Storia diritto romano riassunto

 


 

Storia diritto romano riassunto

 

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La tradizione storica e i metodi di studio

 

Cause dell’incertezza sulla storiadei primi secoli di roma

 

Il problema preliminare di ogni disciplina storica è quello relativo all’iden-tificazione delle fonti di cognizione: tutti sanno quanto limitata sia l’attendibilità delle notizie che i classici registrano per la più antica storia di Roma. Di ciò ne avevano coscienza anche gli storici dell’età di Augusto come Livio nel suo ab urbe condita. Inoltre, proprio studi recenti hanno confermato che il ricordo degli avvenimenti antichissimi sia stato turbato da storici troppo propensi a magnificare le gesta dei loro avi. Numerose falsificazioni derivano pure dall’orgoglio cittadino che volle presentare come primordiali le istituzioni politiche più popolari, quali il comizio centuriato e le tribù rustiche, attribuiti l’uno e le altre al mitico re Servio Tullio. Altro fenomeno che turba la storia dell’antichità è il cosiddetto concentramento storico per il quale, anche inavvertitamente, si accentrano intorno ad un individuo – reale o fittizio – o intorno ad un avvenimento saliente, tutti gli istituti e le azioni che si reputano conformi al carattere dell’individuo o dell’avvenimento. A ciò si aggiunga la scarsa entità, per l’epoca più antica, dei fasti consulares, e i dubbi sulla loro attendibilità in tale epoca.
Un interessante indizio sull’inizio di una documentazione attendibile ci è dato dai fasti trionfali che la tradizione voleva fossero stati esposti sin dalle origini. In realtà, le eclissi solari – fenomeno quanto mai adatto a colpire l’immaginario collettivo – si trovano ricordate solo a partire da quella del 288 mentre nessuna menzione è fatta per quelle del 310 e del 297. Per conseguenza, bisogna ritenere che soltanto fra le due date del 297 e del 288 ebbe inizio in Roma una redazione scritta dei principali avvenimenti contemporanei.

 

Gli elementi per la ricostruzione

La storiografia moderna è in grado di fornire un quadro abbastanza preciso dei primi secoli di Roma grazie ad altre discipline – come l’archeologia – e vari altri elementi per la ricostruzione tra i quali ricordiamo:

  • la tradizione: sebbene spesso immaginaria, la tradizione ha sempre un nucleo di verità utile per la ricostruzione degli avvenimenti storici.
  • la glottologia: li studi linguistici hanno messo in luce l’influenza etrusca su Roma, ad esempio mostrando l’identità tra il nome dei Tarquini e quello del monte Tarpeo.
  • l’archeologia: spesso i ritrovamenti archeologici hanno confermato i dati della tradizione. Così, ad esempio, lo Ianus geminus, porta bifronte che la tradizione ci dice aperta in tempo di guerra e chiusa in tempo di pace: ciò ci porta al riconoscimento di due gruppi politici stabiliti sull’uno e sull’altro colle e di un trattato di alleanza militare concluso fra essi. Oppure l’introduzione del fascio littorio ad opera degli etruschi ha trovato conferma nel ritrovamento di una tomba etrusca a Vetulonia dove era sepolto un magistrato con a lato i fasci littori.
  • la comparazione storica: sulla base di un’accertata affinità etnica o di un’influenza sicuramente esercitata da un popolo su un altro, si è in grado di usare proficuamente questo mezzo.
  • la struttura degli istituti giuridici in epoca storica: dallo studio dei singoli istituti giuridici si risale ad una corretta conoscenza degli ordinamenti preesistenti, poiché a nuove situazioni socio-politiche corrispondeva sempre un graduale adattamento degli istituti precedenti e non l’immediata creazione di nuovi.

Altre difficoltà

Non è tuttavia da credere che i problemi della conoscenza storico-giuridica siano propri della sola epoca primitiva. Anzitutto ci sono periodi storici in cui le fonti sono comunque scarse o di seconda o terza mano. Del resto, anche dove le fonti sono copiose nei rispetti della storia politica, possono essere insufficienti allo storico del diritto. Infatti, l’immaginazione degli scrittori antichi veniva più facilmente colpita da fatti di poco interesse per lo storico del diritto, mentre le notizie di maggior significato giuridico non venivano poste nel dovuto risalto.

 

l’età monarchica

 

Leggende relative al periodo regio

Sia Livio che Dionigi di Alicarnasso raccontano di Enea e di suo figlio Ascanio, fondatore di Alba Longa. L’ultimo re di Alba ebbe due figli, Amulio e Numitore; Amulio detronizzò Numitore, ma dalla figli di quest’ultimo, Rea Silvia, nacquero due gemelli, Romolo e Remo. Romolo, esule da Alba Longa, avrebbe fondato Roma, ponendole a capo un Rex e suddividendone la popolazione in tre tribù (Ramnes, Tities, Luceres). A lui risalirebbero anche i comizi curiati, il Senato composto da 100 membri e la divisione della popolazione in patrizi e plebei. Egli avrebbe governato come i magistrati repubblicani, vale a dire, presentando le leggi ai comizi e rispettando i pareri del Senato. Altrettanto avrebbero fatto i suoi successori latini: Numa Pompilio (cui sono attribuite le istituzioni religiose), Tullo Ostilio (che fondò Ostia e distrusse Alba Longa), Anco Marzio (che ingrandì la città). Alla morte di quest’ultimo sarebbe salito al trono Tarquinio Prisco, di origine etrusca, che avrebbe dato alla regalità gli attributi esteriori del comando e governato dispoticamente. Successivamente avrebbe regnato Servio Tullio, non etrusco, al quale sono attribuite alcune riforme di carattere popolare. Infine sarebbe salito al trono Tarquinio il Superbo che avrebbe governato da tiranno. Quest’ultimo avrebbe recato offesa ad una matrona e sarebbe stato perciò detronizzato (509 a.C.) demarcando il passaggio dall’età monarchica a quella repubblicana. In realtà i primi due re non sono mai esistiti ma sono eroi eponimi. Il numero di re che ci è stato tramandato è un numero sacro ma in realtà sono senz’altro stati più numerosi. A partire dalla dominazione etrusca la città si popola notevolmente e si assiste ad un cambiamento in senso commerciale dell’economia locale (trattato commerciale con cartagine). Non c’è ancora espansione coloniale in quanto la città antica è “città-stato”.

