Storia radio e tv dal dopoguerra

 

 

 

Storia radio e tv dal dopoguerra

 

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Storia radio e tv dal dopoguerra

 

  1. La Radio durante la guerra (1943-1946)

 

Le più importanti caratteristiche della radio erano: la possibilità di fare propaganda e la capacità di diffusione. Ricordiamo la RRG in Germania di Goebbles e la EIAR in Italia. Fu proprio nella 2° guerra mondiale che si capì l’importanza della radio non solo per fini militari ma anche di informazione. Amministratore delegato, direttore Generale era RAOUL CHIODELLI  (Consigliere del partito fascista) e Presidente fu GIANCARLO VALLAURI  (legato anche lui al partito fascista). L’Eiar dipendeva economicamente dalla SIP (Società Idroelettrica Piemontese).

 Il 25 luglio 1943 quando cadde il regime fascista la Sicilia venne occupata dalle forze anglo-americane e le stazioni di Palermo e Catania finirono sotto il controllo del PWB (Psychological Welfare Branch) a cura del sergente UGO KAMENEWSKY. Le trasmissioni riguardavano soprattutto notiziari dal fronte bellico e musica americana accolta bene dai giovani.

L’8 settembre 1943 la radio diffondeva l’armistizio di Badoglio, L’Eiar venne occupato dai tedeschi. Il 16 settembre CHIODELLI rassegnò le dimissioni da Dir. Gen. e mantenne la carica di Amm. Del. per fare ostruzionismo ai tedeschi (occultando personale che sarebbe stato trasferito a Torino, trasferire impianti tecnici e somme di denaro a Roma anziché a Torino. Il 10 febbraio 1944 la direzione generale dell’Eiar venne trasferita da Roma a Torino.

Il 5 dicembre 1943 il governo fascista Repubblicano annunciò la nomina di un commissario straordinario nella persona di EZIO MARIA GRAY e un nuovo direttore generale in CESARE RIVELLI. Fino al 25 aprile 1945 l’Eiar era sotto il controllo dei Tedeschi. I partigiani e le forze di resistenza non riuscirono a dare voce a radio alternative se non quelle dell’Italia Meridionale e Londra e Mosca. Il 27 aprile 1945 (all’indomani della Liberazione) il CLNAI (comitato di Liberazione Nazionale per l’Alta Italia) nominò un nuovo commissario della radio in ENRICO CARRARA.

Gli americani col PWB avevano portato un nuovo modo di fare radio. Con la liberazione ci furono i primi contrasti tra il vecchio personale dell’Eiar e i nuovi provenienti dal PWB. Fu nominato LUIGI RUSCA come commissario straordinario (era un liberale antifascista). Col decreto n. 457 del 26 ottobre 1944 venne costituita la RAI (Radio Audizioni Italia), RUSCA continuò fino al 20 aprile 1945 quando fu costituito il primo Consiglio d’amministrazione della RAI. CARLO ARTURO JEMOLO fu eletto presidente (Cattolico liberale antifascista). Dopo la Liberazione le attività radiofoniche erano divise da un nord (con ENRICO CARRARA) e regioni centro-meridionali dove c’era ormai la Rai. La situazione delle Rai era gravissima: impossibilità di riscuotere gli abbonamenti, il bilancio perse 23 milioni, troppe personale. Con la cessazione del regime commissariale dell’Alta Italia l’azienda si unificò. Alla presidenza c’era sempre JEMOLO e Cons. Del. e Dir. Gen. fu nominato lo stesso CARRARA.  Ma in questo periodo finisce l’era del periodo resistenziale della Rai con l’ingresso dei vecchi rappresentanti dell’Eiar quando JEMOLO venne sostituito da GIUSEPPE SPATARO ed ENRICO CARRARA lasciò anche lui. L’abbandono di JEMOLO fu un abbandono anche di certi criteri ispiratori di una democrazia anche nella radio dove ognuno poteva dire la propria e senza alcun intervento da parte dei dirigenti politici.

 

  1. La restaurazione (1946-1948)

 

Nell’agosto del 1946 venne nominato Presidente GIUSEPPE SPATARO (Segretario della DC). Questa nomina rifletteva l’interesse della DC per la radio e l’interesse di recuperare le forze aziendali già impegnate nell’Eiar. Nell’Ottobre del 1947 venne nominato Dir. Gen. SALVINO SERNESI.

Tra il 46 e il 48 i la sinistra era preoccupata per l’andamento della Rai ed ottennero nel 47 un decreto legislativo che prevedeva l’istituzione di una Commissione parlamentare di controllo e di un Comitato per le direttive culturali, artistiche educative. Il decreto 3 aprile 1947 n. 428 era cosi articolato:

  1. La vigilanza generale dei programmi erano affidate al Ministero delle Poste tramite un Comitato al centro e delle Commissioni in periferia;
  2.  L’indipendenza e l’obiettività delle informazioni dovevano essere assicurate da una Commissione Parlamentare
  3.  Obbligatoria l’approvazione da parte del governo della nomina del presidente e del consigliere delegato.

E’ importante notare come la Rai è stato null’altro che la continuazione del vecchio Ente Radiofonico sostituendo il controllo politico del fascismo con quello del nuovo esecutivo.

Nel 1948 entrava in vigore la Carta Costituzionale. L’art. 21 recitava: “Tutti hanno diritto a manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. Ma questo contrastava il principio della riserva dello Stato nel settore radio-diffusioni.

I comunisti e socialisti si vennero a trovare tagliati fuori dal mondo della radio in quanto non avevano mai dato tanto peso a questo mezzo cosa che invece non fece la Chiesa e la DC.

Dal 1946 la programmazione era divisa in due reti semiautonome: la rete Azzurra (agiva da Torino per tutto il Nord) e la rete Rossa (da Roma per il Centro-Sud).

Nel marzo 1949 SERNESI riuscì ad unificare e accentrare le due reti affidando a PICCONE STELLA i programmi giornalisti a RAZZI gli altri programmi e PUGLIESE per la televisione.

