Rivoluzione francese

 


 

Rivoluzione francese

 

L A      R I V O L U Z I O N E       F R A N C E S  E
LA MONARCHIA IN FRANCIA
In Francia, nel 1700 c’è una MONARCHIA ASSOLUTA. Il re Luigi XVI  ha tutti i poteri. ( potere legislativo, esecutivo e giudiziario )    ed  ha  anche il  potere di vita e di morte sui sudditi :   può mettere in prigione un suddito solo perché è contro la monarchia  e può condannarlo a morte anche senza processo.

 

LA SOCIETÀ FRANCESE NEL 1700 

 

In Francia nel 1700 ci sono tre classi sociali :

1. I nobili      2. Il clero    3.  Il Terzo Stato  
I nobili ed il clero sono il 2% della popolazione e possiedono un terzo delle terre ( cioè il 33% ) , sono molto ricchi, non lavorano e  non  pagano le tasse. I nobili ed il clero hanno molti privilegi.
Il  Terzo Stato  è  il  98%  della popolazione e  comprende il popolo  e la  borghesia :  entrambi lavorano e devono pagare molte tasse per mantenere il re e la sua corte.  Il popolo comprende i contadini, i braccianti, gli artigiani e gli operai.  Sono tutti  molto poveri.  La borghesia comprende banchieri,  avvocati,  medici,  commercianti.  I borghesi  sono abbastanza ricche ed hanno studiato.  
LA CRISI FINANZIARIA E GLI STATI GENERALI
Alla fine del 1700 in  Francia  c’è  una grave  crisi  finanziaria :  il re ha speso troppi soldi per fare le guerre e per la vita lussuosa della corte e  le spese dello Stato sono più alte delle entrate
Il re allora riunisce gli STATI GENERALI per decidere nuove tasse da far pagare . L’unico modo per risolvere la crisi finanziaria è far pagare le tasse ai nobili ed al clero, perché  il Terzo Stato ne paga già molte.
Gli STATI GENERALI  iniziano nel maggio 1789. Subito nascono dei contrasti  sul sistema di votazione : i nobili ed il clero chiedono che si voti “per stato” cioè un voto per ogni classe sociale, così avevano due voti contro uno.  Invece il terzo stato, che ha  molti  più rappresentanti di nobili e clero insieme,  vuole votare “per testa” cioè un voto per ogni  persona.  In questo modo era sicuro di avere la maggioranza.
NOBILI                :   1,5%      -           130.000      persone
CLERO                 :   0,5%-            40.000      persone
TERZO STATO   :    98%      -      24.000.000  di persone   |  8,5%  borghesi    -   89,5 %  popolo

 


STATI GENERALI Ù  assemblea, cioè riunione, alla quale partecipano i rappresentanti del clero, dei nobili e del terzo stato.

I rappresentanti del terzo stato non accettano le  proposte del clero e dei nobili sul sistema di votazione : si riuniscono in un’altra sala (la Sala della Pallacorda )  come ASSEMBLEA NAZIONALE COSTITUENTE e giurano di non sciogliere l’assemblea prima di aver dato alla Francia  una nuova  Costituzione, che fa diventare la Francia una  MONARCHIA COSTITUZIONALE. L’ASSEMBLEA NAZIONALE COSTITUENTE il 26 agosto 1789 approva la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.
Questa dichiarazione dice che :  1. Tutti gli uomini sono uguali e hanno gli stessi diritti, tutti  possono  dire o scrivere le proprie idee senza essere puniti ; ognuno può avere la  religione  che vuole  2. Nessuno può essere condannato senza processo    3.  Tutti  devono  partecipare  alle  spese  dello Stato pagando le tasse  4. Il potere appartiene allo Stato ed ai cittadini e non al re ( = SOVRANITA’ POPOLARE ). 
Nella DICHIARAZIONE  DEI DIRITTI  troviamo le idee degli Illuministi.
Confronta i dati della tabella : a sinistra ci sono i  principi fondamentali della Costituzione Italiana (1948); a destra, gli articoli più importanti della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo. I due testi assomigliano molto e ci fanno capire che la Costituzione Italiana riprende i principi della Rivoluzione Francese.

 


La Costituzione Italiana

La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo

Gli uomini nascono e restano liberi nei loro diritti

La sovranità appartiene al popolo

La sovranità risiede nella nazione

Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge

La legge è uguale per tutti

Tutti hanno diritto a manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione

Ogni cittadino può parlare, scrivere e stampare liberamente

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente la propria fede religiosa

Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose

L’imputato non può considerarsi colpevole fino alla sua condanna definitiva

Ogni uomo deve presumersi innocente fino a quando non è dichiarato colpevole

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (ricchezza)

Le spese dello Stato vanno ripartite fra i cittadini in ragione della loro ricchezza

 

LA PRESA DELLA BASTIGLIA


Dopo che il popolo ha formato l’Assemblea  Costituente, il re  chiama a Parigi l’esercito. Il popolo ha paura che il re voglia attaccare l’Assemblea Costituente  ed  assale la Bastiglia il 14 luglio 1789. Questa data è importante perché segna l’inizio della Rivoluzione Francese ed  ancora oggi il 14 luglio in Francia è festa nazionale. La Bastiglia è una fortezza-prigione dove  erano rinchiuse le persone contrarie all’assolutismo del re.   La borghesia guida la lotta del popolo.  Molti nobili fuggono all’estero e molti altri  nobili sono messi in prigione o sono uccisi. Anche il re Luigi XVI viene ucciso con la ghigliottina.

 


Le parole importanti della Rivoluzione Francese sono:  Libertà    -   Uguaglianza    -   Fraternità

 

  • IL TERRORE  (periodo di grande paura)    Agosto 1793  / Luglio 1794   
  • Nel 1792 è proclamata la Repubblica Francese. I Rivoluzionari vedono dappertutto nemici della Rivoluzione e quando qualcuno è sospetto, lo fanno uccidere con la ghigliottina. Muoiono così migliaia di persone e tra queste anche la regina. Per  questo motivo questo periodo è chiamato Periodo del Terrore.

CHE COSA SUCCEDE IN EUROPA ?
I re e i nobili dell’Europa hanno paura che la rivoluzione si diffonda anche nei loro paesi.  Le grandi nazioni dell’Europa (Inghilterra, Austria, Prussia e Russia) fanno guerra alla Repubblica Francese.
Durante questa guerra si mette in mostra per le sue doti ( = capacità ) di condottiero ( = capo militare )  un giovane generale: Napoleone Bonaparte.
Napoleone vince molte battaglie e conquista molti  paesi dell’Europa . Nel 1804 viene incoronato imperatore,  ma poi  viene  sconfitto a Lipsia e  viene mandato in esilio all’isola d’Elba.  Napoleone però riesce a fuggire dall’isola d’Elba,  riprende il potere per 100 giorni  e  organizza di nuovo l’esercito, ma è  sconfitto ancora una volta a Waterloo in Belgio nel 1815. Viene mandato in esilio nell’isola di Sant’Elena che si trova in mezzo all’Oceano Atlantico e  qui muore il 5 maggio del 1821.
La Rivoluzione Francese è  molto importante nella storia dell’uomo, perché per la prima volta gli uomini delle classi inferiori, per tanti secoli oppressi e sfruttati dai potenti,  lottano per avere uguali diritti. Si afferma il principio della sovranità popolare, cioè che il potere appartiene  al popolo e non al re. Le idee della Rivoluzione Francese, libertà, uguaglianza, fraternità si diffondono in tutta l’Europa e nessuno riuscirà a fermarle. Nel 1800 in Europa le monarchie assolute si trasformeranno in monarchie costituzionali e le nuove Costituzioni difenderanno i diritti di tutti i  cittadini.


Fonte: http://www.strarete.it/documenti/lidia/itstoria/RivFrancese.doc

 

 

Rivoluzione francese

 

Nel pensiero politico della rivoluzione francese confluiscono l’illuminismo di Voltaire, Montesquieu, gli enciclopedisti e Rousseau; l’avversione all’assolutismo della rivoluzione costituzionale inglese da Locke in poi e del monarcomachesimo francese; i diritti di libertà; l’uguaglianza giuridica; la difesa della proprietà privata; la sovranità popolare; il diritto di resistenza contro il tiranno; legislazione certa, impersonale, generale e astratta ricalcante il diritto naturale (razionale). Le dichiarazioni dei diritti francesi incorporeranno questi principi.

 

SIEYÈS
Che cos’è il Terzo Stato? (1789)
Per ricostruire un nuovo assetto politico-giuridico bisogna fare ricorso solo alla ragione, non alla storia.
Tre temi:
- I diritti dell’uomo da una prospettiva individualistica: la società politica non ha altra funzione se non garantire i diritti dell’individuo, che sono anteriori e superiori all’organizzazione sociale (Locke); i diritti sono i tre enunciati dai fisiocratici: libertà, proprietà, sicurezza. Nessun privilegio, i diritti a tutti.
- Rappresentanza; la volontà della nazione, che si concreta nell’attività legislativa, è espressa esclusivamente dai suoi rappresentanti. Che devono essere eletti con votazione “per testa”, non “per ordini”. Questa assemblea deve redigere una costituzione scritta.
- L’idea della nazione come un Tutto, unico e indivisibile, nella quale il Terzo Stato si identifica. Il Terzo Stato è tutto (25 milioni di persone, che svolgono attività produttive e utili, ma a cui, indipendentemente dai meriti, è impedito l’accesso ai vertici dell’amministrazione, della giustizia, dell’esercito e della Chiesa), gli altri due ordini, nobiltà e clero, rappresentano solo 200.000 privilegiati.
La volontà comune della Nazione trae vita dalle volontà individuali, ma poi le assorbe e diventa più della loro somma; la Nazione diventa una persona morale [si ha uno spostamento dall’individualismo di Locke a Rousseau]. La sovranità appartiene alla nazione. Contro i corpi intermedi di Montesquieu, e contro la camera alta (privilegio dei nobili) del sistema inglese, da Montesquieu sostenuto.

 

CONDORCET
L’influenza della rivoluzione americana sull’Europa (1786),  Abbozzo di un quadro storico dei progressi dello spirito umano (1795)
Tendenza girondina. Enfasi sull’uguaglianza, in particolare come uguaglianza delle condizioni.
Il potere legislativo deve spettare alla nazione. Democrazia dal basso: in assemblee locali i cittadini esercitano il diritto di iniziativa legislativa e designano i candidati alle elezioni.

Mirabeau, fisiocratico.

 

Fonte: http://www.rothbard.it/filosofia-politica/eg-Rivol.%20francese.doc

 

LA RIVOLUZIONE FRANCESE

 

PREMESSA

 

  1. Lo stato nazionale francese si forma con un processo graduale conclusosi con la Guerra dei Cent’anni(1337-1453): in quella occasione si è ottenuta l’espulsione definitiva degli Inglesi dal territorio nazionale francese dove gli Inglesi mantenevano dei feudi. Rimane loro solamente il porto di Calais punto strategico per la traversata della Manica.
  2. La Francia è una monarchia assoluta in cui il re è considerato destinato da Dio a governare lo stato: questo impedisce psicologicamente ogni tentativo di rivolta. A suo piacimento poteva convocare l’assemblea degli stati generali composta dai rappresentanti di tutte le classi sociali in cui era suddivisa la società francese. L’assemblea aveva ruolo consultivo assolutamente non vincolante. All’epoca della rivoluzione francese, l’assemblea non era più stata convocata negli ultimi 150 anni.
  3. La società francese era divisa il TRE STATI ossia classi sociali. Appartenevano al primo stato i nobili (privilegiati nati da famiglie di alto rango che vivevano di rendita dei loro latifondi) , al secondo stato il clero (ossia i sacerdoti di tutti i gradi, dai curati di campagna, poveri e ignoranti, ai vescovi conti, ricchi e potenti), al terzo stato il popolo, cioè tutti coloro che non erano inclusi negli altri due stati. Era lo stato più numeroso ed eterogeneo: comprendeva i borghesi, ricchi e importanti perché motore dell’economia ma privi di potere politico, gli artigiani, i commercianti, gli operai delle aziende manifatturiere, l’immenso numero di contadini ancora schiavi nelle campagne amministrate dai nobili. Le prime due classi erano privilegiate dal potere del re che le favoriva con la sua politica economica e sociale. I nobili vivevano nella reggia di Versailles dal tempo di Luigi XIV, il re Sole, (1661) che li voleva vicino a sé per poterli meglio controllare e per ricavare denaro dai tributi che dovevano pagare per l’alloggio e la vita a corte.

La Francia è una terra ricca di contraddizioni: da una parte la ricchezza della terra e della produzione, dall’altra la pessima distribuzione della ricchezza che si concentrava nelle mani di pochi privilegiati.

 

CAUSA PROSSIMA

            Nella seconda metà del ‘700, la Francia era oppressa da una pesantissima crisi economia tanto da indurre il re Luigi XVI a pensare alla tassazione dei nobili perché contribuissero attivamente all’economia dello stato.

Il 5 maggio 1789 sono convocati a Versailles gli Stati generali per discutere la questione e subito ci sono problemi in particolare riguardo alle procedure per il voto: le decisioni per stato o per testa?
La prima soluzione avrebbe favorito le classi privilegiate, la seconda il popolo per la presenza di un numero maggiore di rappresentati.

Il re concede la votazione per testa e il terzo stato si chiude nella sala della pallacorda giurando che l’assemblea non si sarebbe sciolta se prima non avesse ottenuto la costituzione.

Tra alterne vicende si giunge al 14 luglio 1789 quando il popolo di Parigi, infuriato, assalta la fortezza della Bastiglia che simboleggiava il potere reale. Il re spaventato affida il potere all’Assemblea Nazionale Costituente incaricata di elaborare la nuova costituzione.

CARATTERISTICHE GENERALI

  1. La rivoluzione francese è manovrata dai borghesi: sono la classe che ha più potere economico ma nessun mezzo per controllare il potere politico. Usa la rabbia del popolo aizzandolo contro i nobili, che vengono derubati, minacciati, spesso uccisi. Una volta eliminate le antiche classi dominanti, la borghesia gestisce il potere da sola.
  2. Non è prevista fin dall’inizio la condanna alla ghigliottina del re Luigi XVI e di sua moglie Maria Antonietta. Si è giunti a questa scelta quando i sovrani tentano di fuggire da Parigi dimostrando di non essere in grado di gestire con equilibrio le pressioni a cui lo sottoponevano il primo e secondo stato da una parte e il terzo stato dall’altra. Questa decisione mobilita tutti i principali stati europei contro la Francia perché spaventati all’idea che anche i loro popoli possano ribellarsi contro di loro; tentano così di circoscrivere la rivoluzione.
  3. Per la prima volta nella storia europea, il popolo sperimenta di possedere un potere reale che imparerà a utilizzare

LE CARTE COSTITUZIONALI

  1. 1789: La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Si scrivono i principali diritti individuati dagli illuministi sia a livello individuale che sociale

      La costituzione che ne segue dichiara la divisione dei poteri.

  1. 1793: la costituzione più democratica della Francia rivoluzionaria. Stabilisce la libertà di lavoro, di spostamento, di stampa e di parola e si basa sul suffragio universale. Dichiara che un popolo può cambiare la costituzione e il governo anche con mezzi violenti. Lo stato deve garantire un lavoro ai più deboli e l’assistenza a chi non può lavorare.
  2. 1795: è una costituzione borghese. Limita le libertà democratiche, riconosce il diritto di voto in base al censo, affida il potere esecutivo al Direttorio formato da soli 5 membri.

NAPOLEONE BONAPARTE entrerà nel Direttorio e ne otterrà il controllo con un colpo di stato instaurando una dittatura personale che lo porterà ad occupare molti stati europei e non.

CONSEGUENZE

  1. Diffonde in Europa i principi della Rivoluzione francese (libertà, uguaglianza, fraternità) gettando le basi per i futuri moti d’insurrezione contro i poteri assoluti
  2. Cede Venezia agli Austriaci con il trattato di Campoformio del 1792. Venezia perde così per la prima volta la sua indipendenza che durava da 1400 anni circa.

Il ciclo della rivoluzione si chiuderà con la morte di Napoleone (5 maggio 1821). Il Congresso di Vienna (1815-1821) tenterà di riportare l’Europa alla situazione precedente a questi fatti cercando di cancellarli ma con risultati positivi solo nel breve periodo: l’antico regime in Europa è cancellato per sempre.

 

Fonte: http://www.dalrifugioallinganno.it/lunanuova/Materiali/LA%20RIVOLUZIONE%20FRANCESE.doc

 

Rivoluzione francese

La rivoluzione francese come rivoluzione borghese
di Albert Soboul

 

