Economia e Politica Economica in età Fascista

 

 

 

Economia e Politica Economica in età Fascista

 

Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Se vuoi saperne di più leggi la nostra Cookie Policy. Scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all’uso dei cookie.I testi seguenti sono di proprietà dei rispettivi autori che ringraziamo per l'opportunità che ci danno di far conoscere gratuitamente a studenti , docenti e agli utenti del web i loro testi per sole finalità illustrative didattiche e scientifiche.

 

 

Le informazioni di medicina e salute contenute nel sito sono di natura generale ed a scopo puramente divulgativo e per questo motivo non possono sostituire in alcun caso il consiglio di un medico (ovvero un soggetto abilitato legalmente alla professione).

 

 

 

 

Economia e Politica Economica in età Fascista

Il neomanchesterismo di Alberto de Stefani
il 28 OTTOBRE 1922 → MARCIA SU ROMA: Vittorio Emanuele III si rifiuta di firmare lo stato d'assedio e affida a Mussolini il compito di formare un nuovo esercito. Mussolini nomina ministro delle finanze Alberto de Stefani (formazione liberale convinto della libertà d'impresa) e poi assunse il dicastero del Tesoro che venne accorporato a quello delle finanze.
Il programma di ristrutturazione economica era di stampo liberista, ma di un neoliberismo autoritario ispirato ad un eclettismo. Gli obbiettivi della ristrutturazione:

  1. colmare il disavanzo di bilancio pubblico: successo, pareggio di bilancio nel 1924-1925
  2. perseguire un indirizzo economico-produttivistico: più spazio all'imprenditoria privata e trainato dalle esportazioni, da incrementare attraverso:

- favorevole andamento del cambio
- attenuare il regime tariffario protezionistico
- contenimento dei salari
- elevata elasticità dell'offerta di lavoro

  1. rendere possibile una quota maggiore di risparmio nazionale per gli investimenti privati per:

- accrescere produzione e produttività delle imprese
- creare nuova occupazione
era un'alternativa alla crescente pressione demografica e agli sbocchi migratori pressochè chiusi
la POLITICA FISCALE  portò all'eliminazione del carico fiscale straordinario e ad un alleggerimento per le imprese e i ceti proprietari tramite:

  • abolizione nominatività dei titoli azionari
  • abolì le imposte sui sovraprofitti di guerra, sui proventi di amministratori e dirigenti di società commerciali e quella di successione del nucleo familiare
  • attenuò l'imposta sul patrimonio
  • ridusse le aliquote delle imposte sui fabbricanti
  • aggiunta l'imposta di ricchezza mobile sui salari degli operai e l'imposta sui redditi agricoli
  • crebbe il getto globale delle imposte sui consumi

il criterio era di far pagar tutti ma far pagar meno → accentuata regressività del sistema tributario in coerenza con l'obbiettivo di favorire l'accumulazione di capitale.

RISANAMENTO DEL BILANICIO grazie a:

  • drastici tagli alla spesa pubblica ritenuta improduttiva (licenziamento di migliaia di impiegati pubblici non di ruolo)
  • si aprirono ai privati le assicurazioni sulla abolendone il monopolio statale
  • si cedette la rete telefonica urbana
  • furono costituiti enti autonomi per la gestione di alcuni servizi

 

Dal 1922 al 1925 seguì il Rilancio dell'Economia, che portò ad un aumento medio annuo del PIL del 5,3% grazie a:

  • completamento del processo di riconversione industriale
  • ripresa delle esportazioni
  • alleggerimento della pressione fiscale

Ma:

  • bilancia dei pagamenti aggravata dalla crescente espansione delle importazioni
  • aumentata la domanda specie di beni di investimento
  • basso costo delle erogazioni creditizie
  • cospicua liquidità immersa nel sistema per le operazioni di salvataggio

portò ad un aumento della circolazione monetaria e ad un emergere di tensioni inflazionistiche.
La politica monetaria non soddisfacente volta a:

  • rigoroso controllo del mercato finanziario
  • bloccare la speculazione borsistica
  • limitare il credito

porta ad un crac borsistico dopo mesi di aumenti continuativi dei corsi dei titoli e fallimenti d'imprese.
LUGLIO 1925 Mussolini sostituisce De Stefani con Giuseppe Volpi (per 3 anni) con il quale Mussolini ottenne il diretto appoggio degli industriali.

La Battaglia della Lira e la Quota 90
nel 1925 la priorità principale era quella di bloccare l'inflazione interna e abolire il cambio della lira, svalutatasi a causa della debolezza della bilancia dei pagamenti (disavanzo + fattori speculativi)
Volpi per bloccare gli esborsi di valuta reintrodusse i Dazi Cerealicoli (poiché le importazioni cerealicole insostenibili).
Un'altra urgenza era la sistemazione dei debiti di guerra e normalizzazione delle relazioni finanziarie con i paesi creditori.
Gli USA vincolavano a questa questione l'apertura di linee di credito costituivano la precondizione indispensabile per la stabilizzazione monetaria e l'ingresso nel GOLD EXCANGE STANDARD
Trattative avviate con Mellon che si conclusero nel 1925 e si ottenne di rateizzare il rimborso del debito in 62 anni e di pagare nei primi anni le 5 quote pressochè simboliche aumentando i versamenti molto lentamente con tassi di interesse quasi irrisorio

Volpi ottenne dalla banca Morgan un prestito di 100 milioni di dollari spianando la strada a ulteriori cospicue operazioni di finanziamento a favore del nostro paese da parte di gruppi americani rassicurati dal buon esito della missione italiana.
Nel 1926 riuscì a siglare un ottimo accordo con Churchill in cui ottenne una riduzione del debito dell'85%, nonché vantaggiose condizioni di pagamento.
Così gli oneri pur notevoli derivanti dall'Italia furono più apparenti che reali perchè le riparazioni di guerra incassate in base al piano Dawes del 1924 dalla Germania e dall'Austria consentirono di compensare le rate di ammortamento dei debiti l'amministrazione dei quali fu affidata ad una cassa di ammortamento nel 1926 (cessò di funzionare nel 1932 dopo la moratoria internazionale deliberata nel 31 che pose fine al pagamento sia delle riparazioni che dei debiti di guerra.