RAZZI ripropose vecchi schemi dell’Eiar:

  1. Centralizzazione dei programmi
  2.  Progressivo allontanamento delle iniziative locali, ci si chiudeva nel recinto delle proprie strutture estranee a qualsiasi evoluzione.
  3. Schematismo rigido del palinsesto: a differenza degli altri paesi basate su un’estrema flessibilità dei programmi.

In questi anni nascono programmi come “Botta e risposta” “Belzebù” ecc.

Nel 1947 ad Atlantic city ci fu una conferenza per la distribuzione delle frequenze e l’anno successivo a Copenhagen da cui le possibilità dell’Italia ne uscirono ridimensionare. Tuttavia nel biennio 46/48 la Rai riuscì a raggiungere il numero di 26 stazioni a onde medie. I bilanci della Rai furono travolti dall’inflazioni (come del resto le altre aziende italiane). Il passivo passava da 300 milioni a 600 milioni. Tuttavia gli abbonati aumentarono.

 

  1. Assestamento della radio (1948-1952)

 

 

Nel 1948 la Dc vince l’elezioni con DE GASPERI. SPATARO entrò nel governo come ministro delle poste e telecomunicazioni e mantenne perciò rapporti strettissimi con la Rai e al suo posto venne messo CRISTIANO RIDOMI. SERNESI rimase unico incontrastato arbitro della Rai. Nel giugno 1952 SERNESI e RAZZI fecero una grande operazione: divisero i programmi radiofonici in 3 reti:

  1. La prima “Programma Nazionale” con un’accentuazione ufficiosa e tradizionale. Direttore fu PAOLO GIORDANINO (proveniente dall’Eiar). Si prevedevano (dopo la riforma del 1951) sette edizioni con informazioni prevalentemente politiche.
  2. La seconda “Secondo programma” con modelli radiofonici più spregiudicati e moderni con carattere leggero. Direttore fu FULVIO PALMIERI (dell’Eiar anche lui). Prevedevano 4 edizioni incentrate sulla cronaca.
  3. La terza “Terzo programma” concentrata la summa culturale radiofonica (musica classica, notiziari impegnati). Direttore fu CESARE LUPO. Prevedevano sul commento approfondito delle notizie del giorno.

Aldilà delle innovazioni tecnologiche si vuole capire anche la politica culturale di quegli anni.

  1. La radio dava rilievo alle opere liriche e prose. Ma questi modelli erano spesso elitari cosi la radio invento una musica chiamata “canzone italiana” lontano dalla musica leggera di quegli anni in campo internazionale.
  2. Lo sviluppo dei documentari collegandosi all’esperienza neorealista cinematografica utilizzando suoni e rumori d’ambiente. Si fecero così documentari sulle scuole di danza sui barboni, manicomi ecc.
  3. L’istituzione del “terzo programma” (derivante da “Radio Three” della BBC), doveva contribuire all’elevazione culturale delle masse e rappresentare un punto di riferimento per le classi più colte.

Il periodo tra il 1949 e il 1952 rappresenta il periodo del potenziamento e del rilanco. Ci fu l’apparizione di nuove attrezzature (anche per la differita) e vetture speciali per seguire il ”Giro d’Italia”. Nel complesso la radio italiana era all’altezza delle altre radio europee. Anche il bilancio si alzo con degli attivi (grazie all’aumento del canone, incremento degli abbonati e della pubblicità).

 

4. L’Avvento delle televisione (1952-1954)

 

 

1° Gennaio 1954: data ufficiale di inizio dei programmi televisivi. L’italia era ancora un paese rurale, con disoccupazione rilevante, poche strutture industriali concentrate solo al Nord, l’analfabetismo superava il 10% della popolazione. La diffusione scolastica era buona solo a livello elementare. Fino all’avvento della Tv la fonte principale della cultura dei ceti popolari era solo orale e derivava in gran parte dalle parrocchie, cellule di partito, ecc.

La DC e il partito comunista erano al tempo le forze egemoni. La Dc con FANFANI (che aderì anche al PNF), integralista democristiano, voleva promuovere un modello alternativo per conciliare le dottrine sociali e la morale cattolica con lo sviluppo economico di tipo liberistico. Intanto negli anni 50 lo sviluppo neocapitalistico avevano stravolto le ipotesi pessimiste dei partiti di massa; anche sul piano culturale qualcosa stava cambiando: raddoppio degli abbonamenti alla radio, il boom della stampa periodica.

Tra il 1950 e il 1953 la Dc cercava di emarginare il partito comunista nacque cosi la legge elettorale maggioritaria (“Legge Truffa”) che dava un premio di maggioranza ai partiti che superassero il 50% dei suffragi. Alle elezioni del 1953 la legge non passò e ci furono importanti conseguenze. La Dc aprì la strada a FANFANI. C’era da parte di FANFANI un gran interesse per i mezzi di comunicazione con insistenza per la funzione educativa. Cosi FANFANI collocò uomini di sua fiducia nelle strutture dirigenziali. SPATARO sparì e SERNESI fu promosso all’IRI.

Il punto fondamentale della gestione televisiva della Rai fu la nuova “Convenzione Ventennale” tra la Rai e lo Stato:

    1. Conferma della concessione per altri 20 anni
    2. Concessione oltre che alla tv circolare anche ai servizi telediffusi su filo
    3. Trasferimento della sede a Roma
    4. Trasferimento all’IRI della maggioranza della azioni Rai
    5. Accettazione principio di proprietà della Rai degli impianti tecnici
    6. Introduzione nel Consiglio di Amministrazione (oltre ai rappresentanti del Ministero degli Esteri, interni, finanze e Poste) anche di quelli della Presidenza del Consiglio e ministero del tesoro.
    7. Regolamentazione della pubblicità con la fissazione di un’aliquota massima del 5% di pubblicità e conferma della SIPRA come concessionaria esclusiva della pubblicità radiofonica e televisiva.
    8. Conferma del principio del canone

Questo dimostra la solita “Santa Alleanza” tra Rai e Stato.

