La decolonizzazione riassunto

 

 

 

La decolonizzazione riassunto

 

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La decolonizzazione riassunto

LA DECOLONIZZAZIONE

DATA

TITOLO

AVVENIMENTO

1945-1960

L’INIZIO DEL PROCESSO DI DECOLONIZZAZIONE

Il massimo sviluppo degli imperi coloniali venne raggiunto nel periodo tra le due guerre. Dopo il primo conflitto mondiale cominciarono a manifestarsi dubbi sulla legittimità delle imprese coloniali, ma i cambiamenti si limitarono a sostituire le vecchie argomentazioni nazionalistiche fondate sulla "missione civilizzatrice" con la nuova idea della necessità dello sviluppo economico delle colonie a vantaggio di tutta l'umanità. Tesi che venne confermata dal sistema dei mandati istituito dalla Società delle Nazioni. Le proteste e la critica verso i colonizzatori erano condotte da forze politiche in cui militavano i leader dei futuri nuovi stati. Alcuni di loro si ispiravano alle idee di Lenin diffuse dalla rivoluzione sovietica. Fu però il secondo conflitto mondiale a distruggere il prestigio degli antichi colonizzatori ed a spazzare via, come nell'area conquistata dai giapponesi con lo slogan l'Asia agli Asiatici, i possedimenti coloniali e a sancire la definitiva supremazia nella politica mondiale di Stati Uniti e Unione Sovietica. Il processo di decolonizzazione fu incoraggiato dalla Carta atlantica del 1941 e dalla nascita dell'ONU nel 1945, quale nuovo organismo internazionale per la cooperazione e il progresso economico e sociale di tutti i popoli. Inoltre il nuovo clima politico della guerra fredda spinse USA e URSS ad appoggiare i nazionalismi dei paesi colonizzati per attirarli nella loro sfera di influenza. Il continente asiatico fu il primo a sottrarsi al dominio coloniale grazie ad un'organizzazione sociale già avanzata ed alla debolezza della Gran Bretagna, ormai disposta a favorire il trasferimento di sovranità. Parallelamente si emancipò il Medioriente che vide però complicarsi il nodo della Palestina, acuito dalla nascita nel 1948 dello stato di Israele e dalla prima guerra arabo-israeliana. Infine fu la volta dell'Africa. Prima il Maghreb e poi a sud del Sahara. In breve tempo, anche perché le potenze europee avevano rinunciato a contrastare il processo, quasi tutte le ex colonie ottennero l'indipendenza e il 1960 vide la nascita di 17 nuovi stati. Un'ultima ondata emancipatrice si avrà più tardi (1975) nelle vecchie colonie portoghesi in Africa.

1945-1960

LE VARIE VIE ALL’INDIPENDENZA

La lotta per l'indipendenza si manifestò con una radicale critica del sistema imperialistico, di cui forse l'esempio più significativo è il testo di Frantz Fanon del 1961 I dannati della terra. Il successo però dipese anche dall'atteggiamento degli stati coloniali e dai nuovi equilibri internazionali. In generale, comunque, a causa del pesante indebitamento dovuto alla guerra e della crescente pressione dell'opinione pubblica, la decolonizzazione si realizzò per via pacifica. Fu il caso dell'Olanda con l'Indonesia di Sukarno; dell'India britannica sotto la guida di Gandhi e Nerhu; del Marocco, della Tunisia e dell'Africa nera. Su circa 100 nuovi stati le separazioni violente furono sostanzialmente tre: in Asia con la guerra di Indocina (1945-1954); nel Maghreb con la guerra d'Algeria (1954-1962) e nell'Africa nera con le guerre di liberazione in Angola, Mozambico e Guinea, tra il 1961 e 1975. L'ultima aggressione imperialista franco-inglese contro l'Egitto di Gamal Nasser, l'occupazione del canale di Suez nel 1956, fu invece sventata grazie alle pressioni di USA e URSS. Gli USA adottarono, però, una politica ambigua nei confronti della decolonizzazione: anticoloniale là dove l'URSS non appariva come una minaccia, a sostegno dei francesi o inglesi dove la loro presenza poteva essere utilizzata contro l'espansione comunista. Fu il caso del regime dello scià in Iran (1953-1979) e dell'Indocina che, dopo la sconfitta francese a Dien Bien Phu (1954), vide l'intervento diretto americano. L'indipendenza della Cina fu il frutto di una lunga guerra civile tra le forze nazionaliste di Chang-Kai-Shek e quelle comuniste di Mao Tse-tung. I nazionalisti ritenevano di poter sconfiggere, con l'aiuto americano, l'esercito popolare cinese che, invece, tra il 1946 e il 1949 riuscì a controllare tutto il paese e a proclamare la Repubblica popolare cinese. Chang-Kai-shek si rifugiò nell'isola di Taiwan fondando la Cina nazionalista.

1955

I NON ALLINEATI

I nuovi stati indipendenti intendevano continuare la lotta contro il colonialismo, ma restando al di fuori della logica della guerra fredda. Per iniziativa dell'India di Nehru, dell'Egitto di Nasser, a cui si aggiunse la Yugoslavia di Tito uscita dal blocco sovietico, fu convocata nel 1955 la Conferenza afroasiatica di Bandung. Nasce il Movimento dei Non Allineati, che andò progressivamente aumentando le sue file, ma al tempo stesso accentuando la sua eterogeneità. Risultò infatti sempre più difficile attuare una politica di neutralismo attivo a causa della presenza di un diffuso sottosviluppo che spinse molti stati a scegliere modelli di modernizzazione antitetici, basati sulla supremazia del mercato o dello stato. Gli stretti legami con la vecchia madre patria, la corruzione della nuova classe dirigente e il condizionamento ideologico portarono in molti casi all'instaurarsi di dittature, come quella di Idi Amin in Uganda, e alla proliferazione di guerre civili e etniche spesso condizionate da interessi economici, come nel caso del Congo tra il 1960 e il 1971.

1955-1970

IL NEOCOLONIALISMO

Seppur diversa da paese a paese, l'arretratezza aveva caratteristiche comuni: un'agricoltura tradizionale dominata dal latifondo, una popolazione in continua crescita, infrastrutture inadeguate, analfabetismo e sottoalimentazione diffusa. Inoltre, a rendere più difficile la strada verso la modernizzazione, contribuì la forte dipendenza dall'estero che favorì una nuova forma di sfruttamento da parte delle grandi compagnie multinazionali. I paesi del Terzo mondo erano relegati al ruolo di esportatori di materie prime a basso prezzo. Questo fenomeno fu particolarmente evidente nell'America Latina, dove gli interessi politici degli USA e quelli delle multinazionali si coalizzarono nel sostenere oligarchie terriere e regimi autoritari. In piena guerra fredda la rivoluzione cubana (1959) di Fidel Castro, che gli USA tentarono inutilmente di soffocare, e la creazione di focolai di guerriglia (esempio in Bolivia) organizzati da Ernesto Che Guevara rilanciarono la sfida all'egemonia americana.

 

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