 

L’origine storica di Roma

Sulle origini storiche di Roma sono state avanzate molte ipotesi basate su ricerche archeologiche e glottologiche. Alcuni studiosi sostengono l’esistenza di Roma già prima della dominazione etrusca; altri propendono per l’origine etrusca.

 

Roma, città latino-sabina

Per gli studiosi che sostengono tale ipotesi, i primi stanziamenti nella zona latina risalgono al X secolo e la città sarebbe sorta, non per associazione, ma per successivi ampliamenti di un nucleo primitivo durante i secoli IX e XIII a.C.

 

Roma, città etrusca

Per i sostenitori di tale ipotesi esistono tracce di stanziamenti pre-etruschi sul Palatino ma questi rappresentavano solo confederazioni fra villaggi. Furono gli etruschi i primi a introdurre il tipo della “città-stato” in Italia. Comunque, se Roma non è propriamente di origine etrusca, è etrusca senz’altro la Costituzione cittadina.

 

Il processo formativo della città e la distinzione della popolazione fra patrizi e plebei

La storiografia moderna pone come organismo originario la familia, facendo derivare da questa organismi più ampi come la gens e la civitas. Questa opinione non tiene conto della circostanza che l’organizzazione primitiva non era la famiglia, ma la comunità indifferenziata. L’ipotesi più probabile è quindi quella gentilizia – cioè di una federazione di gentes – che, pur non disconoscendo la possibilità di una formazione delle gentes nell’ambito di più vaste comunità, né la compresenza di organismi minori, riconosce alla gens il carattere di una organizzazione politica sia perché in essa si verificava il primo limitato fenomeno di divisione in classi, sia perché essa non aveva vincoli di sangue ma etnici.
Osserviamo i fatti: si ha una città stato solo se esiste una economia commerciale; infatti ad un’economia agricola corrisponde una struttura gentilizia, aristocratica, gerarchica, territoriale, che non conosce lo schiavo, ma solo il cliente che ne è elemento estraneo con esclusivi compiti di difesa. La città-stato è un modello etrusco. Nel 754 a.C. gli etruschi ebbero la loro massima espansione territoriale a sud, e giunsero al Tevere; all’altezza dell’isola Tiberina fondarono la loro più avanzata base commerciale, trovandovi però una popolazione locale a struttura tribale (gentilizia). Nacque così un lunghissimo conflitto tra il modello etrusco importato della città-stato e quello latino locale (gentes). In una prima fase la struttura gentilizia ebbe la meglio perché più solida (è il periodo in cui le assemblee sono divise per curie); nella seconda fase i re acquisirono maggior potere ed entrarono in contrasto con il Senato di origine gentilizia (è il periodo dei comizi centuriati divisi per censo). Si ebbe dunque un cambiamento sociale, politico ed economico, insomma il passaggio da un modello politico statico ad uno dinamico. Il quel periodo i clienti si staccarono dalla gens e si unirono al resto della plebe di origine alluvionale.
L’elemento razziale può perciò essere preso in considerazione per spiegare la differenza tra patriziato e plebe, ma solo riguardo alla maggiore omogeneità del patriziato. Oltre alla struttura socio-politica, il divario tra patrizi e plebei era dovuto ai diversi culti e al “connubium”.

 

Organi e istituzioni dell’età monarchica

L’età monarchica si presenta divisa in due fasi. Nella prima fase si ritiene che non esistesse una vera e propria città ma un “sinecismo”, cioè una riunione di villaggi; solo nella seconda fase si ha una vera città-stato sotto l’influenza etrusca.
Nella prima fase lo stato è federativo raggruppando numerosi insiemi di individui (gentes); in questa struttura il re deve esistere in quanto costituisce la forma più semplice di legame federativo. Tale figura va intesa come coordinatrice di funzioni religiose e militari.
Nella seconda fase i re vengono presentati come figure dispotiche poiché la storia di questo periodo è scritta da elementi aristocratici contrari al potere regio. I re etruschi immettono nel diritto romano il concetto di “imperium”. L’attribuzione del potere al re avveniva con la “lex curiata de imperio” in un primo tempo rappresentata da un giuramento di fedeltà e successivamente un vero e proprio atto di sottomissione al sovrano . L’unico ostacolo era rappresentato dal Senato comunque notevolmente indebolito a partire dalla dominazione etrusca.

 

Il comizio curiato

Il comizio curiato, costituito da tutto il popolo, rappresenta il più antico organo che la storia di Roma ricordi. Secondo la tradizione fu Romolo a dividere la popolazione in tre tribù ed ogni tribù in 10 curie. Quanto alle competenze possiamo certamente escludere le funzioni elettorali, legislative e giurisdizionali. In effetti, anche per quanto riguarda la lex curiata de imperio occorre precisare che non si tratta di una lex o di una investitura ma di un semplice atto con cui il popolo riconosce l’autorità del magistrato supremo e si obbliga a sottostare al suo imperium.

