornare al cattolicesimo
  • I beni della chiesa vanno divisi equamente tra cattolici e protestanti
  • Non è permesso schernire a causa religiosa, se accade è un reato punibile. Il reo viene giudicato dal balivo, la massima autorità giuridica, e quindi il reato è molto grave

La pace porta quindi ad un concetto di tolleranza tra cattolici e protestanti, non presente ovunque, solo in alcune zone. La religione che però viene scelta in questo periodo di pace non si può più cambiare, rimane quella dal 1531 in avanti.

Calvino (pag. 241)

 

Chi era

 

Il terzo riformatore è un laico umanista: Calvino. Inizialmente ha aderito al luteranesimo che era proibito in Francia; è dunque costretto a scappare. Trova ospitalità a Ginevra, dove pubblica anche la sua opera più importante, con cui da inizio ad una propria riforma: “Istituzioni della religione cristiana”.

 

La riforma

 

La riforma calviniana ha caratteri ben distinti rispetto a quella luterana, anche se per molti aspetti si basa su di essa:

  • La lingua volgare con cui vengono comunicate le rivoluzioni religiose
  • La lettura diretta del fedele
  • Il sacerdozio universale

Ci sono anche delle somiglianze con la riforma di Zwingli:

  • L’abolizione della messa
  • Il riconoscimento di un unico sacramento (il battesimo)
  • La riforma doveva diffondersi legalmente, con il consenso dello stato

 

Le particolarità

 

  • La concezione dell’individuo. Calvino vede l’uomo come fedele, che ha fede
  • L’uomo deve essere etico, deve vivere cioè secondo dei forti principi morali
  • L’uomo deve dimostrare concretamente, nella vita di tutti i giorni, la sua fede e cioè tramite l’esempio concreto. Questo pensiero si chiama “attivismo calvinista”

 

L’attivismo Calvinista

Attivismo calvinista = impegno del fedele ad agire in ogni momento concreto della sua vita secondo la missione che si è scelto

Secondo Calvino ogni uomo ha un compito morale: capire cosa deve fare nell’arco della sua vita. Questa scelta si chiama vocazione.
L’uomo infatti può disperdersi, invece tenendo presente la sua vocazione non succede. Calvino non vuole che l’uomo si perda, ma che dia un ordine alla sua vita. Un uomo che segue la propria missione si valorizza e quindi ha una dignità.
Anche il lavoro può essere una missione (quindi c’è anche l’attività economica). Calvino dimostra di avere una mentalità aperta e moderna: parla a tutti e non solo all’élite della società. Non è affatto contrario all’arricchimento, ma non si deve fare della ricchezza la propria ragione di vita, ma considerarlo come un premio per il lavoro svolto e la fede dimostrata. Chiarisce cosa l’uomo deve fare della propria ricchezza:

  • Sostenimento à il consumismo non è tollerato
  • Quota ai poveri à chi ha denaro deve donarne una quota a chi non ne ha
  • Il sovrappiù deve essere impiegato in attività produttive, che generano lavoro e ulteriore ricchezza, che quindi però cresce

Calvino interpreta molto bene la mentalità della borghesia capitalista, nuova verso il lavoro e l’economia. Non è certo il pensiero della nobiltà, che deve spendere per dimostrare quanto vale (ricchezza = potenza).
Il capitalismo nascnete nel ‘500 è dovuto allo straordinario sviluppo economico. Anche il Medioevo aveva avuto sempre una visione negativa del prestare soldi, ma l’uomo del ‘500 rispetta sempre per obbligo il suo principio etico e quindi non casca in esagerazioni.
La riforma deve affermarsi nella piena legalità quindi ci deve essere un legame, una collaborazione, tra i pastori e le autorità civili, politiche e quindi devono lavorare in stretto contatto.

Il concistoro (pag. 242)

Il concistoro è un organismo che vigila sulla condotta dei cittadini, sulle questioni dottrinali e sulla disciplina ecclesiastica.

Il sistema educativo (scolastico)

Calvino gli da grande importanza, perché un uomo migliora in base alla cultura che ha. Non basta saper leggere, ma bisognava avere una cultura più vasta. Definisce dunque un sistema scolastico che va dalle elementari all’università e quindi di grado elevato.