La sistemazione del debito estero non bastò per attenuare le tensioni inflazionistiche interne e la speculazione al ribasso della lira, così venne inviata una decisa politica deflazionistica finalizzata alla stabilizzazione monetaria. Iniziò la BATTAGLIA DELLA LIRA, ovvero una drastica rivoluzione della moneta nazionale a QUOTA 90 rispetto alla sterlina (livello vigente all'indomani della marcia su Roma).
Per conseguire l'obbiettivo:

  1. riordino strutturale dell'economia. decreto 7 settembre 1926 con cui la Banca d'Italia divenuta una moderna banca centrale ha il compito di vigilare sull'attività delle banche commerciali è di autorizzare l'apertura di nuove banche  e la realizzazione di fusioni, assumendo il governo della moneta e del credito.+ Vennero intrapresi provvedimenti finalizzati a ridurre la massa monetaria e a dimensionare il credito ordinario imponendo limiti ai titoli bancari per limitarne i rischi.+ disposizioni volte al fatturamento  patrimoniale delle banche.
  2. Risanamento della finanza pubblica
  3. riformare il sistema di emissioni: decreto legge 10 maggio 1926 monopolio dell'emissione alla banca d'italia a cui vennero trasferite le riserve del banco di napoli e banco di sicilia

Gli americani in realtà non esercitarono alcuna pressione per una rivalutazione della lira e anche Volpi e vari economi suggerirono un cambio a quota 120. A spingere Mussolini a fare di più furono considerazioni di prestigio intenso e internazionale:

  • i borghesi avrebbero visto rivalutare i loro risparmi
  • le importazioni sarebbero state meno costose
  • necessità di far affluire capitali stranieri all'italia

Il problema era presentato dalla crescente massa di titoli del debito pubblico di breve durata (BOT) emessi per fronteggiare squilibri di cassa. Le richieste di Rimborso avevano costretto il Tesoro a  chiedere alla banca d'Italia cospicue anticipazioni che gonfiarono la condizione monetaria (Bot = Veicolo Inflazionistico).
Per arginare tale problema fu decretata la Conversione obbligatoria di 20 milioni di debito fluttuante in cartelle di prestito consolidato (littorio) che portò alla riduzione della circolazione interna e un netto miglioramento nella struttura del debito pubblico. L'Unione di tali misure:

  • ridusse la velocità di circolazione della moneta → ribasso dei prezzi
  • adeguamento del cambio: nel 1927 il rapporto lira-sterlina raggiunse la QUOTA 90

In più:

  • decreto legge del 21 dicembre del 1927 pose fine al corso forzoso dei biglietti
  • si fissò un nuovo contenuto aureo della lira e quindi il rapporto di cambio con le monete estere commerciabili in oro
  • la banca d'Italia fu obbligata a detenere riserve in oro e in valuta convertibile pari al 40% dei biglietti in circolazione

si ebbe l'ingresso della lira nel gold excange standard

la quota 90 non portò alla stabilizzazione della lira, ma alla sua rivalutazione, ebbe un duro impatto deflazionistico non accettabile da un paese demografico (anche se la dittatura fascista sopravvisse senza difficoltà alla pesante deflazione), e grazie a ciò l'economia franò nel suo complesso, che già aveva arrestato la congiuntura espansiva cominciata ne 22. Il 27-28 furono anni di regressione:

  • importazioni meno costose e afflusso di capitali esteri

ma

  • ribasso dei prezzi e dei salari non fu indolore, sommato al triplicarsi del numero di disoccupati a causa di un'ondata di licenziamenti. I salari diminuirono anche realmente, attraverso detrazioni salariali, e si concorse ad abbassare i costi di produzione avvantaggiando principalmente i comparti che lavoravano materie prime di importazione e producevano per il mercato nazionale.

Dei vantaggi della rivalutazione della lira che erano:

  • favorevole afflusso di capitali stranieri
  • formazione del risparmio interno

ne beneficiarono le grandi industrie che riuscirono a fronteggiare la crisi grazie ai prestiti americani sui quali fu offerta la garanzia dello stato e a un più facile accesso al credito, alla politica protezionistica, all'incremento delle commesse statali per le ferrovie e le forze armate, alle agevolazioni tributarie, e au una legislazione sostanzialmente favorevole alla concentrazione delle imprese.
Lo stato così moltiplica le forme di presenza nell'economia passando ad un orientamento intercessista → ripresa economica tra il 1928 e il 1929.

La battaglia del grano e la Bonifica integrale
nel dopoguerra si ha un mutamento dell'assetto proprietario delle campagne italiane. L'espansione della proprietà diretta fu resa possibile dai risparmi dei contadini negli anni di guerra e nel dopoguerra fino al 1925-26 a seguito:

  • vendita dei loro prodotti al di fuori del loro circondario
  • blocco dei fitti
  • aumento dei prezzi agricoli nel contesto dell'inflazione
  • disponibilità di vendere di molti proprietari terrieri assenteisti (non ritenevano remunerativo il lavoro)

così i contadini avevano acquistato queste terre indebitandosi nel periodo dell'inflazione si trovarono in difficoltà perchè videro il loto debito consolidarsi e i loro redditi ridursi subentrata la deflazione. Sono così costretti a vendere le terre nel 1926.
La politica fascista sbandierava la propria vocazione ruralista e esaltava il mito della terra e il ritorno alla campagna MA finì per privilegiare i grandi gruppi industriali.
Con la crisi deflazionistica i contadini, a seguito della maggior contrazione dei prezzi dei prodotti agricoli rispetto a quelli industriali vennero penalizzati, e quindi non riuscivano a vendere i loro prodotti in maniera remunerativa. Il divario tra i prezzi dei prodotti venduti e acquistati si accentuò negli anni 30 (mantennero tale andamento gli elevati costi delle macchine), ciò portò al rallentamento del processo di meccanizzazione e modernizzazione.