Nella transizione dal feudalesimo al capitalismo la Rivoluzione francese ha imboc­cato, secondo l'espressione di Marx, «la via realmente rivoluzionaria». Ciò si dovette all'ostinazione dell'aristocrazia, tenacemente aggrappata ai suoi privilegi feudali, restia a ogni concessione, e all'accanimento in senso contrario delle masse contadine: la jac­querie antifeudale fu quasi incessante dal 1789 al 1793, fino all'abolizione definitiva e senza riscatto dei diritti signorili, avvenuta con la legge del 17 luglio. La borghesia fran­cese non aveva voluto la rovina dell'aristocrazia; il rifiuto di ogni compromesso, la contro-rivoluzione e la guerra la costrinsero a perseguire la distruzione dell'antico ordi­ne. Ma vi riuscì solo alleandosi alle masse popolari, rurali e urbane, alle quali dovette pur dare alcune soddisfazioni: la feudalità venne definitivamente abbattuta, la democra­zia instaurata, la rivoluzione popolare e il terrore fecero piazza pulita.
La Rivoluzione, infine, fece tabula rasa di tutte le sopravvivenze feudali, affrancò i contadini dai diritti signorili e dalle decime ecclesiastiche, in una certa misura anche dalle servitù comunitarie; distrusse i monopoli corporativi e unificò il mercato naziona­le. Disgregazione della proprietà fondiaria di tipo feudale, affrancamento dei contadini: l'opera principale della Rivoluzione francese dimostra, una volta ancora, che la questio­ne agraria occupa una «posizione assiale» nella rivoluzione borghese e nel processo che portò al trionfo dell'economia capitalistica.
Indubbiamente la vittoria sul feudalesimo e sull'ancien régime non ha significato la contemporanea comparsa di nuovi rapporti sociali. Il passaggio al capitalismo non costituisce un processo semplice per mezzo del quale gli elementi capitalisti si sviluppano in seno all'antica società sino al momento in cui sono abbastanza forti per romperne i quadri. Occorrerà ancora molto tempo perché in Francia il capitalismo si affermi defini­tivamente: i suoi progressi, durante il periodo rivoluzionario, furono lenti poiché la di­mensione delle imprese restava spesso modesta, il capitale commerciale era preponde­rante. La rovina della proprietà fondiaria feudale e del sistema corporativo e vincolisti­co, assicurando l'autonomia del modo di produzione capitalistico, aveva nondimeno tracciato la via di una vittoria senza compromessi per i rapporti borghesi di produzione e di circolazione: trasformazione rivoluzionaria per eccellenza.
Oltre alle considerazioni generali tratte dall'esempio della Rivoluzione francese, si impone in primo luogo una distinzione fondamentale per quanto concerne le modalità che il processo rivoluzionario può assumere. La distruzione dell'antica società è stata imposta dal basso dalle stesse masse popolari? Oppure la trasformazione della società. è stata concessa dall'alto?
La «via francese» illustra il primo tipo di processo: via rivoluzionaria per eccellenza attraverso la quale le masse popolari, a prezzo di quattro anni di lotte incessanti, hanno alla fine imposto dal basso la completa eliminazione dell'ancien régime, simbolizzata dalla legge di abolizione della feudalità, senza riscatto, del 17 luglio 1793.
La «via prussiana» illustra il secondo tipo di processo: via di compromesso con la quale l'aristocrazia fondiaria e lo Stato prussiano al suo servizio concessero dall'alto l'a­bolizione della servitù con la legge del 1807, ma salvaguardando l'essenziale del vecchio modo di produzione e dei rapporti sociali tradizionali. Ciò che più importa è che la solle­vazione nazionale del 1813 contro la dominazione napoleonica in ultima analisi fu volta a vantaggio dell'aristocrazia e della monarchia. Il movimento rivoluzionario del 1848 falli a causa della debolezza della borghesia. Le guerre del 1864, 1866 e 1870 risolsero al tempo stesso la questione nazionale, il problema del rinnovamento dello Stato e quello della modernizzazione della società, ma sempre secondo la via del compromesso: inten­diamo dire che, se la borghesia capitalista vide riconosciuti la sua supremazia economica e il diritto di partecipare alla gestione del potere, l'aristocrazia feudale mantenne la sua preponderanza fondiaria e il suo primato politico, con ampi privilegi nell'esercito e nell'amministrazione.
Rivoluzione imposta dal basso o compromesso concesso dall'alto: è evidente che dall'uno o dall'altro tipo derivano modalità diverse per le soluzioni apportate al triplice problema contadino: feudalità, proprietà, comunità.
La feudalità, prima di tutto. Quando il movimento popolare impose la rivoluzione dal basso, finì per ottenere l'abolizione totale, senza indennizzo, della feudalità: come in Francia nel 1793. La concessione dall'alto era, al contrario, solo una concessione par­ziale: l'abolizione della feudalità si ottenne allora solo alla fine di un lungo processo e a prezzo di un pesante riscatto. È facile misurarne le conseguenze sociali per i contadini «emancipati». In effetti si tratta di sapere se, in caso di riscatto, il carico che pesa sul contadino viene alleggerito o rimane invariato. Nel regno di Napoli, sotto la dominazio­ne napoleonica, l'obbligo del riscatto dei canoni feudali, stabilito con la legge del 1806, non alleggerì di molto l'onere dei contadini: esso comportò in larga misura la persistenza dei vecchi rapporti sociali. Per il Giappone la risposta data da H.K. Takahashi, in studi particolarmente illuminanti, prova che il carico, dopo la riforma agraria del Meiji, rima­se presso a poco identico a quello degli antichi canoni in natura.
Non è sufficiente affrancare la persona del contadino, e nemmeno liberare la terra. Bisogna altresì assicurare l'indipendenza economica di chi coltiva la terra, consentendo­ne l'accesso alla proprietà, altrimenti l'abolizione della feudalità rischia di essere per lui un'operazione a vuoto. Anche in questo caso la via francese fu esemplare. La Rivoluzio­ne affrancò i contadini e liberò la terra; per di più, con la vendita dei beni nazionali, scalzò la grande proprietà aristocratica e ampliò la proprietà contadina. La vendita dei beni nazionali, nella misura in cui moltiplicò il numero dei contadini proprietari, conferì all'abolizione della feudalità una parte della sua portata sociale. Si formò così quella «democrazia rurale» nella quale Jean Jaurès ha visto, a giusto titolo, una delle caratteri­stiche essenziali della società francese contemporanea. L'abolizione della feudalità con­cessa dall'alto, invece, non poteva evidentemente accompagnarsi a una redistribuzione della terra che avrebbe sacrificato gli interessi dell'aristocrazia fondiaria sempre domi­nante. Così avvenne nel 1807 in Prussia, dove la rivoluzione agraria non poteva essere se non «mancata». E lo stesso avvenne nel regno di Napoli sotto la dominazione napo­leonica, dove la riforma agraria abortì.
Problema infine della comunità rurale: l'abolizione o il riscatto dei diritti signorili, accompagnata o meno dall'accesso dei contadini alla proprietà, non poteva non riper­cuotersi sulle strutture della comunità rurale; la sua disgregazione ne venne accelerata. Il problema è importante anche nella prospettiva della formazione del modo di produ­zione capitalistico, data la polarizzazione dei ceti contadini tra capitale da una parte e lavoro salariato dall'altra. Il risultato principale fu la creazione di un duplice mercato: quello del lavoro e della mano d'opera e quello dei prodotti per il capitale industriale.
Per riprendere l'esempio francese, le riforme agrarie della Rivoluzione avvantag­giarono in modo ineguale le diverse categorie sociali delle campagne. Dopo tutto la feu­dalità costituiva un fattore di coesione della comunità di villaggio: la sua scomparsa fece affiorare gli antagonismi sociali che sino a quel momento erano rimasti sopiti in presen­za dello sfruttamento signorile. La Rivoluzione rafforzò considerevolmente i contadini proprietari. Tuttavia, se accelerò la disgregazione della comunità rurale, la Rivoluzione non poté distruggerla totalmente a motivo dei contrastanti interessi dei contadini pro­prietari e dei contadini parcellari o senza terra. Qui si misura la differenza nei confronti dell'Inghilterra dove, in seguito a un duplice processo di accorpamento e di recinzione delle terre (enclosures), e dunque di razionalizzazione dell'economia agricola, i contadi­ni vennero espropriati e nelle campagne trionfò il capitalismo. In Francia la piccola pro­duzione indipendente si mantenne ancora a lungo: risultato manifesto della dittatura giacobina che conferì uno statuto di piena proprietà alla piccola azienda fondiaria, come alla piccola e media impresa artigianale. A tal punto che, con un vero e proprio paradosso, l'economia capitalistica si sviluppò in Francia sulla base del contadinato e della pic­cola e media borghesia.
L'ala marciante della Rivoluzione francese in effetti non fu la borghesia commer­ciante. Nella misura in cui restava unicamente mercantile e intermediaria, essa si adatta­va senza difficoltà alla vecchia società: dal 1789 al 1793, dai monarchici ai foglianti, poi ai girondini, tese generalmente al compromesso. Quest'ala marciante fu la massa dei piccoli produttori diretti, dei quali l'aristocrazia fondiaria accaparrava il pluslavoro o il sovraprodotto servendosi dell'apparato giudiziario e dei mezzi di costrizione dello Sta­to d'ancien régime. Lo strumento politico del mutamento fu la dittatura giacobina della piccola e media borghesia alleata alle masse popolari rurali e urbane: categorie sociali il cui ideale era una democrazia di piccoli produttori autonomi, contadini e artigiani, che lavoravano e scambiavano liberamente. «Bisogna che l'uomo viva indipendente» (Saint-Just).

 

fonte: http://www.vitellaro.it/silvio/storia%20e%20filosofia/Appunti%20storia/Soboul_Rivoluzione_francese_borghese.doc

 

Rivoluzione francese

Schema complessivo Rivoluzione francese

Crisi dell'ancien régime

  • economica: lo sviluppo del sistema economico in senso borghese e capitalistico richiede riforme di tipo liberistico in contrasto con le strutture economiche dell'ancien régime, caratterizzate da persistenze semifeudali
  • finanziaria dello Stato: le guerre sostenute hanno prosciugato le casse statali, mentre l'iniqua distribuzione delle imposte rende insufficiente il gettito fiscale
  • politica: la corona è screditata; il persistente attaccamento ai propri privilegi dell'aristocrazia e della nobiltà provinciale è in contrasto con la moderata azione riformatrice del re; la borghesia rivendica un diritto di rappresentanza
  • sociale: la rigida divisione in ceti è sempre più in contrasto con la realtà della società francese; profondo è il malcontento della piccola borghesia e della massa di salariati e popolani nelle città, e dei contadini nelle campagne
  • culturale: la diffusione della cultura liberale e illuministica nei decenni precedenti ha creato in vasti strati una crescente aspirazione a riformare e razionalizzare la vita economica e politica della Francia

I fase

La crisi dell'ancien régime porta alla convocazione degli Stati generali, ma in tale occasione le tensioni tra le varie tendenze esplodono

A livello istituzionale, si sviluppa una saldatura fra le richieste del Terzo stato e le easpirazioni riformatrici di parte della nobiltà progressista e della maggioranza del basso clero. Ciò si traduce in una spinta riformatrice che intende

  • costituzionalizzare la monarchia
  • modernizzare e liberalizzare la vita economica
  • modernizzare e razionalizzare l'amministrazione
  • laicizzare lo Stato
  • abolire o almeno ridurre i privilegi più odiosi del ceto nobiliare

Il re, che pure intendeva introdurre qualche riforma di tipo fiscale per risolvere la crisi finanziaria, ritiene troppo radicali queste richieste e vi si oppone, rinsaldando il proprio legame con la parte più reazionaria dell'aristocrazia, ostile ad ogni riforma in quanto avrebbe minacciato il proprio privilegio

La lotta per le riforme condotta in seno alle istituzioni si salda temporaneamente con il malcontento popolare dei popolani di città (inflazione, carovita) e dei contadini (sfruttamento, fame di terra), che provocherà episodi di violenza di massa. Ciò, insieme con la doppiezza assunta dal re, farà assumere all'intero movimento posizioni più radicali. Il dibattito politico procede su più livelli: su quello istituzionale, all'interno dell'Assemblea nazionale costituente e in seno alla Municipalità rivoluzionaria di Parigi, con toni tutto sommato moderati; nei clubs, in cui si sviluppano le posizioni più varie; all'interno delle organizzazioni piccolo-borghesi e popolari urbane dei sanculotti, che esprimono proprie milizie armate

Vengono introdotte le prime riforme (decreti antifeudali, Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, Costituzione civile del clero, espropriazione dei beni della Chiesa), che condurranno alla Costituzione liberale del 1791

Nella società e nell'Assemblea legislativa si apre il contrasto tra quanti considerano esaurito il processo di trasformazione, e quanti ritengono che si debba spingere più a fondo il corso della rivoluzione

II fase

La guerra con l'Austria e la Prussia fa esplodere queste tensioni, provocando scissioni e contrasti radicali. La minaccia esterna provoca un deciso slittamento in senso radicale della rivoluzione: ormai fuori gioco i monarchici costituzionali, la Convenzione proclama la repubblica e il re viene processato e ghigliottinato, ma lo stesso schieramento repubblicano viene scosso dai contrasti fra Girondini moderati e Giacobini radicali (che dominano la Municipalità parigina e contano sul crescente appoggio dei sanculotti)

L'estensione della coalizione antifrancese, le sconfitte militari e l'esplosione di rivolte interne radicalizzano ulteriormente la situazione: cominciano i massacri dei prigionieri politici, l'ordine interno è affidato a tribunali sommari.

Il potere si concentra in nuove istituzioni controllate da Giacobini e Cordiglieri: il Comitato di salute pubblica, il Tribunale rivoluzionario. Ritenendo di essere abbastanza forti per conquistare il potere e accelerare la rivoluzione, i Giacobini organizzano un colpo di Stato appoggiati dai sanculotti e arrestano i capi girondini. Il proposito di modificare in senso più radicalmente democratico le istituzioni esistenti si traduce in una nuova Costituzione (anno I) in cui vengono esplicitamente accolti principi democratici come il suffragio universale e il diritto al lavoro e all'assistenza in linea con le istanze popolari, ma la cui attuazione è rinviata alla fine della guerra

L'ossessione della difesa della rivoluzione contro la minaccia interna ed esterna induce i Giacobini a scatenare un clima di repressione e di violenza (Terrore) e a varare misure che, accogliendo esplicitamente le richieste dei loro alleati sanculotti, limitano la proprietà privata e la libertà economica.

Si creano tensioni interne al gruppo dominante: alcuni vorrebbero limitare l'uso della violenza e ripristinare la libertà economica (gli "indulgenti"), altri aspirano a introdurre una totale uguaglianza economica e a condurre a fondo una campagna di scristianizzazione della Francia (gli "arrabbiati", molti capi sanculotti); Robespierre e i suoi collaboratori fanno arrestare e ghigliottinare gli uni e gli altri.

L'inutilità di mantenere il terrore di fronte alle recenti vittorie militari e alla repressione delle rivolte interne, la durezza della dittatura di fatto esercitata dal Comitato di salute pubblica, lo scontento dei sanculotti per l'esecuzione dei loro capi e l'introduzione del calmiere sui salari, il rifiuto della politica religiosa giacobina si saldano con l'ostilità della maggioranza dei deputati della Convenzione sopravvissuti alle purghe giacobine: un nuovo colpo di Stato rovescia Robespierre e i suoi collaboratori e li fa giustiziare.

La rivoluzione riprende il corso liberale e sostanzialmente borghese-moderato seguito prima dell'avvento al potere dei Giacobini: dopo aver ripristinato la piena libertà d'iniziativa economica e smantellato il controllo centralizzato dell'economia introdotto dai Giacobini, la Convenzione vara una nuova Costituzione (anno III) che, pur conservando l'ordinamento repubblicano, abolisce i principi democratici introdotti da quella precedente e ripristina la posizione di preminenza politica e sociale delle classi proprietarie

 

Fonte: http://liceoamatrice.altervista.org/storia/schema%20d%27insieme%20Rivoluzione%20francese.doc

 

Rivoluzione francese

Schema generale Rivoluzione francese

1789

Mese

Eventi

Problemi

Maggio

5: inizio Stati Generali

 

Giugno

17: Assemblea nazionale
20: giuramento della Pallacorda
24-25: parte della nobiltà e del clero si unisce al Terzo Stato
25: Municipalità provvisoria di Parigi

 

Luglio

9: Assemblea nazionale costituente
11: mobilitazione di truppe
11-13: assalti alle armerie, Guardia nazionale
14: Învalides, Bastiglia
fine mese: Grande paura

 

 

 

Prime emigrazioni di nobili

Agosto

4: abolizione regime feudale, giustizie signorili, decime, venalità uffici, privilegi

26: Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino

Abolite servitù personali (diritti di caccia, giustizia signorile, coevées) e manomorta, ma riscattabili su indennizzo (20-25 volte valore annuo) servitù reali in quanto proprietà. Ignorati i canoni di affitto
Nobili perdono privilegi ma riaffermano status come proprietari
Diritti naturali (libertà, proprietà), sovranità nella nazione, uguaglianza giuridica, legge espressione volontà generale, separazione poteri, governo rappresentativo NB: obiettivo monarchia costituzionale; respinti privilegi parlamenti, stati provinciali, democrazia diretta; mancata introduzione corte suprema

Ottobre

6: dopo resistenza del re, marcia popolare su Versailles

Popolo Parigi e Guardia nazionale: re alle Tuileries
Costituente: D reazionari e "anglomani" (Camera alta, veto assoluto); S: (importanza assemblea, una Camera, veto sospensivo ) "patrioti" moderati e ala più radicale (suffragio universale)
Clubs: giacobini, cordiglieri

Novembre

2: nazionalizzazione dei beni della Chiesa (10% terra)

Abolizione dazi interni e imposte di consumo (gabella) riduce gettito e aggrava debito pubblico
Valenza sociale (poi fiscale) della nazionalizzazione
Assegnati al 5 % Vendita biens nationaux avvantaggia grandi e medi proprietari*, piccoli in posizione marginale, contadini senza terra esclusi (lotti troppo grandi, aste solo nelle città); svalutazione e inflazione indotti colpiranno classi popolari

Dicembre

22: riorganizzazione amministrativa, giustizia

83 dipartimenti (distretti, cantoni, comuni con consiglieri elettivi) con uguali attribuzioni, nuovi tribunali territoriali, giudici elettivi; decentramento ma organi periferici subordinati al centro; cariche egemonizzate da classe media urbana, sale tensione città/campagna

1790

Luglio

12: Costituzione civile del clero

Coincidenza diocesi/dipartimenti, soppressione diocesi superflue, soppressione decima, clero retribuito dallo Stato, cariche elettive (elettori distretti), soppressione conventi e monasteri (influenze illuministiche e gallicane)

Novembre

27: giuramento di fedeltà del clero

Anche gli ecclesiastici giurano in quanto pubblici funzionari; preti costituzionali (7 vescovi e 54% parroci**) e preti refrattari; condanna Pio VI

1791

Giugno

14: Piena liberalizzazione vita economica (abolizione privilegi e monopoli, corporazioni e diritto di sciopero - legge Le Chapelier)
20-21: fuga del re

 

 

 

scomparsa Mirabeau; radicalizzazione: moderati in difesa del re, democratici repubblicani (scissione Foglianti)

Luglio

17: eccidio Campo di Marte

Repressa manifestazione popolare repubblicana dei Cordiglieri
Crisi agricola, malcontento popolare

Settembre

3: Costituzione

Potere legislativo unica assemblea eletta per 2 anni con sistema censitario (cittadini attivi - 3 giornate - eleggono elettori - 10 giornate - che eleggono rappresentanti - 10 giornate) comunque più democratico di  quello britannico, in quanto accedono al suffragio numerosi contadini
Potere esecutivo al re, diritto di veto sospensivo per 4 anni

Ottobre

Assemblea legislativa

Composizione: D Foglianti moderati (maggioranza), rivoluzione conclusa; C Indipendenti o Palude, oscillanti; S Giacobini (tra cui robespierristi favorevoli suffragio universale e brissottini poi girondini), che si collegano ai sanculotti***, e alcuni Cordiglieri (correggere democrazia rappresentativa con costante mobilitazione e partecipazione masse, valorizzare autonomie locali, libertà iniziativa economica

1792

Aprile

20: guerra con Austria e Prussia

Favorevoli Girondini (difendere rivoluzione contro complotti emigrati e diffonderla in Europa, unire la nazione e la corona), re (stroncare rivoluzione), Foglianti (bloccare rivoluzione); contrari robespierristi

Luglio

Sconfitte militari
25: proclama duca Brunswick

 

Agosto

9: Comune insurrezionale

10: arresto del re, governo al Consiglio esecutivo, elezioni

Giacobini e mobilitazione popolare rappresentati nella Comune, che conduce vicende belliche e istituisce Tribunale rivoluzionario
Sanculotti, Guardia nazionale; si sciolgono i Foglianti
Nuova assemblea eletta a suffragio universale maschile

Settembre

2-6: strage prigionieri
20: Convenzione

 

21: repubblica

1.100-1.400 su 2.800
composizione: D Girondini, repubblicani moderati, rappresentanti borghesia proprietaria liberale, difensori proprietà privata e iniziativa economica, nonché libertà costituzionali; C Pianura o Palude, oscillante; S Montagna: democratici radicali, rappresentanti piccola borghesia e classi popolari. Giacobini: centralismo politico, ostili scristianizzazione; Cordiglieri: valorizzare autonomie locali

Ottobre

Espulsione Brissottini dal club giacobino

Scissione Giacobini

Dicembre

10: inizia processo al re

Pena capitale: 387 voti contro 334

1793

Gennaio

21: esecuzione del re

 

Marzo

I coalizione antifrancese

 

Vandea

Tribunale rivoluzionario

Austria, Prussia, Spagna, Stati italiani, Gran Bretagna, Olanda, Russia; Girondini mescolano motivi ideali e motivi d'interesse (frontiere naturali, conquiste territoriali rafforzano governo e favoriscono affari borghesia)
Rifiuto leva in massa, curati costituzionali, requisizioni grano, accaparramento terre da parte borghesia, ostilità campagna/città
Commissari politici presso truppe, propaganda

Aprile

5: Tradimento Dumoriez

5-6: Comitato salute pubblica

Dopo aver tentato di marciare su Parigi con l'esercito, il girondino Dumoriez si consegna agli austriaci. Crisi girondini
Coordinare misure difesa

Giugno

2: colpo di Stato giacobino
3-10: vendita terre emigrati a piccoli lotti (divieto acquisto collettivo); abolizione indennizzo servitù reali;
controllo centrale economia
metà mese: rivolte girondine nelle provincie
24: Costituzione anno I

Insurrezione sanculotti, arresto capi girondini

 

 

 

Uguaglianza giuridica e politica, suffragio universale, favorire uguaglianza economica nel rispetto proprietà privata, diritto al lavoro, assistenza, istruzione

Luglio

Pieni poteri al Comitato di salute pubblica e Comitato sicurezza generale (dittatura)

Abolizione divisione poteri, pieni poteri a istituzioni eccezionali

Agosto

Coscrizione obbligatoria

 

Settembre

4: legge dei sospetti (Terrore)
29: maximum dei prezzi

 

Ottobre

Nuovo calendario; sistema metrico decimale
Scristianizzazione

Dal 22 settembre 1792: Vendemmiaio Brumaio Frimaio Nevoso Piovoso Ventoso Germinale Fiorile Pratile Messidoro Termidoro Fruttidoro
Culto della dea ragione e dei martiri della libertà

1794

Marzo

Esecuzione hebertisti e capi sanculotti

Estremismo politico e sociale "arrabbiati": scristianizzazione, completa uguaglianza economica

Aprile

5: esecuzione "indulgenti"

Volevano mitigare il Terrore e ripristinare la libertà economica

Giugno

10: Grande Terrore

 

 

Migliaia di condanne sommarie
Concezione politica Robespierre: democrazia sociale che, salvaguardando proprietà privata, saldi interessi piccola-media borghrsia e masse popolari in una società senza ricchi e senza poveri basata sulla virtù , l'austerità di costumi e la morale repubblicana; deista ostile all'ateismo, Robespierre introdusse il culto dell'Essere supremo.