 

Il Senato

Il Senato era l’assemblea dei patres o degli anziani. La dottrina ritiene che il Senato avesse un carattere originario e fosse depositario della sovranità che veniva, solo in un secondo tempo, delegata al rex. Le tre funzioni più antiche del Senato erano:

  • l’interregnum, che si attuava quando veniva a mancare il rex. Gli auspici tornavano al Senato e i Senatori esercitavano l’imperium a turno per cinque giorni ciascuno;
  • l’auctoritas, che consisteva in una sorta di ratifica delle deliberazioni ma non sappiamo se popolari o regie;
  • lo ius belli et pacis, che consisteva nella titolarità del diritto di concludere foedera o di decidere le guerre.

I comizi centuriati

Creazione regia furono anche i comizi centuriati, attribuiti tradizionalmente a Servio Tullio. Essi erano ordinati in 193 centurie, ordinate gerarchicamente per censo, che erano al tempo stesso distretti di leva e unità di voto. Risultavano:

 

Classe

Centurie

Milizia
Censo in assi

Equestre

18

Cavalleria

100.000

80

Fanteria pesante

100.000

II°

20

Fanteria pesante

75.000

III°

20

Fanteria pesante

50.000

IV°

20

Fanteria leggera

25.000

30

Fanteria leggera

11.000 o 12.000

Extra classem I°

2

Aggregati alla I° classe

Extra classem V°

2

Aggregati alla V° classe

Extra classem

1

Proletari esclusi dal servizio militare e dai diritti politici

 

La giurisdizione civile e quella penale

Nella giurisdizione civile i poteri del re riguardano la legis actio sacramento mediante la quale egli decideva su una causa tra due individui che avevano giurato.
Nella giurisdizione penale i due reati principali sono la codardia che – in quanto reato militare riguarda sempre il re – e l’omicidio. Quanto a quest’ultimo, se riguardava l’uccisione di un uomo – in quanto soggetto politico – era di competenza del re; se riguardava l’uccisione di una donna era di competenza della famiglia. In quest’età primitiva alla base del processo penale stava il concetto di espiazione sacrale. I tipi di espiazione erano due: la consecratio, cioè l’esclusione dell’individuo dalla collettività; il deo necari, cioè l’uccisione del colpevole per reati molto gravi quali la proditio (il tradimento), la seditio (la ribellione), la defectio (la diserzione), la perduellio (alto tradimento) e il parricidium.

 

L’età repubblicana

 

Racconto tradizionale circa la caduta della monarchia

 

Nel 509, secondo la tradizione, si passa dalla monarchia alla Repubblica. Secondo alcuni (Arangio Ruiz) tale passaggio fu lento e graduale e il re divenne “sommo sacerdote” (rex sacrorum). Oggi si ritiene comunemente che il passaggio alla Repubblica fu traumatico. La tradizione parla di un oltraggio ad una matrona da parte di Tarquinio il Superbo e di una conseguente rivolta popolare. Questa sarebbe stata seguita immediatamente dall’elezione della prima coppia consolare, che avrebbe mantenuto ogni prerogativa regia (imperium) con in più il diritto di veto sulle decisioni del collega. In realtà, nel 524 ad Ariccia vi fu una battaglia che segnò il declino irreversibile degli etruschi. Roma – con la cacciata dei Re – si scrollò di dosso il dominio regio di origine etrusca, estraneo ai propri schemi politici. In quest’ottica vanno visti gli scontri con Porsenna, re di Chiusi, che cercava di ripristinare a Roma la monarchia sostenuto dalla plebe urbana, da sempre monarchica e antiaristocratica.

 

Le secessioni della plebe

Nel 494 il contrasto tra patrizi e plebei causò la creazione dei tribuni della plebe: è la prima secessione plebea. La plebe faceva giuramento (sacramentum) ai suoi magistrati (tribuni plebis) e creava le leggi sacrate.
In età monarchica i tribuni erano esistiti come tribuni militum, le forme di magistrati più vicine al popolo. La plebe si impegnava a difendere in armi i propri magistrati (coniuratio). I tribuni portavano aiuto alla plebe (auxilium) minacciando nuove secessioni e con il potere di intercessio. La prima secessione si concluse con l’ambasceria di Menenio Agrippa. Oltre a nuove terre e al riconoscimento delle proprie magistrature i plebei chiedevano l’accesso a tutte le magistrature dello Stato e l’abolizione del connubium.

 

Il decemvirato e le leggi delle XII tavole

Nel 451 sarebbero state soppresse, secondo la tradizione, tutte la magistrature, e sarebbe stato creato, su proposta del tribuno Trentilio Arsa, un collegio di 10 magistrati con il compito di legiferare (decemviri legibus scribundis). L’anno successivo, in un secondo collegio, sarebbero stati eletti anche alcuni plebei, ma a causa del loro comportamento tirannico i secondi decemviri sarebbero stati rovesciati. Lo scopo delle leggi delle XII tavole – opera dei decemviri – era quello di mettere alla pari tutte le classi dei cittadini: infatti le leggi contenute nelle tavole non erano nuove, ma essendo scritte erano certe. Quanto alla natura del decemvirato, secondo il De Martino si tratterebbe di una magistratura permanente, e perciò avrebbe preso il posto dei consoli e dei tribuni della plebe. Le XII tavole si possono dividere per argomenti:

TAVOLA

ARGOMENTO

I, II e III

Processo

IV

Diritto di famiglia

V

Eredità

VI

Negozi giuridici

VII

Norme sulla proprietà immobiliare

VIII e IX

Delitti e processo criminale

X

Norme di carattere Costituzionale

XI e XII

Appendici

La prima legge delle tavole riguarda l’estinzione del debito e la punizione del debitore moroso (con garanzie per il debitore). Seguono leggi che riguardano l’emancipazione dei figli, la manus sulla moglie, la tutela di minori e incapaci, l’interpretazione restrittiva degli atti del contratto, la mancipatio e la in iure cessio. Vi sono poi leggi sui piccoli fondi, contro i procedimenti magici, contro il furto e l’omicidio, sulla sovranità del popolo.
Le norme a carattere costituzionale riguardano:

  • una legge sui rapporti tra patrono e cliente;
  • una legge contro l’irrogazione di privilegi;
  • una legge che attribuisce alla decisioni del popolo valore di legge;
  • una legge sulla provocatio ad populum.