La prima trasmissione televisiva fu fatta il 11 settembre 1949. Il 1° gennaio 1954 ebbero inizio i primi programmi televisivi con una media di 28 ore settimanali. Solo nel 1959 la Rai coprì tutto il territorio nazionale.

L’interesse degli italiani fu soprattutto per la novità e le possibilità tecniche del mezzo. Il Cinema e lo Sport spaventati di un abbassamento della frequenza nei cinema e negli stadi. Vennero fatti accordi bilaterali tra rai e cinema  con l’AGIS e l’ANICA (aprile 1953). Esso prevedeva l’utilizzazione dei film solo una volta esauriti nei cinema. Per lo sport si evitava che il pubblico conoscesse in anticipo i risultati.

Anche se alla fine del 1954 gli apparati coprissero 22 milioni di persone gli abbonati erano solo 80.000 a causa dell’ascolto collettivo.

La responsabilità della programmazione televisiva fu attribuita a SERGIO PUGLIESE affiancato da ALDO PASSANTE

 

5. L'ESPERIMENTO DI GUALA (1954-1956)

 

Nel 1954 viene nominato Amm. Del. FILIBERTO GUALA (proveniente dall'Azione Cattolica, ex amministratore delegato delle "Acque Potabili" e "Ina Case").

Mentre le forze di sinistra venivano colte di sorpresa dal fenomeno televisivi la Dc si impadroniva delle leve di comando della Rai. 

La nuova struttura dirigenziale prevedeva Presidente CARRELLI, Amm. Del. GUALA, VICENTINI direttore generale, vicepresidente BENANNI. Passaggio da consigliere delegato ad amministratore delegato per sottolineare la concentrazione in esso di tutti poteri. C'era la convenzione a quel tempo che la tv fosse lo strumento pedagogico per eccellenza. GUALA religioso per convinzione era allineato alle preoccupazioni del Vaticano. Perciò la Tv serviva per un miglioramento  degli Italiani inteso in senso cattolico e integralistico. Rapporto stretto tra GUALA e FANFANI. Quello che faceva FANFANI  (alleanza con la Chiesa per un modello sociale cristiano, rigore moralistico e disprezzo per la formazioni culturali considerate incopatibili) GUALA lo riportò nella RAI.

La principale opposizione a GUALA la trovò dagli "aziendali" ovvero dai vecchi dirigenti provenienti dall'EIAR e ancora in possesso di ampi poteri. Lo scontro tra i "nuovi" detti "corsari" e i vecchi "Aziendali" fu aspro.GUALA sconvolse l'organigramma sostituendo i vecchi con altri nuovi. Nel 1955 GUALA accentrò a Roma tutte le strutture decisionali dell'azienda. Introdusse 2 novità: a) La rigida separazione tra momento ideativo e quello produttivo dei programmi (ciò facilitò la censura) e b) il divieto dei dipendenti di collaborare ai testi dei programmi (non nella radio). Venne istituito  un Comitato generale con funzioni di censura con a capo GUALA, VICENTINI, BERNARDI, RAZZI, PUGLIESE, PICCONE STELLA. Ad esso si affiancavano 3 comitati: uno per i programmi radiofonici, uno per la tv e uno per i servizi giornalistici. Cosi GUALA era riuscito ad isolare tutte le forze che operavano all'interno della Rai. ALDO PASSANTE venne accusato di aver criticato su un articolo l'operato di GUALA e venne destituito. Il 27 giugno 1956 GUALA si dimise.

I fattori che portarono alle dimissioni di GUALA furono: a) aveva stravolto eccessivamente le strutture interne, b) l'impopolarità dei nuovi elementi immessi in Azienda e portati rapidamente al comando, c) la perplessità di elementi della DC nei programmi di GUALA, d) Le perplessità dei partiti "laici" alleati alla DC sul nuovo corso televisivo, e) atteggiamento critico dell'IRI sulle scelte gestionali prese.

I grandi cambiamenti del comportamento di massa in questo periodo. a) Aumento dell'informazione politica. Il tg si collocò tra i programmi più seguiti. b) Proposta di modelli sociali unificanti. Le persone si vestivano in maniera sempre più uniforme e arredavano le case come quelle della tv, c) Fenomeni di divismo e consumismo, d) superamento della mentalità particolaristica. La tv ha contribuito a trasformare i sudditi in cittadini. e) Effetto linguistico. La tv ha accellerato il processo di unificazione linguistica.

In questo periodo numerosi studi avevano considerato il fatto che la tv non aveva un effetto diretto ed immediato, sin dagli anni 40 negli studi sulle campagne elettorali, i mezzi di comunicazione avevano scarsa influenza sulle decisioni elettorali, avevano solo un potere di rafforzamento delle opinioni. Si sviluppò in questi anni il concetto di "Opinion Leader" (Lazarsfeld) sostenendo che: a) il messaggio non viene accolto dai singoli se non viene accolto dai piccoli gruppi in cui sta il ricevente, b) ci devono essere all'interno di questi gruppi leader d'opinione molto ricettivi c) i leader devono appartenere allo stesso strato o a quello superiore del ricevente. Nel 1956 era stata completata la rete televisiva nazionale e circa il 95% della popolazione era in grado di usufruire della Tv. Il bilancio della rai risultava in attivo. La situazione finanziaria della Rai risultava più che solida.

La radio perse quella peculiarità che le aveva dato successo 20 anni prima, si trasforma in piccole radio portatili (ovunque anche in macchina), diventa un mezzo di accompagnamento della giornata come sottofondo.