 

Calvino e la politica

 

Tra le autorità laiche e politiche ci deve essere collaborazione e quindi c’è un‘accettazione dal basso del comando. Ci si deve sottomettere all’autorità a condizione che si tenga fede al proprio impegno morale. Se il re non lo fa, scadendo nella tirannia non guidando il popolo e perseguendo i sudditi, ci si può ribellare. Calvino lascia dunque via libera.

Il regno di Inghilterra (pag. 243)

 

Lo scisma

 

La chiesa anglicana, fin dal 1534 si separa da quella cattolica, compiendo ciò che dagli storici viene definito come scisma anglicano, avvenuto perché la chiesa inglese rifiuta l’autorità del papà, nominando il capo di stato come massima autorità religiosa (è così ancora oggi)

Scisma = separazione di due chiese

I motivi dello scisma

 

La separazione avviene per motivi politici, e non religiosi, che coinvolgono il re d’Inghilterra Enrico VIII. Il problema del re è di continuità dinastica, perché il sovrano vuole sciogliere il proprio matrimonio, ma il papa non accetta per non dispiacere a Carlo V. Enrico VIII si fa annullare il matrimonio dal parlamento e si fece proclamare, con l’atto di supremazia votato ne 1534, capo supremo della chiesa di Inghilterra.

 

Gli aspetti religiosi

 

Chi guida la chiesa sono i vescovi, quindi la chiesa passa nelle loro mani per gli aspetti religiosi. Il re diventa il capo religioso non perché prende decisioni religiose, ma perché è lui che sceglie i vescovi, che quindi di conseguenza dipendono da lui. Abolì i monasteri (cosa che lo accomuna alla riforma) vendendo i loro beni ai commercianti, nobili, mercanti conquistandosi la loro simpatia e quindi più potere politico.
Solo dopo il 1560, cioè quando il calvinismo si impone definitivamente in Scozia, la chiesa anglicana sente l’influenza della dottrina protestante.

La cotroriforma e la riforma cattolica (Cap. 14)

Riforma cattolica = movimento di rinnovamento della chiesa cattolica precedente e parallelo alla riforma protestante (anticipa la riforma). Comincia infatti già nella metà del ‘400 (e quindi in realtà è un movimento umanista) e si ricollega all’umanesimo cristiano. E’ composto sia da laici che da ecclesiasti. Insiste soprattutto sulla riforma morale, cioè la moralizzazione, della chiesa e un suo maggiore impegno sociale.
Controriforma = risposta della chiesa cattolica alla riforma protestante. Comincia più tardi, introno agli anni 1520-1530 e quindi ha un carattere repressivo e non preventivo verso i protestanti, che vengono considerati eretici.

 

 

Il concilio di Trento (pag. 267)

Le due parti si incontrano (e scontrano) quando viene convocato il concilio di Trento nel 1542. E’ detto concilio universale o ecumenico, e cioè che sono uniti tutti i rappresentanti della chiesa cattolica provenienti da tutto il mondo cattolico. Il papa vuole consultarsi con le più alte autorità del mondo cristiano (vescovi, cardinali, grandi abati). Vengono invitati anche i luterani da Paolo III, ma non accettano l’invito del papa.
Viene scelta Trento perché si sapeva che i luterani non sarebbero mai entrati in Roma. Trento è sotto il dominio di Carlo V.
I lavori cominciarono tre anni dopo la data prevista e il concilio durò fino al 1563.
Il concilio è esclusivamente cattolico, dato il rifiuto, ed è composto dai due movimenti sopracitati. Paolo III appartiene alla prima corrente (riforma cattolica), ma muore nel ’49 senza portare a termine il concilio. Il suo posto viene preso dal papa Paolo IV, propenso però verso la controriforma.