Il 15% delle importazioni erano date dall'acquisto di prodotti cerealicoli, ed avevano una grossa incidenza sul deficit della bilancia commerciale, così Volpi reintrodusse il dazio sul grano, sommando la politica di sostegno dei prezzi (che assicurava discreto livello remunerativo) portò alla Battaglia del Grano:

  • aumento massiccio della produzione cerealicola nazionale
  • voleva fronteggiare l'aggravamento del problema connesso alla rivalutazione della lira che avrebbe facilitato le importazioni
  • in contrasto con la politica di specializzazione culturale degli ultimi 10 anni

 con la Battaglia del grano:

  • fu istituito un comitato permanente del grano (per individuare i mezzi atti a incrementare la produzione cerealicola)
  • propaganda a combattere questa battaglia
  • ridurre i pesanti esborsi finanziari
  • nazionalismo economico (autosufficienza alimentare in caso di guerra)
  • premi e assistenza finanziaria agli agricoltori per l'uso di fertilizzanti, macchine e sementi selezionate
  • agenzie di demanio e di collocamento della produzione

diede dei risultati soddisfacenti nel lungo periodo. Solo dal 1929 con un incremento della produzione interna si registrò una sensibile riduzione delle importazioni. Nel mezzogiorno si aumentò la superficie coltivata, e accrebbe la resa media del frumento del 20% in virtù di più abbondante utilizzo dei concimi chimici e l'intensificata meccanizzazione agricola.
I lati negativi della Battaglia del grano erano i seguenti:

  • discapito di altre produzioni di pregio (ortofrutticole)
  • freno allo sviluppo capitalistico delle campagne
  • costi connessi alle mancate produzioni alternative
  • costi al sostegno del mercato interno del prezzo del grano → consumatori penalizzati

le trasformazioni fondiarie iniziarono con il 30 dicembre 1923 con l'approvazione del TESTO UNICO SULLE BONIFICHE: nasceva la bonifica integrale come scienza della pianificazione territoriale, basate su tradizionali opere di prosciugamento e sistemazione naturalistica a monte e a valle, costruzione di canali di irrigazione, acquedotti, strade, insediamenti abitabili, lotta antimalarica.
Vi era di base un Orientamento ANTILATIFONDISTICO (70% del contributo statale per le opere da realizzare nel mezzogiorno) MA le leggi limitavano le concessioni delle opere di bonifica ai soli consorzi dei proprietari. Successivamente gli interventi di bonifica furono rilanciati dalla Legge Mussolini del 24 Dicembre 1928, che promuoveva finanziamenti per 6,5 miliardi di lire destinati ad agevolare le opere di trasformazione fondiaria spettanti ai proprietari → estensione degli appezzamenti sottoposti ad opere di bonifica.
La bonifica integrale prevede un vasto programma di lavori pubblici nell'interesse della grande proprietà terriera. Quando però si pose il problema del passaggio della trasformazione  agraria di competenza strettamente privata, i proprietari e le imprese capitalistiche si defilarono facendo arenare parecchi progetti di completamento. Serpieri fu rimosso da sottosegretario alla bonifica avendo nuovamente presentato un disegno di legge che autenticava l'espropriazione dei proprietari assenteisti, così le bonifiche registrarono una fase di sensibile rallentamento.
La bonifica ebbe effetti limitati sull'aumento dei rendimenti agricoli, ma i risultati non sono sottovalutabili in termini di superficie bonificata (Nord, paludi pennine, tavoliere delle puglie) e contribuì ad una drastica riduzione della malaria.
La politica di sbracciantizzazione (colonizzazione interna attuata mediante il trasferimento di braccianti sopratutto padani alle aree di bonifica) aveva i seguenti obbiettivi:

  • controllo sociale
  • smantellamento delle organizzazioni bracciantili socialiste
  • estensione dei contratti di compartecipazione
  • legare più strettamente i lavoratori alla terra

La Crisi degli anni 30 impoverimento dei piccoli mezzadri e fittavoli e i contadini dovettero rivendere almeno in parte i loro terreni. Tali disagi si accentravano in concomitanza con l'incremento della popolazione e la chiusura delle frontiere.
Anche il regime perseguì una politica tesa e scoraggiare l'emigrazione e a incentivare la crescita demografica (il numero è potenza). Ciò portò ad un Intensificato Movimento Migratorio Interno che portò a:

  • lievitazione della popolazione urbana (nord e roma)
  • nonostante il mito della ruralità non ci fu una rilevante diminuzione della popolazione agricola.

Le campagne avevano manodopera eccedente → sottoccupazione → sfogo.