Dalle leggi Valerie Orazie alle leggi Licinie Sestie

Le leggi Valerie Orazie – dal nome dei consoli del 449 – sono favorevoli alla plebe:

  • lex de provocatione: le magistrature ordinarie si ricostituiscono e va ribadito il principio della provocatio;
  • lex de tribunicia potestate: il patriziato accetta tale magistratura;
  • lex de plebiscitis: per la quale hanno valore di legge le deliberazioni del “concilium plebis” accolte dal Senato (sicuramente falsa);
  • una legge che affida agli edili plebei il controllo dei Senatoconsulti.

Con la successiva legge Canuleia del 445 cadono le tavole inique e si attua l’unità cittadina. Dal 449 al 367 non vi fu il consolato, che fu sostituito dal collegio dei tribuni militum con potestà consolare, tra i quali due erano eponimi (i loro nomi cioè, venivano scritti nei fasti capitolini). A partire dal 367 esistono per la storia del diritto romano dati sicuri.
Le leggi Licinie Sestie del 367 reintroducono il consolato – al quale venivano ammessi ora anche i plebei – introducono la nuova magistratura della pretura, stabiliscono l’estensione di agro pubblico che ogni privato può possedere, e dettano norme riguardanti l’aes alienum. Si è ormai arrivati alla completa fusione della classe dirigente patrizia con quella plebea: nasce così la nobilitas che sarà comunque una casta chiusa. Vediamo più da vicino le leggi Licinie Sestie.

  • La prima legge stabilisce definitivamente che gli auspici possono essere presi anche da plebei: anche se la divisione delle due cariche non fu sempre rispettata, il principio era stato posto.
  • La legge sui debiti (aes alienum) fa parte di una lunga serie che si concluderà nel 326 con la lex Petelia Papiria (che abrogherà la schiavitù per i debiti).
  • La legge sull’agro pubblico vietava di occupare una misura di agro pubblico superiore a 500 iugeri a persona (+250 per ogni figlio maschio), ma fu spesso frodata.
  • La legge sul pretore riserva al mondo patrizio l’esercizio dell’attività giurisdizionale. Il potere del pretore si basa sulle leges actiones. Esse sono quattro:
    • La legis actio sacramento e per iudicis arbitrive postulationem, a carattere cognitorio;
    • per manus iniectionem e per pignoris capionem, a carattere esecutivo.

Il tentativo di far rimanere le formule giudiziarie nell’ambito gentilizio termino nel 337 con l’elezione alla pretura del plebeo Publio Filone.
Magistrature importanti furono poi i censori, gli edili e i questori. Quanto al tribunato, esso non era ormai altro che il primo gradino della carriera politica. Con il principio della collegialità, infatti, la carica contestataria del tribunato decadde, perché, potendo ogni tribuno opporre il veto alle proposte di un collega, all’aristocrazia bastava controllarne uno.
I magistrati supremi avevano la potestas e l’imperium:

  • la potestas era la facoltà di esprimere la propria volontà come la volontà dello Stato e si manifestava nei seguenti poteri:
    • ius edicendi, cioè la facoltà di pubblicare nel foro gli edicta;
    • ius agendi cum populo o cum plebe, la facoltà di convocare i comitia e i concilia;
    • ius agendi cum patribus, la facoltà di convocare e presiedere il Senato;
  • l’imperium consisteva nella supremazia assoluta e comprendeva:
    • il supremo comando militare;
    • la potestà di fare la leva;
    • il diritto di presentare proposte di legge al comizio;
    • la facoltà di arrestare e punire cittadini;
    • l’amministrazione della giustizia.

Romolo, Numa Pompilio, Servio Tullio, sono i tre centri della pseudostoria costituzionale romana: al primo si attribuiscono tutte le istituzioni politiche primitive, al secondo tutti gli istituti sacri, al terzo tutte le garanzie di libertà.

Lista di magistrati eponimi, che davano cioè il nome all’anno in cui erano in carica, risalenti fino al principio della Repubblica. Sono stati rinvenuti incisi nel marmo sulle pareti interne dell’Arco di Augusto nel Foro. Benché non molto antiche – dovrebbero risalire all’inizio del principato di Augusto nel 30 a.C. – è indubbio che liste analoghe esistevano già da tempo e furono utilizzate dagli annalisti del II secolo a.C.

Condotti sugli annali dei Pontefici, tavole di legno imbiancato sulle quali i Pontefici stessi avrebbero segnato gli avvenimenti più importanti dell’anno.

Ad esempio nella storia del ratto delle Sabine è adombrata la realtà storica dell’alleanza tra i Romani e i Sabini.

Come relativamente al periodo dai Gracchi a Silla – povero di fonti – rispetto ad esempio all’epoca delle guerre Puniche.

Una città che si forma concede sempre asilo e cittadinanza a tutti: nel mondo antico il diritto di cittadinanza era fondamentale, poiché solo attraverso questo si veniva tutelati dalle leggi della società.

La gens è un’aggregazione naturale di famiglie a carattere chiuso. Facevano parte della gens coloro che nascevano da padre gentile e coloro che erano ammessi per voto dei gentili.

La clientela rappresentava una classe subordinata costituita da ospiti poveri, da individui espulsi da altri gruppi, da piccoli proprietari cui non era sufficiente il reddito della loro terra, da stranieri che chiedevano protezione ed appoggio alla gens, la quale, a sua volta, si giovava di essi per estendere la sua sfera di influenza e di azione.