La riforma cattolica

I risultati della riforma cattolica (14.3)

Il concilio tiene conto di entrambe le correnti: ci sono decisioni che rispecchiano l’una o l’altra corrente.
Le decisioni secondo la riforma cattolica sono quelle che riguardano gli aspetti disciplinari del clero. Non è solo un controllo disciplinare, ma anche l’istituzione, che ha ben chiaro cosa deve fare, cosa si aspetta la comunità. L’istituzione permette anche al prete di valutare se è proprio quella la sua vocazione. Nascono così i famosi seminari, che diventano delle ottime scuole. Disciplina vuole anche dire controllo: il prete, una volta cominciata la sua carriera, viene controllato dai vescovi, che ricevono un impegno fortemente disciplinare e morale. Diventano autorità che si assumono un fondamentale compito oneroso di servizio alla chiesa. E’ ad esempio obbligato a fare le visite parrocchiali (o pastorali) e bisognava lasciare documenti dettagliati di queste visite. Avevano dunque anche un peso burocratico, di documentazione.
Nascono dunque anche enormi archivi. I parroci sono obbligati a tenere in ordine i registri parrocchiali (nascite, morti, matrimoni).
I religiosi devono avere più contatto con la società.
Il concilio quindi mostra di aver recepito l’aspetto della vicinanza tra clero e laici. Nasce il catechismo: vengono insegnati i principi religiosi a chiunque.
Incrementa il servizio delle necessità materiali (cosa che è sempre stata fatta ma in quantità minori) perché in questo momento lo stato non se ne occupava. Si invitano dunque i monaci a dare il loro aiuto. L’impegno maggiore rimane però quello dell’istituzione.
Nascono anche, su spinta della riforma cattolica, nuovi ordini religiosi che vogliono lavorare. Rinasce il monachesimo.

I Gesuiti (pag. 271)

Sono un ramo fondato nel 1534 e sono un’espressione dei nuovi ordini della chiesa cattolica.

La controriforma (14.4)

Gli esiti della controriforma

Rappresenta la fazione repressiva contro la dottrina protestante. Tutto ciò che i protestanti hanno definito è rifiutato dalla chiesa cattolica e vengono ridefiniti i dogmi. C’è un’assoluta chiusura.

  • La Bibbia va scritta rigorosamente in latino e non può essere tradotta in volgare
  • Definisce qual è l’unico testo di riferimento (Vulgata di S. Gerolamo)
  • Conferma di tutti i sacramenti
  • Conferma del sacerdozio e quindi i sacerdoti hanno un ruolo diverso dai laici
  • Tutto ciò che era stato abolito torna com’era (monasteri,…)

Quindi c’è la condanna automatica dei riformatori, considerati eretici e i seguaci come loro. Il sistema è molto rigido e ramificato.

La congregazione del Sant’Uffizio

Viene costituito un organo apposito: la congregazione del Sant’Uffizio, una commissione di cardinali. Controlla i due principali strumenti di repressione: il tribunale dell’inquisizione e la condanna dei libri eretici.

L’inquisizione

E’ un tribunale dove gli eretici sono giudicati e condannati, in cui spesso viene utilizzata la torture e si poteva anche arrivare alla pena di morte (il rogo).
Il processo era fatto da ecclesiasti, dato che si giudicavano elementi di tipo religioso. Chi esegue le pene è lo stato e quindi era il potere politico che reprimeva materialmente i protestanti.

L’indice dei libri proibiti

C’era la censura su qualsiasi testo trasmettesse un messaggio, anche nascosto, di protestantesimo.
L’ufficio ecclesiastico giudicava se il testo era pubblicabile o meno. I venditori all’ingrosso dei libri potevano anche finire sul rogo.

Le streghe

Una particolare categoria della popolazione sulla quale la chiesa si accaniva erano le streghe e gli stregoni. C’era un’intolleranza da parte anche delle chiese riformate.
Le streghe erano considerate un pericolo per l’umanità. Era facile accanirsi su di loro perché erano tutti molto ignoranti. Il problema deriva soprattutto dalla superstizione. Vengono represse non solo perché era inaccettabile che fossero al servizio del demonio, ma anche perché la superstizione era concorrente della chiesa stessa e alla sua influenza.

 

Fonte: http://www.myskarlet.altervista.org/Scuola/Riforma%20protestante.doc

 

Autore: non identificabile dal documento

 


 

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