 

6. DOPO LA BUFERA (1956-1961)

 

Nel 1957 cadde il governo SEGNI. Si venne accellerando quel processo che avrebbe portato ad un governo centro-sinistra. Nella Raiu venne nominato amm. del. MARCELLO RODINO' DI MIGLIONE (appartenente a una aristocratica famiglia di Napoli, ex dipendente della SME e presidente della ANIDEL-Associazione nazionale imprese produttrici e distributrici di energia elettrica). Venne affiancato al Dir. Gen. RODOLFO ARATA. Questa coppia riuscì a doppiare le difficoltà del periodo di instabilità politica che precedette l'entrata dei socialisti nella maggioranza di governo. Nel 1961 FANFANI ritornato al potere affiancò a RODINO' , ETTORE BERNABEI. In questo periodo ritorna in auge la preoccupazione della Chiesa per la tv. Con un enciclica di Pio XII "Miranda Prorsus" voleva dare risalto alla possibile funzione educativi dei media con la pretesa che lo Stato eserciti i propri poteri coercetivi a sostegno di queste finalità.

La prima preoccupazione di RODINO' fu quella di consolidare la struttura interna riannodando rapporti col vecchio gruppo dirigente e ponendo gli elementi immessi da GUALA nell'alternativa di adeguarsi al nuovo corso o essere emarginati. Venne eliminato PICCONE STELLA (venne isolato alla Direzione dei servizi giornalistici). Era entrato nell'EIAR nel '32 e si era conclusa un'epoca. Si era sempre attenuto a concetti di dignità e indipendenza professionale, lontano da quelli che pensavano che la radio o la tv fosse solo un potere nelle mani della maggioranza.

Con la ristrutturazione di RODINO' la Rai rimase invariata per molti anni. BERNARDI rimase vicedirettore generale, RAZZI controllava i programmi radiofonici, PUGLIESE quelli televisivi. Da un lato si potenziò l'azienda intesa come organizzazione e soggetto finanziario nel quadro delle attività dell'IRI, l'amministratore si trasforma in "manager", garante delle funzionalità delle strutture. Dall'altro si consolida il dominio assoluto della DC sul controllo della informazione. Nel 1959 viene nominato LEONE PICCIONI alla direzione del TG (controllo del partito sulle notizie).

I primi anni di RODINO' furono gli anni dell'espansione della Pubblicità. dal 1957 i consumi aumentarono e la pubblicità fu causa ed effetto al tempo stesso. Con la convenzione tra Stato e Rai gli spazi pubblicitari sarebbero stati del 5% del tempo di trasmissione globale. La gestione della pubblicità fu affidata alla SIPRA che esisteva già prima della guerra. La Rai attraverso la Sipra  finanziava i giornali delle forze politiche di maggioranza e facilitava editori vicine ad esse, determinando un circuito di omertà. A capo della Sipra c'era ENRICO MARTINI MAURI.

Nel 1958 nasce il problema dei programmi televisivi per le scuole. Fu costituito il PAT (posti di ascolto televisivo). Il problema dell'influenza negativa della Tv sui ragazzi venne ridimensionato in questi anni. Il messaggio televisivo non è mai valido o nocivo per se stesso ma agisce sempre in funzione del suo fruitore che lo recepisce differentemente in rapporto a diversi condizionamenti culturali, di gruppo ecc.. Si scoprì che la tv non allontanava i ragazzi dalle attività ludiche o sportive ma sottraeva tempo solo alla lettura dei libri. Gli anni '56-57 videro l'affermazione della tv come spettacolo di massa come "Lascia o raddoppia?" iniziato nel 1955. Aveva punte di ascolto di 10 milioni di spettatori contro la media di 3-4 milioni per gli altri programmi. Spettacoli come il "Musichiere" davano inizio ad un connubio tra musica e quiz con riflessi importanti sul mercato dei dischi. Spettacoli come "Tribuna Politica" dava una certa curiosità e consenso per l'apertura democratica della tv ma il linguaggio usato da giornalisti e politici era spesso incomprensibile. L'Italia in questi anni assiste al boom della urbanizzazione, dell'aumento del numero degli addetti nell'industria ed edilizia ed un calo nell'agricoltura. Il 6 luglio 1960 la Corte Costituzionale emanava una sentenza su una questione di legittimità costituzionale del monopolio radio-televisivo. Il Tempo di proprietà di RENATO ANGIOLILLO intendeva mettere in onda programmi televisivi al di fuori della concessione statale Rai. La sentenza confermò la legittimità costituzionale del monopolio. E' vero che l'art. 21 della costituzione dava la possibilità a tutti i cittadini di esprimere le proprie idee attraverso un canale mediatico, i costi erano accessibili a pochi e avrebbe portato ad un oligopolio  gestito da poche forze economiche o politiche. La sentenza sanciva quindi una vittoria della maggioranza che sanciva lo status quo. Nel 1961 venne dato avvio alla seconda rete. Ma da questo anno c'è uno spreco di risorse finanziarie e strutturali, la Dc faceva entrare attraverso il nepotismo tanti addetti ai lavori, ma questo avrebbe portato a presto ad una depressione economica della Rai.

 

7. L'ARRIVO DI BERNABEI (1961-1963)

 

Il Partito di maggioranza  si accingeva a varare l'esperimento centro-sinistra caratterizzato dall'alleanza col partito socialista. I socialisti abbandonarono i comunisti promuovendo intese sempre più strette con i socialdemocratici. Intanto la società italiana si stava trasformando: aumento dell'urbanizzazione, le persone erano più ricche. La tv aveva provocato effetti unificanti sul piano linguistico, del costume, dei comportamenti sociali che avevano attutito le differenze tra aree storiche ed economiche del Paese.

Nel 1961 venne creato il primo governo di centro-sinistra ma la sinistra socialista si dissociò da questa decisione creando la premesse di una scissione. In questo quadro politico venne nominato alla direzione generale ETTORE BERNABEI (proveniente dal Popolo e il Giornale del Mattino, entrambe quotidiani della Dc). A BERNABEI fu affidato il compito di finalizzare la tv alle nuove prospettive  politiche senza diminuire la consistenza della presenza democristiana

RODINO' si trovò davanti un concorrente nell'esercizio del potere. Il primo obiettivo di BERNABEI fu quello di rendere incisivo il potere della corrente fanfaniana nella direzione dei programmi informativi e giornalistici. Insediò come Direttore del Tg ENZO BIAGI (grande consenso). Ma BIAGI pose come condizione essenziale quella di respingere ogni pressione politica esterna. Ma non ottenne quello che voleva e si dimise alla prima occasione. BERNABEI fece un' altra vittima, PICCONE STELLA. Alla fine del '63 la rai si presentava come un'Azienda solida.