La critica moderna propone varie tesi circa l’origine della differenziazione fra patrizi e plebei:

  • la differenza razziale (Arangio Ruiz);
  • i plebei sono clienti, divenuti plebei dopo la fondazione della città (Mommsen);
  • la distinzione si è creata solo dopo il periodo monarchico (non credibile storicamente);
  • la distinzione discende dalla stratificazione economica (De Martino).

I patrizi e i plebei non avevano Dei diversi ma solo culti diversi. E in realtà non ebbero nemmeno bisogno di culti diversi fintanto che non furono due comunità separate (494).

Il diritto di connubium era la facoltà di contrarre iuxtae nuptiae (matrimonio legittimo), e conseguentemente di riconoscere i propri figli. Il matrimonio poteva essere cum manu o sine manu a secondo che la moglie si sottomettesse alla potestà del marito (matrona) o rimanesse sotto quella del padre (uxor).

In ciò trova la conferma della teoria del Girstadt che fa risalire la fondazione di Roma a non oltre il 550 a.C. Prima del 550 infatti non si trovano scavi che confermino l’esistenza di una città-stato.

Parte della dottrina ritiene che il re ricavi la sua investitura da un potere di fatto, carismatico; altri vedono nel re un magistrato, cioè il titolare di un ufficio e organo dello Stato (Mommsen). Quanto alla nomina, alcuni autori propendono per il sistema ereditario o per l’elezione popolare; tuttavia la teoria più attendibile è quella secondo cui il magistrato crea il magistrato.

Fra gli studiosi più moderni, alcuni hanno addirittura negato la storicità della lex curiata de imperio per l’inverosomiglianza della partecipazione attiva dell’assemblea degli armati alla investitura del rex.

Poiché il re non poteva certo decidere di tutte le cause proposte, spesso si limitava a ricevere il giuramento e a rimandare il giudizio ad un giudice da lui designato.

Fra le quali ricordiamo quella secondo cui i tribuni sono sacrosanti ( sacri = sanzione religiosa; santi = sanzione civile) e quella secondo cui nessun patrizio può aspirare al tribunato.

I tribuni militum consulari potestate erano collegi di comandanti militari, nei quali era consentito l’accesso alla plebe. Per quanto concerna l’origine di tale magistratura, le fonti oscillano tra motivi militari – nel senso che il Senato avrebbe deciso di volta in volta se eleggere consoli o tribuni sulla base delle esigenze belliche – e un’interpretazione classista – nel senso che i plebei, non essendo riusciti ad occupare cariche consolari, impedirono l’elezione dei consoli ed imposero come magistrati i capi militari dell’esercito, che potevano essere anche plebei.

Veto sulle decisioni contrarie agli interessi della plebe. Non era inizialmente un potere riconosciuto (lo fu solo 50 anni dopo) ma effettuale, in quanto sostenuto con le armi.

E’ da notare che le secessioni della plebe e le relative concessioni da parte del patriziato erano legate ad eventi bellici.

Queste due rivendicazioni erano legate al problema della cittadinanza: ora quest’ultima si poteva ottenere o con l’elevazione ad una magistratura o con il riconoscimento da parte del padre.

Sempre secondo il De Martino, le tabulae iniquae (contenenti il divieto di connubium) – tradizionalmente attribuite al secondo decemvirato – sarebbero invece da attribuire ai consoli dell’anno 449. In realtà bisogna considerare che le XII tavole costituivano un documento compromissorio e quindi non incondizionatamente favorevoli alla plebe.

Negozio solenne di trasferimento di beni davanti a testimoni.

Forma legale di risoluzione di casi complessi.

La provocatio ad populum era un procedimento comiziale d’appello contro le sentenze. Potevano avvalersene solo i cittadini di pieno diritto e – in linea di principio – solo avverso le sentenze di imperium domi e non quelle di imperium militiae.

La pretura costituisce l’ultima magistratura riservata alla sola aristocrazia. Il pretore è “colui che dice giustizia”, cioè interpreta le leggi.

Il 326 è l’anno delle Forche Caudine e i Romani cercavano l’unità e la pace sociale; inoltre allora andava diffondendosi la schiavitù di guerra e perdeva di importanza la schiavitù per debiti.

L’imperium del pretore era qualitativamente uguale a quello dei consoli salvi i limiti derivanti dall’essere egli un collega minor.

Nel processo affidato al pretore, questi imposta la controversia, poi rimanda le parti ad un giudice da lui designato; dopo un giuramento di sincerità delle parti, il giudice decide servendosi – dove possibile – del principio del precedente.

Questi fece approvare tre leggi (leges Publiliae Philonis):

  • de censore plebis, stabiliva che uno dei due censori dovesse essere plebeo;
  • de patrum auctoritate, disponeva che l’auctoritas dovesse essere fornita prima dell’approvazione delle leggi e non successivamente come ratifica;
  • de plebiscitis, equiparava i plebisciti alle rogationes magistratuali nel senso che le deliberazioni dei concilia plebis dovevano essere sottoposte al voto dei comizi centuriati e, quindi, dovevano funzionare come proposte.

La censura era una magistratura ordinaria, non permanente, investita con una lex potestate cenosria che nacque per ragioni militari e tributarie quando divenne importante ottenere un inquadramento rigoroso dei cittadini.

Secondo la tradizione gli edili sarebbero nati insieme al tribunato e sarebbero stati ausiliari dei tribuni. Oltre ad esercitare funzioni religiose, gli edili erano depositari degli archivi della plebe e avevano poteri di polizia nei quartieri della plebe. In seguito, insieme alla pretura, fu creata l’edilità curule: in seguito alla parificazione civile vennero aggiunti ai magistrati plebei due nuovi edili eletti fra i patrizi. Solo questi ebbero diritto alla sella curulis e furono detti perciò edili curuli.