Il corporativismo
Nel 1925 il fascismo pone fine al pluralismo sindacale e stronca le ultime forme di resistenza operaia nelle fabbriche. Con il Patto di Palazzo Vidoni  la Confederazione dei sindacati fascisti e Confindustria si riconoscevano reciprocamente rappresentanti esclusive dei lavoratori e degli industriali → fine libertà sindacale.
Il GRAN CONSIGLIO stabilì che il fenomeno sindacale doveva essere controllato e inquadrato dallo stato che assunse il ruolo ulteriore di configuratore di un nuovo assetto sociale con scelte di tipo coercitivo. La Legge Rocco del 3 aprile 1926 lo stato riconobbe ai sindacati fascisti il monopolio della rappresentanza professionale di ogni categoria produttiva (i contratti collettivi da essi stipulati valevano per tutti anche i non iscritti) con lo scopo di:

  • armonizzare gli interessi industriali con quelle supreme dello stato
  • non si riteneva più ammissibile la lotta di classe
  • illegale lo sciopero e la serrata

la Legge Rocco

  • consentì alle imprese di controllare rigidamente il costo del lavoro
  • consentì al regime di manovrare il livello dei salari in funzione della stabilizzazione monetaria

Fu istituita la magistratura del lavoro per dirimere eventuali controversie tra imprenditori e operai.
pressioni ai lavoratori affinchè si iscrivessero ai sindacati fascisti se volevano trovare lavoro.

Nell'Aprile 1927 venne ideata la Carta del Lavoro ( un manifesto dello stato corporativo che trattava della collaborazione di classe e dell'armonia tra i fattori di produzione). Era composto da 4 Capitoli:

  • stato corporativo
  • contratto collettivo del lavoro
  • uffici di collocamento
  • apprendistato, educazione e istruzione

La vita economica veniva a dipendere dallo stato totalitario.

  • Lavoro = dovere sociale tutelato dallo stato
  • obbiettivi = benessere dei singoli + sviluppo potenza nazionale

Corporazioni (alla fine utilizzate per fini di organizzazione di consenso):

  • rappresentanza integrale degli interessi della produzione nazionale
  • non avevano personalità giuridica
  • organi di stato
  • funzioni di conciliazione, coordinamento, organizzazione per la produzione
  • gestione affidata ai sindacati fascisti sotto la sorveglianza del ministro delle corporazioni

il ministro Bottai avverò l'aspirazione del leader sindacalista Rossoni a salvaguardare la prerogativa della piena rappresentanza dei lavoratori, anche se Rossoni temeva che i sindacati fossero sormontati della loro autonomia e burocratizzati dal regime.
Le corporazioni per 5 anni rimasero sulla carta, e furono istituite solo con la legge del 5 febbraio 1934  in numero 22 corrispondenti ad altrettante attività produttive:

  • ogni corporazione era presieduta dal ministro delle corporazioni (Mussolini dal 32)
  • obbiettivi dichiarati: pace e giustizia sociale e potenza della nazione
  • facoltà di elaborare norme per la regolamentazione collettiva dei rapporti economici
  • compiti costruttivi e conciliativi nelle controversie collettive di lavoro

di fatto furono per lo più luoghi di dibattito e ratifica di decisioni prese altrove.
A limitare le decisioni furono:

  • la loro pesantezza burocratica e organizzativa
  • scarsa attenzione alle istanze di base
  • mancata corrispondenza tra incarichi e competenze dei membri nominati

Le corporazioni rappresentavano i lavoratori subordinati alle categorie padronali, perciò avevano un ruolo marginale nella determinazione politico-economica, infatti gli interlocutori del regime furono i grandi gruppi privati, confindustria e l'istituto per la ricostruzione industriale.
Esse non seppero esprimere una collaborazione tra capitale, lavoro e guida politica, e non portarono a una realizzazione di una terza via tra socialismo e corporativismo → espressione dell'interventismo statale fascista.

Legge del gennaio del 1939 si ha il riordino del consiglio nazionale delle corporazioni per renderlo idoneo a partecipare all'attività legislativa. Esso era formato dai 22 consigli corporativi e dal comitato cooperativo centrale.
Tali membri sommati agli esponenti del Consiglio Nazionale del PNF costituirono la Camera dei Fasci e delle Corporazioni inaugurata il 23 marzo  1939, la quale subentrò alle funzioni legislativa della camera dei deputati come un organismo nominato dall'alto e composto da funzionari fascisti (radicale modifica della costituzione dello stato). Già con la legge elettorale del 1928  il carattere elettivo della camera dei deputati era divenuto puramente formale (i candidati presentati in un'unica lista al plebiscito popolare venivano prima approvati dal Gran Consiglio del Fascismo).

Il Piano per la legislazione per prevenzione e politica assistenziale: il regime accentrava la propria azione per:

  • tradurre in atti le enunciazione della Carta del Lavoro
  • offrire alle classi meno abbienti quei benefici extrasalariali capaci di sopperire ai negativi effetti della grande crisi

in più:

  • viene riorganizzata la Cnas e trasformata nell'Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale → ente di diritto pubblico che assunse la gestione dell'obbligo assicurativo contro la disoccupazione e contro la tubercolosi del 1934 e anche degli assegni familiari e infine della cassa integrazione guadagni → per riequilibrare il potere d'acquisto delle classi medio-basse e per non perdere consensi.
  • Nel 1933 da vita all'Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (Inail) che unificò la gestione dell'assicurazione antinfortunistica assorbendo tutti i principali enti e sindacati.
  • Nel 1943 fu creato l'Istituto Nazionale per l'Assistenza di Malattia (Inam) → unificazione parziale delle numerose casse neutre preesistenti
  • Lotta contro le malattie sociali → combatte sopra il profilo curativo che quello preventivo (miglioramento condizioni igeniche e ambientali)
  • fondazione nel 1915 ONMI (opera nazionale maternità e infanzia) come strumento di sostegno della politica di espansione demografica
  • Ente Opere Assistenziali (EPA)
  • patrimonio nazionale per l'assistenza sociale (PNAS)

 

 

La Crisi del 1929
nel 1929 iniziano dei segnali recessivi negli USA,partendo dal Crac Borsistico di ottobre che portò al collasso del mercato azionario di Wall Street, continunando con un processo a catena di fallimenti di banche e imprese per arrivare ad una sfiducia nei confronti del sistema capitalistico.
In Italia nel 1929 si vide interrompersi l'andamento espansivo del paese portando alla crisi:

  • caduta dei prezzi
  • diminuzione degli scambi internazionali

tutto riconducibile alla teoria del ciclo economico: nel 1914 infatti i paesi industriali entrano in una fase recessiva, rimandata dallo scoppio della guerra, per poi ottenere un proseguimento distorto della fase ascendente, interrotta a sua volta dalla depressione del 1920-1921, seguita poi da una fase espansionistica. Quindi un'altra crisi era prevedibile → Crisi di Juglar
Le cause della crisi erano numerose e complesse:

  • sovrapproduzione → domanda non più corrispondente all'incremento della base produttiva
  • venir meno delle aspettative di un adeguata remunerazione del capitale investito
  • caduta degli investimenti.