Luglio

23: maximum dei salari

 

27: 9 Termidoro: esautoramento Robespierre
28: arresto ed esecuzione

Ostilità sanculotti privati dei loro capi, ostili al culto dell'Essere supremo, contrari al calmiere sui salari, si salda con l'ostilità della maggioranza dei deputati della convenzione e dei contadini

Agosto

Convenzione riprende funzioni

Eliminati tribunali rivoluzionari e commissari politici

Novembre

Terrore bianco

Persecuzione Giacobini e sanculotti

Dicembre

Abolizione del maximum e del controllo centralizzato dell'economia

Agitazioni popolari represse dall'esercito

1795

Agosto

22: Costituzione anno III

Potere legislativo 2 camere (Consiglio dei 500, Consiglio degli anziani)
Sistema elettorale censitario
Potere esecutivo a un Direttorio di 5 membri eletti dalle Camere, che nomina ministri e capi esercito
Ripristino libertà economica e intangibilità proprietà
Divieto associazioni popolari

 

* Secondo i dati forniti da Georges Lefebvre per il dipartimento del Nord, a 7.500 acquirenti borghesi andò il 48% della terra, mentre il restante 52% venne ripartito fra 20.300 contadini; al 10 % di questi ultimi, però, spettò il 60% del totale.
** Nella Francia occidentale giurò solo il 15% del clero
*** I sanculotti, d'ispirazione democratica radicale e fortemente ugualitari, non sono rappresentati nell'assemblea, ma esercitano un ruolo politico di crescente importanza nelle piazze, anche per la loro organizzazione militare. Rappresentano interessi della piccola borghesia e dei salariati urbani.
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fonte: http://liceoamatrice.altervista.org/storia/schema%20sinottico%20rivoluzione%20francese.doc

 

Rivoluzione francese

CRONOLOGIA DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

I FASE: (1789-1792).La Francia da monarchia assoluta a monarchia Costituzionale borghese


DATA

EVENTO

COSE DA RICORDARE

Maggio 1789

 

Convocazione degli Stati Generali. Questione del voto per testa/ordine

Come era la società francese dell’Ancien Régime? Quali erano le caratteristiche delle tre classi sociali?
Cosa sono gli Stati Generali? Dove si riunirono?
Da quando e perché non venivano convocati? Cosa si aspettava dalla loro convocazione la nobiltà? E il Terzo Stato? E il re?Cosa vuol dire voto per testa o voto per ordine e chi lo voleva?

17 giugno1789

Il Terzo Stato diventa l’Assemblea Nazionale)

Quali componenti sociali formano il terzo stato?
Cosa vuol dire Assemblea Nazionale? Cosa è il giuramento della pallacorda? Quale aggettivo viene annesso più tardi al nome Assemblea Nazionale??

14 luglio 1789

Insurrezione parigina e presa della Bastiglia: la Guardia Nazionale assume il comando della rivolta

E spontaneamente voluta  dal popolo? Cos’è la Bastiglia? Cos’è la Guardia Nazionale? Perché interviene?

Agosto 1789

Sollevazione delle campagne-abolizione del regime feudale.

Cosa vuol dire regime feudale?
Quali privilegi dei nobili e del clero vengono aboliti?

Agosto 1789

L’Assemblea scrive la Dichiarazione dei Diritti

Cosa c’è scritto nella prefazione? Perché è importante che l’abbiano pubblicata al di fuori della Costituzione?

Ottobre 1789

L’Assemblea Nazionale viene trasferita a Parigi

Chi vuole il trasferimento? Perché?
Cosa c’è a Parigi? Quali erano i Club?

Luglio 1790

Costituzione civile del clero

Cos’è? Cosa è il clero refrattario?
Perché fu un errore?

Giugno 1791

Viene completata la costituzione del ‘91

Cosa dice?
A chi viene dato il potere esecutivo e legislativo?
Chi aveva teorizzato la divisione dei poteri?

Giugno 1791

Tentativo di fuga del re Luigi XVI che poi viene scoperto a Varennes e ricondotto a Parigi

Perché un atto grave la fuga del re? Perché fugge? Chi cerca di coprire il fatto?

17 Luglio 1791

Il popolo di Parigi manifesta  e viene sterminato al Campo di Marte

Perché il popolo manifesta? Quale club lo sostiene? Perché accade la strage?

Settembre 1791

Prima riunione della assemblea legislativa

I Girondini hanno la maggioranza: chi sono?

20 aprile 1792

La Francia dichiara la guerra all’ Austria per volontà dell’Assemblea Molte sconfitte.

Perché la guerra all’Austria? Quale partito vuole la guerra? Perché il re accetta di farla? Chi viene accusato delle sconfitte?

10 Agosto 1792

Il popolo di Parigi si ribella
Il re viene imprigionato e viene proclamata la Repubblica

Quali luoghi vengono attaccati?

21 Settembre 1792   

Viene proclamata la Repubblica

Alla proclamazione della Repubblica seguono alcune vittorie al fronte: quale è la più famosa?
Come vennero interpretate?

 

II FASE (1792-1794) :Repubblica
(democratica-detta giacobina perché la prevalenza politica nella convenzione è dei Giacobini)

DATA

EVENTO

COSE DA RICORDARE

21 Gennaio   1793    

Decapitazione del re (voluta dai Giacobini)

Perché viene presa questa decisione?

Febbraio 1793

La Francia entra in guerra anche con la Gran Bretagna (oltre ad Austria e Prussia)

Perché la Gran Bretagna entra in guerra?
Con quali conseguenze?

Marzo 1793

Inizia l’insurrezione controrivoluzionaria della Vandea

Perché si ribellano?
Dove è la Vandea?
Come si ribellano?
Perché è anti-rivoluzionario?

2  Giugno 1793

Un’insurrezione a Parigi destituisce i girondini e inizia in numerosi dipartimenti  (regioni) la rivolta federalista (tutta la Francia contro quelli di Parigi)

Perché contro i girondini?
Chi sono i girondini?
Da quando la Francia è divisa in dipartimenti?

24 Giugno 1793

E’ pronta la nuova Costituzione ma non viene messa in atto per la situazione di emergenza

C’erano state costituzioni precedenti?
Come era?
Perchè non venne mai messa in atto?

 

Nasce il Comitato di Salute Pubblica

Cosa è?

Da chi è formato?
Ci sono alcuni personaggi famosi?

11 Settembre 1793

 Emanazione del decreto sul maximum dei prezzi

A favore di chi?

17 Settembre 1793  

La nuova legge sui “sospetti” controrivoluzionari alimenta il Terrore

Cosa è questa legge e cosa dice?

10 Giugno 1794

Si scatena il “grande Terrore”

Cosa è?
Cosa è la Ghigliottina? Perché era stata inventata?

27 Luglio 1794 (9 termidoro)

Colpo di stato che pone fine al potere di  Robespierre

Cosa significa Termidoro?
Chi aveva introdotto il nuovo calendario e perché?
Perché Robespierre perde improvvisamente i consensi?

 

 

 

 

 

 

 

TERZA FASE. La repubblica Termidoriana (borghese.moderata)


Luglio 1794-Settembre 1795

La Convenzione scrive una nuova Costituzione

Chi sono i cosiddetti termidoriani?
Perché non viene applicata quella del 93?
Come è la vita di Parigi questo periodo? Cessa del tutto la violenza del Terrore?
Chi viene perseguitato?

23 Settembre 1795

Pronta la nuova Costituzione

Questa è più o meno democratica di quella del 93?
A chi vengono dati i poteri legislativo e esecutivo?
Quale è la differenza fondamentale con quella del ’91?
Quali sono i principi fondamentali ribaditi da questa Costituzione?

Ottobre 1795/Maggio 1796

Arresto di alcuni monarchici/arresto di Babeuf

Chi sono i nemici dei termidoriani?

Marzo 1797

Elezioni per Assemblea Legislativa: maggioranza di monarchici

Come reagisce il Direttorio?

Settembre 1797

I monarchici vengono arrestati

Con quale accusa?
Su chi si appoggia il potere del Direttorio?
Con il pericolo di quali conseguenze?
Perché gli ufficiali dell’esercito sono repubblicani e non monarchici?

9 Novembre 1799 ( 18 Brumaio)

Colpo di Stato: il Direttorio cessa di esistere

Da chi è fatto il colpo di Stato?

 

Fonte: http://www.itismeucci.it/meucci/wiky.nsf/0/d423415ab6e702dec125755100597394/$FILE/cronologia%20riv%20franc.doc

 

Rivoluzione francese

MAPPA CONCETTUALE SINTETICA DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE DAL 1789 AL 1793

1789-1790
Assemblea nazionale costituente
(9 luglio 1789)

Partito nazionale: fronte riformista composto dal Terzo Stato con l’apporto di aristocratici illuminati ed esponenti del clero

·        Nasce la Guardia Nazionale
·        Assalto alla Bastiglia (14.7.89): il popolo parigino sulla scena rivoluzionaria
·        Nuove rappresentanze municipali a Parigi e nelle province (luglio 89)
·        Sollevazione nelle campagne: “grande paura” (luglio 89)
·        Abolizione del regime feudale (4.8.89)
·        Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (26.8.89)
·        Requisizione dei beni ecclesiastici (novembre 89)
·        Sistema elettorale censitario (dicembre 89)

1790-1791
Assemblea nazionale costituente

Società dell’89: di tendenze moderate
Cordiglieri: di tendenze radicali (Danton, Marat, Hébert)
Giacobini: di tendenze radicali, organizzati in modo simile a un moderno partito (Robespierre e Brissot, futuro capo dei girondini)

·        Festa della federazione (14.7.90)
·        Costituzione civile del clero (luglio 90)
·        Decentramento amministrativo (dipartimenti provinciali e “sezioni” parigine)
·        Costituzione del 3.9.91: regime liberale, fondato sulla separazione dei poteri esecutivo, legislativo, giudiziario
·        Fuga del re (20-21.6.91)
·        Elezioni per la nuova Assemblea legislativa

1791-1792
Assemblea legislativa
(1 ottobre 1791)

Foglianti: di tendenze moderate
Costituzionali: difensori della Costituzione del ‘91
Giacobini: raggruppamento dei radicali (tra i quali emergono i girondini di Brissot)

·        Dichiarazione di guerra all’Austria (20.4.92)
·        Deposizione del re su iniziativa dei sanculotti parigini (10.8.92)
·        Elezione a suffragio universale per la nuova Convenzione nazionale

1792-1793
Convenzione nazionale
Comune insurrezionale

Palude (o Pianura): di tendenze moderate
Girondini: ex giacobini di Brissot, ora su posizioni meno radicali
Montagnardi: giacobini di Robespierre ed ex cordiglieri (Danton, Marat) di tendenze radicali

·        Scontro tra girondini e montagnardi sul ruolo da attribuire al Comune insurrezionale e ai sanculotti parigini
·        Vittoria francese sui prussiani a Valmy (20.9.92)
·        Abolizione della monarchia (21.9.92)
·        Processo e condanna a morte di Luigi XVI (21.1.93)
·        La Francia è in guerra con quasi tutti gli Stati d’Europa
·        Sollevazione anti-rivoluzionaria in Vandea (marzo 93)
·        Creazione del Comitato di salute pubblica (5-6.4.93)
·        Epurazione dei girondini (2.6.93)

 

Fonte: http://www.artisticogallizio.it/UserFiles/File/Area%20studenti/mappa%20concettSinteticaRivol%20Franc.doc

 

Rivoluzione francese

Riassunto LA RIVOLUZIONE FRANCESE

La situazione in Francia prima della Rivoluzione:
l Nel corso degli anni Ottanta del 700 i controllori delle finanze di Luigi XVI furono costretti ad avanzare proposte di riforma, tutte volte a diminuire i privilegi fiscali di cui godevano l' aristocrazia e il clero.
Così l'inizio della rivoluzione francese, definito "fase nobiliare", si presentò come resistenza di tutti i ceti interessati al mantenimento delle "libertà" contro misure volute dal "dispotismo ministeriale".
Alla protesta dei parlamentari, dell'aristocrazia e del clero si unì il sostegno dell'opinione pubblica e soprattutto quello della popolazione che non protestava per salvaguardare i privilegi altrui, ma per esprimere il loro dissenso verso l' organizzazione sociale che faceva pesare loro sempre di più le tasse e gli aumenti di prezzi.

l In questa situazione la soluzione migliore per tutti sembrò la convocazione degli Stati Generali, un'assemblea che rappresentava la società francese nel suo complesso. Le varie parti in causa avevano aspettative molto diverse: il re e la corte pensavano di ottenere l'approvazione delle riforme fiscali; i ceti privilegiati volevano attraverso di essi ribadire il loro potere di interdizione sulle decisioni della Corona; la borghesia credeva di poter avviare così una riforma in senso liberale delle istituzioni; infine il popolo sperava di trovare ascolto per la propria protesta.
Probabilmente il fatto che questa assemblea non era stata più riunita da 175 anni e che quindi i suoi compiti erano per lo più ignorati spiega come potesse esistere questa molteplicità di aspettative.
Ma nacquero subito diversi problemi; infatti il Terzo Stato richiesero subito due condizioni: 1) il numero dei loro rappresentanti doveva essere raddoppiato rispetto a quello degli altri due ordini e 2) la futura Assemblea doveva funzionare come un organismo unitario, conteggiando i voti dei singoli deputati. Quest'ultima richiesta era di notevole valore, poiché in precedenza si aveva sempre considerato i voti per ogni ordine, così che i ceti privilegiati vincevano sempre sul Terzo Stato che si ritrovava da solo. Inoltre rifiutare il voto "per ordine" significava abbandonare la tradizionale concezione della società come organismo tripartito, sostituendo ad essa quella di una società intesa come insieme di cittadini.
Il Controllore delle Finanze, che era da poco ritornato ad essere Necker, accettò di aumentare il numero dei deputati del Terzo Stato, ma lasciò in sospeso la questione del voto per testa.
A questo punto il conflitto tra l' aristocrazia e il clero, da un lato, e il Terzo Stato dall'altro si fece più esplicito.
Ben presto si tennero le elezioni per la scelta dei deputati agli Stati Generali. E' importante ricordare che i rappresentanti del basso clero risultarono pochissimi, mentre quelli del popolo appartenevano tutti ai ceti medi e superiori.
Queste persone dovevano raccogliere in un quaderno tutte le loro rimostranze che, sebbene con motivazioni differenti, condannavano l'assolutismo.

L' Assemblea Nazionale Costituente e la I Costituzione (1789-1791):
l La prima seduta fu aperta il 5 maggio 1789, ma fino al 10 giugno la situazione rimase incerta, finchè il Terzo Stato invitò gli altri due ordini a riunirsi in una seduta comune e annunciò che avrebbe comunque dato inizio ai lavori, procedendo alla verifica dei mandati di tutti i deputati, compresi quelli del clero e della nobiltà. Alcuni ecclesiastici si unirono ad esso.
Il 17 giugno i deputati del Terzo Stato, in qualità di rappresentanti del 96% della nazione, si dichiararono Assemblea Nazionale.
Parte del clero si ricongiunse con questi, ma i rimanenti e l'aristocrazia decisero di non cedere e chiesero aiuto al re.
Così il 20 giugno i deputati dell' Assemblea Nazionale trovarono le porte della sala delle riunioni chiuse. Si trasferirono in una palestra per la pallacorda dove giurarono di non separarsi fintanto che non fosse stata elaborata la nuova Costituzione francese. Dopodiché si proclamò Assemblea Nazionale Costituente.
Di fronte a tanta determinazione, il re invitò la restante parte del clero e della nobiltà a ricongiungersi con gli altri.

l La popolazione era in fermento sia per le voci che provenivano da Versailles, sia per i continui aumenti dei prezzi e per altri fatti, tanto che alla notizia che il re aveva licenziato Necker, i Parigini corsero alle armi. La mattina del 14 luglio 1789 si ritrovarono tutti davanti alla prigione-fortezza della Bastiglia, non si sa bene per quale motivo, forse per prendere altre armi o forse per liberare i prigionieri, e durante le trattative con le guardie furono sparati alcuni colpi sulla folla. La fortezza fu assalita: la guarnigione fu massacrata e anche tra la folla si contarono numerose vittime.
Dopo questa giornata Parigi restò sotto il controllo di una municipalità formata dai delegati che avevano scelto i deputati per gli Stati Generali. La Fayette fu messo a capo della milizia cittadina, grazie alla sua fama per aver combattuto in America.
Il 17 luglio re Luigi andò in città, riconobbe la nuova municipalità e addirittura accettò la coccarda tricolore che univa il bianco dei Borboni ai tipici colori parigini, il rosso e il blu.
Dopo i fatti di Parigi la rivoluzione municipale si estese a tutte le province.
Anche nelle campagne imperversava la rivolta. A seguito di alcune voci che davano per imminente l'arrivo di briganti, i contadini si armarono e accerchiarono i castelli dei loro signori invocando l'abolizione della servitù. L'Assemblea Nazionale Costituente votò in fretta la fine dell' ancient régime, e quindi di tutti quei diritti signorili che implicavano servitù personali.
Questa fine fu sancita il 26 agosto 1789 dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino. In essa si dichiarava: -il riconoscimento dei diritti naturali dell'uomo(la libertà, la                                                             proprietà, la sicurezza, la resistenza all'oppressione);
-l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge;
-la garanzia di essere giudicati da tribunali regolari;
-la libertà di coscienza, di espressione e di associazione;
-la divisione dei poteri.
Questa volontà di tenere sotto un controllo più accurato l'evolversi della situazione politica fu all'origine della marcia popolare su Versailles, quando una folla composta anche da donne armate di picche, penetrò nelle stanze reali, uccise alcune guardie del corpo e costrinse il re e la regina a trasferirsi a Parigi. La sera stessa Luigi XVI, sua moglie Maria Antonietta e anche l'Assemblea Nazionale Costituente raggiunsero la capitale.
Questo fatto fu molto rilevante in quanto il re aveva subìto l'intimidazione della folla e da questo momento sia lui che l'Assemblea avrebbero dovuto tenere conto del popolo di Parigi. La rivoluzione stava uscendo dall'alveo moderato.

l All'interno dell'Assemblea non vi erano partiti politici ben definiti, ma nel corso delle discussioni si vennero delineando degli schieramenti ben precisi. Gli aristocratici e l'alto clero erano su posizioni più conservatrici, mentre la maggioranza dell'Assemblea era costituita da  deputati che auspicavano la collaborazione tra il re e i rappresentanti della nazione.
Al di fuori dell'Assemblea i deputati si ritrovavano per discutere di politica con i loro sostenitori nei clubs. Il più importante era quello dei Giacobini, che cominciò a tessere fitti rapporti con altri clubs affiliati che si formavano nelle province. Da questo club si staccarono il club dei Cordiglieri e il club dei Foglianti, l'uno di impronta popolare, l'altro moderata.

l Anche se per il momento prevaleva lo spirito di concordia, i problemi non mancavano. Così, ad esempio, per risolvere il problema finanziario il vescovo Talleyrand propose di nazionalizzare tutti i beni ecclesiastici.
Il modo di pagamento scelto dall'Assemblea per non immettere sul mercato un quantitativo così ingente di terre escluse però i contadini più poveri, a vantaggio sopratutto dei borghesi di città.