L’imperium comprendeva sia l’imperium domi – che si esercitava entro il pomerium – che l’imperium militiae – che si esercitava fuori dal pomerium non solo in guerra, ma anche nei confronti dei popoli soggetti. Rispetto alla potestas era caratterizzato da segni esteriori, dagli auspicia maiora e dalla coercitio.

 

Organi e istituzioni dell’età repubblicana

Le caratteristiche degli organi dell’ordinamento romano non devono essere intese come immutabili durante tutto il periodo repubblicano. Dal 367 al 283 si assiste infatti ad un periodo di assestamento caratterizzato dalla necessità di eliminare gli ultimi contrasti fra patrizi e plebei; tra il 283 e il 146 i vari organi di governo si armonizzarono e dettero vita al governo repubblicano; fra il 146 e il 27 la lunga crisi della repubblica determinò la corruzione e la scomparsa della armonia e dell’equilibrio del periodo precedente.
Il Senato nell’età repubblicana assume una posizione di notevole importanza: mentre teoricamente il suo parere non vincolava i magistrati, di fatto essi risultarono i meri esecutori di una volontà politica che si formava indipendentemente da loro nell’ambito senatorio. La trasformazione più importante del Senato riguardò il fatto che entrarono a farvi parte anche i plebei. Il numero normale di senatori fu di 300 finché Silla non li portò a 600. I poteri rimasero sostanzialmente immutati: tuttavia alcune leggi stabilirono che l’auctoritas patrum doveva precedere e non seguire la votazione comiziale delle leggi.
Le magistrature altro non furono che la prosecuzione e lo sviluppo di cariche che già si erano costituite nei momenti della crisi dello Stato Quiritario. Fra i magistrati si distinguevano i maiores, forniti di potestas e di imperium, e i minores, forniti della sola potestas. Quanto alle modalità di elezione, alla regola secondo cui “il magistrato crea il magistrato” si sostituì quella dell’elezione popolare dei magistrati.

 

I consoli

Fra tutte le magistrature il consolato emerge per il carattere illimitato delle sue competenze. I consoli sono forniti di imperium ma tale potere non è illimitato come quello regio bensì sottoposto a tutti quei vincoli propri di tutte le magistrature (annualità, collegialità, esistenza di altri magistrati, limiti della provocatio, ecc.) . I consoli erano due, esercitavano il potere collegialmente, duravano in carica un anno e all’anno stesso davano il nome. Erano nominati dai comizi centuriati, presieduti da un magistrato con potere maggiore o uguale al loro, di regola il 15 marzo.

 

Le assemblee popolari

I comizi curiati ebbero attribuzioni di carattere religioso, anche perché continuarono ad esistere solo per rispetto alla tradizione. I comizi centuriati mantennero la loro origine militare; vennero convocate dai magistrati cum imperio e si riunirono nel campus martius secondo rigorose formalità. Le loro attribuzioni furono:

  • l’elezione dei magistrati maggiori e la conferma dei censori;
  • la votazione delle leges centuriate;
  • lo iudicium nelle cause con condanna alla pena capitale.

I comizi tributi erano l’assemblea deliberativa dell’intero populus, ordinato per tribus, su convocazione e sotto la presidenza dei magistratus maiores. Le attribuzioni di tale assemblea furono:

  • la creatio dei magistrati minori e dei tribuni militum;
  • la votazione delle leges tributae;
  • il iudicium in alcune cause;
  • alcune attribuzioni religiose.

Infine, in epoca repubblicana, rimasero di preminente importanza i concilia plebis, cui si ricorse soprattutto per la votazione delle riforme agli istituti dello ius civile. Le attribuzioni furono:

  • l’elezione dei magistrati plebei;
  • la votazione dei plebiscita;
  • lo iudicium per i crimina passibili di mulcta.

 

l’italia e le prime province

L’evoluzione degli organi dello stato romano è accompagnata dall’evoluzione di fattori esterni. Riguardo all’espansione romana, una tesi del 1800 afferma che si trattò di un espansionismo difensivo. In realtà la spiegazione risiede nel fatto che la società romana non aveva un equilibrio interno. L’economia agricola è povera e dissestata dalla circolazione di denaro che provoca continui debiti; il commercio crea una nuova aristocrazia, quella dei cavalieri. L’espansione verso sud è di tipo imperialistico e comporta una grossa spesa:

  • La prima guerra sannitica (343-341) scoppiò per la conquista di Capua, minacciata dai Sanniti.
  • La guerra latina (340) determinò lo scioglimento della Lega Latina: da allora in poi non vi furono più trattati con tutti i latini, ma solo con le singole città. I latini avranno tre privilegi: lo ius commercii, lo ius connubii, lo ius migrandi.
  • La seconda guerra sannitica (326-304) si combattè per il controllo su Napoli (città marittima); con essa Roma guadagnò la Campania.
  • Con la battaglia di Sentino contro gli italici, Roma conquistò quasi tutta l’Italia.

I rapporti con le città sottomesse sono diversificati: i Romani infatti:

  • Possono compiere la distruzione politica della città con l’inglobamento della comunità nella cittadinanza romana;
  • Possono incorporare una città con i suoi ordinamenti autonomi (municipium), talvolta con la presenza di un prefetto romano ;
  • Possono stipulare un foedus che può essere equo o iniquo: il primo ha la forma di un trattato bilaterale, il secondo di un’imposizione.

Nel 282 scoppiò la guerra contro Pirro, che nel 272 permise a Roma di occupare tutta l’Italia peninsulare.