L'origine della crisi deriva dagli USA che subirono l'impatto maggiore, e si differenziò in 4 fasi:

  1. 1928-1929 → riduzione dei prestiti esteri, che ebbe un effetto destabilizzante per molti paesi dell'Europa centro-orientale che facevano ricorso ai loro capitali per mantenere in equilibrio la bilancia dei pagamenti. La Germania si trovò in una situazione complicata dalle riparazioni di guerra, a causa del suo indebitamento in larga scala che portò al suo indebolimento.
  2. Estate 1929 → inversione della tendenza dell'attività economica, e quindi rallentamento della frenetica espansione in atto (edilizia e beni durevoli)
  3. Severa contrazione monetaria decretata dal Federal Reserve Board nel 1928 che per comprimere la sovrabbondante domanda di credito e di moneta aveva aumentato i tassi di interesse, e a causa della contrazione dei compensi e quindi degli interessi si ebbe una carenza di liquidità.
  4. 24 ottobre 1929 → detto anche giovedì nero ci fu un'ondata di vendite di borsa e un crollo delle quotazioni dei titoli (non a causa della crisi che era già in atto). Le banche chiesero il rimborso dei prestiti connessi, obbligando molti investitori a disfarsi delle azioni possedute a qualsiasi prezzo (determinata dalla spettacolare ascesa del mercato azionario statunitense).

La frenesia speculativa non solo fece rientrare cospicui capitali precedentemente investiti all'estero, ma indusse anche la classe media americana a ricorrere al credito bancario per finanziare l'acquisto di azioni che, emesse in misura crescente dalle aziende, promettevano rapidi guadagni.
I paesi costretti a sopportare una forte caduta degli investimenti dovettero intervenire sul piano fiscale e commerciale se intendevano rimanere nel Gold Excange Standard per contenere i consumi interni e le merci importate: l'unico modo per pareggiare i conti con l'estero fu il ricorso alle limitate riserve auree e valutarie, ma al loro esaurimento si rese necessario prendere provvedimenti più drastici → restrizioni protezionistiche  penalizzando le importazioni di prodotti americani.

Con la Crisi Economica si ebbe un Crollo dei valori metallici → bruciati ingenti risparmi → caduta della domanda → svalutazione delle monete, protezionismo, controllo dei cambi, controllo dei movimenti dei capitali. Sul piano sociale portò elevati livelli di disoccupazione e un alta povertà e indigenza materiale per operai e borghesi.
La crisi colpì maggiormente i paesi ad economia agricola, perchè i prezzi dei prodotti agroalimentari subirono contrazioni maggiori, ma a risentire della gravità furono principalmente :

  • Usa: riluttanti ad assumere il ruolo di guida, a causa di:

- restrittiva politica migratoria
- rigide direttive commerciali
- stretta fiscale e monetaria
- Atteggiamento poco costruttivo verso i paesi e le collaborazioni internazionali

  • Gran Bretagna: ha perso il suo ruolo guida sul profilo tributario, commerciale e stabilitrice dell'economia mondiale.

A Londra nel 1933 ci fu l'estremo tentativo per trovare una via d'uscita comune alla crisi, ma si fallì per  la mancanza di volontà collaborativa di una leadership economica illuminata. Così vennero attuati meccanismi di difesa senza consultazioni né accordi internazionali, così:

  • il deficit si appesantisce nelle bilance dei pagamenti
  • riduzione degli scambi
  • precipitazione del livello delle attività produttive
  • rivalità e incomprensioni
  • declino del PIL
  • variazione percentuale negativa nella produzione industriale
  • tendenza delle banche a privilegiare l'oro come riserva (fine del Gold Excange Standard)

portò alla fine degli scambi e dei pagamenti multilaterali, della libera circolazione delle merci, di capitali e lavoro. La Francia e la Gran Bretagna arrivarono a tali difficoltà in parte operando nell'accordo del Commonwealth, mentre l'Unione Sovietica era isolata dalle bufere del sistema capitalistico (primo piano quinquennale).
Nel 1930-1931 la situazione economica si deteriorò ovunque. Nell'estate del 1931 la crisi finanziaria raggiunge il suo culmine a causa:

  • incapacità dei creditori di fornire mezzi finanziari per fronteggiare gli effetti della crisi
  • politiche espansive attraverso la richiesta di prestiti internazionali impedite dall'indebitamento ormai troppo elevato
  • fenomeni inflazionistici
  • banche eccessivamente esposte verso le industrie in difficoltà → dilagare dei fallimenti → panico dei risparmiatori.