l Contemporaneamente si assistì ad una riforma del clero. Innanzitutto furono aboliti i voti perpetui, poi furono soppressi tutti quegli Ordini religiosi che non svolgevano attività  socialmente utili, furono eliminate le discriminazioni contro gli Ebrei e furono restituiti i beni confiscati ai Protestanti dopo l'abolizione dell'editto di Nantes.
Per il clero secolare fu preparata la cosiddetta Costituzione Civile: l'organizzazione ecclesiastica veniva semplificata, con la soppressione di migliaia di parrocchie; inoltre i vescovi ed i curati, come tutti coloro che svolgevano mansioni pubbliche, dovevano essere eletti. Il trattamento economico previsto per il clero era generoso.
L'Assemblea costrinse gli ecclesiastici a prestare un giuramento, ma gran parte di essi rifiutarono. Così si procedette a nuove elezioni per sostituire coloro che non avevano giurato fedeltà. Ma la situazioni si aggravò quando Pio VI condannò il decreto dell'Assemblea: il conflitto religioso metteva a disposizione del partito aristocratico forze nuove, mentre alcuni sostenitori della rivoluzione erano portati ad adottare atteggiamenti sempre più ostili al cattolicesimo.

l Nel frattempo l'Assemblea aveva elaborato la nuova Costituzione, che venne presentata nel 1791. Per quel che concerne l'ordinamento dello Stato, essa si rifaceva alla divisione dei poteri di Montesquieu. Così il potere legislativo fu attribuito ad una sola camera eletta per due anni, mentre il re mantenne il potere esecutivo e la facoltà di scegliere e revocare i ministri, gli ambasciatori, i comandanti militari.
La legge elettorale invece fu fissata su basi censitarie: a seconda di quanto si pagava, si poteva essere cittadini attivi, elettori o deputati.
Per quel che riguarda l'ordinamento amministrativo, la Francia fu divisa in 83 dipartimenti, divisi a loro volta in comuni e cantoni retti da amministratori elettivi in carica per due anni.
Parigi invece fu divisa in 48 quartieri o sezioni di base e ciascuna di esse era "governata" da un comitato elettivo.
Questo nuovo aspetto della Francia che rifiutava l'assolutismo però, presentava diversi pericoli, poiché lasciava troppa autonomia ai poteri locali in un contesto politico ancora instabile.
La nuova Costituzione del 1791 candidava a ruolo dirigente la borghesia.

l Sempre nel 1791, il re tentò di fuggire dalla Francia. In verità erano mesi che alcuni cortigiani e la regina tentavano di persuaderlo a  riparare all'estero, ma Luigi aveva sempre rifiutato. Intanto teneva contatti con alcuni deputati dell'Assemblea, come Mirabeau, riproponendosi di annullare o modificare alcuni atti che al momento era costretto ad approvare.
Ma l'improvvisa morte di Mirabeau e l'acuirsi delle tensioni religiose lo indussero alla fuga, che però fallì.
Dopo questo fallimento si ebbero degli scontri tra i moderati, che invitavano a firmare al più presto un altro accordo con il re, e i militanti dei clubs e delle sezioni popolari, che manifestarono al Campo di Marte chiedendo la destituzione del re. In queste condizioni si ebbe la ratifica della Costituzione. Dopodichè l'Assemblea Nazionale Costituente si sciolse e lasciò il posto all'Assemblea Nazionale Legislativa.

L' Assemblea Legislativa e la guerra (1791-1792):
l L'Assemblea Costituente aveva deliberato che i suoi membri non potessero essere rieletti nella nuova Assemblea Legislativa.
La nuova Assemblea era formata da molti membri del club dei Foglianti, i quali sostenevano che la fase rivoluzionaria era chiusa: ora bisognava solamente far funzionare i nuovi ordinamenti previsti dalla Costituzione.
Un'altra parte era costituita dai Girondini che esprimevano interessi medio-borghesi, erano liberali in politica e liberisti in economia, contrari a violenti sommovimenti che mettessero a repentaglio la proprietà privata.
L'ultima pattuglia di deputati era formata da coloro che erano di netta ispirazione popolare, in contatto con il club dei Cordiglieri.
Parallelamente all'Assemblea i clubs stavano prendendo sempre più peso politico.
Molto presto la nuova Assemblea dovette affrontare gravi problemi interni, ma quello più grave veniva dall'esterno: tutti quelli che avevano lasciato la Francia infatti, soprattutto nobili, facevano propaganda per un intervento armato controrivoluzionario. E già Austria e Prussia avevano minacciato di attaccare la nazione se non si fosse ristabilito al più presto un governo "conveniente ai diritti dei sovrani". Questo atteggiamento si capisce sopratutto per la paura che c'era che le idee rivoluzionarie attecchissero fuori dei confini francesi.

l A queste minacce di guerra rispondeva una coalizione di forze politiche favorevoli alla guerra. I moderati erano favorevoli poichè pensavano così di arginare le forze tendenzialmente rivoluzionarie e repubblicane; i Girondini erano convinti che l'impegno militare avrebbe restituito alla Francia la coesione politica, avrebbe reso operante l'idea della sovranità nazionale e avrebbe avviato un generale processo di liberazione dei popoli; infine, anche il re Luigi XVI era favorevole, pensando di poter riavere le proprie prerogative monarchiche in caso di sconfitta francese.
Ma c'era anche una parte minoritaria che non voleva la guerra e a capo di essa c'era Robespierre che riteneva la nazione troppo debole internamente per affrontare un impegno militare contro altre nazioni.
Nel 1792 l'Assemblea Legislativa votò quasi all'unanimità per la guerra. Ma l'esercito francese, disorganizzato, carente di mezzi e comandato da ufficiali aristocratici pronti a passare al fronte avverso, subì pesanti sconfitte.
Il nemico stava per entrare a Parigi e l'Assemblea ordinò di richiamare uomini dalle province, ma il re rifiutò, così da aumentare le richieste di una sua sospensione dal trono.
un ruolo sempre maggiore acquistavano i sanculotti parigini che davano vita a rivendicazioni politiche e sociali sempre più radicali e che erano già sfociate in tumulti. Per di più si stava pericolosamente diffondendo l'abitudine a prendere le armi.
Quando poi le truppe austro-prussiane minacciarono ritorsioni sui parigini se avessero fatto del male alla famiglia reale, il popolo si mosse: migliaia di sanculotti e federati esautorarono la municipalità sostituendola con una nuova Comune formata da delegati scelti nelle assemblee popolari di sezione. Subito dopo, gli insorti si diressero verso le Tuileries: il re si mise in salvo rifugiandosi presso l'Assemblea Nazionale. Alla fine gli insorti rimasero padroni della città. Su richiesta della Comune il re fu dichiarato decaduto e venne rinchiuso con i familiari nella prigione del Tempio. Fu decisa la convocazione di una nuova Assemblea, la Convenzione, che avrebbe dovuto pronunciarsi sulla sorte del re e dare alla Francia una nuova Costituzione, repubblicana e popolare.
La giornata del 10 agosto 1792 ebbe un'importanza cruciale. Con essa si formò un nuovo potere, quello della Comune di Parigi, che aveva come titolo di legittimità esclusivamente la forza. La rivoluzione passava di mano, dai notabili e dagli uomini di legge, agli artigiani e ai militanti delle sezioni.

La Convenzione e la proclamazione della repubblica (1792-1794):
l Le notizie dal fronte davano il nemico sempre più vicino alla capitale, così che l'ipotesi di un complotto contro la rivoluzione prese sempre più campo: la Comune ottenne la creazione di un tribunale speciale per giudicare i sospetti di tradimento. Così si arrivò ai massacri di settembre che non fecero altro che allontanare sempre di più i favori di cui avevano goduto le idee rivoluzionarie fino a quel momento.
Ed in questo clima si svolsero le elezioni per la Convenzione; a suffragio pressochè universale maschile e col sistema dei turni plurimi, il numero dei votanti risultò ridotto, visto le norme, come ad esempio il voto espresso pubblicamente, adottate.
I deputati della Convenzione erano divisi in: Girondini, Montagnardi e la cosidetta Palude.
I primi erano formati in maggioranza dai deputati delle province che erano favorevoli ad un ordinamento politico decentrato. Erano legati agli interessi di imprenditori e commercianti ed erano contrari al dirigismo economico e alla tassazione reclamata dai sanculotti.
Ad essi si opponeva la Montagna che rappresentava in modo più marcato gli interessi della borghesia medio-piccola e dei sanculotti. Erano a favore del centralismo amministrativo e dell'intervento statale in materia economica. Inoltre inclinavano verso una democrazia assembleare e diretta di tipo rousseauiano.
La maggioranza della Convenzione che fu detta "Palude" si schierava ora con i Girondini, ora con i Montagnardi.

l Sin dalla prima seduta del 21 settembre, i deputati della Convenzione dichiararono decaduta la monarchia e proclamarono la repubblica.
Il compito della Convenzione era di stilare una nuova Costituzione e nel frattempo di decidere della sorte del re.
Dopo lunghe e accese discussioni, la Convenzione dichiarò Luigi XVI colpevole e decise che il verdetto non fosse sottoposto a verifica popolare, come volevano i Girondini. Questi ultimi usarono questo rifiuto come arma per mostrare l'illegalità del processo, ma, anche se con una maggioranza risicata, la Convenzione votò per la condanna e l'esecuzione immediata del re.
La sua morte però eliminava ogni residua possibiltà di pace tra la Francia e l'Europa.
Infatti quasi tutti gli Stati europei, fatta eccezione per Svezia, Danimarca, Venezia e Genova, si unì per formare la prima coalizione. Ma nonostante tutto in Francia regnava l'ottimismo, che però fu stroncato dallla defezione di alcuni ufficiali che passarono al nemico.

l Nello stesso periodo cominciarono a delinearsi dei movimenti controrivoluzionari sopratutto in Vandea, dove i disordini lasciarono il posto a una vera e propria insurrezione popolare armata.
I motivi erano molti. I contadini francesi erano ormai soddisfatti della decisione dell'Assemblea Nazionale di rendere loro le terre che avevano coltivato; così auspicavano la difesa dell'ordine, piuttosto delle accelerazioni rivoluzionarie della capitale. Poi c'era l'attaccamento delle popolazioni alla Chiesa e ai sacerdoti che venivano perseguitati dai nuovi governi rivoluzionari. Inoltre l'innalzamento del costo della vita colpiva tutti, mentre le nuove situazioni prodotte dalla rivoluzione metteva in difficoltà alcune attività e specifiche categorie di persone. Infine tutti erano minacciati dalla costrizione militare.
La Convenzione reagì con la forza, impegnandosi in una repressione armata che si fece progressivamente più dura e feroce, ma che non dette risultati significativi.

l Per quanto riguarda la situazione economica, i Girondini sostenevano che la Convenzione non dovesse legiferare sui prezzi, mentre i Giacobini della Montagna appoggiavano la proposta di alcuni settori popolari, detti gli "arrabbiati", che richiedevano un maximum sui prodotti di prima necessità.

l La Convenzione riorganizzò la struttura dei comitati, formati da membri della Convenzione stessa, che esercitavano il potere esecutivo; sopratutto acquistò importanza il Comitato di Salute Pubblica che aveva l'inacrico di sovraintendere all'azione di tutti i ministri e di coordinare le misure necessarie alla difesa interna ed esterna della repubblica.
Inoltre furono emanate dalla Convenzione altre misure eccezionali che acuizzarono il dissidio tra i Giacobini, favorevoli ad essa, e i Girondini, che la ritenevano una violazione della legalità e che parlavano di uno scivolamento verso la dittatura.
Il 2 giugno 1793 la Comune organizzò una sollevazione popolare e fece arrestare gli esponenti girondini, così che il potere effettivo passò nelle mani della Montagna.

l Ora la Convenzione doveva dare alla Francia una nuova Costituzione. Dopo la caduta della Gironda i contrasti per essa erano finiti, così in pochissimi giorni fu predisposto e approvato il nuovo testo.
La Costituzione del 1793 prevedeva un'Assemblea Legislativa composta da membri designati dalle assemblee popolari aperte a tutti i cittadini. La sua durata era di un anno e le leggi da essa proposte potevano essere discusse dal popolo.
Alla Costituzione fu preposta una Dichiarazione dei diritti in cui i principi liberali del 1789 venivano inquadrati in una prospettiva complessiva che ne modificava il senso.
Questa Costituzione in realtà non fu mai applicata; infatti la Convenzione decise che fino al ristabilimento della pace, la Francia sarebbe stata retta da un potere rivoluzionario dotato di poteri eccezionali e non vincolato al rispetto dei principi legali.
Robespierre con la sua tagliente oratoria annunciò l'inizio del Terrore rivoluzionario.

Il Terrore:
l Per riprendere il controllo del paese, sconvolto dall'invasione straniera e dalla guerra civile, la Convenzione adottò una politica di forte accentramento, inviando propri membri in missione nelle province. Questi commissari godevano di ampio potere che era però sempre soggetto a quello della Convenzione.
Per colpire gli avversari furono potenziati i tribunali rivoluzionari, che condannarono i Girondini arrestati il 2 giugno e l'ex regina Maria Antonietta.
Intanto la Francia era sconvolta dalla rivolta federalista e dalla guerra civile, era invasa dalle armate straniere e aveva un' economia gravemente dissestata.
Il movimento federalista era nato dalla reazione di numerosi dipartimenti della Normandia e di tutto il Mezzogiorno francese, i quali non volevano trasformare la nazione in una federazione, ma pretendevano di ridimensionare l'importanza che aveva assunto il popolo parigino sulla politica del periodo. Stavano dalla parte dei Girondini e quindi si opponevano alla Montagna.
Anche il movimento armato controrivoluzionario della Vandea ben presto acuì la sua lotta, ma subì una pesante sconfitta da parte dell'esercito nazionale, che i guerriglieri furono costretti alla fuga, braccati dall'esercito. La zona fu sottoposta ad un regime durissimo in cui i soldati erano obbligati ad applicare integralmente le direttive del governo di Parigi. I morti furono più di centomila.
Sul fronte esterno la situazione stava precipitando. Così la Convenzione decise di arruolare tutti i Francesi. L'esercito fu riorganizzato, amalgamando le vecchie truppe regolari con i nuovi battaglioni di volontari e di coscritti; i rifornimenti furono assicurati con più regolarità; l'attrezzatura fu migliorata. I vecchi generali, politicamente poco affidabili, furono esonerati o giustiziati.
Grazie a questi accorgimenti i Francesi ribaltarono la situazione, respingendo e controffendendo a nord gli Austriaci, a sud gli Spagnoli e riconquistando ad est la Savoia.
Intanto però la situazione economica restava grave, con riflessi sociali e politici preoccupanti. Il cibo non era sufficiente e costava carissimo; le differenze tra classi sociali non erano affatto ridotte, tant'è che alla fame di molti si contrapponeva l'abbondanza dei nuovi ricchi. Specialmente a Parigi le sezioni popolari reclamavano provvedimenti energici a favore dei lavoratori poveri e delle loro famiglie.
Sotto la pressione del movimento popolare, guidato dal gruppo degli Arrabbiati, la Convenzione si decise nel settembre 1793 ad istituire un calmiere generale sia sui prezzi dei generi di prima necessità sia sui salari. Le pene per i contravventori erano pesantissime, anche la morte.
Secondo gli hébertisti, per rigenerare la Francia era necessario cancellare le tracce della sua precedente esperienza religiosa. Questa campagna di decristianizzazione prese una piega violenta (numerosi furono gli atti di vandalismo contro le chiese e i luoghi di culto), ma fu osteggiata dalla Convenzione, nonchè ebbe poca presa sulle masse popolari.
In contrapposizione agli hébertisti c'erano gli Indulgenti, guidati da Danton, che chiedevano la fine del Terrore e la restaurazione di un clima di pace.
Il gruppo di Robespierre colpì con decisione entrambe le fazioni, ciascuna delle quali, sia pure per motivi opposti, sembravano attentare alla saldezza del regime rivoluzionario. Il Comitato di Salute Pubblica fece arrestare e giustiziare sia Hébert e i suoi seguaci sia Danton, senza una minima reazione popolare. Questo era il sintomo che la stanchezza e la disillusione cominciavano a farsi sentire anche tra i sanculotti.
Intanto, sotto la direzione del Comitato, il Terrore fu applicato in modo più sistematico e "regolare".
Si provvide anche a riorganizzare tutta quanta l'economia francese in funzione della guerra. Alla carenza di merci si rispose col razionamento. Questo ed altri provvedimenti furono presi per far fronte alla necessità della guerra o dell'ordine pubblico, non perchè i Montagnardi fossero contrari alla proprietà: il loro ideale era, se mai, quello di colpire le grandi fortune e di assicurare una maggiore eguaglianza tra le proprietà dei cittadini.
La popolarità di Robespierre scemò ancora a causa dei suoi tentativi di introdurre il culto dell'Ente Supremo, che appariva come l'aspirazione ad una dittatura personale. Inoltre le misure eccezionali del Terrore apparivano sempre meno giustificate dall'andamento per lo più ottimo delle operazioni militari.
Robespierre, a torto o a ragione, veniva identificato con la perpetuazione del Terrore. tra l' 8 e il 9 termidoro i suoi avversari presero l'iniziativa e fecero votare dalla Convenzione un decreto d'arresto nei confronti suoi, di Saint-Just e di Couthon. Furono poi giustiziati senza nessuna reazione popolare.