 

8. IL CENTRO SINISTRA (1963-1965)

 

MORO andò al governo e SARAGAT presidente. Nella Rai QUARONI presidente (al posto di PAPAFAVA), DE FEO e BASSANI vicepresidenti, RODINO' restò amministratore delegato e BERNABEI direttore generale. Nel dicembre 1963  RODINO' e BERNABEI modificarono l'organizzazione delle reti unificando i due canali in un unico palinsesto.

Per quanto riguarda la realizzazione dei programmi i programmi giornalistici li facevano i giornalisti, gli altri programmi li facevano i "programmisti". Riguardo le assunzioni era ancora un nodo da sciogliere: quasi sempre venivano assunti personale grazie a pressioni politiche e clientelari. La casualità e il dilettantismo finì per caratterizzare anche gli interventi più seri, e la struttura organizzativa ha girato spesso a vuoto determinando sprechi di energie e di intelligenza.

Al temine del mandato di RODINO' la Rai si presentava ancora come un'azienda economicamente sana. Aumentavano abbonamenti e pubblicità. Tra il '63 e il '64 il maggior incremento delle spese era avvenuto nel settore tecnico e in quello delle spese generali e amministrative.

Tra il '62-'66 l'ascolto dei programmi televisivi raggiunse medie elevate, alle 21 non meno di 15 milioni di persone assistevano allo spettacolo televisivo. Tre grandi fenomeni culturali caratterizzarono l'evoluzione sociale del Paese in quegli anni: a) La scoperta della sessualità e il suo uso dissacrante rispetto al passato, b) la diffusione di una informazione più legata al costume civico e alla storia, c) la contestazione giovanile che impose modelli di comportamento, di abbigliamento, di costume.

 

9. IL PERIODO DI GRANZOTTO (1965-1969)

 

Il 29 aprile 1965 GIANNI GRANZOTTO fu nominato amministratore delegato. Estraneo ai

ruoli attivi della politica aveva svolto una coerente carriera giornalistica. Il

vecchio establishment dell'azienda era contrario a questa nomina in quanto erano

abituati a considerare amm. del. un potente argine contro le irruzioni politiche di

BERNABEI. Anche l'IRI era contraria. Socialisti, socialdemocratici e repubblicani

erano invece favorevoli ad un amm. del. che non provenisse dal partito di

maggioranza. Il periodo di GRANZOTTO fu sconvolto da profonde trasformazioni nel paese (contestazione giovanile, la crisi del comunismo, unione tra socialisti e

socialdemocratici). Come trovò l'azienda GRANZOTTO? Sul piano politico l'azienda era caratterizzata come portavoce della Dc e delo stesso FANFANI. GRANZOTTO cercò subito  un'alleanza con BERNABEI e attaccò subito la direzione del personale che era guidato da MARCELLO SEVERATI che venne allontanato nel '65 e mise un "Neutro" VALERIO TESTA.

Nel '65 PUGLIESE muore e al suo posto viene messo LUIGI BERETA per i programmi tv e ANNIBALE MANUSARDI per quelli giornalistici. GIULIO RAZZI viene allontanato da direttore dei programmi radiofonici e sostituito da LEONE PICCIONI. Democristiani e cattolici avevano sostituito i punti vitali dell'azienda e a parte BERNARDI e VASARI non c'era traccia del vecchio gruppo aziendale.

Mentre la Tv sembrava in ritardo rispetto alle trasformazioni del paese la radio in

questi anni conobbe una nuova primavera (Programmi per giovani con "Bandiera

Gialla"). L'uso "del Transistor" rendeva accessibile l'uso delle radio ovunque. La

radio divenne un punto di riferimento generazionale. Intanto GERMANO BODO divenne direttore del personale nel febbraio del 67. I rapporti tra GRANZOTTO e BERNABEI si stavano deteriorando a causa della crisi in cui stava per versare la Rai e a cui BERNABEI non si assumesse le responsabilità. BERNABEI tentò di far fuori GRANZOTTO ma attorno a lui questa volta l'IRI e i vecchi quadri dirigenziali fecero blocco intorno a lui. La riconferma di GRANZOTTO dipendeva anche dalle elezioni del 68: la Dc aveva vinto e i socialisti avevano perso.

GRANZOTTO senti che era giunto il momento di cambiare metodi di gestione e

ridimensionare la presenza democristiana. Affidò a 3 esperti, GINO MARTINOLI (dai

socialisti), GIUSEPPE DE RITA (direttore del CENSIS) e SALVATORE BRUNO (dalla Dc), uno studio sulla riorganizzazione dell'azienda, si cercava di capire quale fossi il reale stato dell'azienda e come si dovesse procedere nell'ordine razionale dei

problemi. Non affrontava però i nodi politici della questione che erano a monte. Le

critiche al rapporto erano ricondotte a 2 gruppi: chi individuava nel rapporto uno

spregiudicato sforzo per fare della Rai Tv uno strumento del neocapitalismo di stato

nel campo dell'industria culturale e delle comunicazioni di massa rafforzandone il

carattere imprenditoriale e chi ne attaccava alcune scelte di politica di

programmazione. Il rapporto aveva rappresentato un serio tentativo per far prendere

coscienza alla classe dirigente oltre che alla dirigenza-Rai che la crisi della

Radio-Tv era originata dalla mancata corrispondenza e adeguamento della Rai-Tv ai bisogni e ai movimenti nuovi che emergevano ed agitavano la società italiana. In sostanza indicava l'urgenza di dar vita a una nuova strategia del rapporto col pubblico.