Lo sganciamento dall'oro della Gran Bretagna sommato alla svalutazione della sterlina portò all'adozione di una politica monetaria di reflazione volta a contrastare la crisi → effetti negativi per i paesi che collocavano i prodotti nei mercati inglesi → molti seguirono l'esempio inglese.
L'abbandono del metro aureo negli USA nel 1933 con la conseguente svalutazione del dollaro, assieme alla svalutazione della sterlina portò il sistema valutario internazionale sostituito da sistemi regionali che riflettevano legami commerciali e politici:

  1. AREA DELLA STERLINA (GB, Portogallo, paesi scandinavi e del Commonwealth)
  2. AREA DEL DOLLARO (USA, Canada e alcuni paesi latino americani)
  3. AREA DELL'ORO (Francia, Italia, Belgio, Olanda, Svizzera) rimasti legati all'oro fino al 1936, ma svantaggiate con i rapporti verso le altre aree monetarie
  4. AREA DEL REICHSMARK (Germania e paesi dell'Europa centro-orientale)

Ciò comportò nuovi ritardi alla ripresa del commercio nell'instabilità dei cambi, nelle svalutazioni competitive e nei debiti.

Nel 1930 il piano Young entra al posto del piano Dawes. Esso prevede un alleggerimento dei 2/3 dell'ammontare delle riparazioni ancora dovute dai tedeschi. Venne sospeso quasi subito poiché la germania non era più in grado di onorare gli impegni prestabiliti e dopo la moratoria di un anno nella fine del 1932 ci fu la cancellazione dei debiti interalleati.
Nel 1932 si ha anche: in agricoltura un crollo pesantissimo dei prezzi più che della produzione fisica, e un notevole calo dei prezzi anche in industria.
Nel 1933 → ripresa.

Le ripercussioni in Italia e i Primi interventi Pubblici
La Crisi del 1929 colpì con grande ritardo l'Italia (sistema industriale) a causa della politica deflazionistica che aveva già concorso a ridurre le esportazioni e della concentrazione di lavoro nei servizi e nell'edilizia.

Agricoltura: permanevano carenze strutturali. Fu subito esposta alla drastica caduta dei prezzi (ma i livelli produttivi non diminuirono per la rilevante flessione dei redditi agricoli per la conseguenza della caduta dei prezzi). D'altro canto la produzione cerealicola registrò un costante aumento in virtù del sostegno assicurato ai prezzi del grano nazionale che comunque non fu in grado di colmare del tutto il fabbisogno interno. Ciò portò un disavanzo tra il valore delle importazioni e quello delle esportazioni si attenuò per una lieve flessione delle prime rispetto alle seconde.

Industria: dopo un biennio di prosperità del 1928-1929 la produzione diminuisce del 20% per:

  • caduta della domanda estera
  • caduta dei consumi interni.

Nel 1929 aumentano i dazi d'entrata sulle automobili per soccorrere la Fiat → estromissione della Ford.
I comparti che si erano caratterizzati o avevano promosso forme di concentrazione riuscirono a limitare la caduta dei prezzi anche grazie alle commesse dello stato.
Nel 1932 venne promossa la legge sui consorzi industriali obbligatori  per frenare la caduta dei prezzi. Puntava alla spinta alla concentrazione produttiva sostituendo agli studi concorrenziali accordi di spartizione del mercato mettendo così un freno alla caduta dei profitti (oligopolismo dei prezzi e limitazione dell'offerta che portarono a una riduzione delle possibilità di ammodernamento).
Il diretto intervento dello stato nella politica industriale si concretizzo nel 1933 con la legge sull'autorizzazione ministeriale per l'ampliamento e l'impianto di stabilimenti industriali, che portò un regolare afflusso di risorse finanziarie al settore industriale in una fase di profonda ristrutturazione.
Ma il processo di riadattamento delle più difficili condizioni di mercato non era semplice:

  • aumento del carico di lavoro individuale
  • riduzione del personale
  • no rinnovamento degli impianti e ammodernamento delle tecnologie

portò ad una contrazione della domanda dei beni d'investimento maggiore che a quella dei beni di consumi, tendenza contrastata con un incremento della spesa pubblica.
Le intese dei consorzi ressero:

  • cartello siderurgico
  • comparti della chimica (Montecatini)
  • meccanica
  • cemento
  • fibre tessili artificiali

La crisi del 1929 portò ad un deflusso dei capitali americani (aveva fatto ricorso per la rivalutazione della lira) e ciò portò ad insolvenze e fallimenti, disoccupazione e diminuzione di salari e stipendi.

Il settore tessile risentì più di altri della diminuita domanda interna e della diminuzione delle vendite all'estero:

  • cessa la sua funzione di volano dell'industrializzazione italiana
  • aumenta la disoccupazione (era un assorbimento di manodopera)

in più la recessione internazionale ostacolò la possibilità di riversare all'estero la manodopera rimasta senza impiego. Così la mancanza di rimesse da parte degli emigranti venne sommata alla flessione del movimento turistico (era stata creata anche la lira turistica).

Il commercio di esportazione fu penalizzato malgrado la concessione di crediti agevolati e premi agli esportatori e l'attivazione del dremback (restituzione ai produttori dei dazi pagati sulle materie prime); peggiorano i rapporti con i paesi usciti dal cambio fisso con l'oro (avevano svalutato la loro moneta).

Con Mussolini si ebbe una ripresa economica poichè:

  • non venne rivista la quota 90 ma tagli salariali che potevano essere plusvalenze imposta sa un regime totalitario
  • per contenere il deficit nel 1931 costo societario del 15% sulle generalità delle merci, così scesero le importazioni e le esportazioni, ottenendo una bilancia commerciale passiva

la ripresa economica fu faticosa perchè le maggiori voci nelle esportazioni erano costituite dai prodotti tessili e alimentari maggiormente colpiti dalla caduta dei prezzi  e oggetto della più drastica riduzione degli scambi.
I rapporti con l'estero erano migliori grazie a:

  • meno costosa acquisizione delle materie prime dato il cambio sopravalutato della lira
  • riduzione delle importazioni di grano e di beni alimentari

ciò portò ad un equilibrio nella bilancia dei pagamenti: prima con rimesse degli emigrati o provenuti dal turismo, poi si dovette mettere mano alle riserve della Banca d'Italia che si assottigliarono.
Mussolini tardò ad adottare specifiche misure congiunturali mantenendo:

  • un indirizzo deflattivo
  • parità aurea
  • riduzione dei costi
  • razionalizzazione della produzione
  • sostegno dei prezzi del mercato interno
  • elevato protezionismo doganale
  • incremento della spesa pubblica → lavori di bonifica e infrastrutturali contro la disoccupazione (non sufficiente)
  • costituzione di movimenti e associazioni produttive e commerciali per tutelare la produzione agricola.