La Convenzione termidoriana e il Direttorio (1794-1799):
l La maggioranza era favorevole ad una alleanza tra tutte le forze che avevano sostenuto il nuovo corso politico del 1789. Così i tribunali rivoluzionari cessarono di funzionare, i Girondini furono riammessi alla Convenzione e Giacobini e sanculotti furono a loro volta vittime di una persecuzione che in talune zone della Francia sfociò in un vero e proprio contro- Terrore, il cosidetto terrore bianco.
In campo religioso la Convenzione soppresse i finanziamenti previsti per il clero a favore dei preti giurati. Abolì la divisione tra questi ultimi e clero refrattario, così che i preti potessero riprendere le loro funzioni, purchè riconoscessero la repubblica e il principio della sovranità nazionale, e favorì in questo modo un clima di maggior pace religiosa.
In campo economico fu ripristinata la libertà dei commerci, ma questo ed altri provvedimenti fecero aumentare i prezzi, con gravi difficoltà per i ceti popolari che, esasperati, si ribellarono, ma furono subito repressi.
Prima di sciogliersi, la convenzione redasse una nuova Costituzione, moderata, che   assegnava il potere legislativo a due assemblee: il Consiglio dei Cinquecento, che doveva predisporre le leggi, e il Consiglio degli Anziani, cui spettava l'approvazione. Le funzioni esecutive, invece, erano affidate ad un Direttorio. Il suffragio universale maschile venne sostituito da un sistema elettorale censitario e a doppio grado. Per le amministarzioni locali fu deciso un ritorno all'accentramento.
Venne premessa una dichiarazione dei diritti e dei doveri, in cui però il diritto all'insurrezione, previsto nella dichiarazione del 1793, non fu riconosciuto.
La nuova costituzione entrò in vigore nel 1795.
Però esisteva sempre una seria minaccia di una resteaurazione monarchica.
Al momento dello scioglimento della Convenzione, la guerra contro la prima coalizione volgeva al termine.
Inizialmente, per contenere le spinte controrivoluzionarie, il Direttorio si appoggiò sugli ex- Giacobini. Ma uno dei leaders del nuovo club giacobino, Babeuf, predispose un piano per l'effettuazione di un colpo di Stato che avrebbe dovuto portare a un regime comunistico di piena uguaglianza, con l'eleminazione della proprietà privata.
Il complotto fu però scoperto e gli aderenti alla congiura furono arrestati e condannati.
Intanto i monarchici, con l'appoggio del clero, intensificavano la loro propaganda e alle elezioni del 1797 registarono un'ulteriore affermazione. Tale successo minacciava le stesse istituzioni repubblicane.
In questo frangente la maggioranza del Direttorio si accordò con i vertici militari e nella notte tra il 3 e 4 settembre 1797 Parigi fu occupata militarmente, cosìcchè tre membri del Direttorio assumessero pieni poteri. Le elezioni del 1797 furono annullate. Furono varate leggi eccezionali contro gli oppositori e la stampa fu posta sotto controllo. Nei confronti degli emigrati e dei preti refrattari furono ripristinate misure punitive.
l A tale esito aveva contribuito il riaccendersi della guerra; infatti non si era riusciti a trovare un accordo con l'Austria, mentre l'Inghilterra voleva proseguire finchè la Francia avesse abbandonato il Belgio.
Il Direttorio pensò di poter stabilizzare la situazione interna intensificando lo sforzo militare. L'obiettivo era quello di arrivare alla pace e di risolvere le difficoltà finanziarie con i contributi dei paesi "liberati" dalle armate repubblicane.
Ma il piano di guerra fallì. Invece la campagna d'Italia, inizialmente concepita come diversivo, divenne determinante per le sorti della guerra. Bonaparte si mosse con grande rapidità. Scavalcate le Alpi, sconfisse più volte, separatamente, l'esercito austriaco e quello piemontese.
Ma il Direttorio voleva che Bonaparte si limitasse solamente a riscuotere quanti più contributi possibili e marciasse sullo Stato pontificio per trarne risorse utili a finanziare la repubblica francese. Invece Bonaparte intendeva dare alla guerra una diversa caratterizzazione politica, promuovendo la formazione di una repubblica nell'alta Italia e appoggiandosi ai gruppi filofrancesi operanti nella Penisola. Il confronto con il Direttorio si risolse con l'affermazione di Bonaparte, che godeva della fedeltà incondizionata dei suoi soldati.
Poi marciò su Vienna; l'imperatore Francesco I dovette chiedere la pace e rinunciare al Belgio e alla Lombardia in cambio del Veneto.
Tutte queste decisioni furono prese dal generale senza consultare il Direttorio. Ma si era nell' aprile 1797, quando alle elezioni in Francia lo schieramento monarchico si era rafforzato; in un momento simile il Direttorio non poteva certo mettersi contro il generale che aveva assicurato alla Francia indiscutibili successi.
Dopo essersi assicurato il controllo pressochè completo dell'Italia, Bonaparte stipulò con l'Austria la pace di Campoformio, indipendentemente dall'autorizzazione del Direttorio.ù
Ma la guerra non era ancora finita: restava da fare i conti con l'Inghilterra.
Per piegarla alla pace il Direttorio pensò ad un'invasione e un'armata venne allestita al comando di Bonaparte. Tuttavia il generale si convinse che l'impresa era irrealizzabile e decise di portare la guerra in Egitto. Questa scelta rispondeva ad una logica duplice. Da una parte, egli era consapevole che rimanere inoperoso significava lasciar logorare quel patrimonio di popolarità e di influenza di cui al momento godeva; dall'altra l'occupazione dell'Egitto poteva effettivamente rappresentare una minaccia per i collegamenti tra il Regno britannico e l'India. Ma la flotta francese fu quasi completamente distrutta dalla flotta inglese. Bonaparte si trovava così praticamente prigioniero in Egitto.
Quando Napoleone tornò in Francia, trovò che alle elezioni del 1799 la posizione dei Giacobini si era rafforzata. Sul fronte opposto le forze monarchiche continuavano a rappresentare una minaccia, particolarmente nelle regioni dell'Ovest. La politica del Direttorio, consistente nel colpire alternativamente uno dei partiti estremi con l'appoggio dell'altro, si faceva sempre più ardua.
Napoleone, insieme ad altri membri del Direttorio, organizzò un colpo di Stato, quello chiamato del 18 brumaio. Anche se alla fine questo colpo sembrò legale, in realtà aveva avuto una chiara impronta militare.

 

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CONCETTI IMPORTANTI:
"Grande paura": (1789) la rivolta contadina che, a seguito di voci incontrollabili circa l'arrivo di bande di briganti, si armarono e si ammassarono intorno ai castelli dei loro signori, chiedendo la fine della servitù e l'abolizione dei diritti feudali.  
Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino: affermava        > il riconoscimento dei diritti naturali e inalienabili                                                                                                dell'uomo (libertà, proprietà, sicurezza,                                                                                                          resistenza all'oppressione);
> l'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge;
> la garanzia di essere giudicati da tribunali                                                                                                                     regolari;
> la libertà di coscienza, di espressione e di                                                                                                                    associazione;
> la divisione dei poteri;
Girondini: liberisti in economia, ostili all'accentramento, fautori della legalità.
Montagnardi: orientati al dirigismo economico e ad una democrazia di tipo rousseauiano.
Riforma dell'ordinamento ecclesiastico:           l abolizione dei voti perpetui;
l soppressione di tutti gli Ordini religiosi con attività non socialmente utili;
l eliminazione delle discriminazioni contro gli Ebrei;
l restituzione dei beni confiscati ai protestanti;
l imposizione di un giuramento di fedeltà;
l preparazione della Costituzione Civile per il clero secolare:

soppressione di alcune                    elezione di vescovi                   trattamento
parrocchie                              e curati come ogni                    economico
altro titolare di                        generoso
incarichi pubblici

Costituzioni:  del 1791:    divisione dei poteri (secondo i precetti di Montesquieu)            > p. legislativo a una                                                

 camera eletta ogni
due anni
> diritto di veto del re+
p. esecutivo
> legge elettorale su basi
censitarie
> autonomia ai poteri locali
> borghesia candidata a
ruolo dirigente.
del 1793:          > p. legislativo ad una Assemblea Legislativa;
> diritto del popolo di esprimersi riguardo le leggi;
> mai applicata.

                    del 1795:           > moderata;
> p. legislativo a due assemblee: Consiglio dei 500 e Consiglio degli Anziani;
> p. esecutivo al Direttorio;
> sistema elettorale censitario e a doppio grado;
> accentramento delle amministrazioni locali;
> abolizione del diritto all'insurrezione.

 

Fonte: http://anki.altervista.org/appunti/riassunti/Rivoluzione_francese_sintesi.doc

 

Rivoluzione francese

L'Europa dall'impero napoleonico alla Restaurazione

2.1 L'Impero  napoleonico
Il trattato di Amiens non fu seguito da una svolta nella politica economica ed estera e dall'effettivo ristabilimento delle relazioni tra l'Inghilterra e la Francia. In fase di intenso sviluppo industriale, l'Inghilterra era più che mai interessata al libero accesso ai mercati europei. I suoi mercanti e i suoi in­dustriali avrebbero potuto accettare le conseguenze economiche negative della pace (ristabilimento del dominio coloniale francese, restituzione di co­lonie, chiusura delle industrie belliche, fine del monopolio commerciale in alcuni settori) soltanto a condizione di trovare un compenso nella ripresa di liberi rapporti di scambio con l'Europa continentale. La politica economica di Napoleone si orientò, invece, in direzione opposta. Anche in Francia la rivoluzione aveva dato un impulso allo sviluppo dell'industria. Un indice di questo sviluppo, nel settore tessile, è l'aumento delle importazioni di coto­ne grezzo, che da 4.700.000 kg nel 1789 passò a 11 milioni nel 1803. Per sostenere l'industria, Bonaparte stabilì elevate tariffe doganali, chiudendo praticamente il mercato francese ai manufatti stranieri. Questa politica si estese anche ai territori e alle zone che erano sotto l'influenza della Francia.
Il pretesto per la ripresa della guerra (maggio 1803) fu la questione di Malta, che l'Inghilterra, in violazione del trattato di Amiens, non volle abbandonare. Il suo rifiuto era giustificato col fatto che la Francia a sua volta non aveva rispettato l'equilibrio stabilito nel trattato, con il mantenimento di truppe in Olanda, le annessioni in Italia, l'azione politica in Germania e in Svizzera. Più che sulle proprie forze militari, il governo inglese contava ini­zialmente ancora sulla possibilità di suscitare e sostenere la controrivolu­zione all'interno della Francia.
Le mene realiste, represse con molta durezza e con qualche iniziativa ar­bitraria (come il rapimento in Germania e la fucilazione del duca di Enghien, che non era coinvolto in nessun complotto), furono prese a pretesto per il raf­forzamento della dittatura. L'instaurazione di una dinastia nuova, legata al­la rivoluzione, apparve alle forze politiche moderate come la migliore ga­ranzia contro il ritorno dei Borboni. Un senatoconsulto del 18 maggio 1804 presentò una nuova Costituzione (dell'anno XII) con la quale il governo ve­niva affidato a «un imperatore ereditario, Napoleone Bonaparte». Un plebi­scito ratificò la decisione. La creazione dell'impero aveva dunque il con­senso popolare, almeno formalmente. Tuttavia l'imperatore volle una consa­crazione di tipo tradizionale, più consona al carattere che egli intendeva im­primere al suo regno. Egli chiese e ottenne di essere incoronato dal papa Pio VII. La cerimonia si svolse il 2 dicembre 1804 nella cattedrale di Notre Da­me. Unico particolare inedito rispetto alle tradizionali cerimonie di incoro­nazione, l'imperatore volle porre da se stesso la corona sul proprio capo e su quello dell'imperatrice Giuseppina. Napoleone I, malgrado tutto, teneva a mostrarsi figlio della rivoluzione nel momento in cui ne rinnegava lo spirito repubblicano. Pare che qualcuno tra i presenti abbia fatto questo commen­to: «Bella cerimonia! Mancano soltanto i trecentomila francesi che si sono fatti uccidere per abolire tutto questo». Vera o inventata, la frase indica qua­li fossero in quel momento i sentimenti dei repubblicani.
La proclamazione dell'impero non portò mutamenti di rilievo nell'orga­nizzazione dello Stato. I poteri personali di Napoleone naturalmente au­mentarono, ma erano già molto estesi durante il consolato; si accentuò la censura sulla stampa, il controllo sull'attività culturale e la repressione dei movimenti di opposizione. Una nuova aristocrazia, i cui quadri si venivano formando già negli ultimi tempi del consolato, si costituì attorno all'impera­tore. I membri della sua numerosa e inquieta famiglia ne furono i più alti esponenti. I suoi fratelli, divenuti prìncipi, furono nominati senatori di di­ritto insieme ad altri grandi dignitari dell'impero; diciotto ufficiali furono no­minati marescialli dell'impero; con l'assegnazione delle numerose cariche di corte furono riesumati vecchi titoli e distinzioni. Più tardi furono rimessi in vigore i titoli nobiliari, che tuttavia non conferivano particolari privilegi.
Sieyès, colui che nel 1789 aveva sostenuto che la nazione si identificava col Terzo stato, divenne conte. Il reinserimento degli aristocratici ex borbonici fu ulteriormente facilitato.
Tra il 1803 e il 1805 la macchina bellica della Francia fu messa in moto per preparare uno sbarco in Inghilterra. La superiorità inglese sul mare e l'entrata in guerra della Russia, dell'Austria, della Svezia e di Napoli (che nell'agosto del 1805 formarono insieme all'Inghilterra la terza coalizione) impedirono l'attuazione del progetto. La flotta francese fu quasi completa­mente distrutta a Trafalgar il 21 ottobre 1805 dall'ammiraglio Nelson, che nella battaglia perdette la vita. Già prima, però, Napoleone aveva deciso di giocare la sua grande partita sul continente. La Grande Armée, che era sta­ta concentrata a Boulogne in attesa che si creassero le condizioni favorevo­li allo sbarco, fu indirizzata verso il centro dell'Europa.
Giunto fulmineamente nel bacino del Danubio, Napoleone affrontò l'eser­cito austriaco e gli inflisse una grave sconfitta a Ulm. I resti dell'esercito au­striaco, che a Ulm lasciò decine di migliaia di prigionieri, si congiunsero in Moravia con l'esercito russo. Napoleone, occupata Vienna, affrontò gli austro-russi ad Austerlitz, ottenendo una vittoria che è una delle più importanti te­stimonianze della sua genialità di stratega. L'imperatore d'Austria dovette ri­tirarsi dalla coalizione e firmare (2 dicembre 1805) la pace di. Presburgo (26 dicembre 1805). Anche la Prussia, entrata in guerra nel 1806 (quarta coali­zione) fu irrimediabilmente sconfitta nelle battaglie di Jena e di Auerstadt; l'esercito francese penetrò nel regno occupandone le città e i luoghi fortifica­ti senza incontrare più nessuna resistenza. A differenza delle sue alleate, la Russia mantenne la sua capacità militare anche dopo le sconfitte subite a Ey­lau e a Friedland nel 1807. Lo zar Alessandro I era ormai sul continente l'u­nico sovrano al quale Napoleone non potesse dettar legge. Il trattato di Tilsit, stipulato nel 1807, rispecchia l'equilibrio di forze tra i due imperi e getta le basi di una alleanza in vista della divisione dell'Europa in due grandi zone di influenza. Prostrata e smembrata, la Prussia restò alla mercé di Napoleone; l'Austria tentò invece di risollevarsi nel 1809. Il suo tentativo (che diede il via alla quinta coalizione) fu stroncato da Napoleone nella battaglia di Wagram e la nazione vinta dovette subire nuove e pesanti imposizioni dal vincitore nel­la pace di Schönbrunn (1809). All'imperatore Francesco II si offrì una possi­bilità di attenuare la durezza della sconfitta quando Napoleone divorziò dal­la moglie Giuseppina Tarcher de la Pagerie e manifestò il proposito di impa­rentarsi con una casa regnante. Il sovrano austriaco fu ben contento di offrir­gli in sposa la figlia diciottenne Maria Luisa. L'erede che Napoleone deside­rava nacque nel 1811 ed ebbe il significativo titolo di «re di Roma».
Quattro anni di successi militari, dal 1805 al 1809, ebbero conseguenze vistose nella geografia politica dell'Europa. L'egemonia o il dominio diretto della Francia si arrestarono soltanto ai confini della Russia. Direttamente o indirettamente tutta l'Italia, escluse le isole, fu posta sotto il dominio fran­cese. Il Veneto, sottratto all'Austria, fu aggregato al regno d'Italia (istituito nel 1805 nel territorio dell'ex repubblica cisalpina: Napoleone ne aveva cin­to la corona e aveva assegnato la carica di viceré al figliastro Eugenio Beau­harnais). Nel 1806 i Borboni di Napoli furono espulsi dal loro regno, la cui corona fu data a un fratello dell'imperatore, Giuseppe. Anche questa volta i sovrani si rifugiarono in Sicilia, sotto la protezione inglese, e da qui tentaro­no inutilmente di suscitare una insurrezione popolare antifrancese come quella del 1799. La Toscana fu riunita all'impero francese e successiva­mente eretta in granducato e affidata a una sorella dell'imperatore, Elisa Baciocchi. Anche lo Stato della Chiesa fu occupato tra il 1807 e il 1808; il pa­pa fu deportato da Roma e tenuto prigioniero, prima a Savona e poi a Fon­tainebleau. Le Marche furono aggregate al regno d'Italia, mentre il resto del­lo Stato pontificio fu annesso alla Francia. Anche la Dalmazia e l'Istria fu­rono tolte all'Austria col trattato di Presburgo e costituirono un dominio di­retto della Francia col nome di Province Illiriche. A esse furono aggregate, dopo Wagram, col trattato di Schönbrunn, Trieste, Fiume, la Carinzia, la Car­niola e la Croazia.
In Germania un gruppo di Stati furono riuniti nella Confederazione del Reno. Il Sacro romano impero scomparve, e Francesco II dovette trasforma­re il suo titolo medievale in quello più modesto di imperatore d'Austria e ri­nunciare alla sua residua autorità sulla Germania. Nell'ambito della Confe­derazione gli Stati più importanti (Baviera, Württemberg, Baden, Sassonia, Berg) erano alleati e vassalli della Francia. A compenso dell'aiuto dato a Na­poleone, la Baviera e il Württemberg furono costituiti in regni e si ingrandi­rono a spese dell'Austria, l'una con l'acquisto del Tirolo e del Trentino, l'al­tro con l'annessione di una parte della Svevia. Anche la Sassonia, divenuta regno, ebbe un compenso: i territori polacchi sottratti alla Russia formarono il granducato di Varsavia, il cui governatorato fu affidato al re di Sassonia. Dallo smembramento della Prussia sorse anche, a occidente dell'Elba, il re­gno di Westfalia, sul cui trono fu posto un altro fratello di Napoleone, Gero­lamo. L'Olanda fu dapprima trasformata in regno, sotto la sovranità di Luigi Bonaparte, fratello di Napoleone (1806). In seguito (1810) fu annessa alla Francia, come era già stato il Belgio.
Dopo Tilsit, Francia e Inghilterra restarono ancora una volta sole a fron­teggiarsi. Napoleone aveva già individuato la linea lungo la quale si sarebbe svolta la lotta: bisognava far leva sul predominio francese nel continente per isolare economicamente l'Inghilterra con un blocco economico, al qua­le avrebbero dovuto partecipare tutti gli Stati del continente. Da Berlino, do­po la disfatta della Prussia, Napoleone aveva interdetto a tutti i paesi euro­pei il commercio con l'Inghilterra. Le disposizioni per il blocco furono via via aggravate con i decreti emanati a Fontainebleau e a Milano (1807); Na­poleone si propose di effettuare ulteriori annessioni per eliminare le teste di ponte commerciali che l'Inghilterra aveva ancora in Europa. In questo qua­dro va considerata l'invasione del Portogallo effettuata nel 1807. La succes­siva occupazione della Spagna fu facilitata da un contrasto scoppiato in se­no alla famiglia reale, tra il re Carlo IV, dominato dall'onnipotente ministro Godoy, e il figlio che intendeva, col nome di Ferdinando VII, assumere la corona. Essi si rivolsero per un arbitrato a Napoleone, che li convocò a Baio-na, ma per trasferirli in Francia, dopo avere imposto loro la rinuncia al tro­no, e per insediare come re il fratello Giuseppe. Questi fu sostituito a Napo­li da un brillante generale, cognato dell'imperatore, Gioacchino Murat. La rivolta di Madrid del 2 maggio 1808, duramente repressa dalle truppe fran­cesi, fu il segno premonitore di un movimento insurrezionale che avrebbe impegnato l'esercito francese in una guerriglia estenuante, sbilanciando la distribuzione delle forze militari all'interno del Grande impero e segnando la prima grave incrinatura nel sistema politico creato da Napoleone.