 

L’equiparazione plebisciti-leggi

In questo periodo la contrapposizione sociale non è più ormai tra patrizi e plebei ma tra nobilitas e resto della popolazione: si pensi che la legge Ogulnia del 300 permette ai plebei l’accesso anche al pontificato.
La lex Publilia Filonis del 339 prevede che i plebisciti abbiano valore di legge se autorizzati preventivamente dal Senato. La completa parificazione plebisciti-leggi si avrà con la lex Hortensia del 286. Da allora le leggi saranno votate quasi solo dal popolo, ma i tribuni, che devono proporre le leggi, appartengono anch’essi alla nobilitas, perciò no vanno contro gli interessi della propria classe.
Il riconoscimento alle assemblee del potere legislativo dette luogo all’inclusione, tra le fonti del diritto romano, delle leges publicae populi romani. Leges erano tutte le deliberazioni comiziali, quindi anche quelle relative alla creatio dei magistrati e quelle interferenti negli iudicia criminali. Solo più tardi il termine di “leges” fu riservato alle sole deliberazioni a carattere normativo.

 

La riforma dei comizi centuriati

Alla fine della prima guerra punica diviene definitiva la riforma del comizio centuriato e nasce accanto al pretore urbano il pretore peregrino. La riforma del comizio centuriato è volta a dare maggiori poteri ai possessori di capitale mobile. Il senso di questa riforma è quello di riprodurre all’interno di ciascuna tribù la stessa divisione delle classi esistente nella società. Ciò comportava una ridistribuzione artificiale della popolazione mediante l’equiparazione tra il capitale mobiliare e la proprietà terriera. Effetto politicamente significativo di questa nuova assemblea fu quello di equiparare in modo totale patriziato e plebe, e di far decade il principio timocratico rigidamente sancito nell’originaria struttura centuriata.

L’espansione extra-italica

La Sicilia non entra a far parte dell’Italia: la vera Italia è quella peninsulare, tutto il resto è provincia. Anche in Sicilia si riproduce la solita casistica degli accordi tra Roma e le singole città che potevano essere:

  • civitates: comunità libere da obblighi e autoamministrantesi;
  • collettività stipediarie: sottoposte al pagamento di tasse;
  • collettività immuni: che invece non avevano imposizioni fiscali.

La lex Ieronica (di origine ellenistica) prevede che il suolo delle Province sia proprietà dello Stato e chi lo coltiva debba pagare una decima. I profitti delle decime portano a Roma fiumi di denaro. La circolazione monetaria però non trova sbocchi non esistendo attività in cui il denaro possa essere investito: ciò comporta il depauperamento di larghi strati sociali e il dissesto dell’economia.
Nel 218 comincia la seconda guerra punica, che avrà un costo umano altissimo. Ad essa appartengono le figure di Quinto Fabio Massimo – fautore di una politica di temporeggiamento, vuole difendere l’Italia e vuole combattere Annibale in Italia – e Scipione l’Africano – fautore di una politica aggressiva, vuol portare la guerra in Africa e conquistare Cartagine. Avrà la meglio quest’ultimo e al termine della guerra Cartagine perderà la Sardegna, la Corsica e la Spagna, che formeranno nuove province Romane. L’espansione romana continua nel 198 con la guerra macedonica e nel 190 con la guerra siriaca, ma tale espansione presenta un aspetto differente rispetto al passato: non è più una espansione territoriale ma commerciale, in quanto nel 198 verrà proclamata la libertà delle città greche senza che si proceda ad annessioni, e la guerra del 190 ingrandirà solo gli stati alleati (Pergamo, Bitinia, Rodi).
Con le battaglie di Pidna (nel 168 e nel 148), la distruzione di Cartagine (146) e la riduzione a provincia di tutta la Grecia, la tendenza a formare nuove province si stabilizza e si ricerca solo il monopolio del commercio marittimo.
In questo periodo, tre fattori, uniti alla prime deroghe costituzionali, provocano mutamenti dell’assetto dell’ordinamento e la trasformazione del processo criminale:

  1. lo sforzo del Senato per ottenere il controllo dei magistrati;
  2. il tentativo degli equites di costituirsi come autonomo ordine politico;
  3. il dissesto della plebe italica dopo il 146.

Quanto agli effetti giuridici di questa evoluzione politica, la visione tradizionale degli autori romani è unanime: con la lex Hortensia l’assetto costituzionale è perfetto; in seguito inizia la decadenza .

 

I Gracchi

Un periodo di grande sconvolgimento fu l’età graccana, che fu descritta da Diodoro, Appiano e Plutarco. Uno dei più importanti motivi di crisi della Roma di questo periodo consiste nell’espropriazione dei piccoli proprietari terrieri, cui aveva fatto seguito lo spopolamento delle campagne e la crisi demografica. La famiglia dei Gracchi si fa interprete delle istanze della plebe che più di chiunque scontava le conseguenze di tale crisi.
Nel 133 Tiberio Gracco, figlio di Tiberio Sempronio Gracco, viene eletto tribuno e presenta una legge sulla misura dell’agro pubblico secondo la quale quest’ultimo doveva essere diviso in lotti non superiori a 500 iugeri. Chi ne possedeva di più doveva restituirli affinché una commissione (detta “dei tresviri”) procedesse all’assegnazione a favore della plebe nullatenente. Il tribuno Ottavio oppose il proprio veto. Tiberio, non riuscendo a far togliere il veto, fece deporre Ottavio dall’Assemblea.
La legge viene quindi approvata ma la sua attuazione incontra mille difficoltà opposte per far terminare l’anno di carica di Tiberio che tuttavia, al termine del mandato, ripropone la sua candidatura. Questo fa scoppiare dei disordini in cui Tiberio trova la morte . A questo punto dovranno trascorrere dieci anni prima del secondo tribunato graccano.
Caio Gracco (123) si preoccupò di garantire una funzione costituzionale alla neonata ordo degli equites proponendo una legge sul trasferimento delle corti giudicanti dai Senatori ai cavalieri, assicurando così a quest’ultimi il compito di giudicare nelle quaestiones extra ordinem. Propose inoltre numerosissime altre leggi, tra le quali:

  • provvedimenti per la fondazione di nuove colonie;
  • legge sull’attribuzione delle sfere di competenza ai singoli consoli;
  • legge sull’organizzazione della provincia d’Asia;
  • legge che proponeva di concedere la cittadinanza romana ai latini e quella latina agli Italici;
  • legge “de repetundis”, l’unica rimastaci in materia criminale.