Improvvisamente GRANZOTTO si dimise nel marzo del 1969. Le su dimissioni

costringevano la Dc a concordare col PSI il nuovo organigramma che BERNABEI sperò di far firmare fino all'ultimo a GRANZOTTO. GRANZOTTO aveva già avvisato il governo della situazione insostenibile in cui versava l'azienda e se non si fossero stati cambiamenti si sarebbe dimesso. C' chi mise in collegamento le sue dimissioni con una sua presunta volontà di prendere l'appalto di stazioni straniere attraverso la SIPRA, ma ciò venne smentito quando fu proprio lui a mettere in guardia il governo su un eventuale iniziativa jugoslava.

Le sue dimissioni avevano scosso sia la Rai che il governo. I repubblicani, alleati

di governo, vedevano l'occasione di ridimensionare il potere della Dc e di BERNABEI all'interno della Rai.

Nel frattempo all'interno della Rai l'azienda crollava economicamente. Gli abbonati

diminuivano, gli introiti pubblicitari non potevano estendersi più del 5% in base

alla concessione con lo stato, le spese del personale e quelle di produzione

aumentavano. (GRANZOTTO già sapeva di questa situazione).

 

10. L'ESPERIMENTO GARANTISTA (1969-1972)

 

Nel 1969 ALDO SANDULLI (ricordato per la famosa sentenza del 60, la sua presidenza si collocava in una particolare dimensione di garanzia dell'obiettività) nuovo presidente della RAI (su indicazione del Repubblicani). Amm. Del. LUCIANO PAOLICCHI, ITALDO DE FEO vicepresidente, ETTORE BERNABEI rimase al suo posto di direttore generale. La direzione dei programmi radiofonici fu affidata a GIUSEPPE ANOTNELLI, quelli televisivi a FABIANI i programmo televisivi di spettacolo a ANGELO ROMANO'.

Nella direzione dei programmi televisivi culturali i democristiani avevano il

controllo per i programmi per ragazzi e scolastici, ai socialisti furono assegnati i

programmi di "categoria". WILLY DE LUCA fu messo al TG. Alla direzione

amministrativa si insediò GERMANO BODO, in segreteria centrale POZZILLI, la

direzione affari generali fu data ad ANDREA CUTURI (democristiano), il servizio

scritture a PATRIZI (cattolico), la direzione del personale ANNIBALE MANUSARDI. Quasi tutti i posti di comando erano affidati a persone condizionabili dalla Dc e dal gruppo fanfaniano. Questo ordine PAOLICCHI-BERNABEI promosse critiche e scioperi anche all'interno della stessa Azienda. Dopo l'avvento di PAOLICCHI i gruppi che si contendevano il potere erano 4:

a) Il gruppo "fanfaniano" guidato da BERNABEI con tutti i tesserati della Dc

b) il gruppo socialista

c) i vecchi aziendali

d) i repubblicani

BERNABEI aveva ottenuto il  massimo: il potere assoluto e la parziale copertura dei

socialisti.

Il 2 febbraio 1970 scoppiò il caso-Zavoli. Il "Tempo" (di destra) attaccò una

trasmissione televisiva sulla riforma del codice penale. L'articolo provocò reazioni

di solidarietà nei confronti di ZAVOLI e una valanga di interrogazioni parlamentari.

DE FEO stigmatizzò il contenuto della trasmissione mentre SANDULLI emise un verdetto di assoluzione nei confronti di ZAVOLI. PAOLICCHI e BERNABEI cercarono di non farsi coinvolgere. SANDULLI si studio i testi della trasmissione e dovette convincersi del fatto che ci fu una vera manipolazione. BERNABEI se ne discostò ancora cosi nel 1970 SANDULLI si dimette. Le dimissioni di SANDULLI aprirono una crisi in quanto era dimostrato come una formula di tipo garantista era impossibile.

Nel dicembre 1971 GIOVANNI LEONE fu nominato presidente della repubblica (con la spinta della Dc) e l'opposizione della sinistra. Il governo entrò in crisi e fu

eletto un governo monocolore democristiano presieduto da GIULIO ANDREOTTI, col compito di preparare nuove elezioni anticipate. il 7 maggio 1972 ci furono nuove

elezioni: la Dc aumentò i suoi seggi, i repubblicani anche, i comunisti guadagnarono

2 seggi l'MSI ebbe un gran successo. ANDREOTTI varò un governo con

socialdemocratici, repubblicani e liberali.

PAOLICCHI si dimise. Il governo prorogò per un anno la concessione con la Rai e vietò alla SIPRA di raccogliere pubblicità al di fuori di quella radio-televisiva.

La rivoluzione del 1969 aveva portato a diverse conseguenze, la prima che BERNABEI aveva il controllo su tutti i settori dell'azienda. Sul piano organizzativo c'è una proliferazione di gradi e funzioni che dava potere a BERNABEI  ma portava ad uno spreco di denaro.

 

11. LA GESTAZIONE DELLA RIFORMA (1972-1975)

 

Il presupposto della riforma era una valutazione sulla incapacità della Rai di

assicurare una informazione e una programmazione rispondenti alle richieste della

classe politica e alle esigenze degli utenti. Altrimenti si sarebbe dato avvio ad un

prolungamento della concessione con qualche aggiustamento. La riforma avrebbe dovuto tener conto di una cosa importantissima: che non esiste solo un pubblico ma ce ne sono tanti. Il governo ANDREOTTI cosi rinnovò la concessione fino alla fine del '73 e istituì una commissione di studio presieduta da QUARTULLI.

In questi anni però la situazione politica cambiò radicalmente, dopo le dimissioni

del governo centrista di ANDREOTTI si costituisce un governo di centro sinistra

(PSI, PSDI, PRI, DC).

Nell'ampio dibattito sulla riforma possiamo individuare 3 atteggiamenti:

a) Il primo si richiamava a principi cristiani, alle prescrizioni della Chiesa, la

funzione educativa dei media doveva essere ispirata ai valori del cattolicesimo

(questa posizione si riscontrava nella Dc e movimenti cattolici)

b) un atteggiamento che si richiamava ai principi marxisti della lotta di classe

subordinate ai modelli borghesi. La tv doveva essere un mezzo alternativo per le

classi sfruttate.

c) L'atteggiamento di chi si schierava in una posizone "liberal-garantista" che

concepiva il pluralismo come una garanzia di tutte le componenti politiche e sociali

consentendo al pubblico una possibilità di scelta più concreta.