2.2 Riforme istituzionali e sviluppo economico nell'area napoleonica
Lo sconvolgimento della geografia politica europea provocato dalle folgo­ranti vittorie di Napoleone ebbe la sua apparente e preminente giustifica­zione nella volontà di potenza dell'imperatore e nella necessità di mobilita­re il continente nella lotta soprattutto economica contro l'Inghilterra. La nuo­va struttura politica europea corrispondeva, tuttavia, almeno in parte, a esi­genze più profonde e diverse da quelle dell'imperialismo napoleonico. Se la logica dell'espansionismo prevalse nella decisione di annettere territori e creare nuovi regni, in alcuni casi si ebbe un adeguamento dei confini poli­tici degli Stati alla realtà delle nazioni, intese come entità omogenee per lin­gua, costumi, interessi, cultura, posizione geografica. Per quanto arbitrarie siano state le costruzioni politiche napoleoniche (e arbitraria fu soprattutto la pretesa di assoggettare nuovi e vecchi organismi politici agli interessi della nazione francese), in definitiva lo furono meno di quelle elaborate nel cor­so delle guerre e delle operazioni diplomatiche dell'ancien régime, che ri­spondevano al criterio dell'equilibrio tra le grandi potenze o erano basate su interessi dinastici e sul diritto feudale. I casi più significativi sono quelli del­la Confederazione del Reno, dell'Italia (dove una serie di sopravvivenze me­dievali, dalla repubblica di Genova al dominio temporale della Chiesa, fu­rono eliminate) e della Polonia, dove fu ricostituito un primo abbozzo di Sta­to nazionale. Indirettamente, poi, la separazione dell'Europa continentale dalle terre d'oltremare durante le guerre napoleoniche ebbe nei domini co­loniali di Francia, Spagna, Olanda e Portogallo un duplice effetto: consentì all'Inghilterra di impadronirsi di una parte di essi e di crearsi negli altri (spe­cialmente nelle colonie latino-americane) nuovi sbocchi commerciali; ma nello stesso tempo permise il sorgere di movimenti di indipendenza dei popoli soggetti, che costituirono nell'America latina la premessa della crea­zione di nuovi Stati nazionali.
Alcune di queste trasformazioni sopravvissero al crollo dell'impero. Mol­ti principati tedeschi non riacquistarono più la loro autonomia, come non la riacquistarono, in Italia, le repubbliche di Genova e di Venezia; nell'Ameri­ca latina i risultati raggiunti dai movimenti di indipendenza si dimostrarono irreversibili e diedero a breve scadenza i loro frutti.
L'importanza dell'impero napoleonico nella storia della civiltà europea non deve essere misurata, però, semplicemente col metro del suo contributo a una «razionalizzazione» geopolitica del continente. Se abbiamo delineato, sia pu­re sommariamente, i confini di un impero che ebbe soltanto pochi anni di vi­ta e che si dimostrò ben presto una costruzione effimera, lo abbiamo fatto so­prattutto per indicare l'area geografica e politica in cui ebbero luogo, per di­retta influenza e iniziativa della Francia napoleonica, quei mutamenti istitu­zionali e sociali che né le riforme settecentesche, né l'influsso ideale della ri­voluzione francese, né i tentativi rivoluzionari di gruppi di repubblicani ave­vano potuto prima determinare. In quasi tutta questa area fu abolito il feuda­lesimo, fu introdotto il Codice civile francese (che si ispirava ai princìpi dell'89, come abbiamo detto, sia pure filtrati attraverso le esperienze della reazione termidoriana, del Direttorio e del Consolato), fu creata una nuova e più moderna struttura amministrativa, fu laicizzato lo Stato, fu affermata la tol­leranza religiosa. Lo sviluppo del sistema capitalistico (con l'ammoderna­mento dell'apparato produttivo e dei rapporti sociali) ricevette un forte impulso e la borghesia cominciò a fare le prime esperienze di governo e di am­ministrazione pubblica. Anche gli organismi militari furono rinnovati e fu aperto ai non nobili l'accesso ai più alti comandi.
La superiorità del sistema politico-sociale che in tal modo fu creato fu im­plicitamente riconosciuta anche dagli avversari continentali della Francia. Per questo motivo, in alcuni casi, come quello della Prussia, la lotta contro Na­poleone passò attraverso l'adozione di riforme che si ispiravano alla rivolu­zione francese e all'ordinamento creato da Napoleone in Francia e negli Stati vassalli. Una seria analisi del disastro del 1806 non poteva non portare alla conclusione che se l'esercito si era letteralmente polverizzato, se la popola­zione non aveva offerto nessuna resistenza, se il re Federico Guglielmo III ave­va dovuto umiliarsi, ciò era dipeso essenzialmente dall'arretratezza degli or­dinamenti politici e sociali. Così si cercò di riformarli, dapprima per iniziati­va del ministro barone di Stein (che fu poi espulso per ordine di Napoleone) c poi di Hardenberg e Scharnhorst. Fu abolito il servaggio, fu consentito ai con­tadini il diritto al possesso fondiario (fino allora riservato ai nobili), la nobiltà fu assoggettata al pagamento delle imposte, furono redatti nuovi regolamenti militari, fu riorganizzato l'insegnamento universitario sotto la direzione del fi­losofo Wilhelm von Humboldt. Diventò allora professore a Jena Georg Wil­helm Friedrich Hegel. La classe dirigente prussiana rinnovò se stessa, arre­standosi di fronte al provvedimento che era invece il fondamento di ogni ope­ra di riforma nei domini napoleonici: l'abolizione della feudalità e delle di­stinzioni giuridiche tra le classi sociali. In Russia, la volontà riformistica del­lo zar Alessandro I si arrestò ancora prima. I progetti di riforma elaborati dal ministro Speranskij incontrarono una decisa opposizione nella grande aristo­crazia, e il tentativo si concluse con l'esilio del ministro riformatore.
A confronto con questi tentativi e con l'immobilismo e l'arcaicità delle isti­tuzioni civili e politiche in Austria, l'opera di riforma svolta nell'area del Grande impero appare, pur con i suoi limiti e le sue contraddizioni, profon­damente rinnovatrice. Nel regno d'Italia, con l'adozione delle istituzioni e del­le leggi francesi, furono definitivamente liquidati i residui feudali. La bor­ghesia terriera si rafforzò attraverso l'acquisto dei beni ecclesiastici espro­priati, l'abolizione degli istituti feudali e la privatizzazione dei demani pub­blici; commercio e industria furono avvantaggiati dalla soppressione delle barriere doganali interne in una larga parte dell'Italia del Nord, dall'unifica­zione dei pesi e delle misure, dalla creazione di infrastrutture (strade, canali, scuole, ecc.), dal riordinamento fiscale e finanziario. Un esercito nazionale, organizzato attraverso il sistema della coscrizione obbligatoria, partecipò al­le diverse campagne napoleoniche: fu un fattore di rafforzamento dei legami tra Italiani di varie regioni (mentre ancora erano dominanti il municipalismo e lo spirito localistico anche nei ceti più elevati) e terreno di formazione non solo strettamente militare ma anche politica di nuove forze dirigenti.
Una linea non diversa segui l'azione di riforma negli Stati tedeschi fran­cesizzati o posti sotto l'influenza della Francia. Il Codice civile fu adottato, oltre che nei territori annessi, anche nella Confederazione del Reno; all'e­conomia tedesca fu particolarmente utile il superamento dell'eccessivo frazionamento politico-territoriale.
La carica rinnovatrice dell'opera di riforma nell'area napoleonica fu tut­tavia limitata da alcune condizioni sfavorevoli, create dallo stesso dominio francese. Territori annessi e Stati vassalli furono considerati come zone di sfruttamento a vantaggio della Francia (che era allora il paese più indu­strializzato del continente); le loro esigenze furono in ogni caso subordinate a quelle di una guerra che richiedeva una immensa mobilitazione di uomi­ni e di risorse. La posizione della Francia nel sistema imperiale fu assoluta­mente privilegiata, e Napoleone non mancò di ricordare ripetutamente ai re­gnanti suoi familiari e ai suoi rappresentanti che la loro politica doveva ave­re come obiettivo principale, se non esclusivo, il potenziamento dell'appa­rato produttivo e della forza militare della Francia. Questa linea non fu sem­pre puntualmente realizzata, poiché governare Napoli o la Westfalia o l'Olanda tenendo conto soltanto degli interessi francesi non era facile, né, in definitiva, possibile; ma lo fu tanto da costituire un serio contrappeso nega­tivo ai benefici delle riforme, e da ostacolare l'espansione produttiva e l'e­voluzione sociale alle quali l'abbattimento del sistema feudale aveva in qualche misura aperto la strada. Oltre i gravi contributi finanziari, Napoleo­ne impose un sistema doganale e di proibizioni che aveva l'obiettivo di fare svolgere agli Stati satelliti una funzione economica subalterna, in quanto es­si dovevano fornire materie prime alle industrie francesi e costituire a loro volta mercati riservati e privilegiati per i manufatti di quelle industrie.

2.3 Le resistenze nazionali
Nel momento in cui ogni possibilità di opposizione all'imperialismo france­se era annientata negli apparati ufficiali (governi, eserciti) degli Stati, la re­sistenza al dominio napoleonico trovò un nuovo e vigoroso alimento nella dif­fusione del sentimento nazionale, in movimenti collettivi di opinione e in spontanee iniziative di lotta armata che contribuirono a mettere in crisi l'e­dificio politico del Grande impero.
Il principio di nazionalità, già affermato da Rousseau e reso operante dal­la rivoluzione francese, fu ripreso, sul piano culturale, dal romanticismo, specialmente in Germania. Di fronte al cosmopolitismo e al razionalismo del secolo XVIII il romanticismo valorizzò tradizioni storiche, lingua, cultura, caratteri peculiari di ciascun popolo, esaltò i valori del sentimento e della religiosità. Il movimento romantico ebbe un duplice aspetto: mentre una par­te di esso sostenne e ampliò la tematica rivoluzionaria, un'altra corrente (che in quel momento fu decisamente più influente) idealizzò il passato, con­trapponendo allo spirito critico dell'illuminismo e alla rivoluzione francese i valori religiosi, politici e civili della tradizione, l'irrazionalità, il mistici­smo. Novalis e Schlegel invitavano a guardare al passato, come fonte di tut­ti i valori; Uhland e Tieck erano invece liberali. Schiller esaltò nel dramma I Masnadieri la difesa individualistica della personalità, la ribellione indi­viduale in nome della giustizia, idealizzando la figura del brigante giusti­ziere e creando uno dei miti più popolari e più persistenti dell'età romanti­ca. Nel nuovo clima si colloca anche l'opera di Foscolo (I Sepolcri sono del 1807). Individualismo, valorizzazione del sentimento e delle realtà naziona­li furono presenti anche nella cultura francese, sia nelle tendenze progres­siste e liberali (Constant, Madame de Stael) che in quelle conservatrici (Chateaubriand): le une e le altre furono però concordi nell'opposizione al regi­me napoleonico e ne subirono la repressione poliziesca.
La rivalutazione culturale delle tradizioni storiche e della nazionalità di­ventò ben presto una piattaforma ideale della lotta politica contro Napoleo­ne. I Discorsi alla nazione tedesca, pronunziati da Fichte nell'inverno del 1807-1808, diedero a questi fermenti culturali la più vigorosa espressione politica. Alla luce di queste idee si formarono società segrete in diversi pae­si, come il Tugendbund (Lega della virtù) in Germania, la Carboneria in Italia e in Francia, l'Eteria in Grecia.
A mano a mano che il risentimento contro il dominio francese guadagna­va terreno, mutava il carattere stesso della guerra anti-napoleonica: non più combattuta e condotta soltanto per decisione politica dei sovrani e con l'u­tilizzazione dell'apparato militare professionale, la guerra si basò sulla par­tecipazione in parte spontanea e volontaria delle popolazioni, che si senti­rono impegnate per la propria difesa, trasformandosi da oggetti e vittime del­le contese politiche in protagoniste e forze attive e principali della lotta. In Spagna (1808-1813), in Russia (1812), nella Germania del Nord (1813) Na­poleone non si trovò di fronte soltanto gli eserciti avversari, ma anche l'in­sidiosa, tenace e attiva ostilità delle popolazioni nemiche, contro le quali non erano più sufficienti le geniali manovre sui campi di battaglia.
La Spagna diede il primo esempio di una guerra di liberazione nazionale di questo tipo. Appena il debole re Carlo IV e suo figlio Ferdinando furono convotati a Baiona, la popolazione di Madrid insorse. Dopo l'insediamento di Giu­seppe l'insurrezione dilagò in tutto il paese; la lotta armata fu organizzata dal­le giunte insurrezionali delle diverse province in forma nuova, alla quale l'e­sercito francese era impreparato. Sottraendosi allo scontro frontale, le forze in­surrezionali condussero una guerra per bande, fatta di imboscate, sabotaggi, colpi di mano, una «guerriglia» (il termine fu coniato proprio allora) nella qua­le era impossibile distinguere le forze combattenti dalla popolazione civile. Di fronte a un nemico inafferrabile le truppe imperiali replicarono con le più indiscriminate rappresaglie contro villaggi e città, con l'effetto di generalizzare e rendere più violenta la guerriglia. Il re Giuseppe dovette abbandonare Madrid. Un'armata di 20.000 uomini, inviata in Andalusia, fu costretta a capitolare a Bailén. L'episodio ebbe una enorme ripercussione: il mito di invincibilità del­la grande potenza imperiale cominciò a essere scosso. L'Inghilterra poté invia­re un corpo di spedizione, sotto il comando del Wellesley, in Portogallo, dove le truppe di occupazione del generale Junot dovettero firmare la resa a Cintra.
Napoleone decise a questo punto di intervenire personalmente in Spagna. Per garantire le proprie posizioni nell'Europa nord-orientale cercò di conso­lidare l'alleanza franco-russa. Un nuovo incontro con lo zar Alessandro a Erfurt non diede però i risultati sperati. Incoraggiato dai successi dell'insurre­zione spagnola e del corpo di spedizione inglese, lo zar non aderì alle richieste francesi.
Il trasferimento della Grande Armée in Spagna ristabilì momentaneamen­te la situazione militare. Fallì invece completamente il tentativo di creare un nuovo rapporto con il paese attraverso l'introduzione del Codice civile e l'at­tuazione delle riforme antifeudali, alle quali tolsero ogni efficacia le violen­ze e le stragi che accompagnarono la riconquista. A Saragozza, che dovette essere conquistata casa per casa, oltre cinquantamila cittadini morirono nell'assedio e nella resistenza. «È una guerra che fa orrore», scrisse uno dei marescialli di Napoleone, dopo la conquista della città.
Le difficoltà in cui si trovò Napoleone in Spagna, il diretto intervento in­glese, l'agitazione patriottica in Germania incoraggiarono il tentativo di ri­presa austriaca del 1809, che si concluse con la disfatta di Wagram. In vista dell'iniziativa austriaca Napoleone dovette abbandonare la Spagna, mentre era ancora impossibile prevedere la fine della guerra; oltre centomila solda­ti francesi restarono impegnati sul suolo spagnolo.
Il lealismo dinastico, l'odio contro lo straniero, il fanatismo religioso fu­rono le componenti fondamentali dell'insurrezione spagnola, alla quale aderì la grande massa della popolazione. I fautori delle riforme e di un rinnovamento della società spagnola si divisero in due gruppi: l'uno, formato dai cosiddetti afrancesados, si schierò a favore del regime napoleonico; l'altro, costituito da una schiera non meno esigua di patrioti libera­li, si inserì nel movimento insurrezionale cercando di dare alla lotta anti­napoleonica anche un contenuto di riforma costituzionale e sociale. L'in­fluenza del gruppo liberale si fece sentire nelle Cortes, riunite a Cadice nel 1810 per «ristabilire e migliorare la costituzione fondamentale della monarchia». Per iniziativa delle Cortes, infatti, furono allora aboliti dirit­ti e privilegi feudali, furono decretate confische di beni ecclesiastici, la soppressione dell'Inquisizione, la divisione delle terre demaniali. La Co­stituzione, promulgata nel 1812, affermava il principio che la sovranità ri­siede nella nazione e che spetta esclusivamente a questa il diritto di sta­bilire le proprie leggi attraverso una rappresentanza eletta. La Costituzio­ne si differenziava dal suo modello francese del 1791 soltanto per il fatto che manteneva il cattolicesimo come religione ufficiale ed escludeva gli altri culti. Ciò non fu sufficiente a farla accettare dal clero e dalle classi popolari, le quali avevano più fiducia nel mito del re protettore e garante della giustizia che nell'opera di un gruppo di intellettuali. L'opera legi­slativa e costituzionale delle Cortes di Cadice non rispecchiava certo l'o­rientamento della maggioranza degli Spagnoli, che erano insorti non sol­tanto contro l'oppressione straniera ma anche contro la rivoluzione. Fu dunque agevolmente annullata quando i Borboni tornarono sul trono con Ferdinando VII nel 1813; i patrioti liberali furono colpiti dalla repressio­ne tanto quanto gli afrancesados, mentre il sistema assolutistico veniva pienamente restaurato.
Sul versante russo, l'alleanza stabilita con la pace di Tilsit non era stata mai solida. L'aristocrazia russa non aveva ragioni per desiderare l'accordo con la Francia che, malgrado tutto, restava il focolaio del contagio rivolu­zionario e che creava ostacoli ai rapporti commerciali con l'Inghilterra, la principale acquirente delle materie prime russe (grano, legname). Dopo Til- - sit, l'influenza francese si era ulteriormente allargata alla Svezia, dove era stato insediato come reggente, in previsione della successione a Carlo XIII, un maresciallo napoleonico, Bernadotte. Napoleone si era impadronito del­la Pomerania svedese e non aveva esitato ad annettere alla Francia il terri­torio del duca di Oldenburg, genero dello zar. Aveva, inoltre, accentuato la pressione sulla Confederazione renana ed esigeva, infine, che il blocco fos­se reso più completo ed effettivo nel settore del Baltico, un settore vitale per la Russia.
Alessandro, da parte sua, aveva occupato la Finlandia e iniziato una guer­ra in Turchia; ciò rientrava nel disegno di spartizione delle zone di influenza. Ma si era anche adoperato con successo per staccare la Svezia dall'in­fluenza francese e per assicurarsi l'alleanza di Bernadotte, il quale, divenu­to reggente, aveva rinnegato gli interessi e la politica del suo ex padrone; in­fine, sotto la pressione della nobiltà, aveva adottato una tariffa doganale che ostacolava l'importazione di prodotti francesi in Russia e rifiutava di vieta­re l'importazione di prodotti coloniali provenienti dall'Inghilterra su navi neutrali.
Fin dai primi mesi del 1811 Napoleone ritenne inevitabile lo scontro con la Russia e lo preparò accuratamente. Segni di crisi non mancavano all'in­terno del suo impero. Nella stessa Francia l'opposizione cattolica si era irri­gidita in seguito alla prigionia del papa e si era largamente diffusa una so­cietà segreta realista di ispirazione cattolica, i Cavalieri della fede. La se­verità del regime di polizia e il malcontento per le leve militari rischiavano di creare una frattura insanabile tra il regime e il paese. Tuttavia le difficol­tà non mancavano neanche nel campo avverso. L'Inghilterra attraversò nel 1811 una gravissima crisi economica provocata in parte dall'impossibilità di riversare sul continente la crescente produzione dell'industria tessile. Come conseguenza della crisi, si sviluppò una vasta agitazione sociale che culminò nel movimento luddista (su cui torneremo avanti: cfr. p. 150): gruppi di operai, contadini e artigiani si diedero a distruggere le nuove macchine, la cui introduzione aveva avuto come effetto la riduzione della mano d'opera. Sul piano politico, il governo dei tories aveva bloccato ogni riforma, assicu­rando il predominio di una ristretta oligarchia di grandi proprietari e crean­do un terreno favorevole alle rivalità personali e alla corruzione. Infine, il controllo al quale l'Inghilterra pretese di sottoporre le navi americane per impedire il traffico con la Francia provocò nel 1812 una guerra con gli Sta­ti Uniti, che per qualche tempo alleggerì la pressione inglese in Europa.
Quanto all'Austria e alla Prussia, esse non erano in grado di resistere alla volontà di Napoleone. Nel quadro della preparazione della campagna di Russia, Federico Guglielmo III e Francesco furono obbligati a sottoscrivere un'alleanza militare con la Francia e a fornire contingenti di truppe come gli altri Stati del continente. La Germania divenne una vasta base per l'offensi­va contro la Russia.
Nell'aprile del 1812 Alessandro formulò le richieste che dovevano forni­re l'occasione immediata della guerra: evacuazione della Prussia e della Pomerania svedese da parte delle truppe francesi e stipulazione di accordi commerciali sulla base della libertà di commercio dei neutrali. Nel maggio, lo zar ritirò le sue truppe dalla Turchia, che firmò la pace di Bucarest e ce­dette la Bessarabia.