 

Lo stato Banchiere e imprenditore.
Il crac borsistico del 1929 sommato alla difficoltà finanziaria dopo la quota 90 ebbe ripercussioni sulla solidità di molteplici banche, che alla crisi del 29 si presentarono già indebolite dalle eccessive esposizioni per finanziare imprese e sostenere consorzi azionari.
Negli Anni 30 ci furono dei rivolgimenti che alterarono la struttura e il funzionamento del sistema bancario italiano. Tale processo ebbe inizio in precedenza grazie a:

  • legge bancaria 1926
  • istituti di credito speciale vanno ad affiancare il Credito p e il Csn (Icipu, Imi conosciuti anche come Istituti Beneduce)

gli Istituti Beneduce erano:

  • strumenti di un crescente intervento statale nell'economia volto ad integrare l'insufficiente ruolo delle banche miste nel finanziamento industriale
  • attingevano il capitale di fondazione alla Cassa depositi e Prestiti e agli istituti pubblici assicurativi e previdenziali
  • emettevano sul mercato finanziario obbligazioni garantite dallo stato → più disponibilità dei privati ad investire nel mercato azionario.

La crisi del 1929 fu la crisi definitiva delle banche miste e l'acceleramento del processo di concentrazione bancaria già innescato nel 1926-1927. a favorire tale ridimensionamento concorse più che la disciplina di tipo restrittivo introdotta la crisi da cui furono attanagliati gli istituti più deboli.
La Concentrazione numerica degli sportelli che portano all'assorbimento e fusioni sommata alla rivalutazione della lira portano ad un elevato rapporto tra sportelli e aziende. Da ciò si arrivò all'aumento delle dipendenze dei maggiori istituti e riduzione delle piazze bancabili.
Le banche che si estinsero per la loro espansione:

  • Banco di Napoli
  • Banca Nazionale del Lavoro
  • Istituto s.Paolo di torino
  • Monte dei Paschi di Sicilia

le banche penalizzate furono le banche intermedie
Le banche che imposero maggiore resistenza furono le Banche Minori e le Banche Monocellulari grazie al loro radicamento locale.
Nel Mezzogiorno il risparmio affluiva nelle casse di Risparmio postali che alimentavano la Cassa Depositi e Prestiti che non operava direttamente nel sostegno delle economie locali.
La Banca d'Italia si era dovuta impegnare con cospicue sovvenzioni per fronteggiare la crisi di liquidità delle principali banche oberate da immobilizzazioni in titoli azionari in cui i titoli stavano precipitando dai crediti incagliati per le difficoltà. I depositi delle maggiori banche diminuirono e si chiusero le linee di credito estero (necessità di ulteriori erogazioni da parte del Tesoro per il secondo ciclo di salvataggio).

 

Viene effettuata un'operazione di consensi finanziaria per ridare la liquidità delle banche miste attraverso lo smobilizzo delle partecipazioni e dei creditori ormai inesigibile verso le imprese:
→ La Credit trasferì a favore di 2 trading:

  • la società finanziaria italiana
  • la società elettrodinanziaria
  • i pacchetti azionari delle imprese controllate

ciò era un espediente tecnico per sistemare i bilanci delle 2 banche miste e consentire loro di recuperare qualche libertà d'azione.
→ La Comit effettuò operazioni di smobilizzo verso la società di finanziamento industriale. Ma le convenzioni della banca d'Italia per lo smobilizzo della Credit e della Comit limitavano la loro attività. Così la Banca d'Italia si impegnò in un operazione onerosissima di sostegno tenuta segreta al pubblico per evitare il panico tra i risparmiatori e il rischio di Run.

Il Credicop, l'Icipi, il Credito Navale, il Csvi (risorse della banca d'Italia) → ospedale per le imprese fallite; continuarono tutte a sostenere le imprese negl anni della crisi.

→ occorreva fondare un ente di finanziamento distinto dagli istituti bancari di cui era in atto il salvataggio ma ancora immobilizzati. Così nacque l'Imi presieduta da Mayer seguendo i collaudati principi degli istituti beneduce. Le operazioni erano di tutta sicurezza, come le erogazioni di credito a grandi imprese nella forma di mutui a medio-lungo termine. Furono accolte solo 358 domande di finanziamento poiché si doveva assicurare sicurezza, e nel 1932-33 raccolse i mezzi finanziari da impiegare attraverso 5 emissioni di obbligazioni.

Nel 1932 ci fu una svalutazione gravosa delle 3 grandi banche miste (meglio il banco di roma e peggio la Commit). Si trovarono in una situazione in cui erano immobilizzate dagli investimenti ai maggiori clienti e con depositi fortemente intaccati → illiquidità: portò ad un danneggiamento per le piccole medie imprese che anziché ottenere i crediti richiesti venivano pressate per effettuare i rimborsi dei prestiti prevenuti. Bisognava evitare il crollo dell'intero sistema creditizio che avrebbe esposto a gravi rischi i depositi bancari gettando sul lastrico i piccoli risparmiatori (alla base dei consensi).
Era necessario sciogliere il ruolo dell'ormai insostenibile esposizione della banca d'Italia nei confronti dei maggiori istituti e enti di salvataggio.