Tutti i progetti di riforma facevano riferimento ad alcuni punti essenziali:

a) Problema dei rapporti tra gestione e controllo: la gestione avrebbe dovuto essere

affidata a un organo tecnico-politico, dotato di autonomia, di derivazione

governativa; il controllo a un organismo parlamentare o misto (governo e parlamento)

b) Rapporti con l'esecutivo: si riteneva necessario spezzare il legame tra governo e

ente concessionario.

c) Garanzia di obiettività: prevedevano l'istituzione di un organo di garanti che

fosse responsabile dell'obiettività dei programmi.

d) Ente pubblico: la Rai doveva trasformarsi in ente pubblico abbandonando la forma di spa.

e) Programmazione: Ricollegare il momento dell'ideazione con quello della

realizzazione.

Alla riforma erano interessate le Regioni che da dopo la guerra la Rai aveva messo

in opera un'opera di centralizzazione vanificando i tentativi di autonomia dopo il

conflitto. La prima fu la Lombardia che con i suoi potenti mezzi rivendicava una

gestione alternativa al monopolio di Roma. La realizzazione di una terza rete

avrebbe innestato un processo di confronto e competizione aumentando l'aderenza

dell'informazione alla problematiche locali (il 1° gennaio 1978 si realizzerà la 3°

rete televisiva a carattere nazionale). La proroga si prolungò fino al 30 novembre

1974 dopo due proroghe.

Dopo le dimissioni di PAOLICCHI la Rai era governata dal direttore generale BERNABEI e dal presidente DELLE FAVE. Nel 1973 MANUSRADI lasciò la direzione del personale affidandola a GERMANO BODO, ANDREA CUTURI venne nominato nel 1973 direttore centrale tecnico al posto di ORSINI. La gestione BERNABEI-DELLE FAVE terminò nel 1975 dopo 13 anni (Bernabei).

Era finita un epoca. Al momento del suo ingresso BERNABEI aveva trovato un'azienda sana quando si dimise era irriconoscibile, gonfiata da massicce strutture

clientelari, corruzione politica, in gravi difficoltà economiche. Si riusci a

pareggiare i conti grazie alle sovvenzioni dello stato, all'aumento del canone e

riducendo le spese di produzione e di aggiornamento tecnologico.

Caso-SIPRA: Le forze politiche e il legislatore non poterono ignorare la SIPRA

(società concessionaria della pubblicità radiofonica e televisiva). La domanda della

pubblicità televisiva è sempre stata sul mercato più alta dell'offerta. A questa

domanda la Rai non poteva rispondere in toto per via del limite del 5% (per non

danneggiare gli altri mezzi di comunicazione). La tv italiana ha trasmesso più ore

di pubblicità rispetto ad altri paesi europei ma ne ha guadagnato di meno. La

pubblicità veniva venduta sotto-mercato. Perciò la SIPRA vendette spazi pubblicitari

non radio-televisivi che abbandonati alla richiesta di mercato sarebbero stati

difficilmente collocati. E' il caso di quotidiani di partito ad esempio: la SIPRA fu

sospettata di utilizzare le concessioni di spazi pubblicitari televisivi per imporre

la sottoscrizione di altri spazi pubblicitari che non sarebbero stati venduti, e ciò

fino al limite del reale prezzo di mercato della pubblicità televisiva. Ciò che è grave è che si favorì stampa di partito o editori che si prestavano a discutibili

operazioni politiche in maniera legale e senza alcun controllo.

Nel periodo della riforma ancora non si era risolto il problema della tv a colori

per via della preoccupazione, da parte di partiti e sindacati, di una nuova spinta

consumistica verso i nuovi apparecchi televisivi. C'er il problema della scelta del

sistema da adottare: Il PAL (americano) e il SECAM (francese). La Rai adottò quello

americano e ciò contribuì ad una dipendenza dal sistema americano, mentre

affiancandosi ai francesi si sarebbero create possibilità di mercato più ampie e

interessanti.

La tv scolastica non prese mai piede in Italia per 2 motivi: un ritardo dei

programmatori a concepire l'intervento televisivo nel settore educativo e l'altro

nella ostilità preconcetta del corpo docenti. Accanto alla tv scolastica era nata in

quei tempi la "televisione educativa", o meglio l'educazione degli adulti attraverso

la tv. Questa prevedeva 3 momenti:

a) il post-scolastico, per l'approfondimento culturale dopo la scuola dell'obbligo

(per i ragazzi dopo i 13 anni)

b) quello di recupero per coloro che non hanno completato la scuola dell'obbligo

c) quello di aggiornamento e approfondimento culturale.

Ma anche questa iniziativa non prese piede a causa anche delle carenza organizzative

della Rai.

In questi anni dopo il referendum sul divorzio, il governo di centro-sinistra fini

il suo percorso e si collocò al governo ALDO MORO con un governo di democristiani e repubblicani.

La lunga e complessa gestazione dell'accordo tra i partiti per la riforma della Rai

fu interrotta per la pubblicazione di due  sentenze della Corte Costituzionale (n.

225 e 226). Esse prevedevano la liberalizzazione della tv via cavo a livello locale

e la legittimità della diffusione di programmi da emittenti estere (si rifaceva

all'art. 21 della Costituzione). Si ponevano due condizioni:

a) Che il potere esecutivo non vi fosse rappresentato in maniera diretta o indiretta

in maggioranza

b) che la loro struttura fosse idonea a garantire una conduzione obiettiva dell'Ente.

Per quanto riguarda le direttive per la programmazione le condizioni furono 3:

a) Che i programmi di informazione fossero ispirati a criteri di imparzialità

b)Che i programmi rispettassero in ogni caso i valori fondamentali della Costituzione

c) che gli stessi tenessero conto di tutte le correnti di pensiero.