2.4 Dalla campagna di Russia all'abdicazione di Napoleone
L'immenso esercito francese schierato contro la Russia contava oltre 600 mi­la uomini, di cui soltanto la metà erano francesi. Attraversato il Niemen il 24 giugno con la maggior parte delle truppe, Napoleone intendeva agganciare l'e­sercito russo e decidere con una battaglia risolutiva le sorti della guerra. Equi­paggiamento e rifornimento della colossale spedizione erano stati organizza­ti in vista di una breve campagna. La tattica adottata dal comando russo, affi­dato al ministro della guerra Barclay de Tolly, non permise l'attuazione di que­sto piano. I Russi indietreggiarono, deludendo l'aspettativa di Napoleone. Una prima battaglia si svolse soltanto a metà di agosto, a Smolensk, ma solo una parte dell'esercito russo fu impegnata. Il grosso procedeva ordinatamen­te alla ritirata, incendiando dietro di sé villaggi e depositi e lasciando ai Fran­cesi la terra bruciata. Una seconda battaglia, di proporzioni più vaste, si svol­se non lontano da Mosca, nei pressi del villaggio fortificato di Borodino. La resistenza delle truppe russe, che ora erano comandate dal generale Kutuzov, fu accanita. Napoleone poté entrare a Mosca il 14 settembre, ma senza avere annientato l'esercito russo, che ripiegò al di là della capitale. Come era avve­nuto nei paesi e villaggi, anche Mosca fu abbandonata dalla popolazione e quasi completamente distrutta da un incendio, che durò dal 15 al 18 settem­bre. Napoleone tentò senza esito di giungere a trattative con lo zar. Intanto la guerriglia divampava nelle zone in cui erano rimasti distaccamenti francesi. Di fronte al rifiuto dello zar di trattare e all'impossibilità di inseguire ancora l'esercito russo, Napoleone decise di ritirarsi. L'unica alternativa che gli si of­friva (e che la nobiltà russa temeva più di tutto) era quella di suscitare una ri­volta contadina antifeudale, proclamando l'abolizione delle servitù e dei di­ritti feudali. Durante il soggiorno a Mosca, egli pensò a questo e si fece fare relazioni sulla storia della rivolta di Pugacev. Ma ormai era troppo lontano dall'esperienza giacobina per risolversi ad adottare questa linea. La rivolta con­tadina era estranea alla sua concezione della guerra e della lotta politica.
La ritirata fu iniziata mentre cominciava l'inverno. Il freddo, la mancan­za di rifornimenti, i continui attacchi della cavalleria cosacca e dei parti­giani fecero strage dell'esercito napoleonico, i cui resti furono ulteriormen­te decimati dalle truppe russe al passaggio della Beresina: appena ventimi­la uomini riuscirono a riattraversare, il 18 dicembre, il Niemen. Napoleone rientrò subito a Parigi, dove un generale aveva appena tentato di fare un col­po di Stato annunciando la morte dell'imperatore.
Mentre i Russi penetravano nel territorio tedesco, la Prussia diede l'avvio alla sollevazione della Germania contro il dominio napoleonico. Federico Guglielmo, sotto la pressione del movimento nazionale, entrò nella sesta co­alizione, insieme alla Russia e all'Inghilterra. La Confederazione del Reno si dissolse. Napoleone, che intanto aveva ricostituito l'esercito reclutando una leva di giovanissimi, si portò in Germania e ottenne due vittorie sui Prussiani (Lutzen e Bautzen, maggio 1813). Il cancelliere austriaco, princi­pe di Metternich, tentò di farsi mediatore tra le due parti, proponendo alla Francia il ritorno alla situazione fissata con la pace di Campoformio. Al ri­fiuto di Napoleone, anche l'Austria entrò nella coalizione. Gli alleati, che potevano contare su una forza numerica superiore, affrontarono Napoleone e lo sconfissero a Lipsia, dal 16 al 18 ottobre.
Gli Austriaci passarono all'offensiva anche in Italia. Murat abbandonò l'imperatore, nella speranza di conservare il regno, e, come alleato dell'Austria, attaccò da sud il regno d'Italia, difeso dal viceré Eugenio Beauharnais. Gli Inglesi intanto avevano espulso le truppe francesi dalla Spagna e anche l'Olanda era stata evacuata.
La guerra tornava a svolgersi sul suolo francese. Il regime mostrò allora la sua sostanziale debolezza: nel paese, stanco della dittatura e della guerra, non vi fu più quella generale mobilitazione di energie e di sentimenti nazionali e popola­ri che nel 1792-1793 era stata opposta all'invasione straniera. D'altra parte gli alleati – che il 9 marzo 1814, col trattato di Chaumont, si impegnarono a non trat­tare separatamente e a proseguire la lotta fino alla caduta dell'imperatore – pro­clamarono di ritenere soltanto Napoleone e non il popolo francese responsabile della guerra. Parigi fu occupata il 31 marzo da Russi e Prussiani, Talleyrand di­venne capo di un governo provvisorio e il Senato dichiarò decaduto l'imperato­re. Questi avrebbe voluto continuare la resistenza, ma i suoi generali, convinti della irrimediabilità della sconfitta, lo indussero ad abdicare (6 aprile 1814). Gli fu data, come possedimento e luogo di esilio, l'isola d'Elba. Sul trono di Francia fu posto, col nome di Luigi XVIII, un fratello del re ghigliottinato.

2.5 Il congresso di Vienna e la Restaurazione
Il compito fondamentale che si presentò agli alleati all'indomani della scon­fitta di Napoleone fu quello di assicurare le basi politiche di una pace du­ratura e di liquidare definitivamente la minaccia della rivoluzione. I due obiettivi erano in larga parte connessi e i sovrani vittoriosi si rendevano ben conto che nuove guerre avrebbero messo in serio pericolo la stabilità del­l'antico regime. Sulle condizioni da imporre alla Francia non vi furono con­trasti: per non suscitare pericolose reazioni, l'integrità del territorio nazio­nale fu rispettata.
La sistemazione dell'Europa fu, naturalmente, più difficile. Bisognava conciliare tra loro, in modo duraturo, gli interessi delle potenze vincitrici. Fu convocato un congresso a Vienna, che iniziò i suoi lavori nel novembre del 1814 e li concluse il 9 giugno del 1815. Anche la Francia fu invitata a partecipare ed ebbe come suo rappresentante il Talleyrand, che fu uno dei maggiori protagonisti del congresso insieme al ministro austriaco Metternich, al cancelliere russo Nesselrode, al rappresentante inglese Castlereagh e al cancelliere prussiano Hardenberg. I rappresentanti degli altri Stati ebbero un ruolo secondario. Le decisioni del congresso si basarono fondamen­talmente sul principio dell'equilibrio tra le cinque maggiori potenze (Russia, Gran Bretagna, Austria, Prussia, Francia). Nella misura in cui poteva conciliarsi con le esigenze dell'equilibrio, si cercò di rispettare anche il principio di legittimità e di far valere i diritti dei sovrani che erano stati spo­destati da Napoleone. Delle aspirazioni nazionali, invece, non si tenne al­cun conto. Gli alleati si erano più volte proclamati, nel corso della guerra, tutori dei popoli oppressi, ma non si erano mai pronunciati a favore del prin­cipio di nazionalità e del costituzionalismo.
L'Inghilterra e la Russia ebbero il peso maggiore nelle decisioni del con­gresso, essendo l'una la nazione più forte economicamente (i finanziamenti inglesi avevano alimentato tutte le coalizioni) e l'altra la più grande potenza militare. Poiché l'Inghilterra non aveva ambizioni territoriali sul continente, il suo rappresentante poté svolgere anche una funzione mediatrice nelle nu­merose controversie tra gli Stati continentali. Ma il suo interesse a contene­re la potenza russa la spinse a favorire il rafforzamento dell'Austria in Italia, in Germania e nei Balcani. Contrastante fu la politica delle due potenze an­che nei confronti dell'impero turco e delle colonie spagnole d'America, do­ve tra il 1811 e il 1813 erano scoppiate le prime rivolte indipendentistiche. Comunque, l'accordo raggiunto fu tale che nessuno di questi contrasti di­venne per lungo tempo causa di conflitti generali.
La Gran Bretagna conservò il possesso di Malta, ed ebbe il protettorato delle isole Jonie e l'isola di Heligoland, tolta alla Danimarca. L'Hannover, divenuto regno, fu restituito a Giorgio III, allora sovrano d'Inghilterra. Ai domini coloniali inglesi si aggiunsero Ceylon, la colonia del Capo, una parte della Guinea, già appartenenti all'Olanda, e alcune delle Antille. L'Austria perdette il Belgio, ma ebbe la Lombardia e il Veneto, uniti in un unico regno, e riottenne le regioni polacche (Galizia, Bucovina), il Trentino, l'Istria e la Dalmazia. La Prussia ottenne la Pomerania svedese, una parte della Sassonia, il bacino della Ruhr e i territori sulla riva sinistra del Reno; dei ter­ritori polacchi che già le appartenevano ebbe soltanto Danzica e il ducato di Bosen. Il ricostituito regno di Polonia fu posto sotto la sovranità dello zar Alessandro ed ebbe una certa autonomia fino al 1831. La Russia conservò la Finlandia ex svedese e la Bessarabia. Il re di Svezia acquistò la corona di Norvegia sottratta alla Danimarca (a compenso della perdita della Finlandia e della Pomerania). Il Belgio, unito all'Olanda, formò il regno dei Paesi Bas­si, sotto Guglielmo I di Orange-Nassau. Al posto del Sacro romano impero (che si era dissolto nel 1806 per la rinunzia dell'imperatore Francesco II e non fu più ricostituito) fu creata la Confederazione germanica, che raggrup­pava trentanove Stati – ognuno dei quali manteneva la piena sovranità – e comprendeva anche una parte dell'Austria e della Prussia, oltre la Sassonia, la Baviera, il Württemberg e l'Hannover. I suoi rappresentanti si riunivano in una Dieta che aveva sede a Francoforte ed era presieduta dall'Austria. Il nuovo organismo confederale non ebbe mai un potere pieno ed effettivo; il suo principale obiettivo fu di impedire che la Francia potesse esercitare un'influenza, com'era avvenuto in passato, sui minori Stati tedeschi.
Il congresso si preoccupò anche di consolidare gli Stati che formavano una sorta di barriera attorno alla Francia. Anche per questo motivo furono uniti in un solo regno il Belgio e l'Olanda; la Confederazione svizzera – la cui neutra­lità fu garantita da tutte le potenze – ricevette tre nuovi cantoni; il regno di Sardegna, sotto Vittorio Emanuele I, fu ampliato con il territorio della repub­blica di Genova e riottenne la Savoia e Nizza. A nord-est la Francia confina­va ora con la Prussia, lo Stato che in proporzione si era maggiormente avvan­taggiato del crollo dell'impero napoleonico. Non vi furono modificazioni ter­ritoriali in Spagna e in Portogallo, dove erano già tornate le vecchie dinastie.
La divisione dell'Italia fu confermata. Oltre le situazioni già indicate (Lombardo-Veneto e regno di Sardegna) furono riconosciuti: il granducato di Toscana, sotto Ferdinando III di Lorena; il ducato di Parma e Piacenza, as­segnato a Maria Luisa d'Asburgo, la moglie di Napoleone (ma col patto che venisse restituito ai Borboni alla sua morte); il ducato di Modena e Reggio, sotto Francesco IV d'Austria-Este (che avrebbe ricevuto in eredità anche il ducato di Massa e Carrara); lo Stato pontificio; il regno delle Due Sicilie. Fu anche riconosciuta l'esistenza temporanea del ducato di Lucca, destinato però a essere aggregato al granducato di Toscana. Su alcuni di questi Stati erano insediati membri della famiglia imperiale degli Asburgo. L'influenza dell'Austria andava quindi al di là dei confini del Lombardo-Veneto, anche per il diritto che le fu riconosciuto di tenere guarnigioni nello Stato pontifi­cio e a Piacenza.
Sulle decisioni finali del congresso (in particolare sul rafforzamento del­le barriere attorno alla Francia) influì l'ultima avventura di Napoleone e l'al­larme che essa suscitò nel mondo. L'ex imperatore non si era rassegnato al­la sorte che gli era stata assegnata e temeva – non senza ragione – che gli al­leati volessero aggravarla deportandolo in un luogo più sperduto. Il malcon­tento suscitato in Francia dalla Restaurazione dei Borboni e dallo spirito di rivincita e di vendetta della vecchia nobiltà, tornata al seguito degli eserci­ti vincitori, lo convinse della possibilità di riguadagnare popolarità e fiducia nel paese. Abbandonata l'isola d'Elba, sbarcò sulla costa francese il 1° mar­zo 1815. La popolazione lo accolse con entusiasmo, le truppe inviate a fer­marlo si misero sotto il suo comando. Il 20 marzo poté entrare a Parigi, che Luigi XVIII aveva abbandonato il giorno prima, e insediarsi nel palazzo rea­le. L'opera politica che egli svolse durante i «cento giorni» cominciò con un tentativo di liberalizzare la Costituzione dell'impero e di risvegliare lo spi­rito rivoluzionario. Benjamin Constant, che era stato uno degli oppositori li­berali del regime, fu chiamato a redigere un Atto addizionale alle Costitu­zioni dell'impero e l'ex repubblicano Carnot fu nominato ministro dell'Interno. Nello stesso tempo Napoleone rivolse agli alleati un invito a non inge­rirsi negli affari interni della Francia, lasciando intendere che non aveva da parte sua intenzioni aggressive. Il congresso di Vienna aveva però anticipa­to la risposta con una dichiarazione del 13 marzo, che metteva Napoleone al bando dall'Europa. L'intervento armato degli alleati in Francia era già deci­so fin da quando si era avuta notizia della fuga. A Napoleone non restò altra possibilità che cercare di prevenire l'attacco, prendendo l'iniziativa contro gli eserciti alleati che si trovavano in Belgio sotto il comando del prussiano Blücher e del Wellesley (divenuto duca di Wellington). L'armata di Blücher fu battuta a Ligny. Lasciato al generale Grouchy l'incarico di inseguirla, Na­poleone si diresse contro il duca di Wellington. Lo scontro avvenne a Wa­terloo, il 18 giugno 1815. Napoleone stava per ottenere la vittoria quando le truppe prussiane, sfuggite all'inseguimento, si congiunsero con quelle in­glesi; le sorti della battaglia furono capovolte. Napoleone tentò la fuga negli Stati Uniti, ma la vigilanza della flotta inglese non gli permise di attuarla. Egli si fece condurre quindi a bordo di una nave inglese, il Bellerofonte, di­chiarando di volersi mettere sotto la protezione dell'Inghilterra. Fu manda­to nell'isola di Sant'Elena, dove morì il 5 maggio del 1821.
In coincidenza con l'inizio dei «cento giorni» un altro episodio di resi­stenza alle decisioni che si venivano elaborando nel congresso di Vienna si verificò in Italia: Gioacchino Murat – al quale, dopo il voltafaccia del 1814, si era fatto sperare il mantenimento del trono di Napoli –, constatando l'andamento per lui negativo delle trattative viennesi, dichiarò guerra all'Austria. Il 30 marzo lanciò da Rimini un proclama agli Italiani esortandoli a impugnare le armi per combattere per l'unità e l'indipendenza, e promettendo di dare al paese un ordinamento costituzionale. Il tardivo (o prematuro) appello rimase senza eco. Murat fu battuto dagli austriaci a Tolentino e dovette abbandonare il regno in base all'accordo di Casalanza (20 maggio 1815). Sul trono di Napoli ritornarono i Borboni. Nell'ottobre seguente Murat sbarcò in Calabria, con la speranza che le popolazioni si sollevassero in suo favore. Fu preso a Pizzo e fucilato dopo un processo sommario.
L'opera del congresso di Vienna, conclusa con l'Atto finale del 9 giugno 1815, non si limitò alla sistemazione politico-territoriale dell'Europa. I rappresentanti delle maggiori potenze intendevano impedire nuovi conflitti, ma volevano anche garantire la stabilità interna degli Stati e liquidare il pericolo della rivoluzione. Il mondo voleva quiete, e questa fu la parola d'ordi­ne del congresso. Ma «quiete» – questa parola che torna con tanta insistenza nei documenti ufficiali dell'epoca – significava soprattutto, nel linguaggio dei Metternich o degli Hardenberg, riaffermazione del diritto divino dei re e della supremazia aristocratica, difesa o Restaurazione dell'antico regime. Al di là delle divergenze, lo spauracchio della rivoluzione – che Metternich agitò con la maggiore costanza e il maggiore impegno, fino al 1848 – contribuì a mantenere la coesione tra le potenze. Un nuovo principio di so­lidarietà internazionale si affacciò nel congresso e fu sostenuto specialmente da Metternich: gli Stati riconobbero la necessità di non isolarsi l'uno dall'altro, di cercare forme permanenti di collaborazione. Era un principio nuovo nella storia delle relazioni internazionali. Ma il suo fine era soprattutto di mantenere l'ordine restaurato anche all'interno degli Stati. Solidarietà in­ternazionale contro la rivoluzione: ciò comportava anche l'intervento milita­re delle grandi potenze in quei paesi nei quali si fosse profilata una minac­cia rivoluzionaria.
Lo zar Alessandro fu il primo a tentare di costruire lo strumento destina­to a mantenere l'ordine internazionale e interno, a creare una garanzia reciproca tra gli Stati, a salvaguardare la «quiete» universale. A questo scopo egli propose il patto della Santa alleanza, che fu sottoscritto anche dai so­vrani dell'Austria e della Prussia. Imbevuto di misticismo e di paternalismo, il testo del patto conteneva più affermazioni di princìpi etico-religiosi che concrete indicazioni politiche. I sovrani firmatari si impegnavano a prende­re per norma di condotta le «verità sublimi che ci insegna l'eterna religione di Dio salvatore» e a praticare la giustizia, la carità e la pace. Ma il patto sti­pulato successivamente (la Quadruplice alleanza, insieme all'Inghilterra) mise più chiaramente in luce la natura della solidarietà che i quattro «gran­di» propugnavano. Il patto della Quadruplice riguardava particolarmente la Francia, ma le intenzioni che esso rivelava avevano valore universale. Il pro­blema era nettamente indicato: «Gli stessi princìpi rivoluzionari che hanno sostenuto l'ultima criminale usurpazione potrebbero ancora, sotto altre for­me, lacerare la Francia e minacciare così la quiete degli altri Stati». In que­sto caso, le potenze avevano il diritto di prevenire il contagio, intervenendo con le armi: la rivoluzione non poteva essere considerata come un fatto in­terno dei singoli paesi.
Protette da questa forza internazionale, le monarchie restaurate si mosse­ro, all'interno di ogni Stato, con lo stesso obiettivo di stroncare ogni possibi­lità di ripresa rivoluzionaria. Ma alcuni mutamenti, provocati dalle vicende storiche iniziate col 1789, erano ormai definitivamente acquisiti. In alcuni casi fu conservato l'ordinamento costituzionale su basi sociali molto ristret­te, anche se all'affermazione dei princìpi si cercò poi di far seguire una le­gislazione positiva e una concreta politica ispirate ai contenuti dell'antico regime, alla discriminazione tra le classi e al paternalismo assolutistico. Così avvenne in Francia, dove Luigi XVIII promulgò il 4 giugno 1814 una Carta costituzionale: una Costituzione concessa dall'alto, non elaborata dai rappresentanti della nazione. In Spagna, invece, non rimase traccia di ciò che avevano fatto le Cortes di Cadice. Il re delle Due Sicilie, Ferdinando I di Borbone, soppresse la Costituzione, estremamente moderata, che nel 1812 il rappresentante inglese lord Bentinck aveva imposto alla Sicilia. Nel Piemonte e nello Stato della Chiesa si cercò di liquidare completamente tutta l'opera di riforma attuata durante il periodo napoleonico.
La reazione aristocratica e assolutistica ebbe larghi consensi nel mondo ecclesiastico e nella cultura. La tesi che la rivoluzione era nata dall'abban­dono della religione, dalla «filosofia» del Settecento, ebbe come suo corol­lario l'invito a una più stretta collaborazione fra trono e altare, invito che fu accolto dall'una e dall'altra parte. Tutto un settore della cultura romantica più conservatrice, che ora aveva la prevalenza, contribuì a valorizzare que­sto legame. Le opere dei reazionari Bonald e de Maistre riaffermavano i va­lori morali dell'assolutismo; Chateaubriand opponeva al costituzionalismo e alle leggi positive la religione, la morale, i «coutumes des nos pères» (costu­mi dei nostri padri), sola base solida del governo.
Inutilmente, dunque, Fichte aveva ammonito nel 1814; «Il sangue tedesco non deve essere versato per ristabilire i privilegi». Nella grande lotta contro Napoleone l'opposizione liberale e nazionale era stata travolta dall'ondata della rivincita assolutistica e reazionaria. Tuttavia la rivoluzione non era passata invano: là dove la sua forza aveva operato in modo più pro­fondo, i capisaldi del regime feudale erano stati distrutti, la società si era tra­sformata, era stato creato un nuovo patrimonio di idee. Su queste basi, nel clima stesso della Restaurazione e nelle difficili condizioni create dalla solidarietà internazionale dell'antico regime, riprese ben presto la lotta per la libertà e per i diritti delle nazioni.