L’esperienza graccana si protrasse per i due tribunati del 123 e 122. Dopo i tentativi di far abrogare la lex Rubria, il Senato votò un provvedimento senza precedenti, il senatus consultum ultimum, che aboliva le garanzie costituzionali e dava ordine al console Lucio Opimio di operare la repressione dei tumulti. Roma fu occupata militarmente e i graccani, ritiratisi sull’Aventino, furono in gran parte uccisi, compreso Caio. La morte di Caio segna l’inizio effettivo delle guerre civili.

 

Mario e Silla

Dopo la repressione graccana si assiste alla formazione della factio in seno alla nobilitas, un gruppo ristretto della classe dirigente che accentra tutte le magistrature e le posizioni di governo. I poteri dei tresviri vengono ridotti da tre leggi:

  1. una legge del 121 che abolisce il divieto di alienazione dei terreni distribuiti;
  2. la lex Toria del 111 che sancisce la definitività del possesso dell’ager publicus;
  3. una legge del 111 con cui si abolisce il vectigal.

Nel 106 Servilio Cepione reintroduce i Senatori nella quaestio de repetundis, la cui giuria deve essere quindi composta per metà da Senatori e per metà da cavalieri.
In seguito alla guerra di Numidia e all’ascesa al trono di Giugurta (figlio illegittimo del re di Numidia ma appoggiato da Roma), si creano in Roma due fazioni, una interventista – guidata dai cavalieri – e una non interventista – guidata dal Senato. Una strage di mercanti romani operata da Giugurta a Cirta fa scoppiare la guerra. Caio Mario – successo al comando delle operazioni in Numidia a Quinto Cecilio Metello – riesce a catturare Giugurta grazie anche all’aiuto del suo luogotenente Silla. Contemporaneamente alla guerra in Numidia, le popolazioni barbare dei Cimbri e dei Teutoni invadono l’Italia settentrionale infliggendo una pesante sconfitta ai romani. Mario – che era stato eletto console – vide prolungato il suo mandato dal 104 al 101, anno in cui sconfisse gli invasori. Le gravi perdite di quegli anni indussero Mario ad arruolare anche la plebe urbana non iscritta nelle centurie e gli italici.
Nel 100 Mario si ripresenta al Consolato, alleandosi con Apuleio Saturnino e con Servio Glaucia. A questi ultimi si dovettero:

  • la lex Apuleia de maiestate minuta che ampliava l’ambito dei delitti politici;
  • la lex frumentaria che abbassava il prezzo del grano;
  • la lex agraria che distribuiva ai veterani l’ager gallicus conquistato da Mario;
  • una lex de coloniis in Africam deducendis per distribuire 100 iugeri a testa tra i veterani in Numidia.

Durante i comizi elettorali Gaio Memmio, candidato avverso a Glaucia, viene ucciso in un tumulto: il Senato vota quindi un senatus consultum ultimum e ordina a Mario di attaccare Apuleio, Glaucia  e i loro seguaci. Mario, consapevole che ciò avrebbe compromesso il suo credito e il suo potere politico, esegue suo malgrado l’ordine. Le leggi di Apuleio e Glaucia saranno abrogate e sarà così stroncato il secondo tentativo di cambiamento.
Riguardo al senatus consultum ultimum, molti studiosi romanisti affermano che il Senato compì un abuso, ma non considerano che presso gli antichi non esisteva una costituzioni scritta ma solo una prassi costituzionale determinata da rapporti di forza.
La quaestio de maiestate è la seconda quaestio perpetua dopo quella de repetundis, ma al contrario di quest’ultima è attivata per conto dello Stato, e l’accusa viene esercitata solo da cittadini romani.
La produzione normativa di questo periodo è molto vasta e si sente il bisogno di proteggerla: nasce così la sanctio legis di Saturnino la clausola propria delle leggi che si prevede saranno fortemente osteggiate dagli oligarchici.
Nel 92, il tribuno Livio Druso propose che il numero dei Senatori fosse raddoppiato e che i nuovi Senatori fossero equites. Tale misura era di carattere conciliativo: si sarebbe così arginato lo strapotere degli equites con l’immissione nel Senato dei membri più influenti e sarebbe terminata la lacerante contesa per il controllo delle quaestiones perpetue. In campo popolare Druso concesse la cittadinanza agli italici per porre rimedio alla loro contrarietà alla distribuzione delle terre.
La morte di Druso lasciò aperta una situazione di estrema tensione che sfocerà nel 90 nella guerra sociale. In tale anno insorgeranno contro Roma tutti gli alleati italici che creeranno una vera e propria “civitas Italia” contrapposta alla “civitas romana” con una propria organizzazione indipendente. La guerra sarà sanguinosissima (oltre 300.000 caduti per parte) e terminerà con l’emanazione di tre leggi:

  1. la lex Iulia del 90 che concede la cittadinanza romana a tutti gli italici che non avessero preso le armi contro Roma;
  2. la lex Plautia Papiria dell’89 che concede la cittadinanza romana a tutti gli italici che ne facciano richiesta;
  3. la lex Pompeia dell’88 che concede lo ius Latii agli abitanti della Gallia Cisalpina.

 

 

fonte: http://www.progettovidio.it/traduzioniintegralizippate/diritto/appuntidirittoxsuperiori.zip

sito web: http://www.progettovidio.it/

fonte: http://www.studiando.altervista.org/UNIVERITY/1anno/STOR%20ROMANO/Riassunto.doc

sito web: http://www.studiando.altervista.org/

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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