Per quanto riguarda la posizione dei giornalisti radiotelevisivi:

a) diritto di essere posti in grado di svolgere la propria funzione nel rispetto dei

canoni della deontologia professionale

b) doversi attenere nell'informazione alla maggiore obiettività

Per quanto riguarda il diritto di accesso alla trasmissioni:

a) diritto di accesso fosse consentito ai gruppi politici, religiosi e culturali nei

quali si esprimono le varie ideologie presenti nella società

b) che l'accesso fosse imparziale

c) che fosse permesso nei limiti massimi che l'organizzazione del mezzo poteva

permettere.

Intanto il 14 aprile 1975 la nuova legge, n. 103 fu promulgata.

 

12. LA LEGGE DI RIFORMA

 

Il punto più caratterizzante contro il quale la Dc si era battuta era quello che

prevedeva la concorrenza tra reti e testate e che dava loro autonomia di

programmazione. Il consiglio di Amministrazione veniva determinato in 16 componenti di cui 10 eletti dalla Commissione parlamentare di vigilanza e 6 nominati

dall'azionista di maggioranza (cioè dall'IRI). L'accordo prevedeva che le

designazioni fossero fatte dai partiti: 7 democristiani, 3 socialisti, 2

socialdemocratici, 2 comunisti, 1 liberale, 1 repubblicano. La presidenza sarebbe

spettata ai socialisti, la vicepresidenza ai socialdemocratici. Il direttore

generale doveva essere nominato dal Consiglio di Amministrazione (vi erano accordi

che sarebbe stato designato dalla Dc). I ripetitori dei programmi esteri erano

consentiti a patto che non disturbassero le emittenti della Rai e con divieto di

trasmettere la pubblicità. La pubblicità sempre non oltre il 5% e venne rinviata

ancora la riforma sulla SIPRA. Il protocollo prevedeva che per la prima rete TV, che copriva la maggior diffusione, la Dc avrebbe potuto designare i direttori, sia per il settore giornalistico (tg1) sia per quello dei programmi (Rete 1). La seconda rete avrebbe dovuto esprimere la sua dirigenza su indicazione dei partiti laici, (il PSI avrebbe designato il direttore dei programmi (Rete 2) e il PRI per il tg2. Anche per le Radio: la seconda rete (con maggior ascolto) fu assegnata alla Dc, sia per i programmi che per il settore giornalistico. la prima rete doveva avere un direttore dei programmi socialista e un direttore del Giornale radio socialdemocratico. La terza, un direttore dei programmi socialdemocratico e un direttore del giornale radio socialista.

Un punto che rappresenta contrasti è quello che riguarda le reciproche competenze

tra i diversi organi interessati alla programmazione. La "Commissione Parlamentare"

formula gli indirizzi generali per la predisposizione dei programmi e per la

distribuzione dei tempi disponibili. Approva i piani di massima della programmazione annuale e pluriennale e vigila sulla loro attuazione. Il "Consiglio di

Amministrazione" approva trimestralmente (in attuazione del piano annuale approvato dalla Commissione Parlamentare) lo schema dei programmi da svolgere nel trimestre successivo; esamina periodicamente i programmi trasmessi, per accertarne la rispondenza alle direttive ed agli schemi approvati ed inoltre approva i piani di trasmissione annuali da sottoporre successivamente alla Commissione Parlamentare. Il direttore generale è responsabile dello svolgimento del servio radio-tv nei confronti del Consiglio di Amministrazione secondo gli indirizzi formulati dalla Commissione Parlamentare.

I direttori di rete sono alle dipendenze del direttore generale. Il direttore

generale coordina la varie proposte presentando un programma organico al Consiglio

di Amministrazione.

Anche sul piano economico e finanziario, i poteri del Consiglio di Amministrazione e

quelli della Commissione Parlamentare si incrociano pericolosamente. L'art. 8

prevede che la definizione del preventivo annuo globale delle entrate avvenga con

una maggioranza dei 3/4 dei consiglieri; ciò significa che è sufficiente l'assenza o

il boicottaggio di 5 consiglieri per paralizzare la società. Calcolando che la Dc ha

5 consiglieri... L'art. 12 è ancora peggio; esso prevede che il Consiglio di

Amministrazione e il direttore generale decadano quando in un esercizio finanziario

il totale delle spese superi di oltre il 10% il totale delle entrate. Questa

disposizione offre al direttore generale e alla direzione di supporto amministrativo

notevoli possibilità di ricatto nei confronti del Consiglio di Amministrazione. Il

governo può, attraverso i sussidi e rimborsi, condizionare la sopravvivenza del

Consiglio di Amministrazione.

Nel 1976 la Corte Costituzionale liberalizzava l'esercizio di radio e tv purchè non

si svolgesse a livello nazionale ma si mantenesse nell'ambito di dimensioni locali

non meglio definite. Tuttavia, la sentenza del '76 sembra più favorevole al

monopolio pubblico perchè per la volta in maniera esplicita essa definisce la

radiodiffusione sonora e televisiva su scala nazionale un servizio pubblico

essenziale e di preminente interesse generale. Ma il problema più grave e che ancora

non è stato risolto riguardava l'autonomia professionale dei giornalisti all'interno

della Rai. Da un lato c'è sempre stata la concezione che un servizio pubblico

significasse in qualche modo ufficialità dell'informazione al servizio dei partiti,

possibilmente in proporzione al loro peso elettorale, dall'altro la tendenza alla

ricerca di uno spazio riconosciuto di autonomia andava aumentando man mano che i

giornalisti si rendevano conto la funzione di mediazione attribuita loro da una

deontologia professionale accettata in tutti i paesi liberi, non poteva consistere nella distribuzione delle "veline", nei cauti filtraggi, nella ripetizione meccanica di comunicazione scritti in un orribile gergo comprensibile alla grande maggioranza degli italiani.

 

 

Fonte: http://www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti/Riassunti/CavalloMorente.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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