 

Fonte: http://www.vitellaro.it/silvio/storia%20e%20filosofia/Appunti%20storia/da%20impero%20napoleonico%20alla%20restaurazione.doc

 

LA RIVOLUZIONE FRANCESE

Situazione precedente
Nel XVIII sec.: crisi sociale in Francia ¢ dalla morte di Luigi XIV l’assolutismo si indebolisce
L’aspetto più grave della crisi è quello finanziario: necessità di tassare i ceti privilegiati (clero e nobiltà); Luigi XVI non riesce a riorganizzare il sistema fiscale
Convocazione degli Stati generali (agosto 1788)
La società francese dell’ancien régime:

  • nobiltà: 1,5 % della popolazione ¢ nel ‘700 si era rafforzata inasprendo il sistema feudale
  • clero: 0,5 % della popolazione
  • Terzo Stato: 98 % della popolazione; rappresenta tutto il resto della popolazione francese (piccola, media e alta borghesia, contadini, braccianti)

Questione elettorale nell’Assemblea degli Stati generali:
voto per ordine: ogni ordine (ceto) esprime un voto ¢ squilibrio di rappresentanza
il Terzo Stato chiede il voto per testa (ogni deputato esprime un voto ¢ rappresentanza proporzionale alla base rappresentata)
Campagna elettorale e politica a favore del Terzo Stato:

  • Partito Nazionale: intellettuali e pubblicisti del Terzo Stato ¢ eguaglianza politica, governo rappresentativo, benessere del popolo
  • Sieyés: Qu’est-ce que le Tiers Etat?
  • Cahiers de doléances: documenti che raccolgono le rimostranze del Terzo Stato ¢ richiesta di uguaglianza giuridica, abolizione dei privilegi e della venalità degli uffici, adozione del criterio di merito nella promozione sociale

 

Crisi economica dell’88-89

Crisi agricola ¢ aumento dei prezzi ¢ calo della domanda ¢ crisi produttiva ¢ disoccupazione

 

Dagli Stati generali all’Assemblea Nazionale

1789 - elezioni dei deputati degli Stati generali
5 maggio 1789 - riunione degli Stati generali: si pone il problema di un rinnovamento della struttura amministrativa ma la maggioranza dei deputati non riesce a far valere la propria posizione se non si cambia il sistema elettorale
17 giugno 1789 – il Terzo Stato si autoproclama Assemblea Nazionale
Dopo un po’ il clero e la nobiltà si aggregano pensando di poter controllare meglio dall’interno l’assemblea ¢ 9 luglio 1789 – nasce l’Assemblea Nazionale Costituente (fine degli Stati generali ¢ fine della società dei ceti)

 

La presa della Bastiglia

Intanto a Parigi si forma una milizia borghese per contrastare qualsiasi tentativo del re di annullare i successi del Terzo Stato
Il popolo stesso si arma pensando di cogliere l’occasione del corso rivoluzionario per sconvolgere l’ordine sociale ed ottenere qualche guadagno
14 luglio 1789 – assalto alla Bastiglia per iniziativa popolare
17 luglio 1789 – il re riconosce una nuova municipalità nel Comune di Parigi
Effetto macchia d’olio: contagio rivoluzionario ¢ sollevazione delle campagne (rivolte antifeudali)

 

I provvedimenti dell’Assemblea

 

  • 4 agosto 1789 – abolizione del regime feudale
  • soppressione dei privilegi giuridici e fiscali
  • soppressione della venalità delle cariche
  • soppressione della decima ecclesiastica
  • abolizione dei diritti feudali sulle persone (es.: corvées)

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
26 agosto 1789 – viene redatta la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino in cui vengono riconosciuti alcuni principi fondamentali: libertà, uguaglianza [art. 1: Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’utilità comune]
Cresce la tensione popolare per la scarsità di generi alimentari ¢ 5 ottobre: un corteo popolare si dirige a Versailles e chiede lo spostamento del re a Parigi ¢ il re si trasferisce nella reggia della Tuileries
Il re si mostra chiuso, non ha la qualità per permettere il raggiungimento di un compromesso (monarchia costituzionale all’inglese)
Novembre 1789 - requisizione dei beni ecclesiastici
Febbraio 1790 – abolizione degli ordini religiosi, vendita all’asta di beni nazionali
Dicembre 1790 – riconoscimento dei diritti civili ai protestanti

La rivoluzione borghese (1790–91)
Le nuove municipalità tendono a federarsi ¢ Festa della federazione (14 luglio 1790)
I movimenti politici rivoluzionari:

 

Società dell’89

 

Società degli amici dei diritti dell’uomo e del cittadino

  • Giacobini: molto organizzati (partito moderno) ¢ Robespierre, Brissot

Si elabora un sistema elettorale censitario: i cittadini si dividono in attivi (che pagano imposte pari a 3 giornate di lavoro) e passivi ¢ una larga fascia popolare viene esclusa dal voto
Elementi che mettono in crisi il corso rivoluzionario:

  • Atteggiamento del re Luigi XVI: il re non mostra chiarezza nel suo atteggiamento
  • Costituzione civile del clero¢ il clero si divide in costituzionali e refrattari

Riforma amministrativa: la Francia viene divisa in 83 dipartimenti, Parigi in 48 circoscrizioni; soppressione delle corporazioni di mestiere
Costituzione del 91 (3 settembre): regime liberale, separazione dei poteri, giudici elettivi, Parlamento composto da una sola Camera (Assemblea legislativa), voto sospensivo del re
Il re rifiuta di riconoscere la Costituzione ¢ fugge ¢ catturato a Varennes è costretto a giurare fedeltà alla Costituzione

 

La Rivoluzione popolare e la guerra

La corte e i reazionari in genere cercano di organizzare la resistenza contro-rivoluzionaria, in particolare in Austria ¢ la Francia dichiara guerra all’Austria
Destituzione del re: il popolo parigino (in particolare i sanculotti) e i federati chiedono il rovesciamento della monarchia
L’Assemblea legislativa decide la sospensione del sovrano e indice nuove elezioni a suffragio universale
settembre 1792 - elezione della nuova assemblea (Convenzione Nazionale). Il potere esecutivo viene affidato a organismi straordinari (es.: il Comune insurrezionale)
Il clima diventa più teso:

  • massacri di settembre: i sanculotti organizzano assalti alle prigioni per scovare i ‘sospetti’ accusati di complotto contro-rivoluzionario
  • settembre 1792 - vittoria francese a Valmy contro i prussiani ð identificazione di guerra e rivoluzione
  • abolizione della monarchia: dopo la vittoria di Valmy viene dichiarata l’abolizione della monarchia e l’istituzione della repubblica

In questo clima di tensione l’Assemblea è divisa
 

 


Tensioni tra girondini e montagnardi su

  • Processo al re
  • Ruolo di Parigi e del suo popolo

L’assemblea vota per l’esecuzione di Luigi XVI ¢ 21 gennaio 1793 – il re viene decapitato
Dopo l’esecuzione del re aumenta l’ostilità delle potenze europee
Conquiste del Belgio ¢ minacciati gli interessi commerciali di Olanda e Inghilterra ¢ la Francia dichiara guerra a Olanda, Inghilterra e Spagna
La Francia si annette la Savoia, Nizza, Belgio e Renania

 

Dinamiche che mettono in difficoltà il potere rivoluzionario

  • Primavera ’93 - Controffensiva della coalizione contro-rivoluzionaria
  • Rivolta della Vandea: rivolta contadina contro-rivoluzionaria di stampo cattolico appoggiata da preti refrattari e nobili
  • Rivolta popolare: i sanculotti chiedono un calmiere dei prezzi delle derrate alimentari e tassazione dei ricchi
  • Rivolta degli arrabbiati: rivoluzionari estremisti

Per superare il momento difficile Palude e montagnardi raggiungono un accordo ¢ spostamento del governo rivoluzionario verso la posizione giacobina
Provvedimenti eccezionali:

  • tribunale rivoluzionario contro i sospetti
  • comitati di vigilanza rivoluzionaria
  • maximum dipartimentale per i cereali e la farina
  • rappresentanti in missione del potere esecutivo nei dipartimenti per rafforzare il controllo da parte del governo
  • Comitato di salute pubblica: organo di governo composto da 9 membri scelti dalla Convenzione e rinnovabili ogni mese

Girondini in minoranza: arresti di deputati girondini ¢ verso la dittatura

 

La dittatura giacobina e il Terrore

Robespierre: protagonista della fase in cui trovano convergenza popolo e borghesia rivoluzionaria ¢ gruppo popolare protagonista di questa fase: sanculotti
Ideologia giacobina:

  • politica: riferimento agli ideali democratici di stampo illuminista
  • economia: società di piccoli imprenditori e artigiani proprietari dei mezzi di produzione ¢ economia pre-capitalista
  • prassi politica: Terrore ¢ sistematica eliminazione fisica degli avversari politici

 

Costituzione del 93

  • Suffragio universale
  • Diritto al lavoro, all’assistenza
  • Diritto/dovere all’insurrezione nel caso di violazione dei diritti del popolo

 

Instaurazione di una dittatura in nome del popolo e della libertà

 

  • Repressione dell’insurrezione federalista
  • Riorganizzazione dell’esercito ¢ leva in massa
  • Maximum dei cereali e maximum generale dei prezzi e dei salari
  • Caccia ai sospetti ¢ esecuzioni di Maria Antonietta e di alcuni capi girondini
  • Scristianizzazione:
  • istituzione di feste laiche
  • simbologia e iconografia rivoluzionaria
  • distruzione dell’iconografia cristiana
  • calendario repubblicano
  • culto della Dea Ragione
  • culto dell’Essere supremo
  • rivoluzione dei costumi:
  • esaltazione dell’uguaglianza e della fratellanza
  • generalizzazione del tu
  • sistema metrico decimale
  • Il Grande Terrore: eliminazione delle fazioni di destra e di sinistra

Lo stile dittatoriale fa accrescere l’ostilità nei confronti di Robespierre ¢ colpo di Stato del 9 termidoro (27 luglio) ¢ arresto ed esecuzione di Robespierre

Continuità rivoluzionaria e tentativi di stabilizzazione (1794-97)
La nuova fase è caratterizzata dallo smantellamento del potere giacobino e reintegrazione di alcuni girondini
La base del nuovo potere è la jeunesse dorée filo-monarchica e alto-borghese ¢ organizza la caccia al giacobino
Nuove sollevazioni dei sanculotti contro la cancellazione del maximum e la nuova linea rivoluzionaria ma le sollevazioni sono facilmente represse dall’esercito
Successi militari ¢ trattati di pace con Prussia e Olanda

 

Costituzione dell’anno III

Potere esecutivo affidato ad un Direttorio di 5 membri che nomina i ministri ¢ la Costituzione è di stampo borghese (principio di proprietà, governo dei ‘migliori’)
Insurrezioni realiste: pericolo monarchico ¢ a Parigi sommossa realista repressa dalle truppe governative (partecipazione di Napoleone)
Il Direttorio è debole ¢ cerca appoggio tra i giacobini ¢ emergono gruppi giacobini radicali (es. François Noël Babeuf = uguaglianza, comunità dei beni, abolizione della proprietà della terra) ¢ le difficoltà aumentano ¢ una parte del Direttorio attua un colpo di Stato appoggiato dall’esercito ¢ le sorti della Rivoluzione sono sempre di più legate all’esercito e alle vicende belliche

 

Fonte: http://liceostellamaris.net/licei/storia/mappe/rivoluzione_francese.doc

 

La Rivoluzione Francese

 

A metà del XVIII secolo, la Francia era lo stato più potente d’Europa. Anche se non aveva un impero commerciale grande come quello inglese, soprattutto dopo la perdita dei territori nordamericani, esportava più della metà dello zucchero consumato nel mondo, arazzi, vini e mobili e da ciò traeva un notevole guadagno. In Francia regnava un sovrano, in questo caso Luigi XVI, che concentrava i tre poteri dello Stato (legislativo, giudiziario e esecutivo) nelle sue mani. Con un suo ordine quindi ogni cittadino, ricco o povero, poteva venire incarcerato o giustiziato. A ciò si aggiungeva lo squilibrio tra i tre ceti sociali, chiamati nobiltà, clero e terzo stato. Il terzo stato comprendeva circa il 95% della popolazione, per la precisione quelli che non appartenevano alla nobiltà o al clero. Anche all’interno degli stessi ordini erano presenti forti differenze. Nella nobiltà erano presenti ricchi aristocratici di corte e piccoli nobili di campagna, che a differenza della prima erano molte volte sulla soglia della povertà. Nel clero c’era molta differenza tra i prelati maggiori, come cardinali e vescovi, e parroci di campagna, che vivevano come i poveri. Anche nel terzo stato erano presenti notevoli differenze tra i suoi membri. I contadini e i braccianti conducevano una vita di sacrifici, mentre gli artigiani e ricchi bottegai passavano il tempo tra agi e ricchezze. La rivoluzione francese fu in gran parte la conseguenza di tensioni che si erano accumulate nella società e soprattutto nel terzo stato. Forte era il malcontento della borghesia, che, nonostante la sua ricchezza, continuava ad essere esclusa dalle cariche pubbliche. Questa situazione risulta ancora più ingiusta se si pensa che le tasse venivano pagate solo dal terzo stato, perché nobiltà e clero ne erano esentati. Pochi mesi prima dello scoppio della rivoluzione, l’abate Sieyès pubblicò un opuscolo che sintetizzava così il malcontento del terzo stato :”Che cos’è il terzo stato? Tutto. Che cosa ha rappresentato finora nell’ordinamento politico? Nulla. Che cosa chiede? Di diventare qualcosa.” In questa situazione il terzo stato era sempre più influenzato dalle idee politiche degli Illuministi e proponeva una società basata sull’uguaglianza di tutti i cittadini e sulle libertà politiche ed economiche. Nel 1778 ci fu una grave carestia e quindi un notevole aumento del prezzo del pane. Con la crisi agricola si verificò una riduzione delle vendite di manufatti artigianali e di conseguenza un forte tasso di disoccupazione di artigiani e operai. A questo si sommava la crisi finanziaria che aveva colpito la Francia dopo la Guerra dei Sette Anni contro l’Inghilterra. Infatti il paese, uscito sconfitto, aveva dovuto sopportare delle altissime spese di guerra, la cui conseguenza fu l’aumento del debito pubblico. Per porre fine a questa situazione, Luigi XVI assunse un nuovo ministro delle finanze, il banchiere svizzero Necker. Necker suggerì di far pagare le tasse anche alla nobiltà e al clero e allo stesso tempo di farne pagare meno al terzo stato in modo che con i soldi risparmiati pagando meno tasse potessero rivoluzionare le tecniche agricole. Luigi XVI non accettò questa riforma e licenziò Necker per l’opposizione della nobiltà e del clero che non accettavano le nuove leggi fiscali. Per proporre delle riforme che gli concedessero migliori condizioni di vita, il terzo stato chiese la convocazione degli Stati Generali, una riunione dei rappresentanti dei tre ceti sociali che non era più stata convocata dal 1614. Luigi XVI accettò la richiesta e il 5 maggio 1789 si aprirono gli Stati Generali. Questi furono caratterizzati dallo scontro per la modalità di votazione: la nobiltà e il clero chiesero di votare per ordine come si era fatto nei secoli precedenti, così avrebbero vinto con due voti contro uno; invece il terzo stato chiese di votare per testa, poiché erano in numero superiore rispetto ai delegati della nobiltà e del clero, in quanto rappresentanti della maggioranza del popolo francese. Siccome Luigi XVI fece chiudere la sala dove si stava svolgendo l’assemblea, i rappresentanti del terzo stato e addirittura alcuni della nobiltà e del clero compirono il primo atto rivoluzionario: si proclamarono Assemblea Nazionale e decisero che qualsiasi tassa non approvata da questo ordine doveva considerarsi nulla. Poi l’Assemblea si trasferì in una sala dove si praticava il gioco della pallacorda e lì, il 20 giugno 1789, giurò di non dividersi fino a quando la Francia non avesse avuto una costituzione. Quando l’assemblea era sul punto di essere soffocata con la forza, entrò in scena il popolo parigino. Da mesi esasperata per l’aumento del tasso di disoccupazione e del rincaro del pane, il 13 luglio 1789 la popolazione parigina insorse, prese le armi e innalzò barricate nelle strade. Allora l’Assemblea Nazionale costituì un corpo militare di volontari, chiamato Guardia Nazionale, che aveva il compito di difendere l’Assemblea e di organizzare le rivolte popolari. Il giorno seguente, il 14 luglio 1789, il popolo espugnò la Bastiglia, la fortezza che fungeva da carcere per i prigionieri politici. Il re fu allora costretto a riconoscere una nuova amministrazione per il comune di Parigi. La rivolta dilagò nelle campagne dove molti castelli vennero dati alle fiamme e i nobili uccisi. Il 26 agosto 1789 l’Assemblea Nazionale approvò la dichiarazione dei “Diritti dell’uomo e del cittadino”, basati sull’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, le libertà di stampa e di parola e la sovranità popolare. Dall’estate del 1789 all’estate del 1791 l’Assemblea Nazionale votò una serie di riforme che portò ad una monarchia costituzionale, sul modello di quella inglese. Con le nuove leggi il potere esecutivo veniva affidato al re e ai suoi ministri, quello legislativo ad un’assemblea legislativa eletta dai cittadini che pagavano le tasse, e quello giudiziario a giudici anch’essi eletti. L’Assemblea Nazionale, terminato il suo compito si sciolse e venne sostituita dall’Assemblea legislativa, eletta secondo la nuova Costituzione. Quest’Assemblea si divideva in tre gruppi: i giacobini proponevano delle riforme molto radicali, i foglianti erano conservatori e monarchici, mentre i girondini erano più moderati rispetto ai giacobini. Fecero parte di quest’Assemblea personaggi fino ad ora sconosciuti come Robespierre e Danton. Nel frattempo gli altri stati europei si allearono per ristabilire in Franca l’autorità di Luigi VXI. Però al contrario delle loro aspettative i francesi non si arresero, ma accorsero invece migliaia di volontari nell’esercito rivoluzionario che ben presto sconfisse l’esercito nemico. Nel giugno 1791 Luigi XVI cercò di scappare dalla Francia con la sua famiglia, ma venne catturato al confine settentrionale francese. Allora una nuova assemblea, detta Convenzione Nazionale, abolì la monarchia e proclamò la repubblica, mentre Luigi XVI e la moglie Maria Antonietta venivano decapitati con una nuova arma, la ghigliottina. Nel 1793 venne approvata una nuova costituzione, che introduceva il diritto di voto per tutti i cittadini maschi. Nella Vandea, una regione della Francia, scoppiò una vera e propria guerra civile contro la repubblica. Per fronteggiare la situazione tutti i poteri dello Stato vennero affidati ad un “Comitato di salute pubblica”, del quale faceva parte Robespierre. Il comitato fissò i prezzi dei generi alimentari e inviò un esercito contro la Vandea, decidendo di stroncare con la forza qualsiasi forma di opposizione alla rivoluzione. Il lasso di tempo che va dall’inverno 1793 all’estate 1794 viene chiamato periodo del Terrore perché migliaia di persone vennero decapitate sulla base di semplici sospetti. Intanto con una vittoria ottenuta a Fleurus l’esercito rivoluzionario fermava definitivamente l’offensiva degli stati europei. Il Terrore quindi non aveva più la giustificazione della patria in pericolo e Robespierre, il 27 luglio 1794 fu arrestato e giustiziato. Sotto la spinta dei gruppi più moderati venne approvata una terza Costituzione, che garantiva le libertà personali, la proprietà privata e la libertà economica. L governo della Repubblica venne affidato ad un Direttorio composto da cinque membri.

 

Fonte: http://eugen.altervista.org/cartella/La_Rivoluzione_Francese.doc

 

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