Jung (ministro delle finanze dal 1932 al 1935) progettò un progetto di intervento pubblico per Risanare il sistema bancario & Garantire la sopravvivenza delle aziende industriali più dissestate:

  • Gennaio del 1933 Costruzione dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI):

- lo stato da a disposizione i capitali necessari a coprire le perdite → acquisto dei titoli e delle proprietà industriali delle banche da risanare provvedendo poi alla loro gestione e al successivo smobilizzo (lo stato è garante della politica del credito affiancando le banche miste.
- capitali di primo funzionamento della Banca d'Italia → l'istituto fu poi autorizzato a provvedersi di risorse sul mercato finanziario con l'emissione di proprie obbligazioni

  • le banche di deposito furono ricondotte alle loro normali funzioni senza più esposizioni creditizie a lungo termine e senza più responsabilità di gestioni extrabancarie effettuate con il denaro dei depositi
  • ottenuta la vigilanza delle autorità monetarie sull'attività bancaria.

L'Iri era composto da:

  1. Sezione Finanziaria: credito industriale a piccole e medie imprese (prestito a 20 anni) dal momento che l'Imi era orientato all'erogazione di grossi mutui nel 1936 venne soppressa e trasferita all'Imi stesso.
  2. Sezione Smobilizzi: gestione già affidata all'istituto liquidazioni (fu sciolto) e acquisì la gestione delle banche miste e delle imprese da esse non controllate. Quindi essa ottenne il pacchetto di maggioranza delle imprese:

- 100% dell'industria siderurgica bellica e dell'estrazione del carbone
- 90% cantieri navali
- 80% società di navigazione e delle industrie meccaniche di locomozione
- 40% sinergia civile
- 30% industria elettrica
- 90% telefonia

Nel 1932-1933: crisi imprenditoria privata la quale non potè che assistere passivamente alla fondazione del sistema di partecipazioni statali, pensato e diretto da uomini della finanza e della banca. I protagonisti furono Beneduce e Menichella . Non si pensava in principio di dare il via ad un sistema di gestione pubblica della produzione, l'IRI infatti conservò criteri personali essenzialmente privatistici senza aspirare a farsi perno di una politica economica di programmazione e non concerne con l'istituto corporativo.

Nel 1937 IRI con i vasti smobilizzi effettuati aveva potuto incassare 4 miliardi di lire utilizzati per alleggerire l'indebitamento con la Banca d'Italia. Le sue altre acquisizioni controbilanciavano le riprivatizzazioni effettuate (Italgas ceduta alla Bastogi, diverse società elettriche come Edison); così l'IRI diventò un ente permanente con un proprio fondo di dotazioni( assenza di capitali privati in grado di acquisire le aziende risanate) e diventò la più Grande Holding (40% del capitale azionario italiano).
Da lei arrivavano:

  • attività più dissestate e costantemente in passivo
  • attività che presentavano un elevato rischio e già periodicamente sussidiate dallo stato + ammodernamento e razionalizzamento delle più strategicamente importanti e maggiori imprese gestite.

L'IRI quindi trattava quadri industriali non solo in fase critica. Aveva infatti ereditato un gruppo manageriale capace di elaborare programmi di razionalizzazione finanziaria e di ristrutturazione industriale.

Negli anni 30 in Italia l'intervento pubblico ebbe le dimensioni più estese. Lo stato divenne Banchiere e imprenditore: con l'affermarsi di un settore pubblico dell'economia si delineò una sorta di terza via tra quelle antiche del puro capitalismo e del puro stalinismo. Questa posizione non incrinò quella dei maggiori imprenditori privati (Agnelli, Cimi, Volpi, Pirelli....) che conservarono il predominio di alcuni principali comparti della produzione industriale.

Il Fascismo  quindi portò un:

  • potenziamento della produzione bellica
  • conseguimento dell'autarchia
  • valorizzazione agricola e industriale dell'africa orientale italiana.

Con la legge bancaria del 1936 si ebbe la premessa per far passare le 3 ex banche miste all'Iri. Essa volgeva al completamento del passaggio logico tra banca e industria:

  • le banche di deposito si occupano del credito ordinario (a breve)
  • istituti di credito fondiario, edilizio e agrario, e istituti speciali si occupano del credito industriale (medio-lungo)

con questa riforma bancaria (simile alla specializzazione bancaria anglosassone) si ebbe il completamento della legge bancaria del 1926:

  • la Banca d'Italia fu trasformata da società per azioni in un istituto di diritto pubblico di durata illimitata con capitale detenuto dai maggiori istituti bancari e dagli enti previdenziali e assicurativi dello stato (la banca delle banche)
  • alla Banca d'Italia fu vietato di intrattenere rapporti con i privati, vide rafforzarsi i suoi poteri di controllo sul sistema bancario di cui poteva determinare la configurazione e le forme di esercizio del credito. Si entra in una logica di moneta manovrata (non più gold standard) che porta ad una possibilità di intervento efficace
  • raccolta di depositi e esercizio del credito, acquisendo una funzione di interesse pubblico: viene istituito l'Ispettorato per la Difesa del risparmio e dell'esercizio del credito che unificò i poteri di vigilanza e controllo su tutti gli istituti del credito.

 

Fonte:

http://ecoways.altervista.org/appunti/Storia_Eco/Appunti_Lez_StoEco.doc

Sito web da visitare: http://ecoways.altervista.org

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Nota : se siete l'autore del testo sopra indicato inviateci un e-mail con i vostri dati , dopo le opportune verifiche inseriremo i vostri dati o in base alla vostra eventuale richiesta rimuoveremo il testo.

Parola chiave google : Economia e Politica Economica in età Fascista tipo file : doc

 

Economia e Politica Economica in età Fascista

 

 

Visita la nostra pagina principale

 

Economia e Politica Economica in età Fascista

 

Termini d' uso e privacy

 

 

 

Economia e Politica Economica in età Fascista